Umi Monogatari ~Anata ga Ite Kureta Koto~
Ho deciso di vedere questa breve serie attratto da due fattori: le immagini viste sul web e, soprattutto, la regia di Junichi Sato, già regista di alcune serie che ho amato tantissimo ("Sailor Moon", "Magica Doremì" e "Princess Tutu"). Non sono rimasto deluso, anzi! La serie mi ha talmente preso che ho finito per vederla tutta in una giornata soltanto: d'altra parte consta di tredici episodi (dodici per la vicenda vera e propria più un episodio finale filler).
La trama è piuttosto lineare e l'antefatto riutilizza in maniera sensata e piacevole le classiche premesse di tutti i majokko/sentai in "stile Sailor Moon": Marin, una ragazza che vive nel fondo dell'oceano, trova per caso un anello proveniente dal "mondo del cielo" (cioè la terraferma) e decide di avventurarvisi per restituire il prezioso oggetto a chi l'ha perduto. Nel suo viaggio viene seguita dalla sorellina minore, Urin. Durante la loro indagine sull'isola, vicina al punto dell'oceano dove abitano, riescono a ritrovare la proprietaria dell'anello, Kanon, una studentessa di diciotto anni dal carattere scontroso, recentemente scaricata dal suo fidanzato. Per sbaglio Urin rompe il sigillo di una tomba e libera Sedna, un'entità malvagia; risveglia anche Matsumoto, una tartaruga parlante, che donerà a Marin e Kanon dei poteri magici, affinché, trasformatesi in "miko", impediscano il completo risveglio di Sedna e l'avvento dell'oscurità... Il resto lo scoprirete guardando la serie!
L'antefatto è dunque piuttosto "classico" e così sarà anche lo svolgimento della vicenda. Alcune cose sapranno di "già visto", soprattutto il rapporto tra Marin e Urin, per certi aspetti estremamente simile a quello tra Usagi e Chibiusa nella seconda serie di "Sailor Moon". Altro punto in comune con quest'ultima famosissima serie è anche quella che ne è in fondo la tematica principale, cioè la lotta tra bene e male, che non può risolversi nella vittoria dell'uno o dell'altro principio. Tuttavia, nonostante quindi "Umi monogatari" non presenti tematiche nuove, riesce a gestire elementi già raccontati in una serie piacevolissima e frizzante, grazie alla caratterizzazione dei personaggi principali e alla presenza di vari personaggi secondari piuttosto divertenti (come la mamma di Kanon, oppure Sam, ragazzo belloccio dell'oceano, che è una parodia del genere "bishonen" tanto caro agli shojo classici). Pur nella sua brevità, la serie riesce a indagare nei cuori delle tre protagoniste e a scandagliare quelli che all'apparenza sembravano dei caratteri un po' stereotipati, con delle semplici ma piacevoli riflessioni sui vari aspetti dei sentimenti umani (l'amore fraterno, l'amicizia come amore, l'amore passione). Non nego che sul finale qualche lacrimuccia è scesa!
Altri punti a favore di "Umi monogatari": il character design piacevolissimo, moderno ma equilibrato (le ragazze finalmente sembrano di nuovo adolescenti e le bambine sono bambine, come negli anime degli anni Novanta!), i fondali piacevoli, la scelta dei colori, le trasformazioni e gli incantesimi semplici e d'effetto (senza le lungaggini noiose e pacchiane scaturite sulla falsariga di "Sailor Moon"), le animazioni sempre scorrevoli, l'attenzione per i dettagli grafici (ogni personaggio è ben caratterizzato fisicamente e diverso dagli altri; inoltre, cosa sempre piacevole quando c'è, le ragazze cambiano vestiti ad ogni episodio). E, forse, altro punto a favore della serie è proprio la sua brevità: in fin dei conti si tratta di dodici episodi tutti "di trama", senza filler (quindi nella norma rispetto al solito canone della "serie madre alla marinara", dove per ogni serie di una quarantina di episodi circa, soltanto una decina, o anche meno, formavano la trama vera e propria della vicenda). Dimenticavo - poi smetto di elencare i pregi (ma se ci sono, perché negarli?): il doppiaggio! Davvero azzeccate tutte le voci (ovviamente parlo dell'edizione giapponese, visto che al momento la serie è inedita in Italia).
