Ghost Hound
Attenzione: presenza di lievi spoiler
Ho da poco finito il rewatch di "Shinrei-gari – Ghost Hound" (lo vidi per la prima volta circa cinque anni fa) e devo dire che l’ho trovata una delle serie più interessanti che mi siano capitate ultimamente, perché fonda la trama – all’apparenza sovrannaturale – su presupposti scientifici e citazioni (il che dà la possibilità, a chi lo volesse, di approfondire nuove conoscenze).
Io in particolare ho utilizzato la serie per trattare il tema della “Paura che genera mostri” (parafrasando Goya).
La vicenda, infatti, ruota intorno a Tarô, un ragazzino che una dozzina d’anni prima dell’inizio del racconto era stato rapito insieme alla sorella, che è poi stata ritrovata morta mentre lui è stato tratto in salvo. La Scienza, il caso e la religione si intrecciano perché c’è una misteriosa setta mistica che opera nella cittadina di Suiten – in un certo senso in opposizione alla dottrina scintoista tradizionale – ma ci sono anche forze ancestrali disturbate dalla costruzione di una diga e strane forme di vita create a tavolino dall’Uomo con l’ausilio delle biotecnologie.
Gli autori hanno classificato "Shinrei-gari" come bildungroman dell’orrore, intenzionalmente ispirato a "Twin Peaks" di David Lynch e al racconto "Stand by Me" di Stephen King, ma i piani di lettura sono così ricchi che è difficile etichettare questa serie.
Suiten come Derry, la cittadina del Maine in cui è ambientato "It" di Stephen King. Anche lì, le paure e le ossessioni del passato creano mostri che divano minacce presenti. Ricettacolo delle tradizioni religiose è una ragazzina di nome Miyako Komagusu, figlia del sacerdote del tempio scintoista. Il personaggio del signor Komagusu mi è piaciuto moltissimo perché non è per niente il “solito” prete scintoista degli anime (vedi "Sailor Moon", "Inuyasha", "Ushio & Tora"…): prima di diventare erede del tempio, era un professore di etnologia all’università e per questo sa citare molte fonti del folklore locale (io sono antropologa e per questo forse mi ha attirato questo personaggio che non è troppo serio o noioso, ma anzi è scherzoso e persino divertente). Il suo contraltare scientifico è il dottor Hirata, psicologo della scuola, che prende in cura Tarô. Allo stesso modo la controparte più scientifica di Miyako è Masayuki, figlio del presidente di un’industria biomedica: il ragazzo è stato trasferito nel Kyûshû per un problema nella sua vecchia scuola di Tôkyô.
A condurre Tarô nel Mondo Invisibile è un uomo – fidanzato (o marito?) della madre di uno dei protagonisti, Makoto. Egli agisce sotto le mentite spoglie di una creatura buffa, una specie di fantasmino con i labbroni jazz (forse omaggio ad Armstrong?) che si fa chiamare Snark.
Il richiamo a Lewis Carroll è evidentissimo. Nella sua Caccia allo Snark questi è una creatura che nessuno sa ben definire ma che tutti inseguono come un’utopia o un’ossessione, paragonabile forse alla Balena Bianca di Melville con tutte le sue successive filiazioni fantastiche.
Altro citazione multiforme che ho rintracciato è quella alla “biblioteca della mente” in cui a un certo punto si ritrova la coscienza del signor Komagusu. Il mio primo pensiero è stato per un quadro di un pittore surrealista polacco o forse ceco con una grande diga cilindrica le cui pareti erano foderate di libri, ma la citazione potrebbe più facilmente venire dall’Aleph di Borges, centro vuoto dove si concerta tutto il sapere di questo mondo e anche delle dimensioni parallele.
"Shinrei-gari" si fonda sullo stesso presupposto di "Mayoiga – The Lost Village", contestatissimo anime del 2016, ma ne elimina i problemi e le incongruenze narrative. Qui abbiamo pochi protagonisti: un gruppo di ragazzi che sembra in qualche modo la replica del gruppo che i genitori avevano formato in gioventù (è lo sviluppo diacronico del gruppo di "Ano Hana", che invece è sempre lo stesso nel tempo)
La trama dell’anime, sceneggiato da Chiaki J. Konaka ("Hellsing", "RanXephon") diretto da Ryûtarô Nakamura, è l’adattamento di un soggetto scritto da Shirow già nel 1987 ma ci sono grandi cambiamenti rispetto al character design iniziale, infatti si è scelto di abbassare l’età dei protagonisti per un risultato finale (opera di Mariko Oka) più semplice e infantile ma sempre molto realistico, forse vicino alla trasposizione animata di "Monster" (manga di Naoki Urasawa). Si ricompone così il team che aveva lavorato su pietre miliari come "Serial Experiments Lain" (1998).
L’apparente infantilismo dei tratti dei ragazzini protagonisti contrasta con la complessità matura degli eventi e con la spigolosità dei tratti di alcuni adulti (la sfrontata ricercatrice Rika e il patibolare dottor Hirata), quasi a significare che l’epoca degli shôjo con “gli occhioni” è tramontata per lasciare spazio alla stratificazione psicologica di un buon seinen.
Ho trovato molto curiosa la scelta musicale sia per la opening sia per la OST : uno dei ragazzi – il tenebroso Makoto – suona la chitarra ed è strano che esegua virtuosismi classicheggianti con una chitarra modello freccia (che di solito viene usata per il metal). Per il resto ci sono qua e là tocchi jazz molto raffinati, degni di un libro di Murakami.
Ho trovato interessante e inconsueto il fatto che la famiglia di Tarô Komori diriga una distilleria di sakè: è dunque di nuovo la tradizione che si oppone alla modernità tecnologica, come il tempio scintoista dei Komagusu è in antitesi con la nuova setta guidata dalla nonna di Makoto (in Giappone le “Nuove Religioni” stanno proliferando, con esiti a volte nefasti).
Non posso dare un punteggio pieno perché c’è una cosa che non mi è piaciuta, ossia l’uso della computer grafica (ad esempio quando i protagonisti si muovono volando), che a mio giudizio sarebbe stata giustificata solo nei momenti in cui uno dei ragazzi – Masayuki – utilizza il suo videogioco.
Ammetto tuttavia di essere della vecchia scuola da questo punto di vista e di non amare le incursioni/intrusioni della CG negli anime.
Ho da poco finito il rewatch di "Shinrei-gari – Ghost Hound" (lo vidi per la prima volta circa cinque anni fa) e devo dire che l’ho trovata una delle serie più interessanti che mi siano capitate ultimamente, perché fonda la trama – all’apparenza sovrannaturale – su presupposti scientifici e citazioni (il che dà la possibilità, a chi lo volesse, di approfondire nuove conoscenze).
Io in particolare ho utilizzato la serie per trattare il tema della “Paura che genera mostri” (parafrasando Goya).
La vicenda, infatti, ruota intorno a Tarô, un ragazzino che una dozzina d’anni prima dell’inizio del racconto era stato rapito insieme alla sorella, che è poi stata ritrovata morta mentre lui è stato tratto in salvo. La Scienza, il caso e la religione si intrecciano perché c’è una misteriosa setta mistica che opera nella cittadina di Suiten – in un certo senso in opposizione alla dottrina scintoista tradizionale – ma ci sono anche forze ancestrali disturbate dalla costruzione di una diga e strane forme di vita create a tavolino dall’Uomo con l’ausilio delle biotecnologie.
Gli autori hanno classificato "Shinrei-gari" come bildungroman dell’orrore, intenzionalmente ispirato a "Twin Peaks" di David Lynch e al racconto "Stand by Me" di Stephen King, ma i piani di lettura sono così ricchi che è difficile etichettare questa serie.
Suiten come Derry, la cittadina del Maine in cui è ambientato "It" di Stephen King. Anche lì, le paure e le ossessioni del passato creano mostri che divano minacce presenti. Ricettacolo delle tradizioni religiose è una ragazzina di nome Miyako Komagusu, figlia del sacerdote del tempio scintoista. Il personaggio del signor Komagusu mi è piaciuto moltissimo perché non è per niente il “solito” prete scintoista degli anime (vedi "Sailor Moon", "Inuyasha", "Ushio & Tora"…): prima di diventare erede del tempio, era un professore di etnologia all’università e per questo sa citare molte fonti del folklore locale (io sono antropologa e per questo forse mi ha attirato questo personaggio che non è troppo serio o noioso, ma anzi è scherzoso e persino divertente). Il suo contraltare scientifico è il dottor Hirata, psicologo della scuola, che prende in cura Tarô. Allo stesso modo la controparte più scientifica di Miyako è Masayuki, figlio del presidente di un’industria biomedica: il ragazzo è stato trasferito nel Kyûshû per un problema nella sua vecchia scuola di Tôkyô.
A condurre Tarô nel Mondo Invisibile è un uomo – fidanzato (o marito?) della madre di uno dei protagonisti, Makoto. Egli agisce sotto le mentite spoglie di una creatura buffa, una specie di fantasmino con i labbroni jazz (forse omaggio ad Armstrong?) che si fa chiamare Snark.
Il richiamo a Lewis Carroll è evidentissimo. Nella sua Caccia allo Snark questi è una creatura che nessuno sa ben definire ma che tutti inseguono come un’utopia o un’ossessione, paragonabile forse alla Balena Bianca di Melville con tutte le sue successive filiazioni fantastiche.
Altro citazione multiforme che ho rintracciato è quella alla “biblioteca della mente” in cui a un certo punto si ritrova la coscienza del signor Komagusu. Il mio primo pensiero è stato per un quadro di un pittore surrealista polacco o forse ceco con una grande diga cilindrica le cui pareti erano foderate di libri, ma la citazione potrebbe più facilmente venire dall’Aleph di Borges, centro vuoto dove si concerta tutto il sapere di questo mondo e anche delle dimensioni parallele.
"Shinrei-gari" si fonda sullo stesso presupposto di "Mayoiga – The Lost Village", contestatissimo anime del 2016, ma ne elimina i problemi e le incongruenze narrative. Qui abbiamo pochi protagonisti: un gruppo di ragazzi che sembra in qualche modo la replica del gruppo che i genitori avevano formato in gioventù (è lo sviluppo diacronico del gruppo di "Ano Hana", che invece è sempre lo stesso nel tempo)
La trama dell’anime, sceneggiato da Chiaki J. Konaka ("Hellsing", "RanXephon") diretto da Ryûtarô Nakamura, è l’adattamento di un soggetto scritto da Shirow già nel 1987 ma ci sono grandi cambiamenti rispetto al character design iniziale, infatti si è scelto di abbassare l’età dei protagonisti per un risultato finale (opera di Mariko Oka) più semplice e infantile ma sempre molto realistico, forse vicino alla trasposizione animata di "Monster" (manga di Naoki Urasawa). Si ricompone così il team che aveva lavorato su pietre miliari come "Serial Experiments Lain" (1998).
L’apparente infantilismo dei tratti dei ragazzini protagonisti contrasta con la complessità matura degli eventi e con la spigolosità dei tratti di alcuni adulti (la sfrontata ricercatrice Rika e il patibolare dottor Hirata), quasi a significare che l’epoca degli shôjo con “gli occhioni” è tramontata per lasciare spazio alla stratificazione psicologica di un buon seinen.
Ho trovato molto curiosa la scelta musicale sia per la opening sia per la OST : uno dei ragazzi – il tenebroso Makoto – suona la chitarra ed è strano che esegua virtuosismi classicheggianti con una chitarra modello freccia (che di solito viene usata per il metal). Per il resto ci sono qua e là tocchi jazz molto raffinati, degni di un libro di Murakami.
Ho trovato interessante e inconsueto il fatto che la famiglia di Tarô Komori diriga una distilleria di sakè: è dunque di nuovo la tradizione che si oppone alla modernità tecnologica, come il tempio scintoista dei Komagusu è in antitesi con la nuova setta guidata dalla nonna di Makoto (in Giappone le “Nuove Religioni” stanno proliferando, con esiti a volte nefasti).
Non posso dare un punteggio pieno perché c’è una cosa che non mi è piaciuta, ossia l’uso della computer grafica (ad esempio quando i protagonisti si muovono volando), che a mio giudizio sarebbe stata giustificata solo nei momenti in cui uno dei ragazzi – Masayuki – utilizza il suo videogioco.
