Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai
Ho deciso di guardare questo anime perché suggeritomi dalla stessa persona che mi ha consigliato "Oregairu", quindi non potevo non prenderla in considerazione.
Dopo un inizio che mi ha leggermente stranito (non amo particolarmente gli anime a tema sovrannaturale), il susseguirsi delle puntate mi ha letteralmente rapito.
La trama è stata ampiamente descritta in modo fantastico dagli altri utenti, quindi eviterò. Anche il discorso degli archi narrativi e del significato correlato alla società e ai suoi problemi (bullismo in primis) è stato già analizzato in modo perfetto.
Quello che mi ha colpito di più però è stata l'umanità e il realismo che hanno trasferito al protagonista. A differenza di centinaia di anime di questo genere, Sakuta è un personaggio vero, che quasi ti sembra di conoscere, che si comporta come ti comporteresti tu nella sua situazione, che urla quando c'è da urlare, che piange quando piangeresti anche tu e che fa battute spinte con la sua ragazza proprio come faresti tu. Non arrossisce quando sfiora la mano della ragazza che ama, anzi... è un personaggio incredibilmente caratterizzato che rompe gli schemi e i cliché tipici delle produzioni nipponiche. Di solito elogio la scrittura delle protagoniste, lasciando le briciole alle controparti maschili; qui invece la situazione è ribaltata.
Per dovere di cronaca, comunque anche Mai, Rio e la sorellina Kaede (che credo sia uno dei personaggi più teneri e dolci mai scritti) son davvero interessanti. Ma Sakuta per me è su un altro livello.
Ora son curioso di visionare i due film dedicati, per approfondire la storia.
Consigliato senza se e senza ma.
Dopo un inizio che mi ha leggermente stranito (non amo particolarmente gli anime a tema sovrannaturale), il susseguirsi delle puntate mi ha letteralmente rapito.
La trama è stata ampiamente descritta in modo fantastico dagli altri utenti, quindi eviterò. Anche il discorso degli archi narrativi e del significato correlato alla società e ai suoi problemi (bullismo in primis) è stato già analizzato in modo perfetto.
Quello che mi ha colpito di più però è stata l'umanità e il realismo che hanno trasferito al protagonista. A differenza di centinaia di anime di questo genere, Sakuta è un personaggio vero, che quasi ti sembra di conoscere, che si comporta come ti comporteresti tu nella sua situazione, che urla quando c'è da urlare, che piange quando piangeresti anche tu e che fa battute spinte con la sua ragazza proprio come faresti tu. Non arrossisce quando sfiora la mano della ragazza che ama, anzi... è un personaggio incredibilmente caratterizzato che rompe gli schemi e i cliché tipici delle produzioni nipponiche. Di solito elogio la scrittura delle protagoniste, lasciando le briciole alle controparti maschili; qui invece la situazione è ribaltata.
Per dovere di cronaca, comunque anche Mai, Rio e la sorellina Kaede (che credo sia uno dei personaggi più teneri e dolci mai scritti) son davvero interessanti. Ma Sakuta per me è su un altro livello.
Ora son curioso di visionare i due film dedicati, per approfondire la storia.
Consigliato senza se e senza ma.
Un liceale (Sakuta) incontra una bellissima ragazza (Mai) vestita da coniglietta, la quale risulta invisibile a tutte le altre persone, e l’aiuterà a risolvere il suo problema. Sarà la prima di una serie di vicende a tema sovrannaturale (della durata di tre episodi circa ciascuna) in cui lui si ritroverà ad aiutare le vittime (tutte casualmente ragazze bellissime) di quella che chiama “sindrome adolescenziale”, una particolare condizione che provoca, a quanto pare, fenomeni paranormali.
Se avete un senso di deja-vu leggendo questa sinossi, è probabilmente dovuto al fatto che avete visto le “Monogatari Series”: questo anime ne è infatti talmente ispirato, da sembrare apparentemente quasi un plagio. A partire dalla struttura che, come detto, è a cicli di pochi episodi ognuno su una ragazza diversa. Anche in questo caso (sono dettagli, ma rafforzano il senso di deja-vu), ad ogni ciclo corrisponde una sua sigla ending diversa.
I personaggi principali poi: Sakuta Azusagawa, il protagonista, è praticamente Koyomi Araragi, un ragazzo gentile che ha una grande propensione all’aiuto e si ritroverà ad aiutare splendide fanciulle che finiranno a far parte del suo harem. Mai Sakurajima è la copia sputata di Hitagi Senjogahara: tipica tsundere con la lingua appuntita, instaura subito una relazione “bastone e carota” con Sakuta. Rio Futaba è Tsubasa Hanekawa: compagna di scuola di Sakuta, molto matura, intelligente, tutta occhiali e tettone, aiuta Sakuta nell’analizzare le varie condizioni sovrannaturali.
Tuttavia non fraintendetemi, non sto scrivendo tutto questo in termini spregiativi: nonostante la matrice sia palesemente quella, non è una semplice scopiazzatura di “Monogatari Series”, e anzi ritengo che ne sia anche superiore, poiché ha conservato i pregi rimuovendo i difetti.
In primis ha rimosso quell’eccessiva, sterile e sfiancante verbosità che rendeva la visione di un episodio di “Monogatari Series” alla stregua di una prova di resistenza darwiniana. I dialoghi di “Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai” inoltre hanno tutti un senso per la trama, non sono infiniti giochi verbali fini a sé stessi che potresti tranquillamente saltare senza perderti nulla della storia. E poi c’è poco fanservice, a differenza di “Monogatari Series”, dove le scene ecchi sono frequentissime e gratuite.
“Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai” è in conclusione un anime molto più piacevole da guardare, le storie hanno il giusto mix di mistero e sentimento, le puntate scorrono via fluide, i dialoghi sono fatti bene. Il sovrannaturale c’è, ma non è preponderante, di base sono come dei glitch all’interno di una realtà quotidiana.
Sull’animazione e colonna sonora a mio parere si poteva fare di più.
Un anime molto carino che consiglierei sicuramente, specialmente a coloro a cui era piaciuto il concept e l’atmosfera di “Monogatari Series”, ma l’aveva abbandonato per l’eccessiva pesantezza, o in generale a coloro ai quali stuzzica l’idea di un romance ad ambientazione sovrannaturale (ma non troppo).
Se avete un senso di deja-vu leggendo questa sinossi, è probabilmente dovuto al fatto che avete visto le “Monogatari Series”: questo anime ne è infatti talmente ispirato, da sembrare apparentemente quasi un plagio. A partire dalla struttura che, come detto, è a cicli di pochi episodi ognuno su una ragazza diversa. Anche in questo caso (sono dettagli, ma rafforzano il senso di deja-vu), ad ogni ciclo corrisponde una sua sigla ending diversa.
I personaggi principali poi: Sakuta Azusagawa, il protagonista, è praticamente Koyomi Araragi, un ragazzo gentile che ha una grande propensione all’aiuto e si ritroverà ad aiutare splendide fanciulle che finiranno a far parte del suo harem. Mai Sakurajima è la copia sputata di Hitagi Senjogahara: tipica tsundere con la lingua appuntita, instaura subito una relazione “bastone e carota” con Sakuta. Rio Futaba è Tsubasa Hanekawa: compagna di scuola di Sakuta, molto matura, intelligente, tutta occhiali e tettone, aiuta Sakuta nell’analizzare le varie condizioni sovrannaturali.
Tuttavia non fraintendetemi, non sto scrivendo tutto questo in termini spregiativi: nonostante la matrice sia palesemente quella, non è una semplice scopiazzatura di “Monogatari Series”, e anzi ritengo che ne sia anche superiore, poiché ha conservato i pregi rimuovendo i difetti.
In primis ha rimosso quell’eccessiva, sterile e sfiancante verbosità che rendeva la visione di un episodio di “Monogatari Series” alla stregua di una prova di resistenza darwiniana. I dialoghi di “Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai” inoltre hanno tutti un senso per la trama, non sono infiniti giochi verbali fini a sé stessi che potresti tranquillamente saltare senza perderti nulla della storia. E poi c’è poco fanservice, a differenza di “Monogatari Series”, dove le scene ecchi sono frequentissime e gratuite.
“Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai” è in conclusione un anime molto più piacevole da guardare, le storie hanno il giusto mix di mistero e sentimento, le puntate scorrono via fluide, i dialoghi sono fatti bene. Il sovrannaturale c’è, ma non è preponderante, di base sono come dei glitch all’interno di una realtà quotidiana.
Sull’animazione e colonna sonora a mio parere si poteva fare di più.
Un anime molto carino che consiglierei sicuramente, specialmente a coloro a cui era piaciuto il concept e l’atmosfera di “Monogatari Series”, ma l’aveva abbandonato per l’eccessiva pesantezza, o in generale a coloro ai quali stuzzica l’idea di un romance ad ambientazione sovrannaturale (ma non troppo).
"La difficoltà a gestire le complessità del reale comporta sempre la rinuncia ad essere sé stessi e alla propria esistenza?"
Questa è la sensazione che mi ha suscitato la visione di "Seishun Buta Yarō wa Banī Gāru Senpai no Yume o Minai" (in breve: "Ao-buta"), anime di tredici episodi del 2018 tratto dalle prime cinque light novel scritte da Hajime Kamoshida.
La serie mi ha incuriosito parecchio per le recensioni (alcune anche entusiastiche) e mi ci sono tuffato a capofitto, essendo un estimatore delle rom-com scolastiche con un minimo di introspezione psicologica.
Nelle recensioni è stato scritto tanto e l'opera si potrebbe prestare a varie "letture", segno che è in grado di suscitare nello spettatore le considerazioni più varie in relazione alle proprie inclinazioni, sensibilità e percezione di ciò l'opera offre. Io aderirei alla lettura dell'anime in chiave "metaforica", che a me è sembrata particolarmente favorita dalla struttura della trama della serie in cinque archi narrativi dedicati ai personaggi femminili principali: Mai, Tomoe, Rio, il dualismo Mai/Nodoka ed infine Kaede.
Tutti personaggi femminili che comunque ruotano intorno al mattatore Sakuta e che, in base alle interazioni che sviluppano con lui, portano ad affrontare diversi temi legati alla sfera personale, familiare e sociale di non poco conto, per i quali la serie non credo che voglia rappresentare una denuncia ma, piuttosto, degli spunti di riflessione sotto le mentite spoglie di una commedia pseudo-romantica, utilizzando un personaggio come Sakuta che è proprio l'antitesi del classico ragazzo giapponese.
Sakuta è un personaggio "fuori dal coro": solitario più per necessità che per scelta (e in questo differisce, in meglio, da Hachiman di "Oreigairu"), anticonformista, "politically scorrect" nelle idee e nel modo di esprimerle, capace di fare quello che pensa senza essere influenzato dal "mainstream", arrabbiato quanto basta per l'ipocrisia di fondo ed evidente dell'ambiente in cui vive, maturo per la sua età e capace di leggere le situazioni e le interazioni con le persone manco fosse un adulto dotato di una grande sensibilità e oggettività.
I dialoghi della serie sono una conseguenza delle caratteristiche sopradescritte, anche grazie alla presenza di Mai che, da par suo, riesce a tenere testa e a "domare" Sakuta negli scambi di battute sagaci e mai scontati, pregni di un umorismo degno più di due adulti molto maturi che di due ragazzi in piena adolescenza e tempeste ormonali, periodo della vita in cui generalmente si tende caratterialmente ad essere molto più "assoluti" ed "estremi/eccessivi" nelle reazioni, piuttosto che "moderati, pacati e misurati", come invece vengono rappresentati nella serie.
Questo, a mio modestissimo avviso, rappresenta un po' la forzatura della serie (e penso della novel da cui è tratta la serie): i dialoghi e le freddure ironico/sarcastiche alla W. Allen sono tanto apprezzabili quanto "stravaganti", essendo messe in bocca a dei ragazzi.
La stessa Mai è un personaggio un po' inverosimile, fin troppo "maturo" e sicura del fatto suo.
Vero è che in certe situazioni sembra una ragazza, soprattutto quando dimostra di essere gelosa di Sakuta, quando quest'ultimo si presta ad aiutare Tomoe, Rio e Nodoka. Ma per il resto ha un controllo di sé e degli altri che farebbe impallidire un adulto "navigato" e, al di là dell'arco della serie a lei dedicato (il primo), non dimostra mai che la situazione sfugga dal suo controllo, riuscendo a imbrigliare e a mettere a disagio un caratterino come quello di Sakuta, non propriamente definibile facile e malleabile.
Di certo, vista con occhi da adulto, Mai rasenta la perfezione: non alludo tanto all'aspetto fisico (ovviamente notevole per come disegnata, vista la sua occupazione come modella e attrice), ma al suo approccio alle cose che capitano e alla esistenza in generale. Sakuta è più "vero" perché ha i suoi punti deboli (la disgrazia capitata a lui, alla sua famiglia e soprattutto alla sorella Kaede), le sue incertezze, i suoi momenti di sconforto, sempre legati a temi adulti... ma almeno sembra umano. Mai non ha praticamente mai momenti di crisi: pragmatica, acuta, intelligente, moderata, consapevole dei suoi talenti ma anche dei difetti e pregi degli altri con cui interagisce. Difficile trovarla in fallo o in crisi...
Tali caratteristiche la rendono tuttavia anche adorabile quando nel primo arco approfitta della dichiarazione "urlata" di amore di Sakuta, per affiancarlo e urlare a sua volta quanto Sakuta non dovesse essere considerato una pessima persona per un equivoco relativo al suo passato.
Il secondo aspetto che non ho apprezzato appieno, pur riconoscendolo come elemento di originalità della sceneggiatura, è l'utilizzo del soprannaturale allo scopo di trattare e affrontare i temi che starebbero alla base della serie che potrei così riassumere:
- il primo arco narrativo affronta criticamente l'assunto in base al quale "quello che non si vede, non esiste", pertanto, parafrasando Cartesio (e mi perdonerà la storpiatura), una sorta di "videor, ergo sum";
- il secondo arco narrativo tratta l'omologazione al comune pensiero di tutti per essere accettati dalla maggioranza, anche se non lo si approva, senza essere capaci di essere sé stessi;
- il terzo arco narrativo affronta il tema dell'accettazione di sé come essere reale e non virtuale (secondo i canoni estetici e morali in voga) e la capacità di affrontare le situazioni più difficili anche quando si è consapevoli che "You can't always get what you want", affrontando la paura della solitudine quando le scelte, che si temono di effettuare, potrebbero stravolgere l'equilibrio di amicizie e amori potenziali;
- il quarto arco narrativo tratta i rapporti familiari tra genitori e figli e l'imposizione di modelli sempre vincenti e di confronto con le persone più vicine, nonché il bisogno della approvazione/considerazione/accettazione dei genitori della reale essenza dei figli, senza che i primi ripongano sui secondi le loro aspettative senza badare a ciò che sono realmente;
- il quinto arco narrativo, quello più drammatico e doloroso, affronta i traumi psicologici legati a violenze che portano gli adolescenti più deboli a "scappare dalla realtà", per sopravvivere e riuscire a metabolizzare le ingiustizie subite, e dall'altro il dolore di chi vive ed è affezionato alla vittima, per dover rinunciare a quello che è stata la vittima, a quello che è diventata e ritornerà ad essere una volta superato, se possibile, il trauma.
L'uso del soprannaturale, anche in chiave pseudo-scientifica, serve sicuramente a rendere la trama più leggera e ironica: vedere Mai che gironzola travestita da coniglietta tipo playboy in una biblioteca senza che nessuno la riesca a notare (tranne il protagonista), il loop di ripetizione temporale, l'esistenza di due Rio o lo scambio di personalità tra le sorelle Mai e Nodoka, hanno rappresentato degli escamotage originali che, ad ogni modo, non rientrano nei miei gusti.
Tuttavia non mi sento di criticare la scelta, anche perché, nonostante la forzatura, gli artifizi narrativi sono usati con intelligenza e gusto, senza scadere nel surreale più assurdo.
"Ao-buta" mi ha piacevolmente colpito e impressionato: un anime che poteva rischiare di diventare una stupidaggine e che invece emerge in modo evidente in tutta la sua originalità grazie a una storia metaforica che tratta i grandi dilemmi dell'adolescenza in modo maturo ma anche dissacrante, irriverente e sensibile, mettendo a nudo gli elementi potenziali di rischio in quel delicato passaggio dalla fanciullezza all'età adulta.
Proprio per come è strutturata e costruita, "Ao-buta" non mi è sembrata una serie per adolescenti e, vista con gli occhi di chi ha passato questa fase della vita, sembra che voglia trasmetterci il messaggio che i grandi "drammi" della gioventù possano essere affrontati solo essendo consapevoli che tali pesi caratterizzeranno il resto dell'esistenza e che ci si dovrà rassegnare ad affrontarli, sempre e in ogni caso se non si vuole soccombere arrendendosi.
Questa è la sensazione che mi ha suscitato la visione di "Seishun Buta Yarō wa Banī Gāru Senpai no Yume o Minai" (in breve: "Ao-buta"), anime di tredici episodi del 2018 tratto dalle prime cinque light novel scritte da Hajime Kamoshida.
La serie mi ha incuriosito parecchio per le recensioni (alcune anche entusiastiche) e mi ci sono tuffato a capofitto, essendo un estimatore delle rom-com scolastiche con un minimo di introspezione psicologica.
Nelle recensioni è stato scritto tanto e l'opera si potrebbe prestare a varie "letture", segno che è in grado di suscitare nello spettatore le considerazioni più varie in relazione alle proprie inclinazioni, sensibilità e percezione di ciò l'opera offre. Io aderirei alla lettura dell'anime in chiave "metaforica", che a me è sembrata particolarmente favorita dalla struttura della trama della serie in cinque archi narrativi dedicati ai personaggi femminili principali: Mai, Tomoe, Rio, il dualismo Mai/Nodoka ed infine Kaede.
Tutti personaggi femminili che comunque ruotano intorno al mattatore Sakuta e che, in base alle interazioni che sviluppano con lui, portano ad affrontare diversi temi legati alla sfera personale, familiare e sociale di non poco conto, per i quali la serie non credo che voglia rappresentare una denuncia ma, piuttosto, degli spunti di riflessione sotto le mentite spoglie di una commedia pseudo-romantica, utilizzando un personaggio come Sakuta che è proprio l'antitesi del classico ragazzo giapponese.
Sakuta è un personaggio "fuori dal coro": solitario più per necessità che per scelta (e in questo differisce, in meglio, da Hachiman di "Oreigairu"), anticonformista, "politically scorrect" nelle idee e nel modo di esprimerle, capace di fare quello che pensa senza essere influenzato dal "mainstream", arrabbiato quanto basta per l'ipocrisia di fondo ed evidente dell'ambiente in cui vive, maturo per la sua età e capace di leggere le situazioni e le interazioni con le persone manco fosse un adulto dotato di una grande sensibilità e oggettività.
I dialoghi della serie sono una conseguenza delle caratteristiche sopradescritte, anche grazie alla presenza di Mai che, da par suo, riesce a tenere testa e a "domare" Sakuta negli scambi di battute sagaci e mai scontati, pregni di un umorismo degno più di due adulti molto maturi che di due ragazzi in piena adolescenza e tempeste ormonali, periodo della vita in cui generalmente si tende caratterialmente ad essere molto più "assoluti" ed "estremi/eccessivi" nelle reazioni, piuttosto che "moderati, pacati e misurati", come invece vengono rappresentati nella serie.
Questo, a mio modestissimo avviso, rappresenta un po' la forzatura della serie (e penso della novel da cui è tratta la serie): i dialoghi e le freddure ironico/sarcastiche alla W. Allen sono tanto apprezzabili quanto "stravaganti", essendo messe in bocca a dei ragazzi.
La stessa Mai è un personaggio un po' inverosimile, fin troppo "maturo" e sicura del fatto suo.
Vero è che in certe situazioni sembra una ragazza, soprattutto quando dimostra di essere gelosa di Sakuta, quando quest'ultimo si presta ad aiutare Tomoe, Rio e Nodoka. Ma per il resto ha un controllo di sé e degli altri che farebbe impallidire un adulto "navigato" e, al di là dell'arco della serie a lei dedicato (il primo), non dimostra mai che la situazione sfugga dal suo controllo, riuscendo a imbrigliare e a mettere a disagio un caratterino come quello di Sakuta, non propriamente definibile facile e malleabile.
Di certo, vista con occhi da adulto, Mai rasenta la perfezione: non alludo tanto all'aspetto fisico (ovviamente notevole per come disegnata, vista la sua occupazione come modella e attrice), ma al suo approccio alle cose che capitano e alla esistenza in generale. Sakuta è più "vero" perché ha i suoi punti deboli (la disgrazia capitata a lui, alla sua famiglia e soprattutto alla sorella Kaede), le sue incertezze, i suoi momenti di sconforto, sempre legati a temi adulti... ma almeno sembra umano. Mai non ha praticamente mai momenti di crisi: pragmatica, acuta, intelligente, moderata, consapevole dei suoi talenti ma anche dei difetti e pregi degli altri con cui interagisce. Difficile trovarla in fallo o in crisi...
Tali caratteristiche la rendono tuttavia anche adorabile quando nel primo arco approfitta della dichiarazione "urlata" di amore di Sakuta, per affiancarlo e urlare a sua volta quanto Sakuta non dovesse essere considerato una pessima persona per un equivoco relativo al suo passato.
Il secondo aspetto che non ho apprezzato appieno, pur riconoscendolo come elemento di originalità della sceneggiatura, è l'utilizzo del soprannaturale allo scopo di trattare e affrontare i temi che starebbero alla base della serie che potrei così riassumere:
- il primo arco narrativo affronta criticamente l'assunto in base al quale "quello che non si vede, non esiste", pertanto, parafrasando Cartesio (e mi perdonerà la storpiatura), una sorta di "videor, ergo sum";
- il secondo arco narrativo tratta l'omologazione al comune pensiero di tutti per essere accettati dalla maggioranza, anche se non lo si approva, senza essere capaci di essere sé stessi;
- il terzo arco narrativo affronta il tema dell'accettazione di sé come essere reale e non virtuale (secondo i canoni estetici e morali in voga) e la capacità di affrontare le situazioni più difficili anche quando si è consapevoli che "You can't always get what you want", affrontando la paura della solitudine quando le scelte, che si temono di effettuare, potrebbero stravolgere l'equilibrio di amicizie e amori potenziali;
- il quarto arco narrativo tratta i rapporti familiari tra genitori e figli e l'imposizione di modelli sempre vincenti e di confronto con le persone più vicine, nonché il bisogno della approvazione/considerazione/accettazione dei genitori della reale essenza dei figli, senza che i primi ripongano sui secondi le loro aspettative senza badare a ciò che sono realmente;
- il quinto arco narrativo, quello più drammatico e doloroso, affronta i traumi psicologici legati a violenze che portano gli adolescenti più deboli a "scappare dalla realtà", per sopravvivere e riuscire a metabolizzare le ingiustizie subite, e dall'altro il dolore di chi vive ed è affezionato alla vittima, per dover rinunciare a quello che è stata la vittima, a quello che è diventata e ritornerà ad essere una volta superato, se possibile, il trauma.
L'uso del soprannaturale, anche in chiave pseudo-scientifica, serve sicuramente a rendere la trama più leggera e ironica: vedere Mai che gironzola travestita da coniglietta tipo playboy in una biblioteca senza che nessuno la riesca a notare (tranne il protagonista), il loop di ripetizione temporale, l'esistenza di due Rio o lo scambio di personalità tra le sorelle Mai e Nodoka, hanno rappresentato degli escamotage originali che, ad ogni modo, non rientrano nei miei gusti.
Tuttavia non mi sento di criticare la scelta, anche perché, nonostante la forzatura, gli artifizi narrativi sono usati con intelligenza e gusto, senza scadere nel surreale più assurdo.
"Ao-buta" mi ha piacevolmente colpito e impressionato: un anime che poteva rischiare di diventare una stupidaggine e che invece emerge in modo evidente in tutta la sua originalità grazie a una storia metaforica che tratta i grandi dilemmi dell'adolescenza in modo maturo ma anche dissacrante, irriverente e sensibile, mettendo a nudo gli elementi potenziali di rischio in quel delicato passaggio dalla fanciullezza all'età adulta.
Proprio per come è strutturata e costruita, "Ao-buta" non mi è sembrata una serie per adolescenti e, vista con gli occhi di chi ha passato questa fase della vita, sembra che voglia trasmetterci il messaggio che i grandi "drammi" della gioventù possano essere affrontati solo essendo consapevoli che tali pesi caratterizzeranno il resto dell'esistenza e che ci si dovrà rassegnare ad affrontarli, sempre e in ogni caso se non si vuole soccombere arrendendosi.
La vita dello studente delle superiori Sakuta Azusagawa prende una svolta inaspettata quando incontra l'attrice adolescente Mai Sakurajima, vestita da coniglietta, che vaga per una biblioteca senza che nessuno la noti.
"Seishun Buta Yaro wa Bunny Girl Senpai no Yume wo Minai" è una brutta serie anime del 2018, scontata e inspiegabilmente esaltata ogni oltre limite dai suoi estimatori, ma che in fin dei conti si rivela un mix di elementi già visti. Il difetto principale della serie è che, appena inizia un nuovo arco narrativo (compreso il primo), si intuisce immediatamente cosa accadrà nei successivi episodi. La narrazione si focalizza su elementi poco interessanti, e gli elementi di vera romance mancano. Tanto che il sentimentale tra i tag mi è sembrato quasi eccessivo. Molti dialoghi poi sembrano fini a sé stessi e scontati, fintamente introspettivi e inseriti per allungare una brodaglia che non sa di niente.
Il protagonista dovrebbe avere sedici anni, ma va in giro come un novello Bogart, declamando seriose idiozie con sfacciata prosopopea nel plauso generale (sic!). La trama della senpai del titolo dopo pochi episodi diventa una sorta di tappabuchi. E anche le iterazioni tra gli altri personaggi sono viziate da una sorta di artificiosità che si percepisce un po' ovunque, tanto che in certi momenti ho pensato che avessero tutti dieci/quindici anni di più. Senza contare la quantità inenarrabile di vere e proprie masturbazioni mentali di cui sono infarciti i dialoghi.
Per quanto riguarda il chara design, non mi è piaciuto particolarmente e l'ho trovato piuttosto anonimo, così come le animazioni. La qualità dei disegni dei personaggi è molto diseguale: i maschietti si somigliano un po' tutti, ma anche i personaggi femminili non sembrano essere il frutto di un lavoro memorabile (fatta eccezione per la coniglietta, ma è solo uno). E la regia? Anche qui non ci sono spunti di interesse degni di nota, inquadrature particolari o scene madri clamorose che risollevino la media. Tra tutto, si salva la opening dei "the peggies" ma non la OST in toto, che in alcuni punti ho trovato troppo cupa e straniante.
In conclusione, "Seishun Buta" è una serie anime da evitare, con personaggi poco interessanti e fatti con lo stampino. Con una trama prevedibile dal primo all'ultimo minuto e senza un finale.
"Seishun Buta Yaro wa Bunny Girl Senpai no Yume wo Minai" è una brutta serie anime del 2018, scontata e inspiegabilmente esaltata ogni oltre limite dai suoi estimatori, ma che in fin dei conti si rivela un mix di elementi già visti. Il difetto principale della serie è che, appena inizia un nuovo arco narrativo (compreso il primo), si intuisce immediatamente cosa accadrà nei successivi episodi. La narrazione si focalizza su elementi poco interessanti, e gli elementi di vera romance mancano. Tanto che il sentimentale tra i tag mi è sembrato quasi eccessivo. Molti dialoghi poi sembrano fini a sé stessi e scontati, fintamente introspettivi e inseriti per allungare una brodaglia che non sa di niente.
Il protagonista dovrebbe avere sedici anni, ma va in giro come un novello Bogart, declamando seriose idiozie con sfacciata prosopopea nel plauso generale (sic!). La trama della senpai del titolo dopo pochi episodi diventa una sorta di tappabuchi. E anche le iterazioni tra gli altri personaggi sono viziate da una sorta di artificiosità che si percepisce un po' ovunque, tanto che in certi momenti ho pensato che avessero tutti dieci/quindici anni di più. Senza contare la quantità inenarrabile di vere e proprie masturbazioni mentali di cui sono infarciti i dialoghi.
Per quanto riguarda il chara design, non mi è piaciuto particolarmente e l'ho trovato piuttosto anonimo, così come le animazioni. La qualità dei disegni dei personaggi è molto diseguale: i maschietti si somigliano un po' tutti, ma anche i personaggi femminili non sembrano essere il frutto di un lavoro memorabile (fatta eccezione per la coniglietta, ma è solo uno). E la regia? Anche qui non ci sono spunti di interesse degni di nota, inquadrature particolari o scene madri clamorose che risollevino la media. Tra tutto, si salva la opening dei "the peggies" ma non la OST in toto, che in alcuni punti ho trovato troppo cupa e straniante.
In conclusione, "Seishun Buta" è una serie anime da evitare, con personaggi poco interessanti e fatti con lo stampino. Con una trama prevedibile dal primo all'ultimo minuto e senza un finale.
È un anime veramente molto bello, che unisce in sé una storia molto romantica a fenomeni paranormali, che vengono spiegati con l'applicazione di teorie di fisica quantistica e relatività.
Le spiegazioni sono ovviamente un po' assurde nella nostra realtà (le persone non diventano invisibili agli occhi degli altri), ma le teorie fisiche a cui si agganciano sono rappresentate in maniera corretta e spiegate addirittura in maniera molto semplice da capire da parte di chi non è addentro all'argomento.
Il film, successivo alla serie, è assolutamente da vedere, in quanto chiude il cerchio sulle cicatrici di Sakuta Azusagawa e il personaggio di Shōko Makinohara.
La storia più bella, comunque, tra i vari fenomeni paranormali di cui si occuperà il protagonista Sakuta, a mio avviso è quella che ruota attorno a Mai Sakurajima, e alla storia romantica che si svilupperà tra di loro nella serie animata e nel film.
Le spiegazioni sono ovviamente un po' assurde nella nostra realtà (le persone non diventano invisibili agli occhi degli altri), ma le teorie fisiche a cui si agganciano sono rappresentate in maniera corretta e spiegate addirittura in maniera molto semplice da capire da parte di chi non è addentro all'argomento.
Il film, successivo alla serie, è assolutamente da vedere, in quanto chiude il cerchio sulle cicatrici di Sakuta Azusagawa e il personaggio di Shōko Makinohara.
La storia più bella, comunque, tra i vari fenomeni paranormali di cui si occuperà il protagonista Sakuta, a mio avviso è quella che ruota attorno a Mai Sakurajima, e alla storia romantica che si svilupperà tra di loro nella serie animata e nel film.
"Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai" è una serie animata ideata da Hajime Kamoshida e dallo studio Clover Works che è andata in onda nell'autunno del 2018. L'opera trae ispirazione dall'omonima light novel ancora in corso di cui adatta i primi cinque volumi dei nove complessivi.
La storia che si divide in tanti brevi archi narrativi da due o tre puntate vede come protagonista indiscusso Sakuta Asuzakagawa, ragazzo che frequenta il secondo anno delle superiori e sul cui passato circolano brutte voci, che si scopriranno non essere veritiere. Emarginato da buona parte della scuola, ha come unici due amici Rio Futaba, appassionata di scienza e fisica quantistica, e Yuma Kunimi, fenomeno del basket. Sakuta vive da solo insieme alla sorella Kaede e conduce una vita alquanto solitaria e monotona, ma il destino ha in serbo qualcosa di speciale per lui, ovvero l'incontro con Mai Sakurajima, una ragazza al terzo anno del liceo vestita da coniglietta, per questo conosciuta anche come Sakurajima-senpai, che però solo lui è in grado di vedere. E questo è soltanto il primo di tanti misteri che vedono coinvolto Sakuta.
A dispetto di quel che si possa pensare, l'opera tratta bene sia la componente misterioso-soprannaturale sia quella scolastico-sentimentale, andando oltre i soliti cliché come la giornata al mare e il falò di fine anno. I misteri che si presentano dinanzi a Sakuta sono riconducibili alla sindrome della pubertà, di cui però non si riesce a dare una spiegazione logica, che probabilmente nemmeno esiste, ma che il nostro protagonista cerca comunque di risolvere soprattutto con l'aiuto di Futaba e della fisica quantistica, che però non sempre trova una soluzione a tutto. Eppure nulla viene lasciato al caso nel corso della serie, e con l'ausilio della fisica o meno ogni mistero viene risolto alla grande. La componente scolastico-sentimentale, invece, fa più da contorno che da tema principale, ma nonostante ciò resta indispensabile, poiché riesce ad alleggerire l'intera opera, soprattutto con le gag comiche che si creano tra Sakuta e Mai, quando si scambiano battute a sfondo sessuale.
Venendo ai personaggi, Sakuta, che è protagonista indiscusso dell'anime, sa essere personaggio divertente e allo stesso tempo tragico, mostrando sia la sua sottile vena comica che le sue debolezze, che vengono a galla soprattutto nel finale. Lui, insieme a Mai, formano una coppia perfetta, che si punzecchia in continuazione, nonostante non manchino momenti seri e di pura gelosia, che in un'opera del genere non possono mai mancare. Entrambi i personaggi vengono studiati a fondo, e per fare ciò si va anche a scavare nel passato, che riporta in vita brutti ricordi. Altrettanto ben studiati e approfonditi sono le figure di Futaba, Koga e Kaede, a cui sono dedicati tre dei cinque archi narrativi e di cui si arrivano a conoscere i segreti e i desideri più profondi, e con cui non si può non empatizzare nel corso della storia. Rimane invece nell'ombra un personaggio come Kunimi, di cui avrei preferito sapere qualcosa in più.
L'opera tratta inoltre tematiche molto profonde e soprattutto attuali, quali cyberbullismo ed emarginazione dovuta a pregiudizi, mostrando anche il modo in cui poterne uscire, ovvero aggrappandosi alle persone importanti per noi, quelle a cui teniamo veramente e che sappiamo non ci tradiranno mai. Ecco quindi che Kaede si aggrappa al fratello, mentre quest'ultimo trova sostegno prima in Shoko-san e poi nei suoi due amici Kunimi e Futaba, e in Mai-san, sempre pronti a tendergli una mano.
Una storia ben costruita unita a dei personaggi del genere non può che creare una serie bella, godibile e in grado di tenerti incollato allo schermo. A ciò aggiungiamoci anche delle belle animazioni e un character design stupendo, soprattutto quello degli occhi, che si di distingue da tutti quelli che ho visto fino ad ora, e delle musiche che calzano a pennello, partendo dall'intro fino ad arrivare all'outro.
In conclusione, una serie che consiglio vivamente di vedere, considerando anche la sua brevità, appena tredici puntate e un film di novanta minuti, pienamente godibili.
Voto: 9
La storia che si divide in tanti brevi archi narrativi da due o tre puntate vede come protagonista indiscusso Sakuta Asuzakagawa, ragazzo che frequenta il secondo anno delle superiori e sul cui passato circolano brutte voci, che si scopriranno non essere veritiere. Emarginato da buona parte della scuola, ha come unici due amici Rio Futaba, appassionata di scienza e fisica quantistica, e Yuma Kunimi, fenomeno del basket. Sakuta vive da solo insieme alla sorella Kaede e conduce una vita alquanto solitaria e monotona, ma il destino ha in serbo qualcosa di speciale per lui, ovvero l'incontro con Mai Sakurajima, una ragazza al terzo anno del liceo vestita da coniglietta, per questo conosciuta anche come Sakurajima-senpai, che però solo lui è in grado di vedere. E questo è soltanto il primo di tanti misteri che vedono coinvolto Sakuta.
A dispetto di quel che si possa pensare, l'opera tratta bene sia la componente misterioso-soprannaturale sia quella scolastico-sentimentale, andando oltre i soliti cliché come la giornata al mare e il falò di fine anno. I misteri che si presentano dinanzi a Sakuta sono riconducibili alla sindrome della pubertà, di cui però non si riesce a dare una spiegazione logica, che probabilmente nemmeno esiste, ma che il nostro protagonista cerca comunque di risolvere soprattutto con l'aiuto di Futaba e della fisica quantistica, che però non sempre trova una soluzione a tutto. Eppure nulla viene lasciato al caso nel corso della serie, e con l'ausilio della fisica o meno ogni mistero viene risolto alla grande. La componente scolastico-sentimentale, invece, fa più da contorno che da tema principale, ma nonostante ciò resta indispensabile, poiché riesce ad alleggerire l'intera opera, soprattutto con le gag comiche che si creano tra Sakuta e Mai, quando si scambiano battute a sfondo sessuale.
Venendo ai personaggi, Sakuta, che è protagonista indiscusso dell'anime, sa essere personaggio divertente e allo stesso tempo tragico, mostrando sia la sua sottile vena comica che le sue debolezze, che vengono a galla soprattutto nel finale. Lui, insieme a Mai, formano una coppia perfetta, che si punzecchia in continuazione, nonostante non manchino momenti seri e di pura gelosia, che in un'opera del genere non possono mai mancare. Entrambi i personaggi vengono studiati a fondo, e per fare ciò si va anche a scavare nel passato, che riporta in vita brutti ricordi. Altrettanto ben studiati e approfonditi sono le figure di Futaba, Koga e Kaede, a cui sono dedicati tre dei cinque archi narrativi e di cui si arrivano a conoscere i segreti e i desideri più profondi, e con cui non si può non empatizzare nel corso della storia. Rimane invece nell'ombra un personaggio come Kunimi, di cui avrei preferito sapere qualcosa in più.
L'opera tratta inoltre tematiche molto profonde e soprattutto attuali, quali cyberbullismo ed emarginazione dovuta a pregiudizi, mostrando anche il modo in cui poterne uscire, ovvero aggrappandosi alle persone importanti per noi, quelle a cui teniamo veramente e che sappiamo non ci tradiranno mai. Ecco quindi che Kaede si aggrappa al fratello, mentre quest'ultimo trova sostegno prima in Shoko-san e poi nei suoi due amici Kunimi e Futaba, e in Mai-san, sempre pronti a tendergli una mano.
Una storia ben costruita unita a dei personaggi del genere non può che creare una serie bella, godibile e in grado di tenerti incollato allo schermo. A ciò aggiungiamoci anche delle belle animazioni e un character design stupendo, soprattutto quello degli occhi, che si di distingue da tutti quelli che ho visto fino ad ora, e delle musiche che calzano a pennello, partendo dall'intro fino ad arrivare all'outro.
In conclusione, una serie che consiglio vivamente di vedere, considerando anche la sua brevità, appena tredici puntate e un film di novanta minuti, pienamente godibili.
Voto: 9
Sono in difficoltà a recensire questa bellissima serie.
L'ho amata profondamente, l'ho trovata molto romantica, a tratti struggente.
Interessante per quanto assurda è l'applicazione della fisica quantistica e relatività con i viaggi nel tempo e la mancata osservazione delle persone (mi rendo conto che non riesco ad essere chiaro).
Da non perdere il fondamentale film di circa novanta minuti che conclude la serie dopo i tredici episodi.
P.S. Sono un appassionato, ma non un profondo conoscitore del mondo anime, ma Mai Sakurajima mi è sembrata forse a livello estetico la più bella figura che abbia visto fino ad ora.
L'ho amata profondamente, l'ho trovata molto romantica, a tratti struggente.
Interessante per quanto assurda è l'applicazione della fisica quantistica e relatività con i viaggi nel tempo e la mancata osservazione delle persone (mi rendo conto che non riesco ad essere chiaro).
Da non perdere il fondamentale film di circa novanta minuti che conclude la serie dopo i tredici episodi.
P.S. Sono un appassionato, ma non un profondo conoscitore del mondo anime, ma Mai Sakurajima mi è sembrata forse a livello estetico la più bella figura che abbia visto fino ad ora.
Mi trovo in difficoltà a scrivere una recensione di "Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai". Questa difficoltà è data dal fatto che la storia che si sviluppa in questi tredici episodi è tranquillamente suddivisibile in vari archi da due/tre puntate l'uno. Essendo questi "archi" abbastanza slegati tra loro (seppur condividano lo stesso principio di fondo), li si potrebbe analizzare uno a uno.
