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esseci

Episodi visti: 22/22 --- Voto 8
“Nelle famiglie non esistono segreti, ma solo dei patti dolorosi, a volte miserabili, a volte irrinunciabili, dei «non detti». E nei non detti ci sono le verità profonde, le crisi, la lotta tra bene e male, l'origine delle relazioni e di tutti i traumi.” (M. Desiati - "Spatriati")

La visione della serie "3月のライオン, Sangatsu no Lion" ("March Come in Like a Lion" o "Un marzo da leoni" - pessima traduzione in italiano, ndr.), mi ha sorpreso in positivo per la forte connotazione introspettiva dei suoi personaggi, e in particolare del protagonista della serie: Rei Kiriyama.
Tratto dall'omonimo manga di Chika Umino iniziato nel 2007 e ancora in corso (ad oggi consta di diciassette volumi), questa prima serie denota una sensibilità poetica non comune nella narrazione di una serie di situazioni di vita dei personaggi calati in una atmosfera malinconica e intima.

Essendo basata sull'introspezione dei sentimenti e dei pensieri dei personaggi, con particolare attenzione a quelli di Rei (il ragazzo giocatore professionista di shogi), la serie ha un incedere lento e un ritmo compassato (in senso lato, lento...), concentrata sui dettagli, la comunicazione non verbale. In un certo senso, per lo stile la posso paragonare come stile visivo a "Liz e l'uccellino azzurro", molto metaforico e indiretto: ho sempre apprezzato quei frangenti degli episodi in cui il protagonista, con o senza gli altri personaggi e protagonisti della serie, si ritrova lungo il fiume che divide il quartiere dove risiede da quello in cui si trova la casa delle sorelle Kawamoto, e poi attraversa il ponte sul fiume che collega le due sponde per raggiungerle, per trovare sollievo e rifugio dai suoi demoni, una sorta di "traghetto" che gli consente il passaggio dalla solitudine al caldo abbraccio di persone che gli vogliono bene e lo comprendono per quello che è e non per quello che vorrebbero che lui sia.

Dalle tre sorelle Kawamoto Rei ritrova tutto ciò di cui la vita lo ha privato per la solita disgrazia vissuta in tenera età. Ma è una disgrazia che potrebbe aver vissuto ciascuno di noi (la perdita di entrambi i genitori e della sorellina, e non chissà quale 'psicodrammone' costruito ad arte per esigenze di trama), e pertanto Rei può sentirsi accettato, coccolato, "compreso", ossia tutto ciò che nella famiglia adottiva non è riuscito a trovare e che alla fine lo ha costretto a prendere la decisione di provare a vivere da solo, sostenendosi con i proventi guadagnati dal professionismo nel gioco dello shogi.

"Un marzo da leoni" a me è sembrato un "inno" alla famiglia attraverso il coming of age dei vari personaggi, e in particolare di Rei, e anche il gioco dello shogi. Aspetto che ho particolarmente apprezzato, in quanto temevo che la serie potesse invece prendere la piega del classico spokon in cui la parte dei tornei e delle sfide potesse prendere il sopravvento sulla trama e le interazioni tra i vari personaggi, lasciando in evidenza solo il classico aspetto della competizione e della crescita delle abilità attraverso il duro allenamento, anche se si è dotati di particolare talento e attitudine in una determinata disciplina sportiva.

Ad onor del vero, anche in questa serie, soprattutto verso la parte finale, sia i tornei sia la rivalità con l'avversario e poi amico Harunobu Nikaidō prendono un po' il sopravvento, facendo un po' perdere la connotazione più introspettiva iniziale, ma tutto sommato ritengo che il compromesso sia ancora accettabile e sopportabile per i miei gusti, al netto di un po' di puerili ingenuità che alleggeriscono il clima della narrazione (alludo al ruolo dei vari gatti) e a qualche 'spiegone' sullo shogi che accetto di buon grado per conoscenza culturale, trattandosi di una disciplina che non mi ha più di tanto coinvolto e interessato a livello personale.

Rispetto alle serie di "Chihayafuru" (tre serie anime e un OAV sul gioco dell'uta-karuta - gioco di carte tradizionale basato sulla lettura delle cento poesie - disciplina più di nicchia rispetto allo shogi), "Un marzo da leoni" è a mio modesto avviso su un altro livello, pur basandosi su un gioco-disciplina sempre tipicamente nipponico, e quindi un po' di nicchia rispetto a sport più "universali" a livello di conoscenza e diffusione a livello planetario. Per il protagonista Rei, il gioco dello shogi non è una semplice esplicazione del suo innato talento nel gioco, ma un modo per affermare sé stesso e crescere in una sorta di parallelismo tra le vittorie e il superamento della profonda crisi esistenziale in cui versa.

Senza appesantire la recensione, inserisco il link a un articolo molto interessante sullo shogi e la cucina giapponese comparso qualche tempo fa sul sito di AnimeClick.it ("Come lo Shogi può intrecciarsi con il cibo e la vita quotidiana giapponese" - https://www.animeclick.it/news/98585-come-lo-shogi-puo-intrecciarsi-con-il-cibo-e-la-vita-quotidiana-giapponese) e che parte proprio dalle immagini e dagli spunti proposti da "Un marzo da leoni", per comprendere meglio certe scene dell'anime e il gioco.

In apparenza, "Un marzo da leoni" potrebbe sembrare per i temi trattati e l'atmosfera generale una serie incentrata sulla solitudine, la depressione, i rimpianti e i rimorsi, ma anche sulla critica un po' velata alla famiglia "giapponese", in cui le troppe aspettative incutono la paura di deludere le figure di riferimento, diventando quasi l'ossessione di coloro che le subiscono e che reagiscono con la fuga e la crisi interiore. Rei e la sua situazione familiare sono esemplari in tal senso.

