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zettaiLara

Episodi visti: 2/2 --- Voto 8,5
Ci sono i colpi di fulmine delle infatuazioni a prima vista, e ci sono quegli amori che nascono solo dopo, col tempo, magari quando sulle prime ci si era approcciati ad un'opera persino con fare schizzinoso; quando ho acquistato i primi volumetti di Amici, contenitore di manga shojo che ha debuttato sul finire degli anni '90, di certo non pensavo che sarebbe accaduto proprio questo, con Haikarasan ga tooru di Waki Yamato.
Conosciuto in Italia con il titolo di Mademoiselle Anne, dal nome attribuito all'anime di Nippon Animation del 1978 trasmesso anche in Italia dalla RAI, Haikarasan ga tooru - Una ragazza alla moda era un'opera che non soltanto non conoscevo, ma a cui nemmeno ero interessata. Sono bastati tuttavia pochissimi capitoli per ricredermi ed innamorarmi di una storia, di personaggi e di un modo di narrare che sulla carta sembravano appartenere ad un altro tempo, ma che in realtà sono davvero senza tempo; un vanto, questo, di cui solo i veri capolavori possono fregiarsi.
Haikarasan ga tooru è ritornato di recente d'attualità grazie ai due lungometraggi animati realizzati ancora una volta da Nippon Animation: il primo, Gekijōban Haikara-san ga Tōru Zenpen - Benio, Hana no 17-sai (Haikarasan ga tooru Film 1 - Benio, fiore di diciassette anni), è uscito l'11 novembre 2017 in Giappone, seguito dalla seconda parte Gekijōban Haikara-san ga Tōru Kōhen - Tokyo Dai Roman (Haikarasan ga tooru Film 2 - Una grande storia d'amore a Tokyo) giunta il 19 ottobre 2018.
Il design fresco e moderno è forse il primo elemento a colpire lo spettatore, ma accanto ad esso la coppia di film reca soprattutto un ottimo comparto tecnico alla base del progetto: si è lavorato dunque alacremente per offrire nuova luce ad un titolo amatissimo e a una storia accattivante che di "moda", per restare in tema, non passa mai.
La regia e la sceneggiatura recano infatti la firma di Kazuhiro Furuhashi, che dalla sua può vantare lavori di ambientazione storica quali Rurouni Kenshin e Kenshin, Memorie del Passato, e che non abbiamo mancato di apprezzare nel bell'adattamento animato di Dororo di Osamu Tezuka dell'inverno 2019.