Ammetto tuttavia di essere della vecchia scuola da questo punto di vista e di non amare le incursioni/intrusioni della CG negli anime.
Un'opera come "Ghost Hound" non passa di certo inosservata, in quanto è il frutto di un cast stellare. Giusto per fare alcuni nomi: Masamune Shirow, Ryotarou Nakamura e Chiaki J. Konaka, tutti e tre assieme, avete capito bene. Sembra quasi uno scherzo, ma in effetti ciò corrisponde a verità. Questo straordinario dream team fa pensare immediatamente ad un capolavoro annunciato, che sicuramente si rivelerà complesso, ricco di tematiche altisonanti, acerbi connubi tra esoterismo e sci-fi coadiuvati da una regia e una sceneggiatura folli, e così via. E' legittimo provare un grande entusiasmo nell'approcciarsi ad un'opera del genere, soprattutto per chi ha vissuto il cyberpunk giapponese nella sua età dell'oro - gli anni novanta -, un tempo ormai lontano, in cui il suddetto trittico di autori aveva dettato legge, stabilendo assieme ad un certo Mamoru Oshii le coordinate di quel tipico tecno-orientalismo caratterizzato da una vincente commistione di riflessioni esistenziali e sperimentalismi d'avanguardia.
Eppure tali aspettative, dopo che ci si approccia al titolo, vengono immancabilmente ridimensionate. Si parla di sciamanesimo, un'antica passione di Masamune Shirow; il plot della serie è difatti incentrato sulle vicende di dei ragazzi che sono in grado di esperimentare dei viaggi ultracorporei, congiungendosi con il mondo invisibile agli occhi dell'uomo, popolato da strane entità spiritiche che paiono indissolubilmente legate con il dominio della materia - che in fondo è energia: la cosa fondamentale è il modo con il quale si percepiscono le cose, dopotutto. Lo stato di coscienza in cui ci si ritrova. Un'idea di base del genere, sebbene sia stata presa di peso dall'esoterismo, è indubbiamente brillante, tuttavia, a parer mio, in "Ghost Hound" non viene sviluppata in tutte le sue potenzialità. Chi ha letto qualche libro di Carlos Castaneda sa di cosa parlo: lo sciamanesimo è una corrente culturale estremamente complessa, densa di allegorie talvolta impenetrabili e significati impliciti che lasciano ampio spazio a riflessioni sulla natura umana tutt'altro che banali. Se poi di mezzo c'è l'ambizione di voler fondere tale corrente di pensiero con la neuroscienza, ci si ritrova a dover inevitabilmente gestire una grande quantità di carne al fuoco. C'è veramente troppo da dire quando ci si fa carico di tali abnormi pretese sincretistiche. E con la consapevolezza di ciò, "Ghost Hound" incomincia a scricchiolare in alcuni punti, talvolta rivelandosi una brodaglia di nozioni mistico/esoteriche/fantascientifiche senza alcuna polarizzazione - fini a se stesse, in parole povere -, altre volte perdendo tempo in ciance, mostrando poco o nulla, dapprima rallentando quando ci sarebbe molto da dire, e successivamente accelerando nei battenti finali - tra l'altro coronati da uno stridente happy ending che sa molto di deus ex machina - dicendo troppe cose, lasciando trasparire una certa confusione espositiva, troppe ambizioni che si risolvono malamente, soffocate dalla loro eccessiva pretenziosità.
Ci sono modi e modi di essere postmoderni. Di certo, fatto salvo ciò di cui sopra, se si aggiungono nella pentola a pressione citazioni a colossi della letteratura fantascientifica come "Blood Music" esclusivamente per creare colpi di scena abbastanza telefonati, oppure ci si mette a parlare addirittura di reincarnazione (!) perdendo pezzi per strada - e sopratutto, prendendosi troppo sul serio -, al momento della bollitura, la zuppa così creata si riverserà sui fornelli accompagnata da un fischio acuto, fastidioso, che a suo modo testimonia la fine dell'età dell'oro del cyberpunk. Ci si aspettava molteplici stratificazioni concettuali dalla grande complessità tra loro coerenti, come accadeva in "serial experiments lain" sei anni prima, ma ahimé, ciò che rimane, a conti fatti, è una banalissima storia d'amore tra due pucciosi ragazzini caratterizzati con fin troppa superficialità.
Ma non sono soltanto i due protagonisti a rivelarsi decisamente mal caratterizzati. Complice un character design di cattivo gusto, anche gli altri personaggi risultano piatti come ferri da stiro, in primis l'evitabile scienziata dai seni enormi la quale, almeno in teoria, dovrebbe stuzzicare gli appetiti sessuali degli adolescenti cliché a cui piace molto viaggiare all'infuori dei loro domini corporei. Detto ciò, molto interessante l'idea di rappresentare le sedute psicoanalitiche del main character con tanto di ribaltamento dei ruoli tra analista e analizzato, anche se ciò mi è sembrato abbastanza inconcludente, ovvero privo di un messaggio esistenzialista degno di nota.
Il grande punto di forza della serie è indubbiamente la regia di Ryotaro Nakamura: sebbene egli non riesca a raggiungere gli apici psichedelici e stranianti dell'inarrivabile "serial experiments lain", con "Ghost Hound" dimostra comunque di saper fare molto bene il suo mestiere, conferendo una certa dignità stilistica alla confusione concettuale partorita dalla mente fracassona di Masamune Shirow e alla svogliatezza di un Chiaki J. Konaka decisamente fuori forma. Detto ciò, rimane un po' l'amaro in bocca nel costatare che determinate scene sarebbero state più incisive con una maggior dose di pathos e violenza visiva, una maggiore incisività nella gestione dell'apparato rumoristico, nonché nella frammentazione della prospettiva.
Se, a parer mio, il design dell'opera è abbastanza grezzo, pucci pucci e fuori luogo per le tematiche trattate, anche alcuni aspetti tecnici non stupiscono più di tanto, nonostante dietro vi sia un colosso come Production I.G. Abbastanza infelice la scelta di disegnare e colorare i fondali con una computer grafica assai rozza e minimalista: questo fatto, congiunto alla scarsa raffinatezza del design, contribuisce a rendere il tutto molto più asettico e finto di quanto non lo sia già di per sé. Anche la colonna sonora non si rivela molto incisiva, e contribuisce ad annoiare lo spettatore con un piattume visivo-uditivo che lascia abbastanza il tempo che trova. Perché sì, è proprio così: gli anni novanta sono finiti, è già stato fatto tanto, forse tutto, e anche gli autori che un tempo vissero i loro momenti di gloria, alla luce di un contesto differente si rivelano inconcludenti; non stupisce pertanto lo scarso seguito che ha avuto questo "Ghost Hound", un'opera in bilico tra la gloria del passato e l'aridità concettuale del futuro di un media che a quanto pare ha già giocato tutte le sue carte migliori.
Eppure tali aspettative, dopo che ci si approccia al titolo, vengono immancabilmente ridimensionate. Si parla di sciamanesimo, un'antica passione di Masamune Shirow; il plot della serie è difatti incentrato sulle vicende di dei ragazzi che sono in grado di esperimentare dei viaggi ultracorporei, congiungendosi con il mondo invisibile agli occhi dell'uomo, popolato da strane entità spiritiche che paiono indissolubilmente legate con il dominio della materia - che in fondo è energia: la cosa fondamentale è il modo con il quale si percepiscono le cose, dopotutto. Lo stato di coscienza in cui ci si ritrova. Un'idea di base del genere, sebbene sia stata presa di peso dall'esoterismo, è indubbiamente brillante, tuttavia, a parer mio, in "Ghost Hound" non viene sviluppata in tutte le sue potenzialità. Chi ha letto qualche libro di Carlos Castaneda sa di cosa parlo: lo sciamanesimo è una corrente culturale estremamente complessa, densa di allegorie talvolta impenetrabili e significati impliciti che lasciano ampio spazio a riflessioni sulla natura umana tutt'altro che banali. Se poi di mezzo c'è l'ambizione di voler fondere tale corrente di pensiero con la neuroscienza, ci si ritrova a dover inevitabilmente gestire una grande quantità di carne al fuoco. C'è veramente troppo da dire quando ci si fa carico di tali abnormi pretese sincretistiche. E con la consapevolezza di ciò, "Ghost Hound" incomincia a scricchiolare in alcuni punti, talvolta rivelandosi una brodaglia di nozioni mistico/esoteriche/fantascientifiche senza alcuna polarizzazione - fini a se stesse, in parole povere -, altre volte perdendo tempo in ciance, mostrando poco o nulla, dapprima rallentando quando ci sarebbe molto da dire, e successivamente accelerando nei battenti finali - tra l'altro coronati da uno stridente happy ending che sa molto di deus ex machina - dicendo troppe cose, lasciando trasparire una certa confusione espositiva, troppe ambizioni che si risolvono malamente, soffocate dalla loro eccessiva pretenziosità.
Ci sono modi e modi di essere postmoderni. Di certo, fatto salvo ciò di cui sopra, se si aggiungono nella pentola a pressione citazioni a colossi della letteratura fantascientifica come "Blood Music" esclusivamente per creare colpi di scena abbastanza telefonati, oppure ci si mette a parlare addirittura di reincarnazione (!) perdendo pezzi per strada - e sopratutto, prendendosi troppo sul serio -, al momento della bollitura, la zuppa così creata si riverserà sui fornelli accompagnata da un fischio acuto, fastidioso, che a suo modo testimonia la fine dell'età dell'oro del cyberpunk. Ci si aspettava molteplici stratificazioni concettuali dalla grande complessità tra loro coerenti, come accadeva in "serial experiments lain" sei anni prima, ma ahimé, ciò che rimane, a conti fatti, è una banalissima storia d'amore tra due pucciosi ragazzini caratterizzati con fin troppa superficialità.
Ma non sono soltanto i due protagonisti a rivelarsi decisamente mal caratterizzati. Complice un character design di cattivo gusto, anche gli altri personaggi risultano piatti come ferri da stiro, in primis l'evitabile scienziata dai seni enormi la quale, almeno in teoria, dovrebbe stuzzicare gli appetiti sessuali degli adolescenti cliché a cui piace molto viaggiare all'infuori dei loro domini corporei. Detto ciò, molto interessante l'idea di rappresentare le sedute psicoanalitiche del main character con tanto di ribaltamento dei ruoli tra analista e analizzato, anche se ciò mi è sembrato abbastanza inconcludente, ovvero privo di un messaggio esistenzialista degno di nota.
Il grande punto di forza della serie è indubbiamente la regia di Ryotaro Nakamura: sebbene egli non riesca a raggiungere gli apici psichedelici e stranianti dell'inarrivabile "serial experiments lain", con "Ghost Hound" dimostra comunque di saper fare molto bene il suo mestiere, conferendo una certa dignità stilistica alla confusione concettuale partorita dalla mente fracassona di Masamune Shirow e alla svogliatezza di un Chiaki J. Konaka decisamente fuori forma. Detto ciò, rimane un po' l'amaro in bocca nel costatare che determinate scene sarebbero state più incisive con una maggior dose di pathos e violenza visiva, una maggiore incisività nella gestione dell'apparato rumoristico, nonché nella frammentazione della prospettiva.
Se, a parer mio, il design dell'opera è abbastanza grezzo, pucci pucci e fuori luogo per le tematiche trattate, anche alcuni aspetti tecnici non stupiscono più di tanto, nonostante dietro vi sia un colosso come Production I.G. Abbastanza infelice la scelta di disegnare e colorare i fondali con una computer grafica assai rozza e minimalista: questo fatto, congiunto alla scarsa raffinatezza del design, contribuisce a rendere il tutto molto più asettico e finto di quanto non lo sia già di per sé. Anche la colonna sonora non si rivela molto incisiva, e contribuisce ad annoiare lo spettatore con un piattume visivo-uditivo che lascia abbastanza il tempo che trova. Perché sì, è proprio così: gli anni novanta sono finiti, è già stato fatto tanto, forse tutto, e anche gli autori che un tempo vissero i loro momenti di gloria, alla luce di un contesto differente si rivelano inconcludenti; non stupisce pertanto lo scarso seguito che ha avuto questo "Ghost Hound", un'opera in bilico tra la gloria del passato e l'aridità concettuale del futuro di un media che a quanto pare ha già giocato tutte le sue carte migliori.
