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Tra i suoi punti a favore, "Seraph of the End" può vantare uno dei character design più riusciti dell'ultimo decennio (almeno nei confini del manga shonen): i personaggi sono tutti molto vari e ben distinti, accattivanti, che siano ritratti negli sfarzosi costumi da vampiri o nelle austere divise dell'esercito. Anche l'ambientazione, per quanto non particolarmente originale, è di sicuro vibrante, riuscendo a coniugare gotico e fantascienza sullo sfondo delle macerie di un Giappone post-apocalittico. I disegni qui sembrano davvero prendere vita, specie delle scene di azione.
Se già, tuttavia, le premesse suonavano familiari (perdita, trauma, desiderio di vendetta), a tenere a terra "Seraph of the End" è il non riuscire mai ad andare oltre quelle stesse premesse. Anche quando sembra di farlo, in realtà, ci sta solo girando attorno. Non c'è mai (almeno fin dove sono arrivato a leggere) un vero momento di ribaltamento, e tutti i cambi di lealtà e di prospettiva suonano arbitrari, a volte persino assurdi e insensati.
Ma il difetto principale di tutto il manga (oltre a un protagonista i cui grigi morali in realtà sono in realtà alternanze di bianchi e neri senza senso) è la totale mancanza di motivazioni credibili e/o interessanti. Ogni capitolo è un concerto di "siamo amici", "sei la mia famiglia", "dobbiamo proteggere la famiglia", "lui però è nostro amico", e tutte le dinamiche emotive e più largamente psicologiche che dovrebbero governare l'azione finiscono semplicemente per affiancarla, senza veramente legare. Il che è un peccato perché l'azione c'è, l'intrigo pure, ma tutto si regge su un'impalcatura stucchevole e fumosa.