Se proprio devo trovare un difetto, allora devo dire di non aver particolarmente apprezzato la colonna sonora, sia canzoni che soundtrack. Quest'ultima è praticamente irrilevante (non c'è nessuna melodia di sottofondo che mi sia rimasta impressa), mentre le canzoni (sigla di apertura, sigla di chiusura e la "canzone dell'isola", che ricorre varie volte nel corso della serie) hanno sì dei bei testi, ma l'arrangiamento è quasi insulso e le cantanti non mi sono piaciute granché. Soprattutto per la canzone dell'isola avrei preferito una di quelle belle melodie che sanno di tradizione, magari cantata da una di quelle classiche "voci melodiche" giapponesi. La sigla finale ha a suo favore uno storyboard bellissimo: come in un teatrino o in un cinema marino, Marin e Urin vedono scorrere la storia della "Sirenetta" di Andersen!
Difetto "neutro": c'è un pizzico di fan service dovuto alle generose (ma non eccessive e volgari!) curve di alcune ragazze, ma ci giocano in maniera intelligente e riescono a trarne delle scenette realmente comiche e non del tutto gratuite.
In conclusione: serie consigliatissima a tutti quelli a cui piace il genere di "Sailor Moon", ma anche a chi ama le serie sulla vita quotidiana (perché c'è tanta piacevole quotidianità e senso di relax, ovviamente quando le eroine non devono combattere). Un'altra eccellente e graditissima prova di Junichi Sato!
La trama è piuttosto lineare e l'antefatto riutilizza in maniera sensata e piacevole le classiche premesse di tutti i majokko/sentai in "stile Sailor Moon": Marin, una ragazza che vive nel fondo dell'oceano, trova per caso un anello proveniente dal "mondo del cielo" (cioè la terraferma) e decide di avventurarvisi per restituire il prezioso oggetto a chi l'ha perduto. Nel suo viaggio viene seguita dalla sorellina minore, Urin. Durante la loro indagine sull'isola, vicina al punto dell'oceano dove abitano, riescono a ritrovare la proprietaria dell'anello, Kanon, una studentessa di diciotto anni dal carattere scontroso, recentemente scaricata dal suo fidanzato. Per sbaglio Urin rompe il sigillo di una tomba e libera Sedna, un'entità malvagia; risveglia anche Matsumoto, una tartaruga parlante, che donerà a Marin e Kanon dei poteri magici, affinché, trasformatesi in "miko", impediscano il completo risveglio di Sedna e l'avvento dell'oscurità... Il resto lo scoprirete guardando la serie!
L'antefatto è dunque piuttosto "classico" e così sarà anche lo svolgimento della vicenda. Alcune cose sapranno di "già visto", soprattutto il rapporto tra Marin e Urin, per certi aspetti estremamente simile a quello tra Usagi e Chibiusa nella seconda serie di "Sailor Moon". Altro punto in comune con quest'ultima famosissima serie è anche quella che ne è in fondo la tematica principale, cioè la lotta tra bene e male, che non può risolversi nella vittoria dell'uno o dell'altro principio. Tuttavia, nonostante quindi "Umi monogatari" non presenti tematiche nuove, riesce a gestire elementi già raccontati in una serie piacevolissima e frizzante, grazie alla caratterizzazione dei personaggi principali e alla presenza di vari personaggi secondari piuttosto divertenti (come la mamma di Kanon, oppure Sam, ragazzo belloccio dell'oceano, che è una parodia del genere "bishonen" tanto caro agli shojo classici). Pur nella sua brevità, la serie riesce a indagare nei cuori delle tre protagoniste e a scandagliare quelli che all'apparenza sembravano dei caratteri un po' stereotipati, con delle semplici ma piacevoli riflessioni sui vari aspetti dei sentimenti umani (l'amore fraterno, l'amicizia come amore, l'amore passione). Non nego che sul finale qualche lacrimuccia è scesa!
