Yoru wa Mijikashi Arukeyo Otome
Torna il team al completo di "The Tatami Galaxy" ad animare "The Night is Short Walk on, Girl", anche esso basato su un libro di Tomihiko Morimi, anche esso ambientato all'università di Kyoto, tanto da condividere con la serie animata anche una parte dei personaggi e delle situazioni, motivo per cui consiglio la visione preventiva di "The Tatami Galaxy", anche se di fatto trattano di due storie separate.
I protagonisti sono la ragazza dai capelli corvini e un suo senpai, anche esso senza nome. I due attraversano la stessa folle notte in modo antitetico: lei cerca di assaporare una delle sue prime esperienze notturne fatta di gran bevute, balli scatenati e improvvisazioni teatrali, cogliendo sempre l'attimo e diventando ovunque vada il centro dell'attenzione; nel suo peregrinare notturno, almeno all'inizio, la sua priorità non è certo focalizzarsi sui suoi compagni di serata. Lui invece in modo completamente opposto trascorre l'intera notte in funzione di lei, cercando continuamente di impressionarla, rimanendo bloccato dalle sue macchinazioni mentali e facendo sempre finta di incontrarla per caso, e pur tuttavia a causa della sfortuna rimanendo sempre ai margini delle vicende.
Questo non è certo l'unico dualismo dell'opera, che vive continuamente di opposti e di personaggi estremamente variegati e divergenti, ma comunque in qualche modo tutti collegati, e tutti accompagnati da una vena di eccentricità. Proprio "Il Re Eccentrico", musical itinerante e clandestino di denuncia a cura della compagnia di teatro universitaria è secondo me il punto più alto dell'opera: folle, surreale, in continuo mutamento della propria trama e in definitiva divertentissimo! Altra caratteristica surreale e affascinante è lo scorrere del tempo, che varia da personaggio a personaggio. Se questa strana notte che sembra per molti durare un anno, dura per la ragazza solo poche ore, per altri personaggi come il vecchio strozzino scorre invece molto più lentamente, tanto da sembrare lunga vari decenni.
Se anche a causa della breve durata, "The Night is Short Walk on, Girl" non è quel capolavoro di introspezione e di caratterizzazione dei personaggi che era invece la sua serie gemella, brilla invece per la qualità e la fluidità delle animazioni e per un ritmo ben sostenuto. Rimane invece invariata la straordinaria capacità di suscitare emozioni e risate. L'ending finale degli "Asian Kung Fu Generation" è azzeccatissima, e a film finito rimane una grandissima voglia di iscriversi all'università di Kyoto.
I protagonisti sono la ragazza dai capelli corvini e un suo senpai, anche esso senza nome. I due attraversano la stessa folle notte in modo antitetico: lei cerca di assaporare una delle sue prime esperienze notturne fatta di gran bevute, balli scatenati e improvvisazioni teatrali, cogliendo sempre l'attimo e diventando ovunque vada il centro dell'attenzione; nel suo peregrinare notturno, almeno all'inizio, la sua priorità non è certo focalizzarsi sui suoi compagni di serata. Lui invece in modo completamente opposto trascorre l'intera notte in funzione di lei, cercando continuamente di impressionarla, rimanendo bloccato dalle sue macchinazioni mentali e facendo sempre finta di incontrarla per caso, e pur tuttavia a causa della sfortuna rimanendo sempre ai margini delle vicende.
Questo non è certo l'unico dualismo dell'opera, che vive continuamente di opposti e di personaggi estremamente variegati e divergenti, ma comunque in qualche modo tutti collegati, e tutti accompagnati da una vena di eccentricità. Proprio "Il Re Eccentrico", musical itinerante e clandestino di denuncia a cura della compagnia di teatro universitaria è secondo me il punto più alto dell'opera: folle, surreale, in continuo mutamento della propria trama e in definitiva divertentissimo! Altra caratteristica surreale e affascinante è lo scorrere del tempo, che varia da personaggio a personaggio. Se questa strana notte che sembra per molti durare un anno, dura per la ragazza solo poche ore, per altri personaggi come il vecchio strozzino scorre invece molto più lentamente, tanto da sembrare lunga vari decenni.
Se anche a causa della breve durata, "The Night is Short Walk on, Girl" non è quel capolavoro di introspezione e di caratterizzazione dei personaggi che era invece la sua serie gemella, brilla invece per la qualità e la fluidità delle animazioni e per un ritmo ben sostenuto. Rimane invece invariata la straordinaria capacità di suscitare emozioni e risate. L'ending finale degli "Asian Kung Fu Generation" è azzeccatissima, e a film finito rimane una grandissima voglia di iscriversi all'università di Kyoto.
