Kaiba
"Kaiba" è un anime in cui è presente un particolare accostamento: grafica e colori che trasmettono tranquillità e pacatezza, e storia che è particolarmente cupa e dai temi profondi.
Molti dei personaggi sembrano degli omini con della plastilina modellata per capelli, sembrano morbidi e pronti a fare qualcosa che ci farà ridere (effettivamente qualche momento comico/allegro è presente), ma basta arrivare alla seconda puntata per capire che questo non è un anime per bambini, infatti troveremo una delle scene che mi hanno stupito di più: una donna ha avuto un rapporto sessuale con un corpo in cui era contenuta una copia dei suoi ricordi, che l'ha portata a scoppiare (letteralmente).
Le musiche oscillano tra il pacato e il malinconico; sentendo la sigla per la dodicesima e ultima volta, non è così difficile che vi scappi la lacrimuccia.
I primi episodi sembrano quasi far parte di un'antologia in cui i singoli episodi sembrano legati l'un l'altro quasi solo dalla presenza del protagonista, ma, avanzando con la visione dell'opera, non solo i singoli episodi saranno utili per la comprensione di un mondo che in effetti è molto diverso dal nostro, ma alcuni elementi diverranno importanti per il finale della storia.
L'opera sembra quasi fatta in maniera tale che tutti i momenti gioiosi siano presenti solo per far contrasto con gli immancabili momenti tristi; nonostante sia possibile a volte far migrare i propri ricordi in un altro corpo, non saranno rare le morti irreversibili di personaggi a cui ci eravamo affezionati.
La cosa che più ho apprezzato è l'intenzione di far riflettere lo spettatore sul ruolo dei ricordi, del corpo e dell'individuo; queste sono alcune delle domande (molte senza un'oggettiva risposta) che secondo me lo spettatore dovrebbe farsi alla fine della serie o dei singoli episodi: cosa costituisce un individuo? È la semplice unione di ricordi e corpo? E se i ricordi venissero impiantati in un altro corpo? E se i ricordi di una donna gracilina venissero impiantati nel corpo di un grosso uomo, il suo comportamento ne sarebbe condizionato? Saresti disposto a rinunciare a dei ricordi per te preziosi? E ai ricordi dolorosi?
Mi piacerebbe conoscere le vostre risposte a queste domande, e intanto io mi permetto di dare la risposta a un'ultima domanda: "Dovrei guardare questo anime?" Assolutamente sì.
Molti dei personaggi sembrano degli omini con della plastilina modellata per capelli, sembrano morbidi e pronti a fare qualcosa che ci farà ridere (effettivamente qualche momento comico/allegro è presente), ma basta arrivare alla seconda puntata per capire che questo non è un anime per bambini, infatti troveremo una delle scene che mi hanno stupito di più: una donna ha avuto un rapporto sessuale con un corpo in cui era contenuta una copia dei suoi ricordi, che l'ha portata a scoppiare (letteralmente).
Le musiche oscillano tra il pacato e il malinconico; sentendo la sigla per la dodicesima e ultima volta, non è così difficile che vi scappi la lacrimuccia.
I primi episodi sembrano quasi far parte di un'antologia in cui i singoli episodi sembrano legati l'un l'altro quasi solo dalla presenza del protagonista, ma, avanzando con la visione dell'opera, non solo i singoli episodi saranno utili per la comprensione di un mondo che in effetti è molto diverso dal nostro, ma alcuni elementi diverranno importanti per il finale della storia.
L'opera sembra quasi fatta in maniera tale che tutti i momenti gioiosi siano presenti solo per far contrasto con gli immancabili momenti tristi; nonostante sia possibile a volte far migrare i propri ricordi in un altro corpo, non saranno rare le morti irreversibili di personaggi a cui ci eravamo affezionati.
La cosa che più ho apprezzato è l'intenzione di far riflettere lo spettatore sul ruolo dei ricordi, del corpo e dell'individuo; queste sono alcune delle domande (molte senza un'oggettiva risposta) che secondo me lo spettatore dovrebbe farsi alla fine della serie o dei singoli episodi: cosa costituisce un individuo? È la semplice unione di ricordi e corpo? E se i ricordi venissero impiantati in un altro corpo? E se i ricordi di una donna gracilina venissero impiantati nel corpo di un grosso uomo, il suo comportamento ne sarebbe condizionato? Saresti disposto a rinunciare a dei ricordi per te preziosi? E ai ricordi dolorosi?
Mi piacerebbe conoscere le vostre risposte a queste domande, e intanto io mi permetto di dare la risposta a un'ultima domanda: "Dovrei guardare questo anime?" Assolutamente sì.
Come iniziare a parlare dell'anime dall'enorme potenziale che è "Kaiba", anime del 2008 diretto dall'eccentrico Masaaki Yuasa e prodotto dalla Madhouse?
È un racconto in parte incentrato sulle vicende di Kaiba, il ragazzo protagonista della vicenda, ma anche un caleidoscopio di emozioni e racconti corali che spazieranno in diverse vicende e personaggi, per mostrarci meglio il mondo in cui tutta la storia si volge.
"Kaiba" è un anime sperimentale, sci-fi e distopico, con una storia d'amore, con fortissime critiche al consumismo e allo sfruttamento del corpo per ogni tipo di uso: dalla bellezza, alla salute, al marketing e ben altro ancora. Con una colonna sonora capace di emozionare ogni volta: spesso mi sono trovata al punto di piangere (io che piango raramente, così come mi emoziono difficilmente e allo stesso tempo facilmente, a seconda dei temi trattati), perché la vita umana, quella vera e non il mero sopravvivere, e la sua dignità sono un essenziale fondamento dei miei principi morali.
Nel mondo di "Kaiba" i ricordi di una persona possono essere immagazzinatati dentro a dei microchip, e quindi il concetto stesso di vita viene stravolto, in quanto, chi può permetterselo, può trasferire il proprio Io in un altro corpo a proprio gradimento. Non si teme più l'invecchiamento e la bellezza, e il potere è alla portata delle persone più ricche. Infatti la discrepanza tra ricchi e poveri è abissale, dove spesso le persone bisognose si ritrovano a dover vendere i propri ricordi e persino il proprio corpo per poter mantenere sé stesse o i propri cari.
In tutto questo, seguiamo le vicende di Kaiba, un ragazzo che si sveglia nei bassifondi, senza ricordi, con un buco nel petto, un ciondolo contenente una foto sfuocata di una ragazza e un simbolo marcato sullo stomaco. Il suo viaggio lo porterà in giro per vari pianeti, scoprendo come funziona la società e incontrando vari personaggi con cui avrà interazioni più o meno profonde, con però degli svolgimenti drammatici che non potranno non catturarvi il cuore.
L'intero anime, di dodici episodi dalla durata classica di circa venti minuti, sarà totalmente fuori dai canoni, puntando molto sulle musiche belle e particolari, adatte a suscitare le giuste emozioni nei momenti più opportuni. I colori, lo stile del disegno e la regia saranno altrettanto particolari, con un tipo di disegno che ricorda in parte le opere del Re dei manga, Osamu Tezuka, e in parte i cartoni animati occidentali.
Lo stile narrativo sarà inizialmente gestito a episodi quasi separati tra loro, con sotto-trame delineate e auto-conclusive, ma con sempre una base di fondo di ciò che è la storia principale, cioè il percorso di Kaiba verso i suoi ricordi.
Ciò che vi verrà mostrato è un critica senza veli alla pornografia e alla mercificazione del corpo, alla perdita della propria umanità tramite la vendita dei ricordi e al concetto stesso di vita, dove, se si infrangono le regole, anche non pagando un biglietto per un viaggio in astronave, si finisce con l'essere condannati a morte senza pietà, con esecuzioni condotte seduta stante sul posto, davanti a tutti.
L'evoluzione di alcuni personaggi e del protagonista stesso saranno il fulcro della storia, dove un gruppo chiamato "Il Pensiero Unico" combatte contro il potere esercitato da colui che governa questo business del corpo e della mente.
Il mondo dei ricchi è impossibile da raggiungere per chi vive in povertà, in quanto le due realtà sono divise da una coltre di nuvole elettriche capace di cancellare i ricordi di chi le attraversa.
Qui abbiamo il sognatore Popo, un ragazzo dei bassifondi che sogna di poter prima o poi attraversare quella coltre invalicabile che lo separa da una vita lussuosa.
Ma conosceremo molti altri personaggi, che purtroppo per ragioni di spoiler non posso approfondire troppo: avremo Vanilla, un agente alle costole di Kaiba; Popo, che lo aiuterà a fuggire e sogna di vivere al di là delle nuvole; Chroniko, una ragazza povera costretta a vendere il proprio corpo; Neiro, una ragazza con l'obbiettivo di distruggere colui che governa questo sistema malsano; e molti altri, che accompagneranno il nostro protagonista.
Le atmosfere parlano di più delle parole stesse, tramite lo stile di disegno, i colori molto saturi, con forti contrasti, i suoni anche a volte distorti e le musiche ricche di sentimento o di tensione, a seconda dei momenti.
Concludendo, cosa altro posso dirvi di "Kaiba"?
Perché secondo me è un capolavoro, come non ne vedevo da anni?
Perché mi ha così catturato il cuore?
Fa leva sulle emozioni umane, quelle vere, quelle che smuovono le nostre azioni, che ci danno un senso alla vita. È una danza unica nel cuore di un mondo crudele, dove vi è ancora spazio per i buoni sentimenti e l'umanità, anche se ormai nascosti dallo sporco e dalla distorsione del dolore dettato dalla disparità e dal consumismo.
La crescita dei personaggi sarà poi una delle colonne portanti di questo viaggio, principalmente quella del nostro protagonista, man mano che riacquisterà consapevolezza di sé è di chi era un tempo.
Il concetto che ogni vita è importante sarà ribadito più volte, tramite immagini che mostrano un forte attaccamento alla propria esistenza. Ogni personaggio lotta per esistere, a modo suo. E, come fulcro di tutto, vi sarà l'amore, quello sincero, quello dove la complicità e la fiducia sono l'essenziale per superare ogni avversità insieme. Un qualcosa che ormai sperimento ogni giorno, da quasi undici anni...
Un inno alla vita e ai sentimenti, in un mondo marcio che però può rinascere dalle proprie ceneri.
È un racconto in parte incentrato sulle vicende di Kaiba, il ragazzo protagonista della vicenda, ma anche un caleidoscopio di emozioni e racconti corali che spazieranno in diverse vicende e personaggi, per mostrarci meglio il mondo in cui tutta la storia si volge.
"Kaiba" è un anime sperimentale, sci-fi e distopico, con una storia d'amore, con fortissime critiche al consumismo e allo sfruttamento del corpo per ogni tipo di uso: dalla bellezza, alla salute, al marketing e ben altro ancora. Con una colonna sonora capace di emozionare ogni volta: spesso mi sono trovata al punto di piangere (io che piango raramente, così come mi emoziono difficilmente e allo stesso tempo facilmente, a seconda dei temi trattati), perché la vita umana, quella vera e non il mero sopravvivere, e la sua dignità sono un essenziale fondamento dei miei principi morali.
Nel mondo di "Kaiba" i ricordi di una persona possono essere immagazzinatati dentro a dei microchip, e quindi il concetto stesso di vita viene stravolto, in quanto, chi può permetterselo, può trasferire il proprio Io in un altro corpo a proprio gradimento. Non si teme più l'invecchiamento e la bellezza, e il potere è alla portata delle persone più ricche. Infatti la discrepanza tra ricchi e poveri è abissale, dove spesso le persone bisognose si ritrovano a dover vendere i propri ricordi e persino il proprio corpo per poter mantenere sé stesse o i propri cari.
In tutto questo, seguiamo le vicende di Kaiba, un ragazzo che si sveglia nei bassifondi, senza ricordi, con un buco nel petto, un ciondolo contenente una foto sfuocata di una ragazza e un simbolo marcato sullo stomaco. Il suo viaggio lo porterà in giro per vari pianeti, scoprendo come funziona la società e incontrando vari personaggi con cui avrà interazioni più o meno profonde, con però degli svolgimenti drammatici che non potranno non catturarvi il cuore.
L'intero anime, di dodici episodi dalla durata classica di circa venti minuti, sarà totalmente fuori dai canoni, puntando molto sulle musiche belle e particolari, adatte a suscitare le giuste emozioni nei momenti più opportuni. I colori, lo stile del disegno e la regia saranno altrettanto particolari, con un tipo di disegno che ricorda in parte le opere del Re dei manga, Osamu Tezuka, e in parte i cartoni animati occidentali.
Lo stile narrativo sarà inizialmente gestito a episodi quasi separati tra loro, con sotto-trame delineate e auto-conclusive, ma con sempre una base di fondo di ciò che è la storia principale, cioè il percorso di Kaiba verso i suoi ricordi.
Ciò che vi verrà mostrato è un critica senza veli alla pornografia e alla mercificazione del corpo, alla perdita della propria umanità tramite la vendita dei ricordi e al concetto stesso di vita, dove, se si infrangono le regole, anche non pagando un biglietto per un viaggio in astronave, si finisce con l'essere condannati a morte senza pietà, con esecuzioni condotte seduta stante sul posto, davanti a tutti.
L'evoluzione di alcuni personaggi e del protagonista stesso saranno il fulcro della storia, dove un gruppo chiamato "Il Pensiero Unico" combatte contro il potere esercitato da colui che governa questo business del corpo e della mente.
Il mondo dei ricchi è impossibile da raggiungere per chi vive in povertà, in quanto le due realtà sono divise da una coltre di nuvole elettriche capace di cancellare i ricordi di chi le attraversa.
Qui abbiamo il sognatore Popo, un ragazzo dei bassifondi che sogna di poter prima o poi attraversare quella coltre invalicabile che lo separa da una vita lussuosa.
Ma conosceremo molti altri personaggi, che purtroppo per ragioni di spoiler non posso approfondire troppo: avremo Vanilla, un agente alle costole di Kaiba; Popo, che lo aiuterà a fuggire e sogna di vivere al di là delle nuvole; Chroniko, una ragazza povera costretta a vendere il proprio corpo; Neiro, una ragazza con l'obbiettivo di distruggere colui che governa questo sistema malsano; e molti altri, che accompagneranno il nostro protagonista.