Tokyo è nel bel mezzo del periodo Taisho (letteralmente: "di grande giustizia"): se guardiamo a tutte le ere giapponesi precedenti e successive, si tratta di un'epoca piuttosto breve, quella tra il 1912 e il 1926 in cui a regnare era l'Imperatore Yoshihito, ma durante la quale il cambiamento iniziato nel periodo Meiji si fa infine preponderante.
Occupazionismo militare estero, sviluppo dell'economia moderna e successiva recessione, rivoluzioni sociali interne, cambiamenti nella società, il grande terremoto del Kanto del 1923: tutto accade in questi pochissimi anni, e tutto fa parte del contesto in cui si muove Benio Hanamura, diciassette anni e grandi sogni per il futuro.
Il suo soprannome, "Haikara-san", significa proprio "ragazza col collo lungo", un modo di dire dell'epoca per identificare una ragazza alla moda.
Le ragazze di quest'epoca si sentono rivoluzionarie: vestono indifferentemente all'occidentale, in kimono o "alla moda" con eleganti scarponcini ai piedi e l'hakama, che da indumento prettamente maschile si fa lunga gonna pantalone stretta in vita.
Sono ragazze che vanno a lavorare, che hanno voglia di decidere da sé per quanto riguarda il matrimonio e la famiglia, sposandosi per amore e non per imposizione familiare o per obblighi sociali. Tra l'altro è proprio nel 1920 che entra in vigore l'obbligo della fedeltà coniugale, mentre in precedenza l'uomo aveva la libertà di mantenere legittimamente delle amanti al di fuori del matrimonio.
Per questo motivo Benio non ne vuol sapere di ritrovarsi promessa sposa ad un uomo, il sottotenente Shinobu Ijuin, che non conosce e non ama; ma ironia vuole che la ragazza, dopo aver fallito la fuga da casa con l'amico di sempre Ranmaru e fiaccato la pazienza dell'istitutrice tenuta ad educarla all'inserimento nella rispettabile famiglia degli Ijuin, s'indispettisca all'amicizia del sottotenente con una celebre geisha. Primo segnale che forse qualcosa sotto sotto ci cova...
E tuttavia, proprio a causa delle intemperanze della fidanzata, poco incline ai rapporti ossequiosi da tenere nei confronti degli ufficiali dell'esercito, Shinobu è costretto a partire dapprima per Kokura, nel Kyushu, e quindi per la Manciuria, da cui non farà ritorno.
L'amore di Benio, mai dichiarato, impone alla ragazza di non farsi distruggere dal dolore, ed è così che si rimbocca le maniche e cerca di iniziare una nuova vita.
La storia raccontata da Waki Yamato è riprodotta nei film, seppur concisa per motivi di minutaggio, in maniera piuttosto fedele; potremmo dire addirittura maniacale in certi passaggi, vista la riproposizione degli esatti dialoghi del manga nella stragrande maggioranza delle scene che li compongono.
Ci si è concessi invero qualche sottile libertà narrativa qua e là ed alcune re-interpretazioni degli eventi per i quali non si avvertiva l'esigenza; nel complesso, tuttavia, essi non modificano lo svolgimento dei punti essenziali della storia, la quale rimane costantemente scorrevole, divertente e romantica.
Anche i personaggi li ritroviamo esattamente così come li avevamo amati, con una caratterizzazione a tutto tondo, un comparto di doppiaggio di ottimo livello e un character design che mutua il bel tratto della Yamato adeguandolo nello stesso tempo ai canoni estetici moderni.
Il risultato è spettacolare, con colori vivaci e sfondi di una Tokyo anni '20 ritratti con minuzia di particolari e colori a dir poco magnifici.
Fa piuttosto piacere notare inoltre come lo sguardo di Furuhashi e dello staff sia stato in grado di restituire l'immagine di una capitale ritratta davvero con il cuore: dalla vivacità del quartiere di Asakusa, che potremmo definire la Ginza di allora, ai primi edifici e dimore in stile occidentali, tra cui la residenza degli Ijuin e la stazione di Tokyo, dai mattoni rossi con dettagli di pietra bianca e le cupole di vetro, inaugurata nel 1914. E poi, dalla ripresa aerea del ponte di Nihombashi riprodotto in maniera fedelissima, precisa e del tutto identica all'immagine di una serie di cartoline dell'epoca, sino alla celebre torre Ryōunkaku ("torre che oltrepassa le nuvole", conosciuta anche come "torre a 12 piani") di Asakusa: quest'ultima risaliva al 1890, costituiva di fatto il primo grattacielo nipponico in stile occidentale e comprendeva persino un ascensore, ma è stata gravemente danneggiata proprio durante il grande terremoto del 1923 e poi demolita, senza più essere ricostruita.
L'eccezione più vistosa di un quadro che parrebbe quasi perfetto è rappresentato forse proprio dalla protagonista Benio: nel manga originale la ragazza non è proprio bellissima e nemmeno si preoccupa di esserlo, vista la sua esuberanza, il carattere volitivo da maschiaccio e le espressioni facciali da attrazione da circo. Tutti elementi, questi, che l'hanno resa il personaggio amato ed apprezzato che è, tanto nella storia quanto nei lettori di quest'ultima.
Se l'anime del 1978 ne rispettava rigorosamente i tratti, nei due recenti lungometraggi il character design di Terumi Nishii si è dimostrato forse un po' troppo generoso, disegnando la ragazza più carina che ordinaria, ed attribuendole la voce di Saori Hayami che purtroppo a mio parere non riesce a rendere adeguatamente giustizia al suo temperamento. La vivacità invece, quella sì, fortunatamente è rimasta sempre la stessa.
Sul fronte del doppiaggio il lavoro svolto rimane tuttavia nel complesso pregevole: dal buon Yūki Kaji su Ranmaru, femminile ma non troppo ed adorabile esattamente come lo ha dipinto la Yamato, alla brava Asami Seto su Tamaki, da Kazuya Nakai sul ruvido Onijima e Takahiro Sakurai su Tosei Aoe, all'Ushigoro di Kenta Miyake, la Larissa di Maaya Sakamoto e l'impeccabile Mamoru Miyano su Shinobu. Se già il biondo rampollo di casa Ijuin non rappresentasse un ottimo partito grazie al suo aspetto, al morbido sorriso e ai modi di un vero gentiluomo d'altri tempi, ci pensa Miyano a fornire il colpo di grazia alle spettatrici, attribuendo al giovane una voce così dolce e sensuale da togliere ogni possibile dubbio sul fascino indiscusso di questo personaggio.
Rimangono poi facilmente impressi anche i vivaci motivi sonori di Michiru Oshima (Little Witch Academia) e i due temi portanti "Yume no hate made" ("fino alla fine del sogno") e "Atarashii Ashita" ("un nuovo domani"), entrambi interpretati da Saori Hayami ma composti dalla celebre Mariya Takeuchi (Plastic Love).