Se dovessi seguire questa linea, potrei tranquillamente affermare che gli ultimi due episodi, e soprattutto i primi tre (che da soli valgono il prezzo del biglietto), sono infinitamente migliori di quelli centrali. In ogni caso, l'intera serie si assesta sempre su un buon livello: il modo in cui viene trattato il disagio della "sindrome della pubertà" è quasi geniale, e i personaggi sono tutti riuscitissimi (alcuni dei quali per nulla stereotipati).
Tecnicamente, invece, nulla da segnalare: animazioni buone, sonoro in alcuni frangenti forse un po' deboluccio e forse "poco presente", ma assolutamente nulla di scandaloso.
Concludendo, l'anime è di buona fattura, ma sono rimasto un po' scottato dal fatto che dopo i primi tre episodi ci sia un calo evidente nella potenza della storia, per riprendersi parzialmente solo alla fine.
Se dovessi seguire questa linea, potrei tranquillamente affermare che gli ultimi due episodi, e soprattutto i primi tre (che da soli valgono il prezzo del biglietto), sono infinitamente migliori di quelli centrali. In ogni caso, l'intera serie si assesta sempre su un buon livello: il modo in cui viene trattato il disagio della "sindrome della pubertà" è quasi geniale, e i personaggi sono tutti riuscitissimi (alcuni dei quali per nulla stereotipati).
Tecnicamente, invece, nulla da segnalare: animazioni buone, sonoro in alcuni frangenti forse un po' deboluccio e forse "poco presente", ma assolutamente nulla di scandaloso.
Concludendo, l'anime è di buona fattura, ma sono rimasto un po' scottato dal fatto che dopo i primi tre episodi ci sia un calo evidente nella potenza della storia, per riprendersi parzialmente solo alla fine.
"Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai", o "Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai", è una serie d'animazione giapponese sviluppata dallo studio Clover Works, andata in onda durante l'autunno del 2018 e tratta dall'omonima light novel redatta a partire dal 2014 e ancora in corso, con ben nove volumi pubblicati.
Questa serie vede come protagonista Sakuta Azusagawa, uno studente che frequenta il secondo anno della scuola superiore e che dovrà far fronte a diverse problematiche legate alla sua adolescenza e a quella degli altri personaggi.
Se, come ho fatto io, pensate che si tratti solo di un sentimentale-scolastico come un altro, vi sbagliate di grosso!
Innanzitutto, bisogna dire che Sakuta è il protagonista perché è coinvolto in tutte queste stranezze che coinvolgono la sua vita, ma non per questo è il solo a doversi preoccupare o farsi carico di tali problematiche, infatti tutti i personaggi presentati svolgono il loro importantissimo ruolo sia nel momento in cui l'arco è incentrato su di loro che quando non lo è.
Prima fra tutte ritroviamo Mai Sakurajima, la cui "sindrome della pubertà" costituisce il primo arco narrativo. A parer mio, lei è il personaggio migliore di tutta la serie, infatti, senza approfondire la sua caratterizzazione, è davvero un ottimo personaggio, poiché, anche se apparentemente sembrerebbe fredda e lontana da Sakuta, tiene a lui e a tutti coloro che gli stanno intorno, risultando parecchio comprensiva e calma in occasioni in cui chiunque avrebbe perso le staffe. Infine, sempre riguardo Mai, ho apprezzato come lei e Sakuta abbiano iniziato a conoscersi, e soprattutto ho adorato la loro ironia, sparsa qua e là per gli episodi, che riesce a diminuire la pressione del mistero che i personaggi stanno vivendo. Una trovata geniale, a parer mio!
Tutti gli archi s'incentrano su un personaggio differente, e dopo quello di Mai vi è quello di Tomoe Koga, un personaggio che, per quanto ben caratterizzato, non ho apprezzato moltissimo per alcuni suoi comportamenti che ho trovato troppo infantili. Invece, per quel che riguarda Rio Futaba, posso dire che aiuta sempre Sakuta quando è in difficoltà, ma, quando la sindrome tocca lei, cerca costantemente di evadere dalla realtà, evitando di affrontarla, fin quando non ha più nessuna via di fuga. Dopodiché si viene a conoscenza della sorellina di Mai, Nodoka Toyohama, un personaggio che non ha una delle migliori presentazioni, ma che si riscatta man mano e che si apprezza di più dopo il suo arco. L'ultimo arco vede come protagonista Kaede Azusagawa, la sorella minore di Sakuta: si tratta di un arco molto bello, interessante e intrigante, che potrebbe far versare qualche lacrimuccia...
Un personaggio che resta "in sospeso" e sul quale si presta particolare attenzione, anche se non vi è nessun arco incentrato su di lei, è sicuramente quello di Shōko Makinohara, che viene superficialmente presentata e del quale non si sa nulla sul suo conto (almeno per quel che riguarda questa serie).
Ammetto che, leggendo il titolo, ho pensato a tutt'altro per quel che riguarda questa serie: ho pensato che fosse il classico sentimentale-scolastico in cui molte s'innamorano del protagonista, ma lui è innamorato solamente di una ragazza che "casualmente" non ricambia i suoi sentimenti, per poi rendersene conto man mano. Qui, invece, è assolutamente differente, infatti, per quanto vi siano problemi legati all'amore, non s'incentra solamente su quello, ma su questa "sindrome della pubertà" che in un modo o nell'altro vedrà Sakuta coinvolto. In più, arco dopo arco, è davvero interessante capire le cause che la generano e come poter "curare" questa situazione sia tramite le spiegazioni scientifiche di Rio che tramite un'importante introspezione a cui i personaggi, volta dopo volta, andranno incontro.
Per quel che riguarda il comparto tecnico, ottimo sia per i disegni, che per le animazioni (il lavoro di Clover Works è sempre ottimo!), il character design e anche il doppiaggio: davvero, davvero tutto eccezionale. Le OST accompagnano splendidamente ogni attimo di questa serie, trasmettendo quella sensazione di suspense e di mistero che caratterizza l'anime. Inoltre, ho apprezzato moltissimo sia l'opening "Kimi no Sei" da The Peggies che, soprattutto, l'ending "Fukashigi no Karte" cantata volta per volta, arco dopo arco, dalla doppiatrice che doppia il personaggio su cui è incentrato l'arco.
Si tratta di una serie eccellente, con una trama ottima e ben sviluppata e una grafica spettacolare. Ho notato solamente un piccolissimo difetto, cioè il fatto che a volte gli episodi sembrano essere troppo pieni d'informazioni, ma di certo non annoiano e interessano sempre di più (infatti, ho completato questa serie in una sola giornata senza esserne annoiata, anzi ero dispiaciuta dal fatto che fosse terminata...).
Ovviamente, la stra-consiglio a chiunque, perché tratta bei temi a cui spesso non si dà moltissima importanza, senza però risultare pesante da guardare, infatti i vari espedienti utilizzati allentano parecchio la pressione proprio quando ve n'è il bisogno. Guardatela senza farvi ingannare dal titolo.
Davvero eccezionale!
Voto: 10/10 (merita parecchio!)
Questa serie vede come protagonista Sakuta Azusagawa, uno studente che frequenta il secondo anno della scuola superiore e che dovrà far fronte a diverse problematiche legate alla sua adolescenza e a quella degli altri personaggi.
Se, come ho fatto io, pensate che si tratti solo di un sentimentale-scolastico come un altro, vi sbagliate di grosso!
Innanzitutto, bisogna dire che Sakuta è il protagonista perché è coinvolto in tutte queste stranezze che coinvolgono la sua vita, ma non per questo è il solo a doversi preoccupare o farsi carico di tali problematiche, infatti tutti i personaggi presentati svolgono il loro importantissimo ruolo sia nel momento in cui l'arco è incentrato su di loro che quando non lo è.
Prima fra tutte ritroviamo Mai Sakurajima, la cui "sindrome della pubertà" costituisce il primo arco narrativo. A parer mio, lei è il personaggio migliore di tutta la serie, infatti, senza approfondire la sua caratterizzazione, è davvero un ottimo personaggio, poiché, anche se apparentemente sembrerebbe fredda e lontana da Sakuta, tiene a lui e a tutti coloro che gli stanno intorno, risultando parecchio comprensiva e calma in occasioni in cui chiunque avrebbe perso le staffe. Infine, sempre riguardo Mai, ho apprezzato come lei e Sakuta abbiano iniziato a conoscersi, e soprattutto ho adorato la loro ironia, sparsa qua e là per gli episodi, che riesce a diminuire la pressione del mistero che i personaggi stanno vivendo. Una trovata geniale, a parer mio!
Tutti gli archi s'incentrano su un personaggio differente, e dopo quello di Mai vi è quello di Tomoe Koga, un personaggio che, per quanto ben caratterizzato, non ho apprezzato moltissimo per alcuni suoi comportamenti che ho trovato troppo infantili. Invece, per quel che riguarda Rio Futaba, posso dire che aiuta sempre Sakuta quando è in difficoltà, ma, quando la sindrome tocca lei, cerca costantemente di evadere dalla realtà, evitando di affrontarla, fin quando non ha più nessuna via di fuga. Dopodiché si viene a conoscenza della sorellina di Mai, Nodoka Toyohama, un personaggio che non ha una delle migliori presentazioni, ma che si riscatta man mano e che si apprezza di più dopo il suo arco. L'ultimo arco vede come protagonista Kaede Azusagawa, la sorella minore di Sakuta: si tratta di un arco molto bello, interessante e intrigante, che potrebbe far versare qualche lacrimuccia...
Un personaggio che resta "in sospeso" e sul quale si presta particolare attenzione, anche se non vi è nessun arco incentrato su di lei, è sicuramente quello di Shōko Makinohara, che viene superficialmente presentata e del quale non si sa nulla sul suo conto (almeno per quel che riguarda questa serie).
Ammetto che, leggendo il titolo, ho pensato a tutt'altro per quel che riguarda questa serie: ho pensato che fosse il classico sentimentale-scolastico in cui molte s'innamorano del protagonista, ma lui è innamorato solamente di una ragazza che "casualmente" non ricambia i suoi sentimenti, per poi rendersene conto man mano. Qui, invece, è assolutamente differente, infatti, per quanto vi siano problemi legati all'amore, non s'incentra solamente su quello, ma su questa "sindrome della pubertà" che in un modo o nell'altro vedrà Sakuta coinvolto. In più, arco dopo arco, è davvero interessante capire le cause che la generano e come poter "curare" questa situazione sia tramite le spiegazioni scientifiche di Rio che tramite un'importante introspezione a cui i personaggi, volta dopo volta, andranno incontro.
Per quel che riguarda il comparto tecnico, ottimo sia per i disegni, che per le animazioni (il lavoro di Clover Works è sempre ottimo!), il character design e anche il doppiaggio: davvero, davvero tutto eccezionale. Le OST accompagnano splendidamente ogni attimo di questa serie, trasmettendo quella sensazione di suspense e di mistero che caratterizza l'anime. Inoltre, ho apprezzato moltissimo sia l'opening "Kimi no Sei" da The Peggies che, soprattutto, l'ending "Fukashigi no Karte" cantata volta per volta, arco dopo arco, dalla doppiatrice che doppia il personaggio su cui è incentrato l'arco.
Si tratta di una serie eccellente, con una trama ottima e ben sviluppata e una grafica spettacolare. Ho notato solamente un piccolissimo difetto, cioè il fatto che a volte gli episodi sembrano essere troppo pieni d'informazioni, ma di certo non annoiano e interessano sempre di più (infatti, ho completato questa serie in una sola giornata senza esserne annoiata, anzi ero dispiaciuta dal fatto che fosse terminata...).
Ovviamente, la stra-consiglio a chiunque, perché tratta bei temi a cui spesso non si dà moltissima importanza, senza però risultare pesante da guardare, infatti i vari espedienti utilizzati allentano parecchio la pressione proprio quando ve n'è il bisogno. Guardatela senza farvi ingannare dal titolo.
Davvero eccezionale!
Voto: 10/10 (merita parecchio!)
Questo anime dal titolo fuorviante mi ha colpito piacevolmente. Innanzitutto, di cosa si tratta per chi vuole capire o no se iniziare la visione? Beh, i protagonisti sono studenti adolescenti che intraprendono una vita pressappoco ordinaria. Se non fosse per eventi che sfociano nel paranormale (similarmente a "Bakemonogatari", per chi ne è familiare), quando gli svariati personaggi, per problemi psicologici/adolescenziali o creati da quello che hanno attorno, vengono colpiti da qualcosa di simile a maledizioni, che andranno poi, soprattutto per merito di Sakuta, a risolvere.
Dico titolo fuorviante perché, se una senpai vestita da coniglietta ci fa pensare a un titolo leggero e magari ricco di fanservice, qui ci troviamo lontani dall'uno e dall'altro. Le situazioni in cui si vanno a trovare i personaggi sono spesso anche emotivamente profonde e il lato "ecchi" è praticamente inesistente.
I vari archi narrativi (caratterizzati appunto da questi eventi che colpiscono i vari personaggi) sono piacevoli e offrono risvolti interessanti. Punto forte della serie è sicuramente la bellissima Mai e la relazione che la lega al protagonista. Sakuta è un personaggio gentile e divertente. I due annoiano raramente insieme, se non per questo tipo di relazione che, va bene la purezza dei sentimenti, eh, ma sei mesi per un bacio sulla guancia (cosa assolutamente non nuova negli anime, per carità) ormai mi lasciano un attimo così.
Ed è proprio qui che l'anime scade un poco. All'inizio questi continui punzecchiamenti sul contatto fisico - e ti do un bacino, ah ah, no, scherzo, invece ti do un pizzicotto, uh, come ti amo quando mi fai soffrire - sono anche divertenti, alla lunga un po' stufano. Allo stesso tempo questo voler far passare il protagonista per uno sporcaccione con frequenti (soprattutto da certi personaggi) insulti gratuiti ("Sei il solito maiale!" etc.), quando veramente non ci azzeccano lontanamente col carattere del personaggio, un po' avanzano. Infine, il voler spiegare tutti questi accadimenti paranormali con la fisica (teletrasporto quantistico? Gatto di Shroedinger?), senza che nessuno ci capisca nulla e soprattutto che non ci si avvicina nemmeno di striscio, boh.
Insomma, tralasciando certe scelte e piccolezze che fanno spontaneamente e inevitabilmente venire da chiedersi "Perché?", si tratta di un anime leggero ma che allo stesso tempo vi strapperà un pezzetto di cuore, oltre a indubbiamente qualche sorriso. Vi farà innamorare dei suoi personaggi e della loro relazione.
La serie è molto godibile. Lascio un 8, anche se stavo per togliergli mezzo voto perché, mi spiace dirvelo, il finale mi ha lasciato veramente con le spalle a terra. Soprattutto perché con pochissimo avrebbe potuto lasciare due soddisfazioni in più allo spettatore e dare una sorta di conclusione un minimo più incisiva. Non che non lo sia, ma, beh... si poteva fare meglio. Non ho ancora visto il film, spero tiri qualche filo in più.
Dico titolo fuorviante perché, se una senpai vestita da coniglietta ci fa pensare a un titolo leggero e magari ricco di fanservice, qui ci troviamo lontani dall'uno e dall'altro. Le situazioni in cui si vanno a trovare i personaggi sono spesso anche emotivamente profonde e il lato "ecchi" è praticamente inesistente.
I vari archi narrativi (caratterizzati appunto da questi eventi che colpiscono i vari personaggi) sono piacevoli e offrono risvolti interessanti. Punto forte della serie è sicuramente la bellissima Mai e la relazione che la lega al protagonista. Sakuta è un personaggio gentile e divertente. I due annoiano raramente insieme, se non per questo tipo di relazione che, va bene la purezza dei sentimenti, eh, ma sei mesi per un bacio sulla guancia (cosa assolutamente non nuova negli anime, per carità) ormai mi lasciano un attimo così.
Ed è proprio qui che l'anime scade un poco. All'inizio questi continui punzecchiamenti sul contatto fisico - e ti do un bacino, ah ah, no, scherzo, invece ti do un pizzicotto, uh, come ti amo quando mi fai soffrire - sono anche divertenti, alla lunga un po' stufano. Allo stesso tempo questo voler far passare il protagonista per uno sporcaccione con frequenti (soprattutto da certi personaggi) insulti gratuiti ("Sei il solito maiale!" etc.), quando veramente non ci azzeccano lontanamente col carattere del personaggio, un po' avanzano. Infine, il voler spiegare tutti questi accadimenti paranormali con la fisica (teletrasporto quantistico? Gatto di Shroedinger?), senza che nessuno ci capisca nulla e soprattutto che non ci si avvicina nemmeno di striscio, boh.
Insomma, tralasciando certe scelte e piccolezze che fanno spontaneamente e inevitabilmente venire da chiedersi "Perché?", si tratta di un anime leggero ma che allo stesso tempo vi strapperà un pezzetto di cuore, oltre a indubbiamente qualche sorriso. Vi farà innamorare dei suoi personaggi e della loro relazione.
La serie è molto godibile. Lascio un 8, anche se stavo per togliergli mezzo voto perché, mi spiace dirvelo, il finale mi ha lasciato veramente con le spalle a terra. Soprattutto perché con pochissimo avrebbe potuto lasciare due soddisfazioni in più allo spettatore e dare una sorta di conclusione un minimo più incisiva. Non che non lo sia, ma, beh... si poteva fare meglio. Non ho ancora visto il film, spero tiri qualche filo in più.
L'adolescenza è un'età di sogni, di tempeste ormonali che ci rendono dei "maiali" e di incomprensioni, confusioni ed errori. Cosa succede quando le cose vanno male? Cosa succede quando la realtà ti lacera il petto? Magari non sai nemmeno come reagire, hai paura delle conseguenze, sei troppo piccolo per pensare a come gestire dei problemi più grandi di te.
Oggi parliamo di un anime che ha avuto un grande successo da noi, nonostante nessuno ne abbia acquistato i diritti per la trasmissione in Italia, che riesce a raccontarci con grande precisione i problemi dell'adolescenza senza abbandonare mai il suo spirito leggero, trainato da ottimi personaggi e dall'ottimo lavoro di A-1 Pictures e Clover Works. A tal proposito è un grande piacere segnalarvi anche le news sui "luoghi veri degli anime", le quali mostrano il grandissimo lavoro dietro a questa opera.
"Seishun Buta Yarou wa Bunny Girl-senpai wo Yume no Minai" è un anime andato in onda nella stagione autunnale, trasposizione animata della serie di light novel scritta da Hajime Kamoshida e illustrata da Keiji Mizokuchi, che questa estate continuerà tramite un film che ne adatterà il sesto e il settimo volume.
Kimi no Sei
L'anime è una divertente e assurda introspezione nel cuore e nell'animo degli adolescenti. I tredici episodi coprono cinque archi narrativi differenti che vedono impegnato il nostro Maiale e protagonista, Sakuta Azusagawa, nell'aiutare alcune ragazze che per un motivo o per un altro si ritrovano immerse in situazioni al di fuori dell'ordinario legate alla "sindrome della pubertà" (Shishunki Shōkōgun), ovvero "esperienze anormali che si vivono durante questo periodo della vita e causate dalla forte sensibilità e instabilità emotiva".
Ognuno di noi sarebbe potuto diventare vittima di questa sindrome; del resto ogni singolo ragazzino ha una forte sensibilità ed è instabile emotivamente. L'opera ci mette quindi di fronte ad un problema reale, ma estremizzandolo, presentandolo come qualcosa al di fuori dell'ordinario, quasi ti obbligasse a considerare le tue emozioni, a non passare sopra queste ferite. Un richiamo magari a una generazione di ragazzi giapponesi troppo chiusi e impauriti per comprendere sé stessi, obbligandoli ad aprire gli occhi.
Una serie in grado di entrare nell'animo dei ragazzi in un modo tanto delicato quanto aggressivo, capace di sottolineare quei piccoli e grandissimi problemi quotidiani che anche tuttora non potremmo essere sicuri di come gestire. In quegli anni l'apparenza è tutto (non che crescendo la cosa cambi diametralmente), il subconscio rimane schiacciato dal peso della pressione sociale, rendendo i ragazzini quelle macchiette spesso detestate da molti adulti, i quali a loro volta sono incapaci di comprendere che dietro certi atteggiamenti c'è una persona che si sente in dovere di recitare un determinato ruolo per non essere abbandonato dai propri pari. Ovviamente c'è chi riesce ad andare oltre, chi riesce a rischiare ogni cosa; non si dovrebbe mai sottovalutare, però, quanto sia difficile essere sé stessi.
"Il branco ti dà quel senso di sicurezza (...), si può lasciare che gli altri pensino a tutto. Ma... la logica del "lo fanno tutti" non legittima qualcuno a ferire un'altra persona. Solo perché "lo dicono tutti" o "lo fanno tutti" non significa che sia la cosa giusta da fare.
Che poi, chi sono questi "tutti"?"
La Coniglia (e le altre)
Sakuta è un ragazzo brillante, un liceale con la risposta sempre pronta e che senza farsi problemi si butta a capofitto nelle vite altrui per sistemarle, proprio perché lui è il primo a conoscere il dolore che nasce e che consegue dalla sindrome (tra le vittime, oltre a lui, vi è anche la sorella); elemento che lo allontana anche da una noiosa patina di perfezione, dandoci così modo di vederlo crollare e soffrire. Ma il meglio lo dà con la sua metà: Mai Sakurajima, l'amata e bellissima Coniglia.
Mai non è un'adolescente come le altre, è un'attrice famosa che però ha deciso ultimamente di allontanarsi dalle scene immergendosi in una vita tranquilla, forse anche troppo. Diventa letteralmente invisibile, a sempre più persone, decidendo quindi di girare vestita da coniglietta per scoprire se qualcuno la noti. Ovviamente ad accorgersi di lei è il Maiale, che non lesina commenti spavaldi e che si prodiga ad aiutarla per venire a capo di una terribile situazione che lui ben conosce. Da qui nasce pian piano un rapporto che diventa sempre più profondo e condito da sentimenti maturi (vissuto anche con la leggerezza della loro età), che ci regala dei meravigliosi scambi e qualche raro momento di dolcezza.
La Coniglia è quindi diventata un gatto, quello di Schrödinger, che deve essere notata per esistere. L'essere rimasta dietro la videocamera, l'essere ritenuta un'intoccabile a scuola, l'ha fatta immergere in un cono d'ombra di anonimato, paradossale per una persona simile, ma, quando si è adolescenti, si fa sempre avanti l'idea che "l'esistenza di qualcuno non è determinata finché non viene definita da un osservatore".
La prima saga è senza dubbio la più bella dell'anime, proprio grazie all'incredibile alchimia e ai bellissimi scambi tra i due ragazzi. Le saghe successive a mio avviso sono comunque degne dell'opera e sono interessanti per come spazino tra i vari problemi della psiche degli adolescenti, chiudendo il giro con un'ultima saga (della quale non accennerò nulla) che fa finire questa serie ad altissimi livelli, sublimando un'ottima scrittura capace di farci ridere, preoccupare e addolcire.
La Träumerei del Giovane Maiale
Nelle altre saghe quindi vedremo una giovane kohai diventare il "demone di Laplace" (che in parole molto povere fa ripetere un dato periodo di tempo come simulazione di quello che potrebbe avvenire), assisteremo al trasporto quantistico e a molto altro, cercando di dare un equilibrio tra avvenimenti assurdi e la possibile attuazione teorica degli stessi. Tutte ragazze diverse e con problemi di natura differente, nei quali però possiamo rivedere spaccati della nostra vita o di quella di chi abbiamo avuto accanto. Un tema che sono sinceramente molto felice che sia stato toccato è quello dell'accettazione di sé anche a livello estetico: odiare il proprio corpo molto facilmente porta ad odiare sé stessi, e questo problema non sembra che venga sottolineato abbastanza. Sakuta, a mio avviso, sublima la sua posizione di miglior protagonista maschile dell'anno non dispensando consigli buonisti, ma dicendo esattamente la verità più cruda: non c'è nulla di male ad odiare sé stessi.
Qualche volta, in piccola quantità, senza strafare; ma comunque, sì, odiare sé stessi è un elemento essenziale della nostra crescita. Guardarci allo specchio o guardarci dentro l'animo, fare i conti col nostro io e volerlo prendere a pugni; non c'è nulla di male in tutto questo. In questo genere di opere giapponesi si è soliti a parlare esclusivamente di quanto sia stupenda l'amicizia, di quanto vada bene sacrificare tutto per i propri amici e che c'è sempre l'arcobaleno dopo la pioggia... ma a volte dopo la pioggia c'è solo fango, che ti fa perdere l'equilibrio e ti sporca tutti i vestiti. E va bene sporcarsi, a volte è necessario stare col muso per terra per comprendere quanto sia bello rialzarsi.
In realtà le storie si risolvono nel migliore dei modi solo in maniera apparente tranne che nella prima, decisamente più classica nel suo svolgimento e anche per questo più facile da apprezzare. Ma tutte le altre volte le ragazze finiranno comunque per dover dire addio a una porzione molto importante della loro serenità e della loro tranquillità, dovranno fare scelte importanti dalle quali hanno tantissimo da perdere, perché la crescita non è bella ma è dovuta, essenziale, un sacrificio.
Del resto quest'opera non è altro che la "Träumerei" di questo giovane maiale. Nel caso non fosse chiaro, ho preso in prestito il termine dall'inizio dell'ending "Fukashigi no Carte", che fa riferimento a un'opera breve del maestro Robert Schumann del 1838, facente parte delle "Kinderszenen" ("Scene Infantili") e che letteralmente è traducibile come "fantasticheria". Non so quanto sia stata una scelta consapevole, ma Schumann sarebbe stato un soggetto più che perfetto per la Shishunki Shōkōgun, dato che diversi traumi adolescenziali (la morte di gran parte della famiglia) lo fecero crescere con diversi problemi psicologici, di preciso con una malinconia pervasiva, nonostante la quale il compositore cercava di dare il meglio nella sua vita accompagnato dalla sua amata Clara Wieck. Le "Kinderszenen" nacquero difatti come un giochetto tra lui e la moglie, perché lei era solita prenderlo in giro affettuosamente dicendogli che sembrava un bambinone; lui volle allora creare queste operette dal ritmo semplice e allegro, così che potessero essere dedicate all'infanzia, ma ultimando la sua opera si rese invece conto che non si trattava di musica per i bambini ma sui bambini.
L'anime è quindi, in un certo senso, proprio come la "Träumerei" di questo giovane Maiale, un'opera che grazie ai suoi tempi comici e alle sue assurdità sembra essere di una squisita leggerezza, rivelandosi invece essere non per gli adolescenti quanto piuttosto sugli adolescenti.
Va bene odiarsi, va bene avere delle cicatrici, va bene soffrire, va bene anche per un Maiale sognare una senpai vestita da Coniglia. L'importante è che alla fine di questa "Träumerei" capiate che crescere vuol dire imparare a convivere con tutti questi pesi.
Oggi parliamo di un anime che ha avuto un grande successo da noi, nonostante nessuno ne abbia acquistato i diritti per la trasmissione in Italia, che riesce a raccontarci con grande precisione i problemi dell'adolescenza senza abbandonare mai il suo spirito leggero, trainato da ottimi personaggi e dall'ottimo lavoro di A-1 Pictures e Clover Works. A tal proposito è un grande piacere segnalarvi anche le news sui "luoghi veri degli anime", le quali mostrano il grandissimo lavoro dietro a questa opera.
"Seishun Buta Yarou wa Bunny Girl-senpai wo Yume no Minai" è un anime andato in onda nella stagione autunnale, trasposizione animata della serie di light novel scritta da Hajime Kamoshida e illustrata da Keiji Mizokuchi, che questa estate continuerà tramite un film che ne adatterà il sesto e il settimo volume.
Kimi no Sei
L'anime è una divertente e assurda introspezione nel cuore e nell'animo degli adolescenti. I tredici episodi coprono cinque archi narrativi differenti che vedono impegnato il nostro Maiale e protagonista, Sakuta Azusagawa, nell'aiutare alcune ragazze che per un motivo o per un altro si ritrovano immerse in situazioni al di fuori dell'ordinario legate alla "sindrome della pubertà" (Shishunki Shōkōgun), ovvero "esperienze anormali che si vivono durante questo periodo della vita e causate dalla forte sensibilità e instabilità emotiva".
Ognuno di noi sarebbe potuto diventare vittima di questa sindrome; del resto ogni singolo ragazzino ha una forte sensibilità ed è instabile emotivamente. L'opera ci mette quindi di fronte ad un problema reale, ma estremizzandolo, presentandolo come qualcosa al di fuori dell'ordinario, quasi ti obbligasse a considerare le tue emozioni, a non passare sopra queste ferite. Un richiamo magari a una generazione di ragazzi giapponesi troppo chiusi e impauriti per comprendere sé stessi, obbligandoli ad aprire gli occhi.
Una serie in grado di entrare nell'animo dei ragazzi in un modo tanto delicato quanto aggressivo, capace di sottolineare quei piccoli e grandissimi problemi quotidiani che anche tuttora non potremmo essere sicuri di come gestire. In quegli anni l'apparenza è tutto (non che crescendo la cosa cambi diametralmente), il subconscio rimane schiacciato dal peso della pressione sociale, rendendo i ragazzini quelle macchiette spesso detestate da molti adulti, i quali a loro volta sono incapaci di comprendere che dietro certi atteggiamenti c'è una persona che si sente in dovere di recitare un determinato ruolo per non essere abbandonato dai propri pari. Ovviamente c'è chi riesce ad andare oltre, chi riesce a rischiare ogni cosa; non si dovrebbe mai sottovalutare, però, quanto sia difficile essere sé stessi.
"Il branco ti dà quel senso di sicurezza (...), si può lasciare che gli altri pensino a tutto. Ma... la logica del "lo fanno tutti" non legittima qualcuno a ferire un'altra persona. Solo perché "lo dicono tutti" o "lo fanno tutti" non significa che sia la cosa giusta da fare.
Che poi, chi sono questi "tutti"?"
La Coniglia (e le altre)
Sakuta è un ragazzo brillante, un liceale con la risposta sempre pronta e che senza farsi problemi si butta a capofitto nelle vite altrui per sistemarle, proprio perché lui è il primo a conoscere il dolore che nasce e che consegue dalla sindrome (tra le vittime, oltre a lui, vi è anche la sorella); elemento che lo allontana anche da una noiosa patina di perfezione, dandoci così modo di vederlo crollare e soffrire. Ma il meglio lo dà con la sua metà: Mai Sakurajima, l'amata e bellissima Coniglia.
Mai non è un'adolescente come le altre, è un'attrice famosa che però ha deciso ultimamente di allontanarsi dalle scene immergendosi in una vita tranquilla, forse anche troppo. Diventa letteralmente invisibile, a sempre più persone, decidendo quindi di girare vestita da coniglietta per scoprire se qualcuno la noti. Ovviamente ad accorgersi di lei è il Maiale, che non lesina commenti spavaldi e che si prodiga ad aiutarla per venire a capo di una terribile situazione che lui ben conosce. Da qui nasce pian piano un rapporto che diventa sempre più profondo e condito da sentimenti maturi (vissuto anche con la leggerezza della loro età), che ci regala dei meravigliosi scambi e qualche raro momento di dolcezza.
La Coniglia è quindi diventata un gatto, quello di Schrödinger, che deve essere notata per esistere. L'essere rimasta dietro la videocamera, l'essere ritenuta un'intoccabile a scuola, l'ha fatta immergere in un cono d'ombra di anonimato, paradossale per una persona simile, ma, quando si è adolescenti, si fa sempre avanti l'idea che "l'esistenza di qualcuno non è determinata finché non viene definita da un osservatore".
La prima saga è senza dubbio la più bella dell'anime, proprio grazie all'incredibile alchimia e ai bellissimi scambi tra i due ragazzi. Le saghe successive a mio avviso sono comunque degne dell'opera e sono interessanti per come spazino tra i vari problemi della psiche degli adolescenti, chiudendo il giro con un'ultima saga (della quale non accennerò nulla) che fa finire questa serie ad altissimi livelli, sublimando un'ottima scrittura capace di farci ridere, preoccupare e addolcire.
La Träumerei del Giovane Maiale
Nelle altre saghe quindi vedremo una giovane kohai diventare il "demone di Laplace" (che in parole molto povere fa ripetere un dato periodo di tempo come simulazione di quello che potrebbe avvenire), assisteremo al trasporto quantistico e a molto altro, cercando di dare un equilibrio tra avvenimenti assurdi e la possibile attuazione teorica degli stessi. Tutte ragazze diverse e con problemi di natura differente, nei quali però possiamo rivedere spaccati della nostra vita o di quella di chi abbiamo avuto accanto. Un tema che sono sinceramente molto felice che sia stato toccato è quello dell'accettazione di sé anche a livello estetico: odiare il proprio corpo molto facilmente porta ad odiare sé stessi, e questo problema non sembra che venga sottolineato abbastanza. Sakuta, a mio avviso, sublima la sua posizione di miglior protagonista maschile dell'anno non dispensando consigli buonisti, ma dicendo esattamente la verità più cruda: non c'è nulla di male ad odiare sé stessi.
Qualche volta, in piccola quantità, senza strafare; ma comunque, sì, odiare sé stessi è un elemento essenziale della nostra crescita. Guardarci allo specchio o guardarci dentro l'animo, fare i conti col nostro io e volerlo prendere a pugni; non c'è nulla di male in tutto questo. In questo genere di opere giapponesi si è soliti a parlare esclusivamente di quanto sia stupenda l'amicizia, di quanto vada bene sacrificare tutto per i propri amici e che c'è sempre l'arcobaleno dopo la pioggia... ma a volte dopo la pioggia c'è solo fango, che ti fa perdere l'equilibrio e ti sporca tutti i vestiti. E va bene sporcarsi, a volte è necessario stare col muso per terra per comprendere quanto sia bello rialzarsi.
In realtà le storie si risolvono nel migliore dei modi solo in maniera apparente tranne che nella prima, decisamente più classica nel suo svolgimento e anche per questo più facile da apprezzare. Ma tutte le altre volte le ragazze finiranno comunque per dover dire addio a una porzione molto importante della loro serenità e della loro tranquillità, dovranno fare scelte importanti dalle quali hanno tantissimo da perdere, perché la crescita non è bella ma è dovuta, essenziale, un sacrificio.
Del resto quest'opera non è altro che la "Träumerei" di questo giovane maiale. Nel caso non fosse chiaro, ho preso in prestito il termine dall'inizio dell'ending "Fukashigi no Carte", che fa riferimento a un'opera breve del maestro Robert Schumann del 1838, facente parte delle "Kinderszenen" ("Scene Infantili") e che letteralmente è traducibile come "fantasticheria". Non so quanto sia stata una scelta consapevole, ma Schumann sarebbe stato un soggetto più che perfetto per la Shishunki Shōkōgun, dato che diversi traumi adolescenziali (la morte di gran parte della famiglia) lo fecero crescere con diversi problemi psicologici, di preciso con una malinconia pervasiva, nonostante la quale il compositore cercava di dare il meglio nella sua vita accompagnato dalla sua amata Clara Wieck. Le "Kinderszenen" nacquero difatti come un giochetto tra lui e la moglie, perché lei era solita prenderlo in giro affettuosamente dicendogli che sembrava un bambinone; lui volle allora creare queste operette dal ritmo semplice e allegro, così che potessero essere dedicate all'infanzia, ma ultimando la sua opera si rese invece conto che non si trattava di musica per i bambini ma sui bambini.
L'anime è quindi, in un certo senso, proprio come la "Träumerei" di questo giovane Maiale, un'opera che grazie ai suoi tempi comici e alle sue assurdità sembra essere di una squisita leggerezza, rivelandosi invece essere non per gli adolescenti quanto piuttosto sugli adolescenti.
Va bene odiarsi, va bene avere delle cicatrici, va bene soffrire, va bene anche per un Maiale sognare una senpai vestita da Coniglia. L'importante è che alla fine di questa "Träumerei" capiate che crescere vuol dire imparare a convivere con tutti questi pesi.
Prendete mezza parte di "OreGairu", l'altra mezza di "La Malinconia di Haruhi Suzumiya", un pizzico di "Chūnibyō" e di "Another" - qualcuno preferisce aggiungere anche un po' di "Bakemonogatari".
Agitate bene e il risultato sarà "Seishun Buta Yarō"! Comunque no! Non si tratta di una storia sulla cucina, cibo, ecc.
Ho sintetizzato la serie con la "ricetta culinaria" per non dilungarmi in una lunga recensione (più che altro perché non sono bravo nella scrittura) e per far capire in modo semplice, veloce ed efficace a cosa andrete incontro con la visione - non certo per sminuire la storia; se le serie sopracitate vi sono piaciute, specialmente quelle usate di più nella "ricetta", di sicuro apprezzerete anche voi "Seishun Buta Yarō".
Ho dato 10 come voto per un semplice motivo: la serie mi è piaciuta parecchio e non ho trovato difetti; l'unico difetto (in realtà non lo è) sarebbe il finale che non c'è - non c'è perché la light novel non è ancora terminata; però c'è il film che fa da seguito e la speranza dell'adattamento degli ultimi volumi della novel, in un futuro non troppo lontano... speriamo.
P.S. Ho indicato "Bakemonogatari" a piacimento per il semplice fatto che non l'ho ancora visto, ma molti dicono faccia parte degli "ingredienti".
Agitate bene e il risultato sarà "Seishun Buta Yarō"! Comunque no! Non si tratta di una storia sulla cucina, cibo, ecc.
Ho sintetizzato la serie con la "ricetta culinaria" per non dilungarmi in una lunga recensione (più che altro perché non sono bravo nella scrittura) e per far capire in modo semplice, veloce ed efficace a cosa andrete incontro con la visione - non certo per sminuire la storia; se le serie sopracitate vi sono piaciute, specialmente quelle usate di più nella "ricetta", di sicuro apprezzerete anche voi "Seishun Buta Yarō".
Ho dato 10 come voto per un semplice motivo: la serie mi è piaciuta parecchio e non ho trovato difetti; l'unico difetto (in realtà non lo è) sarebbe il finale che non c'è - non c'è perché la light novel non è ancora terminata; però c'è il film che fa da seguito e la speranza dell'adattamento degli ultimi volumi della novel, in un futuro non troppo lontano... speriamo.
P.S. Ho indicato "Bakemonogatari" a piacimento per il semplice fatto che non l'ho ancora visto, ma molti dicono faccia parte degli "ingredienti".
Lo studente Sakuta si accorge di essere il solo in grado di vedere la giovane Mai, e quindi di rendersi conto della sua esistenza. Questa viene infatti ignorata da tutti, come se fosse invisibile. Sakuta farà di tutto per aiutare la ragazza, della quale non tarderà a innamorarsi.
Questa la storia principale, ma non sarà l' unica, infatti altri personaggi si troveranno a fronteggiare differenti situazioni, come loop temporali, perdite di memoria e persino scambio di corpi, tutte situazioni dovute e ricondotte alla "sindrome della pubertà", così come viene riportato nella trama.
Un anime scolastico, una storia d'amore e vari elementi fantascientifici compongono questa storia meravigliosa, in grado di appassionare lo spettatore.
Presenta personaggi ben rappresentati e caratterizzati, ottimi disegni e animazioni, così come la parte sonora ben realizzata.
È un anime che mi è piaciuto moltissimo, e che alla fine mi ha fatto pensare: "Peccato che è durato poco!"
Consigliatissimo.
Questa la storia principale, ma non sarà l' unica, infatti altri personaggi si troveranno a fronteggiare differenti situazioni, come loop temporali, perdite di memoria e persino scambio di corpi, tutte situazioni dovute e ricondotte alla "sindrome della pubertà", così come viene riportato nella trama.
Un anime scolastico, una storia d'amore e vari elementi fantascientifici compongono questa storia meravigliosa, in grado di appassionare lo spettatore.
Presenta personaggi ben rappresentati e caratterizzati, ottimi disegni e animazioni, così come la parte sonora ben realizzata.