Cast stellare? Sicuramente. La grandezza dei nomi coinvolti in questo progetto, quali Ryutaro Nakamura(Serial Experiments Lain, Kino no Tabi), Chiaki J. Konaka (Lain, Texhnolyze,ecc), Masamune Shirow(Ghost in the Shell, Appleseed, Orion), fa sì che ci si aspetti qualcosa di epocale. In effetti Ghost Hound non tradisce le aspettative, almeno per me poiché l'unica cosa che di solito si tende ad attaccare in questo anime è il finale.
Un finale anticlimatico, che non rispecchia il mood della serie, troppo buonista? E' esattamente così. Ma perché mai un unico episodio dovrebbe distruggere una serie di spessore come Ghost hound? E a parte questo, il finale è veramente fuori luogo? No, entrando in un'ottica esistenzialista, senza restare ancorati a ciò che ci mostra la superficie, tutta la storia è la metafora della vita, ossia ciò che la storia dell'incidente e l'intreccio tra le famiglie coinvolte ci mostra in realtà sono simboli, quindi si arriva ad un finale adeguato.
Prima di parlare del finale diciamo cosa è Ghost Hound e di cosa parla.
Ghost Hound si presenta come un thriller, a tratti horror, pieno di psicologia e psicanalisi, attraverso tematiche scientifiche, pseudo-scientifiche e religiose.
Fin da subito è distinguibile la regia disturbante, claustrofobica e lenta di Nakamura, un po' come Lain, ma qui è più terrena perché l'approccio è diverso, anzi è opposto. Se in Lain le informazioni ci vengono date alla fine, qui ci inonda di informazioni all'inizio per poi lasciare domande senza risposta in cui c'è da sforzarsi per concludere il puzzle(non che in Lain sia più facile, anzi…).
I tre protagonisti con esperienze diverse si ritrovano ad affrontare lo stesso sogno, attraverso le proiezioni astrali, o meglio affrontare e superare insieme le paure del passato, scavalcare i nuovi scogli in cui ci infrangiamo, ricomponendoci e continuando la nostra vita. Da lì l'anime prende 2 pieghe, quella scientifica farcita di monologhi e spiegazioni dettagliate da parte degli scienziati o dottori presenti, e la parte mistica o religiosa attraverso dialoghi frammentari e poco precisi, insicuri, da parte del prete scintoista, la sacerdotessa e il vagabondo. Quindi è esattamente come nella realtà, i due approcci divergono totalmente, in uno ti spiegano perché è così, nell'altro ci devi credere.
Le tematiche affrontate sono moltissime: proiezione astrale, depersonalizzazione, psicanalisi, sogno,realtà oggettiva, fobie, destino forzato(Makoto dalla nonna), sincronicità, astrattismo, mondi alternativi, ecc.
La prima volta che i protagonisti si proiettano rivedono gli echi del loro passato per poi continuare il loro viaggio nella realtà, anzi loro possono ora vedere ciò che era impossibile quando erano limitati nel corpo fisico perché riportare alla mente episodi spiacevoli e superarli, così come superare gli altri blocchi quotidiani, non è un esperienza fisica, ma mentale ed in effetti l'O.B.E. è un viaggio della mente, in questo caso il viaggio della vita al fine di scoprirsi meglio ed andare avanti.
Ci sono almeno 3 cose che potrebbero essere influenze di Shirow, che ricordiamo il soggetto originale è suo, e l' O.B.E. è una di esse in quanto la separazione della mente dal corpo è una delle sue tematiche predilette, le altre sono l'omunculo cerebrale (sembra a tutti gli effetti il Ghost di Gits, no?) e il riferimento all'ippocampo come cache del PC.
In Ghost Hound all'inizio si ha la sensazione che tutto possa essere spiegato con la scienza, ad esempio se l'ippocampo viene danneggiato il soggetto può non ricordare eventi spiacevoli come la morte della sorella(Taro) o i propri genitori(Makoto), ma in fin dei conti non è così poiché la scienza non può spiegare tutti i misteri dell'universo e nemmeno in Ghost Hound a quanto pare.
Le proiezioni astrali si possono intendere come i farmaci per la madre di Taro, lei li prende per non sognare perché con il sogno fuggiva dalla realtà riuscendo a vedere la sua figlia deceduta, ma senza i sogni lei non può rivedere sua figlia ed i ricordi andranno man mano dispersi. Dunque più viaggi extracorporei Taro fa e meno sogni su sua sorella avrà, il che comporterebbe ad un superamento delle paure, ma prima che i sogni spariscano per sempre lui deve ricordare cosa gli disse sua sorella prima di morire.
I protagonisti, che già hanno un background doloroso, continuano a vivere una vita sterile a livello affettivo, complice di ciò è anche l'incapacità dei genitori a relazionarsi e la realtà che i propri figli non conoscono e non riescono ad accettare. Questo velo di Maya verrà tolto grazie ai soliti viaggi extracorporei di routine, senza dirle tutte basti pensare a come Masayuki scopre cosa fa il padre in laboratorio, oppure anche scoperte più futili come la fermentazione del sakè da parte di Taro.
In uno degli episodi Taro è in punto di morte o più precisamente sviene, durante questa finta morte lui si proietta nelle proprie sinapsi dove incontra un essere che lui identifica erroneamente come sua sorella. Lui si sente come se lei lo stesse chiamando, ma subito dopo la dottoressa gli spiega cosa sono le sinapsi e la loro connessione con la memoria a lungo termine. In tal modo si cerca nuovamente di spiegare cosa sta avvenendo a Taro, e molte delle teorie a riguardo verranno anche esposte dallo psicologo che lo cura. Queste figure rappresentano la risposta scientifica ai vari fenomeni, ma anche loro iniziano a vacillare ed anzi ne rimangono anche affetti(lo psicologo ha la demenza a corpi di Lewy). Emblematico è l'incontro tra lo psicologo e il prete scintoista in cui entrambi si chiedono aiuto, un po' come quando un ateo chiede aiuto a Dio per salvare la figlia dal coma.
Il trio matura di continuo, infatti instaurano dialoghi maturi con gli adulti su varie problematiche che ci affliggono, ad esempio con la dottoressa discute se fosse possibile rimuovere il sistema limbico per avere una società migliore, mentre con il prete si discute sull'inquinamento ambientale.
Allo stesso modo la forma della proiezione astrale si evolve di continuo, infatti si passa da una forma infantile e trasparente ad una animale e aggressiva, per poi finire con l'avere una forma reale corporea.
I nostri protagonisti non sono i soli a subire un processo evolutivo, ma anche i bioidi sviluppati dal padre di Masayuki, in pratica si può avere un "mostro di belle speranze" dandogli uno stimolo linguistico, ma il processo non si ferma qui, uno degli sviluppatori modifica il progetto e li rende capaci di riprodursi, ciò avrà gravi ripercussioni sul finale.
La cura di Taro sembra bloccarsi quando il suo rapporto con uno dei personaggi chiave, Miyako, la figlia del prete, si rafforza. Infatti arriva a pensare che Miyako fosse la reincarnazione di sua sorella e ne diventa ossessivo. Quindi in uno dei suoi viaggi extracorporei entra in un posto creato dallo sviluppatore di bioidi nell'altro mondo che gli spiega una teoria quantistica secondo la quale "Il mondo esiste perché esiste l'uomo, le cose esistono solo se vengono osservate. Può darsi che il vero io sia quello del mondo astratto e questo mondo un illusione, rendendo l'io di questo mondo un ologramma", ma il mondo reale ed astratto sono riflessi da le nostre coscienze da diverse prospettive, quindi ciò che realmente vediamo è "l'ordine esplicito " , che è il risultato dell'interpretazione che il nostro cervello ci offre degli ologrammi(Olomovimenti secondo Bohm) che compongono l'universo. Inoltre con un altro paio di viaggi Taro si fa carico delle esperienze acquisite e supera questa ossessività, ma non solo, riesce anche a superare il ricordo di sua sorella.
Anche Miyako ha un periodo non facile in quanto tutti(a parte i protagonisti) credono che lei sia la sacerdotessa che prenderà il posto della nonna di Makoto ed infatti lei viene posseduta da una divinità, ma scopriamo che quella divinità era presente su uno dei libri del padre ed in più la pressione psicologica dei suoi fantomatici servitori l' ha spinta a farsi impossessare, almeno secondo Jung e Bohm, facendo un mix tra sincronicità e ordine implicito secondo cui "La totalità dell'universo è dentro di te, anche se tu ne sei solo una piccola parte" e "se gli si attribuisce troppo valore l'uomo crea Dio". Questo è ciò che è successo a Miyako, cioè il diventare Dio è dovuto ad un forte volere di esserlo causato dalle coincidenze casuali e reali che ha trovato lungo la sua esistenza.
Verso la fine tutti scoprono la realtà o l'ordine implicito(livello più profondo della realtà oggettiva), ma si ha ancora la sensazione che deve accadere qualcosa di grande con il termine del penultimo episodio, creando così un forte anti-climax con l'episodio finale che si rivela essere tutt'altro che l'apoteosi del mood della serie fino ad allora. Finisce bene per tutti, sia per quanto riguarda le questioni familiari, le malattie mentali e la storia della sorella di Taro, infine Taro scopre le famose ultime parole dopo aver capito che l'essere nelle sue sinapsi è la sua coscienza e non sua sorella. Sia per la questione dell' ordine naturale squilibrato dall'interferenza della vita artificiale(i bioidi) creata dall'uomo con la natura creata da Dio in quanto non è possibile che ci fossero 2 creatori, così si sono uniti dando vita ad un nuovo Dio o semplicemente si è manifestato il vero Dio dell'ordine implicito.
Ora cosa è che mi fa ritenere il finale di Ghost Hound valido lo stesso? Alla fine è un happy ending che lascia alcune domande senza risposte e dal momento in cui si interpreta ghost hound come metafora della vita; l'uomo ha paura, l'uomo cerca di superare le paure, l'uomo cerca risposte a domande ultraterrene, l'uomo vuole essere Dio(i bioidi), ecc. Infine l'uomo non avrà tutte le risposte che cerca (se muore), mentre le continuerà a cercare se è vivo(in tal senso l'essere ancora vivo è l'happy ending) come il finale di GH. Ergo è la vita stessa ad essere anticlimatica, ci sarà sempre un'alternanza tra dolore e felicità prima del buio. Però credo che in questo modo gli autori negano parte del pensiero di Bohm, in quanto tutto è connesso e ogni singolo elemento può spiegare tutti gli altri, "l'interezza non spezzata della totalità dell'esistenza come un movimento indiviso che scorre senza bordi", ma in GH l'interezza viene spezzata da domande senza risposta o magari spetta a noi tirare le somme dopo il nostro viaggio nella mente con lo psicologo(che è da considerarsi l'anime) proprio come i nostri protagonisti?
Ciò che è veramente fondamentale in questo anime è la regia di Ryutaro Nakamura, simile a Lain, ma più solare e dinamica con frequenti usi di carrellate circolari(la corsa nella staccionata) o aeree quando si proiettano. Altro ruolo chiave è l'uso del suono disturbante e distorto che dà quella tensione unica, da migliori film horror.
Anche il design e le animazioni sono ottime, d'altronde è Production I.G.
Un anime da vedere se si vuole ragionare su qualcosa di complesso, credo sia l'anime più intelligente per la parte esplicita(senza trip mentali a posteriori da parte dello spettatore) che abbia visto, oppure si è in cerca di qualcosa assai valido a livello registico.
Un finale anticlimatico, che non rispecchia il mood della serie, troppo buonista? E' esattamente così. Ma perché mai un unico episodio dovrebbe distruggere una serie di spessore come Ghost hound? E a parte questo, il finale è veramente fuori luogo? No, entrando in un'ottica esistenzialista, senza restare ancorati a ciò che ci mostra la superficie, tutta la storia è la metafora della vita, ossia ciò che la storia dell'incidente e l'intreccio tra le famiglie coinvolte ci mostra in realtà sono simboli, quindi si arriva ad un finale adeguato.