Tuttavia, l'anime fornisce anche una "exit strategy", una soluzione tanto semplice e banale quanto difficile da attuare, che è quella dell'amore "agapico" dell'esempio delle tre sorelle Kawamoto (Akari, Hinata e Momo), che portano con loro dolcezza, tenerezza, altruismo, positività, generosità, allegria, la voglia di non abbattersi nelle difficoltà e di andare avanti, nonostante le ristrettezze in cui vivono. In un certo senso, rappresentano tutto ciò che una persona come Rei (ma come chiunque altro) necessita per poter affrontare le difficoltà della vita e nutrire una speranza. Non nascondo che diverse scene in casa Kawamoto sono al limite del "toccante", per come riescono a procedere nonostante le difficoltà.

Non sarebbero da meno gli altri personaggi della serie, tra cui la bella sorellastra Kyoko, con cui Rei sembra avere un rapporto latamente perverso di odio e amore. Tra tutti i personaggi, lei rappresenta l'ambiguo aforisma con cui ho iniziato questa recensione. Un personaggio in apparenza contorto e cattivo, ma che nasconde la classica personalità debole incapace di affermare la propria consapevolezza di sé nel mondo, attribuendo la responsabilità del proprio fallimento a soggetti esterni e non a sé stessa (nel caso di specie Rei, reo di essere stato privilegiato dal padre per la sua passione per lo shogi).

In generale, l'anime fornisce di tutti i personaggi principali un ritratto piuttosto completo, e ciò consente di poter comprendere nel modo più appropriato la caratterizzazione che gli autori hanno voluto attribuire loro senza troppe interpretazioni.
Per me, "Un marzo da leoni" è un anime non banale e ben realizzato, in cui forse solo i tempi narrativi sono lenti e pacati.
Credo che non possa piacere a tutti... A me è sembrato un piccolo "Japanese Graffiti" della società giapponese attraverso alcune possibili manifestazioni di essa: la famiglia, il cibo e lo shogi.


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menelito

Episodi visti: 22/22 --- Voto 7
Devo dirlo, non mi aspettavo assolutamente una storia così incentrata sullo shogi. Pensavo sarebbe stato un elemento marginale come in tanti altri casi simili, ma così non è stato. Forse la cosa che più mi ha sorpreso è che una buona fetta di questa stagione non riguarda nemmeno le partite del protagonista ma quelle di qualcun altro; qualcuno che non solo il protagonista ma anche il sottoscritto aveva sottovalutato e che invece si è dimostrato un personaggio fondamentale.

Per quanto riguarda la storia delle sorelle: è bellina, ma in qualche modo mi dà anche un po' di malinconia; mi è parso come di vedere due gatti che si leccano le ferite a vicenda. Almeno all'inizio, penso fosse un rapporto mascherato da gentilezza ma profondamente utilitaristico.
Poi si potrebbe discutere sul fatto che non esistano rapporti non di convenienza e che anche i gesti più benevoli vengano fatti per appagare il nostro ego, ma lì si sforerebbe un po' troppo nel filosofico; meglio evitare. Fatto sta che i rapporti fra il ragazzo (che tra l'altro è perennemente in crisi depressiva... 'tacci sua, che pesantezza...) e le persone intorno a sé spesso sono goffi, ma a volte interessanti ed effettivamente positivi. A volte. Altre volte, invece, finisce per avere a che fare con persone solo all'apparenza "buone" ma in fondo profondamente egoiste e non consce del dolore che le proprie azioni possono causare.
Comunque, posto che ne ha passate tante, la semi-costante tristezza del ragazzo alla lunga diventa stucchevole... per questo l'inserimento di personaggi più solari come il trio di sorelle o il "rivale-amico" appare necessario per uno scorrimento gradevole della storia; anzi, forse le loro apparizioni sono fin troppo striminzite.

Mi sento di fare un elogio ai disegni e alle animazioni, entrambe molto belle (non per nulla c'è di mezzo lo studio Shaft).

Nonostante a volte sia dura non perdersi per via del costante bombardamento di informazioni sullo shogi (di cui sapevo davvero poco), la visione resta comunque gradevole grazie al lato fortemente umano mostrato dai personaggi.

Felpato12

Episodi visti: 22/22 --- Voto 9
In quale misura, secondo noi essere umani, il passato è in grado di influenzare il presente e la persona che siamo? Ma, soprattutto, che peso ha su di noi un passato vissuto alla costante ombra dell’infelicità? La risposta a questa domanda ci viene fornita dalla visione di “3-Gatsu no Lion”, l’anime tratto dall’omonimo manga seinen, mandato in onda tra il 2016 e il 2017. L’opera, dall’impronta fortemente drammatica, si presenta a noi spettatori come la metafora di una lenta ma costante crescita personale, di cui si fa protagonista Kiriyama Rei, un adolescente diventato professionista di shogi già alle medie, e per questo considerando da tutti come la futura stella di questo sport. Rei è un ragazzo dal passato difficile; dopo aver perso i genitori e la sorellina in seguito a un incidente stradale in cui lui non fu coinvolto, venne adottato dalla famiglia di Masachika Koda, ex amico e rivale del padre. L’adattamento a un nuovo contesto è ovviamente difficile, ma grazie allo shogi Rei riesce a dare al nuovo padre grandi soddisfazioni, provocando però il disprezzo da parte dei due fratellastri, Kyoko, la sorella più grande, e Ayumu, suo coetaneo. Questa situazione porta inevitabilmente a numerosi scontri all’interno del focolare domestico, in particolar modo tra Kyoko e il padre; scontri di cui Rei si sente la causa principale. Per questo motivo, una volta entrato nel mondo dello shogi professionistico, che garantisce una certa sicurezza economica, il ragazzo va a vivere da solo nel Rione Giugno. Ed è da questi assunti di partenza che inizia la storia e il cammino di miglioramento del nostro protagonista.