È un anime che mi è piaciuto moltissimo, e che alla fine mi ha fatto pensare: "Peccato che è durato poco!"
Consigliatissimo.
Sakuta, studente abbastanza bizzarro per i suoi modi di fare, non è ben visto dai compagni. Un giorno all'interno della biblioteca vede questa ragazza bellissima di nome Mai vestita da coniglietta; la ragazza, vestita così perché consapevole che nessuno la può vedere, rimane sbalordita quando si accorge che Sakuta ci riesce. Presto scopriranno che Mai soffre di una sindrome adolescenziale: per via della sua troppa popolarità "acquisita durante le esperienze lavorative come modella pubblicitaria" il suo odio verso alcune parti di questo lavoro la ha fatta scomparire alla vista di tutti. I due cercheranno una soluzione al riguardo, fino a farla guarire. Andando avanti, vedremo altre persone, come la sorella di Sakuta, Futaba ecc. avere questa sindrome, ognuno per i propri motivi, causando effetti collaterali ad ognuno in modo diverso. Con l'aiuto di Sakuta e Mai tutti supereranno questi momenti.
Voglio subito dire che Mai è una ragazza veramente ben disegnata, poche sono belle così. Tornando alla trama, questo anime fa notare cose molto importanti, ovvero come le persone si possono ammalare di qualcosa a loro insaputa, cosa si può subire dalle altre persone, come ci si può ammalare di popolarità e come si possono utilizzare i social in maniera scorretta. Potrete vedere durante la serie come mai la sorella di Sakuta non vuole uscire di casa, oppure come Futaba, ragazza modello, dentro di sé vorrebbe essere. Ho trovato molto utile questo tipo di espressione che l'autore ha voluto trasmettere ai giovani di oggi.
La grafica è bella, i dialoghi un po' complicati. Sono costretto a dare un punteggio alto non solo per le animazioni e per l'intrattenimento ma soprattutto per il contenuto a mio parere educativo e da non sottovalutare che ci vuole trasmettere.
Voglio subito dire che Mai è una ragazza veramente ben disegnata, poche sono belle così. Tornando alla trama, questo anime fa notare cose molto importanti, ovvero come le persone si possono ammalare di qualcosa a loro insaputa, cosa si può subire dalle altre persone, come ci si può ammalare di popolarità e come si possono utilizzare i social in maniera scorretta. Potrete vedere durante la serie come mai la sorella di Sakuta non vuole uscire di casa, oppure come Futaba, ragazza modello, dentro di sé vorrebbe essere. Ho trovato molto utile questo tipo di espressione che l'autore ha voluto trasmettere ai giovani di oggi.
La grafica è bella, i dialoghi un po' complicati. Sono costretto a dare un punteggio alto non solo per le animazioni e per l'intrattenimento ma soprattutto per il contenuto a mio parere educativo e da non sottovalutare che ci vuole trasmettere.
“Seishun Buta Yaro wa Bunny Girl Senpai no Yume wo Minai”, che tradotto alla buona significa “Ma i maiali (nel senso di ragazzi mascalzoni) non sognano ragazze senpai vestite da conigliette?”, sembrerà assurdo, ma è una chiara citazione che cita niente poco di meno che “Blade Runner”, in chiave ironica, poiché il celeberrimo libro di Philip K. Dick, da cui fu tratto il film super-cult, si intitolava appunto “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” Domanda lecita, se mai gli androidi avessero mai avuto bisogno di prendere sonno.
Per essere chiari, di primo acchito si potrebbe dire che ci sia ben poco di “Blade Runner” all’interno di questo anime, tuttavia dopo il primo quarto d’ora ecco che, dietro la facciata del solito prodotto inscatolato a tema sentimentale con palesi strizzate d’occhio al genere “harem”, s’intravedono i primi concetti sfuggenti, astratti, con riferimenti vagamente scientifici e più concreti riguardo varie leggende metropolitane, tutto condito da un filo conduttore che passa dall’inspiegabile sovrannaturale al quasi nonsense, accettato dai protagonisti della storia come parte integrande della loro vita quotidiana. Chiaramente, niente a che vedere con le atmosfere cupe e sci-fi punk di Roy Batty & Co.
Questo intreccio di generi, che posa saldamente su una base “scolastica” più classica possibile, dà vita a una storia banale, tuttavia per niente noiosa: Sakuta Azusagawa è un ragazzo carino, introverso e decisamente silenzioso, appena approdato alle superiori, ma che quasi tutti tendono ad evitare per dei trascorsi violenti quando era ancora alle medie. Messa così, potrebbe apparire come il solito incipit risentito decine di volte, se non fosse che un giorno, durante una visita a una affollata biblioteca in centro, s’imbatte in una bellissima ragazza vestita da coniglietta in perfetto stile playboy, che, senza alcun apparente motivo, nessuno riesce a vedere... a parte lui!
Sakuta decide di capire cosa stia accadendo, e comincia a indagare sull’attraente ragazza - il suo nome è Mai, e fra l’altro frequenta la sua stessa scuola -, cominciando a dipanare un mistero dietro l’altro; situazioni assurde al limite del paranormale (e oltre), collegate a un malessere che ha colpito, in passato, alcuni ragazzi della città, e che viene individuato come “Sindrome della pubertà”.
Dopo la prima metà dell’anime diviene chiaro che non si tratta del solito sistema narrativo da tredici episodi, bensì una sequenza di racconti suddivisa ad archi narrativi brevi, atti a seguire le vicende personali dei protagonisti che gravitano intorno al giovane Sakuta, personaggio di punta della storia, ben differente dal solito bamboccione poco prestante e totalmente imbranato nel relazionarsi al genere femminile. Sakuta è arguto ma svogliato, pigro ma attento, sempre pronto alla battuta irriverente o a doppio senso. Molto più realistico e “umano”, simile a un vero adolescente, è decisamente attratto dalle amiche di scuola senza tanti giri di parole; ben presto però la figura di Mai lo ammalierà oltre ogni immaginazione, essendo lei l’archetipo della “waifu” moderna: matura e gentile, capace di imbarazzarsi e al tempo stesso di saper affrontare ogni genere di situazione con risolutezza e decisione.
Attorno alla coppia che inizialmente crediamo essere l’unica vera protagonista della vicenda, ecco che si scoprono i segreti dei comprimari, che poi tanto secondari non sembrano essere. Ognuno vede ritagliato un angolo di trama più o meno importante, e il filo conduttore è sempre questa misteriosa e inquietante Sindrome della pubertà.
E’ un prodotto frizzante, fresco, leggero, che non annoia mai, sebbene proceda a ritmo alterno. Le gag e le battute a sfondo erotico sono talvolta chiare e dirette, e questo rende il tutto ancor più divertente e stimolante, sicuramente una chiave di narrazione migliore del solito fanservice servito sul piatto senza alcun contorno.
La componente surreale spazia sempre più, man mano che la vicenda si evolve, passando per diversi esempi che tentano di spiegare le situazioni assurde che affliggono i protagonisti: la scatola del gatto di Schrodinger, i loop temporali, dei paradossi inspiegabili, scambi di personalità e altre assurdità accadono una dietro l’altra, confondendo personaggi e spettatori.
Mai e Sakuta non sono la solita coppietta vista e rivista; creano un duo piccante, scoppiettante e divertente, ma v’è spazio per tutti i comprimari all’interno dei brevi archi narrativi che raccontano le loro avventure, follie e disagi.
I dialoghi sono senza dubbio accattivanti, v’è un tempismo perfetto per le battute e per i silenzi; spesso le pause e le sequenze animate sono gestite in modo impeccabile. Gli sceneggiatori traggono questa storia dall’omonima novel (ben più lunga della versione video, che presumibilmente vedremo finire trasposta in un lungometraggio dedicato), e la gestiscono in un modo più che discreto: si combatte il pensiero comune, la filosofia secondo la quale conviene seguire il pensiero della massa per non rimanere emarginati; si comprende che sopprimere il pensiero personale e fuori dal coro significa sopprimere la nostra originalità e, quindi, sopprimere parte di noi stessi. L’indifferenza, soprattutto nella società odierna, è uno dei mali peggiori, e, se collegata ai mali adolescenziali e alle problematiche della pubertà all’interno degli istituti scolastici, come bullismo, emarginazione e depressione, può creare un cocktail negativo di entità inimmaginabile.
Raccontando vicende paradossali e spesso assurde, si parafrasano le difficoltà e i problemi dei giovani contemporanei, cogliendone le sfumature più complicate, anche se talvolta ciò che si ottiene è una ridondanza fine a sé stessa.
V’è spazio anche per le classiche gag da storia sentimentale classica; il tira e molla di un bacio, gli equivoci più o meno imbarazzanti e via dicendo. Ad ogni modo, Sakuta rompe lo schermo più di tanti altri protagonisti, con il suo modo di fare sfacciato, tremendamente reale, sarcastico e capace di prendere in giro tanti luoghi comuni.
I disegni sono molto belli, luminosi, accattivanti. Lo studio per far apparire le giovani protagoniste più che attraenti è riuscito in modo eccellente. Le animazioni rimangono nella media, spesso anche più di quel che ci si potrebbe aspettare, mentre tutto questo ci porta velocemente verso un finale più drammatico e sofferto, capace di esprimere il proprio climax nel penultimo episodio, e di “sedersi” in modo più blando proprio sul finale, poco incisivo e, a dirla tutta, decisamente moscio. Questo non deve però trarre in inganno: la vicenda non finisce qui, bensì, come detto, continuerà nel lungometraggio finale (e chi sa se non in una serie seguente, vista la lunghezza delle novel).
Colonna sonora semplice, pertinente, che si abbina in modo gentile e perfetto alla storia. L’opening è carina, orecchiabile, ma la dimenticherete presto, mentre la ending risulta più sentita ed emozionante.
La forza di questo prodotto sono proprio i personaggi: apparentemente classici, a tratti stereotipati, ma che hanno davvero molto da raccontare. Menzione speciale per Kaede, la sorella di Sakuta, assoluta protagonista dell’arco finale.
Consigliato a chi cerca qualcosa di leggero, divertente e inaspettatamente impegnato proprio sul finale, e, perché no, che faccia riflettere un poco su alcune dinamiche spesso date per scontate o che passano in secondo piano, nel caos di tutti i giorni, fra genitori assenti, figli pieni di pensieri e sogni, spesso difficili da affrontare e soprattutto risolvere.
Quanto conta la presenza di qualcuno di importante, in quei momenti? Dire tanto è riduttivo.
Per essere chiari, di primo acchito si potrebbe dire che ci sia ben poco di “Blade Runner” all’interno di questo anime, tuttavia dopo il primo quarto d’ora ecco che, dietro la facciata del solito prodotto inscatolato a tema sentimentale con palesi strizzate d’occhio al genere “harem”, s’intravedono i primi concetti sfuggenti, astratti, con riferimenti vagamente scientifici e più concreti riguardo varie leggende metropolitane, tutto condito da un filo conduttore che passa dall’inspiegabile sovrannaturale al quasi nonsense, accettato dai protagonisti della storia come parte integrande della loro vita quotidiana. Chiaramente, niente a che vedere con le atmosfere cupe e sci-fi punk di Roy Batty & Co.
Questo intreccio di generi, che posa saldamente su una base “scolastica” più classica possibile, dà vita a una storia banale, tuttavia per niente noiosa: Sakuta Azusagawa è un ragazzo carino, introverso e decisamente silenzioso, appena approdato alle superiori, ma che quasi tutti tendono ad evitare per dei trascorsi violenti quando era ancora alle medie. Messa così, potrebbe apparire come il solito incipit risentito decine di volte, se non fosse che un giorno, durante una visita a una affollata biblioteca in centro, s’imbatte in una bellissima ragazza vestita da coniglietta in perfetto stile playboy, che, senza alcun apparente motivo, nessuno riesce a vedere... a parte lui!
Sakuta decide di capire cosa stia accadendo, e comincia a indagare sull’attraente ragazza - il suo nome è Mai, e fra l’altro frequenta la sua stessa scuola -, cominciando a dipanare un mistero dietro l’altro; situazioni assurde al limite del paranormale (e oltre), collegate a un malessere che ha colpito, in passato, alcuni ragazzi della città, e che viene individuato come “Sindrome della pubertà”.
Dopo la prima metà dell’anime diviene chiaro che non si tratta del solito sistema narrativo da tredici episodi, bensì una sequenza di racconti suddivisa ad archi narrativi brevi, atti a seguire le vicende personali dei protagonisti che gravitano intorno al giovane Sakuta, personaggio di punta della storia, ben differente dal solito bamboccione poco prestante e totalmente imbranato nel relazionarsi al genere femminile. Sakuta è arguto ma svogliato, pigro ma attento, sempre pronto alla battuta irriverente o a doppio senso. Molto più realistico e “umano”, simile a un vero adolescente, è decisamente attratto dalle amiche di scuola senza tanti giri di parole; ben presto però la figura di Mai lo ammalierà oltre ogni immaginazione, essendo lei l’archetipo della “waifu” moderna: matura e gentile, capace di imbarazzarsi e al tempo stesso di saper affrontare ogni genere di situazione con risolutezza e decisione.
Attorno alla coppia che inizialmente crediamo essere l’unica vera protagonista della vicenda, ecco che si scoprono i segreti dei comprimari, che poi tanto secondari non sembrano essere. Ognuno vede ritagliato un angolo di trama più o meno importante, e il filo conduttore è sempre questa misteriosa e inquietante Sindrome della pubertà.
E’ un prodotto frizzante, fresco, leggero, che non annoia mai, sebbene proceda a ritmo alterno. Le gag e le battute a sfondo erotico sono talvolta chiare e dirette, e questo rende il tutto ancor più divertente e stimolante, sicuramente una chiave di narrazione migliore del solito fanservice servito sul piatto senza alcun contorno.
La componente surreale spazia sempre più, man mano che la vicenda si evolve, passando per diversi esempi che tentano di spiegare le situazioni assurde che affliggono i protagonisti: la scatola del gatto di Schrodinger, i loop temporali, dei paradossi inspiegabili, scambi di personalità e altre assurdità accadono una dietro l’altra, confondendo personaggi e spettatori.
Mai e Sakuta non sono la solita coppietta vista e rivista; creano un duo piccante, scoppiettante e divertente, ma v’è spazio per tutti i comprimari all’interno dei brevi archi narrativi che raccontano le loro avventure, follie e disagi.
I dialoghi sono senza dubbio accattivanti, v’è un tempismo perfetto per le battute e per i silenzi; spesso le pause e le sequenze animate sono gestite in modo impeccabile. Gli sceneggiatori traggono questa storia dall’omonima novel (ben più lunga della versione video, che presumibilmente vedremo finire trasposta in un lungometraggio dedicato), e la gestiscono in un modo più che discreto: si combatte il pensiero comune, la filosofia secondo la quale conviene seguire il pensiero della massa per non rimanere emarginati; si comprende che sopprimere il pensiero personale e fuori dal coro significa sopprimere la nostra originalità e, quindi, sopprimere parte di noi stessi. L’indifferenza, soprattutto nella società odierna, è uno dei mali peggiori, e, se collegata ai mali adolescenziali e alle problematiche della pubertà all’interno degli istituti scolastici, come bullismo, emarginazione e depressione, può creare un cocktail negativo di entità inimmaginabile.
Raccontando vicende paradossali e spesso assurde, si parafrasano le difficoltà e i problemi dei giovani contemporanei, cogliendone le sfumature più complicate, anche se talvolta ciò che si ottiene è una ridondanza fine a sé stessa.
V’è spazio anche per le classiche gag da storia sentimentale classica; il tira e molla di un bacio, gli equivoci più o meno imbarazzanti e via dicendo. Ad ogni modo, Sakuta rompe lo schermo più di tanti altri protagonisti, con il suo modo di fare sfacciato, tremendamente reale, sarcastico e capace di prendere in giro tanti luoghi comuni.
I disegni sono molto belli, luminosi, accattivanti. Lo studio per far apparire le giovani protagoniste più che attraenti è riuscito in modo eccellente. Le animazioni rimangono nella media, spesso anche più di quel che ci si potrebbe aspettare, mentre tutto questo ci porta velocemente verso un finale più drammatico e sofferto, capace di esprimere il proprio climax nel penultimo episodio, e di “sedersi” in modo più blando proprio sul finale, poco incisivo e, a dirla tutta, decisamente moscio. Questo non deve però trarre in inganno: la vicenda non finisce qui, bensì, come detto, continuerà nel lungometraggio finale (e chi sa se non in una serie seguente, vista la lunghezza delle novel).
Colonna sonora semplice, pertinente, che si abbina in modo gentile e perfetto alla storia. L’opening è carina, orecchiabile, ma la dimenticherete presto, mentre la ending risulta più sentita ed emozionante.
La forza di questo prodotto sono proprio i personaggi: apparentemente classici, a tratti stereotipati, ma che hanno davvero molto da raccontare. Menzione speciale per Kaede, la sorella di Sakuta, assoluta protagonista dell’arco finale.
Consigliato a chi cerca qualcosa di leggero, divertente e inaspettatamente impegnato proprio sul finale, e, perché no, che faccia riflettere un poco su alcune dinamiche spesso date per scontate o che passano in secondo piano, nel caos di tutti i giorni, fra genitori assenti, figli pieni di pensieri e sogni, spesso difficili da affrontare e soprattutto risolvere.
Quanto conta la presenza di qualcuno di importante, in quei momenti? Dire tanto è riduttivo.
"Seishun Buta Yarō wa Banīgāru Senpai no Yume o Minai" è un anime del 2018, adattamento che copre i primi cinque volumi delle light novel scritte da Hajime Kamoshida. La serie è prodotta dallo studio CloverWorks (una filiale di A-1 picture) e diretta da Sōichi Masui, con Kazuya Iwata in qualità di assistente alla regia, Masahiro Yokotani alla composizione serie e Satomi Tamura curatrice del design dei personaggi. La colonna sonora è stata composta da Fox Capture. Tamura è anche capo degli animatori insieme ad Akira Takata.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Seishun Buta Yarou" è diviso in cinque archi narrativi, in ciascuno dei quali Hajime Kamoshida riesce ad affrontare temi forti e attuali in maniera relativamente originale, tramite il pretesto del sovrannaturale, ovvero la shishunki shōkōgun (sindrome dell'adolescenza)... che altro non è che la materializzazione del problema che affligge quel determinato individuo, che si manifesta sotto forma di un evento o strano fenomeno.
Di seguito farò una piccola analisi dei vari archi narrativi.
Primo arco: segna l'inizio dell'anime, e introduce uno dei personaggi più importanti dell'opera, Mai, la "bunny girl senpai", una famosa attrice entrata nel mondo dello spettacolo già dalla tenera età. Mai trovò presto la fama come modella televisiva, a causa del fatto che sua madre gestiva un'agenzia fotografica. Un giorno, dopo essere stata costretta a partecipare a un servizio fotografico di sua madre al terzo anno di scuola media, Mai si rese conto che era semplicemente usata come uno strumento per soldi facili, quindi decise di prendersi una pausa dal mondo dello spettacolo. In seguito a questo evento, all'insaputa di Mai, gli effetti della sindrome dell'adolescenza hanno fatto sì che la sua esistenza non venisse notata dalle persone... ben presto se ne accorgerà, proverà persino a farsi notare indossando un costume da coniglietta in una biblioteca, ma comunque nessuno la noterà a parte Sakuta. In seguito, sempre più persone non riusciranno a vedere Mai... addirittura sua madre, che le faceva anche da maneger, si dimenticherà di lei.
In pratica, come risultato del non voler essere sotto le attenzioni di tutti, l'esistenza di Mai iniziò lentamente a svanire. L'effetto svanirà, di fronte a quella che è una delle scene più belle e di impatto della serie: Sakuta confessa il suo amore per Mai pubblicamente di fronte alla scuola, costringendo così tutti gli studenti a rendersi conto dell'esistenza di Mai.
Nell'anime viene anche fatta una analogia con la fisica quantistica, infatti questo evento è molto simile al concetto del gatto di Schrödinger, che afferma che l'esistenza di un "qualcosa" viene confermata solo se viene osservata; riguardo Mai, lei era conosciuta, ma, quando scappò da sua madre, perché capì che era stata usata, smise di essere nel mondo dello spettacolo. Niente più programmi TV, film, niente. Quindi la gente iniziò a dimenticarla, non sapeva che esistesse. L'anime lo ha mostrato fisicamente, rendendola davvero invisibile, dal momento che nessuno la conosceva più. L'"atmosfera" è così, quindi: se Sakuta si addormentasse, la sua anima si fonderà con "l'atmosfera" e anche lui dimenticherà Mai (come infatti succede). Era bloccata in una "scatola", dove nessuno sapeva se fosse viva o morta. Fino a quando Sakuta aprì la "scatola" e disse all'intera scuola che l'amava.
Secondo arco: Il secondo arco è incentrato su Tomoe Koga, una kohai di Sakuta. Come possiamo notare sin dai primi episodi del suo arco, Tomoe ha il forte desiderio di adattarsi alla società e di evitare di essere evitata, essendosi appena trasferita in una nuova scuola. Lei si preoccupa del suo status... si preoccupa di sbagliare, fa di tutto per adattarsi all'"atmosfera", cerca di essere in linea con la massa, ha paura di essere diversa, di fatto vedremo che non vuole rifiutare un ragazzo, dato che ha timore di come potrebbe reagire chi la circonda... per ovviare al tutto e risultare comunque popolare, decide di instaurare una finta relazione con Sakuta (che incontrerà poco prima in un parco)
L'arco in questione è sviluppato egregiamente, è una continua crescita psicologica da parte della protagonista. In questo caso la sindrome della adolescenza si manifesta quando Tomoe non è in grado di accettare le sue attuali circostanze: lei è in grado di riavvolgere e ripetere il giorno corrente nel suo futuro simulato. Una volta che il tempo è riavvolto nel futuro simulato, le uniche persone che possono percepire il loop temporale sono Tomoe e Sakuta. Tutti gli altri eventi si verificano esattamente come hanno fatto in precedenza, a condizione che Tomoe e Sakuta non li alterino. Nell'anime viene anche fatta una analogia tra Tomoe e il demone di Laplace, che in poche parole è un individuo fittizio in grado di prevedere la posizione e la quantità di moto di ogni atomo dell'universo, in modo da poter stabilire una connessione da lì.
Da notare anche che i due personaggi che rimangono bloccati nel loop temporale sono l'antitesi l'una del'altro... Tomoe non è emarginata, il suo status sociale è l'opposto di quello di Sakuta.
La capacità di Tomoe di ripetere il giorno fa parte del suo desiderio di adattarsi agli altri come meglio può... a Sakuta invece non importa di essere emarginato, non ha alcun desiderio di far parte dell'"atmosfera"... lui per principio non potrebbe mai essere il demone di Laplace.
L'effetto del loop temporale svanirà quando Tomoe si dichiarerà a Sakuta, ma accettando comunque il suo rifiuto.
Terzo arco: è incentrato su Futaba Rio, che insieme a Kunumi sono gli unici due amici di Sakuta. Lei è il punto di riferimento di Sakuta, ed è appassionata di fisica e scienze in generale; è lei infatti ad azzardare le varie teorie da correlare ai vari fenomeni inspiegabili. A prima vista si presenta come una ragazza schietta e introversa; in questo arco scopriremo che in realtà lei ha un conflitto interiore con sé stessa: lei non riesce ad essere ciò che vuole essere, e per paura di essere dimenticata tenterà di entrare far parte dell'"atmosfera". Infatti, nel tentativo di attirare l'attenzione, Futaba ha iniziato a pubblicare foto suggestive/attraenti di sé stessa sui social e ha continuato ad andare avanti nonostante non le piacesse. Questo metodo risulta quindi contraddittorio e ciò divide la nostra Futaba in due versioni di sé stessa: una che voleva attenzione e un'altra a cui non piaceva l'uso del suo corpo per attirare l'attenzione.
Questo effetto viene annullato quando Futaba si rende conto che non avrebbe perso l'attenzione, capendo così che non ha bisogno di cambiare per essere accettata dai suoi amici. In seguito troverà anche il coraggio di chiedere a Kunumi di assistere allo spettacolo pirotecnico; l'effetto quindi si annulla completamente, ricombinando così i due sé.
Quarto arco: la protagonista di questo arco è Nodoka Toyohama, "sorella" di Mai... figlia dello stesso padre ma con una madre diversa. Anche lei entrò a far parte del mondo dello spettacolo, infatti è una giovane idol. In seguito Nodoka svilupperà un complesso di inferiorità nei confronti della sorellastra, dopo che sua madre continuerà a paragonare il suo successo a quello di Mai.
L'effetto della sindrome dell'adolescenza su Nodoka consiste nello scambio di corpo con Mai... Ciò deriva dal suo complesso di inferiorità nei confronti della sorella. In seguito a questo scambio le due sono costrette l'una a vivere la vita dell'altra, e qui l'espediente narrativo basato sugli scambi di corpo viene attuato in maniera magistrale: i due personaggi sperimentano ognuna le vita dell'altra, Nodoka capisce che la vita di Mai non è per niente perfetta. Uno degli eventi fondamentali di questo arco, che trovo doveroso citare, l'abbiamo quando vediamo Nodoka (nel corpo di Mai) e Sakuta assistere allo spettacolo musicale delle Sweet Bullet: qui vediamo Nodoka che si abbatte completamente, dopo aver visto sua madre lodare Mai (nel corpo di Nodoka) per la sua esibizione, cosa che non aveva mai fatto con lei, dato che la disprezzava continuamente. A seguito di questo evento Nodoka subirà un grande choc, e tenterà addirittura il suicidio... per fortuna ci sarà il nostro Sakuta, che, dopo averla fermata, le dirà che lui ha una prova che dimostra che Mai tiene molto a lei. A questo punto Sakuta si reca insieme a Nodoka all'appartamento della sorellastra, e le mostra che Mai aveva conservato in una scatola tutte le lettere che lei le aveva mandato da bambina. In seguito arriva anche Mai, che vede Nodoka con le lettere insieme a Sakuta; Nodoka le esclama che odia il modo in cui lei fa tutto perfettamente. Nodoka quindi inizia a piangere, affermando che avrebbe voluto che sua madre almeno una volta le avesse fatto i complimenti. A quel punto Mai abbraccia Nodoka, e afferma che non c'è bisogna che lei sia Mai... ed ecco qui che Nodoka si sente dire ciò che voleva sentirsi dire, ovvero che non c'è bisogna che lei sia Mai, che deve essere soltanto sé stessa, ed ecco qui che dopo un abbraccio (notiamo che la stessa scena è avvenuta anche quando erano bambine) l'effetto svanisce e le due ritornano nel proprio corpo originale.
Quinto arco: eccoci arrivati all'arco finale, che come intuibile già precedentemente sarà quello dedicato a Kaede, la sorellina di Sakuta. Allora, iniziamo dal principio: in un punto non precisato, durante la sua permanenza nella scuola media, Kaede è stata vittima di cyberbullismo sui vari social, ricevendo anche minacce di morte. Come risultato della sindrome dell'adolescenza, questo evento ha causato in lei la comparsa di lesioni fisiche sul corpo. Il dolore che sentiva viene mostrato fisicamente attraverso tagli e lividi, ed è anche un modo che ci fa capire che lei voleva attirare l'attenzione degli altri. Kaede ne guarisce solo dopo aver smesso di usare i social media e di andare a scuola. In seguito scopriremo che, oltre a ricevere ferite, Kaede fu colpita anche da un'amnesia, che rappresenta un modo per separarsi dalla sua esperienza traumatica, ottenendo di conseguenza una nuova personalità. Questo evento spinse sua madre (costringendo anche suo padre) ad abbandonarla con Sakuta.
Kaede, da quando ha perso i suoi ricordi e ha acquisito una nuova personalità a causa della sindrome dell'adolescenza, si è isolata da Internet (anche Sakuta getterà il suo cellulare) e dal mondo esterno, sviluppando così una sorta di fobia verso gli estranei, come possiamo notare quando avviene il suo primo incontro con Mai Sakurajima. La svolta si ha quando Kaede annuncia a suo fratello che avrebbe finalmente tentato di uscire: la scena in questione avviene con Kaede che lentamente, attaccata alle spalle di Sakuta, cercherà di uscire del suo appartamento. Kaede a un certo punto è convinta di non riuscire a fare quel passo, e quindi dice a Sakuta di fermarsi, ma in realtà lei era già fuori dalla porta. A questo punto Kaede supererà in parte la sua paura, e riuscirà anche ad uscire nei giorni seguenti. In seguito vedremo che Sakuta porterà Kaede allo zoo, per mostrarle i panda che lei ama tanto, e nella sua scuola, mostrandole la sua vecchia classe. Tuttavia, il mattino seguente, Kaede si sveglia, chiedendosi del perché la sua stanza sembra diversa. Quando Sakuta le chiede se fosse "Kaede", lei gli risponde di sì, in maniera aperta e sfacciata. Sakuta capisce dunque che Kaede ha riacquistato i suoi vecchi ricordi (ed è quindi ridiventata la vera Kaede), ma perso quelli attuali. A quel punto Kaede viene prontamente portata all'ospedale da Sakuta e da suo padre. Sakuta viene molto colpito dal cambio di personalità di Kaede, infatti vediamo che la "nuova" Kaede è molto diversa dall'altra, diversa nel suo modo di mangiare, diversa nel suo modo di parlare (che passa dall'uso del giapponese formale in chiave kawaii a quello comune, informale, confidenziale) e diversa nei suoi hobby, è praticamente un'altra persona. Sconvolto quindi dalla perdita della "Kaede" con cui ha vissuto e di cui si è preso cura sino ad ora, Sakuta corre fuori dall'ospedale, e, lacerato dalla ferita per aver perso per la seconda volta Kaede, le sue cicatrici si riaprono. Proprio in quel momento, di fronte a lui, le compare Shoko (personaggio che approfondiremo in seguito), che lo tranquillizzerà, dicendogli che va tutto bene. In seguito vediamo Shoko leggere a Sakuta il diario di Kaede.
Approfondiamo anche un po' Sakuta: lui è un individuo socialmente isolato, non si scompone di fronte a nulla, è sempre calmo; fatta eccezione per la scena nell'arco di Kaede, lui non perde mai il controllo. Non si lascia condizionare in alcun modo dagli altri, non si preoccupa di quello che la gente pensa di lui. Nonostante questo comportamento, mostra attenzione e compassione nei confronti delle persone a cui tiene, ed è disposto ad aiutare gli altri, infatti aiuta le varie ragazze a superare le loro difficoltà.
Altro personaggio molto interessante è Shoko Makinohara, una ragazza che Sakuta incontrò diverso tempo prima su una spiaggia... da allora non la rivide più. In seguito (poco prima dell'inizio dell'arco di Futaba), durante una giornata piovosa, vediamo Sakuta e Mai incontrare una bambina, con lo stesso identico aspetto (ma più piccola) e lo stesso nome/cognome della Shoko che conosceva lui.
Una sua altra apparizione l'abbiamo durante l'arco di Kaede: Shoko (la stessa incontrata da Sakuta sulla spiaggia) appare di fronte a Sakuta mentre era addolorato per via del cambio di personalità avvenuto in Kaede... infatti, dopo che le cicatrici di Sakuta si riaprirono, lei lo porta a casa sua per curargli le ferite. Dopodiché vediamo Shoko leggere ad alta voce estratti dal diario di Kaede, rivelando così a Sakuta che Kaede si aspettava che i suoi ricordi precedenti ritornassero, e che quindi il suo desiderio era quello di regalare a Sakuta delle belle esperienze, cosicché non avrebbe avuto rimpianti una volta che avesse riacquistato la sua ex sé. Il giorno dopo, Shoko lascia un biglietto a Sakuta, dicendogli che era tornata a casa.
Non sappiamo quasi nulla su di lei: azzardando qualche teoria, possiamo dire che probabilmente Shoko è in grado di viaggiare nel tempo. In ogni caso, il nuovo film che dovrà uscire sarà proprio incentrato su di lei.
Apparato tecnico: niente da dire, lo studio CloverWorks, che altro non è che una filiale di A-1 Picture, fa un ottimo lavoro. Bellissimi i disegni, animazione fluide, fondali ottimi e curati; degna di nota è anche la fedeltà data alla ricreazione di Enoshima (una piccola isola del Giappone), che è il luogo in cui è ambientato l'anime - lo stesso Animeclick.it ha realizzato un confronto tra i luoghi reali e quelli dell'anime, e invito chiunque ad andarlo a vedere.
Riguardo al comparto sonoro, ottime le OST, veramente bellissime sia l'opening ("Kimi no Sei") che l'ending ("Fukashigi no Carte"), che cambia a seconda del personaggio che si sta trattando nel determinato arco.
Considerazioni finali: come si sarà ben capito, ho apprezzato tantissimo "Seishun Buta Yarou", nonostante prenda ispirazione e ricordi vagamente opere come "Monogatari Series"/"Oregairu". Riesce comunque ad essere un prodotto complesso e originale, una potente critica sociale, che non si perde in banalità. Capolavoro.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Seishun Buta Yarou" è diviso in cinque archi narrativi, in ciascuno dei quali Hajime Kamoshida riesce ad affrontare temi forti e attuali in maniera relativamente originale, tramite il pretesto del sovrannaturale, ovvero la shishunki shōkōgun (sindrome dell'adolescenza)... che altro non è che la materializzazione del problema che affligge quel determinato individuo, che si manifesta sotto forma di un evento o strano fenomeno.
Di seguito farò una piccola analisi dei vari archi narrativi.
Primo arco: segna l'inizio dell'anime, e introduce uno dei personaggi più importanti dell'opera, Mai, la "bunny girl senpai", una famosa attrice entrata nel mondo dello spettacolo già dalla tenera età. Mai trovò presto la fama come modella televisiva, a causa del fatto che sua madre gestiva un'agenzia fotografica. Un giorno, dopo essere stata costretta a partecipare a un servizio fotografico di sua madre al terzo anno di scuola media, Mai si rese conto che era semplicemente usata come uno strumento per soldi facili, quindi decise di prendersi una pausa dal mondo dello spettacolo. In seguito a questo evento, all'insaputa di Mai, gli effetti della sindrome dell'adolescenza hanno fatto sì che la sua esistenza non venisse notata dalle persone... ben presto se ne accorgerà, proverà persino a farsi notare indossando un costume da coniglietta in una biblioteca, ma comunque nessuno la noterà a parte Sakuta. In seguito, sempre più persone non riusciranno a vedere Mai... addirittura sua madre, che le faceva anche da maneger, si dimenticherà di lei.
In pratica, come risultato del non voler essere sotto le attenzioni di tutti, l'esistenza di Mai iniziò lentamente a svanire. L'effetto svanirà, di fronte a quella che è una delle scene più belle e di impatto della serie: Sakuta confessa il suo amore per Mai pubblicamente di fronte alla scuola, costringendo così tutti gli studenti a rendersi conto dell'esistenza di Mai.
Nell'anime viene anche fatta una analogia con la fisica quantistica, infatti questo evento è molto simile al concetto del gatto di Schrödinger, che afferma che l'esistenza di un "qualcosa" viene confermata solo se viene osservata; riguardo Mai, lei era conosciuta, ma, quando scappò da sua madre, perché capì che era stata usata, smise di essere nel mondo dello spettacolo. Niente più programmi TV, film, niente. Quindi la gente iniziò a dimenticarla, non sapeva che esistesse. L'anime lo ha mostrato fisicamente, rendendola davvero invisibile, dal momento che nessuno la conosceva più. L'"atmosfera" è così, quindi: se Sakuta si addormentasse, la sua anima si fonderà con "l'atmosfera" e anche lui dimenticherà Mai (come infatti succede). Era bloccata in una "scatola", dove nessuno sapeva se fosse viva o morta. Fino a quando Sakuta aprì la "scatola" e disse all'intera scuola che l'amava.
Secondo arco: Il secondo arco è incentrato su Tomoe Koga, una kohai di Sakuta. Come possiamo notare sin dai primi episodi del suo arco, Tomoe ha il forte desiderio di adattarsi alla società e di evitare di essere evitata, essendosi appena trasferita in una nuova scuola. Lei si preoccupa del suo status... si preoccupa di sbagliare, fa di tutto per adattarsi all'"atmosfera", cerca di essere in linea con la massa, ha paura di essere diversa, di fatto vedremo che non vuole rifiutare un ragazzo, dato che ha timore di come potrebbe reagire chi la circonda... per ovviare al tutto e risultare comunque popolare, decide di instaurare una finta relazione con Sakuta (che incontrerà poco prima in un parco)
L'arco in questione è sviluppato egregiamente, è una continua crescita psicologica da parte della protagonista. In questo caso la sindrome della adolescenza si manifesta quando Tomoe non è in grado di accettare le sue attuali circostanze: lei è in grado di riavvolgere e ripetere il giorno corrente nel suo futuro simulato. Una volta che il tempo è riavvolto nel futuro simulato, le uniche persone che possono percepire il loop temporale sono Tomoe e Sakuta. Tutti gli altri eventi si verificano esattamente come hanno fatto in precedenza, a condizione che Tomoe e Sakuta non li alterino. Nell'anime viene anche fatta una analogia tra Tomoe e il demone di Laplace, che in poche parole è un individuo fittizio in grado di prevedere la posizione e la quantità di moto di ogni atomo dell'universo, in modo da poter stabilire una connessione da lì.
Da notare anche che i due personaggi che rimangono bloccati nel loop temporale sono l'antitesi l'una del'altro... Tomoe non è emarginata, il suo status sociale è l'opposto di quello di Sakuta.
La capacità di Tomoe di ripetere il giorno fa parte del suo desiderio di adattarsi agli altri come meglio può... a Sakuta invece non importa di essere emarginato, non ha alcun desiderio di far parte dell'"atmosfera"... lui per principio non potrebbe mai essere il demone di Laplace.
L'effetto del loop temporale svanirà quando Tomoe si dichiarerà a Sakuta, ma accettando comunque il suo rifiuto.
Terzo arco: è incentrato su Futaba Rio, che insieme a Kunumi sono gli unici due amici di Sakuta. Lei è il punto di riferimento di Sakuta, ed è appassionata di fisica e scienze in generale; è lei infatti ad azzardare le varie teorie da correlare ai vari fenomeni inspiegabili. A prima vista si presenta come una ragazza schietta e introversa; in questo arco scopriremo che in realtà lei ha un conflitto interiore con sé stessa: lei non riesce ad essere ciò che vuole essere, e per paura di essere dimenticata tenterà di entrare far parte dell'"atmosfera". Infatti, nel tentativo di attirare l'attenzione, Futaba ha iniziato a pubblicare foto suggestive/attraenti di sé stessa sui social e ha continuato ad andare avanti nonostante non le piacesse. Questo metodo risulta quindi contraddittorio e ciò divide la nostra Futaba in due versioni di sé stessa: una che voleva attenzione e un'altra a cui non piaceva l'uso del suo corpo per attirare l'attenzione.
Questo effetto viene annullato quando Futaba si rende conto che non avrebbe perso l'attenzione, capendo così che non ha bisogno di cambiare per essere accettata dai suoi amici. In seguito troverà anche il coraggio di chiedere a Kunumi di assistere allo spettacolo pirotecnico; l'effetto quindi si annulla completamente, ricombinando così i due sé.
Quarto arco: la protagonista di questo arco è Nodoka Toyohama, "sorella" di Mai... figlia dello stesso padre ma con una madre diversa. Anche lei entrò a far parte del mondo dello spettacolo, infatti è una giovane idol. In seguito Nodoka svilupperà un complesso di inferiorità nei confronti della sorellastra, dopo che sua madre continuerà a paragonare il suo successo a quello di Mai.
