Hakaba Kitarou
Hakaba Kitarou (2008) è una bizzarrissima rivisitazione delle cinque serie animate di GeGeGe no Kitarou (Kitaro dei cimiteri) ispirate al manga omonimo di Shigeru Mizuki, creato probabilmente per festeggiare il quarantennale della prima trasposizione animata del '68, la prima magnifica serie in bianco e nero di Toei Animation/Fuji TV, capostipite della cultura degli Yokai.
Questa nuova serie si distingue moltissimo dai precedenti anime, partendo dal design dei personaggi; Kitaro ad esempio è raffigurato in modo un po' differente, poi in particolare sono diverse le atmosfere, qui più seriose e in una maggiore salsa horror, che si prestano sicuramente ad un pubblico più maturo. Infine differiscono molto le caratterizzazioni dei personaggi; non avremo più il solito Kitaro generoso che difende gli esseri umani dagli Yokai (demoni), ma un bambinetto il più delle volte egoista. Anche Nezumi Otoko (l'uomo ratto) appare senza scrupoli pur di compiere i suoi affari, senza essere veramente amico di Kitaro.
L'intro con le origini di Kitaro e suo padre (l'occhio) appare abbastanza interessante, come il comparto tecnico (disegni, sfondi e animazioni) affascinante e "sporco", sorretto tra le altre cose dal sempre ottimo compositore Kaoru Wada (Inuyasha, Saint Seiya: The Lost Canvas), ma il carisma alieno di questa serie, lontanissimo dal vero Kitaro dei cimiteri, mi ha lasciato piuttosto perplesso. Momenti drammatici anche riusciti come quello di Neko, intervellati da episodi confusionari, a tratti demenziali e randomici, spesso sconfinando nella noia e nel non-sense; talvolta si fa fatica a capire il tono degli episodi e la vera anima dei personaggi.
Col passare delle puntate, il tono demenziale si fa più forte, basti pensare che ad un certo punto Kitaro viene a contatto con l'autore del manga! In conclusione una serie per carità anche interessante, ma non certo chissà quale rivelazione, ed in ogni caso lontano dalla bellezza della serie originale che consiglio a chiunque di procurarsi... un vero peccato non sia mai giunta da noi nessuna delle cinque serie. Detto questo, non voglio certo condannare "Hakaba Kitarou", mi rendo conto che con alle spalle 5 decadi di anime con all'attivo oltre 400 episodi e una decina di film cinematografici dove si è detto e rivisto tutto in ogni salsa, trovare nuove idee non era semplice, poi credo che l'intento di questa serie fosse solo omaggiare i 40 anni dell'opera animata, a tal proposito carina la rielaborazione del treno fantasma nel 7° episodio, e simpatiche diverse situazioni. Mi è piaciuto inoltre il fatto che sia ambientato nel Giappone di fine anni '60 proprio come l'opera originaria. Non una serie eccelsa, ma comunque una leggera e piacevole visione.
Ultima nota, su Kitaro è ritornata la doppiatrice storica che lo aveva doppiato negli anni 60 e 70, ossia la bravissima Masako Nozawa, famosa voce di Goku di Dragon Ball. Fondamentalmente ho avuto la conferma di come la Nozawa risulti indebolita dal tempo, così come nelle nuove incarnazioni di Dragon Ball Z, ancora più nei panni di Kitaro. Nella serie del '68 che sto visionando proprio in questo periodo, la doppiatrice (all'epoca 32enne) ha una voce stupenda, naturale e sempre piacevole da sentire, in questa invece (come in Dragon Ball KAI) appare svecchiata, poco naturale e quasi in difficoltà coi ritmi del personaggio, arrivando talvolta ad irritare l'orecchio, ma non le faccio una colpa, è semplice questione anagrafica (nel 2008 aveva 72 anni...), nonostante tutto trovo che faccia ancora un bel lavoro.
Questa nuova serie si distingue moltissimo dai precedenti anime, partendo dal design dei personaggi; Kitaro ad esempio è raffigurato in modo un po' differente, poi in particolare sono diverse le atmosfere, qui più seriose e in una maggiore salsa horror, che si prestano sicuramente ad un pubblico più maturo. Infine differiscono molto le caratterizzazioni dei personaggi; non avremo più il solito Kitaro generoso che difende gli esseri umani dagli Yokai (demoni), ma un bambinetto il più delle volte egoista. Anche Nezumi Otoko (l'uomo ratto) appare senza scrupoli pur di compiere i suoi affari, senza essere veramente amico di Kitaro.