Le atmosfere parlano di più delle parole stesse, tramite lo stile di disegno, i colori molto saturi, con forti contrasti, i suoni anche a volte distorti e le musiche ricche di sentimento o di tensione, a seconda dei momenti.
Concludendo, cosa altro posso dirvi di "Kaiba"?
Perché secondo me è un capolavoro, come non ne vedevo da anni?
Perché mi ha così catturato il cuore?
Fa leva sulle emozioni umane, quelle vere, quelle che smuovono le nostre azioni, che ci danno un senso alla vita. È una danza unica nel cuore di un mondo crudele, dove vi è ancora spazio per i buoni sentimenti e l'umanità, anche se ormai nascosti dallo sporco e dalla distorsione del dolore dettato dalla disparità e dal consumismo.
La crescita dei personaggi sarà poi una delle colonne portanti di questo viaggio, principalmente quella del nostro protagonista, man mano che riacquisterà consapevolezza di sé è di chi era un tempo.
Il concetto che ogni vita è importante sarà ribadito più volte, tramite immagini che mostrano un forte attaccamento alla propria esistenza. Ogni personaggio lotta per esistere, a modo suo. E, come fulcro di tutto, vi sarà l'amore, quello sincero, quello dove la complicità e la fiducia sono l'essenziale per superare ogni avversità insieme. Un qualcosa che ormai sperimento ogni giorno, da quasi undici anni...
Un inno alla vita e ai sentimenti, in un mondo marcio che però può rinascere dalle proprie ceneri.
“Kaiba” è probabilmente l’opera più strana che abbia mai visto in tutti questi anni di visione di prodotti anime. Difficile recensirla: ci troviamo di fronte a un’opera adulta e matura, narrata in modo egregio, ma che presenta uno stile di disegno molto particolare che potrebbe far storcere il naso a parecchi spettatori.
Se qualcuno avesse visto altre opere dello stesso autore, come “The Tatami Galaxy” o “Ping Pong - The Animation”, e le avesse trovate insolite, beh, in questa opera Maasaki Yuasa si è completamente sbizzarrito: le forme sono abbozzate e i disegni cartooneschi; vedendo le scene e i paesaggi, spesso si ha come l’impressione di star guardando un quadro d’arte contemporanea.
La comprensione della trama, difficile nei primi due-tre episodi, diventa sempre più chiara allo spettatore man mano che si procede con la visione: non si può raccontare molto per non rovinare la sorpresa, basti sapere che l’anime si ambienta in un mondo dove i ricordi e le coscienze possono essere spostati da un corpo all’altro; i ricordi brutti possono essere eliminati e quelli belli inseriti. Ovviamente, tutto ciò è appannaggio delle sole élite.
Il mood della storia è perciò spesso malinconico, ma ciò, insieme all’ottima caratterizzazione dei personaggi, permette di trasmettere molte emozioni a chi ne intraprende la visione.
Per concludere, plauso va alla colonna sonora, davvero bella e suggestiva, non potrà non rimanervi in testa.
Tra i pro: storia molto interessante e non banale; mondo e lore molto particolari; ottima colonna sonora; buona caratterizzazione dei personaggi.
Tra i contro: stile di disegno non apprezzabile da tutti; le prime puntate potrebbero essere uno scoglio difficile da superare.
Voto: 4,5/5
In conclusione, “Kaiba” è un’opera adulta e di ottima qualità, personalmente l’ho apprezzata, ma capisco che non sia per tutti.
Ci troviamo di fronte a una piccola perla sconosciuta del grandissimo Maasaki Yuasa, che rimarrà nella memoria di tutti coloro che riusciranno a completarla. Se avete visto e apprezzato altre opere dell’autore, vi consiglio vivamente di vedervi anche questa.
Se qualcuno avesse visto altre opere dello stesso autore, come “The Tatami Galaxy” o “Ping Pong - The Animation”, e le avesse trovate insolite, beh, in questa opera Maasaki Yuasa si è completamente sbizzarrito: le forme sono abbozzate e i disegni cartooneschi; vedendo le scene e i paesaggi, spesso si ha come l’impressione di star guardando un quadro d’arte contemporanea.
La comprensione della trama, difficile nei primi due-tre episodi, diventa sempre più chiara allo spettatore man mano che si procede con la visione: non si può raccontare molto per non rovinare la sorpresa, basti sapere che l’anime si ambienta in un mondo dove i ricordi e le coscienze possono essere spostati da un corpo all’altro; i ricordi brutti possono essere eliminati e quelli belli inseriti. Ovviamente, tutto ciò è appannaggio delle sole élite.
Il mood della storia è perciò spesso malinconico, ma ciò, insieme all’ottima caratterizzazione dei personaggi, permette di trasmettere molte emozioni a chi ne intraprende la visione.
Per concludere, plauso va alla colonna sonora, davvero bella e suggestiva, non potrà non rimanervi in testa.
Tra i pro: storia molto interessante e non banale; mondo e lore molto particolari; ottima colonna sonora; buona caratterizzazione dei personaggi.
Tra i contro: stile di disegno non apprezzabile da tutti; le prime puntate potrebbero essere uno scoglio difficile da superare.
Voto: 4,5/5
In conclusione, “Kaiba” è un’opera adulta e di ottima qualità, personalmente l’ho apprezzata, ma capisco che non sia per tutti.
Ci troviamo di fronte a una piccola perla sconosciuta del grandissimo Maasaki Yuasa, che rimarrà nella memoria di tutti coloro che riusciranno a completarla. Se avete visto e apprezzato altre opere dell’autore, vi consiglio vivamente di vedervi anche questa.
È uno dei migliori anime che abbia mai visto, reso affascinante dal fatto che non conta la qualità delle immagini, ma la storia che viene raccontata. La storia ha una trama non facile da seguire, e necessita di essere vista almeno due o tre volte per comprendere più particolari che potrebbero sfuggire al primo impatto.
La quasi mancanza di spiegazioni lascia un profondo senso di vuoto dopo ogni episodio, persino dopo il finale, e il realismo e il modo in cui le vicende vengono espresse trasmette forti emozioni come pochi anime sono in grado di fare. L'unica nota negativa dell'anime è la sua eccessiva brevità: secondo me avrebbe potuto avere il doppio, il triplo o il quadruplo degli episodi per mettere i puntini sulle i e i trattini sulle t a tutte le vicende sospese, incomplete o difficili da comprendere.
Comunque sia, è un anime che rimane impresso nella memoria come pochi altri.
La quasi mancanza di spiegazioni lascia un profondo senso di vuoto dopo ogni episodio, persino dopo il finale, e il realismo e il modo in cui le vicende vengono espresse trasmette forti emozioni come pochi anime sono in grado di fare. L'unica nota negativa dell'anime è la sua eccessiva brevità: secondo me avrebbe potuto avere il doppio, il triplo o il quadruplo degli episodi per mettere i puntini sulle i e i trattini sulle t a tutte le vicende sospese, incomplete o difficili da comprendere.
Comunque sia, è un anime che rimane impresso nella memoria come pochi altri.
Premesso che per questo anime non è ahimè sufficiente una singola visione, seppur molto attenta, per comprenderlo a pieno, basta e avanza però per apprezzarlo. Yuasa è ormai noto ai più come un genio (a volte incompreso) sperimentatore, che si dissocia ben volentieri dallo stile di animazione che caratterizza la maggior parte degli anime. Crea opere di nicchia e lo fa sfidando le leggi del mercato e del fanservice (vincendo a mani basse tra l'altro), dando vita a storie che rasentano, a detta di molti, la perfezione. "Kaiba" è una di queste.
Trama: in un mondo parzialmente futuristico in cui la forbice sociale che divide ricchi e poveri è più aperta che mai, facciamo la conoscenza di un ragazzino biondo con un foro nel petto che, poverino, ha perso la memoria. Nel mondo di "Kaiba" esiste infatti la possibilità di immagazzinare e manipolare i ricordi delle persone, trascendendo quindi il concetto di morte, che può essere evitata da ciascuna persona con il trasferimento delle memorie in un corpo nuovo. Questa è ovviamente una possibilità legata quasi esclusivamente ai sopracitati ricchi, che i corpi li collezionano addirittura, mentre i poveri sono proprio poveri, spesso costretti a vendere l'unico corpo di cui dispongono per dar da mangiare ai figli. In tutto ciò il nostro ragazzino biondo, dopo essere scampato alla morte, parte alla ricerca dei propri ricordi smarriti.
Di quello che ha da offrire quest'opera si potrebbe discutere per ore e ore, perché qui non si tratta di caratteristiche basilari come trama, caratterizzazione dei personaggi, dialoghi etc. Parliamo di un concetto, o un insieme di concetti, proposto dall'autore, argomentato e trattato secondo determinati canoni. Parliamo di solitudine. La natura stabilisce chiaramente il ruolo dell'uomo nel mondo: egli nasce, si riproduce, muore. Nel mondo di "Kaiba" no; la riproduzione diventa effimera, se non addirittura dannosa per certi versi, in funzione della citata possibilità di aggirare la morte, anch'essa vista sotto una nuovissima luce. Si finisce dunque per cercare nuovi stimoli che rendano la vita significativa e degna di essere vissuta, stimoli che trovano ovviamente riscontro nella ricchezza materiale, ovvero la possibilità di ergersi al di sopra dei propri simili e usufruire di una "barriera" che tenga alla larga chiunque possa essere d'intralcio, compresi i propri cari. In "Kaiba" l'importanza che hanno le relazioni personali perde di significato, la manipolazione dei ricordi costituisce di fatto una manipolazione dell'anima, questo implica che, per trovare la donna della propria vita, sia sufficiente comprarla. L'opera analizza questa teoria senza schierarsi apertamente, almeno all'inizio. Mostra come sia proprio la povertà il primo fattore che avvicina le persone, le quali, in assenza di beni materiali riscoprono i valori delle emozioni e della condivisione di esse che, in situazioni economicamente più agevolate, resterebbero nascoste sotto a una maschera. La solitudine costituisce il tema centrale dell'intera opera, perché è da essa che discendono tutti gli altri. Quando si ha la possibilità di vivere in eterno non si teme più la morte, bensì la solitudine, che "trasforma" la vita in sopravvivenza e che ognuno decide di combattere ed esorcizzare a modo proprio.
Tecnicamente parlando, l'anime spicca soprattutto per le atmosfere create, in cui l'empatia che si ha verso i personaggi del momento è sempre intensissima. A dar vita a queste atmosfere sono le colonne sonore, sempre azzeccate, e le interazioni tra i personaggi, espressive e coerenti, senza andare troppo a scomodare banali stereotipi. Lo stile grafico va trattato singolarmente, in quanto, come di buona norma per Yuasa, è del tutto sperimentale. L'opening è ipnotica, ci suggerisce inoltre l'arma con cui si combatte la solitudine, ovvero l'amore.
Singoli aspetti soggettivamente negativi sono lo stile grafico, a mio parere troppo abbozzato in alcuni casi, e un numero eccessivo di episodi auto-conclusivi nella prima metà dell'opera.
Concludendo, è innegabile che "Kaiba" sia un'opera ben oltre la media, in funzione dei temi trattati e del modo con cui la trattazione viene portata avanti, malgrado non spicchi troppo per originalità. Si tratta di un anime toccante che ci aiuta a comprendere; ci accorgiamo che alla fin fine, in un mondo che cade a pezzi, quel che conta è l'amore che proviamo per lei.
Trama: in un mondo parzialmente futuristico in cui la forbice sociale che divide ricchi e poveri è più aperta che mai, facciamo la conoscenza di un ragazzino biondo con un foro nel petto che, poverino, ha perso la memoria. Nel mondo di "Kaiba" esiste infatti la possibilità di immagazzinare e manipolare i ricordi delle persone, trascendendo quindi il concetto di morte, che può essere evitata da ciascuna persona con il trasferimento delle memorie in un corpo nuovo. Questa è ovviamente una possibilità legata quasi esclusivamente ai sopracitati ricchi, che i corpi li collezionano addirittura, mentre i poveri sono proprio poveri, spesso costretti a vendere l'unico corpo di cui dispongono per dar da mangiare ai figli. In tutto ciò il nostro ragazzino biondo, dopo essere scampato alla morte, parte alla ricerca dei propri ricordi smarriti.
Di quello che ha da offrire quest'opera si potrebbe discutere per ore e ore, perché qui non si tratta di caratteristiche basilari come trama, caratterizzazione dei personaggi, dialoghi etc. Parliamo di un concetto, o un insieme di concetti, proposto dall'autore, argomentato e trattato secondo determinati canoni. Parliamo di solitudine. La natura stabilisce chiaramente il ruolo dell'uomo nel mondo: egli nasce, si riproduce, muore. Nel mondo di "Kaiba" no; la riproduzione diventa effimera, se non addirittura dannosa per certi versi, in funzione della citata possibilità di aggirare la morte, anch'essa vista sotto una nuovissima luce. Si finisce dunque per cercare nuovi stimoli che rendano la vita significativa e degna di essere vissuta, stimoli che trovano ovviamente riscontro nella ricchezza materiale, ovvero la possibilità di ergersi al di sopra dei propri simili e usufruire di una "barriera" che tenga alla larga chiunque possa essere d'intralcio, compresi i propri cari. In "Kaiba" l'importanza che hanno le relazioni personali perde di significato, la manipolazione dei ricordi costituisce di fatto una manipolazione dell'anima, questo implica che, per trovare la donna della propria vita, sia sufficiente comprarla. L'opera analizza questa teoria senza schierarsi apertamente, almeno all'inizio. Mostra come sia proprio la povertà il primo fattore che avvicina le persone, le quali, in assenza di beni materiali riscoprono i valori delle emozioni e della condivisione di esse che, in situazioni economicamente più agevolate, resterebbero nascoste sotto a una maschera. La solitudine costituisce il tema centrale dell'intera opera, perché è da essa che discendono tutti gli altri. Quando si ha la possibilità di vivere in eterno non si teme più la morte, bensì la solitudine, che "trasforma" la vita in sopravvivenza e che ognuno decide di combattere ed esorcizzare a modo proprio.