C'è forse qualcosa che manca in un allestimento così minuzioso ed accorto, dunque?
In verità sì, purtroppo qualcosa si è smarrito, e non di poco conto: si tratta della vena più ironica della Yamato, fatta di un certo umorismo sottile, acuto e dilagante anche nei momenti più critici, grazie anche alla presenza di tutta una serie di personaggi macchiettistici "di fondo", piuttosto tipici negli shojo manga degli anni '70, che fornivano un'atmosfera talora cabarettistica che ben teneva il passo con il carattere esuberante di Benio.
Inevitabile doverli sacrificare nell'ottica della riduzione della storia in due lungometraggi, ma di conseguenza anche la comicità nel suo complesso è stata diversamente livellata e appare di molto smorzata; in alcuni momenti, quindi, alcune scene paiono un po' troppo ordinarie, quasi l'ombra del "delirio comico" che erano state in origine.
Il secondo film, inoltre, forse anche a seguito del cambio di passo con Toshiaki Kidokoro alla regia, su sceneggiatura sempre di Furuhashi, sembra perdere una parte della brillantezza visiva e della spigliatezza narrativa con cui si era aperto il primo anche se, di nuovo, fa dell'aderenza e del rispetto dell'opera il proprio obiettivo principale. Addirittura nei credits finali della seconda parte notiamo qualche chicca che i fan di Haikarasan ga tooru - Una ragazza alla moda riconosceranno dalla lettura del volume extra Una ragazza alla moda - Quel che accadde dopo, oppure dall'ottavo volume della ri-edizione italiana del manga, mentre nei credits del primo film rinveniamo un omaggio proprio a quel pazzo universo della Yamato sopra citato.
Film promossi o meno, dunque? Decisamente sì, il "progetto revival" non raggiunge il massimo dei voti, tuttavia può fregiarsi di un giudizio ben più che positivo; data la popolarità della vecchia serie animata e l'affetto che i fan italiani custodiscono ancora nel cuore per il manga originale, la coppia di film meriterebbe davvero una visibilità in streaming o piattaforma similare anche nel nostro Paese.
I lungometraggi sfoggiavano ottime premesse sin dai primi trailer diffusi, e riconfermano la bellezza di una storia moderna ed accattivante e di personaggi senza tempo con i quali vorremmo anche noi, perché no, trascorrere del tempo in allegra compagnia. "Sotto i ciliegi in fiore di Koishikawa~", come canterebbe allegramente Benio.


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alex di gemini

Episodi visti: 2/2 --- Voto 9
Quando devo affrontare un rebuilt di una serie classica sono sempre preda di una sana preoccupazione e di un sano scetticismo. Specialmente in questo caso, dato che abbiamo a che fare con un anime che è entrato nel cuore di tanti, che unisce amore, umorismo, vita militare, ricostruzione storica, personaggi che bucano lo schermo. Oltre ad un numero alto di puntate ma che furono concluse ex abrupto, dato il calo drammatico dello share. Il tutto poi, shakerato in due film cinematografici e con la pretesa di narrare il vero finale della serie televisiva. Tutto facile e sereno, quindi? E invece la bilogia cinematografica vince alla grande la scommessa rendendo l’anima di Mademoiselle Anne alla perfezione. Certo molti personaggi sono stati tagliati terribilmente, in primis il mitico Ushigoro, molto viene lasciato come riempitivo all’occhio dello spettatore veterano. Ma il risultato finale è comunque ottimo anche per un neofita della serie. Anche il finale, la parte innovativa dello spettacolo viene raccontato molto bene e in modo soddisfacente. Certo, il grande terremoto del Kanto viene illustrato in un modo che strizza terribilmente l’occhio alla tragedia atomica, ma ciò non costituisce alcun problema. L’anima di Anne, ragazza del suo tempo e femminista ante litteram, che odia i lavori domestici ma ama gli alcolici non è invecchiato minimamente, dandoci la prova di come gli eroi dell’animazione sappiano essere sempre attuali. La grafica è eccezionale, compensando così il vero punto debole della serie originale, scarsa da questo punto di vista già alla sua epoca. Ottima regia e colonna sonora. Voto 9, consigliatissimo.


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megna1

Episodi visti: 1/2 --- Voto 7
Rimango della ferma opinione che bisogna fare molta attenzione a maneggiare i clamorosi successi degli anni '70, perché se no si rischia di andare incontro a infuocate rimostranze da parte dei puristi più agguerriti, col conseguente rischio di incappare in tracocenti patatrac. E qui stiamo parlando non di un manga qualunque, ma di "Haikara-san ga Tooru" un'opera che ha fatto e continua a fare breccia nel cuore dei lettori di entrambi i sessi, là dove pochi altri vi sono riusciti.