L'intro con le origini di Kitaro e suo padre (l'occhio) appare abbastanza interessante, come il comparto tecnico (disegni, sfondi e animazioni) affascinante e "sporco", sorretto tra le altre cose dal sempre ottimo compositore Kaoru Wada (Inuyasha, Saint Seiya: The Lost Canvas), ma il carisma alieno di questa serie, lontanissimo dal vero Kitaro dei cimiteri, mi ha lasciato piuttosto perplesso. Momenti drammatici anche riusciti come quello di Neko, intervellati da episodi confusionari, a tratti demenziali e randomici, spesso sconfinando nella noia e nel non-sense; talvolta si fa fatica a capire il tono degli episodi e la vera anima dei personaggi.
Col passare delle puntate, il tono demenziale si fa più forte, basti pensare che ad un certo punto Kitaro viene a contatto con l'autore del manga! In conclusione una serie per carità anche interessante, ma non certo chissà quale rivelazione, ed in ogni caso lontano dalla bellezza della serie originale che consiglio a chiunque di procurarsi... un vero peccato non sia mai giunta da noi nessuna delle cinque serie. Detto questo, non voglio certo condannare "Hakaba Kitarou", mi rendo conto che con alle spalle 5 decadi di anime con all'attivo oltre 400 episodi e una decina di film cinematografici dove si è detto e rivisto tutto in ogni salsa, trovare nuove idee non era semplice, poi credo che l'intento di questa serie fosse solo omaggiare i 40 anni dell'opera animata, a tal proposito carina la rielaborazione del treno fantasma nel 7° episodio, e simpatiche diverse situazioni. Mi è piaciuto inoltre il fatto che sia ambientato nel Giappone di fine anni '60 proprio come l'opera originaria. Non una serie eccelsa, ma comunque una leggera e piacevole visione.
Ultima nota, su Kitaro è ritornata la doppiatrice storica che lo aveva doppiato negli anni 60 e 70, ossia la bravissima Masako Nozawa, famosa voce di Goku di Dragon Ball. Fondamentalmente ho avuto la conferma di come la Nozawa risulti indebolita dal tempo, così come nelle nuove incarnazioni di Dragon Ball Z, ancora più nei panni di Kitaro. Nella serie del '68 che sto visionando proprio in questo periodo, la doppiatrice (all'epoca 32enne) ha una voce stupenda, naturale e sempre piacevole da sentire, in questa invece (come in Dragon Ball KAI) appare svecchiata, poco naturale e quasi in difficoltà coi ritmi del personaggio, arrivando talvolta ad irritare l'orecchio, ma non le faccio una colpa, è semplice questione anagrafica (nel 2008 aveva 72 anni...), nonostante tutto trovo che faccia ancora un bel lavoro.
Peccato che Animeclick.it non contempli la possibilità di dare 10 e lode. 10 è troppo poco per quest'anime, uno dei più belli in assoluto che abbia mai visto.
Prima di tutto sono strepitosi i disegni e la grafica, deliziosamente vintage - del resto la vicenda è ambientata negli anno '50. Gli autori hanno sicuramente fatto i loro compiti per casa e letto tonnellate di comics della Marvel, ma li hanno filtrati attraverso una sensibilità tutta giapponese.
In secondo luogo la vicenda. Le avventure di Kitarou sono calate in un'atmosfera da favola macabra che sicuramente piacerebbe pure ai bambini di casa nostra, anche se di solito le vicende narrate sono condite in una salsa molto più acida di quella che normalmente troviamo nei romanzetti del tipo Piccoli Mostri. Comunque, i via vai di Kitarou fra il nostro mondo e l'Inferno ci regalano emozioni e sentimenti contrastanti, dalla malinconia all'ironia grottesca, sicuramente non ci si annoia. Gli amanti di storie del tipo "cappa, spada e demoni" possono tranquillamente lasciar perdere: quest'anime non fa per loro. Siamo piuttosto dalle parti della Famiglia Addams - quella della serie TV ma forse ancor di più quella delle stips di Charles Addams. Non a caso, in uno degli episodi, la mano di Kitarou si staccherà dal corpo e salverà il suo padrone agendo da sola.
Una nota a parte, la merita la sigla di apertura: demenzialità allo stato puro - significato zero, splendore 1000. Posso dire soltanto che quest'anime avrebbe fatto la felicità di Andrea Pazienza e di tutto il gruppo di Cannibale. Buona visione a tutti.
Prima di tutto sono strepitosi i disegni e la grafica, deliziosamente vintage - del resto la vicenda è ambientata negli anno '50. Gli autori hanno sicuramente fatto i loro compiti per casa e letto tonnellate di comics della Marvel, ma li hanno filtrati attraverso una sensibilità tutta giapponese.