Il passato così turbolento e triste di Rei lo ha portato a diventare un ragazzo apatico, a tratti depresso e chiuso nel suo guscio, in cui si sente al sicuro e da cui non vuole uscire. Difatti passa le giornate segregato in casa a studiare nuove strategie e ad allenarsi per le prossime partite di shogi. Eppure, il destino, che ha sempre qualcosa in serbo per noi, non lo ha ancora abbandonato e gli lancia quella che probabilmente è la sua ultima ancora di salvezza, ovvero l’incontro con le sorelle Kawamoto. Le ragazze vivono nel Rione Marzo insieme al nonno, e conducono una vita apparentemente semplice e felice, eppure sono afflitte da spettri che le tormentano, dettati da un passato triste, segnato dalla morte della madre e dall’abbandono del padre. La sorella maggiore, Akari, è chiamata a svolgere il ruolo di madre, al quale adempie con grande dedizione nonostante la ancora giovane età; Hina, che va ancora alle medie, è una ragazza solare ma insicura e che forse più delle altre due risente della mancanza di una figura materna vera e propria; e infine Momo, la più piccola delle tre che va ancora all’asilo e che, proprio per questo, non si preoccupa di come va il mondo e racchiude in sé tutta l’allegria e la solarità tipiche delle bambine della sua età. Sarà proprio l’incontro con questa famigliola allegra a cambiare la vita di Rei. Le tre ragazze diventano per lui il suo nuovo porto sicuro, dove rifugiarsi nei momenti critici. Un porto sicuro in cui Rei non si sente né giudicato né a disagio e dove riscopre il concetto di ‘bene’. Saranno proprio le tre sorelle, insieme all’amico-rivale Nikaidou Harunobu, i colleghi shogisti Kai Shimada e Tatsuyuki Misumi e l’insegnante di scuola Takashi Hayashida, ad accompagnarlo nel suo lungo e tortuoso cammino alla cui fine c’è una luce accecante. Però, almeno questa volta sarà in buona compagnia.

Trattando il tema della crescita interiore, l’opera risulta essere lenta, ma non per questo noiosa, accompagnata da scene talvolta molto drammatiche e ricche di pathos in grado di lasciare lo spettatore incollato allo schermo, che si alternano a momenti, seppur poco numerosi, di pura gioia, quando sono presenti le tre sorelle. Altrettanto lente, e in questo caso anche di difficile comprensione, possono risultare le scene in cui ci si dedica allo shogi, questo sport tipicamente giapponese, che presenta somiglianze al gioco degli scacchi occidentale. Nonostante ciò, anche le partite, dall’esito sempre incerto, si lasciano seguire con grande attenzione e curiosità da chi di questo sport ne sa veramente poco come me.

Nel complesso, “3-Gatsu no Lion” risulta essere un’opera pregevole, che meglio di tante altre riesce ad affrontare certe tematiche, senza però mai annoiare. A fare da grande punto di forza c’è sicuramente il comparto musicale eccellente, con le opening e le ending che riescono a rimanere impresse nella mente, così come le scene che le accompagnano. Personalmente, la mia preferenza va alla seconda opening “Fighter”, che mostra in sequenza tutti i personaggi che nell’opera hanno una certa rilevanza. Infine, ho molto apprezzato il character design alquanto particolare e inusuale di Nobuhiro Sugiyama, che riesce nettamente a distinguersi rispetto a tutti quelli che si trovano in giro.


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Rakeesh

Episodi visti: 22/22 --- Voto 9
Non ho mai visto nessun anime così capace di esplorare la depressione come "San-gatsu no Lion". Ci sono tantissime tematiche importanti esplorate, di cui la maggior parte possono essere condivisibili da tutti noi. L'importante salto dall'adolescenza alla maturità, la voglia di crescere, spesso anche troppo velocemente, la voglia di essere indipendente, la solitudine, l'importanza di una vocazione, dell'amicizia. C'è tutto in "San-gatsu no Lion". Accompagnato dalle migliori opening ed ending che si possano trovare negli ultimi anni, con un sound design da far venire brividi spesso e volentieri. Ogni aspetto viene esplorato. Non ci sono personaggi che compaiono su schermo senza che gli venga dato un minimo di personalità, senza una storia o senza un obbiettivo chiaramente giustificabile.

Un must watch per chiunque cerchi una profondità e un coinvolgimento più grande del classico slice of life, se "San-gatsu no Lion" si possa davvero definire così.


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alcaxar

Episodi visti: 22/22 --- Voto 5
A malincuore, devo sconsigliare di vedere questo anime, perché è il tipico esempio di quello che ai miei tempi si definiva un "bello mancato", un'opera, cioè, che avrebbe avuto tutti i titoli per essere valutata valida, se non addirittura un capolavoro, ma che per errori o manchevolezze di realizzazione presenta più pregi che difetti.

Parto dai pregi: il tratto del disegno è originale, simpatico, sembra proprio disegnato da mani femminili, come pure originale è la colorazione... però già la qualità dell'animazione scade, si vede che non ci hanno investito grandi capitali. Altro pregio, almeno per me che gioco a scacchi e conosco pure gli shogi, è l'ambientazione nel mondo professionistico giapponese; poi è interessante come vengano presentati i tormenti interiori del protagonista, i traumi che ha subito, in generale come viene dipinta la sua vita quotidiana.

