Xabungle
Il nome del pianeta è Zola. Anche se nessuno se lo ricorda più. Da tempi immemorabili i membri di una ristretta e privilegiata classe sociale, gli Innocent, sfruttano per il proprio tornaconto l'ignoranza dei Civilians, la classe sociale inferiore, creando strane leggi e cospirando nell'ombra, alimentando per convenienza le conflittualità interne al loro dominio. Jiron Amos è un Civilian in cerca di vendetta, che dopo una serie di avvenimenti si unisce ai Sand Rats, una brigata di rozzi ladruncoli analfabeti e fracassoni. Essi diventeranno l'equipaggio dell'Iron Gear, una mastodontica corazzata/robottone comandata da Eichi, un'isterica ragazza di bell'aspetto che, a suo dire, vorrebbe piantare il seme della cultura nel deserto dell'ignoranza. Le azioni avventate di Jiron Amos faranno via via soffiare il vento della ribellione verso gli Innocent: i nostri scapestrati protagonisti diventeranno dei veri e propri rivoluzionari senza neanche saperlo...
Titolo assai misconosciuto all'occidente, recentemente riesumato grazie al fansub, "Xabungle" è assieme a "Daitarn 3" e a alle "Time Bokan" il grande capostipite del genere parodistico in salsa robotica. Diretto da uno Yoshiyuki Tomino nel suo periodo di crisi depressiva, subito dopo il cupo "Ideon" e subito prima del nichilista "Dunbine", questo anime è un vero e proprio inno alla vita, una solare ed esilarante avventura che si potrebbe riassumere nel motto "Basta pensare, bisogna agire!". Nonostante la leggerezza dell'opera in questione, che non manca di un retroscena più serioso e riflessivo, il pensiero del grande regista viene in gran parte sviscerato a dovere: la critica alla corsa agli armamenti, che verrà ripresa in "Dunbine", la fiducia nelle giovani generazioni, l'assoluto pragmatismo e la conseguente rinuncia alla speculazione, le riflessioni sulla natura femminile, il nudo...
Il grande punto di forza di "Xabungle", oltre al suo irresistibile umorismo tamarro, sono i suoi personaggi: è difficile non affezionarsi a quel maschiaccio di Rag, che tuttavia nasconde una certa sensibilità e un grande bisogno di affetto; alla carinissima Eichi, che fa spesso sfoggio della sua isteria da perenne crisi mestruale e delle sue mutandine, rigorosamente bianche o verdi; al paffuto e tamarrissimo Jiron Amos, che agisce ancora prima di accendere il cervello, arrivando addirittura a spaccare i vetri blindati a testate; a Burume, irresistibile capellone che non vuole essere comandato da nessuno, sempre pronto a ribellarsi e dire la sua; a Fatman, vero e proprio poser in animazione, che durante alcune puntate ruberà in modo esilarante la scena agli altri comprimari. I personaggi sono tantissimi, tutti caratterizzati degnamente: non mancano le solite baronesse tominiane di mezza età che si riveleranno antagoniste tragiche; i cambi di fazione, i cattivi carismatici e sensibili (Lord Arthur in primis).
"Xabungle" è il "Gurren Lagann" prima di "Gurren Lagann". E' evidente che la blasonata opera della GAINAX, al di là del suo caratteristico citazionismo, abbia uno script decisamente ispirato all'opera di Tomino, da cui prende anche la filosofia di fondo, il messaggio positivo riguardante l'importanza dell'amicizia, il fatto che degli sprovveduti, che combattono sparando colpi di cannone a caso, riescano a tener testa a un oscuro nemico che agisce nell'ombra. Anche le ambientazioni prevalentemente desertiche del pianeta Zola ricordano molto quelle della prima parte di "Gurren Lagann" (la seconda, per quanto sia ancora debitrice di "Xabungle", è ispirata sopratutto alla "Getter Saga" di Ishikawa). Addirittura "Gurren Lagann" emula "Xabungle" per le incursioni nell'ecchi: non sarà raro vedere le mutande di Eichi, le tettone di Rag e tante altre zone erogene femminili su cui Tomino farà dell'ironia in modo assai grezzo e goliardico.
Negli aspetti tecnici, per la sua epoca, "Xabungle" eccelle in tutto: le animazioni sono sempre fluide e dinamiche, senza alcuna scena ripetuta, le musiche, sempre splendide, empatiche e inserite perfettamente nella sceneggiatura, in modo da sottolineare momenti buffi e scanzonati, oppure tristi e riflessivi - dopotutto stiamo parlando di Tomino nel suo periodo migliore. Il character design è proprio quello del veterano Tomonori Kogawa, lo stesso che ha disegnato i personaggi di "Ideon" e "Dunbine", altri picchi assoluti del maestro. Inutile dire che al mecha design ci sia il migliore, il leggendario Kunio Okawara, che qui si sbizzarrisce creando decine di nuovi robot ("Xabungle" ha avuto un grande successo nella vendita dei modellini, quindi non soffre di alcun taglio di budget, contrariamente a "Gundam" e "Ideon"). Menzione d'onore alle sigle: quella di apertura viene acclamata dai fan del genere robotico di tutto il mondo, quella di chiusura invece è molto orecchiabile e rende perfettamente quel senso di "avventura infinita" che Tomino vuole trasmetterci al di là delle gag e dei siparietti comici.