Prima di parlare del finale diciamo cosa è Ghost Hound e di cosa parla.
Ghost Hound si presenta come un thriller, a tratti horror, pieno di psicologia e psicanalisi, attraverso tematiche scientifiche, pseudo-scientifiche e religiose.
Fin da subito è distinguibile la regia disturbante, claustrofobica e lenta di Nakamura, un po' come Lain, ma qui è più terrena perché l'approccio è diverso, anzi è opposto. Se in Lain le informazioni ci vengono date alla fine, qui ci inonda di informazioni all'inizio per poi lasciare domande senza risposta in cui c'è da sforzarsi per concludere il puzzle(non che in Lain sia più facile, anzi…).
I tre protagonisti con esperienze diverse si ritrovano ad affrontare lo stesso sogno, attraverso le proiezioni astrali, o meglio affrontare e superare insieme le paure del passato, scavalcare i nuovi scogli in cui ci infrangiamo, ricomponendoci e continuando la nostra vita. Da lì l'anime prende 2 pieghe, quella scientifica farcita di monologhi e spiegazioni dettagliate da parte degli scienziati o dottori presenti, e la parte mistica o religiosa attraverso dialoghi frammentari e poco precisi, insicuri, da parte del prete scintoista, la sacerdotessa e il vagabondo. Quindi è esattamente come nella realtà, i due approcci divergono totalmente, in uno ti spiegano perché è così, nell'altro ci devi credere.
Le tematiche affrontate sono moltissime: proiezione astrale, depersonalizzazione, psicanalisi, sogno,realtà oggettiva, fobie, destino forzato(Makoto dalla nonna), sincronicità, astrattismo, mondi alternativi, ecc.
La prima volta che i protagonisti si proiettano rivedono gli echi del loro passato per poi continuare il loro viaggio nella realtà, anzi loro possono ora vedere ciò che era impossibile quando erano limitati nel corpo fisico perché riportare alla mente episodi spiacevoli e superarli, così come superare gli altri blocchi quotidiani, non è un esperienza fisica, ma mentale ed in effetti l'O.B.E. è un viaggio della mente, in questo caso il viaggio della vita al fine di scoprirsi meglio ed andare avanti.
Ci sono almeno 3 cose che potrebbero essere influenze di Shirow, che ricordiamo il soggetto originale è suo, e l' O.B.E. è una di esse in quanto la separazione della mente dal corpo è una delle sue tematiche predilette, le altre sono l'omunculo cerebrale (sembra a tutti gli effetti il Ghost di Gits, no?) e il riferimento all'ippocampo come cache del PC.
In Ghost Hound all'inizio si ha la sensazione che tutto possa essere spiegato con la scienza, ad esempio se l'ippocampo viene danneggiato il soggetto può non ricordare eventi spiacevoli come la morte della sorella(Taro) o i propri genitori(Makoto), ma in fin dei conti non è così poiché la scienza non può spiegare tutti i misteri dell'universo e nemmeno in Ghost Hound a quanto pare.
Le proiezioni astrali si possono intendere come i farmaci per la madre di Taro, lei li prende per non sognare perché con il sogno fuggiva dalla realtà riuscendo a vedere la sua figlia deceduta, ma senza i sogni lei non può rivedere sua figlia ed i ricordi andranno man mano dispersi. Dunque più viaggi extracorporei Taro fa e meno sogni su sua sorella avrà, il che comporterebbe ad un superamento delle paure, ma prima che i sogni spariscano per sempre lui deve ricordare cosa gli disse sua sorella prima di morire.
I protagonisti, che già hanno un background doloroso, continuano a vivere una vita sterile a livello affettivo, complice di ciò è anche l'incapacità dei genitori a relazionarsi e la realtà che i propri figli non conoscono e non riescono ad accettare. Questo velo di Maya verrà tolto grazie ai soliti viaggi extracorporei di routine, senza dirle tutte basti pensare a come Masayuki scopre cosa fa il padre in laboratorio, oppure anche scoperte più futili come la fermentazione del sakè da parte di Taro.
In uno degli episodi Taro è in punto di morte o più precisamente sviene, durante questa finta morte lui si proietta nelle proprie sinapsi dove incontra un essere che lui identifica erroneamente come sua sorella. Lui si sente come se lei lo stesse chiamando, ma subito dopo la dottoressa gli spiega cosa sono le sinapsi e la loro connessione con la memoria a lungo termine. In tal modo si cerca nuovamente di spiegare cosa sta avvenendo a Taro, e molte delle teorie a riguardo verranno anche esposte dallo psicologo che lo cura. Queste figure rappresentano la risposta scientifica ai vari fenomeni, ma anche loro iniziano a vacillare ed anzi ne rimangono anche affetti(lo psicologo ha la demenza a corpi di Lewy). Emblematico è l'incontro tra lo psicologo e il prete scintoista in cui entrambi si chiedono aiuto, un po' come quando un ateo chiede aiuto a Dio per salvare la figlia dal coma.
Il trio matura di continuo, infatti instaurano dialoghi maturi con gli adulti su varie problematiche che ci affliggono, ad esempio con la dottoressa discute se fosse possibile rimuovere il sistema limbico per avere una società migliore, mentre con il prete si discute sull'inquinamento ambientale.
Allo stesso modo la forma della proiezione astrale si evolve di continuo, infatti si passa da una forma infantile e trasparente ad una animale e aggressiva, per poi finire con l'avere una forma reale corporea.
I nostri protagonisti non sono i soli a subire un processo evolutivo, ma anche i bioidi sviluppati dal padre di Masayuki, in pratica si può avere un "mostro di belle speranze" dandogli uno stimolo linguistico, ma il processo non si ferma qui, uno degli sviluppatori modifica il progetto e li rende capaci di riprodursi, ciò avrà gravi ripercussioni sul finale.
La cura di Taro sembra bloccarsi quando il suo rapporto con uno dei personaggi chiave, Miyako, la figlia del prete, si rafforza. Infatti arriva a pensare che Miyako fosse la reincarnazione di sua sorella e ne diventa ossessivo. Quindi in uno dei suoi viaggi extracorporei entra in un posto creato dallo sviluppatore di bioidi nell'altro mondo che gli spiega una teoria quantistica secondo la quale "Il mondo esiste perché esiste l'uomo, le cose esistono solo se vengono osservate. Può darsi che il vero io sia quello del mondo astratto e questo mondo un illusione, rendendo l'io di questo mondo un ologramma", ma il mondo reale ed astratto sono riflessi da le nostre coscienze da diverse prospettive, quindi ciò che realmente vediamo è "l'ordine esplicito " , che è il risultato dell'interpretazione che il nostro cervello ci offre degli ologrammi(Olomovimenti secondo Bohm) che compongono l'universo. Inoltre con un altro paio di viaggi Taro si fa carico delle esperienze acquisite e supera questa ossessività, ma non solo, riesce anche a superare il ricordo di sua sorella.
Anche Miyako ha un periodo non facile in quanto tutti(a parte i protagonisti) credono che lei sia la sacerdotessa che prenderà il posto della nonna di Makoto ed infatti lei viene posseduta da una divinità, ma scopriamo che quella divinità era presente su uno dei libri del padre ed in più la pressione psicologica dei suoi fantomatici servitori l' ha spinta a farsi impossessare, almeno secondo Jung e Bohm, facendo un mix tra sincronicità e ordine implicito secondo cui "La totalità dell'universo è dentro di te, anche se tu ne sei solo una piccola parte" e "se gli si attribuisce troppo valore l'uomo crea Dio". Questo è ciò che è successo a Miyako, cioè il diventare Dio è dovuto ad un forte volere di esserlo causato dalle coincidenze casuali e reali che ha trovato lungo la sua esistenza.
Verso la fine tutti scoprono la realtà o l'ordine implicito(livello più profondo della realtà oggettiva), ma si ha ancora la sensazione che deve accadere qualcosa di grande con il termine del penultimo episodio, creando così un forte anti-climax con l'episodio finale che si rivela essere tutt'altro che l'apoteosi del mood della serie fino ad allora. Finisce bene per tutti, sia per quanto riguarda le questioni familiari, le malattie mentali e la storia della sorella di Taro, infine Taro scopre le famose ultime parole dopo aver capito che l'essere nelle sue sinapsi è la sua coscienza e non sua sorella. Sia per la questione dell' ordine naturale squilibrato dall'interferenza della vita artificiale(i bioidi) creata dall'uomo con la natura creata da Dio in quanto non è possibile che ci fossero 2 creatori, così si sono uniti dando vita ad un nuovo Dio o semplicemente si è manifestato il vero Dio dell'ordine implicito.
Ora cosa è che mi fa ritenere il finale di Ghost Hound valido lo stesso? Alla fine è un happy ending che lascia alcune domande senza risposte e dal momento in cui si interpreta ghost hound come metafora della vita; l'uomo ha paura, l'uomo cerca di superare le paure, l'uomo cerca risposte a domande ultraterrene, l'uomo vuole essere Dio(i bioidi), ecc. Infine l'uomo non avrà tutte le risposte che cerca (se muore), mentre le continuerà a cercare se è vivo(in tal senso l'essere ancora vivo è l'happy ending) come il finale di GH. Ergo è la vita stessa ad essere anticlimatica, ci sarà sempre un'alternanza tra dolore e felicità prima del buio. Però credo che in questo modo gli autori negano parte del pensiero di Bohm, in quanto tutto è connesso e ogni singolo elemento può spiegare tutti gli altri, "l'interezza non spezzata della totalità dell'esistenza come un movimento indiviso che scorre senza bordi", ma in GH l'interezza viene spezzata da domande senza risposta o magari spetta a noi tirare le somme dopo il nostro viaggio nella mente con lo psicologo(che è da considerarsi l'anime) proprio come i nostri protagonisti?
Ciò che è veramente fondamentale in questo anime è la regia di Ryutaro Nakamura, simile a Lain, ma più solare e dinamica con frequenti usi di carrellate circolari(la corsa nella staccionata) o aeree quando si proiettano. Altro ruolo chiave è l'uso del suono disturbante e distorto che dà quella tensione unica, da migliori film horror.
Anche il design e le animazioni sono ottime, d'altronde è Production I.G.
Un anime da vedere se si vuole ragionare su qualcosa di complesso, credo sia l'anime più intelligente per la parte esplicita(senza trip mentali a posteriori da parte dello spettatore) che abbia visto, oppure si è in cerca di qualcosa assai valido a livello registico.
Ghost Hound è una di quelle piccole perle che possono essere soprannominati capolavori, ma allo stesso tempo avvalersi di questo nome spesso limita la fascia di utenza che può realmente apprezzarlo, per dirla a modo mio è una di quelle serie che alla fine della visione mi lascia come un vuoto dentro.
Da un certo punto di vista si potranno trovare delle somignianze con Hinamizawa, la piccola cittadina rurale vista nella serie Higurashi, molti elementi si sovrapporrano, tanto da illudere a volte lo spettatore a pensare ad un possibile stravolgimento improvviso della trama ed a una follia collettiva finale con tanto di massacro, ma la trama in realtà seguirà sempre il suo corso andando sempre lenta e dritta verso il suo scopo finale.
Come detto la visione non è adatta a tutti, l'atmosfera soporifera (e con soporifera intendo che mi sono veramente addormentato a volte dopo la visione di 3-4 episodi di seguito) sarà una cornice onnipresente, sia essa cusata dai disegni, dai paesaggi, dalla narrazione lenta, dalle inquadrature fisse di secondi che sembrano minuti fino alle musiche e alle ost, queste ultime sicuramente la ciliegina sulla torta per una terapia del sonno XD .
Ogni episodio nella sua lentezza apparirà quasi incomprensibile, sembrerà quasi di trovarsi di fronte uno di quei giochini con i puntini sulla settimana enigmistica, ma gli ultimi secondi di ogni episodio appariranno rivelatori facendo apparire come per magia i numerini che permetteranno di unire il tutto avendo alla fine un quadro completo, e nessun punto sarà mai superfluo o incoerente con il resto della trama.