Peccato che tutti questi aspetti positivi vengano immediatamente rovinati! Perché tutti quegli infantilismi? I gatti che parlano, il presidente dell'associazione shogi che a settant'anni si comporta e fa sceneggiate come un tredicenne, il professore del protagonista che sembra essere suo coetaneo e a scuola fa pausa pranzo seduto sulle scale con lui... sarebbe stato così difficile essere un po' più seri e realistici?
Passiamo ad altri due difetti, e sono grossi. Primo, lo spazio dedicato ai travagli interiori del protagonista è troppo ampio: molte puntate sono in larga parte noiose, a mio avviso si sarebbe potuto sviscerare meglio la personalità dei comprimari (un esempio per tutti: la sorellastra dalla vita torbida, che sembra nutrire sentimenti ambivalenti e dunque "morbosi"). Seconda pecca: è impossibile non fare il confronto con "Hikaru no Go" come anime di promozione di giochi tradizionali giapponesi (là il go, qui lo shogi), e "Un marzo da leoni" ne esce battuto: che senso ha dedicare dieci minuti a far ballare gatti che spiegano le mosse degli shogi, come se il pubblico fosse composto da bambini di cinque anni, e poi in altre puntate far vedere complicatissime sequenze di partite con i pezzi 'ideogrammati' senza un minimo di commento? C'è qualcuno che non sia un settimo dan che abbia capito quelle mosse? Almeno in "Hikaru no Go" le spiegazioni delle partite c'erano, e dopo ogni puntata un tutorial tenuto da una professionista aiutava lo spettatore ad apprezzare il gioco.

Insomma, una delusione di anime.


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npepataecozz

Episodi visti: 22/22 --- Voto 5
Carissimo Mitsuru Adachi sensei,
so che le sembrerà strano il fatto che io le scriva qui, nella scheda di un anime che non ha nulla a che vedere con lei. Il fatto è che questo mi sembra il posto più adatto per porgerle le mie scuse più sentite: a volte, infatti, ho osato fare commenti del tipo “Le facce nelle opere di Adachi sono tutte uguali, dovrebbe far qualcosa per distinguere un po' di più la fisionomia dei suoi vari personaggi”. Anche quando lo dicevo, però, non ho mai davvero pensato che si trattasse di una colpa grave; era semplicemente il voler cercare il pelo nell'uovo in opere dove invece si poteva quasi sempre ammirare il fenomeno del “perfetto equilibrio tra slice of life e spokon”, con una leggera preferenza per la prima. Poi, però, quando vedo anime come questo “March Comes in Like a Lion”, mi rendo conto di quanto siano state inopportune quelle osservazioni: a chi vuoi che importi se i personaggi di una serie assomigliano a quelli della serie precedente, se poi il risultato finale è così appagante?

La verità è che trovare altri autori capaci di imporre un equilibrio accettabile fra spokon e slice of life è impresa molto più ardua di quel che si pensi. Prendiamo come esempio l'anime oggetto della presente recensione: dopo un inizio incoraggiante l'autore finisce per “sbracare” completamente e tutta la storia finisce per deragliare sui binari degli anime sportivi più tradizionali e radicali. E così vediamo che sulla scacchiera comincia a nevicare, che l'avanzata di un pedone genera trombe d'aria o onde d'acqua e che gli sfidanti cominciano quei fastidiosissimi flashback che interrompono continuamente l'avanzare delle partite. Da quanto detto, avrà capito che lo “sport” scelto dall'autore di questo anime non è il baseball o il nuoto, ma lo shogi. Lei potrebbe replicare che per un italiano anche il baseball può risultare uno sport ostico, in quanto non tutti ne capiscono le regole; oppure che per altri sport tipicamente giapponesi, come il karuta, non ho avuto grandi obiezioni da fare. Ha ragione, ma è necessario fare delle precisazioni.
Lo shogi è molto più difficile da capire rispetto al baseball, ma molto più familiare a noi Occidentali rispetto al karuta; tenga conto che, se è vero che questa disciplina è quasi completamente sconosciuta in Europa, è anche vero che qui gli scacchi rappresentano uno dei principali giochi da scacchiera tra quelli conosciuti. E, pur avendo colto qualche differenza nelle regole, il principio a cui le due discipline si ispirano è molto simile. Per cui lo spettatore che si avvicina a questo anime può avere delle preferenze o dei pregiudizi nei confronti di questo “sport”, ma sicuramente non avrà la sensazione di essere di fronte a un'altra stramberia tutta giapponese; anzi, pur non conoscendone le regole, il gioco gli apparirà familiare.
Ma, ahimè, anche se invece dello shogi fossero stati usati gli scacchi, sarebbe comunque rimasto un problema difficilmente risolvibile: seguire le partite è cosa molto difficile, forse solo degli esperti sono in grado di farlo. L'autore sembra essersi posto il problema, ma la soluzione che trova è discutibile: sostituisce le varie pedine con dei gatti, e con il loro ausilio spiega i movimenti principali tipici di ognuno di essi. Non so se questa idea in sé sia da lodare oppure o no; forse sì. Però si rivela, nella sostanza, completamente inutile, perché non c'è una fase intermedia tra “lo shogi per tutti” e il racconto delle partite dei professionisti. Il risultato, allora, è quello più prevedibile: non si capisce niente. E, dato che le partite sono pure lunghe, lo spettatore finirà inevitabilmente per annoiarsi; o almeno questo è quello che è capitato a me.