L'effetto della sindrome dell'adolescenza su Nodoka consiste nello scambio di corpo con Mai... Ciò deriva dal suo complesso di inferiorità nei confronti della sorella. In seguito a questo scambio le due sono costrette l'una a vivere la vita dell'altra, e qui l'espediente narrativo basato sugli scambi di corpo viene attuato in maniera magistrale: i due personaggi sperimentano ognuna le vita dell'altra, Nodoka capisce che la vita di Mai non è per niente perfetta. Uno degli eventi fondamentali di questo arco, che trovo doveroso citare, l'abbiamo quando vediamo Nodoka (nel corpo di Mai) e Sakuta assistere allo spettacolo musicale delle Sweet Bullet: qui vediamo Nodoka che si abbatte completamente, dopo aver visto sua madre lodare Mai (nel corpo di Nodoka) per la sua esibizione, cosa che non aveva mai fatto con lei, dato che la disprezzava continuamente. A seguito di questo evento Nodoka subirà un grande choc, e tenterà addirittura il suicidio... per fortuna ci sarà il nostro Sakuta, che, dopo averla fermata, le dirà che lui ha una prova che dimostra che Mai tiene molto a lei. A questo punto Sakuta si reca insieme a Nodoka all'appartamento della sorellastra, e le mostra che Mai aveva conservato in una scatola tutte le lettere che lei le aveva mandato da bambina. In seguito arriva anche Mai, che vede Nodoka con le lettere insieme a Sakuta; Nodoka le esclama che odia il modo in cui lei fa tutto perfettamente. Nodoka quindi inizia a piangere, affermando che avrebbe voluto che sua madre almeno una volta le avesse fatto i complimenti. A quel punto Mai abbraccia Nodoka, e afferma che non c'è bisogna che lei sia Mai... ed ecco qui che Nodoka si sente dire ciò che voleva sentirsi dire, ovvero che non c'è bisogna che lei sia Mai, che deve essere soltanto sé stessa, ed ecco qui che dopo un abbraccio (notiamo che la stessa scena è avvenuta anche quando erano bambine) l'effetto svanisce e le due ritornano nel proprio corpo originale.
Quinto arco: eccoci arrivati all'arco finale, che come intuibile già precedentemente sarà quello dedicato a Kaede, la sorellina di Sakuta. Allora, iniziamo dal principio: in un punto non precisato, durante la sua permanenza nella scuola media, Kaede è stata vittima di cyberbullismo sui vari social, ricevendo anche minacce di morte. Come risultato della sindrome dell'adolescenza, questo evento ha causato in lei la comparsa di lesioni fisiche sul corpo. Il dolore che sentiva viene mostrato fisicamente attraverso tagli e lividi, ed è anche un modo che ci fa capire che lei voleva attirare l'attenzione degli altri. Kaede ne guarisce solo dopo aver smesso di usare i social media e di andare a scuola. In seguito scopriremo che, oltre a ricevere ferite, Kaede fu colpita anche da un'amnesia, che rappresenta un modo per separarsi dalla sua esperienza traumatica, ottenendo di conseguenza una nuova personalità. Questo evento spinse sua madre (costringendo anche suo padre) ad abbandonarla con Sakuta.
Kaede, da quando ha perso i suoi ricordi e ha acquisito una nuova personalità a causa della sindrome dell'adolescenza, si è isolata da Internet (anche Sakuta getterà il suo cellulare) e dal mondo esterno, sviluppando così una sorta di fobia verso gli estranei, come possiamo notare quando avviene il suo primo incontro con Mai Sakurajima. La svolta si ha quando Kaede annuncia a suo fratello che avrebbe finalmente tentato di uscire: la scena in questione avviene con Kaede che lentamente, attaccata alle spalle di Sakuta, cercherà di uscire del suo appartamento. Kaede a un certo punto è convinta di non riuscire a fare quel passo, e quindi dice a Sakuta di fermarsi, ma in realtà lei era già fuori dalla porta. A questo punto Kaede supererà in parte la sua paura, e riuscirà anche ad uscire nei giorni seguenti. In seguito vedremo che Sakuta porterà Kaede allo zoo, per mostrarle i panda che lei ama tanto, e nella sua scuola, mostrandole la sua vecchia classe. Tuttavia, il mattino seguente, Kaede si sveglia, chiedendosi del perché la sua stanza sembra diversa. Quando Sakuta le chiede se fosse "Kaede", lei gli risponde di sì, in maniera aperta e sfacciata. Sakuta capisce dunque che Kaede ha riacquistato i suoi vecchi ricordi (ed è quindi ridiventata la vera Kaede), ma perso quelli attuali. A quel punto Kaede viene prontamente portata all'ospedale da Sakuta e da suo padre. Sakuta viene molto colpito dal cambio di personalità di Kaede, infatti vediamo che la "nuova" Kaede è molto diversa dall'altra, diversa nel suo modo di mangiare, diversa nel suo modo di parlare (che passa dall'uso del giapponese formale in chiave kawaii a quello comune, informale, confidenziale) e diversa nei suoi hobby, è praticamente un'altra persona. Sconvolto quindi dalla perdita della "Kaede" con cui ha vissuto e di cui si è preso cura sino ad ora, Sakuta corre fuori dall'ospedale, e, lacerato dalla ferita per aver perso per la seconda volta Kaede, le sue cicatrici si riaprono. Proprio in quel momento, di fronte a lui, le compare Shoko (personaggio che approfondiremo in seguito), che lo tranquillizzerà, dicendogli che va tutto bene. In seguito vediamo Shoko leggere a Sakuta il diario di Kaede.
Approfondiamo anche un po' Sakuta: lui è un individuo socialmente isolato, non si scompone di fronte a nulla, è sempre calmo; fatta eccezione per la scena nell'arco di Kaede, lui non perde mai il controllo. Non si lascia condizionare in alcun modo dagli altri, non si preoccupa di quello che la gente pensa di lui. Nonostante questo comportamento, mostra attenzione e compassione nei confronti delle persone a cui tiene, ed è disposto ad aiutare gli altri, infatti aiuta le varie ragazze a superare le loro difficoltà.
Altro personaggio molto interessante è Shoko Makinohara, una ragazza che Sakuta incontrò diverso tempo prima su una spiaggia... da allora non la rivide più. In seguito (poco prima dell'inizio dell'arco di Futaba), durante una giornata piovosa, vediamo Sakuta e Mai incontrare una bambina, con lo stesso identico aspetto (ma più piccola) e lo stesso nome/cognome della Shoko che conosceva lui.
Una sua altra apparizione l'abbiamo durante l'arco di Kaede: Shoko (la stessa incontrata da Sakuta sulla spiaggia) appare di fronte a Sakuta mentre era addolorato per via del cambio di personalità avvenuto in Kaede... infatti, dopo che le cicatrici di Sakuta si riaprirono, lei lo porta a casa sua per curargli le ferite. Dopodiché vediamo Shoko leggere ad alta voce estratti dal diario di Kaede, rivelando così a Sakuta che Kaede si aspettava che i suoi ricordi precedenti ritornassero, e che quindi il suo desiderio era quello di regalare a Sakuta delle belle esperienze, cosicché non avrebbe avuto rimpianti una volta che avesse riacquistato la sua ex sé. Il giorno dopo, Shoko lascia un biglietto a Sakuta, dicendogli che era tornata a casa.
Non sappiamo quasi nulla su di lei: azzardando qualche teoria, possiamo dire che probabilmente Shoko è in grado di viaggiare nel tempo. In ogni caso, il nuovo film che dovrà uscire sarà proprio incentrato su di lei.
Apparato tecnico: niente da dire, lo studio CloverWorks, che altro non è che una filiale di A-1 Picture, fa un ottimo lavoro. Bellissimi i disegni, animazione fluide, fondali ottimi e curati; degna di nota è anche la fedeltà data alla ricreazione di Enoshima (una piccola isola del Giappone), che è il luogo in cui è ambientato l'anime - lo stesso Animeclick.it ha realizzato un confronto tra i luoghi reali e quelli dell'anime, e invito chiunque ad andarlo a vedere.
Riguardo al comparto sonoro, ottime le OST, veramente bellissime sia l'opening ("Kimi no Sei") che l'ending ("Fukashigi no Carte"), che cambia a seconda del personaggio che si sta trattando nel determinato arco.
Considerazioni finali: come si sarà ben capito, ho apprezzato tantissimo "Seishun Buta Yarou", nonostante prenda ispirazione e ricordi vagamente opere come "Monogatari Series"/"Oregairu". Riesce comunque ad essere un prodotto complesso e originale, una potente critica sociale, che non si perde in banalità. Capolavoro.
Partendo dal titolo, già qualcosa non quadra: Bunny Girl. Questa "Bunny Girl" compare per dieci secondi, e di senso e di utilità per la trama ne ha zero. Per la trama... per cosa è servito lo sappiamo tutti.
La trama è semplice, abbiamo il protagonista che aiuta in ogni arco una ragazza afflitta dalla sindrome della pubertà. Una brutta copia di "Monogatari".
Sakuta viene presentato come un personaggio fuori dagli schemi, è cinico, menefreghista, escluso dalla società, perché si sono sparse delle cattive voci su di lui. Lui non fa mai nulla per chiarire qualcosa, e quindi rimane solo. Già qua si capisce dove si vuole andare a parare... a un protagonista overpowered (benvenuto Kirito 2!). Anche se le uniche interazioni sociali che ha avuto sono state con i suoi genitori e sua sorella al massimo, non ha problemi a parlare con la ragazza che più bella non si può, a fare molestie sessuali e compagnia bella, perché deve essere un personaggio paragonabile a un dio, come piace ai 'bamboccioni' come noi.
Il tutto ha come contorno altri personaggi mediocri (tutte ragazze...). Ognuna di loro avrà un problema adolescenziale che verrà risolto da chi, se non il nostro "Butayarou"? Loro non faranno mai nulla per cercare di cambiare, avere una crescita come personaggio e andare incontro a queste problematiche e situazioni (sarebbe stato interessante); questo è stato fatto per ingigantire ancora di più e far aumentare l'ego del protagonista overpowered/dio. Quindi sono ragazze senza carattere, piatte, stereotipate, inutili, messe lì così per il nostro Sakuta. In "Monogatari" le ragazze venivano aiutate, ma alla fine erano loro a risolvere il problema.
Come escamotage, qua viene usata questa sindrome della pubertà/dell'adolescenza e viene spiegata, mi esprimo meglio, cercata di spiegare in modo ridicolo. Ci ha ficcato della fisica, quando l'autore di fisica ne sa zero (non sa nemmeno scrivere qualcosa di originale, perché ha copiato "Monogatari", "Oregairu" e vattelapesca...). Ma, ritornando al discorso, non puoi mettermi delle cose di fisica quantistica, quando sia noi che Sakuta non ne sappiamo una beneamata 'cippa', e neanche te. Le teorie non sono connesse ai problemi e, anche se lo fossero, non puoi sapere al primo colpo che diamine legato alla fisica è successo, per poi, guarda caso, alla fine scoprire che era proprio così. Facendo un esempio: ho perso le chiavi di casa e quindi vado dalla persona Smart e lei mi dice che è successo per il principio di complementarietà. Fine.
La trama è semplice, abbiamo il protagonista che aiuta in ogni arco una ragazza afflitta dalla sindrome della pubertà. Una brutta copia di "Monogatari".
Sakuta viene presentato come un personaggio fuori dagli schemi, è cinico, menefreghista, escluso dalla società, perché si sono sparse delle cattive voci su di lui. Lui non fa mai nulla per chiarire qualcosa, e quindi rimane solo. Già qua si capisce dove si vuole andare a parare... a un protagonista overpowered (benvenuto Kirito 2!). Anche se le uniche interazioni sociali che ha avuto sono state con i suoi genitori e sua sorella al massimo, non ha problemi a parlare con la ragazza che più bella non si può, a fare molestie sessuali e compagnia bella, perché deve essere un personaggio paragonabile a un dio, come piace ai 'bamboccioni' come noi.
Il tutto ha come contorno altri personaggi mediocri (tutte ragazze...). Ognuna di loro avrà un problema adolescenziale che verrà risolto da chi, se non il nostro "Butayarou"? Loro non faranno mai nulla per cercare di cambiare, avere una crescita come personaggio e andare incontro a queste problematiche e situazioni (sarebbe stato interessante); questo è stato fatto per ingigantire ancora di più e far aumentare l'ego del protagonista overpowered/dio. Quindi sono ragazze senza carattere, piatte, stereotipate, inutili, messe lì così per il nostro Sakuta. In "Monogatari" le ragazze venivano aiutate, ma alla fine erano loro a risolvere il problema.
Come escamotage, qua viene usata questa sindrome della pubertà/dell'adolescenza e viene spiegata, mi esprimo meglio, cercata di spiegare in modo ridicolo. Ci ha ficcato della fisica, quando l'autore di fisica ne sa zero (non sa nemmeno scrivere qualcosa di originale, perché ha copiato "Monogatari", "Oregairu" e vattelapesca...). Ma, ritornando al discorso, non puoi mettermi delle cose di fisica quantistica, quando sia noi che Sakuta non ne sappiamo una beneamata 'cippa', e neanche te. Le teorie non sono connesse ai problemi e, anche se lo fossero, non puoi sapere al primo colpo che diamine legato alla fisica è successo, per poi, guarda caso, alla fine scoprire che era proprio così. Facendo un esempio: ho perso le chiavi di casa e quindi vado dalla persona Smart e lei mi dice che è successo per il principio di complementarietà. Fine.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
“Stare da soli ha il suo perché. Non devi soddisfare le esigenze altrui. Sorprendentemente, dopo esser stato solo, non ti ci senti più così tanto come pensavi la prima volta.”
- Sakuta Azusagawa
“Seishun Buta Yarō wa Banī Gāru Senpai no Yume o Minai” (Aobuta) è una serie TV anime di tredici episodi, trasmessa nel 2018, prodotta dallo studio CloverWorks e basata sull’omonima serie di light novel scritta da Hajime Kamoshida.
Partiamo dal presupposto più importante: se si è appassionati del genere, questo anime rappresenta il capovolgimento delle regole non scritte a cui siamo abituati quando ci approcciamo all’animazione giapponese - ed è tutto riscontrabile già dal primo episodio: protagonista atipico, interessante e maturo - antitesi del generico e inetto eroe nipponico; caratterizzazione e introspezione psicologica notevole su ogni personaggio introdotto; dialoghi e umorismo sopra le righe, pungenti ma mai banali; meta-autocritica sui cliché degli anime, che “Aobuta” stesso talvolta utilizza come espedienti narrativi, ma soprattutto ragazze che non sono alla mercé del fanservice spudorato, bensì individui che vivono drammi e difficoltà, con personalità ben definite. “Aobuta” mette sé stesso in discussione discutendo delle produzioni giapponesi attraverso personaggi accattivanti e una trama leggera ma misteriosa e affascinante, spaziando tra comicità e drammaticità in modo costante, e lo fa con grande naturalezza, senza pretendere di strappare una risata né sentendosi in dovere di rovinare momenti seriosi per infilarci dell’humour da quattro soldi: può sembrare una precisazione da poco, ma vi posso assicurare che non lo è.
Come si vive ai giorni nostri con una turbolenta situazione famigliare che costringe a vivere senza genitori, una sorella agorafobica a cui badare e voci infondate sul proprio conto che determinano l’esclusione sociale a scuola? Se lo sarà chiesto anche Sakuta Azusagawa, il protagonista della storia: la risposta? Con una bella dose di fantascienza, fenomeni paranormali e un pizzico di fisica. L’anime divide gli episodi in “blocchi”, ognuno che affronta e approfondisce personaggi e situazioni diversi, e così farò anche io, per recensire ogni scampolo di dettaglio al meglio.
Sakurajima Mai è una giovane studentessa, famosa per essere entrata nel mondo dello show-business in tenera età, prima di interrompere bruscamente la sua carriera nonostante il grande successo; proprio a causa degli impegni professionali non dispone di una rete sociale ed è ignorata dai compagni di scuola - troppo intimoriti dal suo status per avvicinarvisi. Come se non bastasse, Mai in determinati giorni della settimana diventa invisibile, e per testare la gravità della situazione arriva a vestirsi e girare per la città da coniglietta, pur di attirare l’attenzione. Sakuta è l’unico che riesce a vederla, e insieme indagano sull’accaduto, ma già dalle prime battute ci viene offerto il piatto migliore dell’anime: l’alchimia tra i due è semplicemente perfetta, anche grazie alla personalità di entrambi; Mai ha infatti un forte senso dell’umorismo e accompagna le schiette battute (non solo libidinose) di Sakuta in maniera magistrale, creando dei momenti comici esilaranti conditi da botte e risposta incredibili. Tutt’e due, infatti, hanno affrontato la solitudine indossando una maschera d’ironia e pungente sarcasmo - emblematico il momento comedy, ma neanche tanto, in cui Sakuta sostiene di avere “addirittura due amici” e che “sono più che abbastanza, basta esserci amico per sempre” - e si inizia a intravedere in modo piuttosto lapalissiano il feeling tra i due, a tal punto che la loro relazione progredisce velocemente.
Il tutto diventa estremamente inquietante e spaventoso quando la manager nonché madre di Mai non solo non è più in grado di vedere sua figlia, ma non ricorda neanche la sua esistenza: pian piano il mondo sta cancellando Sakurajima Mai dalla realtà. Sakuta prende a cuore il suo malessere e decide di aiutarla - non solo per la bellezza della sua senpai, come a lui piacerebbe far passare pur di fuggire da sé stesso - ma perché sa cosa significa essere soli, non avere nessuno al proprio fianco e sopportare il peso delle sofferenze tutto sulle proprie spalle, a tal punto che decide di fuggire con lei per verificare che il fenomeno non sia circoscritto alla loro città natale. Ed è qui che l’anime manda un messaggio, neppure velato, poiché esternato esplicitamente dal protagonista: le classi di scuola sono posti laddove le fondamenta si sviluppano rapidamente ed è molto difficile cambiarle. “Quando [in classe] sei diverso/a, gli altri parleranno alle tue spalle: diranno che sei fastidioso/a, che sei esibizionista. E a quel punto tutti sanno che non si torna indietro. Questa è la scuola”. Sakuta e Mai sono vittime della stessa situazione, seppur agli antipodi per motivazioni: il primo è isolato per voci che calpestano la sua popolarità, mentre la seconda lo è proprio perché troppo popolare. Entrambi spezzano la normalità delle cose e perciò sono alienati.
I due approfondiscono il loro rapporto appoggiandosi a vicenda, laddove Mai realizza l’infondatezza dei rumor su Sakuta che girano a scuola - e della sua negligenza nei confronti del problema, siccome “combattere l’atmosfera è inutile” - e quest’ultimo scopre il motivo per cui la sua senpai s’è lasciata la propria carriera alle spalle: Mai era infatti rimasta inorridita da una sessione di foto in costume da bagno a cui si è dovuta sottoporre in tenera età - appena alle medie - per ordine della madre, e da allora ha sospeso la sua carriera, pur amando la professione e nutrendo il desiderio di proseguire col suo lavoro nello show-business. Questo evento scioccò Mai a tal punto, da condurla a desiderare di essere invisibile a tutti. Stiamo insomma parlando di una ragazza che da un giorno all’altro si è ritrovata senza carriera professionale e priva di rete sociale, il tutto mentre lentamente svaniva dall’esistenza. È per questo che Sakuta è un partner perfettamente realistico per Mai, perché è esattamente tutto ciò di cui avrebbe bisogno: ovvero una persona che, senza peli sulla lingua, la spinga a inseguire la Volontà di portare avanti la propria carriera e di gestire i suoi booking in maniera diversa; non solo, Sakuta è l’unico ad avvicinarsi a lei nonostante sappia quanto celebre essa sia, anzi tiene testa alla sua personalità mettendo più volte in difficoltà la sua maschera da ragazza “ormai adulta”. Ciò che avvicina terribilmente i due e che è stato allo stesso modo terribilmente sottovalutato da molti, è proprio la scena in cui Mai ha il suo breakdown e chiede a Sakuta di non dimenticarsi di lei, che disperatamente sta cercando di non sparire, perché non vuole dissolversi. Questa scena è la conseguenza di quella appena prima, laddove Mai propone a Sakuta di scambiarsi un bacio, ossia l’incipit dell’anime stesso: il ragazzo, cosciente che ciò non sarebbe altro che uno sfogo da parte della ragazza - e forse anche sottovalutando sé stesso -, risponde solo con una battutina: ecco, proprio lì, a mio parere, Mai capisce di potersi fidare di Sakuta e realizza la bontà delle sue azioni. Intendiamoci: Sakuta è assolutamente rapito dalla bellezza e dalla personalità di Mai, ma non userebbe mai certi mezzucci per ottenere un contatto fisico, giacché poco dopo sostiene che “lei non sparirà, così potrà baciare chiunque voglia in qualunque momento”: e questa sì che è una grande dimostrazione d’amore. Insomma, Mai lascia cadere la propria maschera di ferro con Sakuta conseguentemente alla reazione del ragazzo alla sua proposta, e non viceversa.
Il sentimento profondo che il nostro protagonista inizia a sviluppare nei confronti della sua senpai è simboleggiato allorquando Sakuta resta l’unico sulla faccia della Terra a ricordare Mai, scoprendo che dormire lo ricongiungerà “all’atmosfera” - eradicando la sua esistenza -, tanto d’assumere farmaci stimolanti pur di restare sveglio, persino durante la sessione d’esame. Mai è consapevole degli sforzi di Sakuta e lo trae in trappola con dei sonniferi: prima che possa assopirsi, la ragazza lo ringrazia per tutto ciò che ha fatto per lei, in una scena nostalgicamente candida; e nonostante il nostro protagonista dimentichi effettivamente l’esistenza di Mai al risveglio, non passa molto tempo prima che se ne ricordi: basta infatti la vista di un kanji studiato assieme la sera prima a far scattare un mare di ricordi e di lacrime che squarciano il viso di Sakuta. Ed è qui che l’anime ci propone forse la scena emotivamente più potente di tutte: scappato di corsa dalla classe per combattere l’atmosfera e costringere il mondo a riconoscere l’esistenza della sua senpai, Sakuta urla a squarciagola di essere innamorato di Mai proprio di fronte all’edificio scolastico.
Ripetutamente.
Ancora, ancora e ancora. Proprio lui, che non avrebbe mai combattuto contro “l’atmosfera, poiché inutile”, adesso è disposto a mettere sul piatto la propria dignità per la ragazza che ama, in una scena dall’altissimo impatto emotivo (e imbarazzo per procura, o secondhand embarrassment che dir si voglia) grazie all’empatia che, almeno personalmente, mi si è plasmata nel corso di tre episodi con il nostro protagonista. Una dichiarazione strillata esaurendo fiato e voce, senza risparmiare dettagli imbarazzanti (“Voglio stringerti la mano in spiaggia”, “Voglio vederti ancora una volta vestita da coniglietta”, “Voglio stringerti forte”, “Voglio baciarti”), che mi ha davvero colpito nel profondo, poiché è insolito che in un anime di vita quotidiana vi sia una forza emotiva che riesca a coinvolgermi talmente. Mai riappare proprio dietro a Sakuta e, già che c’eravamo, ben pensa anche lei di urlare a squarciagola che tutte le dicerie sul ragazzo sono infondate. In una società sempre più globalizzata - e quando parliamo di quella asiatica, sottolineiamo anche la natura collettivistica che schiaccia quella individualistica - il messaggio lanciato dall’anime è di fondamentale importanza: non importa ciò che la massa pensa, importa ciò che ognuno di noi vuole; saper pensare con la propria testa e compiere scelte in base alle nostre valutazioni su qualsivoglia fattispecie sono caratteristiche imprescindibili per il benessere della nostra identità - un argomento che l’anime continuerà a trattare nei prossimi blocchi. Il cerchio tra Sakuta e Mai così si chiude: entrambi sono riusciti ad aiutare l’altro a superare le proprie difficoltà scolastiche e/o “atmosferiche”, ma per il loro rapporto sentimentale c’è ancora una storia tutta da scrivere. Nota a margine: a posteriori, questo anime si sarebbe anche potuto concludere così, siccome sarebbe stato semplicemente il finale perfetto per una storia incredibilmente accattivante, narrata tramite dei dialoghi pazzeschi che spaziano tra il profondo e l’umoristico nel modo più naturale che abbia mai visto, raggiungendo picchi di qualità impressionanti - e che ovviamente non sono e non saranno replicabili se non unicamente nelle future interazioni tra Mai e Sakuta. Invito quantomeno tutti a guardare questa porzione di opera, poiché è palese la volontà di proporre qualcosa di diverso da parte dell’autore, tramite scene intense e ricche di momenti che si stampano prepotentemente nella memoria, ma soprattutto riguardo la ragazza di turno: sono molti gli eventi che sarebbero potuti diventare i soliti “misunderstanding” da risolvere, ma che grazie alla straordinaria personalità assertiva di Mai e la compostezza di Sakuta si sono rivelati null’altro che piacevoli momenti comedy.
Per quanto concerne il secondo blocco, via il dente, via il dolore, e non pensiamoci più: ho fermato la visione dell’anime - che stavo guardando in contemporanea alla trasmissione nipponica - la prima volta in cui ho guardato il quarto episodio. Non ho apprezzato la scelta di mettere in mezzo una terza ragazza, ma - c’è un grandissimo ma - alla fine mi sono dovuto ricredere, e devo ammettere che la qualità generale della serie resta alta, poiché l’anime ci propone un’intrigante sfida tra filosofie di vita. Spieghiamoci meglio.
Tomoe Koga è una ragazza che vive la propria vita scolastica e sociale cercando disperatamente di trovare il proprio posto in società, rientrando in gruppi o facendo parte di una folta schiera di persone; valuta il pensiero altrui nei propri confronti più di ogni altra cosa e il suo scopo è “farsi piacere da tutti o quantomeno non farsi odiare da nessuno”, tanto da restare sveglia fino a tardi soltanto per partecipare a chat di gruppo da cui ha paura d’essere alienata e raccontare false storie sulla propria vita per essere al passo cogli altri. Ciò che collega Koga al nostro protagonista è la sua capacità di “rilanciare i dadi” e rivivere un medesimo giorno tutte le volte che desidera, senza che gli altri se ne rendano conto - a parte Sakuta, ovviamente - finché il risultato finale non l’aggrada. Koga cerca di evitare la dichiarazione e l’invito a uscire di un suo compagno di scuola, poiché impossibilitata ad accettare, essendo lui la fiamma di una sua amica, ma terrorizzata dall’idea che un rifiuto possa spargere voci malfamanti sul suo conto. Dopo una serie di peripezie, Sakuta decide di collaborare con Koga per non ripetere perpetuamente lo stesso giorno, e i due iniziano una relazione fittizia al fine di “giustificare” il suo rifiuto, programmando persino quando racconteranno ai rispettivi compagni della loro “rottura”. Qui ci tengo a sottolineare la gestione narrativa della coppia Sakuta-Mai, con quest’ultima che evita sceneggiate di qualsivoglia tipo e si confronta con il nostro protagonista tramite il suo solito pragmatismo. Intendiamoci: non sto asserendo che Mai dovrebbe non essere gelosa - queste sono conclusioni e opinioni personali -, sottolineo soltanto come pagliacciate in pieno stile anime sarebbero state facilmente pronosticabili, e invece la questione è stata gestita rispettando in pieno la personalità della ragazza - e questo è uno dei punti che mi ha spinto a scrivere, all’inizio della recensione, quanto ho apprezzato l’identità ben definita di cui ognuna delle donne dell’anime dispone.
In seguito, Koga rivela a Sakuta d’essere in conflitto con sé stessa, ammettendo quanto sia diversa rispetto alla sé delle medie - tra trucco, acconciature e vestiti -, lasciando intendere un certo malessere nei propri confronti; allo stesso tempo, riconosce di apprezzare la sé che ha plasmato negli ultimi anni e di essere soddisfatta dai risultati ottenuti. Koga si chiede, quindi, se non sia altro che un artificio di sé stessa, e qui l’anime ci regala un inaspettato insegnamento attraverso la risposta di Sakuta: se lei è felice di ciò che è, il problema non si pone; Koga ha impiegato tempo per diventare ciò che lei stessa ha voluto essere, in una visione empiristica che pone l’impegno e la dedizione - anche nei confronti del proprio io - sopra qualsiasi forma di innatismo. Noi siamo ciò che siamo soprattutto per quello che abbiamo desiderato diventare, attraverso i nostri sforzi e le nostre esperienze e non soltanto per come siamo istintivamente. Sarebbe stato facile giudicare negativamente Koga per i suoi complessi e difficoltà sociali, ma se la ragazza è felice di ciò che è, c’è davvero qualcuno che può giudicarla? Ai lettori l’ardua sentenza.
Ovviamente, la differenza di valori e vedute sono troppo grandi, e i due arrivano a uno scontro filosofico: Koga trova incomprensibile e irritante - forse anche a mo’ di invidia - l’impassibilità di Sakuta nei confronti delle opinioni altrui, mentre quest’ultimo non concepisce il profilo comportamentale di Koga volto a vivere per piacere e andare a genio agli altri: “Non vivo per farmi amare da tutta l’umanità”, sostiene. In questo frangente vi è anche la citazione (inspiegabilmente, perché ce ne sono altre più valide) più famosa dell’anime, ovvero quella in cui Sakuta rivela che non gli importerebbe d’essere odiato dal mondo intero se anche avesse una sola persona, “se c’è lei, potrei continuare a vivere”. La svolta si ha quando il ragazzo che si era dichiarato a Koga inizia a far girare false voci su di lei, a cui seguirà una vera e propria zuffa con Sakuta, che tramite un gioco d’astuzia riesce a buttare giù l’omaccione più grande di lui - insomma, la perfetta realizzazione di Davide contro Golia, spesso abusatissimo e male interpretato, per fortuna non questo il caso. Da lì Koga comprende quanto sia importante sentirsi amati, protetti, e che forse il discorso che faceva Sakuta sul non dare importanza agli altri non era tanto campato in aria.
A questo punto della storia, però, ormai è chiaro: Koga inizia a provare qualcosa in più per Sakuta. L’ultimo “appuntamento” è previsto in spiaggia, laddove la loro storia fittizia terminerà. Neanche a dirlo, Sakuta ripete quel giorno tre volte, e alla quarta è costretto a intervenire; qui il suo personaggio mi è piaciuto molto: avendo ormai realizzato che Koga sta rilanciando i dadi perché innamorata di lui, Sakuta tenta innanzitutto di dissuadere la ragazza con le buone - emblematica la scena in cui scrive i loro nomi su delle cartoline d’amore d’un tempio shintoista e, quando Koga l’avverte che “mentire agli Dèi è peccaminoso”, risponde con “tanto sono l’unico che sta mentendo” -, passando poi per le cattive, asserendo apertamente che non importa quante volte rilancerà i dadi, i suoi sentimenti non cambieranno. Ho apprezzato Sakuta perché ha saputo essere crudele nel modo giusto e nel momento giusto (“So cogliere gli indizi, ma scelgo di non farlo”), forzando la confessione di Koga: la ragazza ripete lo stesso giorno, giacché non accetta i suoi sentimenti, in quanto, nonostante voglia andare avanti ed essere amica di Sakuta, non riesce a sopportare il peso che porta nel cuore che, a detta sua, diventa sempre più forte. A quel punto Sakuta diventa più comprensivo e invita Koga a non trattenersi, risultando nel breakdown della stessa, in una scena molto energica e ben realizzata, laddove Koga dichiara i suoi sentimenti, entrando in catarsi, ovvero un pianto intenso e purificatorio, liberandosi di un macigno. Alla fine, si ritorna nella linea temporale in cui Koga non ha ancora ricevuto la dichiarazione da parte del suo compagno di scuola e, questa volta, lo rifiuta apertamente, accettando il rischio di essere isolata dalle sue amiche e preferendo inserirsi in contesti sociali dove poter essere ed esprimere la vera sé. Se non è un insegnamento di valore questo...
Il terzo blocco è certamente uno di quelli che mi ha coinvolto di più, e il perché è presto detto: sono piuttosto certo che la fortissima critica sociale espressa durante l’intero mini-arco sia stata ignorata dai più - sarei lietissimo di essere smentito, ma non ho ancora letto nulla al riguardo.
Rio Futaba è una degli addirittura due amici di Sakuta, nonché la persona a cui si rivolge ogniqualvolta è in difficoltà, soprattutto per quanto concerne gli strani fenomeni paranormali che lo coinvolgono: Futaba è infatti una fiera appassionata di fisica e scienze in generale - tanto da gestirvi il club della scuola - e riesce sempre a elaborare teorie accurate, arrivando in soccorso del nostro protagonista (tanto abbiamo capito che negli anime la citazione al gatto di Schrödinger è immancabile tanto quanto la battuta pervertita di Sakuta); inoltre, è infatuata dell’altro addirittura amico di Sakuta, ovvero Kuunimi. Di personalità schiva e riservata, tende a essere di poche parole, ma, al contrario di molte altre ragazze delle produzioni giapponesi, non esaspera la sua propensione raziocinante e scientifica, valorizzando altresì la forza dei sentimenti, dell’ignoto e tutto ciò che la scienza tutt’oggi non riesce spiegare ogniqualvolta postula una teoria. I fatti prendono una piega paranormale quando Sakuta scopre l’esistenza di una seconda Futaba: quest’ultima indossa lenti a contatto anziché il tipico paio d’occhiali della Futaba originale e i capelli legati, assumendo un portamento maggiormente lascivo; a rendere il tutto ancora più inquietante è un account laddove sono postati concupiscenti selfie della stessa. Le sorprese non sono finite qui: l’account è stato aperto durante l’estate, quando la seconda Futaba non era ancora apparsa. Veniamo a scoprire che fu creato dalla vera Futaba e l’intreccio psicologico che lega gli eventi è tanto comune quanto ignorato dalla società dei giorni nostri: a causa del suo aspetto formoso, Futaba ha iniziato a odiare sé stessa per essere l’oggetto dei desideri di “ragazzi-scimmia” già dalle medie, ma ha al contempo utilizzato il suo corpo come strumento per ricevere attenzioni: come dichiarato dalla stessa, infatti, Futaba crede di non avere null’altro. Odia sé stessa e pensa che il suo fisico sia l’unica cosa che possa procurare delle reazioni e liberarla dalla solitudine; ovviamente, la ragazza ripugna questo mezzo e - in un ciclico uroboro di disperazione - finisce per disgustarsi e odiarsi ancor di più, “dividendosi” nella Futaba “in cerca di attenzioni” e la Futaba “che non accetta il mezzo”. Tuttavia non tutte le foto sono pubblicate, e Futaba precisa come talvolta certi scatti non siano altro che una forma di autolesionismo. Questa critica sociale è fortissima nonché attuale: la strumentalizzazione della donna unicamente come puro desiderio erotico sia da parte della società che da parte delle donne stesse come (pessimo) mezzo di approvazione sociale è un argomento estremamente delicato e che il periodo storico non permette di affrontare senza una disdicevole dissertazione sui social da parte di chi affronta la battaglia femminista, per cui ammiro il coraggio dell’autore: ancora una volta, torna il tema dell’individualità e dell’importanza di non cercare il benestare altrui.
Ciò che mi è davvero piaciuto di tutta questa storia è che l’autore ha rivelato la fonte originaria del malessere di Futaba - che è poi sfociato nel che di cui sopra: la solitudine, o meglio l’idea di ritornare a essere sola. Alle medie n’era abituata, ma dalle superiori, dopo aver fatto la conoscenza di Kuunimi e Sakuta, la sua bassa autostima l’ha portata irrimediabilmente a credere che questi un giorno l’avrebbero abbandonata, lasciandola nuovamente preda della solitudine. Questa convinzione si è tramutata in un’ossessione in seguito alla scoperta che entrambi avevano trovato una ragazza e che da lì in poi lei sarebbe stata ignorata. Futaba, insomma, vive a stretto contatto con quello che Fairbairn definì il sabotatore interno; non solo, quando si sono susseguite queste scene, mi sono sentito veramente realizzato: avete presente tutte le volte in cui nelle opere di fantasia, qualsiasi esse siano (film, serie TV, fumetti, libri, videogiochi, spettacoli teatrali), vi è un personaggio che supera un proprio dramma interiore? Ecco, puntualmente quel dramma sparisce di colpo dopo una serie di peripezie, come se la mente umana funzionasse così. Finora, soltanto in “Naruto” avevo assistito a una gestione talmente eccellente di un trauma emotivo: il protagonista, Naruto, nonostante trovi degli amici nel corso della sua vita, vive sempre con lo spettro della solitudine nel cuore, quella stessa solitudine che gli ha spezzato la fanciullezza e l’innocenza. Perché è così che funziona. Noi umani superiamo le nostre difficoltà grazie a sudore e lacrime, tramite dedizione e costanza, ma siamo fragili e c’è sempre una parte di noi che ce lo ricorda. La sofferenza intrinseca imposta dalla solitudine non si dimentica mai - neanche quando si trovano dei grandi amici - e Futaba ha rappresentato questo concetto alla perfezione. Alla fine, la ragazza riesce a raggiungere la propria pace interiore quando Kuunimi e Sakuta le dimostrano che la loro amicizia è reale e che non si spegnerà.
Il quarto e penultimo blocco figura, finalmente, il ritorno di Mai come deuteragonista, stavolta insieme alla sorellastra - figlia dello stesso padre ma di diversa madre -, una idol emergente di nome Toyohama Nodoka. La mancanza di Mai, che nel secondo e terzo blocco appare ma solo sporadicamente, si era fatta sentire fin troppo e - nonostante la qualità della serie sia sempre rimasta su livelli medio-alti - questo suo ritorno in primo piano è stata una boccata d’aria fresca, ma ci arriveremo.
Il fenomeno fantascientifico da affrontare, questa volta, è uno scambio di corpi. La coscienza di Nodoka è ora nel corpo di Mai (e viceversa) e sin dall’inizio la questione sembra essere piuttosto chiara: nonostante sia cresciuta orgogliosa di Mai e ispirandovisi, Nodoka ha sempre vissuto all’ombra della sorellastra, subendo una disturbante pressione da parte di sua madre che l’ha utilizzata come arma nella guerra psicologica tra lei e l’ex compagna del marito, ovvero la madre di Mai, in una lotta a suon di risultati nello show-business delle rispettive figlie. Benché Mai gli riveli poco o nulla della relazione che lega le due sorellastre, per Sakuta non è difficile comprendere la tormentata situazione famigliare di Nodoka e il suo comportamento ambiguo nei confronti di Mai, con cui sembra forzarsi per rivolgervisi in modo formale, spingendola ad ammettere onestamente di odiarla e a confidarglielo direttamente: ne scaturisce un alterco in cui Mai le svela che l’astio è reciproco. Le due sono comunque costrette ad accettare la situazione e, a causa degli impegni professionali d’entrambe, decidono di vivere la vita dell’altra finché non riusciranno a trovare una soluzione. Nel frattempo, Sakuta è in mezzo a due fuochi e deve fare da intermediario tra le due sorellastre; come se non bastasse, questa è una delle rare circostanze laddove l’assertività di Mai viene messa in difficoltà dalla sua sfera emotiva, ed è qui che, nuovamente, entra in gioco il ruolo di Sakuta che, non essendosi mai ritrovato nella situazione, indaga - servendosi di Kuunimi - su ciò che si prova quando si ha un parente con il quale si è sempre paragonati e in competizione; l’anime non si fa scrupoli a lanciare, anche qui, un messaggio pro-individualismo: da tali situazioni nasce un rapporto che non può essere definito né di odio né d’amore tra le persone coinvolte - esattamente come nel caso di Mai e Nodoka - ma un terribile dualismo competitivo in cui i soggetti si comparano non solo a sé stessi ma agli altri, a causa dei continui paragoni altrui, non riuscendo a trovare una propria via che li renda totalmente figli delle loro scelte e finendo per trovare la loro unica ragione di vita nel soddisfare quelle stesse persone che le paragonano - nel caso di Nodoka, la sua costante preoccupazione è rendere fiera sua madre.
Le cose si mettono male quando Nodoka, intenta a registrare uno spot pubblicitario sotto le mentite spoglie di Mai, è vittima di un attacco di panico; Mai, nel frattempo, è impegnata tutti i giorni per lavorare contemporaneamente sia agli impegni con il gruppo idol di Nodaka sia ad allenarsi per colmare le sue lacune nel campo della danza e del canto. La svolta si ha quando Mai, nei panni di Nodoka, ottiene un gran successo al concerto del suo idol group, ricevendo le lodi della madre: questa scena destabilizza sensibilmente Nodoka - che intanto aveva assistito al tutto -, siccome mai aveva visto sua madre sorriderle in tal modo, tanto da spingerla a tentare il suicidio poco dopo: è Sakuta a fermarla, mostrandole quanto sua sorella in realtà tenga a lei tramite una raccolta di lettere scritte da Nodoka a Mai in tenera età che quest’ultima ha gelosamente custodito.