Il duo Yuasa-Morimi è indissolubile e capace di portarci in un mondo il cui stilema più distinguibile è la velocità dirompente, che ti fa rimbalzare il cervello da un punto all'altro della scatola cranica. Dopo 'The Tatami Galaxy' Yuasa decide di riportare in auge l'intera squadra, dallo sceneggiatore Ueda al compositore Oshima - bravo questa volta, ma non bravissimo, ma c'è da dire che non ha potuto esporre tutta la sua capacità, come spesso accade nei film -, compresi molti doppiatori (ma non tutti).
Chi conosce lo stile di Yuasa non sarà sconvolto affatto. Il suo stile rimane liquido, fluido. La solidità non esiste, i contorni sono sempre morbidi e variabili, e la regia aiuta tutto ciò spostandosi, riprendendo dalle posizioni meno consone, scardinando la prospettiva, mettendo a dura prova le leggi dell'ottica. L'immaginazione al potere, si sarebbe detto cinquant'anni orsono, compresi i colori, così liberi di esprimersi, ma giammai troppo esuberanti e limpidi. Lo stile di Yuasa, infatti, è sostanzialmente scuro. C'è sempre un sormontante grigiastro che pare insinuarsi tra i colori caldi e felici di cui sono composti protagonisti e scenografia: questa patina, che si realizza nella cupezza visivamente percepibile, è però primariamente rappresentata dal messaggio morale che gli Autori vogliono sottoporci.
I personaggi, più o meno tutti doppelgänger degli stessi di 'The Tatami Galaxy', sebbene viventi in un'altra, ulteriore Kyoto alternativa, mantengono però le stesse caratteristiche personali: la freschezza della protagonista, l'unico personaggio caratterizzato da colori chiari, inseguita dal protagonista, il ragazzo disadattato, perso in sé stesso e nella società opprimente e ripetitiva, e portatore lui stesso del sostanziale grigiore circondante tutti. Come in 'The Tatami Galaxy', il climax speculativo è ascendente: inizialmente le vicende sono lineari, la narrazione è semplice da seguire.
Una lunga notte, lunghissima, permette alla giovane ragazza di vivere al massimo la sua vita, in modo esagitato, ma sempre ragionato e posato, solo per sé stessa.
Una lunga notte, lunghissima, permette al giovane ragazzo di vivere la sua vita al minimo, tutta in funzione di lei, della sua idealizzazione.
L'albero yuasiano si ramifica e genera, nel mentre, tanti frutti secondari: si passa velocemente dalla comparsa di un semi-antagonista a una serie di musical di tutto rispetto, sino al palesarsi di un mercatino di libri usati. Questi frutti vengono colti dalla ragazza, che segue il suo filo di vita e va avanti, quasi come se stesse seguendo il suo flusso di coscienza. Il protagonista è la sua mera ombra.
Sebbene non chiaramente come in 'The Tatami Galaxy' - che devo ammettere essere molto più introspettivo e curato, in tal senso - anche qui viene ben presto a crollare il debole e sottile muro divisorio fra l'io ed il non-io, fra il soggetto e l'oggetto, mescolandosi tutto in una sola entità, che schopenhauerianamente sarebbe la volontà stessa, in questo caso del protagonista. Nel mondo reale venti si agitano, venti irrequieti nati dall'irrequietudine mentale di chi questa vita proprio non riesce ad acchiapparla.
Più passa il tempo e più la vita ci separa gli uni dagli altri. "Il tempo vissuto in isolamento fugge via come una saetta", le lancette roteano vorticosamente, mentre nulla accade nelle nostre esistenze, mentre solo i pensieri si dan da fare e rimangono attivi, pensieri che si accatastano gli uni sugli altri come se fosse una chiassosa e fin troppo democratica bulè (e quanto mi ha ricordato Woody Allen quella scena), sino a produrre quelle solite e trite decisioni sbagliate prese solamente per paura. In ciò sta la grandiosa comparazione che gli Autori fanno tra la breve notte della protagonista, lei capace di congelare il tempo, rendendo le poche ore durevoli un anno intero, dall'estate all'inverno, così simile alla lunga notte di Zeus e Alcmena, e la lunga, lunghissima notte del protagonista (e dell'antagonista), incapaci di avere il tempo nelle proprie mani, spettatori della vita propria e altrui.
Solo un immane sforzo, contro intemperie infernali, scalando enormi castelli mentali impervi e perigliosi, permette a qualcun altro di insinuarsi nelle pieghe cerebrali di chi non riesce ad accogliere in sé la vita. Questo enorme sforzo altrui, questo aiuto dall'esterno, però, non porta a nulla, se non è lo stesso moribondo a decidere di fare un passo al di fuori del suo feretro, perché "arriva il momento in cui dobbiamo rischiare di fare un balzo nell'oscurità, anche se dovessimo precipitare nell'inferno di un cuore infranto". E come non ricordare 'Welcome to the NHK' e il suo messaggio?
Il finale è bello, semplice come un sorriso.