“Ma allora”, mi dirà lei, “realizzare un anime sullo shogi è impossibile?”. La domanda merita una doppia risposta.
La prima è che, sinceramente, non capisco il motivo per cui bisogni realizzare un anime su qualsiasi tipo di sport venga praticato in Giappone. Alle prossime olimpiadi di Tokyo, ad esempio, verranno inserite nel programma anche le bocce; e così il rischio di trovarci di fronte a un anime su questa disciplina sono diventate improvvisamente molto elevate. Ma, sinceramente, pur avendoci giocato qualche volta, non credo proprio possa venirne fuori qualcosa di buono.
La seconda, e questo ce l'ha insegnato proprio lei, è che qualsiasi sport è rappresentabile, se si ha l'intelligenza di dare alle discipline più complesse un ruolo meno preponderante e premere invece sull'acceleratore sulla componente slice of life. Purtroppo, però, in questo “March Comes in Like a Lion” non è successo, almeno fino ad ora; e sinceramente non credo che le cose cambieranno nella seconda stagione.
Questa, forse, è la cosa che mi dispiace di più: le premesse per creare un opera di livello c'erano tutte: le varie situazioni familiari erano interessanti, la caratterizzazione dei personaggi non è piatta ma complessa e intrigante, gli eventi che si trovano ad affrontare sono appassionanti. Il personaggio che mi è piaciuto di più, in particolare, è Kyouko, una ragazza ribelle e problematica che però nasconde una natura debole e bisognosa di quell'affetto che il padre non era stato capace di darle perché votato alla “santa” causa dello shogi. Anche gli altri però sono stati ben caratterizzati e spaziano da chi vive le proprie difficoltà con sofferenza a chi cerca invece di spazzarle via con un sorriso.
La prima metà dell'anime, avendo dato maggior importanza a questi aspetti, risulta perciò decisamente gradevole. Poi, però, sono cominciate le partite, e questo enorme patrimonio è stato inopinatamente dilapidato: Rei comincia a isolarsi dai suoi affetti per dedicarsi solo al gioco; le tre sorelle ormai parlano solo di cibo e ricette; Kyouko ancora resiste, ma compare nella narrazione decisamente troppo poco.

Quindi, maestro, capirà come il suo insegnamento non è stato colto appieno da coloro che, apertamente o solo di fatto, andrebbero considerati come i suoi naturali discepoli. E questo è un vero peccato. Ma è proprio in momenti come questo che il mio apprezzamento per la sua opera raggiunge i suoi massimi livelli; per cui mi scuso ancora una volta se in qualche circostanza ho avuto l'avventatezza di rivolgerle qualche piccola critica, e spero di aver presto l'opportunità di sfogliare nuovamente qualche sua nuova creazione.

Con la consueta ammirazione,
npepataecozz

Utente70577

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Utente70577

Episodi visti: 22/22 --- Voto 8
"3-Gatsu no Lion", o "Un marzo da leoni" se preferite il titolo italiano, dato dalla Dynit, se non erro, è un anime prodotto nel 2016 e finito di trasmettere nel 2017. Nella nostra nazione è disponibile attraverso VVVVID, sottotitolato per il momento.

Protagonista della storia, e anche quasi continuo narratore non onnisciente, è Rei Kiriyama, rimasto orfano da piccolo, senza nessun'altro membro della famiglia che lo vuole accogliere, costretto nella sua impotenza a dover passare il resto della sua giovinezza in un istituto, che viene "salvato" da un amico del suo defunto padre e giocatore professionista di "Shogi" (una specie, anche se non proprio, di scacchi giapponese), credendo, erroneamente, che Rei ne sia interessato, e anche perché convinto del fatto che lui abbia un gran talento nel suddetto gioco. Da qui in avanti Rei cerca di vivere serenamente con la famiglia del padre adottivo, specie coi suoi due figli. Ma, all'età di diciassette anni, redendosi conto di essere il principale motivo del deterioramento del rapporto tra il padre adottivo e questi, a causa del fatto che Rei riceve più attenzioni e apprezzamenti poiché più bravo a giocare, prende la decisione di diventare un professionista, in modo tale da poter guadagnare denaro e vivere da solo. Da qui comincia la storia.

Utilizzando la tecnica narrativa del "medias res" per aprire la storia, per poi raccontare, lentamente, tutti gli antefatti, "Un marzo da leoni" è una continua vittoria del flusso di coscienza del protagonista e, se si vuole cercare l'elemento speciale dell'opera, potrei affermare con certezza che è questa qui. Infatti più volte potrebbe capitare allo spettatore di avere il sentore di star guardando un romanzo accompagnato da splendidi e "pastellose" immagini più che un anime come di solito s'intende. Né romantici amori né epiche battaglie, e, se è per questo, neanche trionfali vittorie della vita quotidiana si troveranno in quest'opera; forse, questa caratteristica costituisce la bellezza di cui è impregnata la serie. Chi non s'immedesima in un ragazzo che, solo, guarda un fiume che si trova sotto il ponte in cui lui si trova e si perda nei suoi pensieri?
Senza contare l'elemento stilistico del disegno, che ho apprezzato in larga misura. Stupende le due opening, raccomandato l'ascolto.

Cosa aggiungere di più? Ovviamente non vedo l'ora che arrivi ottobre, in modo tale da poter vedere anche la seconda stagione, e consiglio quest'anime a tutti, che fa della calma uno strumento per farci emozionare.


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PokeNew

Episodi visti: 22/22 --- Voto 9,5
"Sangatsu no Lion" è un anime della stagione autunno-inverno 2016/2017, prodotto dallo Studio Shaft e tratto dall'omonimo manga di Chika Umino.
Inizialmente non mi aveva colpito molto, ma rapidamente mi sono dovuto ricredere e, senza rendermene conto, sono rimasto catturato dagli eventi.

La trama racconta la dura vita di Rei Kiriyama, un ragazzo considerato un genio dello shogi che ha perso la famiglia in seguito a un incidente, e che verrà adottato dall'ex rivale del padre. Ma le cose non finiscono qui per il povero Rei, che si ritroverà in una famiglia di assidui giocatori e verrà preso di mira da Kyoko e Ayumu, i figli del suo benefattore, il quale tuttavia lo ricoprirà di attenzioni grazie al suo innato talento. Proprio a causa di ciò, col tempo i due fratelli perderanno ogni interesse per lo shogi, e Rei deciderà di andarsene per il bene della famiglia che stava per distruggere. Si trasferisce quindi a Rione Giugno, vicino a Rione Marzo, dove incontrerà tre sorelle: Akari, Hinata e Momo, le quali gli cambieranno la vita...