Vi è in seguito un acceso chiarimento tra le due sorelle, in cui Mai racconta delle sue avversità nel mondo dello show-business e quanto sia stata importante la presenza di Nodoka nella sua vita per darle manforte; la mente di quest’ultima è però ancora offuscata e a pezzi per il successo della sorella nei suoi stessi panni, nonché della reazione che Mai ha ricevuto dalla madre, ma è qui che “Aobuta” mi sorprende per l’ennesima volta: la risposta di Mai è semplicemente: “Mi sono allenata”. Mai è riuscita a impersonare Nodoka perché si è impegnata, perché si è allenata, perché ha lavorato ogni singolo giorno per migliorare le sue abilità nella danza e nel canto, mentre Nodoka sottovalutava l’estenuante pressione derivata dalle aspettative che la gente ripone nella figura di Mai, dando per scontato che “essere” sua sorella fosse semplice. Questa è l’ennesima dimostrazione della viscerale filosofia empirista dell’anime, laddove l’accezione del talento innato è rigettata per una forte sensibilizzazione del concetto “il duro lavoro paga”, ripudiando l’idea che il successo si possa ottenere tramite chissà quale dono sceso dal cielo. Nodoka ha imparato tale lezione sulla sua pelle, vivendo nei panni della sua amata e odiata sorella, cosciente che un tempo era stata spinta a desiderare di essere non come, ma proprio lei - soltanto per ricevere le lodi di una madre che ha sempre inseguito e da cui è stata solo criticata - e che ora, invece, può essere totalmente sé stessa. È qui che scatta l’interruttore di Nodoka: poter essere sé stessa e non dover assomigliare a Mai è tutto ciò che ha sempre voluto sentirsi dire, non a caso anche lei cade in una profonda catarsi liberatoria, ed è proprio a quel punto che le due coscienze ritornano rispettivamente nei propri corpi. Un fortissimo messaggio volto alla valorizzazione e salvaguardia della propria unicità in quanto persone, un concetto che nelle società asiatiche è pericolosamente sottovalutato. In questo arco la rinnovata massiccia presenza di Mai ha assicurato intrattenimento allo stato puro: sia nelle interazioni con Sakuta che nel suo ruolo di co-protagonista abbiamo potuto riammirare un personaggio fantastico, decostruito alla perfezione dall’autore in questo blocco tramite una splendida caratterizzazione riguardo la sua professionalità e dedizione alle cause - tutti elementi che si sposano divinamente con la personalità di Mai.
Nel quinto e ultimo arco della serie TV si approfondisce il personaggio di Kaede, la sorella di Sakuta: sin dal primo episodio tutti sapevamo che questo momento sarebbe giunto, ma credo che nessuno o quasi - nemmeno io - si aspettasse i risvolti a cui abbiamo assistito. Andiamo con ordine. Kaede è raffigurata come la classica imouto, ossia dall’aspetto kawaii e con il complesso del fratello maggiore, ma l’autore si assicura di adornarla con un tragico background già all’inizio: Kaede fu psicologicamente bullizzata a scuola, e, nonostante non vi fossero stati episodi di violenza, per qualche assurdo motivo tagli e vistosi lividi iniziarono a comparire sul suo corpo, tanto da costringerla a lasciare la scuola e allontanarsi da Internet e il mondo dei social, sviluppando una fobia per i telefoni; a peggiorare la situazione fu la reazione di sua madre, che divenne psicologicamente instabile, costringendo Kaede e Sakuta a vivere da soli. Anche quest’ultimo fu colpito indelebilmente dalle circostanze, risvegliandosi da un giorno all’altro con tre profonde cicatrici sanguinolente sul petto - sì, è da qui che nascono i falsi rumor scolastici sul ragazzo - e buttando via il suo smartphone per tenere sua sorella al sicuro. Da allora, Kaede passa tutto il giorno in casa, non va a scuola e non ha progetti per il futuro. Spronata dagli eventi che si sono susseguiti nei precedenti blocchi, la ragazza stila una lista di obiettivi a breve termine, tra i quali quello di uscire di casa, rispondere al telefono e tornare a scuola. Sfido chiunque a non essersi emozionato nella scena in cui varca la soglia di casa per la prima volta: la serie riesce a catturare, tramite una gestione del pacing perfetta e degli ottimi dialoghi, il momento estremamente emotivo e intenso che sta attraversando non solo Kaede ma anche Sakuta, il che la rende una delle migliori scene di tutto l’anime. A tal proposito, durante quest’arco è svolto un lavoro pazzesco con Sakuta, e il tutto è denotato dalle sue espressioni visive, che sono totalmente diverse rispetto a quelle tipicamente spente a cui siamo abituati. Il suo rapporto con la sorella, ovviamente, è diverso se confrontato con quello che lo lega a tutti gli altri: Sakuta è molto più gentile, ragguardevole e positivo quando si tratta della sorella, ed è sicuramente la persona che incoraggia più di tutte. È durante tutta questa serie di miglioramenti che veniamo a scoprire l’amarissima verità: Kaede perse la memoria durante l’incidente di anni fa, e da allora ha sviluppato una personalità totalmente diversa, ma l’unico ad accorgersene per davvero è Sakuta: tutti gli altri hanno infatti continuato a trattare Kaede allo stesso modo, innestando un malessere nella ragazza che si ritiene, ed è, una persona completamente diversa, a partire dai gusti fino a giungere alle abitudini. Sakuta, dopo un forte periodo di stress, è stato l’unico che esplicitamente ne ha riconosciuto l’esistenza, come persona propria e non come “Kaede” (per l’ennesima volta torna il discorso dell’individuo), simboleggiando il tutto scrivendo sul suo diario il nome in hiragana anziché con i tipici kanji. Anche qui viene svolto un lavoro magistrale - questa volta però stranamente implicito - sull’intensità emotiva della scena in cui Kaede si vede riconoscere per la prima volta come sé stessa e non una proiezione di ciò che si aspettano gli altri. Questo forse è l’unico vero scampolo di filosofia pura presente nella serie: che cosa fa di “noi” noi, se non i ricordi e le esperienze che abbiamo vissuto e tutto quello che abbiamo provato? Cosa plasma la nostra identità, i nostri gusti, le nostre paure, i nostri modi e comportamenti, un’anima o un ricordo? Cosa siamo davvero? Come al solito, tutte le risposte devono giungere dal lettore, siccome non ne esiste una universale.
Il tutto diviene estremamente disturbante quando i dottori dichiarano che Kaede potrebbe presto recuperare i suoi ricordi, cancellando al contempo la sua attuale personalità e memorie; quello che poteva essere un lontano timore diventa realtà nel giro di poco tempo, quando Kaede si risveglia ripartendo dai ricordi precedenti all’incidente e all’amnesia, risultando nel breakdown di Sakuta, seguito da uno struggente pianto che è stato avvilente da guardare: non saprei neanche da dove cominciare per descrivere quanto sia stato ambigua e al contempo potente la scena del suo sfogo. Un personaggio che abbiamo imparato a conoscere forte, cinico, razionale, “dagli occhi spenti”, tanto menefreghista da risultare insensibile a qualsiasi cosa, ma che ora, inesorabilmente, precipita schiacciato sotto il peso della vita. A tal proposito ho sentito tante critiche piuttosto assurde, soprattutto riguardo a quelle che avrebbero voluto un Sakuta felice per la sorella che finalmente ha recuperato la memoria: addirittura alcuni hanno osato asserire che Sakuta preferiva una sorellina col complesso del fratello anziché la più scontrosa e indipendente Kaede. Quante assurdità.
Sakuta chiarisce a Mai sin dal primo momento quanto sia felice per Kaede, ma lo logora dentro il solo pensiero di dover dire addio alla sorella con cui ha speso due anni di ricordi, con cui ha formato un profondo legame. Dover ricominciare daccapo per l’ennesima volta dev’essere devastante; soprattutto, Kaede è stata il suo unico contatto umano e supporto psicologico negli ultimi anni, dopo essere stato costretto a diventare genitore di sé stesso e della sorella in assenza dei propri genitori, e si può soltanto immaginare, solo immaginare quanto possa lacerare il pensiero che tutto ciò che hai vissuto e hai condiviso con una persona non esista più, se non nei tuoi ricordi. Scelgo la parola “lacerare” non a caso, perché sono proprio le tre cicatrici sul petto di Sakuta a riaccendersi e sanguinare copiosamente in un’emblematica e azzeccatissima rappresentazione della sofferenza provata dal nostro protagonista. Insomma, per chi è riuscito a empatizzare con Sakuta e la sua personalità, queste scene sono davvero forti, realizzate divinamente soprattutto quando si focalizzano sulle espressioni del ragazzo che, se normalmente risultano spente, ora sono ricoperte di nero e angoscia. Dopo una mini-serie di eventi - tra cui un’incomprensione prontamente risolta con Mai -, Sakuta riesce a raccogliersi e l’anime termina letteralmente così. Ci è dato sapere tramite le scene post-credits che il suo rapporto con la sorella - che nel frattempo ha recuperato il contenuto del diario dell’altra Kaede - si è comunque impreziosito ed è tutto rimandato. Chi è arrivato fin qui l’avrà notato, ma Makinohara Shoko non ha ricevuto da parte mia menzione alcuna, e sarò franco: in questa recensione non parlerò di lei, in quanto il suo apporto agli eventi della serie TV è stato risicato ed è servito come teaser del film che uscirà nel corso del 2019: se ne riparlerà, dunque, nella mia recensione della pellicola... se la farò.
Piuttosto, Sakuta non ha ricevuto un vero e proprio approfondimento da parte mia, ma, siccome lo merita in pieno, iniziamo polemizzando un po’ sulle varie critiche al suo personaggio.
Sakuta è spesso criticato pesantemente per essere un irrispettoso pervertito cronico, ma ciò che sfugge è che ciò non è altro che la sua forma di difesa, e assolutamente non rispecchia le sue reali intenzioni - e di questo ne parleremo tra poco, quando approfondiremo la relazione tra Sakuta e Mai; il ragazzo, infatti, usa un pungente umorismo talvolta a sfondo erotico per mettere gli altri sulla difensiva ed evadere dal suo disagio sociale: fateci caso, la stragrande maggioranza delle volte (senza considerare Mai, che è un caso a parte, e ci arriveremo) in cui Sakuta tira fuori una freddura erotica è in risposta o a una critica o a una domanda scomoda o a una situazione che lo mette a disagio - e non sto neanche a citare gli innumerevoli esempi che mi girano per la testa. La sua effettiva (non)relazione con l’erotismo è messa in discussione quando ci si rende conto che in realtà Sakuta è terribilmente spaventato del contatto fisico con Mai, e lo evita, nonostante lei, a un certo punto anche esplicitamente, gli faccia intendere che non le dispiacerebbe se il suo ragazzo si avvicinasse a lei “al momento giusto e nel modo giusto”. Questo mio pensiero è stato comprovato dal mini-drama venduto in allegato al primo BD della serie, in cui Sakuta inventa una scusa per scappare da una Mai insolitamente affettuosa. Benché sia il suo partner, è palese quanto dentro di lui vi sia un conflitto e non sappia come comportarsi: abituato a essere solo e non sapendo come chiedere aiuto alla sua ragazza, sono state innumerevoli le volte in cui Sakuta ha pensato di telefonare Mai, per poi rinunciare al proposito: queste scene, che si accumulano di episodio in episodio, sembrando insensate e quasi casuali, una volta sommate restituiscono un’immagine chiara di quanto sia difficile per Sakuta affrancarsi dalla solitudine. Anche quando vi è stata l’unica vera incomprensione tra i due in tutta la serie, Sakuta ha pensato per tutto il giorno a come scusarsi, ma è arrivato a fine giornata rimandando il tutto al giorno dopo: superficialmente si potrebbe pensare che non gliene importasse nulla, ma la realtà è che Sakuta teme il contatto diretto con Mai e/o la possibilità di un alterco, ed è stato per lui un sollievo quando fu lei stessa a presentarsi a casa sua. Egli è addirittura propenso, nonostante un’ovvia riluttanza iniziale, a interrompere gli incontri privati con Mai per il bene della sua carriera professionale, perché è semplicemente il tipo di persona che è: non oserebbe mai essere un ostacolo per gli altri e, forse, non si considera neanche “degno” di poterlo essere, soprattutto non per Mai.
Una domanda sorge spontanea: Sakuta è sempre stato così? Probabilmente no. Il suo cambiamento è evidente laddove lo si compara ai flashback in cui era un ragazzo delle medie (a tal proposito, molto interessante che nell’ambientazione dei flashback vi sia lui seduto a terra mentre gioca ai videogiochi, se si considera che nella sua attuale stanza non vi è l’ombra di console né di TV, in una sorta di simbolismo che rappresenta la sua forzata e precoce maturazione che gli ha impedito di vivere l’adolescenza), estremamente spaventato da ciò che stava attraversando la sorella e lasciato solo da genitori che non sono riusciti a stargli vicino; non solo, ha anche dovuto contemporaneamente sopportare delle false voci sul suo conto che ne hanno sancito l’alienazione sociale a scuola. Da quel momento in poi Sakuta ha affrontato la vita portandosi delle cicatrici profonde che non hanno colpito soltanto il suo petto, ma anche il suo animo, e da lì ha assunto un atteggiamento disilluso nei confronti della vita, assumendosi la struggente responsabilità di crescere una persona che per lui sarebbe dovuta essere sua sorella, ma ormai completamente diversa da quella che conosceva. La sua disillusione è tale, da rassegnarsi a una vita da pregiudicato, come conferma la sua negligenza nei confronti delle voci che girano a scuola, nonché la poca attitudine alla vita sociale, sentendosi altresì estremamente a suo agio avendo “addirittura due amici”: il suo distacco nei confronti della vita lo porta ad assumere un atteggiamento svogliato e menefreghista, che si evince in ogni attività che svolge: questa sua disconnessione dalla realtà sociale è, a mio parere, ironicamente simboleggiata dall’autore quando Sakuta rivela di non avere uno smartphone, che per un ragazzo della sua età nella nostra epoca sembra in tutto e per tutto una follia; tuttavia, egli si assicura di restare uno studente medio, di andare a lavoro e occuparsi della sorella, come se in qualche modo cercasse comunque di aggrapparsi disperatamente alla vita. È da questa esperienza che Sakuta sviluppa la sua potente empatia, ed è grazie a questa stessa empatia che riesce a percepire il dolore altrui - come nel caso di Koga - oppure a intuire la situazione famigliare e il rapporto conflittuale tra Nodaka e Mai senza che nessuno gliene abbia parlato, ma soprattutto è il motivo principale per cui resta invischiato nei drammi paranormali della serie e la ragione per la quale aiuta Mai nei primi episodi: lui è stato solo con sua sorella, abbandonato da dei genitori troppo deboli per occuparsi dei loro figli e diventando nonno di sé stesso (questo scenario psicologico è chiamato parental child o parentification). Inoltre, proprio a proposito di quest’ultimi, Sakuta ha sviluppato anche la propria maturità grazie alla sua situazione famigliare: è egli stesso a sostenere come abbia certamente percepito del risentimento nei confronti dei suoi genitori, ma allo stesso tempo li ama e cerca di comprenderli, interessandosi delle condizioni di sua madre e incontrando saltuariamente il padre, asserendo comunque di non portare rancore nei loro confronti. Sakuta è insomma riuscito a maturare abbastanza da non cadere nel gioco delle colpe e a empatizzare anche con coloro i quali hanno disatteso le sue aspettative come figlio. Questa esperienza, tuttavia, non ha plasmato soltanto l’empatia, la maturità e la solitudine di Sakuta, ma anche la sua maschera sarcastica e l’espressione “spenta”. Sakuta è empatico ma al contempo crudele e razionale - per esempio, nei confronti del malessere interiore di Futaba -, dai tratti nichilisti che lo rendono un personaggio assolutamente variegato e complesso. Al contempo, per il bene dei suoi amici è disposto a inzupparsi sotto la pioggia senza pensarci due volte, tanto da finire all’ospedale, e approfondisce gli argomenti su cui sa di non essere ferrato pur di cercare soluzioni ai problemi degli altri, mettendo costantemente in discussione sé stesso e la realtà che lo circonda. Ciò è testimoniato anche dai suoi innumerevoli monologhi interiori che ci raccontano altresì di una persona che - probabilmente grazie alla solitudine e alla sofferenza - è riuscita a sviluppare un forte senso critico, basti pensare al suo monologo iniziale riguardo alle persone che “dicono di essere sempre alla ricerca del cambiamento, ma sono quelle che mantengono più di tutti lo status quo”.
Da alcuni ho addirittura sentito che, per il suo altruismo nei confronti degli altri, sarebbe un Gary Stue. Premessa: definire un personaggio come “Mary Stue” o “Gary Stue” è spesso sinonimo di una mancanza d’argomentazioni, ma affrontiamo comunque la critica: un Gary Stue direbbe a qualcuno che va bene odiarsi, perché tanto non ci si può fare nulla? Un Gary Stue direbbe alla propria amica che non vuole ascoltare i suoi sfoghi su quanto si ritenga una persona inutile perché disinteressato? Un Gary Stue direbbe che vivere positivamente è estenuante? Questo è il tipo di persona che Sakuta è, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Se da un certo punto di vista è un ragazzo gentile e pronto ad aiutare gli altri, dall’altro è un misantropo che rifiuta di combattere “l’atmosfera” e affronta la vita così come viene, nonostante abbia il potere di poterla migliorare - come tutti noi, d’altronde -, invitando persino gli altri a fare lo stesso - come quando consiglia a Nodoka di non essere “avara” e di “accontentarsi di essere una persona mediocre”. Quest’ambiguità è precisata più volte anche nell’anime, laddove sono in tanti a commentare “gli occhi spenti” di Sakuta; ma è, a mio parere, perfettamente raffigurata nella scena in cui Sakuta si precipita da Nodoka, quando ne intuisce le intenzioni suicide, ammettendo francamente che la sta salvando perché, altrimenti, Mai sarebbe triste della sua morte: in una sola scena ammiriamo sia la sua propensione ad aiutare gli altri sia il suo spiccato e crudele cinismo. Che strano questo Gary Stue.
La sua personalità - come già suggerito sopra - diviene molto più positiva, dolce e filantropa soltanto quando è a contatto con Kaede, ma spingo chiunque abbia anche solo un briciolo di umanità in corpo a non comportarsi smielatamente come fa lui nei confronti della sorella dopo ciò che abbiamo scoperto nell’ultimo blocco della serie. Con Kaede dimostra anche una spiccata sensibilità, tanto da commuoversi quando sua sorella varca la porta di casa e, generalmente parlando, sente il dovere di occuparsene a tal punto, da nasconderle le sue paure, il che ci regala un ennesimo dettaglio sulle sfumature di questo personaggio. Non a caso, spero che un giorno sia nella light novel - se è già successo e non ne sono a conoscenza, assicuratevi di farmelo notare - sia nella serie TV ci sarà un arco dedicato proprio a lui e alla sua complessità psicologica.
A scanso di equivoci, facciamo una precisazione: sto asserendo che Sakuta sia un novello Shinji Ikari in quanto caratterizzazione? Certo che no, ma non si deve essere Shinji per essere degli ottimi personaggi: l’autore ha sicuramente creato una personalità realistica ed eterogenea, impossibile da identificare tramite i sintetici epiteti con i quali è spesso stato descritto. Neppure io, in questo momento, sento d’aver colto tutti i tratti della sua personalità, eppure credo di essere stato estremamente logorroico. In sostanza, Sakuta fa davvero bene ad “Aobuta”, agli anime in generale e alla visione dell’opera: la sua compostezza e la sua schiettezza fanno in modo che il tutto fili liscio come l’olio, che non vi siano incomprensioni o perdite di tempo, rendendo la serie in costante movimento e al tempo stesso alternativa.
Prima di concludere la recensione, mi piacerebbe spendere un paragrafo sulla relazione tra Mai e Sakuta.
Come già detto in precedenza, i due hanno una chimica perfetta e sono capaci di portare avanti interazioni lunghissime soltanto con il loro feeling discorsivo (spettacolare ripensare a Sakuta che dice di voler diventare Babbo Natale in futuro e Mai che gli risponde che sa che non ha voglia di lavorare per 364 giorni l’anno): sgusciano in una maniera semplicemente perfetta tra il comico e il serio nel giro di un paio di frasi e lo fanno con una naturalezza impressionante, forse nei dialoghi più realistici che abbia mai visto. È per questi motivi che non si riesce a fare a meno dei loro scambi e li si potrebbe ascoltare per ore nelle più mondane delle discussioni, perché hanno nutrito il loro rapporto con un reciproco supporto, trasmettendo emozioni reali allo spettatore, risultando una coppia vera e viva.
Le loro personalità, essendo del tutto realistiche e non avendo contraddizioni di sorta, non permettono solo interazioni di livello superlativo: in anime di questo genere, è facile nascondersi dietro la storiella del “il mio ragazzo è buono e gentile e io sono contenta”, quando passa del tempo con altre ragazze per aiutarle coi loro problemi sociali e paranormali, ma Mai non si pone scrupoli, arrivando spesso a intervenire in prima persona per dimostrare a Sakuta la sua lecita gelosia; al contempo, il suo raziocinio le permette altresì di cooperarci spesso, pur di mettere d’accordo entrambi - come quando decide di andare a dormire da lui, quando Sakuta è costretto a invitare Futaba a casa sua per la presenza della seconda Futaba. A differenza di quello che può sembrare, anche Mai teme di poter “perdere” Sakuta: durante l’arco di Koga è evidente - arrivando a indossare nuovamente il suo capo da coniglietta per lui - sostenendo che “pensava di concedergli una carota una volta ogni tanto”, implicitamente indicando che il tempo passato con Koga in qualche modo la intimorisse. La loro relazione viene approfondita ulteriormente quando Sakuta si rende conto del tormentato stato d’animo di Mai durante lo scambio di corpo con Nodoka e le rivela schiettamente ciò che lei ammette di non voler ascoltare. Ma, come già detto all’inizio della recensione, Sakuta è proprio ciò di cui Mai ha bisogno: essendo una persona che ha sviluppato tramite la solitudine una cieca fiducia nell'impegno e nella possibilità che l'unica cosa che possa salvarla dal dolore è sé stessa, è difficile per chiunque tenere testa alla sua personalità e farla ragionare quando i suoi conflitti interni superano la sua mentalità assertiva, e Sakuta è perfetto in tal senso; non solo, per Sakuta è semplice lenire le preoccupazioni della sua ragazza, riuscendo sempre a distrarla e tirarla su di morale quando ne ha bisogno. Al contempo, Mai è la manna dal cielo che attendeva Sakuta: abituato a fare tutto da solo, a convivere con voci infondate sul suo conto e disincantato dalla vita, Mai rappresenta per il nostro protagonista la luce in fondo al tunnel. Lo sprona quando la svogliatezza ha il meglio su di lui (emblematica la scena in cui lo convince a proseguire con gli studi accademici e non arrendersi alla sua pigrizia), tiene testa al suo cinismo, al suo umorismo e abbatte i suoi tentativi di difesa attraverso la propria pacatezza e spirito di comprensione, portandolo sempre a confidarsi, evitando che resti confinato nel suo guscio. E ci riesce: lei è davvero l'unica persona con cui Sakuta condivide determinati pensieri e ricordi, restituendogli fiducia nella vita.
Mai ha imparato a fidarsi ciecamente di Sakuta - e sapete benissimo da quando ha iniziato a farlo, a mio parere - a tal punto da essere lei ad andare a casa sua, laddove, a causa di un’incomprensione, temeva un tradimento - e chissà se ha realizzato quanto questo suo comportamento ha rincuorato Sakuta. I due si trovano benissimo anche perché si sostengono a vicenda e sono entrambi estremamente rispettosi dell’altro: se non fosse stato per Sakuta, Mai non sarebbe mai tornata a recitare, e se non fosse stato per Mai, Sakuta non avrebbe mai chiarito le proprie voci sul suo conto a scuola né avrebbe più avuto la possibilità di riconnettersi col mondo; inoltre, se da un lato Sakuta sarebbe disposto a rinunciare agli incontri privati con la sua ragazza, pur di non crearle problemi con la sua professione, dall’altro lato Mai non vuole rinunciare a vederlo né vuole fargli uno sgarbo del genere; anzi, spesso si sente in colpa per tutte le volte in cui non si sono visti a causa dei suoi impegni professionali e s’assicura sempre di non trascurarlo troppo.
Alcuni potrebbero dire che la relazione tra Sakuta e Mai progredisce troppo precocemente e, sì, potrebbe essere vero, ma stiamo parlando di due persone sole che, inaspettatamente, si trovano una meraviglia. Quanto i due stiano bene e si trovino unicamente coll’altro - che giustifica la rapida evoluzione del loro rapporto - è testimoniato anche dalle reazioni sbigottite ai modi di Sakuta che Nodoka, nel corpo di Mai, ha nei confronti delle sue battutine. Sakuta commenta anche esplicitamente come Mai avrebbe risposto a tono alle sue provocazioni, il che porta Nodoka a chiedersi cosa la sorella abbia trovato in uno come lui. La comicità intrinseca di questa scena nasconde in realtà una profonda valorizzazione del rapporto tra Sakuta e Mai e dell’unicum che esso rappresenta: insomma, soltanto Mai potrebbe sopportare in quel modo Sakuta e soltanto Sakuta potrebbe sopportare in quel modo Mai. Dirò di più: il costante umorismo erotico che accompagna le loro interazioni ha distratto troppe persone dalla realtà dei fatti, ovvero che Sakuta e Mai conducono davvero una relazione unicamente sentimentale e (quasi) mai fisica; e aggiungo, sono proprio le loro conversazioni, anche quelle spinte, a renderli una coppia molto più realistica delle tipiche “purissime e levissime” a cui sovente assistiamo.
Nell’arco di Kaede, se da un lato possiamo essere felici perché Sakuta cambia finalmente espressione, sembra che l'unica cosa che riesca a tangerlo sia la sofferenza: ma fate caso anche a quante espressioni diverse appaiono sul suo volto quando interagisce con Mai. Sakuta passa facilmente da un'emozione all'altra in compagnia della sua ragazza, non mostrandosi Mai (capito il gioco di parole?) svogliato, a differenza di tutte le sue altre conversazioni. Sakuta è vivo quando interagisce con Mai. Ecco, questi sono tutti piccoli elementi che testimoniano quanto la relazione tra Sakuta e Mai sia gestita bene: è bastato dare una personalità e un'identità ai due personaggi per creare una serie di circostanze e situazioni analizzabili che permettono di renderli vivi. Ed è questo che fa la differenza: Sakuta e Mai sono studiati per essere una coppia, sviluppano il loro rapporto tramite un forte e reciproco supporto psicologico, nonché un feeling perfetto grazie al loro senso dell’umorismo, crescono come fidanzati oltre che come individui. Il non-plus-ultra di “Aobuta” sono proprio loro due e la loro relazione: potrei ascoltarli per ore senza stancarmi Mai - sì, è l’ultima volta che la faccio.
Tirando le somme, come mai nonostante tutti questi approfondimenti, le critiche sociali, i dialoghi superlativi e le caratterizzazioni che rendono ogni personaggio vivo - soprattutto nella meta-realtà del mondo dell’animazione nipponica -, “Aobuta” racimola “solo” un 8.5? Chiariamo che questo è probabilmente l’8.5 più vicino al 9 che abbia mai dato in vita mia, ma comunque: prima di tutto non ha un finale definito, è chiaro come ci sia ancora tanto da dire e decostruire per quanto concerne personaggi e storia - soprattutto Sakuta; ma anche la sceneggiatura in generale non rasenta la perfezione - a mio parere le spiegazioni fisiche ai fenomeni paranormali sono state molto campate in aria, non a caso ho fatto a meno di citarle, siccome il focus della mia recensione è lo spettro psicologico-comportamentale dei personaggi. Del writing ho generalmente apprezzato il non essersi tramutato in uno scialbo harem - alla fine della fiera, sono due le ragazze che s’interessano sentimentalmente a Sakuta, tra cui una che non ha mai avuto speranze e sulla quale l’autore non si è permesso di giocare, mettendo subito le cose in chiaro. Per il mondo nipponico mi sembra una boccata d’aria fresca da non sottovalutare.
In tante cose, tuttavia, questo anime non rispecchia i miei valori etici e sociali, né le mie credenze in ambito fisico, ma stiamo parlando di un’opera di fantasia e non pretendo che venga scritta con i miei occhi. La critica più insensata che ho sentito è quella secondo la quale questa light novel - e in senso esteso questo anime - prenda spunto da “Monogatari”, “Oregairu” o “Haruhi Suzumiha”. E anche se fosse? Non mi pare che questa serie non abbia saputo plasmare una propria identità, dei propri personaggi e una propria morale di fondo, se anche vi fosse un’ispirazione a una carrellata di opere non ci troverei nulla di immorale - altrimenti lanciamo dalla finestra tutti gli shonen degli anni 2000, sono tutti ispirati a “Dragon Ball”. A me interessa ciò che “Aobuta” è stato capace di trasmettermi, e se dietro vi è un’ispirazione esterna, tanto meglio.
Prima di concludere, menzione d’onore per la ending: una canzone cantata a turno dalle protagoniste dei vari blocchi, a parer mio un’idea geniale.
56615 caratteri?! Sasuga boku. Buta yarou dana.
“Stare da soli ha il suo perché. Non devi soddisfare le esigenze altrui. Sorprendentemente, dopo esser stato solo, non ti ci senti più così tanto come pensavi la prima volta.”
- Sakuta Azusagawa
“Seishun Buta Yarō wa Banī Gāru Senpai no Yume o Minai” (Aobuta) è una serie TV anime di tredici episodi, trasmessa nel 2018, prodotta dallo studio CloverWorks e basata sull’omonima serie di light novel scritta da Hajime Kamoshida.
Partiamo dal presupposto più importante: se si è appassionati del genere, questo anime rappresenta il capovolgimento delle regole non scritte a cui siamo abituati quando ci approcciamo all’animazione giapponese - ed è tutto riscontrabile già dal primo episodio: protagonista atipico, interessante e maturo - antitesi del generico e inetto eroe nipponico; caratterizzazione e introspezione psicologica notevole su ogni personaggio introdotto; dialoghi e umorismo sopra le righe, pungenti ma mai banali; meta-autocritica sui cliché degli anime, che “Aobuta” stesso talvolta utilizza come espedienti narrativi, ma soprattutto ragazze che non sono alla mercé del fanservice spudorato, bensì individui che vivono drammi e difficoltà, con personalità ben definite. “Aobuta” mette sé stesso in discussione discutendo delle produzioni giapponesi attraverso personaggi accattivanti e una trama leggera ma misteriosa e affascinante, spaziando tra comicità e drammaticità in modo costante, e lo fa con grande naturalezza, senza pretendere di strappare una risata né sentendosi in dovere di rovinare momenti seriosi per infilarci dell’humour da quattro soldi: può sembrare una precisazione da poco, ma vi posso assicurare che non lo è.
Come si vive ai giorni nostri con una turbolenta situazione famigliare che costringe a vivere senza genitori, una sorella agorafobica a cui badare e voci infondate sul proprio conto che determinano l’esclusione sociale a scuola? Se lo sarà chiesto anche Sakuta Azusagawa, il protagonista della storia: la risposta? Con una bella dose di fantascienza, fenomeni paranormali e un pizzico di fisica. L’anime divide gli episodi in “blocchi”, ognuno che affronta e approfondisce personaggi e situazioni diversi, e così farò anche io, per recensire ogni scampolo di dettaglio al meglio.
Sakurajima Mai è una giovane studentessa, famosa per essere entrata nel mondo dello show-business in tenera età, prima di interrompere bruscamente la sua carriera nonostante il grande successo; proprio a causa degli impegni professionali non dispone di una rete sociale ed è ignorata dai compagni di scuola - troppo intimoriti dal suo status per avvicinarvisi. Come se non bastasse, Mai in determinati giorni della settimana diventa invisibile, e per testare la gravità della situazione arriva a vestirsi e girare per la città da coniglietta, pur di attirare l’attenzione. Sakuta è l’unico che riesce a vederla, e insieme indagano sull’accaduto, ma già dalle prime battute ci viene offerto il piatto migliore dell’anime: l’alchimia tra i due è semplicemente perfetta, anche grazie alla personalità di entrambi; Mai ha infatti un forte senso dell’umorismo e accompagna le schiette battute (non solo libidinose) di Sakuta in maniera magistrale, creando dei momenti comici esilaranti conditi da botte e risposta incredibili. Tutt’e due, infatti, hanno affrontato la solitudine indossando una maschera d’ironia e pungente sarcasmo - emblematico il momento comedy, ma neanche tanto, in cui Sakuta sostiene di avere “addirittura due amici” e che “sono più che abbastanza, basta esserci amico per sempre” - e si inizia a intravedere in modo piuttosto lapalissiano il feeling tra i due, a tal punto che la loro relazione progredisce velocemente.
Il tutto diventa estremamente inquietante e spaventoso quando la manager nonché madre di Mai non solo non è più in grado di vedere sua figlia, ma non ricorda neanche la sua esistenza: pian piano il mondo sta cancellando Sakurajima Mai dalla realtà. Sakuta prende a cuore il suo malessere e decide di aiutarla - non solo per la bellezza della sua senpai, come a lui piacerebbe far passare pur di fuggire da sé stesso - ma perché sa cosa significa essere soli, non avere nessuno al proprio fianco e sopportare il peso delle sofferenze tutto sulle proprie spalle, a tal punto che decide di fuggire con lei per verificare che il fenomeno non sia circoscritto alla loro città natale. Ed è qui che l’anime manda un messaggio, neppure velato, poiché esternato esplicitamente dal protagonista: le classi di scuola sono posti laddove le fondamenta si sviluppano rapidamente ed è molto difficile cambiarle. “Quando [in classe] sei diverso/a, gli altri parleranno alle tue spalle: diranno che sei fastidioso/a, che sei esibizionista. E a quel punto tutti sanno che non si torna indietro. Questa è la scuola”. Sakuta e Mai sono vittime della stessa situazione, seppur agli antipodi per motivazioni: il primo è isolato per voci che calpestano la sua popolarità, mentre la seconda lo è proprio perché troppo popolare. Entrambi spezzano la normalità delle cose e perciò sono alienati.
I due approfondiscono il loro rapporto appoggiandosi a vicenda, laddove Mai realizza l’infondatezza dei rumor su Sakuta che girano a scuola - e della sua negligenza nei confronti del problema, siccome “combattere l’atmosfera è inutile” - e quest’ultimo scopre il motivo per cui la sua senpai s’è lasciata la propria carriera alle spalle: Mai era infatti rimasta inorridita da una sessione di foto in costume da bagno a cui si è dovuta sottoporre in tenera età - appena alle medie - per ordine della madre, e da allora ha sospeso la sua carriera, pur amando la professione e nutrendo il desiderio di proseguire col suo lavoro nello show-business. Questo evento scioccò Mai a tal punto, da condurla a desiderare di essere invisibile a tutti. Stiamo insomma parlando di una ragazza che da un giorno all’altro si è ritrovata senza carriera professionale e priva di rete sociale, il tutto mentre lentamente svaniva dall’esistenza. È per questo che Sakuta è un partner perfettamente realistico per Mai, perché è esattamente tutto ciò di cui avrebbe bisogno: ovvero una persona che, senza peli sulla lingua, la spinga a inseguire la Volontà di portare avanti la propria carriera e di gestire i suoi booking in maniera diversa; non solo, Sakuta è l’unico ad avvicinarsi a lei nonostante sappia quanto celebre essa sia, anzi tiene testa alla sua personalità mettendo più volte in difficoltà la sua maschera da ragazza “ormai adulta”. Ciò che avvicina terribilmente i due e che è stato allo stesso modo terribilmente sottovalutato da molti, è proprio la scena in cui Mai ha il suo breakdown e chiede a Sakuta di non dimenticarsi di lei, che disperatamente sta cercando di non sparire, perché non vuole dissolversi. Questa scena è la conseguenza di quella appena prima, laddove Mai propone a Sakuta di scambiarsi un bacio, ossia l’incipit dell’anime stesso: il ragazzo, cosciente che ciò non sarebbe altro che uno sfogo da parte della ragazza - e forse anche sottovalutando sé stesso -, risponde solo con una battutina: ecco, proprio lì, a mio parere, Mai capisce di potersi fidare di Sakuta e realizza la bontà delle sue azioni. Intendiamoci: Sakuta è assolutamente rapito dalla bellezza e dalla personalità di Mai, ma non userebbe mai certi mezzucci per ottenere un contatto fisico, giacché poco dopo sostiene che “lei non sparirà, così potrà baciare chiunque voglia in qualunque momento”: e questa sì che è una grande dimostrazione d’amore. Insomma, Mai lascia cadere la propria maschera di ferro con Sakuta conseguentemente alla reazione del ragazzo alla sua proposta, e non viceversa.
Il sentimento profondo che il nostro protagonista inizia a sviluppare nei confronti della sua senpai è simboleggiato allorquando Sakuta resta l’unico sulla faccia della Terra a ricordare Mai, scoprendo che dormire lo ricongiungerà “all’atmosfera” - eradicando la sua esistenza -, tanto d’assumere farmaci stimolanti pur di restare sveglio, persino durante la sessione d’esame. Mai è consapevole degli sforzi di Sakuta e lo trae in trappola con dei sonniferi: prima che possa assopirsi, la ragazza lo ringrazia per tutto ciò che ha fatto per lei, in una scena nostalgicamente candida; e nonostante il nostro protagonista dimentichi effettivamente l’esistenza di Mai al risveglio, non passa molto tempo prima che se ne ricordi: basta infatti la vista di un kanji studiato assieme la sera prima a far scattare un mare di ricordi e di lacrime che squarciano il viso di Sakuta. Ed è qui che l’anime ci propone forse la scena emotivamente più potente di tutte: scappato di corsa dalla classe per combattere l’atmosfera e costringere il mondo a riconoscere l’esistenza della sua senpai, Sakuta urla a squarciagola di essere innamorato di Mai proprio di fronte all’edificio scolastico.
Ripetutamente.
Ancora, ancora e ancora. Proprio lui, che non avrebbe mai combattuto contro “l’atmosfera, poiché inutile”, adesso è disposto a mettere sul piatto la propria dignità per la ragazza che ama, in una scena dall’altissimo impatto emotivo (e imbarazzo per procura, o secondhand embarrassment che dir si voglia) grazie all’empatia che, almeno personalmente, mi si è plasmata nel corso di tre episodi con il nostro protagonista. Una dichiarazione strillata esaurendo fiato e voce, senza risparmiare dettagli imbarazzanti (“Voglio stringerti la mano in spiaggia”, “Voglio vederti ancora una volta vestita da coniglietta”, “Voglio stringerti forte”, “Voglio baciarti”), che mi ha davvero colpito nel profondo, poiché è insolito che in un anime di vita quotidiana vi sia una forza emotiva che riesca a coinvolgermi talmente. Mai riappare proprio dietro a Sakuta e, già che c’eravamo, ben pensa anche lei di urlare a squarciagola che tutte le dicerie sul ragazzo sono infondate. In una società sempre più globalizzata - e quando parliamo di quella asiatica, sottolineiamo anche la natura collettivistica che schiaccia quella individualistica - il messaggio lanciato dall’anime è di fondamentale importanza: non importa ciò che la massa pensa, importa ciò che ognuno di noi vuole; saper pensare con la propria testa e compiere scelte in base alle nostre valutazioni su qualsivoglia fattispecie sono caratteristiche imprescindibili per il benessere della nostra identità - un argomento che l’anime continuerà a trattare nei prossimi blocchi. Il cerchio tra Sakuta e Mai così si chiude: entrambi sono riusciti ad aiutare l’altro a superare le proprie difficoltà scolastiche e/o “atmosferiche”, ma per il loro rapporto sentimentale c’è ancora una storia tutta da scrivere. Nota a margine: a posteriori, questo anime si sarebbe anche potuto concludere così, siccome sarebbe stato semplicemente il finale perfetto per una storia incredibilmente accattivante, narrata tramite dei dialoghi pazzeschi che spaziano tra il profondo e l’umoristico nel modo più naturale che abbia mai visto, raggiungendo picchi di qualità impressionanti - e che ovviamente non sono e non saranno replicabili se non unicamente nelle future interazioni tra Mai e Sakuta. Invito quantomeno tutti a guardare questa porzione di opera, poiché è palese la volontà di proporre qualcosa di diverso da parte dell’autore, tramite scene intense e ricche di momenti che si stampano prepotentemente nella memoria, ma soprattutto riguardo la ragazza di turno: sono molti gli eventi che sarebbero potuti diventare i soliti “misunderstanding” da risolvere, ma che grazie alla straordinaria personalità assertiva di Mai e la compostezza di Sakuta si sono rivelati null’altro che piacevoli momenti comedy.