Si tratta di un divertente e articolato spaccato dell'era Taisho, a metà tra commedia e drammone sentimentale. 'Haikara' è a tutti gli effetti un nomignolo scherzoso affibiato alle donne anticonformiste che seguivano gli stilemi occidentali: in pratica è la pronuncia giapponese della definizione 'High Collar'. Fughiamo subito ogni dubbio! La pecca principale di questo primo film riassuntivo di novanta minuti - nato per celebrare il quarantennale della messa in onda di "Passa la Ragazza alla Moda" - è proprio il character design. Ebbene sì, sono riusciti a deturpare il tratto della bravissima Waki Yamato. La sfrontata ed energica Hanamura è quasi irriconoscibile, è più bassa di statura e con un grazioso nasino all'insù, in pratica sembra una leggiadra ragazzina moe piuttosto che la goffa diciassettenne combinaguai vista nei tankobon e nel rispettivo adattamento televisivo (non a caso, da noi in Italia, la prima puntata era stata intitolata "Un vero maschiaccio"). Forse era necessario l'apporto o la consulenza di un grande veterano, come ad esempio Tsutomu Shibayama, autore dei settei della vecchia serie. Più probabile che si tratti di una mirata scelta commerciale dettata dai piani alti di Warner Japan, uno dei maggiori promotori del progetto. Oggigiorno, specie se destinato al pubblico dei cosiddetti millennials, tutto deve essere carino e attraente a partire dai personaggi, passando dal materiale promozionale (cartonati, PV e visual), fino a doppiatori e doppiatrici. D'altro canto hanno sempre avuto la monomania per tutto ciò che è kawaii. Ergo, tramontata definitivamente l'epoca dei meisaku e della feuilleton realistica, con il genere shojo in continua evoluzione, che ha perso l'univocità di un tempo, è in atto un ultimo disperato tentativo da parte della Nippon Animation di riguadagnarsi una fetta di fandom migrato verso altri lidi.

Le esilaranti gag e i siparietti demenziali si contano sulla punta delle dita, niente buffi vampiri né dischi volanti o altre assurdità, esteticamente tutto è in linea con i canoni preconfezionati ultrastilosi degli anime odierni (non vi dico che fine ha fatto la scena dell'operetta... liquidata in due minuti scarsi... ahimè). Altre sequenze clou, come previsto, sono state sacrificate oppure velocizzate e il complesso dei big eyed (pupille sbrillucicanti) ha colpito anche i nonni di Shinobu. In compenso la svitata professoressa di Benio e la governante di casa Ijuuin hanno mantenuto la stessa fisionomia. Ushigoro è relegato al mero ruolo di macchietta e anche l'effemminato Ranmaru, mattatore assoluto di diversi episodi, si vede pochino. Gli sceneggiatori si sono persi per strada alcuni dialoghi, una rilettura più accurata avrebbe permesso di sistematizzare meglio lo storyboard. A parte questo, la trama è rimasta pressoché inalterata e non ho niente da ridire a riguardo, visto che di grandi modifiche non ne ho notate; è una narrazione tipica delle soap, con la tenace protagonista sempre al centro dell'attenzione, parecchio movimentata e piuttosto piacevole da seguire (merito degli intrecci orditi dall'autrice). Per ovvie ragioni di tempistica, purtroppo, è stata limitata l'incursione della voce fuori campo, la quale spiegava allo spettatore gli eventi e i cambiamenti radicali avvenuti in quello spicchio di XX secolo nella società nipponica.

Nonostante lo staff sia formato dalle giovani leve della storica casa di produzione, i fondali risultano molto belli e dettagliati (non fanno rimpiangere le nubi ad acquerello, i paesaggi color tempera che sfumano al tramonto e le altre raffinatezze alle quali ci avevano abituato gli artisti dell'atelier di Takamura Mukuo); l'animazione è fluida e priva di tremolii e sfarfallamenti di sorta, anche se alcuni flashback sono presentati con poco appaganti frame statici; le uniche cose, a mio personalissimo avviso, veramente fastidiose sono alcune tonalità cromatiche, un po' troppo accese e sgargianti per il periodo storico di cui si parla (posso sbagliare, ma non credo che a cavallo del 1920 andassero di moda haori dall'intensità lilla fluo e accecanti kimono tinta rosa shocking... Ho come l'impressione che ormai quasi tutti utilizzino la stessa palette impostata in fabbrica).

Promosso con riserva. Tutta questa corsa al fashion assieme all'esasperato processo di 'carinizzazione' per rendere tutto più innocuo non mi mandano di certo in sollucchero. Sarebbe come rifare il lifting a Oscar Françoise disegnandola con una improbabile divisa fucsia e un paio di occhioni extralarge tipo "AIR" o roba similare, e non è detto che prima o poi non accada. Speriamo il più tardi possibile!