I personaggi sono ben caratterizzati, tra momenti molto vivaci e altri alquanto tristi, che permetteranno di scoprire numerose sfaccettature caratteriali che in un primo momento non si sarebbero potute notare. Le storie personali dei personaggi mi sono particolarmente piaciute, soprattutto le prime e quella delle tre sorelle, senza nulla a togliere alla storia personale del protagonista, che per ovvie ragioni è una delle migliori.

Sul comparto tecnico non ho nulla da dire, gli sfondi sono molto colorati e ben fatti, ma nonostante ciò sono resi divinamente quando il protagonista si trova giù di morale, mentre il character design è molto particolare, ma non per questo meno godibile. Per quanto riguarda la OST, le opening e le ending sono stupende: non le dimenticherete facilmente.

E, se non si fosse notato, sì, mi è piaciuto particolarmente e vi consiglio di non farvi scoraggiare dal suo aspetto un po' infantile e dai suoi lenti ritmi, perché ne vale decisamente la pena!


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Mirokusama

Episodi visti: 22/22 --- Voto 8,5
Metafora della vita, crescita interiore, passione, legami familiari e amicizia vissuti in un percorso parallelo tra la pratica sportiva dello shogi e un lento, ma costante, aprirsi verso gli altri, abbandonando il guscio emotivo in cui ci si era chiusi per difendersi dall’amara realtà. Dovessi descrivere “Sangatsu no Lion” in poche parole, lo farei così, pochine per una recensione, ma abbastanza per rendere l’idea di cosa ci si appresta a guardare, un’opera profonda e appassionante capace di conquistare la platea più ampia di appassionati, svariando nei generi della commedia, del dramma, del romanticismo e della competizione sportiva.

“Sangatsu no Lion” (nome che utilizzerò nella recensione, ma conosciuto anche col titolo inglese “March Comes in Like a Lion” e col titolo dell’edizione italiana del manga “Un marzo da leoni”) è un anime di ventidue episodi che compongono la prima stagione della serie opera dello studio Shaft e diretta, quanto fedelissima, trasposizione dell’opera originale, il manga seinen dell’autrice Chika Umino pubblicato dal 2007 sulla rivista Young Animal dell’editore Hakusensha. In Italia è inedito, ma è stato trasmesso in simulcast coi sottotitoli da Dynit sulla piattaforma VVVVID.

Protagonista della serie è Rei Kiriyama, tormentato diciassettenne che vive da solo a Tokyo nel cosiddetto ‘Rione Giugno’; Rei è un adolescente atipico, nella sua immagine derivante purtroppo dal passato colmo di eventi tristi che ha vissuto, rimasto orfano in giovane età per un incidente che lo ha privato dell’amata famiglia composta da padre, madre e sorella minore; ha passato il resto dell’infanzia e la vita fino all’inizio della storia come figlio adottivo di un caro amico del padre, Masachika Kōda, giocatore professionista di shogi che l’ha iniziato e sostenuto all’attività dello shogi, gioco strategico da tavola assimilabile agli scacchi occidentali. Proprio la passione e il talento che Rei mostrerà nell’apprendimento dello shogi sarà causa di ulteriori problemi nella sua vita, visto che il suo successo sarà fonte di invidia e disprezzo nei suoi confronti dai suoi fratelli adottivi, la sorella maggiore Kyoko e il coetaneo Ayumu, che lo spingeranno infine ad abbandonare la casa adottiva una volta raggiunto il professionismo nel mondo dello shogi.

Ed è questo ragazzo, solo, senza amici, senza famiglia e senza affetti particolari, con l’unica peculiarità di essere un promettente giocatore professionista di shogi già a quindici anni, che ci viene presentato all’inizio della storia, un ragazzo apparentemente incamminato in un percorso di vita buio e isolato a cui il destino fornisce un’ultima ancora di salvezza nella forma di un’altra famiglia destinata a incrociare la sua strada, quella composta dalle sorelle Kawamoto.
Residenti nel ‘Rione Marzo’ (da cui il titolo dell’opera), queste tre sorelle, dall’animo molto più tormentato di quanto il loro aspetto solare caratterizzato da eterne guance spruzzate di rosso faccia trasparire, vivono da sole insieme al nonno, essendo rimaste anche loro orfane di madre, mentre il padre le ha abbandonate costruendosi una nuova famiglia. Akari, la maggiore delle tre, fa praticamente il doppio ruolo di madre e sostegno economico della famiglia, è la voce della ragione in casa ed è sempre pronta ad aiutare chiunque ne abbia bisogno, ma conserva ancora aspetti ingenui e insicurezze nel suo carattere, derivanti dall’essere stata costretta a crescere troppo in fretta; Hinata, detta Hina, è la secondogenita delle sorelle, frequenta la scuola media e ha un carattere sempre positivo e luminoso, dietro al quale nasconde però anche una grande tristezza e inquietudine legata al ricordo della madre persa troppo presto; e infine Momo, ma è impossibile non chiamarla come fanno tutti Momo-chan, la piccola della famiglia, che frequenta ancora l’asilo ed è un concentrato puro di tenerezza al 100%, vivace e ingenua come solo i bambini sanno essere.
Incontrate da Rei casualmente, diventeranno per lui una seconda famiglia adottiva, aiutandolo e sostenendolo senza accorgersene nel suo percorso di crescita e maturazione, regalando soprattutto all’intera opera quella controparte gioiosa e serena che è davvero indispensabile per sostenere i toni cupi e claustrofobici nei quali è immerso invece il protagonista.
Ma sono tanti altri i personaggi che interagiscono più o meno positivamente con Rei nella sua esistenza, perlopiù legati al mondo dello shogi a cui appartiene, che sarebbe troppo lungo ricordare tutti nel dettaglio; da segnalare sono soprattutto l’unico amico-rivale (titoli entrambi autoproclamati) Nikaidou Harunobu, i colleghi shogisti Kai Shimada e Masamune Goto, e l’insegnante della scuola di Rei Takashi Hayashida. Questi, ma anche altri, saranno tutti fondamentali nel percorso di vita di Rei e faranno risaltare ancora di più l’impressione generale che tutti i personaggi di quest’opera, da quelli principali a quelli secondari, riescono a rivestire anche solo momentaneamente un ruolo importante nella storia come in poche altre serie si riesce a vedere.