Per quanto concerne il secondo blocco, via il dente, via il dolore, e non pensiamoci più: ho fermato la visione dell’anime - che stavo guardando in contemporanea alla trasmissione nipponica - la prima volta in cui ho guardato il quarto episodio. Non ho apprezzato la scelta di mettere in mezzo una terza ragazza, ma - c’è un grandissimo ma - alla fine mi sono dovuto ricredere, e devo ammettere che la qualità generale della serie resta alta, poiché l’anime ci propone un’intrigante sfida tra filosofie di vita. Spieghiamoci meglio.
Tomoe Koga è una ragazza che vive la propria vita scolastica e sociale cercando disperatamente di trovare il proprio posto in società, rientrando in gruppi o facendo parte di una folta schiera di persone; valuta il pensiero altrui nei propri confronti più di ogni altra cosa e il suo scopo è “farsi piacere da tutti o quantomeno non farsi odiare da nessuno”, tanto da restare sveglia fino a tardi soltanto per partecipare a chat di gruppo da cui ha paura d’essere alienata e raccontare false storie sulla propria vita per essere al passo cogli altri. Ciò che collega Koga al nostro protagonista è la sua capacità di “rilanciare i dadi” e rivivere un medesimo giorno tutte le volte che desidera, senza che gli altri se ne rendano conto - a parte Sakuta, ovviamente - finché il risultato finale non l’aggrada. Koga cerca di evitare la dichiarazione e l’invito a uscire di un suo compagno di scuola, poiché impossibilitata ad accettare, essendo lui la fiamma di una sua amica, ma terrorizzata dall’idea che un rifiuto possa spargere voci malfamanti sul suo conto. Dopo una serie di peripezie, Sakuta decide di collaborare con Koga per non ripetere perpetuamente lo stesso giorno, e i due iniziano una relazione fittizia al fine di “giustificare” il suo rifiuto, programmando persino quando racconteranno ai rispettivi compagni della loro “rottura”. Qui ci tengo a sottolineare la gestione narrativa della coppia Sakuta-Mai, con quest’ultima che evita sceneggiate di qualsivoglia tipo e si confronta con il nostro protagonista tramite il suo solito pragmatismo. Intendiamoci: non sto asserendo che Mai dovrebbe non essere gelosa - queste sono conclusioni e opinioni personali -, sottolineo soltanto come pagliacciate in pieno stile anime sarebbero state facilmente pronosticabili, e invece la questione è stata gestita rispettando in pieno la personalità della ragazza - e questo è uno dei punti che mi ha spinto a scrivere, all’inizio della recensione, quanto ho apprezzato l’identità ben definita di cui ognuna delle donne dell’anime dispone.
In seguito, Koga rivela a Sakuta d’essere in conflitto con sé stessa, ammettendo quanto sia diversa rispetto alla sé delle medie - tra trucco, acconciature e vestiti -, lasciando intendere un certo malessere nei propri confronti; allo stesso tempo, riconosce di apprezzare la sé che ha plasmato negli ultimi anni e di essere soddisfatta dai risultati ottenuti. Koga si chiede, quindi, se non sia altro che un artificio di sé stessa, e qui l’anime ci regala un inaspettato insegnamento attraverso la risposta di Sakuta: se lei è felice di ciò che è, il problema non si pone; Koga ha impiegato tempo per diventare ciò che lei stessa ha voluto essere, in una visione empiristica che pone l’impegno e la dedizione - anche nei confronti del proprio io - sopra qualsiasi forma di innatismo. Noi siamo ciò che siamo soprattutto per quello che abbiamo desiderato diventare, attraverso i nostri sforzi e le nostre esperienze e non soltanto per come siamo istintivamente. Sarebbe stato facile giudicare negativamente Koga per i suoi complessi e difficoltà sociali, ma se la ragazza è felice di ciò che è, c’è davvero qualcuno che può giudicarla? Ai lettori l’ardua sentenza.
Ovviamente, la differenza di valori e vedute sono troppo grandi, e i due arrivano a uno scontro filosofico: Koga trova incomprensibile e irritante - forse anche a mo’ di invidia - l’impassibilità di Sakuta nei confronti delle opinioni altrui, mentre quest’ultimo non concepisce il profilo comportamentale di Koga volto a vivere per piacere e andare a genio agli altri: “Non vivo per farmi amare da tutta l’umanità”, sostiene. In questo frangente vi è anche la citazione (inspiegabilmente, perché ce ne sono altre più valide) più famosa dell’anime, ovvero quella in cui Sakuta rivela che non gli importerebbe d’essere odiato dal mondo intero se anche avesse una sola persona, “se c’è lei, potrei continuare a vivere”. La svolta si ha quando il ragazzo che si era dichiarato a Koga inizia a far girare false voci su di lei, a cui seguirà una vera e propria zuffa con Sakuta, che tramite un gioco d’astuzia riesce a buttare giù l’omaccione più grande di lui - insomma, la perfetta realizzazione di Davide contro Golia, spesso abusatissimo e male interpretato, per fortuna non questo il caso. Da lì Koga comprende quanto sia importante sentirsi amati, protetti, e che forse il discorso che faceva Sakuta sul non dare importanza agli altri non era tanto campato in aria.
A questo punto della storia, però, ormai è chiaro: Koga inizia a provare qualcosa in più per Sakuta. L’ultimo “appuntamento” è previsto in spiaggia, laddove la loro storia fittizia terminerà. Neanche a dirlo, Sakuta ripete quel giorno tre volte, e alla quarta è costretto a intervenire; qui il suo personaggio mi è piaciuto molto: avendo ormai realizzato che Koga sta rilanciando i dadi perché innamorata di lui, Sakuta tenta innanzitutto di dissuadere la ragazza con le buone - emblematica la scena in cui scrive i loro nomi su delle cartoline d’amore d’un tempio shintoista e, quando Koga l’avverte che “mentire agli Dèi è peccaminoso”, risponde con “tanto sono l’unico che sta mentendo” -, passando poi per le cattive, asserendo apertamente che non importa quante volte rilancerà i dadi, i suoi sentimenti non cambieranno. Ho apprezzato Sakuta perché ha saputo essere crudele nel modo giusto e nel momento giusto (“So cogliere gli indizi, ma scelgo di non farlo”), forzando la confessione di Koga: la ragazza ripete lo stesso giorno, giacché non accetta i suoi sentimenti, in quanto, nonostante voglia andare avanti ed essere amica di Sakuta, non riesce a sopportare il peso che porta nel cuore che, a detta sua, diventa sempre più forte. A quel punto Sakuta diventa più comprensivo e invita Koga a non trattenersi, risultando nel breakdown della stessa, in una scena molto energica e ben realizzata, laddove Koga dichiara i suoi sentimenti, entrando in catarsi, ovvero un pianto intenso e purificatorio, liberandosi di un macigno. Alla fine, si ritorna nella linea temporale in cui Koga non ha ancora ricevuto la dichiarazione da parte del suo compagno di scuola e, questa volta, lo rifiuta apertamente, accettando il rischio di essere isolata dalle sue amiche e preferendo inserirsi in contesti sociali dove poter essere ed esprimere la vera sé. Se non è un insegnamento di valore questo...
Il terzo blocco è certamente uno di quelli che mi ha coinvolto di più, e il perché è presto detto: sono piuttosto certo che la fortissima critica sociale espressa durante l’intero mini-arco sia stata ignorata dai più - sarei lietissimo di essere smentito, ma non ho ancora letto nulla al riguardo.
Rio Futaba è una degli addirittura due amici di Sakuta, nonché la persona a cui si rivolge ogniqualvolta è in difficoltà, soprattutto per quanto concerne gli strani fenomeni paranormali che lo coinvolgono: Futaba è infatti una fiera appassionata di fisica e scienze in generale - tanto da gestirvi il club della scuola - e riesce sempre a elaborare teorie accurate, arrivando in soccorso del nostro protagonista (tanto abbiamo capito che negli anime la citazione al gatto di Schrödinger è immancabile tanto quanto la battuta pervertita di Sakuta); inoltre, è infatuata dell’altro addirittura amico di Sakuta, ovvero Kuunimi. Di personalità schiva e riservata, tende a essere di poche parole, ma, al contrario di molte altre ragazze delle produzioni giapponesi, non esaspera la sua propensione raziocinante e scientifica, valorizzando altresì la forza dei sentimenti, dell’ignoto e tutto ciò che la scienza tutt’oggi non riesce spiegare ogniqualvolta postula una teoria. I fatti prendono una piega paranormale quando Sakuta scopre l’esistenza di una seconda Futaba: quest’ultima indossa lenti a contatto anziché il tipico paio d’occhiali della Futaba originale e i capelli legati, assumendo un portamento maggiormente lascivo; a rendere il tutto ancora più inquietante è un account laddove sono postati concupiscenti selfie della stessa. Le sorprese non sono finite qui: l’account è stato aperto durante l’estate, quando la seconda Futaba non era ancora apparsa. Veniamo a scoprire che fu creato dalla vera Futaba e l’intreccio psicologico che lega gli eventi è tanto comune quanto ignorato dalla società dei giorni nostri: a causa del suo aspetto formoso, Futaba ha iniziato a odiare sé stessa per essere l’oggetto dei desideri di “ragazzi-scimmia” già dalle medie, ma ha al contempo utilizzato il suo corpo come strumento per ricevere attenzioni: come dichiarato dalla stessa, infatti, Futaba crede di non avere null’altro. Odia sé stessa e pensa che il suo fisico sia l’unica cosa che possa procurare delle reazioni e liberarla dalla solitudine; ovviamente, la ragazza ripugna questo mezzo e - in un ciclico uroboro di disperazione - finisce per disgustarsi e odiarsi ancor di più, “dividendosi” nella Futaba “in cerca di attenzioni” e la Futaba “che non accetta il mezzo”. Tuttavia non tutte le foto sono pubblicate, e Futaba precisa come talvolta certi scatti non siano altro che una forma di autolesionismo. Questa critica sociale è fortissima nonché attuale: la strumentalizzazione della donna unicamente come puro desiderio erotico sia da parte della società che da parte delle donne stesse come (pessimo) mezzo di approvazione sociale è un argomento estremamente delicato e che il periodo storico non permette di affrontare senza una disdicevole dissertazione sui social da parte di chi affronta la battaglia femminista, per cui ammiro il coraggio dell’autore: ancora una volta, torna il tema dell’individualità e dell’importanza di non cercare il benestare altrui.
Ciò che mi è davvero piaciuto di tutta questa storia è che l’autore ha rivelato la fonte originaria del malessere di Futaba - che è poi sfociato nel che di cui sopra: la solitudine, o meglio l’idea di ritornare a essere sola. Alle medie n’era abituata, ma dalle superiori, dopo aver fatto la conoscenza di Kuunimi e Sakuta, la sua bassa autostima l’ha portata irrimediabilmente a credere che questi un giorno l’avrebbero abbandonata, lasciandola nuovamente preda della solitudine. Questa convinzione si è tramutata in un’ossessione in seguito alla scoperta che entrambi avevano trovato una ragazza e che da lì in poi lei sarebbe stata ignorata. Futaba, insomma, vive a stretto contatto con quello che Fairbairn definì il sabotatore interno; non solo, quando si sono susseguite queste scene, mi sono sentito veramente realizzato: avete presente tutte le volte in cui nelle opere di fantasia, qualsiasi esse siano (film, serie TV, fumetti, libri, videogiochi, spettacoli teatrali), vi è un personaggio che supera un proprio dramma interiore? Ecco, puntualmente quel dramma sparisce di colpo dopo una serie di peripezie, come se la mente umana funzionasse così. Finora, soltanto in “Naruto” avevo assistito a una gestione talmente eccellente di un trauma emotivo: il protagonista, Naruto, nonostante trovi degli amici nel corso della sua vita, vive sempre con lo spettro della solitudine nel cuore, quella stessa solitudine che gli ha spezzato la fanciullezza e l’innocenza. Perché è così che funziona. Noi umani superiamo le nostre difficoltà grazie a sudore e lacrime, tramite dedizione e costanza, ma siamo fragili e c’è sempre una parte di noi che ce lo ricorda. La sofferenza intrinseca imposta dalla solitudine non si dimentica mai - neanche quando si trovano dei grandi amici - e Futaba ha rappresentato questo concetto alla perfezione. Alla fine, la ragazza riesce a raggiungere la propria pace interiore quando Kuunimi e Sakuta le dimostrano che la loro amicizia è reale e che non si spegnerà.
Il quarto e penultimo blocco figura, finalmente, il ritorno di Mai come deuteragonista, stavolta insieme alla sorellastra - figlia dello stesso padre ma di diversa madre -, una idol emergente di nome Toyohama Nodoka. La mancanza di Mai, che nel secondo e terzo blocco appare ma solo sporadicamente, si era fatta sentire fin troppo e - nonostante la qualità della serie sia sempre rimasta su livelli medio-alti - questo suo ritorno in primo piano è stata una boccata d’aria fresca, ma ci arriveremo.
Il fenomeno fantascientifico da affrontare, questa volta, è uno scambio di corpi. La coscienza di Nodoka è ora nel corpo di Mai (e viceversa) e sin dall’inizio la questione sembra essere piuttosto chiara: nonostante sia cresciuta orgogliosa di Mai e ispirandovisi, Nodoka ha sempre vissuto all’ombra della sorellastra, subendo una disturbante pressione da parte di sua madre che l’ha utilizzata come arma nella guerra psicologica tra lei e l’ex compagna del marito, ovvero la madre di Mai, in una lotta a suon di risultati nello show-business delle rispettive figlie. Benché Mai gli riveli poco o nulla della relazione che lega le due sorellastre, per Sakuta non è difficile comprendere la tormentata situazione famigliare di Nodoka e il suo comportamento ambiguo nei confronti di Mai, con cui sembra forzarsi per rivolgervisi in modo formale, spingendola ad ammettere onestamente di odiarla e a confidarglielo direttamente: ne scaturisce un alterco in cui Mai le svela che l’astio è reciproco. Le due sono comunque costrette ad accettare la situazione e, a causa degli impegni professionali d’entrambe, decidono di vivere la vita dell’altra finché non riusciranno a trovare una soluzione. Nel frattempo, Sakuta è in mezzo a due fuochi e deve fare da intermediario tra le due sorellastre; come se non bastasse, questa è una delle rare circostanze laddove l’assertività di Mai viene messa in difficoltà dalla sua sfera emotiva, ed è qui che, nuovamente, entra in gioco il ruolo di Sakuta che, non essendosi mai ritrovato nella situazione, indaga - servendosi di Kuunimi - su ciò che si prova quando si ha un parente con il quale si è sempre paragonati e in competizione; l’anime non si fa scrupoli a lanciare, anche qui, un messaggio pro-individualismo: da tali situazioni nasce un rapporto che non può essere definito né di odio né d’amore tra le persone coinvolte - esattamente come nel caso di Mai e Nodoka - ma un terribile dualismo competitivo in cui i soggetti si comparano non solo a sé stessi ma agli altri, a causa dei continui paragoni altrui, non riuscendo a trovare una propria via che li renda totalmente figli delle loro scelte e finendo per trovare la loro unica ragione di vita nel soddisfare quelle stesse persone che le paragonano - nel caso di Nodoka, la sua costante preoccupazione è rendere fiera sua madre.
Le cose si mettono male quando Nodoka, intenta a registrare uno spot pubblicitario sotto le mentite spoglie di Mai, è vittima di un attacco di panico; Mai, nel frattempo, è impegnata tutti i giorni per lavorare contemporaneamente sia agli impegni con il gruppo idol di Nodaka sia ad allenarsi per colmare le sue lacune nel campo della danza e del canto. La svolta si ha quando Mai, nei panni di Nodoka, ottiene un gran successo al concerto del suo idol group, ricevendo le lodi della madre: questa scena destabilizza sensibilmente Nodoka - che intanto aveva assistito al tutto -, siccome mai aveva visto sua madre sorriderle in tal modo, tanto da spingerla a tentare il suicidio poco dopo: è Sakuta a fermarla, mostrandole quanto sua sorella in realtà tenga a lei tramite una raccolta di lettere scritte da Nodoka a Mai in tenera età che quest’ultima ha gelosamente custodito.
Vi è in seguito un acceso chiarimento tra le due sorelle, in cui Mai racconta delle sue avversità nel mondo dello show-business e quanto sia stata importante la presenza di Nodoka nella sua vita per darle manforte; la mente di quest’ultima è però ancora offuscata e a pezzi per il successo della sorella nei suoi stessi panni, nonché della reazione che Mai ha ricevuto dalla madre, ma è qui che “Aobuta” mi sorprende per l’ennesima volta: la risposta di Mai è semplicemente: “Mi sono allenata”. Mai è riuscita a impersonare Nodoka perché si è impegnata, perché si è allenata, perché ha lavorato ogni singolo giorno per migliorare le sue abilità nella danza e nel canto, mentre Nodoka sottovalutava l’estenuante pressione derivata dalle aspettative che la gente ripone nella figura di Mai, dando per scontato che “essere” sua sorella fosse semplice. Questa è l’ennesima dimostrazione della viscerale filosofia empirista dell’anime, laddove l’accezione del talento innato è rigettata per una forte sensibilizzazione del concetto “il duro lavoro paga”, ripudiando l’idea che il successo si possa ottenere tramite chissà quale dono sceso dal cielo. Nodoka ha imparato tale lezione sulla sua pelle, vivendo nei panni della sua amata e odiata sorella, cosciente che un tempo era stata spinta a desiderare di essere non come, ma proprio lei - soltanto per ricevere le lodi di una madre che ha sempre inseguito e da cui è stata solo criticata - e che ora, invece, può essere totalmente sé stessa. È qui che scatta l’interruttore di Nodoka: poter essere sé stessa e non dover assomigliare a Mai è tutto ciò che ha sempre voluto sentirsi dire, non a caso anche lei cade in una profonda catarsi liberatoria, ed è proprio a quel punto che le due coscienze ritornano rispettivamente nei propri corpi. Un fortissimo messaggio volto alla valorizzazione e salvaguardia della propria unicità in quanto persone, un concetto che nelle società asiatiche è pericolosamente sottovalutato. In questo arco la rinnovata massiccia presenza di Mai ha assicurato intrattenimento allo stato puro: sia nelle interazioni con Sakuta che nel suo ruolo di co-protagonista abbiamo potuto riammirare un personaggio fantastico, decostruito alla perfezione dall’autore in questo blocco tramite una splendida caratterizzazione riguardo la sua professionalità e dedizione alle cause - tutti elementi che si sposano divinamente con la personalità di Mai.
Nel quinto e ultimo arco della serie TV si approfondisce il personaggio di Kaede, la sorella di Sakuta: sin dal primo episodio tutti sapevamo che questo momento sarebbe giunto, ma credo che nessuno o quasi - nemmeno io - si aspettasse i risvolti a cui abbiamo assistito. Andiamo con ordine. Kaede è raffigurata come la classica imouto, ossia dall’aspetto kawaii e con il complesso del fratello maggiore, ma l’autore si assicura di adornarla con un tragico background già all’inizio: Kaede fu psicologicamente bullizzata a scuola, e, nonostante non vi fossero stati episodi di violenza, per qualche assurdo motivo tagli e vistosi lividi iniziarono a comparire sul suo corpo, tanto da costringerla a lasciare la scuola e allontanarsi da Internet e il mondo dei social, sviluppando una fobia per i telefoni; a peggiorare la situazione fu la reazione di sua madre, che divenne psicologicamente instabile, costringendo Kaede e Sakuta a vivere da soli. Anche quest’ultimo fu colpito indelebilmente dalle circostanze, risvegliandosi da un giorno all’altro con tre profonde cicatrici sanguinolente sul petto - sì, è da qui che nascono i falsi rumor scolastici sul ragazzo - e buttando via il suo smartphone per tenere sua sorella al sicuro. Da allora, Kaede passa tutto il giorno in casa, non va a scuola e non ha progetti per il futuro. Spronata dagli eventi che si sono susseguiti nei precedenti blocchi, la ragazza stila una lista di obiettivi a breve termine, tra i quali quello di uscire di casa, rispondere al telefono e tornare a scuola. Sfido chiunque a non essersi emozionato nella scena in cui varca la soglia di casa per la prima volta: la serie riesce a catturare, tramite una gestione del pacing perfetta e degli ottimi dialoghi, il momento estremamente emotivo e intenso che sta attraversando non solo Kaede ma anche Sakuta, il che la rende una delle migliori scene di tutto l’anime. A tal proposito, durante quest’arco è svolto un lavoro pazzesco con Sakuta, e il tutto è denotato dalle sue espressioni visive, che sono totalmente diverse rispetto a quelle tipicamente spente a cui siamo abituati. Il suo rapporto con la sorella, ovviamente, è diverso se confrontato con quello che lo lega a tutti gli altri: Sakuta è molto più gentile, ragguardevole e positivo quando si tratta della sorella, ed è sicuramente la persona che incoraggia più di tutte. È durante tutta questa serie di miglioramenti che veniamo a scoprire l’amarissima verità: Kaede perse la memoria durante l’incidente di anni fa, e da allora ha sviluppato una personalità totalmente diversa, ma l’unico ad accorgersene per davvero è Sakuta: tutti gli altri hanno infatti continuato a trattare Kaede allo stesso modo, innestando un malessere nella ragazza che si ritiene, ed è, una persona completamente diversa, a partire dai gusti fino a giungere alle abitudini. Sakuta, dopo un forte periodo di stress, è stato l’unico che esplicitamente ne ha riconosciuto l’esistenza, come persona propria e non come “Kaede” (per l’ennesima volta torna il discorso dell’individuo), simboleggiando il tutto scrivendo sul suo diario il nome in hiragana anziché con i tipici kanji. Anche qui viene svolto un lavoro magistrale - questa volta però stranamente implicito - sull’intensità emotiva della scena in cui Kaede si vede riconoscere per la prima volta come sé stessa e non una proiezione di ciò che si aspettano gli altri. Questo forse è l’unico vero scampolo di filosofia pura presente nella serie: che cosa fa di “noi” noi, se non i ricordi e le esperienze che abbiamo vissuto e tutto quello che abbiamo provato? Cosa plasma la nostra identità, i nostri gusti, le nostre paure, i nostri modi e comportamenti, un’anima o un ricordo? Cosa siamo davvero? Come al solito, tutte le risposte devono giungere dal lettore, siccome non ne esiste una universale.
Il tutto diviene estremamente disturbante quando i dottori dichiarano che Kaede potrebbe presto recuperare i suoi ricordi, cancellando al contempo la sua attuale personalità e memorie; quello che poteva essere un lontano timore diventa realtà nel giro di poco tempo, quando Kaede si risveglia ripartendo dai ricordi precedenti all’incidente e all’amnesia, risultando nel breakdown di Sakuta, seguito da uno struggente pianto che è stato avvilente da guardare: non saprei neanche da dove cominciare per descrivere quanto sia stato ambigua e al contempo potente la scena del suo sfogo. Un personaggio che abbiamo imparato a conoscere forte, cinico, razionale, “dagli occhi spenti”, tanto menefreghista da risultare insensibile a qualsiasi cosa, ma che ora, inesorabilmente, precipita schiacciato sotto il peso della vita. A tal proposito ho sentito tante critiche piuttosto assurde, soprattutto riguardo a quelle che avrebbero voluto un Sakuta felice per la sorella che finalmente ha recuperato la memoria: addirittura alcuni hanno osato asserire che Sakuta preferiva una sorellina col complesso del fratello anziché la più scontrosa e indipendente Kaede. Quante assurdità.
Sakuta chiarisce a Mai sin dal primo momento quanto sia felice per Kaede, ma lo logora dentro il solo pensiero di dover dire addio alla sorella con cui ha speso due anni di ricordi, con cui ha formato un profondo legame. Dover ricominciare daccapo per l’ennesima volta dev’essere devastante; soprattutto, Kaede è stata il suo unico contatto umano e supporto psicologico negli ultimi anni, dopo essere stato costretto a diventare genitore di sé stesso e della sorella in assenza dei propri genitori, e si può soltanto immaginare, solo immaginare quanto possa lacerare il pensiero che tutto ciò che hai vissuto e hai condiviso con una persona non esista più, se non nei tuoi ricordi. Scelgo la parola “lacerare” non a caso, perché sono proprio le tre cicatrici sul petto di Sakuta a riaccendersi e sanguinare copiosamente in un’emblematica e azzeccatissima rappresentazione della sofferenza provata dal nostro protagonista. Insomma, per chi è riuscito a empatizzare con Sakuta e la sua personalità, queste scene sono davvero forti, realizzate divinamente soprattutto quando si focalizzano sulle espressioni del ragazzo che, se normalmente risultano spente, ora sono ricoperte di nero e angoscia. Dopo una mini-serie di eventi - tra cui un’incomprensione prontamente risolta con Mai -, Sakuta riesce a raccogliersi e l’anime termina letteralmente così. Ci è dato sapere tramite le scene post-credits che il suo rapporto con la sorella - che nel frattempo ha recuperato il contenuto del diario dell’altra Kaede - si è comunque impreziosito ed è tutto rimandato. Chi è arrivato fin qui l’avrà notato, ma Makinohara Shoko non ha ricevuto da parte mia menzione alcuna, e sarò franco: in questa recensione non parlerò di lei, in quanto il suo apporto agli eventi della serie TV è stato risicato ed è servito come teaser del film che uscirà nel corso del 2019: se ne riparlerà, dunque, nella mia recensione della pellicola... se la farò.
Piuttosto, Sakuta non ha ricevuto un vero e proprio approfondimento da parte mia, ma, siccome lo merita in pieno, iniziamo polemizzando un po’ sulle varie critiche al suo personaggio.
Sakuta è spesso criticato pesantemente per essere un irrispettoso pervertito cronico, ma ciò che sfugge è che ciò non è altro che la sua forma di difesa, e assolutamente non rispecchia le sue reali intenzioni - e di questo ne parleremo tra poco, quando approfondiremo la relazione tra Sakuta e Mai; il ragazzo, infatti, usa un pungente umorismo talvolta a sfondo erotico per mettere gli altri sulla difensiva ed evadere dal suo disagio sociale: fateci caso, la stragrande maggioranza delle volte (senza considerare Mai, che è un caso a parte, e ci arriveremo) in cui Sakuta tira fuori una freddura erotica è in risposta o a una critica o a una domanda scomoda o a una situazione che lo mette a disagio - e non sto neanche a citare gli innumerevoli esempi che mi girano per la testa. La sua effettiva (non)relazione con l’erotismo è messa in discussione quando ci si rende conto che in realtà Sakuta è terribilmente spaventato del contatto fisico con Mai, e lo evita, nonostante lei, a un certo punto anche esplicitamente, gli faccia intendere che non le dispiacerebbe se il suo ragazzo si avvicinasse a lei “al momento giusto e nel modo giusto”. Questo mio pensiero è stato comprovato dal mini-drama venduto in allegato al primo BD della serie, in cui Sakuta inventa una scusa per scappare da una Mai insolitamente affettuosa. Benché sia il suo partner, è palese quanto dentro di lui vi sia un conflitto e non sappia come comportarsi: abituato a essere solo e non sapendo come chiedere aiuto alla sua ragazza, sono state innumerevoli le volte in cui Sakuta ha pensato di telefonare Mai, per poi rinunciare al proposito: queste scene, che si accumulano di episodio in episodio, sembrando insensate e quasi casuali, una volta sommate restituiscono un’immagine chiara di quanto sia difficile per Sakuta affrancarsi dalla solitudine. Anche quando vi è stata l’unica vera incomprensione tra i due in tutta la serie, Sakuta ha pensato per tutto il giorno a come scusarsi, ma è arrivato a fine giornata rimandando il tutto al giorno dopo: superficialmente si potrebbe pensare che non gliene importasse nulla, ma la realtà è che Sakuta teme il contatto diretto con Mai e/o la possibilità di un alterco, ed è stato per lui un sollievo quando fu lei stessa a presentarsi a casa sua. Egli è addirittura propenso, nonostante un’ovvia riluttanza iniziale, a interrompere gli incontri privati con Mai per il bene della sua carriera professionale, perché è semplicemente il tipo di persona che è: non oserebbe mai essere un ostacolo per gli altri e, forse, non si considera neanche “degno” di poterlo essere, soprattutto non per Mai.
Una domanda sorge spontanea: Sakuta è sempre stato così? Probabilmente no. Il suo cambiamento è evidente laddove lo si compara ai flashback in cui era un ragazzo delle medie (a tal proposito, molto interessante che nell’ambientazione dei flashback vi sia lui seduto a terra mentre gioca ai videogiochi, se si considera che nella sua attuale stanza non vi è l’ombra di console né di TV, in una sorta di simbolismo che rappresenta la sua forzata e precoce maturazione che gli ha impedito di vivere l’adolescenza), estremamente spaventato da ciò che stava attraversando la sorella e lasciato solo da genitori che non sono riusciti a stargli vicino; non solo, ha anche dovuto contemporaneamente sopportare delle false voci sul suo conto che ne hanno sancito l’alienazione sociale a scuola. Da quel momento in poi Sakuta ha affrontato la vita portandosi delle cicatrici profonde che non hanno colpito soltanto il suo petto, ma anche il suo animo, e da lì ha assunto un atteggiamento disilluso nei confronti della vita, assumendosi la struggente responsabilità di crescere una persona che per lui sarebbe dovuta essere sua sorella, ma ormai completamente diversa da quella che conosceva. La sua disillusione è tale, da rassegnarsi a una vita da pregiudicato, come conferma la sua negligenza nei confronti delle voci che girano a scuola, nonché la poca attitudine alla vita sociale, sentendosi altresì estremamente a suo agio avendo “addirittura due amici”: il suo distacco nei confronti della vita lo porta ad assumere un atteggiamento svogliato e menefreghista, che si evince in ogni attività che svolge: questa sua disconnessione dalla realtà sociale è, a mio parere, ironicamente simboleggiata dall’autore quando Sakuta rivela di non avere uno smartphone, che per un ragazzo della sua età nella nostra epoca sembra in tutto e per tutto una follia; tuttavia, egli si assicura di restare uno studente medio, di andare a lavoro e occuparsi della sorella, come se in qualche modo cercasse comunque di aggrapparsi disperatamente alla vita. È da questa esperienza che Sakuta sviluppa la sua potente empatia, ed è grazie a questa stessa empatia che riesce a percepire il dolore altrui - come nel caso di Koga - oppure a intuire la situazione famigliare e il rapporto conflittuale tra Nodaka e Mai senza che nessuno gliene abbia parlato, ma soprattutto è il motivo principale per cui resta invischiato nei drammi paranormali della serie e la ragione per la quale aiuta Mai nei primi episodi: lui è stato solo con sua sorella, abbandonato da dei genitori troppo deboli per occuparsi dei loro figli e diventando nonno di sé stesso (questo scenario psicologico è chiamato parental child o parentification). Inoltre, proprio a proposito di quest’ultimi, Sakuta ha sviluppato anche la propria maturità grazie alla sua situazione famigliare: è egli stesso a sostenere come abbia certamente percepito del risentimento nei confronti dei suoi genitori, ma allo stesso tempo li ama e cerca di comprenderli, interessandosi delle condizioni di sua madre e incontrando saltuariamente il padre, asserendo comunque di non portare rancore nei loro confronti. Sakuta è insomma riuscito a maturare abbastanza da non cadere nel gioco delle colpe e a empatizzare anche con coloro i quali hanno disatteso le sue aspettative come figlio. Questa esperienza, tuttavia, non ha plasmato soltanto l’empatia, la maturità e la solitudine di Sakuta, ma anche la sua maschera sarcastica e l’espressione “spenta”. Sakuta è empatico ma al contempo crudele e razionale - per esempio, nei confronti del malessere interiore di Futaba -, dai tratti nichilisti che lo rendono un personaggio assolutamente variegato e complesso. Al contempo, per il bene dei suoi amici è disposto a inzupparsi sotto la pioggia senza pensarci due volte, tanto da finire all’ospedale, e approfondisce gli argomenti su cui sa di non essere ferrato pur di cercare soluzioni ai problemi degli altri, mettendo costantemente in discussione sé stesso e la realtà che lo circonda. Ciò è testimoniato anche dai suoi innumerevoli monologhi interiori che ci raccontano altresì di una persona che - probabilmente grazie alla solitudine e alla sofferenza - è riuscita a sviluppare un forte senso critico, basti pensare al suo monologo iniziale riguardo alle persone che “dicono di essere sempre alla ricerca del cambiamento, ma sono quelle che mantengono più di tutti lo status quo”.
Da alcuni ho addirittura sentito che, per il suo altruismo nei confronti degli altri, sarebbe un Gary Stue. Premessa: definire un personaggio come “Mary Stue” o “Gary Stue” è spesso sinonimo di una mancanza d’argomentazioni, ma affrontiamo comunque la critica: un Gary Stue direbbe a qualcuno che va bene odiarsi, perché tanto non ci si può fare nulla? Un Gary Stue direbbe alla propria amica che non vuole ascoltare i suoi sfoghi su quanto si ritenga una persona inutile perché disinteressato? Un Gary Stue direbbe che vivere positivamente è estenuante? Questo è il tipo di persona che Sakuta è, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Se da un certo punto di vista è un ragazzo gentile e pronto ad aiutare gli altri, dall’altro è un misantropo che rifiuta di combattere “l’atmosfera” e affronta la vita così come viene, nonostante abbia il potere di poterla migliorare - come tutti noi, d’altronde -, invitando persino gli altri a fare lo stesso - come quando consiglia a Nodoka di non essere “avara” e di “accontentarsi di essere una persona mediocre”. Quest’ambiguità è precisata più volte anche nell’anime, laddove sono in tanti a commentare “gli occhi spenti” di Sakuta; ma è, a mio parere, perfettamente raffigurata nella scena in cui Sakuta si precipita da Nodoka, quando ne intuisce le intenzioni suicide, ammettendo francamente che la sta salvando perché, altrimenti, Mai sarebbe triste della sua morte: in una sola scena ammiriamo sia la sua propensione ad aiutare gli altri sia il suo spiccato e crudele cinismo. Che strano questo Gary Stue.
La sua personalità - come già suggerito sopra - diviene molto più positiva, dolce e filantropa soltanto quando è a contatto con Kaede, ma spingo chiunque abbia anche solo un briciolo di umanità in corpo a non comportarsi smielatamente come fa lui nei confronti della sorella dopo ciò che abbiamo scoperto nell’ultimo blocco della serie. Con Kaede dimostra anche una spiccata sensibilità, tanto da commuoversi quando sua sorella varca la porta di casa e, generalmente parlando, sente il dovere di occuparsene a tal punto, da nasconderle le sue paure, il che ci regala un ennesimo dettaglio sulle sfumature di questo personaggio. Non a caso, spero che un giorno sia nella light novel - se è già successo e non ne sono a conoscenza, assicuratevi di farmelo notare - sia nella serie TV ci sarà un arco dedicato proprio a lui e alla sua complessità psicologica.
A scanso di equivoci, facciamo una precisazione: sto asserendo che Sakuta sia un novello Shinji Ikari in quanto caratterizzazione? Certo che no, ma non si deve essere Shinji per essere degli ottimi personaggi: l’autore ha sicuramente creato una personalità realistica ed eterogenea, impossibile da identificare tramite i sintetici epiteti con i quali è spesso stato descritto. Neppure io, in questo momento, sento d’aver colto tutti i tratti della sua personalità, eppure credo di essere stato estremamente logorroico. In sostanza, Sakuta fa davvero bene ad “Aobuta”, agli anime in generale e alla visione dell’opera: la sua compostezza e la sua schiettezza fanno in modo che il tutto fili liscio come l’olio, che non vi siano incomprensioni o perdite di tempo, rendendo la serie in costante movimento e al tempo stesso alternativa.
Prima di concludere la recensione, mi piacerebbe spendere un paragrafo sulla relazione tra Mai e Sakuta.
Come già detto in precedenza, i due hanno una chimica perfetta e sono capaci di portare avanti interazioni lunghissime soltanto con il loro feeling discorsivo (spettacolare ripensare a Sakuta che dice di voler diventare Babbo Natale in futuro e Mai che gli risponde che sa che non ha voglia di lavorare per 364 giorni l’anno): sgusciano in una maniera semplicemente perfetta tra il comico e il serio nel giro di un paio di frasi e lo fanno con una naturalezza impressionante, forse nei dialoghi più realistici che abbia mai visto. È per questi motivi che non si riesce a fare a meno dei loro scambi e li si potrebbe ascoltare per ore nelle più mondane delle discussioni, perché hanno nutrito il loro rapporto con un reciproco supporto, trasmettendo emozioni reali allo spettatore, risultando una coppia vera e viva.
Le loro personalità, essendo del tutto realistiche e non avendo contraddizioni di sorta, non permettono solo interazioni di livello superlativo: in anime di questo genere, è facile nascondersi dietro la storiella del “il mio ragazzo è buono e gentile e io sono contenta”, quando passa del tempo con altre ragazze per aiutarle coi loro problemi sociali e paranormali, ma Mai non si pone scrupoli, arrivando spesso a intervenire in prima persona per dimostrare a Sakuta la sua lecita gelosia; al contempo, il suo raziocinio le permette altresì di cooperarci spesso, pur di mettere d’accordo entrambi - come quando decide di andare a dormire da lui, quando Sakuta è costretto a invitare Futaba a casa sua per la presenza della seconda Futaba. A differenza di quello che può sembrare, anche Mai teme di poter “perdere” Sakuta: durante l’arco di Koga è evidente - arrivando a indossare nuovamente il suo capo da coniglietta per lui - sostenendo che “pensava di concedergli una carota una volta ogni tanto”, implicitamente indicando che il tempo passato con Koga in qualche modo la intimorisse. La loro relazione viene approfondita ulteriormente quando Sakuta si rende conto del tormentato stato d’animo di Mai durante lo scambio di corpo con Nodoka e le rivela schiettamente ciò che lei ammette di non voler ascoltare. Ma, come già detto all’inizio della recensione, Sakuta è proprio ciò di cui Mai ha bisogno: essendo una persona che ha sviluppato tramite la solitudine una cieca fiducia nell'impegno e nella possibilità che l'unica cosa che possa salvarla dal dolore è sé stessa, è difficile per chiunque tenere testa alla sua personalità e farla ragionare quando i suoi conflitti interni superano la sua mentalità assertiva, e Sakuta è perfetto in tal senso; non solo, per Sakuta è semplice lenire le preoccupazioni della sua ragazza, riuscendo sempre a distrarla e tirarla su di morale quando ne ha bisogno. Al contempo, Mai è la manna dal cielo che attendeva Sakuta: abituato a fare tutto da solo, a convivere con voci infondate sul suo conto e disincantato dalla vita, Mai rappresenta per il nostro protagonista la luce in fondo al tunnel. Lo sprona quando la svogliatezza ha il meglio su di lui (emblematica la scena in cui lo convince a proseguire con gli studi accademici e non arrendersi alla sua pigrizia), tiene testa al suo cinismo, al suo umorismo e abbatte i suoi tentativi di difesa attraverso la propria pacatezza e spirito di comprensione, portandolo sempre a confidarsi, evitando che resti confinato nel suo guscio. E ci riesce: lei è davvero l'unica persona con cui Sakuta condivide determinati pensieri e ricordi, restituendogli fiducia nella vita.