Altri punti a favore di "Umi monogatari": il character design piacevolissimo, moderno ma equilibrato (le ragazze finalmente sembrano di nuovo adolescenti e le bambine sono bambine, come negli anime degli anni Novanta!), i fondali piacevoli, la scelta dei colori, le trasformazioni e gli incantesimi semplici e d'effetto (senza le lungaggini noiose e pacchiane scaturite sulla falsariga di "Sailor Moon"), le animazioni sempre scorrevoli, l'attenzione per i dettagli grafici (ogni personaggio è ben caratterizzato fisicamente e diverso dagli altri; inoltre, cosa sempre piacevole quando c'è, le ragazze cambiano vestiti ad ogni episodio). E, forse, altro punto a favore della serie è proprio la sua brevità: in fin dei conti si tratta di dodici episodi tutti "di trama", senza filler (quindi nella norma rispetto al solito canone della "serie madre alla marinara", dove per ogni serie di una quarantina di episodi circa, soltanto una decina, o anche meno, formavano la trama vera e propria della vicenda). Dimenticavo - poi smetto di elencare i pregi (ma se ci sono, perché negarli?): il doppiaggio! Davvero azzeccate tutte le voci (ovviamente parlo dell'edizione giapponese, visto che al momento la serie è inedita in Italia).
Se proprio devo trovare un difetto, allora devo dire di non aver particolarmente apprezzato la colonna sonora, sia canzoni che soundtrack. Quest'ultima è praticamente irrilevante (non c'è nessuna melodia di sottofondo che mi sia rimasta impressa), mentre le canzoni (sigla di apertura, sigla di chiusura e la "canzone dell'isola", che ricorre varie volte nel corso della serie) hanno sì dei bei testi, ma l'arrangiamento è quasi insulso e le cantanti non mi sono piaciute granché. Soprattutto per la canzone dell'isola avrei preferito una di quelle belle melodie che sanno di tradizione, magari cantata da una di quelle classiche "voci melodiche" giapponesi. La sigla finale ha a suo favore uno storyboard bellissimo: come in un teatrino o in un cinema marino, Marin e Urin vedono scorrere la storia della "Sirenetta" di Andersen!
Difetto "neutro": c'è un pizzico di fan service dovuto alle generose (ma non eccessive e volgari!) curve di alcune ragazze, ma ci giocano in maniera intelligente e riescono a trarne delle scenette realmente comiche e non del tutto gratuite.
In conclusione: serie consigliatissima a tutti quelli a cui piace il genere di "Sailor Moon", ma anche a chi ama le serie sulla vita quotidiana (perché c'è tanta piacevole quotidianità e senso di relax, ovviamente quando le eroine non devono combattere). Un'altra eccellente e graditissima prova di Junichi Sato!
"Umi monogatari" è una serie TV marina e fantasy, trasmessa interamente durante l'estate 2009.
In un'isoletta giapponese, proprio durante l'estate, si ripete un avvenimento tipico del luogo:
Un'entità maligna di nome Sedna situata nel mare si risveglia e contemporaneamente viene affidato da un tartarugone marino parlante il ruolo di sacerdotessa del cielo e del mare a due ragazze del luogo.
La sacerdotessa del cielo è Kanon, una ragazza che frequenta l'ultimo anno di superiori e da sempre emana un'aurea maligna che le provoca problemi sociali, in particolare col fidanzato.
La sacerdotessa del mare è invece Marin, una creatura acquatica (in pratica una sirena con le gambe) che vive spensieratamente negli abissi assieme agli altri suoi simili ed in particolare alla sorellina Urin, a cui è molto legata.
Sedna non ha corpo e attacca le due miko impossessandosi di quello di pesci e altre creature marine e dando loro un aspetto umano.
La farraginosità del suo potere sta però nel fatto che può accrescere la sua forza solo impossessandosi di qualcuno che abbia un cuore impuro che non possegga più speranza.