Negli episodi finali avremo finalmente alcune rivelazioni, ma ragionandoci meglio ci si renderà conto che era già quasi tutto dentro la nostra mente.
Molti potrebbero storcere il naso dato che alcune storie secondarie vengono lasciate aperte, ma quella principale avrà un finale più che degno, ed a quelle secondarie saranno state date le basi per giungere da soli al loro finale o ad una loro possibile evoluzione.
In definitiva una serie da 10 teorico sceso a 9 per il semplice fatto che una volta scoperta la trama solamente qualcuno che si vuole molto male o che soffre di insonnia deciderebbe di rivederlo nuovamente, una serie da una visione sola e che necessita del giusto stato d'animo e di preparazione psicologica per essere vista.
La recensione più difficile che mi sia mai trovato a scrivere.
Da un certo punto di vista si potranno trovare delle somignianze con Hinamizawa, la piccola cittadina rurale vista nella serie Higurashi, molti elementi si sovrapporrano, tanto da illudere a volte lo spettatore a pensare ad un possibile stravolgimento improvviso della trama ed a una follia collettiva finale con tanto di massacro, ma la trama in realtà seguirà sempre il suo corso andando sempre lenta e dritta verso il suo scopo finale.
Come detto la visione non è adatta a tutti, l'atmosfera soporifera (e con soporifera intendo che mi sono veramente addormentato a volte dopo la visione di 3-4 episodi di seguito) sarà una cornice onnipresente, sia essa cusata dai disegni, dai paesaggi, dalla narrazione lenta, dalle inquadrature fisse di secondi che sembrano minuti fino alle musiche e alle ost, queste ultime sicuramente la ciliegina sulla torta per una terapia del sonno XD .
Ogni episodio nella sua lentezza apparirà quasi incomprensibile, sembrerà quasi di trovarsi di fronte uno di quei giochini con i puntini sulla settimana enigmistica, ma gli ultimi secondi di ogni episodio appariranno rivelatori facendo apparire come per magia i numerini che permetteranno di unire il tutto avendo alla fine un quadro completo, e nessun punto sarà mai superfluo o incoerente con il resto della trama.
Negli episodi finali avremo finalmente alcune rivelazioni, ma ragionandoci meglio ci si renderà conto che era già quasi tutto dentro la nostra mente.
Molti potrebbero storcere il naso dato che alcune storie secondarie vengono lasciate aperte, ma quella principale avrà un finale più che degno, ed a quelle secondarie saranno state date le basi per giungere da soli al loro finale o ad una loro possibile evoluzione.
In definitiva una serie da 10 teorico sceso a 9 per il semplice fatto che una volta scoperta la trama solamente qualcuno che si vuole molto male o che soffre di insonnia deciderebbe di rivederlo nuovamente, una serie da una visione sola e che necessita del giusto stato d'animo e di preparazione psicologica per essere vista.
La recensione più difficile che mi sia mai trovato a scrivere.
Leggendo i vari commenti espressi su questo titolo si nota chiaramente che un peso determinante nella sua valutazione, che comunque ha mostrato un consenso unanime, l'ha avuto il giudizio sul finale proposto. Ne è derivata, così, una specie di disputa fra due posizioni ben distinte: da un lato chi lo ha apprezzato invita lo spettatore a essere meno pigro mentalmente e non aspettarsi sempre che tutto venga spiegato per filo e per segno ma arrivare alla soluzione degli enigmi attraverso l'intuito e l'immaginazione; dall'altro chi non l'ha apprezzato, invece, si lamenta per l'incompiutezza di un anime fino a quel momento stupendo, ma che lascia l'amaro in bocca perché troppe questioni rimangono irrisolte.
Personalmente, se dovessi schierarmi relativamente a quest'anime e non in generale, stavolta sceglierei la seconda posizione, ossia quella che propende per l'incompiutezza. Se è vero, infatti, che fino al ventesimo episodio sono stato letteralmente entusiasta di questo "Ghost Hound", non posso solo per questo chiudere gli occhi e trascurare il fatto che la parte più importante è stata fatta decisamente male. E' certamente condivisibile l'idea di rendere attivo lo spettatore e lasciare a lui il compito di approfondire determinati aspetti della trama, ma qui le omissioni sono obiettivamente troppe: personalmente non credo che nessuno possa immaginare, ad esempio, cosa abbia detto la sorella a Taro prima e dopo il rapimento. E sinceramente mi sento preso decisamente per i fondelli quando il ragazzo, dopo anni e anni dominati dal tormento di non riuscire a ricordare, ferma con decisione il suo psichiatra quando finalmente stava per rivelargli la verità in proposito. E quando mi sento preso per i fondelli divento sospettoso: vuoi vedere che tutte le questioni rimaste sospese sono tali perché nemmeno l'autore ha saputo trovare una risposta adeguata?
A ogni modo, va ribadito che fino al ventesimo episodio "Ghost Hound" è una serie davvero superba: la serie è ambientata in uno di quei piccoli e sperduti paesini circondati dalle montagne (che sin dai tempi di Higurashi ho imparato ad adorare) dove dietro un'apparenza monotona e tranquilla si nascondono risvolti torbidi e inquietanti. In particolare vengono raccontate le vicende di tre amici, ognuno dei quali ha alle spalle un passato caratterizzato da un tragico evento: il rapimento e la morte della sorella, il suicidio del padre, il suicidio di un compagno di scuola su cui si era accanito con atti di bullismo. I tre ragazzi hanno anche un'altra caratteristica in comune: tutti e tre hanno la capacità di creare delle proiezioni astrali per mezzo delle quali verranno a conoscenza dei molti scheletri nell'armadio degli abitanti della piccola cittadina.
Manca qualcosa? In effetti manca quello che, a mio giudizio, è il personaggio meglio riuscito della serie: Miyako, la figlia di un monaco buddista che ha la disgrazia di essere posseduta di tanto in tanto da uno spirito o da una divinità. Non avrei mai pensato che fosse possibile dotare una bambina delle elementari di un simile carisma: nel momento in cui ella appare l'episodio compie sistematicamente un sensibile salto di qualità.
"Ghost Hound" ha nella formidabile creazione di suspense la sua dote principale: ogni disegno, ogni suono, ogni evento sono sapientemente usati per raggiungere questo fine, con risultati davvero eccellenti. Nulla sembra essere messo a caso, tutto sembra essere il preludio di qualcosa di imminente e terribile. La sensazione che tutto ciò riesce a trasmettere è davvero fantastica.
Avrei voluto, perciò, spendere solo parole d'elogio per questo titolo che, nel corso dei 22 episodi che lo compongono, è riuscito a trasmettermi (nonostante alcuni concetti e teorie psicologiche risultino a volte difficili e indigeste) grande curiosità ed estremo coinvolgimento. Ma il finale è davvero troppa poca roba anche per chi ama l'interpretazione del finale più che la sua spiegazione. Peccato, meriterebbe molto di più.
Personalmente, se dovessi schierarmi relativamente a quest'anime e non in generale, stavolta sceglierei la seconda posizione, ossia quella che propende per l'incompiutezza. Se è vero, infatti, che fino al ventesimo episodio sono stato letteralmente entusiasta di questo "Ghost Hound", non posso solo per questo chiudere gli occhi e trascurare il fatto che la parte più importante è stata fatta decisamente male. E' certamente condivisibile l'idea di rendere attivo lo spettatore e lasciare a lui il compito di approfondire determinati aspetti della trama, ma qui le omissioni sono obiettivamente troppe: personalmente non credo che nessuno possa immaginare, ad esempio, cosa abbia detto la sorella a Taro prima e dopo il rapimento. E sinceramente mi sento preso decisamente per i fondelli quando il ragazzo, dopo anni e anni dominati dal tormento di non riuscire a ricordare, ferma con decisione il suo psichiatra quando finalmente stava per rivelargli la verità in proposito. E quando mi sento preso per i fondelli divento sospettoso: vuoi vedere che tutte le questioni rimaste sospese sono tali perché nemmeno l'autore ha saputo trovare una risposta adeguata?
A ogni modo, va ribadito che fino al ventesimo episodio "Ghost Hound" è una serie davvero superba: la serie è ambientata in uno di quei piccoli e sperduti paesini circondati dalle montagne (che sin dai tempi di Higurashi ho imparato ad adorare) dove dietro un'apparenza monotona e tranquilla si nascondono risvolti torbidi e inquietanti. In particolare vengono raccontate le vicende di tre amici, ognuno dei quali ha alle spalle un passato caratterizzato da un tragico evento: il rapimento e la morte della sorella, il suicidio del padre, il suicidio di un compagno di scuola su cui si era accanito con atti di bullismo. I tre ragazzi hanno anche un'altra caratteristica in comune: tutti e tre hanno la capacità di creare delle proiezioni astrali per mezzo delle quali verranno a conoscenza dei molti scheletri nell'armadio degli abitanti della piccola cittadina.
Manca qualcosa? In effetti manca quello che, a mio giudizio, è il personaggio meglio riuscito della serie: Miyako, la figlia di un monaco buddista che ha la disgrazia di essere posseduta di tanto in tanto da uno spirito o da una divinità. Non avrei mai pensato che fosse possibile dotare una bambina delle elementari di un simile carisma: nel momento in cui ella appare l'episodio compie sistematicamente un sensibile salto di qualità.
"Ghost Hound" ha nella formidabile creazione di suspense la sua dote principale: ogni disegno, ogni suono, ogni evento sono sapientemente usati per raggiungere questo fine, con risultati davvero eccellenti. Nulla sembra essere messo a caso, tutto sembra essere il preludio di qualcosa di imminente e terribile. La sensazione che tutto ciò riesce a trasmettere è davvero fantastica.
Avrei voluto, perciò, spendere solo parole d'elogio per questo titolo che, nel corso dei 22 episodi che lo compongono, è riuscito a trasmettermi (nonostante alcuni concetti e teorie psicologiche risultino a volte difficili e indigeste) grande curiosità ed estremo coinvolgimento. Ma il finale è davvero troppa poca roba anche per chi ama l'interpretazione del finale più che la sua spiegazione. Peccato, meriterebbe molto di più.
Un'avvertenza: se avete bisogno di trame spiegate in stampatello, di personaggi descritti nel minimo dettaglio, di storie che si risolvono al 1000 per 100 con chiarimento totale di tutti i particolari, lasciate perdere "Ghost Hound": non fa per voi e voi non fate per quest'anime. Qui siamo piuttosto dalle parti di "Twins Peaks" (remember?). La trama viene suggerita attraverso informazioni e allusioni che vengono comunicate allo spettatore poco alla volta, di solito nel colpo di scena alla fine della puntata. Se avrete la pazienza di guardare tutte le puntate vederete, comunque, che la sceneggiatura di quest'anime è solida e ben strutturata. Le apparenti lacune in realtà sono ambiguità volute allo scopo di creare una vicenda sconcertante, dove molte cose possono essere interpretate in maniera ambivalente.
Tutta la vicenda si svolge su di un terreno incerto, il confine fra mondo terreno e mondo degli spiriti, alcuni protagonisti passano senza quasi rendersene conto in uno stato di trance sciamanica e faticano a rendersi conto del tipo di realtà in cui si trovano. Il riferimento a "Twins Peaks" è quindi d'obbligo ma devo dire che "Ghost Hound" mi è sembrato nettamente superiore al lavoro di Lynch. Rispetto a TP in "Ghost" la vicenda è - nonostante tutto - più compatta, non ci sono infinite sotto-trame a complicare la storia principale fino a farci perdere del tutto la strada. "Ghost", inoltre, ha una conclusione vera, che mette la parola fine all'avventura. Non tutti i misteri vengono chiariti - ma ciò aggiunge, non toglie fascino - però alla fine il ragazzo salva la ragazza e il mondo ritrova la pace, fino al prossimo disastro, ovviamente: che volete di più ? Buona visione a tutti.
