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Atenaide

Episodi visti: 12/12 --- Voto 4,5
Quando l’assurdità abbraccia un anime e lo soffoca, si arriva al delirio gratuito. Chiunque abbia avuto la pensata di un’opera simile o credeva nel girl power alla massima potenza o non sapeva ciò che stava facendo. Il fatto che provenga da un videogioco può far tollerare la scemenza del contenuto, accanto al fatto non trascurabile della durata risibile dell’anime, e quindi della fatuità interna che non dà fastidio più di tanto, vista la brevità e povertà di ogni episodio.

L’anime si incentra su Hinako (che perde il suo nome, e senza dolore apparente, strada facendo, tanto che lo scriverò qui pro forma), che cerca di andare a scuola, sennonché si scontra con la sua copia sputata versione maschile, Hikaru, sul marciapiede, facendolo cadere (malgrado ci fosse lì la guardia del corpo, ma si scoprirà poi che è più un maggiordomo che altro). Purtroppo la mammolett... il ragazzo, s’infortuna e non può andare al suo, di primo giorno di scuola, vista la gravità del fatto che Hinako gli ha provocato e sapendo che la sua fantastica scuola (di cui parleremo largamente poi) ha bisogno di individui sani (poi si capirà il perché).
Già c’è l’assurdo del fatto che lei possa tranquillamente, abbigliata da ragazzo, a passare per lui, e quindi potremmo pensare che è piatta come una tavola e che Hikaru ha un volto femminile e fresco come quello di una ragazza, tanto che girerà senza vergogna con una parrucca e la divisa con la gonna di Hinako (hanno pure la stessa taglia!). Nessuno si pone la domanda sulle voci, tanto che quel cretino di Hikaru, con i compagni di classe di Hinako in casa, si farà il karaoke (e i muri sono sottili, molto).
Hinako assume il ruolo di Hikaru in una scuola di teppisti, piena di graffiti, tizi violenti, che, malgrado studino e abbiano dei professori, hanno la loro gerarchia interna stabilita a suon di pugni, e chi ha gli sgherri giusti più si impone. È una scuola anti-giapponese, la cui esistenza è così assurda, da pensare che chi l’ha creata o voleva fare critica costruttiva sulla violenza nelle scuole (lo dubito) o voleva l'ambiente in cui una ragazza potesse stare al pari con ragazzi ‘fighi’ e forti e conquistare a suon di pestaggi vari un riconoscimento (sì, è la tesi più probabile). È infatti quasi alieno il fatto che una simile istituzione ci sia, ci si possa iscrivere e resti pure ufficialmente aperta, accanto a scuole più normali, come quella di Hinako.
Per stabilire i migliori della scuola, ci sono dei gironi forzosi: per diventare i migliori di ogni anno, bisogna passare per il boss di quella classe, un teppista più teppista degli altri, e già dai primi episodi ci è chiaro che, per diventare il migliore della scuola (tanto è forte il ricatto a cui viene sottoposta da quel viscido di Hikaru), dovrà menarli tutti come un fabbro. Cosa che, prevedibilmente, accadrà.

Malgrado lei debba castrare la sua natura femminile, non vestendosi più da donna, girando in divisa maschile pure fuori scuola, vivendo per forza col “gemello”, che ha raccontato la fandonia all’orfanotrofio (che fortuna che lei non abbia parenti vivi al mondo!) di essere il vero parente, costringendola di fatto a farsi il mazzo al posto suo. Per cosa poi? Anche se Hinako avesse scalato la classifica del teppista più teppista del mondo, cedendo poi il posto poi a Hikaru, che cosa ci avrebbe guadagnato ad avere il titolo senza fare effettiva fatica? Alla dimostrazione dei fatti, non avrebbe ceduto tutto il castello di carte?
Fatto stupidamente rilevante è che il capo della scuola è il fratello di Hikaru, e ci si domanda se mai si accorgerà non solo che è una femmina, ma pure che non è suo fratello. Indovinate? Tutti stupidi questi maschi o lei magicamente è diventata un uomo.
A cominciare dagli amici, vicini così tanto da abbracciarla (ma senza accorgersi mai di nulla, i citrulli, non hanno altri ormoni che il testosterone da botte da orbi, e, in questo caso, sono pallidamente giustificabili), i nemici con cui si scontra non afferrano mai nulla della vera natura del loro avversario. Solo uno se ne accorge, ne parla quasi apertamente davanti agli amici stupidotti, ma loro non capiscono i sottintesi (l’intelligenza non è di casa). Capita poi l’illazione che sia una femmina (alla buon’ora), ma si risolve a tarallucci e vino e pugni della fratellanza, senza che la faccenda si sia davvero manifestata, come se fosse solo un fatto accidentale che Hikaru, a tutti noto, sia in realtà Hinako.
Se da una parte può essere il riconoscimento della mascolinità intrinseca a Hinako, e dunque il valore che le viene dato come avversario valente, dall’altro figura come una castrazione fattuale della sua natura, che lei non percepisce come dolorosa.
Il finale è in linea con l’anime, popolato da poveri cerebrolesi che, inneggiando all’amicizia tra un pugno e l’altro, giungono tutti alla lieta conclusione che Hikaru è un gran figo. Il fatto che per l’anime è quasi scontato diventa l’ultimo chiodo sulla bara della critica di questa robaccia, buona per un intrattenimento più che easy, ma da non guardare se si cerca anche solo una tiepida coerenza del tutto.