Tecnicamente parlando, l'anime spicca soprattutto per le atmosfere create, in cui l'empatia che si ha verso i personaggi del momento è sempre intensissima. A dar vita a queste atmosfere sono le colonne sonore, sempre azzeccate, e le interazioni tra i personaggi, espressive e coerenti, senza andare troppo a scomodare banali stereotipi. Lo stile grafico va trattato singolarmente, in quanto, come di buona norma per Yuasa, è del tutto sperimentale. L'opening è ipnotica, ci suggerisce inoltre l'arma con cui si combatte la solitudine, ovvero l'amore.
Singoli aspetti soggettivamente negativi sono lo stile grafico, a mio parere troppo abbozzato in alcuni casi, e un numero eccessivo di episodi auto-conclusivi nella prima metà dell'opera.
Concludendo, è innegabile che "Kaiba" sia un'opera ben oltre la media, in funzione dei temi trattati e del modo con cui la trattazione viene portata avanti, malgrado non spicchi troppo per originalità. Si tratta di un anime toccante che ci aiuta a comprendere; ci accorgiamo che alla fin fine, in un mondo che cade a pezzi, quel che conta è l'amore che proviamo per lei.
Mi sono approcciato a questo anime con le migliori intenzioni, ma ho dovuto constatare che si tratta di un polpettone indigeribile, la definirei un'opera hipster! L'idea iniziale è carina: una tecnologia in grado di stoccare e traferire la memoria umana - e qui ci sarebbe tantissimo da dire e non basterebbero trenta puntate -, ma l'autore non si accontenta e decide di strafare, infilando un po' di tutto all'interno per fare una bella opera impegnata... ma non riuscendo più a raccontare efficacemente la propria storia! Storia che è malamente divisa in due parti: inizia con il trattare le disparità sociali, perché, ovviamente, se puoi separare un corpo da una memoria allora per la legge della domanda e dell'offerta si crea un fiorente mercato dei corpi; ci aspettano quindi infiniti esempi di come la gente possa utilizzare male tale tecnologia e tale mercato in un costante dejà vu di "Galaxy Express 999", ma questa è pure la parte migliore. Poi nella seconda arriva il disorientamento completo: inizia la trama vera e propria con re, governativi, ribelli, ribelli dei ribelli, ribelli dei ribelli dei ribelli. I disorientamenti e i colpi di scena continuano a susseguirsi e qui a Masaaki Yuasa va lo stesso consiglio che diedi a Michael Night Shyamalan: un colpo di scena non è una trama! Se fai saltare fuori delle situazioni senza prima averle strutturate a dovere, lo spettatore non ti ringrazierà di certo, anzi nel mio caso si sentirà abbastanza preso per i fondelli. Quando pensi che il peggio sia finalmente arrivato, ecco giungere un enorme plagio di "Neon Genesis Evangelion", alla faccia dei dejà vu.
Il risultato per me è chiaro: fallimento totale per aver avuto troppe idee e averle strutturate troppo poco.
Unica cosa che mi è piaciuta è stata l'animazione: semplice ed efficace versione di un "Piccolo principe" oscuro, gli inseguimenti e le scene dinamiche sono un trip fantastico, e poi su, un po' di novità nella grafica è sempre bene accetta.
Il risultato per me è chiaro: fallimento totale per aver avuto troppe idee e averle strutturate troppo poco.
Unica cosa che mi è piaciuta è stata l'animazione: semplice ed efficace versione di un "Piccolo principe" oscuro, gli inseguimenti e le scene dinamiche sono un trip fantastico, e poi su, un po' di novità nella grafica è sempre bene accetta.
"Non appena un uomo riconobbe un altro uomo come un essere che sente, che pensa e che è simile a lui, il desiderio o il bisogno di comunicargli i propri sentimenti e i propri pensieri gliene fece cercare i mezzi."
[Jean-Jacques Rousseau]
Una canzone (la cosiddetta opening) dal tono malinconico sembra già dirci qualcosa, e poi silenzio. Un silenzio che circonda il primo personaggio con il quale abbiamo a che fare in questa serie: è Warp, protagonista di una straordinaria vicenda alla ricerca di sé stessi. Warp infatti si trova all'improvviso in un luogo che riconosce, non sapendo nemmeno chi è. Tutto ciò che appare come evidente è un medaglione che contiene la foto di una ragazza e un misterioso (e simbolico) buco sul petto. Eppure, questa situazione silenziosa (e perciò evocativa) viene subito spezzata: Warp viene catapultato in un inseguimento, e a cercarlo sono strani macchinari capaci di sottrarre la coscienza agli individui, lasciando un semplice corpo privo di vita. Riuscito temporaneamente a salvarsi, fa la conoscenza del luogo in cui si trova e delle persone che lo abitano, aiutato dal carismatico quanto misterioso Popo. Egli introduce l'insolito protagonista (e noi con lui) al mondo di Kaiba: ci troviamo in un futuro indefinito, nel quale è stato inventato un sistema capace di convertire i ricordi dei singoli individui in dati informatici. Tali dati, dunque, sono facilmente inseribili all'interno di chip. Tutto ciò fa sì che la vita sia modificabile in ogni suo aspetto: è possibile modificare la propria memoria, eliminando i ricordi negativi e inserendone di positivi. Ovviamente, poi, è possibile trasportare l'insieme dei ricordi in altri corpi, eliminando di fatto la morte. Ma tutto ciò, ci informa Popo, non è alla portata di tutti: inizialmente è stato possibile convertire i propri ricordi in dati informatici, ma poi, consolidata questa tecnologia, gli individui dotati di potere politico ed economico hanno creato delle piattaforme al di sopra del pianeta, inaccessibili per via di una nube elettromagnetica che per di più danneggia i chip, eliminando i ricordi. Separati in modo irreparabile, i deboli vivono in comunità segnate dalla miseria, impossibilitati ad acquistare corpi migliori e spesso anche costretti anche a vendere il proprio per sopravvivere. Con una punta di amarezza e disprezzo, Popo ci mette al corrente del fatto che "com'è sempre accaduto, i ricchi vivono alle spalle dei poveri", ma non tutto è finito: egli, assieme ad altri, appartiene a una organizzazione terroristica che ha lo scopo di rovesciare l'ordine politico, che ha il suo principale responsabile nel re. Ma Warp non ha tempo nemmeno per decidere se aiutare Popo: qualcuno riconosce un simbolo che ha sulla pancia (un triangolo rovesciato. Non sappiamo però che cosa venga riconosciuto precisamente in ciò, per ora), e Popo lo aiuta a fuggire di nuovo, non potendo però accompagnarlo.
Inizia, in questo modo, il grande viaggio solitario del protagonista alla ricerca della propria identità, iniziando come clandestino su una lussuosa nave spaziale. Nel suo percorso, Warp conoscerà diverse persone, sia ricche che povere, entrerà nelle loro vite e ne conoscerà le difficoltà e i trascorsi.
Riguardo a ciò, è facile pensare che il protagonista interagisca con le persone perché in cerca di una traccia del proprio passato, di una pista da seguire. Warp ritroverà i propri ricordi, ma esternamente (ovviamente le modalità non sono qui trattate, per evitare spoiler). Lui stesso sa che entrare nelle vite delle persone in questione non lo porterà a scoprire di più su suoi ricordi. E allora perché interagire con loro? Forse per uno "spirito di scoperta", per una curiosità insita nel personaggio? Oppure per altruismo, per un desiderio di aiutare gli altri? Nulla di tutto questo: Warp è un personaggio taciturno, introverso e poco incline ad aiutare gli altri. Kaiba non è né una Odissea "postmoderna" né un manifesto della pietà.
Ma allora perché queste interazioni, che portano spesso il protagonista a rischiare anche la vita? Cosa spinge il nostro "eroe" all'altro?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prestare attenzione alla genesi di queste vicende: ci si accorge che la decisione di Warp non è mai determinante, egli è trascinato dalla situazione, agisce quasi passivamente. Perché questo? La risposta è che egli si sente richiamato dall'altro: nel cercare sé stesso attraverso lo spazio, finisce inevitabilmente per esigere l'altro. È cioè la sua stessa coscienza a richiedere la presenza dell'altro, ma non in un senso astratto: Warp non si "immischia" in modo irresistibile nelle vite altrui, non c'è una forza estrinseca alla quale egli inconsapevolmente obbedisce. Non c'è nulla di inconscio di tutto ciò: è inutile aspettarsi delle componenti psicoanalitiche o "escatologiche" in questo anime. Il fatto è semplicemente questo: Warp, nel cercare i propri ricordi, finisce per "cercare" l'altro. Più precisamente: nel momento in cui si ripercorrono i passaggi della costruzione di quello che si è, si finisce inevitabilmente nel cercare proprio ciò che, apparentemente, non è implicato in tale costruzione: gli altri soggetti. Più avanti, ritrovando i propri ricordi, Warp passerà da questa intuizione iniziale alla consapevolezza che l'identità richiede l'alterità, ma non nel senso (da noi spesso ingenuamente pensato) che prima c'è un'identità e poi c'è una alterità che arricchisce le nostre prospettive: per questo, originariamente, l'altro non è un voluto, un desiderato. E non è nemmeno un bisogno. Questo lo diventerà soltanto in seguito: all'inizio, l'altro è una necessità all'interno della genesi dell'identità, è un elemento costitutivo della nostra soggettività. L'identità si ha proprio quando l'Io si "guarda da fuori" e si riconosce (quando diciamo questo sono io), ma questa è una azione impossibile a farsi da soli la prima volta: deve esserci un elemento che ci "chiama", che, appunto, ci fa "uscire", che, facendo attenzione a noi, proprio a noi, ci dice "tu ci sei". E questo elemento non può che essere uno come noi, un qualcuno, un altro. La "traccia dell'altro" ci rimane per tutta la vita, e questo perché essa viene col costruirsi dell'identità. È questo che succede quando desideriamo o abbiamo bisogno delle altre persone al di fuori di contesti utilitaristici: più precisamente, noi ne sentiamo il desiderio, ne sentiamo il bisogno. L'altro non è un fenomeno come gli altri, perché viene prima di ogni esperienza. Per questo, l'altro non è un ricordo, ma affiora sempre da esso: l'esperienza è difatti sempre qualcosa di comunicabile. Ed è proprio questo che succede quando Warp incontra i vari personaggi: questi ultimi sentono la necessità di raccontare la propria esperienza, non semplicemente di trasferirla attraverso il chip. Si può trasferire ricordi quanto si vuole, ma, se non li si può raccontare, essi sono niente: questo perché raccontare è sempre anche un raccontarsi, un dialogo nel quale c'è sia un Io che un Tu. E l'Io richiede il Tu, non può farne a meno: in questo dialogo, chi più consapevole chi meno, chi serenamente chi con dolore, tutti i personaggi che incontriamo, ricchi o poveri, buoni o cattivi, riscoprono ciò che, nella ricerca spasmodica di una felicità senza dolori data dalla modificazione dei ricordi, avevano dimenticato. Ritrovando la presenza dell'altro, si rendono conto che l'identità non è soltanto un contenitore di ricordi, ma una struttura di rapporto col mondo che viene costruita dalle altre persone, sin da quando nasciamo. Ma queste persone non sono casuali: sono quelle che ci lasciano lo spazio, quelle che ci chiamano. Sono insomma le persone amate, quelle che ci amano, e che noi, in fondo, finiremo sempre per ricambiare.
Tutto il percorso di Warp è all'insegna di questo discorso, e la sua decisione finale (nell'ultimo episodio) è motivata da questo viaggio alla scoperta del Sé. All'inizio della nostra esistenza c'è l'altro, nel suo amarci. Cioè c'è qualcuno che, fra tutte le persone del mondo, ha scelto proprio noi. All'inizio non c'è l'odio, non c'è il conflitto. C'è l'amore: è solo perché siamo stati amati che possiamo disprezzare. È un rapporto purtroppo sempre in bilico, dobbiamo sempre avere a che fare col conflitto, perché l'amore non è unitario: nell'andare incontro all'altro rischiamo anche sempre di ferirlo. Eppure, non possiamo farne a meno. E per questo, non ne vale la pena?
Un grande racconto sull'identità e il suo inevitabile rapporto con l'alterità, che ci insegna che senza l'altro non solo non si può vivere, ma non si può nemmeno morire.
[Jean-Jacques Rousseau]
Una canzone (la cosiddetta opening) dal tono malinconico sembra già dirci qualcosa, e poi silenzio. Un silenzio che circonda il primo personaggio con il quale abbiamo a che fare in questa serie: è Warp, protagonista di una straordinaria vicenda alla ricerca di sé stessi. Warp infatti si trova all'improvviso in un luogo che riconosce, non sapendo nemmeno chi è. Tutto ciò che appare come evidente è un medaglione che contiene la foto di una ragazza e un misterioso (e simbolico) buco sul petto. Eppure, questa situazione silenziosa (e perciò evocativa) viene subito spezzata: Warp viene catapultato in un inseguimento, e a cercarlo sono strani macchinari capaci di sottrarre la coscienza agli individui, lasciando un semplice corpo privo di vita. Riuscito temporaneamente a salvarsi, fa la conoscenza del luogo in cui si trova e delle persone che lo abitano, aiutato dal carismatico quanto misterioso Popo. Egli introduce l'insolito protagonista (e noi con lui) al mondo di Kaiba: ci troviamo in un futuro indefinito, nel quale è stato inventato un sistema capace di convertire i ricordi dei singoli individui in dati informatici. Tali dati, dunque, sono facilmente inseribili all'interno di chip. Tutto ciò fa sì che la vita sia modificabile in ogni suo aspetto: è possibile modificare la propria memoria, eliminando i ricordi negativi e inserendone di positivi. Ovviamente, poi, è possibile trasportare l'insieme dei ricordi in altri corpi, eliminando di fatto la morte. Ma tutto ciò, ci informa Popo, non è alla portata di tutti: inizialmente è stato possibile convertire i propri ricordi in dati informatici, ma poi, consolidata questa tecnologia, gli individui dotati di potere politico ed economico hanno creato delle piattaforme al di sopra del pianeta, inaccessibili per via di una nube elettromagnetica che per di più danneggia i chip, eliminando i ricordi. Separati in modo irreparabile, i deboli vivono in comunità segnate dalla miseria, impossibilitati ad acquistare corpi migliori e spesso anche costretti anche a vendere il proprio per sopravvivere. Con una punta di amarezza e disprezzo, Popo ci mette al corrente del fatto che "com'è sempre accaduto, i ricchi vivono alle spalle dei poveri", ma non tutto è finito: egli, assieme ad altri, appartiene a una organizzazione terroristica che ha lo scopo di rovesciare l'ordine politico, che ha il suo principale responsabile nel re. Ma Warp non ha tempo nemmeno per decidere se aiutare Popo: qualcuno riconosce un simbolo che ha sulla pancia (un triangolo rovesciato. Non sappiamo però che cosa venga riconosciuto precisamente in ciò, per ora), e Popo lo aiuta a fuggire di nuovo, non potendo però accompagnarlo.