In secondo luogo la vicenda. Le avventure di Kitarou sono calate in un'atmosfera da favola macabra che sicuramente piacerebbe pure ai bambini di casa nostra, anche se di solito le vicende narrate sono condite in una salsa molto più acida di quella che normalmente troviamo nei romanzetti del tipo Piccoli Mostri. Comunque, i via vai di Kitarou fra il nostro mondo e l'Inferno ci regalano emozioni e sentimenti contrastanti, dalla malinconia all'ironia grottesca, sicuramente non ci si annoia. Gli amanti di storie del tipo "cappa, spada e demoni" possono tranquillamente lasciar perdere: quest'anime non fa per loro. Siamo piuttosto dalle parti della Famiglia Addams - quella della serie TV ma forse ancor di più quella delle stips di Charles Addams. Non a caso, in uno degli episodi, la mano di Kitarou si staccherà dal corpo e salverà il suo padrone agendo da sola.
Una nota a parte, la merita la sigla di apertura: demenzialità allo stato puro - significato zero, splendore 1000. Posso dire soltanto che quest'anime avrebbe fatto la felicità di Andrea Pazienza e di tutto il gruppo di Cannibale. Buona visione a tutti.
"In the shadow, still, the mononoke dance..."
Così comincia l'opening di questo anime, molto bella seppure non c'entri poi molto con ciò che presenta.
Ho cominciato a vedermi Hakaba Kitarou proprio dopo averlo visto qui su Animeclick, e all'inizio mi ha lasciato un po' perplessa. Il ritmo del primo episodio è abbastanza lento, anche se cominciano a succedere dei fatti che segneranno la storia di tutto l'anime. Questa è relativamente originale: un uomo qualsiasi si trasferisce in una casa nuova, vicino a un'altra che a prima vista sembra abbandonata, e invece ci vivono due fantasmi, due yuurei per l'esattezza, marito e moglie, che poi muoiono trucidati da chissà che cosa. L'uomo li seppellisce dignitosamente, ma non sa cosa sta per capitargli da lì a pochi minuti. Dalla tomba della madre esce un bambino, ultimo erede della Yuurei Tribe, chiamato appunto Kitarou, da un occhio di suo padre, il quale rimarrà come suo genitore al posto di quelli che ha perduto.
Il povero uomo che ha scoperto tutto questo si troverà da allora in poi ad affrontare creature soprannaturali di ogni tipo ogni giorno, dal comico Rat-man, l'uomo ratto, al potente e spaventoso Mizukami, il dio dell'acqua.
Come quest'anime affronta la presenza soprannaturale in ogni azione del quotidiano mi ha molto colpito, ed è uno degli aspetti che apprezzo maggiormente oltre all'innovativo stile di disegno, quasi rassomigliante a qualcosa che si potrebbe disegnare sulla pergamena, un po' "vecchio", diciamo.
Una pecca non tanto piccola è però la faccenda dei personaggi secondari: oltre a Kitarou, il protagonista, a Rat-man e all'occhio-padre, tutto il resto è un'accozzaglia di personaggi, umani o non, con un carattere non definito e sommario. I tre nominati, invece, sono caratterizzati abbastanza bene: Kitarou, bambino gentile ma anche un po' menefreghista e sadico, che vuole bene solo a suo padre (mentre gliene frega assai poco dell'uomo che lo ha allevato dopo la morte dei suoi); Rat-man, l'uomo ratto ridicolo e puzzolente, sempre opportunista e pronto a tutto pur di ottenere ciò che desidera (e scamparla ancora una volta); e l'occhio-padre, dipinto un po' come una sorta di grillo parlante di Kitarou ma originale nell'aspetto.
La forma di Kitarou e di Rat-man, però, non si addice molto al contesto in cui stanno: potrebbero sembrare presi da qualche anime da bambini tipo Doraemon o simili, Rat-man più di tutti. Le puntate sono un po' annacquate, per così dire, vengono allungate con eventi di poca importanza per tentare di dare un po' più di "pepe" alla storia, e ci sono alcuni salti imprecisati di tempo che alle volte si faticano a comprendere.
Il tutto, però, merita un bel 8.
Così comincia l'opening di questo anime, molto bella seppure non c'entri poi molto con ciò che presenta.