Critica lieve (unica leggerezza che critico di quest’operaccia!) è la seguente: ho ben inteso l’impianto dell’anime, ma, da principio, ci si aspettava un reverse harem o forse una storiellina d’amore, vista la natura femminile della protagonista. Ora, non pretendevo un romance orrendo, ma la decisione di creare dal nulla un personaggio che nasce femmina, ma vive la sua vita, anche interiore, da maschio, no, questo non lo capisco. Ci sta che la sua vita passata non fosse stata facile, ma da qui a trasformarla in un piccolo boss scolastico, no, grazie. Anche perché mi sono sempre domandata: a parte la serenità quasi aliena di questa scuola (ci si aspetterebbero pestaggi ad ogni angolo d’aula o torture di vario tipo nei bagni, visti i precedenti di anime delle scuole nipponiche in cui il porello o la porella di turno è bullizzato/a, tanto da cercare la morte buttandosi dal celeberrimo terrazzo), quando la protagonista necessitava i servizi, che faceva senza attirare l’attenzione sulla sua particolarità di genere (ho poi paura ad immaginare lo stato dei bagni di quella scuola...)? Domanda faceta, ma, da femmina, io la faccio eccome.

I personaggi sono deboli, un po' per colpa della brevità degli episodi, sia per l’esilità di una trama che li rinchiude, facendoli parere macchiette da combattimento senza altro scopo che guadagnarsi il vertice di chissà quale scala sociale, senza avere una vita vera, interna o esterna. L’esempio è Hinako, che diventa Hikaru e non ha grossi problemi ad assumerne il ruolo. Non c’è profondità in questi personaggi, che portano avanti solo il valore dell’amicizia bullistica e della lealtà di pugno alla “Ehi, bro!”.
A parte questo, cosa ancora peggiore, c’è il fatto che le loro azioni e il loro agire sono incoerenti con una logica portata a fare scenette idiote, il che toglie credibilità generale e accredita come valore quello di una gang di buoni.
Personaggi fastidiosamente parodistici di sé stessi sono i tre gufi, tre studenti che si passano la parola come fosse una palla e che commentano, come arbitri di una partita particolarmente noiosa, le vicende della scuola, completando uno le frasi dell’altro, come se avessero tre bocche e un cervello solo. Sembrano le tre Graie della mitologia, che in tre dividevano un dente e un occhio (ma per loro finì male).

I personaggi sono graficamente molto gradevoli e parecchio curati, tanto che, si sa, fanno capire che potrebbero essere bishonen mancati quasi tutti i maschietti. C’è una gran cura sui capelli e una grandissima varietà di colori di parrucco.
C’è una ottima cura dei fondali, ma a me è piaciuta soprattutto la rappresentazione della scuola vandalizzata dai graffiti. Gli esterni sono favolosi, con una cura degli elementi naturali davvero apprezzabile.
Il comparto sonoro è davvero buono, considerando la brevità degli episodi. L’opening, assorbita nella trama molte volte, cantata da Love Desire - “Love Snipe” -, è orecchiabile, l’ending, “Face to Fake” di Tetsuya Kakihara, è altrettanto piacevole.

Concludendo, seppur la grafica non sia da buttare, visto il poco minutaggio degli episodi e della trama in generale, e l’anime conservi una buona carica di tensione narrativa, stringi stringi, rivela una trama povera, inconsistente, irreale sia per la vicenduola, che per i personaggi, che non sanno se restare seri per labili motivi o se andare allegramente a caccia di un cervello (senza la speranza di trovarlo).
Consiglio quest’anime a uno zombie: senza cervello lo gradirà senz’altro, ma se cercasse cibo metaforico in quest’opera, morirebbe di fame.