Captain Tsubasa (2018)
“Captain Tsubasa” è il remake della serie originale del 1983 “Holly e Benji - Due fuoriclasse” che a sua volta era la trasposizione animata del manga di Yoichi Takahashi del 1981. Premetto fin da subito che della serie originale vidi solo alcuni episodi, di conseguenza, il mio giudizio non è influenzato in nessun modo da confronti tra le due serie. Posso invece giudicare la serie in quanto trasposizione, visto che qualche anno fa lessi il manga che oltretutto mi piacque molto.
I 52 episodi comunque non sono una trasposizione completa, ma si limitano a adattare i primi due archi narrativi del manga. Inoltre, non si tratta di un remake fedele al 100% visto che la serie è ambientata ai giorni nostri e non negli anni Ottanta. Partirei analizzando proprio questo punto che secondo me può essere visto in modo sia positivo che negativo. Da un lato si può dire che aver ambientato la serie nell’epoca degli smartphone e computer ha in parte ringiovanito un prodotto che in alternativa sarebbe stato un po’ anacronistico. Inoltre, credo sia stata una precisa scelta per cercare di raggiungere più facilmente il pubblico giovane. Dall’altro però in questo modo è in parte venuto meno lo spirito dell’opera originale. Nel manga si percepisce che la storia è ambientata in un’epoca in cui il calcio era poco seguito in Giappone e quindi i protagonisti con il loro talento rappresentavano una svolta nel panorama sportivo nipponico. Ma oggi il calcio (probabilmente proprio grazie a Tsubasa e compagni) anche in Giappone è molto popolare, quindi a mio avviso si è un po’ persa la carica innovativa del prodotto originale. Senza contare che probabilmente questo potrebbe essere stato uno dei fattori decisivi per non produrre la parte successiva della storia del manga, dove i protagonisti affrontano avversari di livello internazionale chiaramente ispirati ai calciatori dell’epoca. Vedere Tsubasa competere contro avversari chiaramente ispirati a Platini o Maradona nel nostro presente non avrebbe avuto molto senso, o quantomeno avrebbe generato un effetto strano. A tal proposito, anche alcuni risvolti narrativi hanno perso credibilità, in particolare la scelta di Tsubasa di andare in Brasile. Non sono un esperto di storia del calcio, quindi non so quanto fosse competitivo il campionato brasiliano nei primi anni Ottanta. Però oggi non ha molto senso che un giovane calciatore abbia come sogno quello di trasferirsi in Brasile per far carriera, ma piuttosto quello di venire in Europa visto che ormai la differenza tra i campionati europei e sudamericani è abissale. Anche qui naturalmente è la prospettiva ad essere cambiata. Magari per un bambino giapponese del 1981 anche andare in Brasile poteva essere un mito, visto che all’epoca in Giappone non esisteva neanche un campionato professionistico. Ma oggi le cose sono troppo cambiate.
Aldilà di questo discorso, la serie è comunque apprezzabile. Sicuramente riesce a intrattenere visto che le partite risultano molto godibili e spettacolari. Alcuni personaggi sono abbastanza memorabili, altri invece sono tremendi e qui purtroppo non posso fare a meno di notare quanto sia ridicolo il ruolo di tutti i personaggi femminili di questa serie. Dal punto di vista tecnico invece la serie è stata realizzata a dovere. Disegni e animazioni sono a posto. Gli effetti sonori sono veramente ottimi, specie durante alcune mosse speciali.
Per tutto il resto, direi che “Captain Tsubasa” è una serie divertente e godibile che riesce ad esaltare lo spettatore con facilità. Di contro non c’è dubbio che l’operazione di remake, anche se ha svecchiato il prodotto e ha permesso al pubblico internazionale di avere una versione con i dialoghi fedeli all’originale, ha perso parte dello spirito che contraddistingueva una storia che doveva appassionare un pubblico poco interessato ad uno sport che invece oggi è molto seguito anche in Giappone.