Un'opera magistrale e importante. Una spanna sotto 'The Tatami Galaxy', ma fatta di un tessuto che va divenendo via via sempre più raro. Da conservare sotto chiave.
Chi conosce lo stile di Yuasa non sarà sconvolto affatto. Il suo stile rimane liquido, fluido. La solidità non esiste, i contorni sono sempre morbidi e variabili, e la regia aiuta tutto ciò spostandosi, riprendendo dalle posizioni meno consone, scardinando la prospettiva, mettendo a dura prova le leggi dell'ottica. L'immaginazione al potere, si sarebbe detto cinquant'anni orsono, compresi i colori, così liberi di esprimersi, ma giammai troppo esuberanti e limpidi. Lo stile di Yuasa, infatti, è sostanzialmente scuro. C'è sempre un sormontante grigiastro che pare insinuarsi tra i colori caldi e felici di cui sono composti protagonisti e scenografia: questa patina, che si realizza nella cupezza visivamente percepibile, è però primariamente rappresentata dal messaggio morale che gli Autori vogliono sottoporci.
I personaggi, più o meno tutti doppelgänger degli stessi di 'The Tatami Galaxy', sebbene viventi in un'altra, ulteriore Kyoto alternativa, mantengono però le stesse caratteristiche personali: la freschezza della protagonista, l'unico personaggio caratterizzato da colori chiari, inseguita dal protagonista, il ragazzo disadattato, perso in sé stesso e nella società opprimente e ripetitiva, e portatore lui stesso del sostanziale grigiore circondante tutti. Come in 'The Tatami Galaxy', il climax speculativo è ascendente: inizialmente le vicende sono lineari, la narrazione è semplice da seguire.
Una lunga notte, lunghissima, permette alla giovane ragazza di vivere al massimo la sua vita, in modo esagitato, ma sempre ragionato e posato, solo per sé stessa.
Una lunga notte, lunghissima, permette al giovane ragazzo di vivere la sua vita al minimo, tutta in funzione di lei, della sua idealizzazione.
L'albero yuasiano si ramifica e genera, nel mentre, tanti frutti secondari: si passa velocemente dalla comparsa di un semi-antagonista a una serie di musical di tutto rispetto, sino al palesarsi di un mercatino di libri usati. Questi frutti vengono colti dalla ragazza, che segue il suo filo di vita e va avanti, quasi come se stesse seguendo il suo flusso di coscienza. Il protagonista è la sua mera ombra.
Sebbene non chiaramente come in 'The Tatami Galaxy' - che devo ammettere essere molto più introspettivo e curato, in tal senso - anche qui viene ben presto a crollare il debole e sottile muro divisorio fra l'io ed il non-io, fra il soggetto e l'oggetto, mescolandosi tutto in una sola entità, che schopenhauerianamente sarebbe la volontà stessa, in questo caso del protagonista. Nel mondo reale venti si agitano, venti irrequieti nati dall'irrequietudine mentale di chi questa vita proprio non riesce ad acchiapparla.
Più passa il tempo e più la vita ci separa gli uni dagli altri. "Il tempo vissuto in isolamento fugge via come una saetta", le lancette roteano vorticosamente, mentre nulla accade nelle nostre esistenze, mentre solo i pensieri si dan da fare e rimangono attivi, pensieri che si accatastano gli uni sugli altri come se fosse una chiassosa e fin troppo democratica bulè (e quanto mi ha ricordato Woody Allen quella scena), sino a produrre quelle solite e trite decisioni sbagliate prese solamente per paura. In ciò sta la grandiosa comparazione che gli Autori fanno tra la breve notte della protagonista, lei capace di congelare il tempo, rendendo le poche ore durevoli un anno intero, dall'estate all'inverno, così simile alla lunga notte di Zeus e Alcmena, e la lunga, lunghissima notte del protagonista (e dell'antagonista), incapaci di avere il tempo nelle proprie mani, spettatori della vita propria e altrui.
Solo un immane sforzo, contro intemperie infernali, scalando enormi castelli mentali impervi e perigliosi, permette a qualcun altro di insinuarsi nelle pieghe cerebrali di chi non riesce ad accogliere in sé la vita. Questo enorme sforzo altrui, questo aiuto dall'esterno, però, non porta a nulla, se non è lo stesso moribondo a decidere di fare un passo al di fuori del suo feretro, perché "arriva il momento in cui dobbiamo rischiare di fare un balzo nell'oscurità, anche se dovessimo precipitare nell'inferno di un cuore infranto". E come non ricordare 'Welcome to the NHK' e il suo messaggio?
Il finale è bello, semplice come un sorriso.
Un'opera magistrale e importante. Una spanna sotto 'The Tatami Galaxy', ma fatta di un tessuto che va divenendo via via sempre più raro. Da conservare sotto chiave.