“Sangatsu no Lion” racconta, con un ritmo lento, compassato ma raramente noioso, la storia di Rei attraverso la sua crescita interiore, sostenuta dall’evoluzione delle sue capacità come giocatore professionista di shogi e dai legami che, con maggiore o minore difficoltà, riesce a instaurare col tempo. Il finale della serie è chiaramente aperto, in quanto preannuncia una seconda stagione dell’anime che andrà in onda nell’ottobre del 2017, ma già fa capire quanto sia diverso il Rei degli ultimi episodi rispetto all’insicuro e angosciato ragazzo che ci viene presentato all’inizio.
Dal punto di vista della produzione dell’anime c’è poco da dire, lo studio Shaft ha fatto un ottimo lavoro sotto ogni punto di vista, prima fra tutti la fedeltà alla storia originale, portata a livelli talmente alti, che ogni episodio rispecchia i rispettivi capitoli del manga anche nei titoli, non solo nei contenuti; per la precisione ogni episodio non ha un titolo univoco ma due o tre, a seconda del numero di capitoli che adatta, che sono gli stessi dei capitoli del manga originale: in totale su ventidue episodi abbiamo quarantasei capitoli trasposti e, considerando che al momento il manga in corso di pubblicazione si avvicina ai 130 capitoli, è facile immaginare come ci sia spazio per avanzare anche l’ipotesi di un’eventuale terza stagione dopo la seconda.

Dal punto di vista grafico anche qui la somiglianza col manga è notevole, il character design dei personaggi affidato a Nobuhiro Sugiyama infatti ricalca fedelmente, migliorandolo anche a mio modesto parere, il tratto originale della Umino, con le sue peculiarità, che all’inizio possono far storcere il naso in qualche dettaglio (ad esempio a me non piaceva molto la forma della bocca dei personaggi), ma sulle quali, una volta fatta l’abitudine, ci si passa tranquillamente sopra; bisogna anzi ammettere che questa diversità è anche una ventata di freschezza nel panorama non così vario dell’animazione giapponese di questo periodo.
Il reparto sonoro allo stesso tempo non è da meno, la colonna sonora dell’anime composta da Yukari Hashimoto accompagna la visione con piacere, e le quattro sigle della serie, due opening e due ending, sono il biglietto da visita ideale per presentare l’opera ai telespettatori; le prime due opening ed ending, dal rispettivo titolo “Answer” e “Fighter”, sono opera dello stesso gruppo, i Bump of Chicken, mentre la seconda opening “Sayonara Bystander” e la seconda ending “Orion” sono eseguite rispettivamente dalla cantante Yuki e dal collega Kenshi Yonizu. A livello musicale le ho trovate tutte convincenti, ma la mia preferita in assoluto resta la prima opening “Answer”, che è accompagnata da un video però che ho trovato troppo ermetico nei suoi contenuti e concentrato praticamente solo su Rei - da questo punto di vista si fa preferire nettamente il video di “Sayonara Bystander”, caratterizzato da colori vivaci e che presenta uno dopo l’altro tutti i personaggi principali della serie. Il doppiaggio non mi ha creato nessun problema particolare, per quanto sia difficile coglierne tutte le sfumature quando lo si ascolta in una lingua diversa; l’ho trovato piacevole e azzeccato in ogni personaggio, con una menzione particolare a Kengo Kawanishi chiamato nel difficile compito di rappresentare i pensieri e i tormenti di Rei.

Il giudizio complessivo che ho dato a questa serie è molto positivo, come voto è riconducibile a un 8.5, difetti gravi non ne ho trovati, qualcosina su cui migliorare c’è, ovviamente, e riguarda praticamente solo la gestione dei tempi della narrazione, che a volte possono risultare troppo lenti e scoraggiare lo spettatore distratto e/o neofita che può far fatica ad appassionarsi a delle vicende allo stesso tempo tanto intense quanto tediose all’apparenza. Ma qui è anche dove bisogna cogliere la bellezza di “Sangatsu no Lion”, capace di giostrarsi in modo convincente tra momenti così diversi; anche le parti incentrate troppo sullo shogi possono annoiare soprattutto lo spettatore occidentale che, parliamoci chiaramente, se non conosce già le regole, difficilmente potrà mai capirci qualcosa di un gioco dove è quasi impossibile riconoscere anche le pedine, figuriamoci le dinamiche di gioco! Proprio questa secondo me troppa concentrazione sullo shogi, che riconosco ovviamente, nella mia ignoranza del gioco, come elemento fondamentale nella vicenda umana di Rei, ha appiattito un po’ la seconda parte della stagione, diciamo gli ultimi otto-dieci episodi, che ho trovato meno convincenti dei precedenti, pur conservando la loro bellezza.

Ma, tolti questi difetti davvero minimi, ho trovato l’anime sorprendente e appassionante, e a testimonianza di ciò posso portare il fatto che l’ho visto senza conoscere minimamente il manga che, subito dopo la visione dell’anime, ho recuperato prontamente, leggendo quasi tutti i capitoli a disposizione finora. Anche in virtù di questo non posso che consigliare vivamente la visione della prima stagione di “Sangatsu no Lion”: oltre che un’esperienza significativa sarà anche propedeutica per accompagnarci agli eventi che saranno narrati nella seconda stagione e che, a mio parere, giustificano ampiamente lo sforzo, se così possiamo chiamarlo, ovviamente, visto che è un atto di puro piacere.


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Scarlett7

Episodi visti: 22/22 --- Voto 7,5
Ho seguito questa serie in contemporanea e, conoscendo la Umino, mi aspettavo comunque una serie da un lato molto tranquilla e dall'altro con alcuni drammi. Su questo non si smentisce!