Inizia, in questo modo, il grande viaggio solitario del protagonista alla ricerca della propria identità, iniziando come clandestino su una lussuosa nave spaziale. Nel suo percorso, Warp conoscerà diverse persone, sia ricche che povere, entrerà nelle loro vite e ne conoscerà le difficoltà e i trascorsi.
Riguardo a ciò, è facile pensare che il protagonista interagisca con le persone perché in cerca di una traccia del proprio passato, di una pista da seguire. Warp ritroverà i propri ricordi, ma esternamente (ovviamente le modalità non sono qui trattate, per evitare spoiler). Lui stesso sa che entrare nelle vite delle persone in questione non lo porterà a scoprire di più su suoi ricordi. E allora perché interagire con loro? Forse per uno "spirito di scoperta", per una curiosità insita nel personaggio? Oppure per altruismo, per un desiderio di aiutare gli altri? Nulla di tutto questo: Warp è un personaggio taciturno, introverso e poco incline ad aiutare gli altri. Kaiba non è né una Odissea "postmoderna" né un manifesto della pietà.
Ma allora perché queste interazioni, che portano spesso il protagonista a rischiare anche la vita? Cosa spinge il nostro "eroe" all'altro?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prestare attenzione alla genesi di queste vicende: ci si accorge che la decisione di Warp non è mai determinante, egli è trascinato dalla situazione, agisce quasi passivamente. Perché questo? La risposta è che egli si sente richiamato dall'altro: nel cercare sé stesso attraverso lo spazio, finisce inevitabilmente per esigere l'altro. È cioè la sua stessa coscienza a richiedere la presenza dell'altro, ma non in un senso astratto: Warp non si "immischia" in modo irresistibile nelle vite altrui, non c'è una forza estrinseca alla quale egli inconsapevolmente obbedisce. Non c'è nulla di inconscio di tutto ciò: è inutile aspettarsi delle componenti psicoanalitiche o "escatologiche" in questo anime. Il fatto è semplicemente questo: Warp, nel cercare i propri ricordi, finisce per "cercare" l'altro. Più precisamente: nel momento in cui si ripercorrono i passaggi della costruzione di quello che si è, si finisce inevitabilmente nel cercare proprio ciò che, apparentemente, non è implicato in tale costruzione: gli altri soggetti. Più avanti, ritrovando i propri ricordi, Warp passerà da questa intuizione iniziale alla consapevolezza che l'identità richiede l'alterità, ma non nel senso (da noi spesso ingenuamente pensato) che prima c'è un'identità e poi c'è una alterità che arricchisce le nostre prospettive: per questo, originariamente, l'altro non è un voluto, un desiderato. E non è nemmeno un bisogno. Questo lo diventerà soltanto in seguito: all'inizio, l'altro è una necessità all'interno della genesi dell'identità, è un elemento costitutivo della nostra soggettività. L'identità si ha proprio quando l'Io si "guarda da fuori" e si riconosce (quando diciamo questo sono io), ma questa è una azione impossibile a farsi da soli la prima volta: deve esserci un elemento che ci "chiama", che, appunto, ci fa "uscire", che, facendo attenzione a noi, proprio a noi, ci dice "tu ci sei". E questo elemento non può che essere uno come noi, un qualcuno, un altro. La "traccia dell'altro" ci rimane per tutta la vita, e questo perché essa viene col costruirsi dell'identità. È questo che succede quando desideriamo o abbiamo bisogno delle altre persone al di fuori di contesti utilitaristici: più precisamente, noi ne sentiamo il desiderio, ne sentiamo il bisogno. L'altro non è un fenomeno come gli altri, perché viene prima di ogni esperienza. Per questo, l'altro non è un ricordo, ma affiora sempre da esso: l'esperienza è difatti sempre qualcosa di comunicabile. Ed è proprio questo che succede quando Warp incontra i vari personaggi: questi ultimi sentono la necessità di raccontare la propria esperienza, non semplicemente di trasferirla attraverso il chip. Si può trasferire ricordi quanto si vuole, ma, se non li si può raccontare, essi sono niente: questo perché raccontare è sempre anche un raccontarsi, un dialogo nel quale c'è sia un Io che un Tu. E l'Io richiede il Tu, non può farne a meno: in questo dialogo, chi più consapevole chi meno, chi serenamente chi con dolore, tutti i personaggi che incontriamo, ricchi o poveri, buoni o cattivi, riscoprono ciò che, nella ricerca spasmodica di una felicità senza dolori data dalla modificazione dei ricordi, avevano dimenticato. Ritrovando la presenza dell'altro, si rendono conto che l'identità non è soltanto un contenitore di ricordi, ma una struttura di rapporto col mondo che viene costruita dalle altre persone, sin da quando nasciamo. Ma queste persone non sono casuali: sono quelle che ci lasciano lo spazio, quelle che ci chiamano. Sono insomma le persone amate, quelle che ci amano, e che noi, in fondo, finiremo sempre per ricambiare.
Tutto il percorso di Warp è all'insegna di questo discorso, e la sua decisione finale (nell'ultimo episodio) è motivata da questo viaggio alla scoperta del Sé. All'inizio della nostra esistenza c'è l'altro, nel suo amarci. Cioè c'è qualcuno che, fra tutte le persone del mondo, ha scelto proprio noi. All'inizio non c'è l'odio, non c'è il conflitto. C'è l'amore: è solo perché siamo stati amati che possiamo disprezzare. È un rapporto purtroppo sempre in bilico, dobbiamo sempre avere a che fare col conflitto, perché l'amore non è unitario: nell'andare incontro all'altro rischiamo anche sempre di ferirlo. Eppure, non possiamo farne a meno. E per questo, non ne vale la pena?
Un grande racconto sull'identità e il suo inevitabile rapporto con l'alterità, che ci insegna che senza l'altro non solo non si può vivere, ma non si può nemmeno morire.
Ed eccomi proseguire nel mio personale viaggio tra le opere firmate Yuasa. Dopo il formalmente asettico Ping Pong The Animation, dopo il movimentato The Tatami Galaxy, eccomi alle prese con Kaiba, che fa delle atmosfere cupe e malinconiche il suo cavallo di battaglia.
La prima puntata è tutto un dire. Un incipit misterioso, interessante e appassionante. Ci viene subito introdotto il protagonista, con il quale condividiamo il primo pensiero: dove ci troviamo? In una movimentata sequenza mozzafiato, assistiamo a una specie di assurda catena alimentare stile The Midnight Parasites. In quel momento probabilmente il mio pensiero non era condiviso dal protagonista: wow, che figata! Purtroppo questa sequenza lascia subito il posto ad un'altra scena, più fiacca ed accompagnata da un'altrettanto fiacca e fastidiosa musichetta in loop da videogame. Scena che avrebbe lo scopo di introdurci alla straniante quotidianità di un mondo governato da nuova regole sociali ma che finisce solamente per annoiare. La musica in Kaiba ha alti e bassi, se in un momento ha vita propria ed è perfetta a dare enfasi alla scena, altre volte è inadatta e scontata. E per un'opera che fa delle atmosfere il suo forte è un punto a sfavore. E così il ritmo narrativo. Questo anime ha una potenza narrativa enorme e lo dimostra benissimo in svariate scene, ma dimostra anche dei picchi negativi in cui il ritmo si congela, e la prima puntata è rappresentativa in questo. Una cosa che mi è dispiaciuta di Kaiba è vederlo perdersi in troppe puntate (quasi) autoconclusive invece che in episodi che proseguissero la trama. Inoltre gli espedienti utilizzati per empatizzare con lo spettatore sono troppo sfacciati e si reiterano nel corso delle puntate. Kaiba è questo: una serie altalenante. Prendiamo per esempio la sperimentazione grafica, a volte sembra una scelta stilistica ben riuscita (il design pupazzoso dei personaggi cozza con la profondità delle atmosfere creando un effetto inquietante), a volte sembra semplice svogliatezza nel disegnare a animare qualcosa di decente (mi riferisco alla quinta puntata in particolare).
Kaiba è un capolavoro mancato. Se Tatami ti destabilizzava con una domanda per poi mandati knock-out con la risposta, in una sorta di punchline animata, Kaiba sembra invece avere un ritmo meno efficace, rendendo confusionaria la visione. Il rapporto qualità-coinvolgimento è (relativamente) troppo basso, e sebbene Kaiba faccia le scarpe a moltissimi anime e sia qualitativamente superiore alla media generale di due spanne, la delusione per tutto il potenziale inespresso è troppa. Da vedere almeno due volte per apprezzarlo in pieno, anche per via di un eccessivo simbolismo che esplode in particolar modo nella puntata finale.
La prima puntata è tutto un dire. Un incipit misterioso, interessante e appassionante. Ci viene subito introdotto il protagonista, con il quale condividiamo il primo pensiero: dove ci troviamo? In una movimentata sequenza mozzafiato, assistiamo a una specie di assurda catena alimentare stile The Midnight Parasites. In quel momento probabilmente il mio pensiero non era condiviso dal protagonista: wow, che figata! Purtroppo questa sequenza lascia subito il posto ad un'altra scena, più fiacca ed accompagnata da un'altrettanto fiacca e fastidiosa musichetta in loop da videogame. Scena che avrebbe lo scopo di introdurci alla straniante quotidianità di un mondo governato da nuova regole sociali ma che finisce solamente per annoiare. La musica in Kaiba ha alti e bassi, se in un momento ha vita propria ed è perfetta a dare enfasi alla scena, altre volte è inadatta e scontata. E per un'opera che fa delle atmosfere il suo forte è un punto a sfavore. E così il ritmo narrativo. Questo anime ha una potenza narrativa enorme e lo dimostra benissimo in svariate scene, ma dimostra anche dei picchi negativi in cui il ritmo si congela, e la prima puntata è rappresentativa in questo. Una cosa che mi è dispiaciuta di Kaiba è vederlo perdersi in troppe puntate (quasi) autoconclusive invece che in episodi che proseguissero la trama. Inoltre gli espedienti utilizzati per empatizzare con lo spettatore sono troppo sfacciati e si reiterano nel corso delle puntate. Kaiba è questo: una serie altalenante. Prendiamo per esempio la sperimentazione grafica, a volte sembra una scelta stilistica ben riuscita (il design pupazzoso dei personaggi cozza con la profondità delle atmosfere creando un effetto inquietante), a volte sembra semplice svogliatezza nel disegnare a animare qualcosa di decente (mi riferisco alla quinta puntata in particolare).
Kaiba è un capolavoro mancato. Se Tatami ti destabilizzava con una domanda per poi mandati knock-out con la risposta, in una sorta di punchline animata, Kaiba sembra invece avere un ritmo meno efficace, rendendo confusionaria la visione. Il rapporto qualità-coinvolgimento è (relativamente) troppo basso, e sebbene Kaiba faccia le scarpe a moltissimi anime e sia qualitativamente superiore alla media generale di due spanne, la delusione per tutto il potenziale inespresso è troppa. Da vedere almeno due volte per apprezzarlo in pieno, anche per via di un eccessivo simbolismo che esplode in particolar modo nella puntata finale.
<b>Attenzione: la recensione può contenere spoiler</b>
Per fortuna al giorno d'oggi i sostenitori di Yuasa non sono isolati in lande desolate, ma ce ne sono abbastanza e non è esagerato dire che molti di questi lo ritengono un genio. In effetti anche io appartengo a questa categoria, ma non c'era bisogno di dimostrarlo con "Kaiba" o con i suoi ottimi lavori successivi come "The Tatami Galaxy" o "Ping Pong: The animation", perché già in "Mind Game", "KemonoZume" e "Happy Machine" lui era fuori scala. Ora immaginate cosa possa fare questo regista su una via, l'animazione sperimentale, già spianata e percorsa in precedenza. Il risultato è facilmente intuibile: "Kaiba" è un gioiello, arte pura, magari non al massimo livello, ma la differenza è minima.
Iniziamo col dire di cosa parla "Kaiba". Sarà scontato, ma il tema principale è la memoria e le sue ramificazioni in molti settori, passando da concetti riguardanti la sfera umana, come quella spirituale. Poi un altro aspetto che reputo secondario, ma interessantissimo lo stesso (più per il modo in cui è reso, in realtà), è l'analisi sociale. Si parla di analisi sociale e non di critica, perché l'autore qui impone delle condizioni iniziali, o se vogliamo al contorno, con conseguente risoluzione in base ad esse, proprio come in un problema di Cauchy. Non è un caso se ho tirato in ballo la matematica, perché in fin dei conti "Kaiba" è pur sempre una serie drammatica inondata di fantascienza, con gocce di cyberpunk, quindi è facile che si incontrino teorie matematiche o fisiche sull'evoluzione, e la matematica è alla base di tutte le conoscenze, tramite l'analisi, come lo stesso nome ci suggerisce. Dunque anche in "Kaiba" si affronta l'evoluzione del genere umano (?), ma questa è strettamente legata alla società e in particolare alla natura umana. Infatti la società corrompe ogni uomo e ogni uomo è in cerca di potere; una volta raggiunto il potere si costruiscono una torre e, per difendersi, o meglio negare agli altri di ottenere lo stesso trattamento, si erge una muraglia difensiva (praticamente è la nube/nuvole che elimina le memorie), perché il potere ti spinge a voler restare sempre al di sopra degli altri. Quindi i ricchi risiedono in questa sorta di paradiso, dove ovviamente si hanno privilegi, non accessibili a quelli del sottosuolo, e la cosa bella è che se provi a superare la barriera perdi la memoria, quindi molti andranno in loop e cadranno nell'eterno circolo fallimentare di cercare di superare le nuvole. Come vediamo, si ha un immagine pessimista della società e sembra che nulla possa cambiare ciò; però c'è chi può, colui che viene apparentemente descritto come un superuomo, Kaiba. Ma tornando alle condizioni iniziali, ossia l'essenza originaria dell'uomo, l'uomo non nasce avido, ma bensì benevolo. Tutto ciò è un'implicazione non esplicita ovviamente, ma è una mia interpretazione che trova sostegno (?) nel finale.