Tutta la vicenda si svolge su di un terreno incerto, il confine fra mondo terreno e mondo degli spiriti, alcuni protagonisti passano senza quasi rendersene conto in uno stato di trance sciamanica e faticano a rendersi conto del tipo di realtà in cui si trovano. Il riferimento a "Twins Peaks" è quindi d'obbligo ma devo dire che "Ghost Hound" mi è sembrato nettamente superiore al lavoro di Lynch. Rispetto a TP in "Ghost" la vicenda è - nonostante tutto - più compatta, non ci sono infinite sotto-trame a complicare la storia principale fino a farci perdere del tutto la strada. "Ghost", inoltre, ha una conclusione vera, che mette la parola fine all'avventura. Non tutti i misteri vengono chiariti - ma ciò aggiunge, non toglie fascino - però alla fine il ragazzo salva la ragazza e il mondo ritrova la pace, fino al prossimo disastro, ovviamente: che volete di più ? Buona visione a tutti.
Bell'opera, molto coinvolgente e intrigante.
La psicologia dei protagonisti è ben approfondita. Ci sono parole che non vengono dette e sguardi profondi che dicono molto più di ciò che è palesemente espresso. I drammi che ogni protagonista principale e secondario vive o ha vissuto rappresentano il forte collante della trama che acquista così spessore rendendo definitivamente unico quello che potrebbe sembrare qualcosa di già visto.
A eccezione del finale e quindi delle ultime puntate, che a mio parere potevano essere meglio sviluppati, l'anime è ben costruito e coerente. Consiglio proprio la visione.
La psicologia dei protagonisti è ben approfondita. Ci sono parole che non vengono dette e sguardi profondi che dicono molto più di ciò che è palesemente espresso. I drammi che ogni protagonista principale e secondario vive o ha vissuto rappresentano il forte collante della trama che acquista così spessore rendendo definitivamente unico quello che potrebbe sembrare qualcosa di già visto.
A eccezione del finale e quindi delle ultime puntate, che a mio parere potevano essere meglio sviluppati, l'anime è ben costruito e coerente. Consiglio proprio la visione.
Ghost Hound è il classico anime che arriva bene fino a un passo dal traguardo e poi si smonta in un solo colpo.
Il protagonista è in cura da uno psicanalista per via dei suoi ricorrenti sogni notturni dovuti a un trauma infantile, il rapimento suo e di sua sorella; da questo incipit la trama cammina con i tempi giusti svelando i misteri e le storie dei coprotagonisti dell'anime, che s'intrecciano molto bene con quelle del protagonista. I momenti horror, costruiti molto bene, sanno mantenere la tensione e danno un gran senso di angoscia; la scelta di omettere le musiche di sottofondo poi è davvero un tocco di classe e funziona benissimo. Il grosso problema come dicevo all'inizio è un finale davvero tirato via che non rende giustizia a un anime che sarebbe potuto essere per idee e atmosfere davvero un piccolo gioiellino.
Il protagonista è in cura da uno psicanalista per via dei suoi ricorrenti sogni notturni dovuti a un trauma infantile, il rapimento suo e di sua sorella; da questo incipit la trama cammina con i tempi giusti svelando i misteri e le storie dei coprotagonisti dell'anime, che s'intrecciano molto bene con quelle del protagonista. I momenti horror, costruiti molto bene, sanno mantenere la tensione e danno un gran senso di angoscia; la scelta di omettere le musiche di sottofondo poi è davvero un tocco di classe e funziona benissimo. Il grosso problema come dicevo all'inizio è un finale davvero tirato via che non rende giustizia a un anime che sarebbe potuto essere per idee e atmosfere davvero un piccolo gioiellino.
Ho aspettato di vedere l'ultima puntata prima di recensire questo anime. Inizio con il lodare gli autori per un'idea di base ben strutturata e pensata: interessanti ambientazioni, colori usati, buona anche la grafica, anche i vari personaggi hanno un loro perché. L'anime affronta un tema indubbiamente complesso, per me trattato in maniera altrettanto confusa; la storia è lenta, interessante sì, ma a mio avviso solo a tratti.
Ghost Hound è un anime un po' criptico, dal mio punto di vista, e sinceramente non ho ben capito a che cosa si voleva approdare. Sono piuttosto dubbiosa sul voto da dare perché, se da una parte non mi è dispiaciuto, dall'altra ci ho messo molto a finirlo e addirittura le ultime due puntate le ho viste quasi costretta, dato che erano quelle conclusive.
Non mi è molto chiara la sequenza degli eventi che si sono susseguiti. Alcuni episodi sono la fotocopia di altri e altri ancora li ho trovati assolutamente inutili di per sé.
Vedo tutti voti alti e quindi mi viene da pensare di essere davvero incontentabile, ma parlare di capolavoro non me la sento proprio.
A mio parere non è sempre vero il connubio strano-geniale. Un anime contorto non è per forza sinonimo di capolavoro. A volte mi pare che questo termine venga usato troppo e male, infatti in molti casi mi trovo in assoluto disaccordo.
Ghost Hound mi risulta essere molto confuso, strano, inconcludente per certi versi. Do un 7 per lodare l'iniziativa, un voto d'incoraggiamento.
Ghost Hound è un anime un po' criptico, dal mio punto di vista, e sinceramente non ho ben capito a che cosa si voleva approdare. Sono piuttosto dubbiosa sul voto da dare perché, se da una parte non mi è dispiaciuto, dall'altra ci ho messo molto a finirlo e addirittura le ultime due puntate le ho viste quasi costretta, dato che erano quelle conclusive.
Non mi è molto chiara la sequenza degli eventi che si sono susseguiti. Alcuni episodi sono la fotocopia di altri e altri ancora li ho trovati assolutamente inutili di per sé.
Vedo tutti voti alti e quindi mi viene da pensare di essere davvero incontentabile, ma parlare di capolavoro non me la sento proprio.
A mio parere non è sempre vero il connubio strano-geniale. Un anime contorto non è per forza sinonimo di capolavoro. A volte mi pare che questo termine venga usato troppo e male, infatti in molti casi mi trovo in assoluto disaccordo.
Ghost Hound mi risulta essere molto confuso, strano, inconcludente per certi versi. Do un 7 per lodare l'iniziativa, un voto d'incoraggiamento.
Ghost Hound è un anime che mi prese molto, non c'è che dire.
Tratta di viaggi extra-corporei, con influenze horror e thriller, ma tutto in un'atmosfera di claustrofobia, di chiusura. Sembra che quel villaggio in cui è ambientata la storia sia solo nel mondo, che nulla possa aiutare i personaggi nella loro avventura pseudo-onirica.
Personaggi ottimi, ben caratterizzati psicologicamente, legati da vincoli non parentali, ma comunque esistenti e che si scoprono nel corso dell'anime.
La serie pecca un po' nel finale, dato che propone un finale alla "Vissero tutti felici e contenti", ma comunque un 9 lo do con piacere.
Tratta di viaggi extra-corporei, con influenze horror e thriller, ma tutto in un'atmosfera di claustrofobia, di chiusura. Sembra che quel villaggio in cui è ambientata la storia sia solo nel mondo, che nulla possa aiutare i personaggi nella loro avventura pseudo-onirica.
Personaggi ottimi, ben caratterizzati psicologicamente, legati da vincoli non parentali, ma comunque esistenti e che si scoprono nel corso dell'anime.
La serie pecca un po' nel finale, dato che propone un finale alla "Vissero tutti felici e contenti", ma comunque un 9 lo do con piacere.
Di tutti gli anime che ho visto, questo è uno di quelli che più mi ha fatto pensare. Mi sono sempre interessato al paranormale, cercando di vedere quanto di vero, di "scientifico", potesse esserci, e mi pare che questo anime affronta il problema con questo spirito: guardandolo, le esperienze extracorporee e gli altri fenomeni paranormali non appaiono affatto assurdi, hanno una loro "logica". Certo, vi sono incongruenze: l'aspetto francamente buffo di certe entità (immagini 18-19) che contrasta con l'atmosfera cupa e inquietante di tutta la serie, la facilità con cui i tre ragazzi imparano a controllare le loro esperienze extracorporee, ma soprattutto il finale, incongruo e inadeguato, francamente troppo banale per una serie veramente impegnativa come questa. Avrei preferito un finale più aperto, che lasciasse spazio all'immaginazione dello spettatore, oppure a un finale che preludesse a un seguito (che non è detto che non ci sia, comunque).
In ogni caso, questo è stato uno degli anime che mi hanno più appassionato, e lo consiglio a tutti coloro che apprezzano i lavori seri e che fanno pensare, e che non si contentano di combattimenti o amori adolescenziali. E un grazie al gruppo fansub che lo ha sottotitolato.
In ogni caso, questo è stato uno degli anime che mi hanno più appassionato, e lo consiglio a tutti coloro che apprezzano i lavori seri e che fanno pensare, e che non si contentano di combattimenti o amori adolescenziali. E un grazie al gruppo fansub che lo ha sottotitolato.
Quest'anime è adatto ad un pubblico piuttosto ristretto, perchè sono pochi quelli che hanno voglia e capacità di comprendere e studiare a fondo tutti i concetti filo/psicologici che vengono mostrati in Ghost Hound; quindi se cercate un anime leggero scartatelo subito. Parlando dei disegni bisogna dire che sono molto ben fatti e fluidi (sebbene il genere del character design non sia fra i miei preferiti), arricchiti sovente anche da computer grafica, che si implementa benissimo negli scenari mostrati. La storia è molto complessa e a volte sembra di star leggendo un libro universitario di psicologia o simili. I personaggi sono ben caratterizzati, situazioni e discorsi profondi, significativi e mai banali, seppure spesso "pesanti" e difficilmente comprensibili se non ci si sofferma per un attimo a riflettere. Quindi un anime molto complesso e davvero ben studiato. Carina l'opening e bellissima l'ending. Perché non ho dato un 9? Perché non è molto scorrevole e il finale, sebbene carino, poteva essere fatto meglio, risolvendo oltre alla parte "morale" anche quella tecnica (forse dovremmo dire "biotecnologica"), spiegando ad esempio che fine fanno i biodi e come continuerà il laboratorio di biotecnologie. Tutto sommato comunque un ottimo anime, consigliato a chi cerca temi profondi e complessi.
Dopo aver letto delle opinioni entusiaste di questa serie ho deciso di vederla, anche perchè non è affatto commerciale...
Chiunque cerchi qualcosa di originale dovrebbe guardare questa serie!
Il voto non è 10 perchè in alcuni episodi va un po' a rilento e sembra non sapere come proseguire... il finale invece credo non sia male e non mi pare che lasci molti punti in sospeso, forse solo qualcuno, ma penso sia una caratteristica della serie che ben si adatta al suo carattere misterioso e a volte inquietante, ma tutt'altro che superficiale...
Consigliatissimo...
Chiunque cerchi qualcosa di originale dovrebbe guardare questa serie!
Il voto non è 10 perchè in alcuni episodi va un po' a rilento e sembra non sapere come proseguire... il finale invece credo non sia male e non mi pare che lasci molti punti in sospeso, forse solo qualcuno, ma penso sia una caratteristica della serie che ben si adatta al suo carattere misterioso e a volte inquietante, ma tutt'altro che superficiale...
Consigliatissimo...
Prendete Lain, frullatela con Mushishi e metteteci dentro pure un bel po’ di turbe psico-ormonali adolescenziali. Approssimativamente vi verrà fuori Ghost Hound.
Ecco, ora che ho sparato la mia solita sintesi babbiona semiseria, diventiamo un po’ più seri perché quest’anime è terribilmente serio, e c’è tanto di cui parlare.