Mai ha imparato a fidarsi ciecamente di Sakuta - e sapete benissimo da quando ha iniziato a farlo, a mio parere - a tal punto da essere lei ad andare a casa sua, laddove, a causa di un’incomprensione, temeva un tradimento - e chissà se ha realizzato quanto questo suo comportamento ha rincuorato Sakuta. I due si trovano benissimo anche perché si sostengono a vicenda e sono entrambi estremamente rispettosi dell’altro: se non fosse stato per Sakuta, Mai non sarebbe mai tornata a recitare, e se non fosse stato per Mai, Sakuta non avrebbe mai chiarito le proprie voci sul suo conto a scuola né avrebbe più avuto la possibilità di riconnettersi col mondo; inoltre, se da un lato Sakuta sarebbe disposto a rinunciare agli incontri privati con la sua ragazza, pur di non crearle problemi con la sua professione, dall’altro lato Mai non vuole rinunciare a vederlo né vuole fargli uno sgarbo del genere; anzi, spesso si sente in colpa per tutte le volte in cui non si sono visti a causa dei suoi impegni professionali e s’assicura sempre di non trascurarlo troppo.
Alcuni potrebbero dire che la relazione tra Sakuta e Mai progredisce troppo precocemente e, sì, potrebbe essere vero, ma stiamo parlando di due persone sole che, inaspettatamente, si trovano una meraviglia. Quanto i due stiano bene e si trovino unicamente coll’altro - che giustifica la rapida evoluzione del loro rapporto - è testimoniato anche dalle reazioni sbigottite ai modi di Sakuta che Nodoka, nel corpo di Mai, ha nei confronti delle sue battutine. Sakuta commenta anche esplicitamente come Mai avrebbe risposto a tono alle sue provocazioni, il che porta Nodoka a chiedersi cosa la sorella abbia trovato in uno come lui. La comicità intrinseca di questa scena nasconde in realtà una profonda valorizzazione del rapporto tra Sakuta e Mai e dell’unicum che esso rappresenta: insomma, soltanto Mai potrebbe sopportare in quel modo Sakuta e soltanto Sakuta potrebbe sopportare in quel modo Mai. Dirò di più: il costante umorismo erotico che accompagna le loro interazioni ha distratto troppe persone dalla realtà dei fatti, ovvero che Sakuta e Mai conducono davvero una relazione unicamente sentimentale e (quasi) mai fisica; e aggiungo, sono proprio le loro conversazioni, anche quelle spinte, a renderli una coppia molto più realistica delle tipiche “purissime e levissime” a cui sovente assistiamo.
Nell’arco di Kaede, se da un lato possiamo essere felici perché Sakuta cambia finalmente espressione, sembra che l'unica cosa che riesca a tangerlo sia la sofferenza: ma fate caso anche a quante espressioni diverse appaiono sul suo volto quando interagisce con Mai. Sakuta passa facilmente da un'emozione all'altra in compagnia della sua ragazza, non mostrandosi Mai (capito il gioco di parole?) svogliato, a differenza di tutte le sue altre conversazioni. Sakuta è vivo quando interagisce con Mai. Ecco, questi sono tutti piccoli elementi che testimoniano quanto la relazione tra Sakuta e Mai sia gestita bene: è bastato dare una personalità e un'identità ai due personaggi per creare una serie di circostanze e situazioni analizzabili che permettono di renderli vivi. Ed è questo che fa la differenza: Sakuta e Mai sono studiati per essere una coppia, sviluppano il loro rapporto tramite un forte e reciproco supporto psicologico, nonché un feeling perfetto grazie al loro senso dell’umorismo, crescono come fidanzati oltre che come individui. Il non-plus-ultra di “Aobuta” sono proprio loro due e la loro relazione: potrei ascoltarli per ore senza stancarmi Mai - sì, è l’ultima volta che la faccio.
Tirando le somme, come mai nonostante tutti questi approfondimenti, le critiche sociali, i dialoghi superlativi e le caratterizzazioni che rendono ogni personaggio vivo - soprattutto nella meta-realtà del mondo dell’animazione nipponica -, “Aobuta” racimola “solo” un 8.5? Chiariamo che questo è probabilmente l’8.5 più vicino al 9 che abbia mai dato in vita mia, ma comunque: prima di tutto non ha un finale definito, è chiaro come ci sia ancora tanto da dire e decostruire per quanto concerne personaggi e storia - soprattutto Sakuta; ma anche la sceneggiatura in generale non rasenta la perfezione - a mio parere le spiegazioni fisiche ai fenomeni paranormali sono state molto campate in aria, non a caso ho fatto a meno di citarle, siccome il focus della mia recensione è lo spettro psicologico-comportamentale dei personaggi. Del writing ho generalmente apprezzato il non essersi tramutato in uno scialbo harem - alla fine della fiera, sono due le ragazze che s’interessano sentimentalmente a Sakuta, tra cui una che non ha mai avuto speranze e sulla quale l’autore non si è permesso di giocare, mettendo subito le cose in chiaro. Per il mondo nipponico mi sembra una boccata d’aria fresca da non sottovalutare.
In tante cose, tuttavia, questo anime non rispecchia i miei valori etici e sociali, né le mie credenze in ambito fisico, ma stiamo parlando di un’opera di fantasia e non pretendo che venga scritta con i miei occhi. La critica più insensata che ho sentito è quella secondo la quale questa light novel - e in senso esteso questo anime - prenda spunto da “Monogatari”, “Oregairu” o “Haruhi Suzumiha”. E anche se fosse? Non mi pare che questa serie non abbia saputo plasmare una propria identità, dei propri personaggi e una propria morale di fondo, se anche vi fosse un’ispirazione a una carrellata di opere non ci troverei nulla di immorale - altrimenti lanciamo dalla finestra tutti gli shonen degli anni 2000, sono tutti ispirati a “Dragon Ball”. A me interessa ciò che “Aobuta” è stato capace di trasmettermi, e se dietro vi è un’ispirazione esterna, tanto meglio.
Prima di concludere, menzione d’onore per la ending: una canzone cantata a turno dalle protagoniste dei vari blocchi, a parer mio un’idea geniale.
56615 caratteri?! Sasuga boku. Buta yarou dana.
L’influenza che i vari tipi di società umana hanno sul comportamento individuale è da sempre oggetto dell’interesse di diverse discipline umanistiche e scientifiche: l’io in cui ognuno di noi si riconosce non è solo il risultato delle sue attitudini, delle sue qualità e dei suoi difetti, ma è determinato anche dal tipo di società in cui vive, con il suo tipo di cultura, le sue abitudini e i suoi modelli consolidati di comportamento. Il fatto che si nasca a Tokyo, a Nairobi o a Pollena Trocchia non può essere considerato come una variabile di scarsa importanza nella formazione e nello sviluppo della mentalità di un individuo, ma, a parità di caratteristiche “corporee”, determinerà la nascita di tre tipi di personalità molto diversi l’una dall’altra.
Questo accade perché l’uomo tende ad adattarsi alla società in cui vive, imitando il comportamento di chi gli sta attorno e assorbendo il complesso delle regole che la dominano; ed è proprio questa sua attitudine all’adattamento a favorire la socializzazione o almeno la pacifica convivenza tra le persone. Questo non deve far pensare che quello fra uomo e società sia sempre un rapporto idilliaco; al contrario, invece, esso produce una lunghissima serie di fenomeni negativi che possono condizionare pesantemente la vita di una persona.
“Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” è un anime che parla proprio di alcuni di questi fenomeni, amplificandone gli effetti sui vari individui coinvolti, fino a farli diventare la causa di fenomeni sovrannaturali.
In un giorno qualsiasi Sakuta Azusagawa, un normale studente delle superiori, incontra in biblioteca una bellissima ragazza vestita da coniglietta che cerca in tutti i modi di farsi notare dai presenti. I suoi tentativi, però, risultano inutili, in quanto il solo Sakuta riesce a vederla. Incuriosito dalla vicenda, il ragazzo decide di indagare, e scoprirà che il nome della ragazza è Mai Sakurajima, un’attrice molto famosa che frequenta la sua scuola. Dopo essersi presa un periodo di pausa dallo showbiz, Mai aveva cominciato ad andare a scuola solo a partire dal secondo trimestre, quando ormai tutte le amicizie fra gli studenti si erano consolidate; proprio per questo la ragazza appariva invisibile agli occhi degli altri, prima in senso figurato e poi, un po’ alla volta, anche in senso reale.
In molti hanno paragonato questo anime ai vari “Monogatari”, in quanto anche in queste opere si utilizzava lo strumento sovrannaturale per parlare del difficile rapporto degli adolescenti con la società. Che “Monogatari” possa essere stata una fonte di ispirazione per l’autore è molto probabile; la presenza di molti elementi in comune è un fatto incontestabile. Ma, se questo è vero, bisogna anche sottolineare che i due titoli hanno un’anima molto diversa, in quanto al nostro “Bunny Girl Senpai” manca quella che è la vera componente distintiva dei “Monogatari”, ossia la verbosità ossessiva. In più esistono anche altri titoli che, per struttura e caratteristiche dei personaggi, sono molto simili a questo anime, forse anche più di “Monogatari”. Giusto per citarne un paio, menzionerò “Kanon” e “Clannad”, i due capolavori della Key: stessa struttura ad archi, stesso tipo di situazioni e, soprattutto, stesso tipo di dialoghi.
Al pari dalle opere a cui forse si ispira, devo dire di aver trovato questo “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” assolutamente fantastico.
La sceneggiatura, a mio avviso, è tra le migliori nel suo genere. L’anime, infatti, vuole essere più di una semplice commedia, in quanto mette sotto i suoi riflettori alcune problematiche sociali (alcune poco considerate, altre ben conosciute) legate all’adolescenza e capaci di avere effetti permanenti sulla personalità di un individuo. Queste problematiche all’interno della storia vengono chiamate “sindrome dell’adolescenza”, quasi a voler paragonare certe brutture della società a una malattia; gli effetti, invece, sono rappresentati da fenomeni sovrannaturali come l’invisibilità, lo sdoppiamento o la capacità di tornare indietro nel tempo, e il motivo, secondo la mia personale interpretazione, è che l’anime vuole sottolineare come gli effetti della “malattia” possano essere del tutto sproporzionati rispetto alle sue cause.
Quindi, “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” va considerato come un anime di denuncia sociale? Rispondere a questa domanda è difficile, anche perché prima dovremmo chiarire bene cosa intendiamo per anime di denuncia. Personalmente liquiderò la questione definendolo semplicemente come una divertente commedia che propone diversi spunti di riflessione.
Un altro dei tanti punti di forza di questo anime sono i suoi personaggi. Sakuta incarna la tipologia di protagonista maschile che preferisco, quello dotato di un senso dell’umorismo “scorretto”, in cui abbondano ironia e sarcasmo, e che sa prodursi in allusioni sessuali senza mai essere volgare. Mai, da questo punto di vista, incarna la sua compagna ideale, in quanto è capace di dare del filo da torcere all’abilità oratoria del protagonista. I dialoghi fra i due sono un qualcosa da ascoltare e riascoltare, in quanto, se, come ho già detto, non sono dotati della verbosità degli attori di “Monogatari”, sono però dotati di una brillantezza eccezionale, fatta di stoccate, parate e contrattacchi fulminei.
Anche i personaggi secondari sono gradevolissimi e, così come per i due principali, è molto facile affezionarsi a loro e seguire le loro storie con grande partecipazione. Una menzione particolare la meritano Futaba e Kunimi, i due soli amici di Sakuta; il rapporto fra i tre, che poi sarà l’oggetto di uno dei vari archi, è davvero molto bello.
E veniamo al comparto tecnico: anche qui nulla da dire, il livello grafico è di altissima qualità. Bellissimi i disegni, bellissima la colorazione. Niente da ridire nemmeno per quanto riguarda la colonna sonora: se mai mi trovassi a correre a perdifiato, credo che nelle mie orecchie risuonerebbe “Kimi no Sei”, la bellissima sigla d’apertura.
In conclusione, l’anime della “coniglia” (come scherzosamente semplifichiamo il lunghissimo “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai”) mi ha decisamente conquistato e, in tutta verità, non si trattava affatto di una missione impossibile, dati i miei gusti personali. L’unica cosa che gli rimprovero è l’essere stato troppo breve, il formato da dodici episodi limita troppo prodotti di questo tipo; va beh, speriamo che in futuro ci siano altre occasioni per rivedere all’opera Sakuta e compagni.
Questo accade perché l’uomo tende ad adattarsi alla società in cui vive, imitando il comportamento di chi gli sta attorno e assorbendo il complesso delle regole che la dominano; ed è proprio questa sua attitudine all’adattamento a favorire la socializzazione o almeno la pacifica convivenza tra le persone. Questo non deve far pensare che quello fra uomo e società sia sempre un rapporto idilliaco; al contrario, invece, esso produce una lunghissima serie di fenomeni negativi che possono condizionare pesantemente la vita di una persona.
“Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” è un anime che parla proprio di alcuni di questi fenomeni, amplificandone gli effetti sui vari individui coinvolti, fino a farli diventare la causa di fenomeni sovrannaturali.
In un giorno qualsiasi Sakuta Azusagawa, un normale studente delle superiori, incontra in biblioteca una bellissima ragazza vestita da coniglietta che cerca in tutti i modi di farsi notare dai presenti. I suoi tentativi, però, risultano inutili, in quanto il solo Sakuta riesce a vederla. Incuriosito dalla vicenda, il ragazzo decide di indagare, e scoprirà che il nome della ragazza è Mai Sakurajima, un’attrice molto famosa che frequenta la sua scuola. Dopo essersi presa un periodo di pausa dallo showbiz, Mai aveva cominciato ad andare a scuola solo a partire dal secondo trimestre, quando ormai tutte le amicizie fra gli studenti si erano consolidate; proprio per questo la ragazza appariva invisibile agli occhi degli altri, prima in senso figurato e poi, un po’ alla volta, anche in senso reale.
In molti hanno paragonato questo anime ai vari “Monogatari”, in quanto anche in queste opere si utilizzava lo strumento sovrannaturale per parlare del difficile rapporto degli adolescenti con la società. Che “Monogatari” possa essere stata una fonte di ispirazione per l’autore è molto probabile; la presenza di molti elementi in comune è un fatto incontestabile. Ma, se questo è vero, bisogna anche sottolineare che i due titoli hanno un’anima molto diversa, in quanto al nostro “Bunny Girl Senpai” manca quella che è la vera componente distintiva dei “Monogatari”, ossia la verbosità ossessiva. In più esistono anche altri titoli che, per struttura e caratteristiche dei personaggi, sono molto simili a questo anime, forse anche più di “Monogatari”. Giusto per citarne un paio, menzionerò “Kanon” e “Clannad”, i due capolavori della Key: stessa struttura ad archi, stesso tipo di situazioni e, soprattutto, stesso tipo di dialoghi.
Al pari dalle opere a cui forse si ispira, devo dire di aver trovato questo “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” assolutamente fantastico.
La sceneggiatura, a mio avviso, è tra le migliori nel suo genere. L’anime, infatti, vuole essere più di una semplice commedia, in quanto mette sotto i suoi riflettori alcune problematiche sociali (alcune poco considerate, altre ben conosciute) legate all’adolescenza e capaci di avere effetti permanenti sulla personalità di un individuo. Queste problematiche all’interno della storia vengono chiamate “sindrome dell’adolescenza”, quasi a voler paragonare certe brutture della società a una malattia; gli effetti, invece, sono rappresentati da fenomeni sovrannaturali come l’invisibilità, lo sdoppiamento o la capacità di tornare indietro nel tempo, e il motivo, secondo la mia personale interpretazione, è che l’anime vuole sottolineare come gli effetti della “malattia” possano essere del tutto sproporzionati rispetto alle sue cause.
Quindi, “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” va considerato come un anime di denuncia sociale? Rispondere a questa domanda è difficile, anche perché prima dovremmo chiarire bene cosa intendiamo per anime di denuncia. Personalmente liquiderò la questione definendolo semplicemente come una divertente commedia che propone diversi spunti di riflessione.
Un altro dei tanti punti di forza di questo anime sono i suoi personaggi. Sakuta incarna la tipologia di protagonista maschile che preferisco, quello dotato di un senso dell’umorismo “scorretto”, in cui abbondano ironia e sarcasmo, e che sa prodursi in allusioni sessuali senza mai essere volgare. Mai, da questo punto di vista, incarna la sua compagna ideale, in quanto è capace di dare del filo da torcere all’abilità oratoria del protagonista. I dialoghi fra i due sono un qualcosa da ascoltare e riascoltare, in quanto, se, come ho già detto, non sono dotati della verbosità degli attori di “Monogatari”, sono però dotati di una brillantezza eccezionale, fatta di stoccate, parate e contrattacchi fulminei.
Anche i personaggi secondari sono gradevolissimi e, così come per i due principali, è molto facile affezionarsi a loro e seguire le loro storie con grande partecipazione. Una menzione particolare la meritano Futaba e Kunimi, i due soli amici di Sakuta; il rapporto fra i tre, che poi sarà l’oggetto di uno dei vari archi, è davvero molto bello.
E veniamo al comparto tecnico: anche qui nulla da dire, il livello grafico è di altissima qualità. Bellissimi i disegni, bellissima la colorazione. Niente da ridire nemmeno per quanto riguarda la colonna sonora: se mai mi trovassi a correre a perdifiato, credo che nelle mie orecchie risuonerebbe “Kimi no Sei”, la bellissima sigla d’apertura.
In conclusione, l’anime della “coniglia” (come scherzosamente semplifichiamo il lunghissimo “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai”) mi ha decisamente conquistato e, in tutta verità, non si trattava affatto di una missione impossibile, dati i miei gusti personali. L’unica cosa che gli rimprovero è l’essere stato troppo breve, il formato da dodici episodi limita troppo prodotti di questo tipo; va beh, speriamo che in futuro ci siano altre occasioni per rivedere all’opera Sakuta e compagni.
Guardando i vari trailer e le varie recensioni, pensavo di trovare un anime fantastico, ma invece ne ho trovato uno discreto.
Metto subito le mani avanti, la storia è sicuramente originale e non c'è nulla che abbia visto e rivisto, quindi è una grande cosa, ma il punto importante è che questa storia in fondo non è sentimentale, nel senso che ci sono elementi di tipo romantico o passionale; al contrario qui si intende sentimentale nel vero senso della parola, perché qui vengono toccati i sentimenti, quelli più profondi di una persona.
Secondo me, la storia parte col piede sbagliato, perché è tutto troppo veloce, mentre ci dovevano essere delle premesse a inizio episodio e andare al passo con la storia.
In questi tredici episodi non troviamo solo Sakuta e Mai, da cui ti aspetteresti una sorta di storia d'amore, ma conosciamo anche le loro rispettive sorelle, di cui in qualche modo Sakuta si fa carico. In più abbiamo la ragazza "fantasma" che appare e scompare, i genitori di Sakuta e altre compagne di Sakuta. Quindi ogni due-tre episodi c'è un nuovo personaggio che arriva con un carico di problemi enorme e Sakuta deve fare in modo di aggiustare le cose.
A peggiorare il tutto, c'è anche un loop temporale che incasina le cose, ma almeno si sa cosa succede in quel rispettivo giorno, mentre per lo sdoppiamento di persona è un vero casino.
Quindi, riassumendo il tutto, in questo anime troviamo loop temporali, scambio di persona, fatti inspiegabili e molte altre cose.
È stato un discreto anime da vedere e il mio voto poteva sicuramente salire se nelle anticipazioni avessero potuto evitare di dire ogni volta: "Sakuta sei un maiale fino al midollo".
Questa frase ripetuta ogni volta stanca e non ha senso.
Metto subito le mani avanti, la storia è sicuramente originale e non c'è nulla che abbia visto e rivisto, quindi è una grande cosa, ma il punto importante è che questa storia in fondo non è sentimentale, nel senso che ci sono elementi di tipo romantico o passionale; al contrario qui si intende sentimentale nel vero senso della parola, perché qui vengono toccati i sentimenti, quelli più profondi di una persona.
Secondo me, la storia parte col piede sbagliato, perché è tutto troppo veloce, mentre ci dovevano essere delle premesse a inizio episodio e andare al passo con la storia.
In questi tredici episodi non troviamo solo Sakuta e Mai, da cui ti aspetteresti una sorta di storia d'amore, ma conosciamo anche le loro rispettive sorelle, di cui in qualche modo Sakuta si fa carico. In più abbiamo la ragazza "fantasma" che appare e scompare, i genitori di Sakuta e altre compagne di Sakuta. Quindi ogni due-tre episodi c'è un nuovo personaggio che arriva con un carico di problemi enorme e Sakuta deve fare in modo di aggiustare le cose.
A peggiorare il tutto, c'è anche un loop temporale che incasina le cose, ma almeno si sa cosa succede in quel rispettivo giorno, mentre per lo sdoppiamento di persona è un vero casino.
Quindi, riassumendo il tutto, in questo anime troviamo loop temporali, scambio di persona, fatti inspiegabili e molte altre cose.
È stato un discreto anime da vedere e il mio voto poteva sicuramente salire se nelle anticipazioni avessero potuto evitare di dire ogni volta: "Sakuta sei un maiale fino al midollo".
Questa frase ripetuta ogni volta stanca e non ha senso.
"Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai", che per comodità d'ora in poi chiamerò "Bunny Senpai", è un anime che prende vita da una serie di light novel. Mi immagino che l'ideazione di queste novel sia partita quando l'autore di "Bunny Senpai" ha letto le novel di "Monogatari" e si è detto: "Cavolo, io posso fare la stessa cosa che fa quest'autrice, utilizzando gli stessi personaggi, ma caratterizzandoli molto meglio!"
Questo breve riassunto è funzionale anche per la trasposizione animata, anime che rimane nel solco del suo famoso predecessore, infatti anche qui avremo come personaggi degli stereotipi caratteriali le cui problematiche psicologiche prenderanno sfogo in modo sovrannaturale.
Avremo quindi il protagonista che vuole aiutare tutti, la 'stra-gnocca' fuori dalla sua portata con cui provarci, l'intelligente e 'friendzonata' amica d'infanzia, la sorellina innamorata del fratello, la studentessa nuova ect. Il cast andrà quindi a comporre un harem, o meglio un anti-harem, poiché le situazioni sono molto caste e le dinamiche classiche saranno spesso stravolte; è infatti ammirevole lo sforzo fatto dall'autore per rendere verosimili i personaggi, pur mantenendoli nel solco dello stereotipo. Quindi la 'stra-gnocca' avrà una buona ragione per avvicinarsi al protagonista, come anche la sorella di lui avrà un'ottima ragione che giustifica l'affezione morbosa e il suo parlare in terza persona. Quindi non resta che fare i complimenti per l'esercizio di stile all'autore, tuttavia nel progetto non ci sono solo note di merito.
Se è vero che gli stereotipi sono in questo caso giustificati, rimane pur sempre il fatto che questi rimangono degli stereotipi già visti e stravisti, e, anche se a volte potremmo avere delle piccole sorprese, la trama rimane perlopiù estremamente prevedibile. Anche il resto delle caratteristiche negative del genere rimane invariato, avremo infatti situazioni che si sbloccano solo a compartimenti stagni, ovvero la descrizione e la maturazione caratteriale dei personaggi avverrà sempre e solamente durante il mini-arco a loro dedicato, schema che ingessa la trama. L'altro difetto di questo tipo di trama a mini-archi è la difficoltà di scrivere ogni volta un personaggio e una situazione paranormale che da soli reggano la trama; in questo, "Bunny Senpai" fallisce clamorosamente, come era successo anche in "Bakemonogatari": l'arco finale e iniziale sono davvero buoni, mentre i tre mini-archi di mezzo poco più che abbozzati hanno uno svolgimento dal mediocre al pessimo.
Nota di merito invece per il protagonista Sakuta, finalmente abbiamo un protagonista di harem, o pseudo-harem in questo caso, che ha realmente qualcosa da offrire agli altri personaggi. Sakuta è sagace, brillante, ha una capacità di ragionamento ottima ed è fin troppo saggio per la sua età. In un anime in cui gli adulti latitano o apportano ai ragazzi più danni che benefici, Sakuta risulta essere, anche se diciassettenne, in ogni occasione l'adulto nella stanza. Egli finirà continuamente a fare da psicoterapeuta improvvisato per le ragazze del suo harem, che appunto più che un harem appare essere la clientela di un consultorio.
L'anime risulta godibile anche per chi non è un fruitore del genere, anche se danno parecchio fastidio i déjà vu di certe situazioni: purtroppo l'autore ha fatto trenta ma non trentuno, non realizzando una vera e propria decostruzione del genere harem, ma soltanto portando qua è la un minimo di freschezza. Tirata d'orecchi anche per lo studio Clover Works, che mi dicono essere un reparto dell'A-1 Pictures: la regia è anonima e a volte certi movimenti risultano essere un pugno in un occhio.
Questo breve riassunto è funzionale anche per la trasposizione animata, anime che rimane nel solco del suo famoso predecessore, infatti anche qui avremo come personaggi degli stereotipi caratteriali le cui problematiche psicologiche prenderanno sfogo in modo sovrannaturale.
Avremo quindi il protagonista che vuole aiutare tutti, la 'stra-gnocca' fuori dalla sua portata con cui provarci, l'intelligente e 'friendzonata' amica d'infanzia, la sorellina innamorata del fratello, la studentessa nuova ect. Il cast andrà quindi a comporre un harem, o meglio un anti-harem, poiché le situazioni sono molto caste e le dinamiche classiche saranno spesso stravolte; è infatti ammirevole lo sforzo fatto dall'autore per rendere verosimili i personaggi, pur mantenendoli nel solco dello stereotipo. Quindi la 'stra-gnocca' avrà una buona ragione per avvicinarsi al protagonista, come anche la sorella di lui avrà un'ottima ragione che giustifica l'affezione morbosa e il suo parlare in terza persona. Quindi non resta che fare i complimenti per l'esercizio di stile all'autore, tuttavia nel progetto non ci sono solo note di merito.
Se è vero che gli stereotipi sono in questo caso giustificati, rimane pur sempre il fatto che questi rimangono degli stereotipi già visti e stravisti, e, anche se a volte potremmo avere delle piccole sorprese, la trama rimane perlopiù estremamente prevedibile. Anche il resto delle caratteristiche negative del genere rimane invariato, avremo infatti situazioni che si sbloccano solo a compartimenti stagni, ovvero la descrizione e la maturazione caratteriale dei personaggi avverrà sempre e solamente durante il mini-arco a loro dedicato, schema che ingessa la trama. L'altro difetto di questo tipo di trama a mini-archi è la difficoltà di scrivere ogni volta un personaggio e una situazione paranormale che da soli reggano la trama; in questo, "Bunny Senpai" fallisce clamorosamente, come era successo anche in "Bakemonogatari": l'arco finale e iniziale sono davvero buoni, mentre i tre mini-archi di mezzo poco più che abbozzati hanno uno svolgimento dal mediocre al pessimo.
Nota di merito invece per il protagonista Sakuta, finalmente abbiamo un protagonista di harem, o pseudo-harem in questo caso, che ha realmente qualcosa da offrire agli altri personaggi. Sakuta è sagace, brillante, ha una capacità di ragionamento ottima ed è fin troppo saggio per la sua età. In un anime in cui gli adulti latitano o apportano ai ragazzi più danni che benefici, Sakuta risulta essere, anche se diciassettenne, in ogni occasione l'adulto nella stanza. Egli finirà continuamente a fare da psicoterapeuta improvvisato per le ragazze del suo harem, che appunto più che un harem appare essere la clientela di un consultorio.
L'anime risulta godibile anche per chi non è un fruitore del genere, anche se danno parecchio fastidio i déjà vu di certe situazioni: purtroppo l'autore ha fatto trenta ma non trentuno, non realizzando una vera e propria decostruzione del genere harem, ma soltanto portando qua è la un minimo di freschezza. Tirata d'orecchi anche per lo studio Clover Works, che mi dicono essere un reparto dell'A-1 Pictures: la regia è anonima e a volte certi movimenti risultano essere un pugno in un occhio.
"Sindrome Adolescenziale: esperienze anormali/paranormali causate da instabilità emotiva e situazioni stressanti durante l’adolescenza."
"Seishun Buta Yarou wa Bunny Girl Senpai no Yume wo Minai" ("Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai") è un anime di tredici episodi andato in onda dall'ottobre al dicembre 2018.
La campagna marketing di "Bunny Girl Senpai" è partita con un’idea stupida e geniale allo stesso tempo: mostrare, nella visual, la protagonista con un costume da coniglietta trovato negli archivi della rivista "Playboy". Dato questo elemento, è partito subito il mio flusso di coscienza: harem, ragazza coniglio stupida, ragazzo mediocre, ragazze che magicamente perdono i neuroni quando sono vicino a lui, ecc. Insomma, nulla che potesse interessarmi. Complice una serata in cui non avevo niente da fare, ho deciso di vedere il primo episodio, pronta a darmi la proverbiale pacca sulla spalla e a dirmi quanto fossi brava e intelligente ad aver inquadrato perfettamente l’anime.
Inutile dire che sono stata subito smentita e che questa serie ha rappresentato una meravigliosa sorpresa, divenendo in brevissimo tempo una delle mie preferite dell’anno.
Come ho detto, l’idea di marketing è geniale e stupida allo stesso tempo: da una parte l’immagine ha attirato un certo target, dall'altra ha allontanato un’altra fetta di pubblico che, come me, si è creato tutta una serie di pregiudizi prima ancora di iniziare la serie.
La prima cosa che vorrei dire, dunque, è questa: non è nemmeno lontanamente un anime ecchi, non è un harem e la protagonista indossa il costume da coniglietta due volte in tutta la serie. Perché, quindi, il titolo "Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai"? Lo vorrei tanto sapere anche io, la visual la capisco, ma il titolo proprio non c’entra nulla.
Sakuta Azusagawa è un ragazzo al secondo anno delle superiori che, un giorno, in biblioteca, incontra Mai Sakurajima, una sua senpai nonché attrice molto famosa, vestita da coniglietta. Se già di per sé questo fatto appare inusuale, ancora più strana è la sua capacità di vederla quando per tutti gli altri la ragazza è invisibile. I due inizieranno presto a conoscersi meglio, sviluppando velocemente dei sentimenti l’uno per l’altra, e, allo stesso tempo, cercheranno di svelare il mistero dietro la Sindrome Adolescenziale, un fenomeno che si pensava fosse solo un pettegolezzo su Internet, che invece si dimostra essere decisamente reale.
Inizierò parlando di quello che, secondo me, è il principale punto di forza della serie: i personaggi.
Non vedevo protagonisti così ben costruiti in un anime scolastico dai tempi di "ReLife".
Sakuta è un ragazzo solitario, senza peli sulla lingua, a suo agio con sé stesso e dalla battuta sempre pronta. Mi trovo davvero in difficoltà nel trovare le parole per descrivere quanto mi sia piaciuto. Non è asociale, ma non vuole neanche sottostare alle stupide convenzioni sociali dei coetanei, si accontenta di avere due amici stretti senza cercare le masse anonime, ama la sorellina come un fratello maggiore e niente di più, è fedele, onesto, con un grande cuore e una lingua tagliente.
Mai, però, non è da meno: è così matura, così normale, è dotata di un carattere forte, ha chiare le sue priorità, ed è anche comprensiva, dolce e sensibile. Non ha reazioni esagerate o isteriche, è intraprendente senza essere invadente, si impegna moltissimo in tutto quello che fa e non si può fare a meno di amarla. Mai è il mio faro nella notte, la testimonianza che anche i personaggi femminili possono essere ben scritti, che possono avere una vita propria senza essere mere appendici dei protagonisti.
Se i due personaggi principali sono meravigliosi da soli, bisogna dire che funzionano ancora meglio in coppia.
La costruzione della relazione tra i due protagonisti è delicata, graduale, oserei dire normale rispetto agli standard degli anime sentimentali-scolastici; vivono il loro rapporto come una coppia di liceali dove una stretta di mano non è chissà quale atto immorale per cui arrossire da qui al 2020.
Ancora meglio sono, poi, i dialoghi. La sceneggiatura è brillante e arguta, e mostra degli adolescenti che si punzecchiano a vicenda, rispondendo tono a tono. Delle semplici conversazioni sui temi più banali si trasformano in un incontro di scherma, dove non si sa per chi tifare. La chimica, soprattutto fra Mai e Sakuta, ma in generale anche fra tutti gli altri personaggi, rende l’anime accattivante e coinvolgente, rendendo impossibile distogliere lo sguardo, catturando completamente l’attenzione dello spettatore e facendo volare i venti minuti degli episodi.
Altro aspetto molto interessante è la trama. La Sindrome Adolescenziale, che sarà un punto fondamentale della serie, è, né più né meno, una manifestazione soprannaturale del problema che sta vivendo il personaggio di turno. Anche se vengono proposte delle teorie scientifiche per dare una spiegazione all'avvenimento, in realtà, la questione è tutta psicologica.
I temi al centro della serie sono la pressione sociale che circonda l’adolescenza, in particolare in un’era così tecnologica come quella attuale, e la manifestazione delle nostre più grandi paure e insicurezze. Il cyberbullismo, l’odiare parti di sé stessi, la paura di essere giudicati/ignorati dalle persone della stessa età, sono tutte esperienze che riescono a far identificare lo spettatore con i personaggi, a farli comprendere in modo intimo e, di conseguenza, ad essere emotivamente coinvolti nelle loro vicende.
La complessità dei personaggi, poi, si manifesta anche nelle emozioni provate, estremamente complicate, che non si limitano ad odio e amore, ma che spaziano fra tutte le sfumature tra i due estremi.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, il chara mi è piaciuto tantissimo, i fondali sono dettagliati, il doppiaggio è ben realizzato, e sia l’opening che l’ending hanno un ritmo accattivante, sebbene molto diverso fra loro, che fa venir voglia di continuare ad ascoltarle per ore.
In conclusione, in un panorama di anime scolastici copia e incolla, questa serie è fresca senza neppure sforzarsi, con una sceneggiatura solida e personaggi egregiamente caratterizzati, riuscendo a distinguersi e ad elevarsi una spanna al di sopra di molte altre serie dello stesso genere.
Se proprio dovessi trovargli un difetto, direi che non mi è piaciuta la decisione di dividerlo in archi, per me abbassa il tono della storia, inoltre diversi quesiti rimangono senza risposta, anche se spero che il film colmi i piccoli buchi lasciati.
Riassumendolo in una frase o meno: "Meravigliosamente ben scritto."
"Seishun Buta Yarou wa Bunny Girl Senpai no Yume wo Minai" ("Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai") è un anime di tredici episodi andato in onda dall'ottobre al dicembre 2018.
La campagna marketing di "Bunny Girl Senpai" è partita con un’idea stupida e geniale allo stesso tempo: mostrare, nella visual, la protagonista con un costume da coniglietta trovato negli archivi della rivista "Playboy". Dato questo elemento, è partito subito il mio flusso di coscienza: harem, ragazza coniglio stupida, ragazzo mediocre, ragazze che magicamente perdono i neuroni quando sono vicino a lui, ecc. Insomma, nulla che potesse interessarmi. Complice una serata in cui non avevo niente da fare, ho deciso di vedere il primo episodio, pronta a darmi la proverbiale pacca sulla spalla e a dirmi quanto fossi brava e intelligente ad aver inquadrato perfettamente l’anime.
Inutile dire che sono stata subito smentita e che questa serie ha rappresentato una meravigliosa sorpresa, divenendo in brevissimo tempo una delle mie preferite dell’anno.
Come ho detto, l’idea di marketing è geniale e stupida allo stesso tempo: da una parte l’immagine ha attirato un certo target, dall'altra ha allontanato un’altra fetta di pubblico che, come me, si è creato tutta una serie di pregiudizi prima ancora di iniziare la serie.
La prima cosa che vorrei dire, dunque, è questa: non è nemmeno lontanamente un anime ecchi, non è un harem e la protagonista indossa il costume da coniglietta due volte in tutta la serie. Perché, quindi, il titolo "Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai"? Lo vorrei tanto sapere anche io, la visual la capisco, ma il titolo proprio non c’entra nulla.
Sakuta Azusagawa è un ragazzo al secondo anno delle superiori che, un giorno, in biblioteca, incontra Mai Sakurajima, una sua senpai nonché attrice molto famosa, vestita da coniglietta. Se già di per sé questo fatto appare inusuale, ancora più strana è la sua capacità di vederla quando per tutti gli altri la ragazza è invisibile. I due inizieranno presto a conoscersi meglio, sviluppando velocemente dei sentimenti l’uno per l’altra, e, allo stesso tempo, cercheranno di svelare il mistero dietro la Sindrome Adolescenziale, un fenomeno che si pensava fosse solo un pettegolezzo su Internet, che invece si dimostra essere decisamente reale.
Inizierò parlando di quello che, secondo me, è il principale punto di forza della serie: i personaggi.
Non vedevo protagonisti così ben costruiti in un anime scolastico dai tempi di "ReLife".
Sakuta è un ragazzo solitario, senza peli sulla lingua, a suo agio con sé stesso e dalla battuta sempre pronta. Mi trovo davvero in difficoltà nel trovare le parole per descrivere quanto mi sia piaciuto. Non è asociale, ma non vuole neanche sottostare alle stupide convenzioni sociali dei coetanei, si accontenta di avere due amici stretti senza cercare le masse anonime, ama la sorellina come un fratello maggiore e niente di più, è fedele, onesto, con un grande cuore e una lingua tagliente.
Mai, però, non è da meno: è così matura, così normale, è dotata di un carattere forte, ha chiare le sue priorità, ed è anche comprensiva, dolce e sensibile. Non ha reazioni esagerate o isteriche, è intraprendente senza essere invadente, si impegna moltissimo in tutto quello che fa e non si può fare a meno di amarla. Mai è il mio faro nella notte, la testimonianza che anche i personaggi femminili possono essere ben scritti, che possono avere una vita propria senza essere mere appendici dei protagonisti.
Se i due personaggi principali sono meravigliosi da soli, bisogna dire che funzionano ancora meglio in coppia.
La costruzione della relazione tra i due protagonisti è delicata, graduale, oserei dire normale rispetto agli standard degli anime sentimentali-scolastici; vivono il loro rapporto come una coppia di liceali dove una stretta di mano non è chissà quale atto immorale per cui arrossire da qui al 2020.
Ancora meglio sono, poi, i dialoghi. La sceneggiatura è brillante e arguta, e mostra degli adolescenti che si punzecchiano a vicenda, rispondendo tono a tono. Delle semplici conversazioni sui temi più banali si trasformano in un incontro di scherma, dove non si sa per chi tifare. La chimica, soprattutto fra Mai e Sakuta, ma in generale anche fra tutti gli altri personaggi, rende l’anime accattivante e coinvolgente, rendendo impossibile distogliere lo sguardo, catturando completamente l’attenzione dello spettatore e facendo volare i venti minuti degli episodi.
Altro aspetto molto interessante è la trama. La Sindrome Adolescenziale, che sarà un punto fondamentale della serie, è, né più né meno, una manifestazione soprannaturale del problema che sta vivendo il personaggio di turno. Anche se vengono proposte delle teorie scientifiche per dare una spiegazione all'avvenimento, in realtà, la questione è tutta psicologica.
I temi al centro della serie sono la pressione sociale che circonda l’adolescenza, in particolare in un’era così tecnologica come quella attuale, e la manifestazione delle nostre più grandi paure e insicurezze. Il cyberbullismo, l’odiare parti di sé stessi, la paura di essere giudicati/ignorati dalle persone della stessa età, sono tutte esperienze che riescono a far identificare lo spettatore con i personaggi, a farli comprendere in modo intimo e, di conseguenza, ad essere emotivamente coinvolti nelle loro vicende.