Per quanto riguarda il tema "memoria", i creatori si possono sbizzarrire nel modo più assoluto, dal momento in cui il tema offre svariate piste su cui correre, e devo dire che, anche se molte di queste piste sono per lo più già praticate da altri autori in precedenza, sono tutte percorse al massimo. Per citare alcune teorie: fin dall'inizio l'opera ci catapulta in un mondo tecnologicamente avanzato, ma la tecnologia è frutto dell'evoluzione forzata dalla società, quindi è un male, poiché la società stessa lo è diventata, almeno secondo gli abitanti sotto le nuvole, dove è possibile trasformare le memorie in dati e immagazzinarli. In questo modo è possibile superare i limiti del tempo per un uomo, ergo la capacità di morire, perdendo il contenitore (corpo fisico), ma mantenendo integra l'anima (la memoria). In tal modo si va incontro a una vita apparentemente eterna dove puoi fare shopping di corpi e trasferirti in quello che più ti aggrada, e infatti molti abitanti seguono la moda comprando un corpo da urlo all'ultima moda, indice della bassezza raggiunta dalle persone. In questo modo l'uomo sostituisce Dio o meglio non ne ha più bisogno? O è sempre stato l'uomo creatore di sé stesso? La serie lancia varie domande senza rispondere direttamente o scegliere un partito, ma ci offre una visione neutrale e distaccata del mondo, infatti non è un caso se la prima parte di "Kaiba" sembra ricalcare serie come "Kino no Tabi", ecc. Ovviamente l'alterazione della memoria, scambi di corpi e altre eventualità possibili sono illegali e punibili con la morte e la distruzione totale della memoria del soggetto, ovviamente non per gli abitanti del "paradiso".
Il protagonista Kaiba/Warp/Chroniko a seconda dei corpi, ma l'essenza è sempre la stessa, è un eroe/anti-eroe: infatti lui o esso (noi non diamo del lei al nostro Dio) appare come immortale, ma al tempo stesso Kaiba è l'essere più tormentato dell'anime, e così un altro tema importante, la natura umana, trova in Kaiba la massima espressione. Infatti si può parlare di conflitto interiore rappresentato dalla pianta Kaiba e il Kaiba nero. Il Kaiba nero rappresenta la manifestazione di tutti i ricordi negativi di cui Kaiba si è privato o, meglio, che ha escluso volontariamente perché incapace di sopportarli. Mentre la pianta Kaiba viene creata da Kaiba per porre fine al suo dolore, che è rappresentato principalmente dalla solitudine che lo porterà ad attuare il piano di unificazione delle memorie grazie alla pianta che mangerà tutti, e inglobando le memorie altrui formerà una sola in modo da vivere in compagnia!
Kaiba si sente vuoto e sempre di più, infatti il suo buco sul petto si allarga quando prova un odio maggiore, conseguente alla perdita assoluta di umanità. Tanto forte, onnipotente, immortale... eppure non ha nulla a parte Neiro, la sua ancora di salvezza. Grazie all'amore di Neiro e alla rivelazione sui veri intenti della madre, Kaiba riesce a riempire il vuoto interiore e spingere l'umanità a un nuovo inizio e quindi le stesse persone corrotte di prima ora saranno benevoli, rispettando la condizione iniziale già citata. Così termino la parte su alcuni simbolismi e metafore presenti nell'anime. Ovviamente questo è il mio pensiero, la realtà la conosce solo il Dio dell'opera, Yuasa o Kaiba!
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico siamo nelle mani di Madhouse e Yuasa: lo studio garantisce qualità e il regista offre arte. Dunque "Kaiba" fa dei suoi punti forti un'animazione sperimentale, con relativo character design simil-tezukiano, e la regia di Yuasa, oltre all'ottima colonna sonora e ai già citati contenuti, ma questi ultimi non bastano da soli a garantire l'immortalità a quest'opera, soprattutto perché, come già ho fatto notare, l'originalità non è proprio massima. Quindi, ciò che le fa da padrone assoluto è la forma, in altre parole relative all'anime in questione "è il corpo, non la memoria presa da altri anime e qui travasata, ad essere importante". Dunque Kaiba non sarebbe lo stesso senza il talento visionario di Yuasa e la sua bravura, sia per quanto riguarda le scene dinamiche sia per quelle statiche e di riflessione; per quanto mi riguarda trovo sia superiore quando si applica nelle scene dinamiche. L'inseguimento del primo episodio e tutto l'episodio finale ad esempio sono il pezzo forte del suo arsenale schierato in "Kaiba".
Un must per tutti gli amanti dell'animazione di nicchia.
Per fortuna al giorno d'oggi i sostenitori di Yuasa non sono isolati in lande desolate, ma ce ne sono abbastanza e non è esagerato dire che molti di questi lo ritengono un genio. In effetti anche io appartengo a questa categoria, ma non c'era bisogno di dimostrarlo con "Kaiba" o con i suoi ottimi lavori successivi come "The Tatami Galaxy" o "Ping Pong: The animation", perché già in "Mind Game", "KemonoZume" e "Happy Machine" lui era fuori scala. Ora immaginate cosa possa fare questo regista su una via, l'animazione sperimentale, già spianata e percorsa in precedenza. Il risultato è facilmente intuibile: "Kaiba" è un gioiello, arte pura, magari non al massimo livello, ma la differenza è minima.
Iniziamo col dire di cosa parla "Kaiba". Sarà scontato, ma il tema principale è la memoria e le sue ramificazioni in molti settori, passando da concetti riguardanti la sfera umana, come quella spirituale. Poi un altro aspetto che reputo secondario, ma interessantissimo lo stesso (più per il modo in cui è reso, in realtà), è l'analisi sociale. Si parla di analisi sociale e non di critica, perché l'autore qui impone delle condizioni iniziali, o se vogliamo al contorno, con conseguente risoluzione in base ad esse, proprio come in un problema di Cauchy. Non è un caso se ho tirato in ballo la matematica, perché in fin dei conti "Kaiba" è pur sempre una serie drammatica inondata di fantascienza, con gocce di cyberpunk, quindi è facile che si incontrino teorie matematiche o fisiche sull'evoluzione, e la matematica è alla base di tutte le conoscenze, tramite l'analisi, come lo stesso nome ci suggerisce. Dunque anche in "Kaiba" si affronta l'evoluzione del genere umano (?), ma questa è strettamente legata alla società e in particolare alla natura umana. Infatti la società corrompe ogni uomo e ogni uomo è in cerca di potere; una volta raggiunto il potere si costruiscono una torre e, per difendersi, o meglio negare agli altri di ottenere lo stesso trattamento, si erge una muraglia difensiva (praticamente è la nube/nuvole che elimina le memorie), perché il potere ti spinge a voler restare sempre al di sopra degli altri. Quindi i ricchi risiedono in questa sorta di paradiso, dove ovviamente si hanno privilegi, non accessibili a quelli del sottosuolo, e la cosa bella è che se provi a superare la barriera perdi la memoria, quindi molti andranno in loop e cadranno nell'eterno circolo fallimentare di cercare di superare le nuvole. Come vediamo, si ha un immagine pessimista della società e sembra che nulla possa cambiare ciò; però c'è chi può, colui che viene apparentemente descritto come un superuomo, Kaiba. Ma tornando alle condizioni iniziali, ossia l'essenza originaria dell'uomo, l'uomo non nasce avido, ma bensì benevolo. Tutto ciò è un'implicazione non esplicita ovviamente, ma è una mia interpretazione che trova sostegno (?) nel finale.
Per quanto riguarda il tema "memoria", i creatori si possono sbizzarrire nel modo più assoluto, dal momento in cui il tema offre svariate piste su cui correre, e devo dire che, anche se molte di queste piste sono per lo più già praticate da altri autori in precedenza, sono tutte percorse al massimo. Per citare alcune teorie: fin dall'inizio l'opera ci catapulta in un mondo tecnologicamente avanzato, ma la tecnologia è frutto dell'evoluzione forzata dalla società, quindi è un male, poiché la società stessa lo è diventata, almeno secondo gli abitanti sotto le nuvole, dove è possibile trasformare le memorie in dati e immagazzinarli. In questo modo è possibile superare i limiti del tempo per un uomo, ergo la capacità di morire, perdendo il contenitore (corpo fisico), ma mantenendo integra l'anima (la memoria). In tal modo si va incontro a una vita apparentemente eterna dove puoi fare shopping di corpi e trasferirti in quello che più ti aggrada, e infatti molti abitanti seguono la moda comprando un corpo da urlo all'ultima moda, indice della bassezza raggiunta dalle persone. In questo modo l'uomo sostituisce Dio o meglio non ne ha più bisogno? O è sempre stato l'uomo creatore di sé stesso? La serie lancia varie domande senza rispondere direttamente o scegliere un partito, ma ci offre una visione neutrale e distaccata del mondo, infatti non è un caso se la prima parte di "Kaiba" sembra ricalcare serie come "Kino no Tabi", ecc. Ovviamente l'alterazione della memoria, scambi di corpi e altre eventualità possibili sono illegali e punibili con la morte e la distruzione totale della memoria del soggetto, ovviamente non per gli abitanti del "paradiso".
Il protagonista Kaiba/Warp/Chroniko a seconda dei corpi, ma l'essenza è sempre la stessa, è un eroe/anti-eroe: infatti lui o esso (noi non diamo del lei al nostro Dio) appare come immortale, ma al tempo stesso Kaiba è l'essere più tormentato dell'anime, e così un altro tema importante, la natura umana, trova in Kaiba la massima espressione. Infatti si può parlare di conflitto interiore rappresentato dalla pianta Kaiba e il Kaiba nero. Il Kaiba nero rappresenta la manifestazione di tutti i ricordi negativi di cui Kaiba si è privato o, meglio, che ha escluso volontariamente perché incapace di sopportarli. Mentre la pianta Kaiba viene creata da Kaiba per porre fine al suo dolore, che è rappresentato principalmente dalla solitudine che lo porterà ad attuare il piano di unificazione delle memorie grazie alla pianta che mangerà tutti, e inglobando le memorie altrui formerà una sola in modo da vivere in compagnia!
Kaiba si sente vuoto e sempre di più, infatti il suo buco sul petto si allarga quando prova un odio maggiore, conseguente alla perdita assoluta di umanità. Tanto forte, onnipotente, immortale... eppure non ha nulla a parte Neiro, la sua ancora di salvezza. Grazie all'amore di Neiro e alla rivelazione sui veri intenti della madre, Kaiba riesce a riempire il vuoto interiore e spingere l'umanità a un nuovo inizio e quindi le stesse persone corrotte di prima ora saranno benevoli, rispettando la condizione iniziale già citata. Così termino la parte su alcuni simbolismi e metafore presenti nell'anime. Ovviamente questo è il mio pensiero, la realtà la conosce solo il Dio dell'opera, Yuasa o Kaiba!
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico siamo nelle mani di Madhouse e Yuasa: lo studio garantisce qualità e il regista offre arte. Dunque "Kaiba" fa dei suoi punti forti un'animazione sperimentale, con relativo character design simil-tezukiano, e la regia di Yuasa, oltre all'ottima colonna sonora e ai già citati contenuti, ma questi ultimi non bastano da soli a garantire l'immortalità a quest'opera, soprattutto perché, come già ho fatto notare, l'originalità non è proprio massima. Quindi, ciò che le fa da padrone assoluto è la forma, in altre parole relative all'anime in questione "è il corpo, non la memoria presa da altri anime e qui travasata, ad essere importante". Dunque Kaiba non sarebbe lo stesso senza il talento visionario di Yuasa e la sua bravura, sia per quanto riguarda le scene dinamiche sia per quelle statiche e di riflessione; per quanto mi riguarda trovo sia superiore quando si applica nelle scene dinamiche. L'inseguimento del primo episodio e tutto l'episodio finale ad esempio sono il pezzo forte del suo arsenale schierato in "Kaiba".
Un must per tutti gli amanti dell'animazione di nicchia.
Trattare il tema della memoria non è semplice; non è semplice, difatti, inoltrarsi in uno spazio tanto intimo e colpire lo spettatore, ma "Kaiba" ci riesce fin troppo bene. Oramai è quasi raro che io dia voti alti, ma qui non posso davvero esimermi, perché ciò che merita il massimo lo si riconosce di primo acchito.
Ciò che fa sì che "Kaiba" sia uno splendore è innanzitutto la grafica, che è la caratteristica che colpisce maggiormente nei primi momenti. Tutto pare gommoso, soffice, sperimentale, fanciullesco e colorato contemporaneamente. A parte un impianto sonoro diciamo modesto, anche per quanto riguarda le canzoni, si aggiungono una trama e una profondità quasi uniche. Pochi anime sono penetranti come "Kaiba", forse solo "Haibane Renmei" è stato più coinvolgente, per quanto riguarda me.
La storia, difatti, essendo narrata nel corso di poco meno di 9-10 puntate (le prime non la analizzano quasi per nulla), appare semplice, ma contorta contemporaneamente, più che altro perché fatta a pezzi e rivelata in modo abbastanza caotico, tranne nel finale, quando tutto viene messo al suo posto.