Taro – un marmocchio bassissimo che da bambino è stato rapito con la sorella che c’è rimasta secca perché l’allegro rapitore ha pensato bene di farsi investire mentre i due erano rinchiusi senza acqua – è rimasto psicologicamente traumatizzato dalla morte della sorella, rimuovendo parti dell’accaduto e addirittura il viso della stessa. Tuttavia ha dei sogni inquietanti che riporta puntualmente su nastro, e la situazione si evolverà in modo sovrannaturale, poiché scoprirà di poter proiettare la propria mente e farla vagare in una specie di dimensione (Kakuriyo) sovrapposta al mondo reale. Da Tokyo arrivano uno psicologo apposta per psicoanalizzare Taro, e il nuovo compagno di classe Masayuki, ragazzo impiccione e disinvolto, con il padre che lavora al centro di ricerche biotecnologiche e un trascorso torbido alle spalle. Lo psicologo inizierà a far venire a galla il passato di Taro e tutti i suoi dubbi sul rapimento – i cui risvolti fondamentali sono ancora avvolti nel mistero – , e Masayuki farà da collante tra Taro e il cugino Makoto (che suona una chitarra strafighissima!), misantropo duro e tenebroso, orfano di padre, abbandonato dalla madre e allevato dalla nonna che è una vecchia megera spiritata a capo di un culto mistico. I tre andranno in giro per il Kakuriyo sotto le sembianze di bambini fluorescenti col culo a bertuccia, e scopriranno un mondo oscuro fatto di spiriti e presenze ignote alle persone del mondo “reale” – tutto sotto l’ombra della diga e del villaggio sommerso ai suoi piedi. E qui entra in scena il motore della vicenda, ovvero la piccola Miyako – custode e sacerdotessa col padre del tempio in cima alla montagna – che si rivela in grado di vedere le proiezioni astrali dei tre e il cui corpo diviene tramite per apparizioni divinatorie.
Procedendo con un ritmo volutamente lento e sonnambulico, fatto di suoni liminali, distorti e disturbanti che permeano l’atmosfera enigmatica della seria, ci addentreremo in una narrazione terribilmente celebrale e colta, in cui a teorie psicologiche e a studi fisiologici si accompagnano l’attenta analisi introspettiva dei protagonisti e la loro evoluzione mentale ed emotiva, unite a un’aura di sospensione in cui all’impossibilità di comprendere la dimensione Kakuriyo si combinano ipotesi sulla percezione dello spazio-tempo e teorie di fisica quantistica. E, certo, i cartelli del fansub aiutano parecchio, ma bisogna avere delle basi solidissime per non annegare nella profondità di comprensione scavata da Ghost Hound.
Ora, rispetto a Mushishi viene curato meno il lato spirituale/sovrannaturale del mondo sovrapposto, che resta avvolto da un mistero inspiegabile che lascia lo spettatore libero di trarre le sue conclusioni tra le diverse teorie prese in esame dalla riflessione di Taro. Qui sono la psicologia e le ricerche percettive a farla da padrone, mettendo in discussione i concetti di visione sensibile e di tangibilità della realtà. Sul lato grafico non è supermega, ma i disegni lineari e morbidi sono più che dignitosi – a tratti anche molto sensuali – e i colori rendono bene l’atmosfera, anche se i fondali sono buoni ma non reggono il confronto con il dettaglio naturalistico meraviglioso di Mushishi. Proprio da quest’ultimo si differenzia la narrazione, perché la varietà dei personaggi porta avanti una trama matura in cui gli stessi evolvono in modo molto interessante e convincente, e in cui tutti i vari aspetti morbosi delle vicende sono legati da un filo invisibile che congiunge passato e presente in una rappresentazione eccellente del passaggio generazionale all’interno del villaggio.
Andando contro, dico che il finale è azzeccato (bellissima la riunione psichedelica degli hippy sulla montagna), perché la vicenda principale trova piena soluzione e perché costringere in una spiegazione definitiva il concetto dimensionale ambiguo portato avanti sarebbe stato una forzatura stonata. Invece dopo aver spremuto la comprensione, è meglio farle prendere un po’ d’aria e in pace trarre le conclusioni. Così Ghost Hound si svela lentamente ma inesorabilmente, imbriglia nella sua tela sofisticata e intellettuale, e rivela il suo grandissimo pregio/difetto: essere una serie complessissima e cerebrale – per un pubblico ristrettissimo, riflessivo e paziente (molto-molto paziente).
Ecco, ora che ho sparato la mia solita sintesi babbiona semiseria, diventiamo un po’ più seri perché quest’anime è terribilmente serio, e c’è tanto di cui parlare.
Taro – un marmocchio bassissimo che da bambino è stato rapito con la sorella che c’è rimasta secca perché l’allegro rapitore ha pensato bene di farsi investire mentre i due erano rinchiusi senza acqua – è rimasto psicologicamente traumatizzato dalla morte della sorella, rimuovendo parti dell’accaduto e addirittura il viso della stessa. Tuttavia ha dei sogni inquietanti che riporta puntualmente su nastro, e la situazione si evolverà in modo sovrannaturale, poiché scoprirà di poter proiettare la propria mente e farla vagare in una specie di dimensione (Kakuriyo) sovrapposta al mondo reale. Da Tokyo arrivano uno psicologo apposta per psicoanalizzare Taro, e il nuovo compagno di classe Masayuki, ragazzo impiccione e disinvolto, con il padre che lavora al centro di ricerche biotecnologiche e un trascorso torbido alle spalle. Lo psicologo inizierà a far venire a galla il passato di Taro e tutti i suoi dubbi sul rapimento – i cui risvolti fondamentali sono ancora avvolti nel mistero – , e Masayuki farà da collante tra Taro e il cugino Makoto (che suona una chitarra strafighissima!), misantropo duro e tenebroso, orfano di padre, abbandonato dalla madre e allevato dalla nonna che è una vecchia megera spiritata a capo di un culto mistico. I tre andranno in giro per il Kakuriyo sotto le sembianze di bambini fluorescenti col culo a bertuccia, e scopriranno un mondo oscuro fatto di spiriti e presenze ignote alle persone del mondo “reale” – tutto sotto l’ombra della diga e del villaggio sommerso ai suoi piedi. E qui entra in scena il motore della vicenda, ovvero la piccola Miyako – custode e sacerdotessa col padre del tempio in cima alla montagna – che si rivela in grado di vedere le proiezioni astrali dei tre e il cui corpo diviene tramite per apparizioni divinatorie.
Procedendo con un ritmo volutamente lento e sonnambulico, fatto di suoni liminali, distorti e disturbanti che permeano l’atmosfera enigmatica della seria, ci addentreremo in una narrazione terribilmente celebrale e colta, in cui a teorie psicologiche e a studi fisiologici si accompagnano l’attenta analisi introspettiva dei protagonisti e la loro evoluzione mentale ed emotiva, unite a un’aura di sospensione in cui all’impossibilità di comprendere la dimensione Kakuriyo si combinano ipotesi sulla percezione dello spazio-tempo e teorie di fisica quantistica. E, certo, i cartelli del fansub aiutano parecchio, ma bisogna avere delle basi solidissime per non annegare nella profondità di comprensione scavata da Ghost Hound.
Ora, rispetto a Mushishi viene curato meno il lato spirituale/sovrannaturale del mondo sovrapposto, che resta avvolto da un mistero inspiegabile che lascia lo spettatore libero di trarre le sue conclusioni tra le diverse teorie prese in esame dalla riflessione di Taro. Qui sono la psicologia e le ricerche percettive a farla da padrone, mettendo in discussione i concetti di visione sensibile e di tangibilità della realtà. Sul lato grafico non è supermega, ma i disegni lineari e morbidi sono più che dignitosi – a tratti anche molto sensuali – e i colori rendono bene l’atmosfera, anche se i fondali sono buoni ma non reggono il confronto con il dettaglio naturalistico meraviglioso di Mushishi. Proprio da quest’ultimo si differenzia la narrazione, perché la varietà dei personaggi porta avanti una trama matura in cui gli stessi evolvono in modo molto interessante e convincente, e in cui tutti i vari aspetti morbosi delle vicende sono legati da un filo invisibile che congiunge passato e presente in una rappresentazione eccellente del passaggio generazionale all’interno del villaggio.
Andando contro, dico che il finale è azzeccato (bellissima la riunione psichedelica degli hippy sulla montagna), perché la vicenda principale trova piena soluzione e perché costringere in una spiegazione definitiva il concetto dimensionale ambiguo portato avanti sarebbe stato una forzatura stonata. Invece dopo aver spremuto la comprensione, è meglio farle prendere un po’ d’aria e in pace trarre le conclusioni. Così Ghost Hound si svela lentamente ma inesorabilmente, imbriglia nella sua tela sofisticata e intellettuale, e rivela il suo grandissimo pregio/difetto: essere una serie complessissima e cerebrale – per un pubblico ristrettissimo, riflessivo e paziente (molto-molto paziente).
Ghost Hound è una serie che merita di essere vista. Fa propri alcuni stilemi tipici delle narrazioni horror alla Higurashi (il villaggio disperso, la diga maledetta durante la costruzione, il tempio che incombe sul villaggio, le apparizioni di spettri) per riscriverle in maniera completamente diversa. Una serie inquietante, sì, ma non claustrofobica... perché la forza positiva e la voglia di combattere dei protagonisti fa percepire che le loro sofferenze non saranno inutili. Anzi, i caratteri dei tre protagonisti sono tratteggiati con grande realismo e resteremo molto sorpresi rivedendo quanto saranno cambiati dal primo episodio (in cui vengono presentati secondo i soliti stereotipi: il timido, il duro, lo strafottente) all'ultimo.
I temi affrontati, poi, affrontano alcuni punti nevralgici della società giapponese contemporanea. In primo luogo, la crisi dell'istituto matrimoniale (notevole la rappresentata della condizione femminile) e il rapporto genitori/figli. Poi il simultaneo sovrapporsi del paradigma religioso con quello tecnologico, soprattutto nell'affrontare le questioni di bioetica. Infine il perenne fenomeno delle sètte, che non accenna a diminuire (non a caso Kenzaburo Oe vi ha dedicato i suoi ultimi quattro romanzi, per un totale di quasi duemila pagine), dimostrando che la domanda di senso è costantemente inevasa dalle "risposte" fornite dal consumismo e dalla tecnologia.
Fin qui, i pregi. I difetti, a mio parere, si possono riassumere in un solo nome: Masamune Shirow. Per quanto apprezzi il suo innegabile genio, dove lui mette mano finisce sempre che le teorizzazioni prendono il sopravvento sulla narrazione, lo sfoggio d'ipotesi sul racconto, c'è la tentazione di spiegare l'universo e allo stesso tempo l'incapacità di concludere una singola storiella... insomma, invece di logorarci con teorie psicologiche e dati quantistici oltre il necessario, il buon Shirow avrebbe fatto meglio a chiudere qualche buco di trama in più. Il risultato comunque è molto buono... c'è un po' di narcisismo, ma non l'autoreferenzialità di altre serie. Visione piacevolissima.
I temi affrontati, poi, affrontano alcuni punti nevralgici della società giapponese contemporanea. In primo luogo, la crisi dell'istituto matrimoniale (notevole la rappresentata della condizione femminile) e il rapporto genitori/figli. Poi il simultaneo sovrapporsi del paradigma religioso con quello tecnologico, soprattutto nell'affrontare le questioni di bioetica. Infine il perenne fenomeno delle sètte, che non accenna a diminuire (non a caso Kenzaburo Oe vi ha dedicato i suoi ultimi quattro romanzi, per un totale di quasi duemila pagine), dimostrando che la domanda di senso è costantemente inevasa dalle "risposte" fornite dal consumismo e dalla tecnologia.
Fin qui, i pregi. I difetti, a mio parere, si possono riassumere in un solo nome: Masamune Shirow. Per quanto apprezzi il suo innegabile genio, dove lui mette mano finisce sempre che le teorizzazioni prendono il sopravvento sulla narrazione, lo sfoggio d'ipotesi sul racconto, c'è la tentazione di spiegare l'universo e allo stesso tempo l'incapacità di concludere una singola storiella... insomma, invece di logorarci con teorie psicologiche e dati quantistici oltre il necessario, il buon Shirow avrebbe fatto meglio a chiudere qualche buco di trama in più. Il risultato comunque è molto buono... c'è un po' di narcisismo, ma non l'autoreferenzialità di altre serie. Visione piacevolissima.
Non c'è che dire: una serie originale, adulta e profonda e inquietante. Gli episodi sono talmente pregni di avvenimenti che ad ogni episodio mi chiedevo come avrebbero dipanato la matassa in soli 22 puntate; e proprio qui sta la spiegazione del voto tutto sommato basso rispetto alle premesse: gli autori non la dipanano affatto questa matassa e piazzano, invece, un finale francamente fuori luogo che sembra quasi interrompere il naturale sviluppo della trama. Un vero shock! E' un peccato, perchè se dovessi giudicare solo i primi 21 episodi quest'anime si meriterebbe più di 10, ma il finale rovina veramente tutto! spero che i fan protestino e che spingano lo studio I.G. a produrre un finale alternativo che possa fare giustizia del resto della serie!