Sarà così che cercherà di ottenere senza successo prima il corpo di Kanon, poi quello di Marin ed in seguito riuscirà a colpire... Non ve lo dico, altrimenti spoilero troppo!
Questa è una serie piacevole, molto estiva.
Le animazioni sono fluide come l'acqua che imperversa nell'anime, il character design è piacevole, i fondali sono curati ma non esageratamente e le trasformazioni delle ragazze in sacerdotesse fanno tanto Sailor moon.
C'è pochissimo fanservice, ci sono molte scene comiche e tanti personaggi marginali che rimangono tali.
Non viene dato grandissimo spazio ai sentimenti e alla psicologia dei personaggi e gli stessi rapporti che intercorrono tra le due miko, tra Marin e Urin e tra Kanon e Kojima (il suo ragazzo) non sono chiari.
Le stesse miko sono molo semplici e un pò stereotipate.
La maggior parte dell'anime si basa sulla classica dicotomia bene/male Luce/oscurità e il messaggio finale è che in ogni cuore normale, queste due parti coesistono senza prevalere l'una sull'altra.
La cosa che mi è piaciuta maggiormente, oltre all'ambientazione che è davvero piacevole, è la musica. Entrambe infatti contribuiscono a dare un tocco di Giappone medievale all'intera serie.
In definitiva, Umi Monogatari non è un capolavoro ma neanche una schifezza.
Lo consiglio quindi agli amanti del genere magico e soprannaturale e a tutti coloro che hanno voglia di vedere un anime semplice e rilassante.
In un'isoletta giapponese, proprio durante l'estate, si ripete un avvenimento tipico del luogo:
Un'entità maligna di nome Sedna situata nel mare si risveglia e contemporaneamente viene affidato da un tartarugone marino parlante il ruolo di sacerdotessa del cielo e del mare a due ragazze del luogo.
La sacerdotessa del cielo è Kanon, una ragazza che frequenta l'ultimo anno di superiori e da sempre emana un'aurea maligna che le provoca problemi sociali, in particolare col fidanzato.
La sacerdotessa del mare è invece Marin, una creatura acquatica (in pratica una sirena con le gambe) che vive spensieratamente negli abissi assieme agli altri suoi simili ed in particolare alla sorellina Urin, a cui è molto legata.
Sedna non ha corpo e attacca le due miko impossessandosi di quello di pesci e altre creature marine e dando loro un aspetto umano.
La farraginosità del suo potere sta però nel fatto che può accrescere la sua forza solo impossessandosi di qualcuno che abbia un cuore impuro che non possegga più speranza.
Sarà così che cercherà di ottenere senza successo prima il corpo di Kanon, poi quello di Marin ed in seguito riuscirà a colpire... Non ve lo dico, altrimenti spoilero troppo!
Questa è una serie piacevole, molto estiva.
Le animazioni sono fluide come l'acqua che imperversa nell'anime, il character design è piacevole, i fondali sono curati ma non esageratamente e le trasformazioni delle ragazze in sacerdotesse fanno tanto Sailor moon.
C'è pochissimo fanservice, ci sono molte scene comiche e tanti personaggi marginali che rimangono tali.
Non viene dato grandissimo spazio ai sentimenti e alla psicologia dei personaggi e gli stessi rapporti che intercorrono tra le due miko, tra Marin e Urin e tra Kanon e Kojima (il suo ragazzo) non sono chiari.
Le stesse miko sono molo semplici e un pò stereotipate.
La maggior parte dell'anime si basa sulla classica dicotomia bene/male Luce/oscurità e il messaggio finale è che in ogni cuore normale, queste due parti coesistono senza prevalere l'una sull'altra.
La cosa che mi è piaciuta maggiormente, oltre all'ambientazione che è davvero piacevole, è la musica. Entrambe infatti contribuiscono a dare un tocco di Giappone medievale all'intera serie.
In definitiva, Umi Monogatari non è un capolavoro ma neanche una schifezza.
Lo consiglio quindi agli amanti del genere magico e soprannaturale e a tutti coloro che hanno voglia di vedere un anime semplice e rilassante.