La prima parte di "Kaiba" inoltra lo spettatore in medias res, facendo sì che goda più che altro dell'ambientazione, di questo mondo quasi onirico, più che della trama, ancora non focalizzata. D'altronde il protagonista ufficiale è uno, ma ufficiosamente sono due, e il secondo non compare che nella seconda parte, pensate un po'.
In questa prima sezione gli sceneggiatori hanno deciso di rivolgere l'attenzione su un viaggio che il protagonista affronta, tra l'altro dandogli un corpo muto, quasi come se anche lui, come lo spettatore, fosse lì a guardare in modo attento. C'è da dire che è una sezione fantastica. A ogni episodio o quasi corrisponde una storia umana differente e tutte colpiscono nel profondo con la loro carica emotiva. Ciò che impressiona è la profonda umanità che il regista ha saputo imprimere a tutti, ancora più magistrale è il fatto che il lieto fine non è assolutamente contemplato.
Il mondo di "Kaiba" è triste, è pieno di sofferenza, come il nostro, forse come tutti i mondi, con pace di Leibniz, di conseguenza perché atteggiarsi a perbenisti? La sofferenza è impressa anche sulle storie che osserviamo. Morte, passato martellante, tristezza: nessuno scampa al suo triste fato in "Kaiba" e noi, come il protagonista, osserviamo tutto senza poter parlare, senza poter cambiare il corso degli avvenimenti. Non credo che potrò dimenticare Chroniko. Dubito che dimenticherò anche Vanilla. Tutti hanno la loro umanità, tutti alla fine cadono.
La seconda sezione comincia ad analizzare le vicende. Chi è Kaiba, chi è Neiro, chi è il Concordato che vuole abbattere la tirannide, cos'è questo mondo. È una bellissima parte, perché finalmente ci schiarisce le idee (seppur non al cento per cento, compreso un finale dubbio), ma non quanto la prima, che è molto più profonda.
Come dicevo, il tema delle memorie è in "Kaiba" fondamentale, perché viene immaginata l'invenzione di un metodo di salvataggio delle stesse e di trasporto di esse in un chip, cosa che teoricamente determina l'immortalità, qualora si abbia corpi "vergini" a sufficienza. Qui subentra il tema dell'ingiustizia sociale, della prepotenza dei ricchi, che però viene abbastanza velocemente messo da parte, anche perché le puntate sono solo 12 e tutto necessita del proprio spazio.
Altra cosa che ho gradito molto è l'attacco, o così l'ho inteso io, alla dicotomia manichea di tipo politico. Il Concordato, buono, da una parte, la tirannide, cattiva, dall'altra. Niente di più falso. Non esistono concetti assoluti, se non per i vincitori, di conseguenza nelle 12 puntate abbiamo la possibilità di comprendere come anche i cosiddetti buoni siano in realtà profondamente marci come il mondo e l'aria in cui vivono. D'altronde se non lo fossero non sarebbe normale e non il contrario.
Da guardare, necessariamente, perché sperimentale, perché profondo, perché con una storia d'amore tormentata, ma sobria, senza piagnistei alla "AnoHana".
Ciò che fa sì che "Kaiba" sia uno splendore è innanzitutto la grafica, che è la caratteristica che colpisce maggiormente nei primi momenti. Tutto pare gommoso, soffice, sperimentale, fanciullesco e colorato contemporaneamente. A parte un impianto sonoro diciamo modesto, anche per quanto riguarda le canzoni, si aggiungono una trama e una profondità quasi uniche. Pochi anime sono penetranti come "Kaiba", forse solo "Haibane Renmei" è stato più coinvolgente, per quanto riguarda me.
La storia, difatti, essendo narrata nel corso di poco meno di 9-10 puntate (le prime non la analizzano quasi per nulla), appare semplice, ma contorta contemporaneamente, più che altro perché fatta a pezzi e rivelata in modo abbastanza caotico, tranne nel finale, quando tutto viene messo al suo posto.
La prima parte di "Kaiba" inoltra lo spettatore in medias res, facendo sì che goda più che altro dell'ambientazione, di questo mondo quasi onirico, più che della trama, ancora non focalizzata. D'altronde il protagonista ufficiale è uno, ma ufficiosamente sono due, e il secondo non compare che nella seconda parte, pensate un po'.
In questa prima sezione gli sceneggiatori hanno deciso di rivolgere l'attenzione su un viaggio che il protagonista affronta, tra l'altro dandogli un corpo muto, quasi come se anche lui, come lo spettatore, fosse lì a guardare in modo attento. C'è da dire che è una sezione fantastica. A ogni episodio o quasi corrisponde una storia umana differente e tutte colpiscono nel profondo con la loro carica emotiva. Ciò che impressiona è la profonda umanità che il regista ha saputo imprimere a tutti, ancora più magistrale è il fatto che il lieto fine non è assolutamente contemplato.
Il mondo di "Kaiba" è triste, è pieno di sofferenza, come il nostro, forse come tutti i mondi, con pace di Leibniz, di conseguenza perché atteggiarsi a perbenisti? La sofferenza è impressa anche sulle storie che osserviamo. Morte, passato martellante, tristezza: nessuno scampa al suo triste fato in "Kaiba" e noi, come il protagonista, osserviamo tutto senza poter parlare, senza poter cambiare il corso degli avvenimenti. Non credo che potrò dimenticare Chroniko. Dubito che dimenticherò anche Vanilla. Tutti hanno la loro umanità, tutti alla fine cadono.
La seconda sezione comincia ad analizzare le vicende. Chi è Kaiba, chi è Neiro, chi è il Concordato che vuole abbattere la tirannide, cos'è questo mondo. È una bellissima parte, perché finalmente ci schiarisce le idee (seppur non al cento per cento, compreso un finale dubbio), ma non quanto la prima, che è molto più profonda.
Come dicevo, il tema delle memorie è in "Kaiba" fondamentale, perché viene immaginata l'invenzione di un metodo di salvataggio delle stesse e di trasporto di esse in un chip, cosa che teoricamente determina l'immortalità, qualora si abbia corpi "vergini" a sufficienza. Qui subentra il tema dell'ingiustizia sociale, della prepotenza dei ricchi, che però viene abbastanza velocemente messo da parte, anche perché le puntate sono solo 12 e tutto necessita del proprio spazio.
Altra cosa che ho gradito molto è l'attacco, o così l'ho inteso io, alla dicotomia manichea di tipo politico. Il Concordato, buono, da una parte, la tirannide, cattiva, dall'altra. Niente di più falso. Non esistono concetti assoluti, se non per i vincitori, di conseguenza nelle 12 puntate abbiamo la possibilità di comprendere come anche i cosiddetti buoni siano in realtà profondamente marci come il mondo e l'aria in cui vivono. D'altronde se non lo fossero non sarebbe normale e non il contrario.
Da guardare, necessariamente, perché sperimentale, perché profondo, perché con una storia d'amore tormentata, ma sobria, senza piagnistei alla "AnoHana".
"Kaiba" è una serie del 2008 prodotta dallo studio Madhouse e diretta da Masaaki Yuasa, regista del noto "The Tatami Galaxy".
Un inaspettato incipit in "medias res" ci catapulta in un mondo a noi totalmente sconosciuto e incomprensibile, di cui non conosciamo nulla e di cui nulla ci viene spiegato. L'assenza di una voce narrante esterna agli avvenimenti dona alla serie quel tocco di realismo che lascia in un primo momento confusi, smarriti, sensazioni che condividiamo con il protagonista stesso che, come lo spettatore, si ritrova precipitato in un mondo alieno e oscuro. Egli ha perduto infatti le sue memorie e, dimentico del suo passato, inizia un surreale e onirico viaggio alla ricerca di se stesso.
Lentamente si apre uno spiraglio di luce sulle fugaci ombre che ammantano i retroscena di questo assurdo mondo, delineando un'ambientazione futuristica, dalle reminiscenze cyberpunk, in cui emerge una società degradata e amorale, ove lo sviluppo tecnologico ha corrotto l'uomo, o forse sarebbe più corretto affermare ove l'uomo ha corrotto la tecnologia, sfruttandola per il proprio egoismo.
Il progresso ha raggiunto vertici inimmaginabili, riuscendo a sviluppare un processo in grado di convertire la memoria degli individui in dati informatici scissi dal corpo e trasmissibili mediante chip. L'essere umano, in questo modo, si proietta oltre se stesso e oltre il tempo, potendo mutare forma a piacimento e inoltre avendo l'opportunità di modificare i propri ricordi, rimuovendo quelli dolorosi e tragici del passato per costruirsi di fatto una realtà piacevole ma fittizia.
Si crea perciò un lucroso commercio di corpi e di chip di memoria in mano ai ricchi e ai potenti; la fascia di popolazione povera rimane reclusa nei bassifondi, impotente e indifesa dalle prepotenze e dai capricci degli strati sociali più elevati. Riserbando per dopo le considerazioni di carattere tecnico in merito alla realizzazione di tale ambientazione, accingiamoci ora a una breve disamina circa la strutturazione della trama.
Senza commettere grave empietà si può ragionevolmente affermare che "Kaiba" si divida grossomodo in due archi narrativi. Il primo, comprendente le prime sette puntate, si concentra maggiormente nel fugare i pesanti dubbi e le incertezze dello spettatore, e insieme del protagonista, circa l'ambiente e i personaggi che si incontrano, dando spazio così alle problematiche di natura etica e morale che emergono dalle varie vicende narrate. La ricerca delle memorie del protagonista viene dunque messa da parte per invece addentrarsi in una sorta di "viaggio" alla scoperta del mondo circostante, narrazione che in un certo qual modo ricorda vagamente quanto avviene in "Kino no Tabi". Il nostro eroe errabondo visita i più disparati luoghi e pianeti, in ognuno dei quali si troverà coinvolto, volente o nolente, nelle tragiche vicissitudini dei personaggi che incontra, vittime di una società corrotta e della crudeltà propria dell'uomo. Una triste malinconia pervade questa prima parte, nonostante la surreale grafica psichedelica si avverte intensamente il dramma dei personaggi, per merito di una poetica intensa e di una regia di grande classe ed efficacia. Le commoventi vicende in cui ci si trova coinvolti, brevi e drammatici squarci di una società degenerata e crudele, avvolgono ancor di più nel mistero la trama principale, presentando piccoli e sconcertanti frammenti rivelatori, i quali, essendo apparentemente scollegati fra loro, risultano indecifrabili e non permettono di potere far luce sull'intricato enigma del passato di Kaiba.
Spetta alla seconda parte il compito di ricostruire, grazie a un magistrale uso del flashback, l'insieme delle vicende e dei retroscena rimasti fino a quel momento celati, andando lentamente a ricomporre quest'immenso e complesso puzzle, mettendo gradualmente al loro posto tutti i pezzi di cui esso è composto.
La regia è qui intelligente e conduce, come già accennato, tale ricostruzione per gradi, dimodoché lo spettatore stesso si faccia partecipe e cerchi d'interpretare gli avvenimenti, aspettando il tassello successivo, che sveli finalmente la verità. La narrazione è continuamente spezzata da flashback e da flashforward, ma non si avvertono buchi di trama, tutte le informazioni vanno al loro posto fino all'apoteosi finale.
Proprio riguardo alla conclusione però, ho rilevato dei difetti che si sarebbero potuti evitare per rendere la trattazione del tutto maggiormente coerente con quanto mostrato in precedenza. Non perdono al regista l'aver voluto forzare un lieto fine non tanto nel messaggio, cosa peraltro azzeccata e ben realizzata, bensì per quanto riguarda i destini dei personaggi, il che rovina l'atmosfera drammatica che si era fino a quel punto delineata, volendo a tutti i costi concludere in modo totalmente positivo, fino all'ultimo fotogramma.
Dal punto di vista contenutistico a mio avviso si poteva fare di più. Gli spunti c'erano tutti per potersi addentrare in considerazioni escatologico-filosofiche riguardo la vita e la personalità degli individui, ma si è preferito concentrasi sulla storia, lasciando a chi guarda un'interpretazione delle tematiche, senza però approfondirle sufficientemente. Questo non è tuttavia un difetto grandemente rilevante poiché in fin dei conti la risultante si può fregiare di un certo spessore e profondità, dovuti in maggior parte alle atmosfere cupe e inquietanti e a una sceneggiatura matura e convincente.
Passiamo ora alle osservazioni in merito all'immaginifico repertorio grafico realizzato da Masaaki Yuasa, punta di diamante di quest'opera. La prima caratteristica che risalta in maniera preponderante agli occhi di chi guarda è senz'altro la stranissima realizzazione tecnica di questa serie. Un disegno essenziale, gretto, delinea figure e paesaggi onirici e deliranti, che sembrano partoriti da una mente visionaria e malata. Le animazioni sono curate e la regia si rivela fenomenale. Come già accennato in precedenza, nonostante la grafica psichedelica e surreale, che potrebbe porre una distanza incolmabile tra lo spettatore e le vicende narrate, traspare, come in una dolce poesia, il dramma dei personaggi, ognuno segnato da un infausto destino di solitudine e dolore.
I personaggi sono gommosi, caratterizzati da un disegno che potrebbe sembrare infantile ma che serba non poche sorprese.
Serie sperimentali come questa se ne vedono raramente nel mondo dell'animazione di oggi, "Kaiba" è un tentativo coraggioso dell'autore di realizzare qualcosa di completamente fuori dagli schemi e dai gusti del grande pubblico.
Pervenendo infine alla conclusione della recensione, non posso che consigliare questa serie a coloro i quali non disdegnano le opere di nicchia e che riescono a vedere un po' più in là dell'apparenza, cercando di cogliere gli spunti e le riflessioni che un'opera vuole donare al proprio pubblico. Alla faccia di chi afferma che l'animazione è una forma artistica inferiore che poco ha da offrire.
Voto: 8.
Un inaspettato incipit in "medias res" ci catapulta in un mondo a noi totalmente sconosciuto e incomprensibile, di cui non conosciamo nulla e di cui nulla ci viene spiegato. L'assenza di una voce narrante esterna agli avvenimenti dona alla serie quel tocco di realismo che lascia in un primo momento confusi, smarriti, sensazioni che condividiamo con il protagonista stesso che, come lo spettatore, si ritrova precipitato in un mondo alieno e oscuro. Egli ha perduto infatti le sue memorie e, dimentico del suo passato, inizia un surreale e onirico viaggio alla ricerca di se stesso.