Questa è la storia di Rei Kiriyama, un ragazzino adolescente che vive da solo in un appartamento, non ha amici, è molto riservato e anche un po' tormentato, devo dire, ma ha una particolarità, quella di essere molto portato per lo shogi, un gioco da tavolo giapponese che ricorda vagamente gli scacchi. Il ragazzo partecipa a queste gare affrontando diversi sfidanti che, a modo loro, gli daranno degli insegnamenti di vita.

Rei è un protagonista che mi è davvero piaciuto, è incredibile come, sotto certi aspetti, mi somigli un botto, ho fortemente empatizzato col suo personaggio! Nelle varie serie ci si aspetta sempre una totale maturazione del personaggio, il che sarebbe assurdo... non può cambiare drasticamente tra la prima e l'ultima puntata (anche se passano alcuni mesi o un anno!). Rei è sempre stato chiuso e introverso, ha perso i suoi genitori e la sua sorellina quando era piccolo, ma grande abbastanza da risentirne, è stato cresciuto con un padre severo ma con atteggiamenti preferenziali nei suoi confronti, ed è stato odiato dai suoi "fratelli acquisiti"; decide di non dare più problemi, andando a vivere da solo in un appartamento in cui resterà confinato per un po'. Queste sue esperienze e questo suo carattere fanno sì che la sua maturazione sia abbastanza graduale, grazie alle varie persone che incontra e che riescono pian piano, molto lentamente, a far maturare Rei, modificando un po' il suo punto di vista, e per questo comincia ad aprirsi un po' con gli altri. Questo si evince già al primo episodio, dove lo troviamo da solo, e nell'ultimo episodio, circondato da amici e conoscenti dello shogi, che però non riescono ancora a scalfire quella barriera che avvolge Rei da molti anni. Ed è questo che mi aspetto da un protagonista: riflessioni sullo stato attuale delle cose e sulla sua storia passata che ci permettono di capire cosa lo ha portato ad essere così. Questa è una delle cose che ho apprezzato di più.

Durante la storia compaiono personaggi secondari come le tre sorelle Akari, Hinata e Momo. Akari è la più grande, lavora in un bar indossando abiti abbastanza eleganti, mentre, nel tempo libero a casa, si diletta nella preparazione di ricette culinarie. Hinata è una ragazzina delle medie che ha una cotta per un suo amico molto quotato dalle ragazze, mentre Momo è la più piccola e anche la più tenera. A vederla, ogni volta avevo gli occhi a cuore! Le tre sorelle accolgono Rei nella loro casa, si affezionano a lui e lo considerano uno di famiglia, andando a ricoprire così un ruolo fondamentale nella vicenda e nel, chiamiamolo così, "percorso di maturazione" di Rei. La storia delle sorelle viene, diciamo così, accennata... sappiamo che la madre e la nonna sono morte, quindi anche loro hanno avuto un periodo difficile (non ricordo se hanno parlato del padre o non è stato minimamente nominato, quindi mi astengo su questo), che spero sarà approfondito poi nella seconda stagione, visto che la prima si è focalizzata maggiormente sullo shogi, che credo non capirò mai.
Altri personaggi importanti sono i fratelli Nikaido e Shimada (Rei è circondato da sorelle e fratelli). Nikaido è il mio preferito, un ragazzo sprint che vuole realizzare i propri sogni nonostante le difficoltà fisiche che si ritrova... è un esempio da seguire! Proprio come Shimada, un grande insegnante e anche una grande persona. L'errore di Rei è stato quello di sottovalutarlo mentre giocavano a shogi, un po' come l'errore di Shimada durante la partita di shogi contro Souya... cavolo, se ripenso a quella puntata mi mangio le mani!
Speciale menzione per il sensei Hayashida, referente della classe di Rei che, oltre a tenergli compagnia durante la pausa pranzo, dispensa consigli e perle di saggezza da tenere sempre a mente. Ho assolutamente adorato quando fece il paragone tra sé stesso all'età di Rei, nullafacente, sempre in giro con gli amici a giocare e studiare, e lo stesso Rei, impegnato nelle faccende domestiche, nelle partite di shogi e a scuola. Un paragone che potrebbe essere rivolto a qualsiasi giovane nelle stesse condizioni del giovane Hayashida sensei.
Personaggi secondari, non da meno, sono Kyoko e Goto. Quest'ultimo è davvero la mia nemesi, oltre ad essere quella di Rei. Un uomo sposato che intrattiene una relazione segreta con una ragazzina che definisce ossessiva... il peggior genere d'uomo che possa mai esistere sulla faccia della Terra. Kyoko all'inizio mi stava davvero antipatica per il modo in cui maltrattava il povero Rei e per le sue frasi super-acide, un personaggio sgradevole sotto tutti i punti di vista... arrivi poi alla fine e ti accorgi che è solo una povera masochista (mi ha addirittura fatto ridere quando mangia il cibo preparato dalle sorelle e comincia a fantasticare su quale delle tre sia la ragazza di Rei). Con tutti i lati negativi che ha questo personaggio, credo sia assolutamente necessaria la sua presenza!

Dal punto di vista grafico, il tratto è simile a quello dei precedenti lavori della Umino, senza apportare considerevoli variazioni, comunque accettabile.
Le opening sono davvero belle, anche se la seconda opening di Yuki è davvero travolgente... guardarla e ascoltarla all'inizio di ogni puntata era d'obbligo e mi faceva venire i brividi, non so perché! Le ending pure sono orecchiabili, ma la prima ha qualcosa di magico, anche se di recente sono parecchio in fissa con la seconda! Nel complesso sono tutte belle.

Ero molto indecisa sul voto da attribuire alla serie, ma è comunque molto alto: tra 7.5 e 8 la mia scelta è stata... questa!