La complessità dei personaggi, poi, si manifesta anche nelle emozioni provate, estremamente complicate, che non si limitano ad odio e amore, ma che spaziano fra tutte le sfumature tra i due estremi.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, il chara mi è piaciuto tantissimo, i fondali sono dettagliati, il doppiaggio è ben realizzato, e sia l’opening che l’ending hanno un ritmo accattivante, sebbene molto diverso fra loro, che fa venir voglia di continuare ad ascoltarle per ore.
In conclusione, in un panorama di anime scolastici copia e incolla, questa serie è fresca senza neppure sforzarsi, con una sceneggiatura solida e personaggi egregiamente caratterizzati, riuscendo a distinguersi e ad elevarsi una spanna al di sopra di molte altre serie dello stesso genere.
Se proprio dovessi trovargli un difetto, direi che non mi è piaciuta la decisione di dividerlo in archi, per me abbassa il tono della storia, inoltre diversi quesiti rimangono senza risposta, anche se spero che il film colmi i piccoli buchi lasciati.
Riassumendolo in una frase o meno: "Meravigliosamente ben scritto."
Quest'anime è composto da tredici episodi con la durata di circa ventiquattro minuti ad episodio.
Malgrado la trama che lascia molti dubbi sull'introduzione dell'anime, quest'ultimo è molto coinvolgente e non annoia, man mano che si va avanti con la visione. I personaggi sono ben curati sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista emotivo, infatti presentano tutti una propria personalità che caratterizza il personaggio. Avvolge l'anime un'aria drammatica che spicca nei problemi o traumi affrontati dai vari personaggi apparsi nel corso dell'anime. Sicuramente è un crescendo quest'anime, nel senso che, più si va avanti, più l'anime risulta interessante. Mi sono piaciuti molto gli intrighi e le opinioni dei vari personaggi, fino ad arrivare a una soluzione completa che motivava sotto ogni aspetto l'evento.
Il comparto tecnico è discreto, buone le animazioni, non male la grafica; l'opening è molto bella, anche l'ending gradevole. Le colorazioni sono molto accese, i colori spiccano all'interno di quest'opera.
Non ho dato dieci, perché mi aspettavo un finale un po' più "completo" e appagante, che, sia chiaro, non è stato pessimo, solo un po' superfluo. Consiglio quest'anime che risulta essere molto interessante e appassionante, davvero bello.
Malgrado la trama che lascia molti dubbi sull'introduzione dell'anime, quest'ultimo è molto coinvolgente e non annoia, man mano che si va avanti con la visione. I personaggi sono ben curati sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista emotivo, infatti presentano tutti una propria personalità che caratterizza il personaggio. Avvolge l'anime un'aria drammatica che spicca nei problemi o traumi affrontati dai vari personaggi apparsi nel corso dell'anime. Sicuramente è un crescendo quest'anime, nel senso che, più si va avanti, più l'anime risulta interessante. Mi sono piaciuti molto gli intrighi e le opinioni dei vari personaggi, fino ad arrivare a una soluzione completa che motivava sotto ogni aspetto l'evento.
Il comparto tecnico è discreto, buone le animazioni, non male la grafica; l'opening è molto bella, anche l'ending gradevole. Le colorazioni sono molto accese, i colori spiccano all'interno di quest'opera.
Non ho dato dieci, perché mi aspettavo un finale un po' più "completo" e appagante, che, sia chiaro, non è stato pessimo, solo un po' superfluo. Consiglio quest'anime che risulta essere molto interessante e appassionante, davvero bello.
Odio fare e ricevere spoiler, quindi cerco sempre di evitare, tuttavia, sapendo che ci sono persone molto "sensibili", avviso che le mie recensioni potrebbero contenere spoiler. Buona lettura!
"E bravo Sakuta, che mascalzone!" Questa frase chiude ogni singola puntata, eppure, letta fuori dal contesto della serie, assume un significato più o meno "negativo". La frase significa tutto e niente, cerca ogni qual volta di creare un piccolo tarlo di cattiveria nella mente dello spettatore, ma in realtà non fa altro che strappargli un sorriso; è la frase che a mio parere racchiude l'identità della serie. Perché? Il motivo credo sia semplice: non bisogna fermarsi alle apparenze.
La serie non racconta le avventure del solito ragazzo 'fighetto' o timido della scuola, ma ci mostra come determinate situazioni possano influenzare le persone e chi sta loro intorno, così, tramite gli occhi del ragazzo di nome Sakuta, la serie tratta, in modo direi del tutto originale, alcuni problemi, ansie e insicurezze dell'essere umano, la paura di essere dimenticati, la necessità di farsi amare, la paura del confronto, il bullismo psicologico, la paura di non riuscire ad essere accettati dagli altri o peggio da sé stessi. Ogni singolo arco è dedicato a una o più fobie, ed è strutturato in modo tale da essere il più possibile leggero, non entra in drammi da cliché che possano facilmente strappare le lacrime allo spettatore, ma tutto è condito da una buona dose di umorismo senza quegli eccessi tipici degli anime: non ci sono faccioni o facce da meme, il tutto cerca di rimanere il più reale possibile, in situazioni in cui di reale oltre al tema trattato c'è effettivamente ben poco.
Sembra strano a leggersi, ma è cosi, la serie inserisce emozioni, sentimenti e reazioni del tutto reali in avvenimenti o situazioni soprannaturali e fantasy in modo molto naturale, tuttavia devo ammettere che i pretesti di alcuni archi sembrano essere un po' più forzati di altri.
Ciò che recrimino maggiormente alla serie è il non aver osato un po' di più in determinate circostanze. Spiego meglio: come detto, uno dei punti forti della serie è proprio il suo saper trattare temi delicati in modo accessibile, ma non so se, volutamente o no, la serie non riesce quasi mai ad arrivare alla radice del problema. Anzi, finisce con il risolverlo in modo troppo semplicistico, come se non volesse prendersi troppo sul serio (o forse per non rischiare di farla fuori dal vaso?), tuttavia bisogna anche dire che non ho mai notato forzature nelle varie vicende, a parte... il finale!
Del finale, che dire? Mi aspettavo qualcosa di più, devo essere sincero, non che la puntata sia stata sprecata, anzi, il problema è l'opposto, hanno voluto affrontare troppi temi nel corso di una singola puntata da ventiquattro minuti, andando così ad accelerare l'andamento della serie, che fino a quel momento aveva rispettato un buon ruolino di marcia. Il finale quindi lascia diversi dubbi e domande nello spettatore, dubbi e domande che spero verranno almeno in parte gestiti nel film in uscita il prossimo anno e che aspetto di vedere.
N.d.Recensore: la serie si ferma al quinto volume della light novel, light novel che è in corso ed è attualmente al nono volume; il film continua dal sesto e settimo volume.
Graficamente la serie si attesta su buoni livelli.
Gli ambienti non raggiungono la qualità delle produzioni P.A Works ("Charlotte", "Irozuku"), ma si difendono abbastanza bene, anche perché quasi la totalità delle scene nell'anime è svolta in luoghi veramente esistenti che sono stati riportati in digitale in modo magistrale e dettagliato.
I personaggi sono ben caratterizzati e differenziati gli uni dagli altri, le animazioni sono abbastanza fluide, anche se a volte il disegno si semplifica un po' troppo, ma nella media risulta essere un buon disegno piacevole alla vista.
La colonna sonora è di buona fattura, non è memorabile, tuttavia le canzoni della sigla iniziale e finale non te le togli dalla testa. I doppiatori sono tutti molto bravi, quello di Kaede (la sorellina del protagonista Sakuta) su tutti; anche la doppiatrice di Mai è eccezionale, riuscendo a dare la giusta dose di sensualità e dolcezza al personaggio.
Se il vostro ultimo dubbio continua a essere la bunny girl in copertina, vi posso dire che vale lo stesso discorso che facevo all'inizio della recensione: non fermatevi alle apparenze. Per incentivarvi, vi dico che vedrete quel costume su schermo solo per una manciata di minuti in tutta la serie!
Concludo con le mie ultime considerazioni: la serie mi è piaciuta, non lo nego, nelle ultime settimane ho aspettato le puntate con trepidazione. Non ho iniziato la serie subito, anche io mi sono fatto fuorviare dalla locandina, tuttavia, una volta iniziata, è stata una piacevolissima visione che consiglierei a chiunque sia alla ricerca di un anime sentimentale, e che accetti senza farsi troppe domande situazioni soprannaturali più o meno forzate.
Voto: 8.5
"E bravo Sakuta, che mascalzone!" Questa frase chiude ogni singola puntata, eppure, letta fuori dal contesto della serie, assume un significato più o meno "negativo". La frase significa tutto e niente, cerca ogni qual volta di creare un piccolo tarlo di cattiveria nella mente dello spettatore, ma in realtà non fa altro che strappargli un sorriso; è la frase che a mio parere racchiude l'identità della serie. Perché? Il motivo credo sia semplice: non bisogna fermarsi alle apparenze.
La serie non racconta le avventure del solito ragazzo 'fighetto' o timido della scuola, ma ci mostra come determinate situazioni possano influenzare le persone e chi sta loro intorno, così, tramite gli occhi del ragazzo di nome Sakuta, la serie tratta, in modo direi del tutto originale, alcuni problemi, ansie e insicurezze dell'essere umano, la paura di essere dimenticati, la necessità di farsi amare, la paura del confronto, il bullismo psicologico, la paura di non riuscire ad essere accettati dagli altri o peggio da sé stessi. Ogni singolo arco è dedicato a una o più fobie, ed è strutturato in modo tale da essere il più possibile leggero, non entra in drammi da cliché che possano facilmente strappare le lacrime allo spettatore, ma tutto è condito da una buona dose di umorismo senza quegli eccessi tipici degli anime: non ci sono faccioni o facce da meme, il tutto cerca di rimanere il più reale possibile, in situazioni in cui di reale oltre al tema trattato c'è effettivamente ben poco.
Sembra strano a leggersi, ma è cosi, la serie inserisce emozioni, sentimenti e reazioni del tutto reali in avvenimenti o situazioni soprannaturali e fantasy in modo molto naturale, tuttavia devo ammettere che i pretesti di alcuni archi sembrano essere un po' più forzati di altri.
Ciò che recrimino maggiormente alla serie è il non aver osato un po' di più in determinate circostanze. Spiego meglio: come detto, uno dei punti forti della serie è proprio il suo saper trattare temi delicati in modo accessibile, ma non so se, volutamente o no, la serie non riesce quasi mai ad arrivare alla radice del problema. Anzi, finisce con il risolverlo in modo troppo semplicistico, come se non volesse prendersi troppo sul serio (o forse per non rischiare di farla fuori dal vaso?), tuttavia bisogna anche dire che non ho mai notato forzature nelle varie vicende, a parte... il finale!
Del finale, che dire? Mi aspettavo qualcosa di più, devo essere sincero, non che la puntata sia stata sprecata, anzi, il problema è l'opposto, hanno voluto affrontare troppi temi nel corso di una singola puntata da ventiquattro minuti, andando così ad accelerare l'andamento della serie, che fino a quel momento aveva rispettato un buon ruolino di marcia. Il finale quindi lascia diversi dubbi e domande nello spettatore, dubbi e domande che spero verranno almeno in parte gestiti nel film in uscita il prossimo anno e che aspetto di vedere.
N.d.Recensore: la serie si ferma al quinto volume della light novel, light novel che è in corso ed è attualmente al nono volume; il film continua dal sesto e settimo volume.
Graficamente la serie si attesta su buoni livelli.
Gli ambienti non raggiungono la qualità delle produzioni P.A Works ("Charlotte", "Irozuku"), ma si difendono abbastanza bene, anche perché quasi la totalità delle scene nell'anime è svolta in luoghi veramente esistenti che sono stati riportati in digitale in modo magistrale e dettagliato.
I personaggi sono ben caratterizzati e differenziati gli uni dagli altri, le animazioni sono abbastanza fluide, anche se a volte il disegno si semplifica un po' troppo, ma nella media risulta essere un buon disegno piacevole alla vista.
La colonna sonora è di buona fattura, non è memorabile, tuttavia le canzoni della sigla iniziale e finale non te le togli dalla testa. I doppiatori sono tutti molto bravi, quello di Kaede (la sorellina del protagonista Sakuta) su tutti; anche la doppiatrice di Mai è eccezionale, riuscendo a dare la giusta dose di sensualità e dolcezza al personaggio.
Se il vostro ultimo dubbio continua a essere la bunny girl in copertina, vi posso dire che vale lo stesso discorso che facevo all'inizio della recensione: non fermatevi alle apparenze. Per incentivarvi, vi dico che vedrete quel costume su schermo solo per una manciata di minuti in tutta la serie!
Concludo con le mie ultime considerazioni: la serie mi è piaciuta, non lo nego, nelle ultime settimane ho aspettato le puntate con trepidazione. Non ho iniziato la serie subito, anche io mi sono fatto fuorviare dalla locandina, tuttavia, una volta iniziata, è stata una piacevolissima visione che consiglierei a chiunque sia alla ricerca di un anime sentimentale, e che accetti senza farsi troppe domande situazioni soprannaturali più o meno forzate.
Voto: 8.5
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Questa serie è incentrata su una serie di insolite vicende che vedono protagonista il giovane Sakuta Azusagawa e una folta schiera di bellissime adolescenti; i suoi pregi sono tantissimi, mentre il suo unico grande difetto è a mio avviso quello di aver sbagliato proprio l'episodio conclusivo, l'unico a non avermi affatto convinto, poiché lo si sarebbe potuto gestire in mille modi migliori, il solo quasi totalmente privo dell'inventiva e dell'originalità che contraddistinguono l'intera serie, e (francamente) ben più simile a uno special aggiuntivo che a un degno finale.
Questi due concetti (inventiva ed originalità) sono le due armi migliori di "Bunny Girl Senpai", che riesce a trattare di tematiche e argomenti molto seri con uno stile e una semplicità tutta sua, forse unica nel suo genere, differenziandosi come un diamante che risplende in un letamaio di serie piatte, scontate, ripetitive, fini a sé stesse, ispirate quanto Jim Morrison nei suoi giorni da sobrio, e che per darsi una parvenza di serietà devono per forza infilare nella storia uno sbudellamento, la fantapolitica o uno stupro a caso in ogni arco narrativo.
A livello di personaggi, la serie ripropone molti modelli caratteriali visti e stravisti, come: la stella dello spettacolo in crisi con la madre, l'ex machina che esiste solo per consolare il protagonista nel momento del bisogno, la sorellina infatuata di suo fratello, la nuova arrivata che fatica a inserirsi nell'ambiente della grande città, l'innamorata che tiene celati i suoi sentimenti e che si disprezza per ciò che prova, infine la poveretta costretta a misurarsi in continuazione con la perfetta sorella che sa bene di non poter eguagliare.
Tuttavia i suoi pregi sono per l'appunto l'inventiva e l'originalità, per cui ripropone solo apparentemente cose già viste, ma le rielabora a suo piacimento, offrendocele da prospettive assai differenti e inaspettate, servendosi di una scrittura brillante ed efficace, di un doppiaggio perfetto in ogni suo aspetto, d'una regia quasi sempre ispirata e capace, di bellissime musiche, di freschissime animazioni e di disegni accattivanti. Alcune sequenze di questa serie sono destinate ad entrare nell'immaginario collettivo come alcune tra le più iconiche del genere romantico, e anzi probabilmente lo sono già entrate, visto il successo ottenuto da "Bunny Girl Senpai".
Spiego meglio cosa voglio dire con originalità e inventiva: è molto facile scrivere di una stella dello showbiz stanca di essere sempre sotto i riflettori e che si innamora a caso del classico emarginato, perché in realtà di buon cuore; molto più difficile è immaginare l'esatto opposto, ossia che nessuno è più in grado di vederla a dispetto della sua popolarità e che lei si aggrappa disperatamente al protagonista perché è l'unico in grado di legittimare la sua stessa esistenza, per poi alla lunga innamorarsi di lui non perché lui è impacciato ma onesto, e nemmeno perché è perfetto, senza macchia e senza paura. Si innamora di lui perché Sakuta è un ragazzo vero, non una macchietta stereotipata, se ne innamora perché ha capito che ci sarà sempre quando avrà bisogno di lui, perché è davvero disposto a fare qualsiasi cosa per il suo bene e perché è talmente sincero sia con sé stesso che con gli altri, che non sarà mai capace di deluderla. Scusate se è poco.
Lo stesso gioco inoltre può essere fatto anche con tutte le altre situazioni in cui ci siamo imbattuti nel corso della serie.
E' facile scrivere di una sorellina innamorata "pucciosamente" del suo fratellone, il difficile è il motivare seriamente il tutto con il fatto che lui è l'unico legame con il mondo reale che le è rimasto, l'unica cosa che ancora la spinge a vivere e ad alzarsi la mattina, dopo che è stata abbandonata da tutti quanti, genitori e sé stessa compresa.
E' facile scrivere di una ragazza innamorata che nel nome di questi forti, forti sentimenti (bleah!) rinnega tutto ciò in cui crede, infischiandosene di quelli altrui, il difficile è avere il coraggio di rappresentare il suo dilemma interiore e lo scrivere un personaggio in grado veramente in grado di rispettare i sentimenti altrui e di farsi da parte, anche se ciò la farà soffrire, più umano degli umani.
E' facile far risaltare il proprio protagonista, mettendogli accanto solo traditori, delinquenti, pedofili, stupratori ed eterni 'friendzonati', il difficile è renderlo simpatico, schietto e degno di stima, anche se il suo migliore amico è un bellissimo ragazzo, sportivo e muscoloso, idolo delle folle e giustamente desiderato delle donne molto più di lui.
E' facile scrivere di una ragazza che disprezza sia sé stessa che il suo corpo e che è talmente insicura da "sdoppiarsi", se lei è brutta, grassa o disprezzata dagli altri, il difficile è farlo se la ragazza in questione è bellissima, intelligente e prosperosa, anche troppo, visto che è proprio il seno l'origine di tutti i suoi problemi. Il seno usato non come fanservice, ma come arguto artifizio narrativo. Tanto di cappello, e potremmo continuare ancora, all'infinito.
In conclusione, è davvero una bella serie, che merita tutta l'attenzione che ha suscitato e che per dodici episodi stupisce con coerenza, abilità narrativa e anche con una parvenza di realismo sia umano che (sorprendentemente) scientifico, che mai non guasta. Il problema, come dicevo, è proprio l'episodio 13, in cui prima Sakuta 'sclera' in maniera fin troppo teatrale ed eccessiva (per quanto effettivamente questa sia una caratteristica del suo personaggio), poi si perdono diversi minuti con la lettura del diario di Kaede, che riepiloga i vari avvenimenti fin lì accaduti dal suo punto di vista (per quanto tutto molto toccante e significativo, non era esattamente quel che mi aspettavo, e alla lunga è diventato pedante), e infine, da quel momento in poi, tutto avviene fin troppo velocemente, senza che lo spettatore abbia il tempo di assimilare granché: una mezza spiegazione sulle apparizioni di Shoko buttata lì, la vera Kaede e il ricongiungimento di Sakuta con suo padre non valorizzati quanto si avrebbe dovuto, un minimo di screen-time concesso a ciascuno dei personaggi della storia, senza che però nessuno di essi incida, la corsa disperata per tornare da Mai (manco fosse stata in punto di morte), e quantomeno una bella sequenza finale che lascia però addosso allo spettatore un senso di incompiutezza e insoddisfazione generale, per quanto non lo si possa esattamente disprezzare.
Ho saputo che c'è un film in uscita, il quale sicuramente risponderà a tutti i quesiti irrisolti, ma avrei preferito un finale meno aperto e assai più risolutivo, perché questa serie, se gestita giusto un attimo meglio, sarebbe potuta essere davvero un perfetto capolavoro. Il mio giudizio finale complessivo resta comunque altamente positivo.
Questa serie è incentrata su una serie di insolite vicende che vedono protagonista il giovane Sakuta Azusagawa e una folta schiera di bellissime adolescenti; i suoi pregi sono tantissimi, mentre il suo unico grande difetto è a mio avviso quello di aver sbagliato proprio l'episodio conclusivo, l'unico a non avermi affatto convinto, poiché lo si sarebbe potuto gestire in mille modi migliori, il solo quasi totalmente privo dell'inventiva e dell'originalità che contraddistinguono l'intera serie, e (francamente) ben più simile a uno special aggiuntivo che a un degno finale.
Questi due concetti (inventiva ed originalità) sono le due armi migliori di "Bunny Girl Senpai", che riesce a trattare di tematiche e argomenti molto seri con uno stile e una semplicità tutta sua, forse unica nel suo genere, differenziandosi come un diamante che risplende in un letamaio di serie piatte, scontate, ripetitive, fini a sé stesse, ispirate quanto Jim Morrison nei suoi giorni da sobrio, e che per darsi una parvenza di serietà devono per forza infilare nella storia uno sbudellamento, la fantapolitica o uno stupro a caso in ogni arco narrativo.
A livello di personaggi, la serie ripropone molti modelli caratteriali visti e stravisti, come: la stella dello spettacolo in crisi con la madre, l'ex machina che esiste solo per consolare il protagonista nel momento del bisogno, la sorellina infatuata di suo fratello, la nuova arrivata che fatica a inserirsi nell'ambiente della grande città, l'innamorata che tiene celati i suoi sentimenti e che si disprezza per ciò che prova, infine la poveretta costretta a misurarsi in continuazione con la perfetta sorella che sa bene di non poter eguagliare.
Tuttavia i suoi pregi sono per l'appunto l'inventiva e l'originalità, per cui ripropone solo apparentemente cose già viste, ma le rielabora a suo piacimento, offrendocele da prospettive assai differenti e inaspettate, servendosi di una scrittura brillante ed efficace, di un doppiaggio perfetto in ogni suo aspetto, d'una regia quasi sempre ispirata e capace, di bellissime musiche, di freschissime animazioni e di disegni accattivanti. Alcune sequenze di questa serie sono destinate ad entrare nell'immaginario collettivo come alcune tra le più iconiche del genere romantico, e anzi probabilmente lo sono già entrate, visto il successo ottenuto da "Bunny Girl Senpai".
Spiego meglio cosa voglio dire con originalità e inventiva: è molto facile scrivere di una stella dello showbiz stanca di essere sempre sotto i riflettori e che si innamora a caso del classico emarginato, perché in realtà di buon cuore; molto più difficile è immaginare l'esatto opposto, ossia che nessuno è più in grado di vederla a dispetto della sua popolarità e che lei si aggrappa disperatamente al protagonista perché è l'unico in grado di legittimare la sua stessa esistenza, per poi alla lunga innamorarsi di lui non perché lui è impacciato ma onesto, e nemmeno perché è perfetto, senza macchia e senza paura. Si innamora di lui perché Sakuta è un ragazzo vero, non una macchietta stereotipata, se ne innamora perché ha capito che ci sarà sempre quando avrà bisogno di lui, perché è davvero disposto a fare qualsiasi cosa per il suo bene e perché è talmente sincero sia con sé stesso che con gli altri, che non sarà mai capace di deluderla. Scusate se è poco.
Lo stesso gioco inoltre può essere fatto anche con tutte le altre situazioni in cui ci siamo imbattuti nel corso della serie.
E' facile scrivere di una sorellina innamorata "pucciosamente" del suo fratellone, il difficile è il motivare seriamente il tutto con il fatto che lui è l'unico legame con il mondo reale che le è rimasto, l'unica cosa che ancora la spinge a vivere e ad alzarsi la mattina, dopo che è stata abbandonata da tutti quanti, genitori e sé stessa compresa.
E' facile scrivere di una ragazza innamorata che nel nome di questi forti, forti sentimenti (bleah!) rinnega tutto ciò in cui crede, infischiandosene di quelli altrui, il difficile è avere il coraggio di rappresentare il suo dilemma interiore e lo scrivere un personaggio in grado veramente in grado di rispettare i sentimenti altrui e di farsi da parte, anche se ciò la farà soffrire, più umano degli umani.
E' facile far risaltare il proprio protagonista, mettendogli accanto solo traditori, delinquenti, pedofili, stupratori ed eterni 'friendzonati', il difficile è renderlo simpatico, schietto e degno di stima, anche se il suo migliore amico è un bellissimo ragazzo, sportivo e muscoloso, idolo delle folle e giustamente desiderato delle donne molto più di lui.
E' facile scrivere di una ragazza che disprezza sia sé stessa che il suo corpo e che è talmente insicura da "sdoppiarsi", se lei è brutta, grassa o disprezzata dagli altri, il difficile è farlo se la ragazza in questione è bellissima, intelligente e prosperosa, anche troppo, visto che è proprio il seno l'origine di tutti i suoi problemi. Il seno usato non come fanservice, ma come arguto artifizio narrativo. Tanto di cappello, e potremmo continuare ancora, all'infinito.
In conclusione, è davvero una bella serie, che merita tutta l'attenzione che ha suscitato e che per dodici episodi stupisce con coerenza, abilità narrativa e anche con una parvenza di realismo sia umano che (sorprendentemente) scientifico, che mai non guasta. Il problema, come dicevo, è proprio l'episodio 13, in cui prima Sakuta 'sclera' in maniera fin troppo teatrale ed eccessiva (per quanto effettivamente questa sia una caratteristica del suo personaggio), poi si perdono diversi minuti con la lettura del diario di Kaede, che riepiloga i vari avvenimenti fin lì accaduti dal suo punto di vista (per quanto tutto molto toccante e significativo, non era esattamente quel che mi aspettavo, e alla lunga è diventato pedante), e infine, da quel momento in poi, tutto avviene fin troppo velocemente, senza che lo spettatore abbia il tempo di assimilare granché: una mezza spiegazione sulle apparizioni di Shoko buttata lì, la vera Kaede e il ricongiungimento di Sakuta con suo padre non valorizzati quanto si avrebbe dovuto, un minimo di screen-time concesso a ciascuno dei personaggi della storia, senza che però nessuno di essi incida, la corsa disperata per tornare da Mai (manco fosse stata in punto di morte), e quantomeno una bella sequenza finale che lascia però addosso allo spettatore un senso di incompiutezza e insoddisfazione generale, per quanto non lo si possa esattamente disprezzare.
Ho saputo che c'è un film in uscita, il quale sicuramente risponderà a tutti i quesiti irrisolti, ma avrei preferito un finale meno aperto e assai più risolutivo, perché questa serie, se gestita giusto un attimo meglio, sarebbe potuta essere davvero un perfetto capolavoro. Il mio giudizio finale complessivo resta comunque altamente positivo.
L'adolescenza è una tappa cruciale nello sviluppo dell'essere umano, poiché l'individuo comincia ad acquisire una particolare sensibilità alle influenze non solo dell'ambiente familiare, ma anche di quello scolastico e relazionale con il proprio gruppo di pari/amici. Sono proprio tutte queste influenze che consentono all'adolescente di sviluppare dei criteri oggettivi e stabili, attraverso i quali è possibile costruire la propria identità sia dal punto di vista personale che sociale. Non bisogna affatto sottovalutare un periodo delicato come l'adolescenza, in quanto un semplice tassello fuori posto potrebbe non solo sbilanciare lo sviluppo psico-fisiologico e sociale dell'adolescente, ma avere delle ripercussioni negative soprattutto in futuro sia nell'ambito intrapersonale che relazionale.
"Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai" mira proprio a descrivere, attraverso delle chiavi di lettura rivisitate in maniera originale, alcuni fenomeni e concettualizzazioni negative che potrebbero manifestarsi nell'adolescente, a seguito della frequentazione di ambienti e individui poco stimolanti e soprattutto oppressivi. La serie non è caratterizzata da un trama univoca e lineare, ma da una serie di brevi archi narrativi fortemente correlati fra loro; ogni arco ha il compito di descrivere e spiegare meticolosamente dei fenomeni che hanno molta probabilità di verificarsi durante l'adolescenza. Questo aspetto viene rivisitato in maniera notevolmente originale, infatti sono rimasto anche molto colpito da come l'autore sia riuscito a mettere in collegamento vicende della vita quotidiana con alcuni interessanti aspetti della fisica (Gatto di Schrödinger, Demone di Laplace, Entanglement quantistico & Loop Temporale). Dalla visione dell'anime è chiaramente emerso che la vita dell'adolescente è più complicata di quanto sembri... soprattutto nell'epoca moderna diviene difficile evitare giudizi e critiche da parte dei ragazzi che popolano il contesto sociale nel quale ci relazioniamo, i social network sono proprio l'esempio perfetto di come questo fenomeno si attui chiaramente. Per quanto un adolescente possa essere auto-efficace, è pur sempre difficile affrontare l'opinione negativa dei nostri coetanei, i quali non solo utilizzano mezzi strumentali e verbali estremamente invasivi, ma compiono tali azioni a livello gruppale e in maniera costante. Dunque l'adolescente entra in una spirale infernale dalla quale diviene quasi impossibile uscire, e ciò naturalmente inficia non solo la relazione che l'individuo stabilisce con sé stesso, ma soprattutto quella posseduta con gli altri.
Tuttavia da tale spirale, sebbene le avversità affrontate, il nostro protagonista, Sakuta, è riuscito ad uscirne vittorioso. Attraverso l'esperienza diretta, Sakuta ha compreso che, in verità, non è affatto necessario conformarsi ai propri simili, per sperare di essere accettato o di diventare popolare e amato da tutti... basta semplicemente avere anche pochissimi amici, i quali però ti sono sempre vicini e non ti abbandonano mai, neanche quando tutti puntano il dito contro di te. Sakuta ha anche realizzato che non c'è la necessità di possedere ad esempio uno smartphone, dunque di essere legato alle tendenze e alla moda imposte dalla nostra società, poiché, come il protagonista stesso afferma nell'anime: "Da qui in avanti mi dovrò scontrare con "l'atmosfera". La stessa atmosfera inerte a tutto. La stessa atmosfera che avvolge questa scuola. È facile vivere assecondando il flusso degli eventi. Stabilire autonomamente cosa è giusto e cosa no richiede un sacco di energie, e c'è sempre il rischio di restare feriti, se si va troppo controcorrente. Per questo, seguire la massa ti conferisce quel senso di sicurezza. Non si è costretti a vedere ciò che non si vuole vedere, non si è costretti a pensare ciò che non si vuole pensare. Lasciamo agli altri la possibilità di pensare a tutto. Ma la logica del "lo fanno tutti" non legittima qualcuno a ferire un'altra persona. Solo perché "lo dicono tutti" o "lo fanno tutti" non significa che sia la cosa giusta da fare...".
Ho preferito citare le parole di Sakuta per far comprendere quanto il protagonista sia tremendamente riflessivo, legato alla tematica e soprattutto consapevole di cosa accade nel proprio ambiente sociale. Non è facile possedere pensieri e modi di fare completamente diversi da quelli degli altri, poiché non solo devi essere abbastanza auto-efficace da far rispettare il tuo modus operandi, ma anche convivere col fatto di essere considerato come un "deviante" dagli altri, semplicemente perché non sei conformato o uniformato alla massa.
Precedentemente ho citato come l'utilizzo di fenomeni strambi e stravaganti abbia dato un tocco di originalità in più alla serie, tuttavia devo anche ammettere che l'arco narrativo di Kaede, sorella minore del protagonista, non è stato sviluppato in maniera sufficientemente credibile. Sebbene l'anime possieda tra i suoi generi il "soprannaturale", ciò non è una giustificazione per distaccarsi in modo eccessivo e insensato dalla realtà. Kaede, soffrendo di un disturbo dissociativo dell'identità, ha perso temporaneamente la memoria e l'evento ha scosso molto il suo ambiente familiare. In modo particolare, la madre, non riuscendo ad accettare la realtà, è caduta malata anch'ella, di conseguenza il marito si è dovuto occupare di lei, abbandonando la figlia al suo destino, riposto nelle mani di Sakuta. Non è umanamente accettabile e sensato che una ragazzina affetta da grave perdita di memoria, causata dal disturbo dissociativo, venga lasciata letteralmente nelle mani del fratello minorenne per ben due anni, senza un minimo intervento delle figure professionali specializzate nel settore. Questo aspetto, coadiuvato da un finale piuttosto sbrigativo, hanno leggermente abbassato il livello della serie. Ovviamente il finale non è mancato di carica emotiva e interesse, tuttavia sono state mescolate troppe vicende insieme, il che ha costretto i produttori a tagliare molto e a centrare subito gli esiti delle varie problematiche.
L'apparato grafico ha svolto correttamente il suo lavoro, le fisionomie dei personaggi sono gradevoli, buoni sia i disegni che le animazioni; le OST non mi sono piaciute particolarmente, mentre ho apprezzato il doppiaggio, soprattutto nei monologhi interiori e nei dialoghi tra il protagonista e Mai, pressoché perfetti e piacevoli da ascoltare/leggere.
Sommariamente, si tratta di un'opera interessante che ha trasmesso uno specifico messaggio: l'adolescenza è una fase fondamentale nei ragazzi, la quale va affrontata anche con l'aiuto dei propri amici e di professionisti specializzati, qualora fosse necessario. Si può apprezzare un protagonista atipico, non stereotipato e soprattutto non legato alla vita mondana e classica condotta dai propri coetanei, il quale è cambiato radicalmente attraverso le esperienze che ha vissuto sulla propria pelle; anche gli altri personaggi hanno ottenuto una caratterizzazione equilibrata, ognuno dei quali incarna una specifica forma attraverso la quale si possono manifestare le problematiche adolescenziali. Peccato per la narrazione poco convincente su Kaede e il finale troppo confusionario, ma tutto sommato si tratta di un'opera completa, che consiglio vivamente di guardare, perché merita tantissimo sia per le tematiche che per i personaggi in generale. Aspetto con piacere l'uscita del film anno prossimo!
Il mio voto finale è 8.
"Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai" mira proprio a descrivere, attraverso delle chiavi di lettura rivisitate in maniera originale, alcuni fenomeni e concettualizzazioni negative che potrebbero manifestarsi nell'adolescente, a seguito della frequentazione di ambienti e individui poco stimolanti e soprattutto oppressivi. La serie non è caratterizzata da un trama univoca e lineare, ma da una serie di brevi archi narrativi fortemente correlati fra loro; ogni arco ha il compito di descrivere e spiegare meticolosamente dei fenomeni che hanno molta probabilità di verificarsi durante l'adolescenza. Questo aspetto viene rivisitato in maniera notevolmente originale, infatti sono rimasto anche molto colpito da come l'autore sia riuscito a mettere in collegamento vicende della vita quotidiana con alcuni interessanti aspetti della fisica (Gatto di Schrödinger, Demone di Laplace, Entanglement quantistico & Loop Temporale). Dalla visione dell'anime è chiaramente emerso che la vita dell'adolescente è più complicata di quanto sembri... soprattutto nell'epoca moderna diviene difficile evitare giudizi e critiche da parte dei ragazzi che popolano il contesto sociale nel quale ci relazioniamo, i social network sono proprio l'esempio perfetto di come questo fenomeno si attui chiaramente. Per quanto un adolescente possa essere auto-efficace, è pur sempre difficile affrontare l'opinione negativa dei nostri coetanei, i quali non solo utilizzano mezzi strumentali e verbali estremamente invasivi, ma compiono tali azioni a livello gruppale e in maniera costante. Dunque l'adolescente entra in una spirale infernale dalla quale diviene quasi impossibile uscire, e ciò naturalmente inficia non solo la relazione che l'individuo stabilisce con sé stesso, ma soprattutto quella posseduta con gli altri.
Tuttavia da tale spirale, sebbene le avversità affrontate, il nostro protagonista, Sakuta, è riuscito ad uscirne vittorioso. Attraverso l'esperienza diretta, Sakuta ha compreso che, in verità, non è affatto necessario conformarsi ai propri simili, per sperare di essere accettato o di diventare popolare e amato da tutti... basta semplicemente avere anche pochissimi amici, i quali però ti sono sempre vicini e non ti abbandonano mai, neanche quando tutti puntano il dito contro di te. Sakuta ha anche realizzato che non c'è la necessità di possedere ad esempio uno smartphone, dunque di essere legato alle tendenze e alla moda imposte dalla nostra società, poiché, come il protagonista stesso afferma nell'anime: "Da qui in avanti mi dovrò scontrare con "l'atmosfera". La stessa atmosfera inerte a tutto. La stessa atmosfera che avvolge questa scuola. È facile vivere assecondando il flusso degli eventi. Stabilire autonomamente cosa è giusto e cosa no richiede un sacco di energie, e c'è sempre il rischio di restare feriti, se si va troppo controcorrente. Per questo, seguire la massa ti conferisce quel senso di sicurezza. Non si è costretti a vedere ciò che non si vuole vedere, non si è costretti a pensare ciò che non si vuole pensare. Lasciamo agli altri la possibilità di pensare a tutto. Ma la logica del "lo fanno tutti" non legittima qualcuno a ferire un'altra persona. Solo perché "lo dicono tutti" o "lo fanno tutti" non significa che sia la cosa giusta da fare...".
Ho preferito citare le parole di Sakuta per far comprendere quanto il protagonista sia tremendamente riflessivo, legato alla tematica e soprattutto consapevole di cosa accade nel proprio ambiente sociale. Non è facile possedere pensieri e modi di fare completamente diversi da quelli degli altri, poiché non solo devi essere abbastanza auto-efficace da far rispettare il tuo modus operandi, ma anche convivere col fatto di essere considerato come un "deviante" dagli altri, semplicemente perché non sei conformato o uniformato alla massa.
Precedentemente ho citato come l'utilizzo di fenomeni strambi e stravaganti abbia dato un tocco di originalità in più alla serie, tuttavia devo anche ammettere che l'arco narrativo di Kaede, sorella minore del protagonista, non è stato sviluppato in maniera sufficientemente credibile. Sebbene l'anime possieda tra i suoi generi il "soprannaturale", ciò non è una giustificazione per distaccarsi in modo eccessivo e insensato dalla realtà. Kaede, soffrendo di un disturbo dissociativo dell'identità, ha perso temporaneamente la memoria e l'evento ha scosso molto il suo ambiente familiare. In modo particolare, la madre, non riuscendo ad accettare la realtà, è caduta malata anch'ella, di conseguenza il marito si è dovuto occupare di lei, abbandonando la figlia al suo destino, riposto nelle mani di Sakuta. Non è umanamente accettabile e sensato che una ragazzina affetta da grave perdita di memoria, causata dal disturbo dissociativo, venga lasciata letteralmente nelle mani del fratello minorenne per ben due anni, senza un minimo intervento delle figure professionali specializzate nel settore. Questo aspetto, coadiuvato da un finale piuttosto sbrigativo, hanno leggermente abbassato il livello della serie. Ovviamente il finale non è mancato di carica emotiva e interesse, tuttavia sono state mescolate troppe vicende insieme, il che ha costretto i produttori a tagliare molto e a centrare subito gli esiti delle varie problematiche.
L'apparato grafico ha svolto correttamente il suo lavoro, le fisionomie dei personaggi sono gradevoli, buoni sia i disegni che le animazioni; le OST non mi sono piaciute particolarmente, mentre ho apprezzato il doppiaggio, soprattutto nei monologhi interiori e nei dialoghi tra il protagonista e Mai, pressoché perfetti e piacevoli da ascoltare/leggere.
Sommariamente, si tratta di un'opera interessante che ha trasmesso uno specifico messaggio: l'adolescenza è una fase fondamentale nei ragazzi, la quale va affrontata anche con l'aiuto dei propri amici e di professionisti specializzati, qualora fosse necessario. Si può apprezzare un protagonista atipico, non stereotipato e soprattutto non legato alla vita mondana e classica condotta dai propri coetanei, il quale è cambiato radicalmente attraverso le esperienze che ha vissuto sulla propria pelle; anche gli altri personaggi hanno ottenuto una caratterizzazione equilibrata, ognuno dei quali incarna una specifica forma attraverso la quale si possono manifestare le problematiche adolescenziali. Peccato per la narrazione poco convincente su Kaede e il finale troppo confusionario, ma tutto sommato si tratta di un'opera completa, che consiglio vivamente di guardare, perché merita tantissimo sia per le tematiche che per i personaggi in generale. Aspetto con piacere l'uscita del film anno prossimo!
Il mio voto finale è 8.