Lentamente si apre uno spiraglio di luce sulle fugaci ombre che ammantano i retroscena di questo assurdo mondo, delineando un'ambientazione futuristica, dalle reminiscenze cyberpunk, in cui emerge una società degradata e amorale, ove lo sviluppo tecnologico ha corrotto l'uomo, o forse sarebbe più corretto affermare ove l'uomo ha corrotto la tecnologia, sfruttandola per il proprio egoismo.
Il progresso ha raggiunto vertici inimmaginabili, riuscendo a sviluppare un processo in grado di convertire la memoria degli individui in dati informatici scissi dal corpo e trasmissibili mediante chip. L'essere umano, in questo modo, si proietta oltre se stesso e oltre il tempo, potendo mutare forma a piacimento e inoltre avendo l'opportunità di modificare i propri ricordi, rimuovendo quelli dolorosi e tragici del passato per costruirsi di fatto una realtà piacevole ma fittizia.
Si crea perciò un lucroso commercio di corpi e di chip di memoria in mano ai ricchi e ai potenti; la fascia di popolazione povera rimane reclusa nei bassifondi, impotente e indifesa dalle prepotenze e dai capricci degli strati sociali più elevati. Riserbando per dopo le considerazioni di carattere tecnico in merito alla realizzazione di tale ambientazione, accingiamoci ora a una breve disamina circa la strutturazione della trama.
Senza commettere grave empietà si può ragionevolmente affermare che "Kaiba" si divida grossomodo in due archi narrativi. Il primo, comprendente le prime sette puntate, si concentra maggiormente nel fugare i pesanti dubbi e le incertezze dello spettatore, e insieme del protagonista, circa l'ambiente e i personaggi che si incontrano, dando spazio così alle problematiche di natura etica e morale che emergono dalle varie vicende narrate. La ricerca delle memorie del protagonista viene dunque messa da parte per invece addentrarsi in una sorta di "viaggio" alla scoperta del mondo circostante, narrazione che in un certo qual modo ricorda vagamente quanto avviene in "Kino no Tabi". Il nostro eroe errabondo visita i più disparati luoghi e pianeti, in ognuno dei quali si troverà coinvolto, volente o nolente, nelle tragiche vicissitudini dei personaggi che incontra, vittime di una società corrotta e della crudeltà propria dell'uomo. Una triste malinconia pervade questa prima parte, nonostante la surreale grafica psichedelica si avverte intensamente il dramma dei personaggi, per merito di una poetica intensa e di una regia di grande classe ed efficacia. Le commoventi vicende in cui ci si trova coinvolti, brevi e drammatici squarci di una società degenerata e crudele, avvolgono ancor di più nel mistero la trama principale, presentando piccoli e sconcertanti frammenti rivelatori, i quali, essendo apparentemente scollegati fra loro, risultano indecifrabili e non permettono di potere far luce sull'intricato enigma del passato di Kaiba.
Spetta alla seconda parte il compito di ricostruire, grazie a un magistrale uso del flashback, l'insieme delle vicende e dei retroscena rimasti fino a quel momento celati, andando lentamente a ricomporre quest'immenso e complesso puzzle, mettendo gradualmente al loro posto tutti i pezzi di cui esso è composto.
La regia è qui intelligente e conduce, come già accennato, tale ricostruzione per gradi, dimodoché lo spettatore stesso si faccia partecipe e cerchi d'interpretare gli avvenimenti, aspettando il tassello successivo, che sveli finalmente la verità. La narrazione è continuamente spezzata da flashback e da flashforward, ma non si avvertono buchi di trama, tutte le informazioni vanno al loro posto fino all'apoteosi finale.
Proprio riguardo alla conclusione però, ho rilevato dei difetti che si sarebbero potuti evitare per rendere la trattazione del tutto maggiormente coerente con quanto mostrato in precedenza. Non perdono al regista l'aver voluto forzare un lieto fine non tanto nel messaggio, cosa peraltro azzeccata e ben realizzata, bensì per quanto riguarda i destini dei personaggi, il che rovina l'atmosfera drammatica che si era fino a quel punto delineata, volendo a tutti i costi concludere in modo totalmente positivo, fino all'ultimo fotogramma.
Dal punto di vista contenutistico a mio avviso si poteva fare di più. Gli spunti c'erano tutti per potersi addentrare in considerazioni escatologico-filosofiche riguardo la vita e la personalità degli individui, ma si è preferito concentrasi sulla storia, lasciando a chi guarda un'interpretazione delle tematiche, senza però approfondirle sufficientemente. Questo non è tuttavia un difetto grandemente rilevante poiché in fin dei conti la risultante si può fregiare di un certo spessore e profondità, dovuti in maggior parte alle atmosfere cupe e inquietanti e a una sceneggiatura matura e convincente.
Passiamo ora alle osservazioni in merito all'immaginifico repertorio grafico realizzato da Masaaki Yuasa, punta di diamante di quest'opera. La prima caratteristica che risalta in maniera preponderante agli occhi di chi guarda è senz'altro la stranissima realizzazione tecnica di questa serie. Un disegno essenziale, gretto, delinea figure e paesaggi onirici e deliranti, che sembrano partoriti da una mente visionaria e malata. Le animazioni sono curate e la regia si rivela fenomenale. Come già accennato in precedenza, nonostante la grafica psichedelica e surreale, che potrebbe porre una distanza incolmabile tra lo spettatore e le vicende narrate, traspare, come in una dolce poesia, il dramma dei personaggi, ognuno segnato da un infausto destino di solitudine e dolore.
I personaggi sono gommosi, caratterizzati da un disegno che potrebbe sembrare infantile ma che serba non poche sorprese.
Serie sperimentali come questa se ne vedono raramente nel mondo dell'animazione di oggi, "Kaiba" è un tentativo coraggioso dell'autore di realizzare qualcosa di completamente fuori dagli schemi e dai gusti del grande pubblico.
Pervenendo infine alla conclusione della recensione, non posso che consigliare questa serie a coloro i quali non disdegnano le opere di nicchia e che riescono a vedere un po' più in là dell'apparenza, cercando di cogliere gli spunti e le riflessioni che un'opera vuole donare al proprio pubblico. Alla faccia di chi afferma che l'animazione è una forma artistica inferiore che poco ha da offrire.
Voto: 8.
E' sbagliato ritenere che in un'opera l'importanza del contenuto sia maggiore rispetto a quella della forma - soprattutto in casi come <i>Kaiba</i>, in cui una storia che, pur non essendo di per sé innovativa, ma che anzi può perfino sapere di già visto, viene magnificamente sorretta e potenziata dall'estetica e dalla poetica del suo creatore, tale Maasaki Yuasa. Un nome senz'altro noto a chi ama la filmografia anime più sperimentale e progressista, basti contare la regia degli apprezzati <i>Mind Game</i> e <i>The Tatami Galaxy</i>, e che ancora una volta ha saputo orchestrare una vicenda, un mondo, un viaggio onirico che, pur essendo legato a modelli anteriori, brilla intensamente di luce propria.
Quali sono questi modelli a cui <i>Kaiba</i> si rifà? In primis c'è il cyberpunk e le sue analisi del rapporto uomo-tecnologia, qui concretizzato nella possibilità di registrare le memorie delle persone, separarle dall'organismo e di potere agire su di esse, duplicandole, falsificandole e immettendole in nuovi corpi. C'è poi l'influenza della fantascienza post-apocalittica, particolarmente evidente nel vorticoso finale, dove sconvolgimenti ambientali pirotecnici e immani fanno da sfondo a una resa dei conti attuata sia sul piano individuale dei personaggi sia sui loro rapporti. Ultimo ma non meno importante, si può notare come la figura del protagonista ricalchi lo stereotipo dell'eroe/antieroe misterioso e tormentato che attuerà un percorso di crescita e consapevolezza, anche grazie all'amore, a seguito di un'amnesia - niente di nuovo, insomma.
In questa serie però c'è di molto di più rispetto a semplici rimandi narrativi e concettuali: soprattutto c'è tutto il talento registico di Yuasa, capace di dare nuova linfa alla materia con il suo stile teso, stralunato e visionario, ma non per questo privo di logica e profondità. Fin da subito colpisce lo stile grafico davvero peculiare, esaltante nella sua semplicità di stile, fatto di disegni gommosi, caricaturali e molto "cartooneschi", di ambientazioni labirintiche, visionarie e minimali, di animazioni compatte, nonché di una regia che praticamente non sbaglia un colpo, coinvolgente e ricercata tanto nelle scene dinamiche quanto in quelle statiche.
Il tutto è poi sottolineato da una colonna sonora assolutamente pertinente e molto emozionale, ora dolce e atmosferica, ora scheletrica e incisiva.
A prima vista, con questo aspetto così particolare, <i>Kaiba</i> potrebbe sembrare una serie tutto sommato puerile, o comunque adatta a un target universale, ma basta poco per comprendere come questa estetica dai toni tutto sommato rassicuranti celi risvolti molto più drammatici. Al di sotto dell'apparenza bonaria, i personaggi di quest'anime non sono piatti e statici, ma intrisi di una tristezza e una tragicità esistenziale a volte deflagranti: ognuno di essi vive nel dolore, nell'incertezza, nella rimozione delle più intime paure, viene sconquassato da traumi passati e delusioni annichilenti, fantasmi che non tutti, a serie conclusa, saranno riusciti a superare.
Il bello di <i>Kaiba</i> sta proprio nel saper offrire un prodotto che, pur senza essere radicalmente originale, ha una potenza emozionale davvero intensa, sa offrire drammi veri, riflessioni penetranti e personaggi completi pur se non tratteggiati in maniera maniacale. Non da trascurare, sotto questo punto di vista, è l'intreccio della trama, sapientemente elaborato e direttamente allacciato alla tematica principe della serie: la memoria.
All'inizio, come per molti dei personaggi, non si sa nulla, o per meglio dire, si crede di saperlo; piano piano emergono poi visioni, ricordi che non riescono a trovare una collocazione nel vissuto dei personaggi - nel tessuto narrativo, per gli spettatori -, e che successivamente vengono ritrovati nella loro interezza e verranno poi affrontati in maniera sistematica. Tutto questo è magnificamente reso da un abile gioco di flashback, digressioni e anticipazioni, a volte tanto machiavellico da confondere lo spettatore. Gli elementi per la comprensione della serie però vengono forniti tutti, non ci sono buchi nella trama, né tanto meno riempitivi. C'è però una sezione di episodi, nella prima parte della serie, in cui il tempo della storia rallenta notevolmente, permettendo di dedicare spazio ai personaggi incontrati dal protagonista all'inizio del suo percorso di ritrovamento di sé: non sono affatto meri episodi allunga-brodo, anzi permettono di dare una prima stesura alle problematiche della serie, secondo un punto di vista esterno al protagonista, ricordando in un certo senso <i>Kino no Tabi</i>.
Il risultato, per via della sua stranezza, può non piacere a tutti, ma, da amante delle sperimentazioni e delle serie fantascientifiche in generale, ho trovato <i>Kaiba</i> un prodotto di gran classe, consapevole e pieno di trasporto emotivo, senza dubbio una delle serie più interessanti degli ultimi anni, ennesima prova di quanto Yuasa, al dì la delle bizzarrie registiche e dell'enfasi visiva, sappia veramente suscitare qualcosa negli spettatori. Alla faccia di chi dice che l'animazione non abbia più nulla da dire.
Quali sono questi modelli a cui <i>Kaiba</i> si rifà? In primis c'è il cyberpunk e le sue analisi del rapporto uomo-tecnologia, qui concretizzato nella possibilità di registrare le memorie delle persone, separarle dall'organismo e di potere agire su di esse, duplicandole, falsificandole e immettendole in nuovi corpi. C'è poi l'influenza della fantascienza post-apocalittica, particolarmente evidente nel vorticoso finale, dove sconvolgimenti ambientali pirotecnici e immani fanno da sfondo a una resa dei conti attuata sia sul piano individuale dei personaggi sia sui loro rapporti. Ultimo ma non meno importante, si può notare come la figura del protagonista ricalchi lo stereotipo dell'eroe/antieroe misterioso e tormentato che attuerà un percorso di crescita e consapevolezza, anche grazie all'amore, a seguito di un'amnesia - niente di nuovo, insomma.
In questa serie però c'è di molto di più rispetto a semplici rimandi narrativi e concettuali: soprattutto c'è tutto il talento registico di Yuasa, capace di dare nuova linfa alla materia con il suo stile teso, stralunato e visionario, ma non per questo privo di logica e profondità. Fin da subito colpisce lo stile grafico davvero peculiare, esaltante nella sua semplicità di stile, fatto di disegni gommosi, caricaturali e molto "cartooneschi", di ambientazioni labirintiche, visionarie e minimali, di animazioni compatte, nonché di una regia che praticamente non sbaglia un colpo, coinvolgente e ricercata tanto nelle scene dinamiche quanto in quelle statiche.
Il tutto è poi sottolineato da una colonna sonora assolutamente pertinente e molto emozionale, ora dolce e atmosferica, ora scheletrica e incisiva.
A prima vista, con questo aspetto così particolare, <i>Kaiba</i> potrebbe sembrare una serie tutto sommato puerile, o comunque adatta a un target universale, ma basta poco per comprendere come questa estetica dai toni tutto sommato rassicuranti celi risvolti molto più drammatici. Al di sotto dell'apparenza bonaria, i personaggi di quest'anime non sono piatti e statici, ma intrisi di una tristezza e una tragicità esistenziale a volte deflagranti: ognuno di essi vive nel dolore, nell'incertezza, nella rimozione delle più intime paure, viene sconquassato da traumi passati e delusioni annichilenti, fantasmi che non tutti, a serie conclusa, saranno riusciti a superare.