Ho cominciato a vedermi Hakaba Kitarou proprio dopo averlo visto qui su Animeclick, e all'inizio mi ha lasciato un po' perplessa. Il ritmo del primo episodio è abbastanza lento, anche se cominciano a succedere dei fatti che segneranno la storia di tutto l'anime. Questa è relativamente originale: un uomo qualsiasi si trasferisce in una casa nuova, vicino a un'altra che a prima vista sembra abbandonata, e invece ci vivono due fantasmi, due yuurei per l'esattezza, marito e moglie, che poi muoiono trucidati da chissà che cosa. L'uomo li seppellisce dignitosamente, ma non sa cosa sta per capitargli da lì a pochi minuti. Dalla tomba della madre esce un bambino, ultimo erede della Yuurei Tribe, chiamato appunto Kitarou, da un occhio di suo padre, il quale rimarrà come suo genitore al posto di quelli che ha perduto.
Il povero uomo che ha scoperto tutto questo si troverà da allora in poi ad affrontare creature soprannaturali di ogni tipo ogni giorno, dal comico Rat-man, l'uomo ratto, al potente e spaventoso Mizukami, il dio dell'acqua.
Come quest'anime affronta la presenza soprannaturale in ogni azione del quotidiano mi ha molto colpito, ed è uno degli aspetti che apprezzo maggiormente oltre all'innovativo stile di disegno, quasi rassomigliante a qualcosa che si potrebbe disegnare sulla pergamena, un po' "vecchio", diciamo.
Una pecca non tanto piccola è però la faccenda dei personaggi secondari: oltre a Kitarou, il protagonista, a Rat-man e all'occhio-padre, tutto il resto è un'accozzaglia di personaggi, umani o non, con un carattere non definito e sommario. I tre nominati, invece, sono caratterizzati abbastanza bene: Kitarou, bambino gentile ma anche un po' menefreghista e sadico, che vuole bene solo a suo padre (mentre gliene frega assai poco dell'uomo che lo ha allevato dopo la morte dei suoi); Rat-man, l'uomo ratto ridicolo e puzzolente, sempre opportunista e pronto a tutto pur di ottenere ciò che desidera (e scamparla ancora una volta); e l'occhio-padre, dipinto un po' come una sorta di grillo parlante di Kitarou ma originale nell'aspetto.
La forma di Kitarou e di Rat-man, però, non si addice molto al contesto in cui stanno: potrebbero sembrare presi da qualche anime da bambini tipo Doraemon o simili, Rat-man più di tutti. Le puntate sono un po' annacquate, per così dire, vengono allungate con eventi di poca importanza per tentare di dare un po' più di "pepe" alla storia, e ci sono alcuni salti imprecisati di tempo che alle volte si faticano a comprendere.
Il tutto, però, merita un bel 8.
Bene, pure stavolta all'inizio ero molto dubbioso; le prime due puntate sono piuttosto lente e soprattutto l'impatto grafico potrebbe risultare stancante per chi non è abituato a questo genere. Direi che l'anime a cui va più vicino è Requiem From The Darkness, con delle tonalità che variano dall'abbastanza acido ai toni più smorti del marrone e del grigio, con pochi intermedi.
Rimanendo sul comparto grafico, c'è da notare il permanente effetto "invecchiato" che, se in alcuni momenti può andare bene, rendersi conto che si tratta praticamente sempre della stessa "maschera" appiccicata sulle immagini è questione di poco, specie nelle schermate totalmente nere tra una scena e l'altra.
Fortunatamente l'effetto sporco e in rovina non fa affidamento solo su questo, ma è ben realizzato con degli ottimi fondali che rendono molto bene l'atmosfera di generale decadimento.
Il chara design poi è pienamente nella media, con gli umani rappresentati abbastanza realisticamente, mentre per tutti gli altri yokai è superfluo pensarci, vista la torma di differenti figure che compaiono nel corso della serie. L'unica nota stonata è l'Uomo-Ratto, che sembra scappato da una puntata di Doraemon di vent'anni fa. Capisco omaggiare uno stile, ma così è più fuori posto di un live di Burzum nella basilica di San Pietro.
Musiche: buone le BGM, insipida l'ending e totalmente acida e "tripposa" l'opening, a proposito della quale mi chiedo ancora che senso abbia. Vabbè.
Ora la trama... oddio, beh, il ritmo narrativo si segue bene e in generale capita poche volte che perda colpi. Ogni tanto verso metà episodio forse c'è qualche scena tirata lunga, ma non è un problema; piuttosto lo sono i numerosi salti temporali impressionanti e non segnalati tra un episodio e l'altro che, per quanto semplici e lineari, rendono difficile a volte riagganciare il filo della storia. Ma questa non è poi così negativa.
I personaggi.