I 52 episodi comunque non sono una trasposizione completa, ma si limitano a adattare i primi due archi narrativi del manga. Inoltre, non si tratta di un remake fedele al 100% visto che la serie è ambientata ai giorni nostri e non negli anni Ottanta. Partirei analizzando proprio questo punto che secondo me può essere visto in modo sia positivo che negativo. Da un lato si può dire che aver ambientato la serie nell’epoca degli smartphone e computer ha in parte ringiovanito un prodotto che in alternativa sarebbe stato un po’ anacronistico. Inoltre, credo sia stata una precisa scelta per cercare di raggiungere più facilmente il pubblico giovane. Dall’altro però in questo modo è in parte venuto meno lo spirito dell’opera originale. Nel manga si percepisce che la storia è ambientata in un’epoca in cui il calcio era poco seguito in Giappone e quindi i protagonisti con il loro talento rappresentavano una svolta nel panorama sportivo nipponico. Ma oggi il calcio (probabilmente proprio grazie a Tsubasa e compagni) anche in Giappone è molto popolare, quindi a mio avviso si è un po’ persa la carica innovativa del prodotto originale. Senza contare che probabilmente questo potrebbe essere stato uno dei fattori decisivi per non produrre la parte successiva della storia del manga, dove i protagonisti affrontano avversari di livello internazionale chiaramente ispirati ai calciatori dell’epoca. Vedere Tsubasa competere contro avversari chiaramente ispirati a Platini o Maradona nel nostro presente non avrebbe avuto molto senso, o quantomeno avrebbe generato un effetto strano. A tal proposito, anche alcuni risvolti narrativi hanno perso credibilità, in particolare la scelta di Tsubasa di andare in Brasile. Non sono un esperto di storia del calcio, quindi non so quanto fosse competitivo il campionato brasiliano nei primi anni Ottanta. Però oggi non ha molto senso che un giovane calciatore abbia come sogno quello di trasferirsi in Brasile per far carriera, ma piuttosto quello di venire in Europa visto che ormai la differenza tra i campionati europei e sudamericani è abissale. Anche qui naturalmente è la prospettiva ad essere cambiata. Magari per un bambino giapponese del 1981 anche andare in Brasile poteva essere un mito, visto che all’epoca in Giappone non esisteva neanche un campionato professionistico. Ma oggi le cose sono troppo cambiate.
Aldilà di questo discorso, la serie è comunque apprezzabile. Sicuramente riesce a intrattenere visto che le partite risultano molto godibili e spettacolari. Alcuni personaggi sono abbastanza memorabili, altri invece sono tremendi e qui purtroppo non posso fare a meno di notare quanto sia ridicolo il ruolo di tutti i personaggi femminili di questa serie. Dal punto di vista tecnico invece la serie è stata realizzata a dovere. Disegni e animazioni sono a posto. Gli effetti sonori sono veramente ottimi, specie durante alcune mosse speciali.
Per tutto il resto, direi che “Captain Tsubasa” è una serie divertente e godibile che riesce ad esaltare lo spettatore con facilità. Di contro non c’è dubbio che l’operazione di remake, anche se ha svecchiato il prodotto e ha permesso al pubblico internazionale di avere una versione con i dialoghi fedeli all’originale, ha perso parte dello spirito che contraddistingueva una storia che doveva appassionare un pubblico poco interessato ad uno sport che invece oggi è molto seguito anche in Giappone.
Ho seguito questa serie per curiosità, per vedere se poteva competere con quella originale del 1983.
Al primo impatto non mi aveva entusiasmata particolarmente, poi l'ho seguita con più attenzione e devo dire che è stata una bella serie. Quel che mi è piaciuto molto è stato il fatto di potermi godere le partite perché duravano molto meno rispetto all'originale! La storia scorreva. Non annoiava affatto!
Poi qui è stato riadattato ai tempi nostri con i personaggi che smanettavano tablet, cellulari e facebook (in una delle prime puntate si vede Tom Baker che fa una foto col cellulare e la posta su internet, su una pagina che, anche se scritta in giapponese, ricordava proprio facebook). Non mi sono piaciuti invece i tiri troppo assurdi, un po' come nell'originale, ma qui si tocca proprio l'assurdo, sembrava una puntata di Dragon Ball, troppi "effetti".
In questa serie forse avrei aggiunto più dettagli nella storia, un racconto in più sui personaggi, almeno quelli principali. Poi ho notato che Tom, nella penultima puntata, dedica la sua ultima rincorsa, prima del colpo al palo, ad entrambi i genitori, mentre nella serie dell'83 la madre di Tom compare in una sola puntata dove viene raccontata la sua storia, prima di lasciare il Giappone per andare in Francia.
Rivista una seconda volta, questa serie con questi adattamenti, mi è piaciuta!!
Al primo impatto non mi aveva entusiasmata particolarmente, poi l'ho seguita con più attenzione e devo dire che è stata una bella serie. Quel che mi è piaciuto molto è stato il fatto di potermi godere le partite perché duravano molto meno rispetto all'originale! La storia scorreva. Non annoiava affatto!
Poi qui è stato riadattato ai tempi nostri con i personaggi che smanettavano tablet, cellulari e facebook (in una delle prime puntate si vede Tom Baker che fa una foto col cellulare e la posta su internet, su una pagina che, anche se scritta in giapponese, ricordava proprio facebook). Non mi sono piaciuti invece i tiri troppo assurdi, un po' come nell'originale, ma qui si tocca proprio l'assurdo, sembrava una puntata di Dragon Ball, troppi "effetti".
In questa serie forse avrei aggiunto più dettagli nella storia, un racconto in più sui personaggi, almeno quelli principali. Poi ho notato che Tom, nella penultima puntata, dedica la sua ultima rincorsa, prima del colpo al palo, ad entrambi i genitori, mentre nella serie dell'83 la madre di Tom compare in una sola puntata dove viene raccontata la sua storia, prima di lasciare il Giappone per andare in Francia.
Rivista una seconda volta, questa serie con questi adattamenti, mi è piaciuta!!