Ho visto i primi 11 episodi di <b>Ghost Hound</b>, esattamente metà serie. L'anime è tuttora in corso e si tratta di un prodotto realizzato in occasione del <i><b>20th Year Anniversary Project</b></i> dello studio d’animazione giapponese <b>Production I.G</b> (<i>Ghost in The Shell, Stand Alone Complex, Innocence, Blood: The Last Vampire</i>), pertanto è un progetto al quale è stata dedicata particolare attenzione, e lo capiamo già da i nomi coinvolti: di <i>Masamune Shirow</i> (GiTS, <i>Appleseed</i>) il soggetto originale, <i>Ryutaro Nakamura</i> e <i>Chiaki J. Konaka</i>, già autori nella miniserie cult <i>Serial Experiments Lain</i>, alla regia e alla sceneggiatura, e <i>Hiromasa Ogura</i> (GITS, <i>Jin-Roh</i>) alla direzione artistica.
Questi episodi, come mi aspettavo, non sono sufficienti per capire e giudicare a fondo la serie, che merita una visione completa e, considerando i vari livelli di lettura, anche più passaggi. Può anche essere che, come spesso avviene in serie criptiche come questa, il finale lasci largo spazio all'interpretazione e persino delle porte aperte.
L'impressione che ne ho tratto è comunque totalmente positiva, ma è presto per parlare di capolavoro, anche se gli elementi ci sono tutti: musiche ed effetti sonori, alternati a silenzi completi, di notevole impatto, che sottolineano perfettamente i ritmi della regia, raffinata, lenta, quasi ipnotica ma coinvolgente, e animazioni di alto livello, come sempre produce lo studio. Il character design, di <i>Mariko Oka</i> (<i>Eureka 7, Hell Girl</i>), segue un disegno inusuale per lo standard dello studio, che nella sua semplicità rappresentativa potrebbe trarre in inganno, facendo pensare ad una serie rivolta ad un pubblico immaturo; in realtà riesce a raffigurare molto bene le emozioni espressive dei protagonisti, creando forse un contrasto con i temi raccontati che non fa che accrescere l'inquietudine, e di conseguenza la potenza, di certi passaggi. Inoltre, la complessità della serie, in cui ritornano - ma presi da altre angolazioni - temi affrontati in Lain o in GiTS (realtà virtuale, tecnologia, rete neurale, sociopatie, Aldilà, omicidi) a cui si aggiungono l'esplorazione delle barriere dello spirito, destino, morti misteriose, fantasmi, presenze di probabile natura aliena, buchi temporali, abduction, scintoismo, il tutto incorniciato dagli splendidi e pittoreschi, per realizzazione e impatto visivo, paesaggi di un piccolo paesino tra le montagne del Giappone. Per tematiche siamo sui binari di <i>X-files</i>, ma per via di alcuni aspetti, non ultimo quello legato ai complessi e insospettabili legami tra molti personaggi, che emergono lentamente, mi riporta alla mente anche il cult <i>Twin Peaks</i> di <i>David Lynch</i>.
Protagonisti della storia sono quattro adolescenti che, in seguito a traumi vissuti in passato, hanno sviluppato la capacità di entrare in contatto con il mondo invisibile, il <i>Kakuriyo</i>, una dimensione in cui pullulano entità ancestrali di ogni specie e dove la realtà assume forme molto diverse. Taro ha circa 14 anni e all'età di 3 è stato rapito assieme alla sorella maggiore e tenuto in ostaggio. Mentre il suo rapitore è morto in seguito ad un incidente, lui è stato liberato, ma la sorella è deceduta durante la prigionia; Masayuki è giunto da poco in paese assieme al padre, impiegato ricercatore in un importante laboratorio scientifico stanziato su una montagna sacra della zona di <i>Suiten</i>, e anche il suo nome è legato ad una tragedia; il padre di Makoto, invece, era a capo di una setta religiosa, e si è suicidato in circostanze misteriose (il figlio ancora molto piccolo trovò il padre riverso in una pozza di sangue nella propria camera). Infine Miyako è ancora una bambina, e assiste suo padre al tempio della montagna come <i>miko</i> durante i riti di purificazione dagli spiriti... tutti hanno la capacità di entrare in contatto con le entità, ma solo i ragazzi hanno sperimentato spesso il fenomeno di poter viaggiare tramite una proiezione astrale di loro stessi (esperienza extracorporea). Tutti sono però collegati da un invisibile filo del destino.
Dietro tutti questi elementi fantastici, <b>Ghost Hound</b> cela, a tratti piuttosto chiaramente, anche una storia di crescita, una storia del diventare grandi, affrontando le proprie paure (traumi, attacchi di panico, dolore) attraverso un rito d'iniziazione adolescenziale di gruppo (esempio, la sfida a frequentare luoghi spaventosi), l'invito a superare le proprie debolezze condividendole con gli altri quando non si riesce a superarle unicamente con le proprie forze, a chiedere aiuto. Probabilmente solo quando i ragazzi avranno ricostruito il puzzle che compone il disegno intricato delle loro vite potranno crescere abbandonando quelle che potrebbero sembrare anche solo fantasie infantili, per approdare definitivamente nel mondo adulto. Sotto quest'ottica potremmo avvicinare la serie a anche ai film di <i>M. Night Shyamalan</i> (<i>Il Sesto Senso, Signs</i>) che usa il soprannaturale per raccontare storie di sentimenti.
E’ insomma, una serie dalle tematiche adulte e dallo svolgimento complesso, che cambia direzione ogni due tre episodi, pertanto è difficile prevedere a questo punto un finale. Molti sono gli spunti di riflessione, anche solo accennati (ad esempio ho trovato suggestiva l’ipotesi citata nell’ottavo episodio: la società sarebbe migliore se si potesse modificare l’intero sistema limbico asportando l'amigdala dal cervello umano?), e nonostante non sia (fortunatamente) una serie basata sulle solite ed inflazionatissime gag a cui ci hanno abituato la stragrande maggioranza degli anime, in alcuni punti mi ha strappato un sorriso o fatto ridere (nel quarto episodio, ad esempio, quando Masa è sottoposto al rito del taglio di una ciocca di capelli e urla quasi come se gli avessero tranciato un braccio).
In definitiva penso che sia la serie da premiare tra le proposte dell’<a href="http://animeclick.lycos.it/notizia.php?id=17459">autunno giapponese 2007</a>.
<b>Voto</b>: 8, ma confido di poter dare 9 con la visione della serie completa.
Questi episodi, come mi aspettavo, non sono sufficienti per capire e giudicare a fondo la serie, che merita una visione completa e, considerando i vari livelli di lettura, anche più passaggi. Può anche essere che, come spesso avviene in serie criptiche come questa, il finale lasci largo spazio all'interpretazione e persino delle porte aperte.
L'impressione che ne ho tratto è comunque totalmente positiva, ma è presto per parlare di capolavoro, anche se gli elementi ci sono tutti: musiche ed effetti sonori, alternati a silenzi completi, di notevole impatto, che sottolineano perfettamente i ritmi della regia, raffinata, lenta, quasi ipnotica ma coinvolgente, e animazioni di alto livello, come sempre produce lo studio. Il character design, di <i>Mariko Oka</i> (<i>Eureka 7, Hell Girl</i>), segue un disegno inusuale per lo standard dello studio, che nella sua semplicità rappresentativa potrebbe trarre in inganno, facendo pensare ad una serie rivolta ad un pubblico immaturo; in realtà riesce a raffigurare molto bene le emozioni espressive dei protagonisti, creando forse un contrasto con i temi raccontati che non fa che accrescere l'inquietudine, e di conseguenza la potenza, di certi passaggi. Inoltre, la complessità della serie, in cui ritornano - ma presi da altre angolazioni - temi affrontati in Lain o in GiTS (realtà virtuale, tecnologia, rete neurale, sociopatie, Aldilà, omicidi) a cui si aggiungono l'esplorazione delle barriere dello spirito, destino, morti misteriose, fantasmi, presenze di probabile natura aliena, buchi temporali, abduction, scintoismo, il tutto incorniciato dagli splendidi e pittoreschi, per realizzazione e impatto visivo, paesaggi di un piccolo paesino tra le montagne del Giappone. Per tematiche siamo sui binari di <i>X-files</i>, ma per via di alcuni aspetti, non ultimo quello legato ai complessi e insospettabili legami tra molti personaggi, che emergono lentamente, mi riporta alla mente anche il cult <i>Twin Peaks</i> di <i>David Lynch</i>.
Protagonisti della storia sono quattro adolescenti che, in seguito a traumi vissuti in passato, hanno sviluppato la capacità di entrare in contatto con il mondo invisibile, il <i>Kakuriyo</i>, una dimensione in cui pullulano entità ancestrali di ogni specie e dove la realtà assume forme molto diverse. Taro ha circa 14 anni e all'età di 3 è stato rapito assieme alla sorella maggiore e tenuto in ostaggio. Mentre il suo rapitore è morto in seguito ad un incidente, lui è stato liberato, ma la sorella è deceduta durante la prigionia; Masayuki è giunto da poco in paese assieme al padre, impiegato ricercatore in un importante laboratorio scientifico stanziato su una montagna sacra della zona di <i>Suiten</i>, e anche il suo nome è legato ad una tragedia; il padre di Makoto, invece, era a capo di una setta religiosa, e si è suicidato in circostanze misteriose (il figlio ancora molto piccolo trovò il padre riverso in una pozza di sangue nella propria camera). Infine Miyako è ancora una bambina, e assiste suo padre al tempio della montagna come <i>miko</i> durante i riti di purificazione dagli spiriti... tutti hanno la capacità di entrare in contatto con le entità, ma solo i ragazzi hanno sperimentato spesso il fenomeno di poter viaggiare tramite una proiezione astrale di loro stessi (esperienza extracorporea). Tutti sono però collegati da un invisibile filo del destino.
Dietro tutti questi elementi fantastici, <b>Ghost Hound</b> cela, a tratti piuttosto chiaramente, anche una storia di crescita, una storia del diventare grandi, affrontando le proprie paure (traumi, attacchi di panico, dolore) attraverso un rito d'iniziazione adolescenziale di gruppo (esempio, la sfida a frequentare luoghi spaventosi), l'invito a superare le proprie debolezze condividendole con gli altri quando non si riesce a superarle unicamente con le proprie forze, a chiedere aiuto. Probabilmente solo quando i ragazzi avranno ricostruito il puzzle che compone il disegno intricato delle loro vite potranno crescere abbandonando quelle che potrebbero sembrare anche solo fantasie infantili, per approdare definitivamente nel mondo adulto. Sotto quest'ottica potremmo avvicinare la serie a anche ai film di <i>M. Night Shyamalan</i> (<i>Il Sesto Senso, Signs</i>) che usa il soprannaturale per raccontare storie di sentimenti.
E’ insomma, una serie dalle tematiche adulte e dallo svolgimento complesso, che cambia direzione ogni due tre episodi, pertanto è difficile prevedere a questo punto un finale. Molti sono gli spunti di riflessione, anche solo accennati (ad esempio ho trovato suggestiva l’ipotesi citata nell’ottavo episodio: la società sarebbe migliore se si potesse modificare l’intero sistema limbico asportando l'amigdala dal cervello umano?), e nonostante non sia (fortunatamente) una serie basata sulle solite ed inflazionatissime gag a cui ci hanno abituato la stragrande maggioranza degli anime, in alcuni punti mi ha strappato un sorriso o fatto ridere (nel quarto episodio, ad esempio, quando Masa è sottoposto al rito del taglio di una ciocca di capelli e urla quasi come se gli avessero tranciato un braccio).
In definitiva penso che sia la serie da premiare tra le proposte dell’<a href="http://animeclick.lycos.it/notizia.php?id=17459">autunno giapponese 2007</a>.
<b>Voto</b>: 8, ma confido di poter dare 9 con la visione della serie completa.