Beh, a parte Kitarou, l'occhio-padre, e Rat Man, gli altri sono solo comprimari di contorno che infatti vengono sacrificati o spazzati via senza pensarci e senza che ciò influisca sulla storia generale. La caratterizzazione è carente e, salvo qualche momento di riflessione, non la si approfondisce più di un tanto e persino il protagonista riesce a risultare cinico e alienato più di quanto potrebbe dare da pensare la sua situazione. Mentre Rat-man è una via di mezzo tra un arsenale di facile umorismo scatologico e un deus ex machina che artificiosamente fa progredire la storia, oppure funge da tappo per allungare le puntate fino alla durata prefissata.
Tutto il resto è inutile e talmente poco credibile nel venire plagiato con troppa facilità o, al contrario, nel non cambiare nonostante palesi avvertimenti. Esempio ne sono i classici personaggi di contorno da utilizzare "in massa" per fare sì che "gli eventi seguono questa strada perché sì"
In breve:
Trama: 7
Grafica: 8
Personaggi: 5
Musiche: 5
GENERALE: 7
Rimanendo sul comparto grafico, c'è da notare il permanente effetto "invecchiato" che, se in alcuni momenti può andare bene, rendersi conto che si tratta praticamente sempre della stessa "maschera" appiccicata sulle immagini è questione di poco, specie nelle schermate totalmente nere tra una scena e l'altra.
Fortunatamente l'effetto sporco e in rovina non fa affidamento solo su questo, ma è ben realizzato con degli ottimi fondali che rendono molto bene l'atmosfera di generale decadimento.
Il chara design poi è pienamente nella media, con gli umani rappresentati abbastanza realisticamente, mentre per tutti gli altri yokai è superfluo pensarci, vista la torma di differenti figure che compaiono nel corso della serie. L'unica nota stonata è l'Uomo-Ratto, che sembra scappato da una puntata di Doraemon di vent'anni fa. Capisco omaggiare uno stile, ma così è più fuori posto di un live di Burzum nella basilica di San Pietro.
Musiche: buone le BGM, insipida l'ending e totalmente acida e "tripposa" l'opening, a proposito della quale mi chiedo ancora che senso abbia. Vabbè.
Ora la trama... oddio, beh, il ritmo narrativo si segue bene e in generale capita poche volte che perda colpi. Ogni tanto verso metà episodio forse c'è qualche scena tirata lunga, ma non è un problema; piuttosto lo sono i numerosi salti temporali impressionanti e non segnalati tra un episodio e l'altro che, per quanto semplici e lineari, rendono difficile a volte riagganciare il filo della storia. Ma questa non è poi così negativa.
I personaggi.
Beh, a parte Kitarou, l'occhio-padre, e Rat Man, gli altri sono solo comprimari di contorno che infatti vengono sacrificati o spazzati via senza pensarci e senza che ciò influisca sulla storia generale. La caratterizzazione è carente e, salvo qualche momento di riflessione, non la si approfondisce più di un tanto e persino il protagonista riesce a risultare cinico e alienato più di quanto potrebbe dare da pensare la sua situazione. Mentre Rat-man è una via di mezzo tra un arsenale di facile umorismo scatologico e un deus ex machina che artificiosamente fa progredire la storia, oppure funge da tappo per allungare le puntate fino alla durata prefissata.
Tutto il resto è inutile e talmente poco credibile nel venire plagiato con troppa facilità o, al contrario, nel non cambiare nonostante palesi avvertimenti. Esempio ne sono i classici personaggi di contorno da utilizzare "in massa" per fare sì che "gli eventi seguono questa strada perché sì"
In breve:
Trama: 7
Grafica: 8
Personaggi: 5
Musiche: 5
GENERALE: 7
Beh che dire! Non mi piace giudicare un anime dopo aver visto un solo episodio però qui ci troviamo davanti all'erede di Bem il mostro umano! Se siete amanti della sperimentazione grafica avete trovato pane per i vostri denti... sembra tutto disegnato e colorato a matita ma non fatevi ingannare è veramente stupendo! In questo anime ci sono tutte le premesse per la riuscita di un'opera di alto livello, horror come pochi (certamente non ve la farete addosso), mistero tipo ai confini della realtà e suspense se non altro dettata dalla curiosità di sapere come andrà a finire la storia del nostro 'eroe'. Lo consiglio a tutti gli amanti del genere! Le premesse ci sono speriamo in bene... non posso dare un voto definitivo dopo solo un episodio ma comunque è un 8,5 in attesa di vedere le restanti 10 puntate. Volete sapere la trama? Non vi resta che guardarlo.