Il bello di <i>Kaiba</i> sta proprio nel saper offrire un prodotto che, pur senza essere radicalmente originale, ha una potenza emozionale davvero intensa, sa offrire drammi veri, riflessioni penetranti e personaggi completi pur se non tratteggiati in maniera maniacale. Non da trascurare, sotto questo punto di vista, è l'intreccio della trama, sapientemente elaborato e direttamente allacciato alla tematica principe della serie: la memoria.
All'inizio, come per molti dei personaggi, non si sa nulla, o per meglio dire, si crede di saperlo; piano piano emergono poi visioni, ricordi che non riescono a trovare una collocazione nel vissuto dei personaggi - nel tessuto narrativo, per gli spettatori -, e che successivamente vengono ritrovati nella loro interezza e verranno poi affrontati in maniera sistematica. Tutto questo è magnificamente reso da un abile gioco di flashback, digressioni e anticipazioni, a volte tanto machiavellico da confondere lo spettatore. Gli elementi per la comprensione della serie però vengono forniti tutti, non ci sono buchi nella trama, né tanto meno riempitivi. C'è però una sezione di episodi, nella prima parte della serie, in cui il tempo della storia rallenta notevolmente, permettendo di dedicare spazio ai personaggi incontrati dal protagonista all'inizio del suo percorso di ritrovamento di sé: non sono affatto meri episodi allunga-brodo, anzi permettono di dare una prima stesura alle problematiche della serie, secondo un punto di vista esterno al protagonista, ricordando in un certo senso <i>Kino no Tabi</i>.
Il risultato, per via della sua stranezza, può non piacere a tutti, ma, da amante delle sperimentazioni e delle serie fantascientifiche in generale, ho trovato <i>Kaiba</i> un prodotto di gran classe, consapevole e pieno di trasporto emotivo, senza dubbio una delle serie più interessanti degli ultimi anni, ennesima prova di quanto Yuasa, al dì la delle bizzarrie registiche e dell'enfasi visiva, sappia veramente suscitare qualcosa negli spettatori. Alla faccia di chi dice che l'animazione non abbia più nulla da dire.
Ci sono anime che purtroppo passano inosservati. Un po' perché la produzione animata Giapponese è anche troppo vasta, e un po' per colpa di noi appassionati che non divulghiamo abbastanza le opere autoriali come questa. Kaiba è una creatura partorita dalla mente folle e geniale di Masaaki Yuasa (MindGames) composta da 12 episodi, tra fantascienza e psicologia.
Nel mondo crudele rappresentato in Kaiba, le memorie delle persone possono essere estratte, inserite in chip e immesse in altri corpi, e quasi sempre, trattandosi solo dei ricchi che possono permettersi di usufruire di questa tecnologia e comprare nuovi ricordi, tutto va a discapito dei più poveri e deboli.
Quello che balza agli occhi sin dal primo sguardo sono i disegni, estremamente elementari ma elegantissimi, ed evidentemente ispirati a Tezuka; ma quello che mi ha colpito di più di quest'anime è l'infinita dolcezza con cui tratta tematiche molto forti e crude.
Yuasa illumina la sceneggiatura, con i primi 6 episodi descrive l'universo di Kaiba, mentre i secondi 6 sono introspettivi, analitici, e onirici.
Kaiba è stato molto apprezzato al Future Film Festival 2008; in attesa che qualche nostra casa distributrice ne compri i diritti - non ci spero troppo.
Nel mondo crudele rappresentato in Kaiba, le memorie delle persone possono essere estratte, inserite in chip e immesse in altri corpi, e quasi sempre, trattandosi solo dei ricchi che possono permettersi di usufruire di questa tecnologia e comprare nuovi ricordi, tutto va a discapito dei più poveri e deboli.
Quello che balza agli occhi sin dal primo sguardo sono i disegni, estremamente elementari ma elegantissimi, ed evidentemente ispirati a Tezuka; ma quello che mi ha colpito di più di quest'anime è l'infinita dolcezza con cui tratta tematiche molto forti e crude.
Yuasa illumina la sceneggiatura, con i primi 6 episodi descrive l'universo di Kaiba, mentre i secondi 6 sono introspettivi, analitici, e onirici.
Kaiba è stato molto apprezzato al Future Film Festival 2008; in attesa che qualche nostra casa distributrice ne compri i diritti - non ci spero troppo.
Piccola meraviglia, disegni non convenzionali e trama di tutto rispetto. Un anime onirico, qualcuno lo potrebbe vedere decisamente orientato ad un pubblico adulto, per la trama ed a volte la forza degli argomenti trattati.
Io vedo invece una profondità notevole, una rara forza comunicativa che arriva attraverso più livelli di interpretazione. Si tratta di qualcosa che possono vedere anche i bambini, insomma, magari con un adulto a fianco.
Un capolavoro, mai banale, leggero e pesantissimo. Fatto della materia e delle regole di cui sono fatti i sogni, e gli incubi. Assolutamente nulla di innocuo. Un 10 meritato, motivato dal rispetto per un lavoro senza tempo, capace di emozionare davvero usando null'altro che l'Animazione con la A maiuscola.
Io vedo invece una profondità notevole, una rara forza comunicativa che arriva attraverso più livelli di interpretazione. Si tratta di qualcosa che possono vedere anche i bambini, insomma, magari con un adulto a fianco.
Un capolavoro, mai banale, leggero e pesantissimo. Fatto della materia e delle regole di cui sono fatti i sogni, e gli incubi. Assolutamente nulla di innocuo. Un 10 meritato, motivato dal rispetto per un lavoro senza tempo, capace di emozionare davvero usando null'altro che l'Animazione con la A maiuscola.
Una delle serie più belle ed originali che abbia mai visto. Nel suo mondo fantastico (raramente ho visto mondi tanto... fantastici) l'anima delle persone può essere trasferita da un corpo ad un altro con estrema facilità. Già il fatto che il protagonista cambi aspetto da una puntata all'altra rende questo cartone unico (io le adoro, le cose... uniche). Le vicende narrate hanno spesso connotazioni davvero tragiche ma ricche di riflessioni su cosa significhino i termini di IDENTITA', SOLITUDINE, RELAZIONE, SENSO DELLA VITA... in questo, Kaiba può essere accomunato a capolavori assoluti come Kino no Tabi Mushishi. Quanto detto basterebbe a dare un bel nove alla serie... Il 10 però se lo merita per lo stupefacente progetto grafico che non assomiglia a nulla in circolazione... almeno negli ultimi 50 anni: come già scritto da altri, il paragone più simile potrebbe essere l'antico Astroboy, miscelato con una buona dose dei fumetti classici francesi del primo Novecento e le più moderne e raffinate illustrazioni per bambini. Per me questa serie è un CAPOLAVORO proprio grazie alla discrepanza tra l'impronta filosofica e drammatica della storia coi disegni nitidi ed innocenti che la caratterizzano (quando, di innocente, questa favola non ha proprio NIENTE: richiedesi pubblico maturo, please).
Kaiba è continuo stupore per gli occhi e incessanti domande per il cuore. Guardatelo e vivetevelo.
[email protected]
Kaiba è continuo stupore per gli occhi e incessanti domande per il cuore. Guardatelo e vivetevelo.
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A chi potrebbe piacere Kaiba?
Se cercate un anime dall’impatto grafico non convenzionale, una trama articolata e un po’ di tenerezza, non perdetevelo.
Le immagini, psichedeliche nelle forme, fluttuano davanti agli occhi dello spettatore ed evocano (ahimè per i più maturi) immagini di vecchi anime visti da piccoli, primo tra tutti Astro Boy. Questa idea di infanzia è confermata dall’aspetto dei protagonisti. Ma è tutt’altro che un anime per bambini. Kaiba è, infatti, la storia metafisica di un universo in declino che, per il benessere perverso di pochi, sfrutta una particolare risorsa umana, la memoria. Riuscendo a separare il corpo dalla mente, si avviano pratiche di vendita di corpi e trasferimenti di ricordi che vanno a intrecciare la trama di questo anime. Il protagonista ha smarrito i suoi ricordi e intraprende un viaggio nei mondi di questo futuristico universo per ritrovarsi.
Se fate parte della schiera dei famelici divoratori di anime, ma dal fine gusto degli “assaporatori”, guardatelo.
Se cercate un anime dall’impatto grafico non convenzionale, una trama articolata e un po’ di tenerezza, non perdetevelo.
Le immagini, psichedeliche nelle forme, fluttuano davanti agli occhi dello spettatore ed evocano (ahimè per i più maturi) immagini di vecchi anime visti da piccoli, primo tra tutti Astro Boy. Questa idea di infanzia è confermata dall’aspetto dei protagonisti. Ma è tutt’altro che un anime per bambini. Kaiba è, infatti, la storia metafisica di un universo in declino che, per il benessere perverso di pochi, sfrutta una particolare risorsa umana, la memoria. Riuscendo a separare il corpo dalla mente, si avviano pratiche di vendita di corpi e trasferimenti di ricordi che vanno a intrecciare la trama di questo anime. Il protagonista ha smarrito i suoi ricordi e intraprende un viaggio nei mondi di questo futuristico universo per ritrovarsi.
Se fate parte della schiera dei famelici divoratori di anime, ma dal fine gusto degli “assaporatori”, guardatelo.
Nel mondo di "Kaiba" è possibile trasferire la propria memoria ed i propri ricordi da un corpo all'altro salvandoli in una piccola scheda di forma conica . Questa tecnologia apre le porte ad infinite possibilità, come scegliere il corpo che più soddisfa i gusti di una persona, trasferire la memoria di un corpo malato in uno sano, , addirittura scampare alla morte. E in una continua ricerca di corpi nuovi, i ricchi non badano a spese per comprare i corpi più belli, mentre i poveri arrivano addirittura a vendere i propri corpi e quelli dei propri familiari per andare avanti. Questa differenza di possibilità è accentuata anche dalla struttura delle città, in cui i poveri abitano nei bassifondi, mentre i ricchi in alti palazzi, separati tra loro da una perenne coltre di nuvole.
In questo mondo si risveglia il protagonista di questa storia, con un buco sul petto, uno strano disegno sullo stomaco e soprattutto privo di memoria, in un mondo in cui la memoria è virtualmente immortale. Unico possibile indizio per sapere chi sia, un medaglione con la foto sfocata di una ragazza.
Questa a grandi linee è la trama di Kaiba.
Note Tecniche:
Quello che sicuramente salta agli occhi guardando questo anime è la realizzazione grafica e e il character design. Il tratto ricorda molto quello degli anime anni 60, in particolar modo quello di Osamu Tezuka. Le animazioni seguono la stessa traccia, risultando semplici, cosa assolutamente non negativa. Quasi nullo l'utilizzo della CG, e nei pochissimi casi in cui è stata utilizzata, integrata benissimo. I colori, dalle tinte tenui e delicate, creano un'atmosfera quasi di spensieratezza, che però va in contrasto con le tematiche decisamente adulte e a volte cupe della storia. Le musiche seguono perfettamente lo svolgersi della storia, sottolineando adeguatamente ogni scena, si tratti di una d'azione o introspettiva. Degne di ulteriore nota sono le due sigle, iniziale, "Never", e finale, "Carry Me Away", cantate da Seira, che sono di un'intensità e di una dolcezza uniche.
Note Personali:
Sicuramente una delle migliori serie che abbia visto negli ultimi tempi, sia come realizzazione grafica che come storia. Dico come realizzazione grafica perché nonostante possa risultare povera e scarna, l'Ho travata affascinante e oltre il solito concetto di "semplice e/è carino". Sono rimasto inoltre affascinato dal magnifico contrasto che viene a crearsi tra ciò che si vede, semplice appunto e apparentemente infantile, e ciò che si racconta, maturo e profondo. Le chiavi di lettura per questo anime possono essere molteplici, dalla differenza che c'è tra l'essere e l'apparire, all'importanza della propria individualità all'interno della massa, all'oppressione della solitudine e alla necessità dei rapporti interpersonali.
Consiglio questo anime a chiunque abbia voglia di un qualcosa di diverso, che sappia andare oltre le prime impressioni (visive) e cerchi una trama solida e matura.
In questo mondo si risveglia il protagonista di questa storia, con un buco sul petto, uno strano disegno sullo stomaco e soprattutto privo di memoria, in un mondo in cui la memoria è virtualmente immortale. Unico possibile indizio per sapere chi sia, un medaglione con la foto sfocata di una ragazza.
Questa a grandi linee è la trama di Kaiba.
Note Tecniche:
Quello che sicuramente salta agli occhi guardando questo anime è la realizzazione grafica e e il character design. Il tratto ricorda molto quello degli anime anni 60, in particolar modo quello di Osamu Tezuka. Le animazioni seguono la stessa traccia, risultando semplici, cosa assolutamente non negativa. Quasi nullo l'utilizzo della CG, e nei pochissimi casi in cui è stata utilizzata, integrata benissimo. I colori, dalle tinte tenui e delicate, creano un'atmosfera quasi di spensieratezza, che però va in contrasto con le tematiche decisamente adulte e a volte cupe della storia. Le musiche seguono perfettamente lo svolgersi della storia, sottolineando adeguatamente ogni scena, si tratti di una d'azione o introspettiva. Degne di ulteriore nota sono le due sigle, iniziale, "Never", e finale, "Carry Me Away", cantate da Seira, che sono di un'intensità e di una dolcezza uniche.
Note Personali:
Sicuramente una delle migliori serie che abbia visto negli ultimi tempi, sia come realizzazione grafica che come storia. Dico come realizzazione grafica perché nonostante possa risultare povera e scarna, l'Ho travata affascinante e oltre il solito concetto di "semplice e/è carino". Sono rimasto inoltre affascinato dal magnifico contrasto che viene a crearsi tra ciò che si vede, semplice appunto e apparentemente infantile, e ciò che si racconta, maturo e profondo. Le chiavi di lettura per questo anime possono essere molteplici, dalla differenza che c'è tra l'essere e l'apparire, all'importanza della propria individualità all'interno della massa, all'oppressione della solitudine e alla necessità dei rapporti interpersonali.
Consiglio questo anime a chiunque abbia voglia di un qualcosa di diverso, che sappia andare oltre le prime impressioni (visive) e cerchi una trama solida e matura.