Con quest'opera, Tomino si diverte alla grande a fare ironia su ogni singolo cliché del genere: ci sono due "Xabungle" identici, le anticipazioni degli episodi prendono in giro la serie, i personaggi si lamentano del fatto che non sono abbastanza fighi, oppure si montano la testa e pensano veramente di esserlo - come quella scena in cui la bambina con i capelli a forma di cipolla esce da sotto la gonna di una ballerina, imbraccia il mitragliatore, spara a caso e dice: "Quanto sono figa!"; essi inoltre se ne usciranno con frasi del tipo "Questo è un lavoro degno del mecha che dà il nome alla serie", "Perché il regista non mi ha messo in una scena così epica?", "Non riesco a colpire nessuno, non sarà perché sono solamente un personaggio secondario?".
In conclusione, "Xabungle" è uno dei vertici massimi di Tomino, che nonostante una lentezza e una ripetitività a tratti logoranti, e una gamma limitatissima di ambientazioni, si rivela un gran bel titolo e, a mio avviso, la parodia del robotico meglio riuscita in assoluto. Il suo unico difetto, la ripetitività, non è così marcato come in "Dunbine", con i suoi ciclici filler tutti uguali uno all'altro, ma è attenuato dalla simpatia dei personaggi, dalla loro caratterizzazione perfetta e da quell'inimitabile umorismo autoriale onnipresente nella serie. Come accennavo, non mancheranno momenti seriosi e drammatici, come l'epica trentaseiesima puntata, e i vari momenti tristi in cui i personaggi cadranno nello sconforto, perdendo la fiducia in loro stessi. Visione obbligatoria per tutti i fan del robotico e di Tomino in generale, consigliata a tutti gli altri, che magari potrebbero riscoprire un piccolo capolavoro ingiustamente poco celebrato presso i nostri lidi.
Titolo assai misconosciuto all'occidente, recentemente riesumato grazie al fansub, "Xabungle" è assieme a "Daitarn 3" e a alle "Time Bokan" il grande capostipite del genere parodistico in salsa robotica. Diretto da uno Yoshiyuki Tomino nel suo periodo di crisi depressiva, subito dopo il cupo "Ideon" e subito prima del nichilista "Dunbine", questo anime è un vero e proprio inno alla vita, una solare ed esilarante avventura che si potrebbe riassumere nel motto "Basta pensare, bisogna agire!". Nonostante la leggerezza dell'opera in questione, che non manca di un retroscena più serioso e riflessivo, il pensiero del grande regista viene in gran parte sviscerato a dovere: la critica alla corsa agli armamenti, che verrà ripresa in "Dunbine", la fiducia nelle giovani generazioni, l'assoluto pragmatismo e la conseguente rinuncia alla speculazione, le riflessioni sulla natura femminile, il nudo...
Il grande punto di forza di "Xabungle", oltre al suo irresistibile umorismo tamarro, sono i suoi personaggi: è difficile non affezionarsi a quel maschiaccio di Rag, che tuttavia nasconde una certa sensibilità e un grande bisogno di affetto; alla carinissima Eichi, che fa spesso sfoggio della sua isteria da perenne crisi mestruale e delle sue mutandine, rigorosamente bianche o verdi; al paffuto e tamarrissimo Jiron Amos, che agisce ancora prima di accendere il cervello, arrivando addirittura a spaccare i vetri blindati a testate; a Burume, irresistibile capellone che non vuole essere comandato da nessuno, sempre pronto a ribellarsi e dire la sua; a Fatman, vero e proprio poser in animazione, che durante alcune puntate ruberà in modo esilarante la scena agli altri comprimari. I personaggi sono tantissimi, tutti caratterizzati degnamente: non mancano le solite baronesse tominiane di mezza età che si riveleranno antagoniste tragiche; i cambi di fazione, i cattivi carismatici e sensibili (Lord Arthur in primis).
"Xabungle" è il "Gurren Lagann" prima di "Gurren Lagann". E' evidente che la blasonata opera della GAINAX, al di là del suo caratteristico citazionismo, abbia uno script decisamente ispirato all'opera di Tomino, da cui prende anche la filosofia di fondo, il messaggio positivo riguardante l'importanza dell'amicizia, il fatto che degli sprovveduti, che combattono sparando colpi di cannone a caso, riescano a tener testa a un oscuro nemico che agisce nell'ombra. Anche le ambientazioni prevalentemente desertiche del pianeta Zola ricordano molto quelle della prima parte di "Gurren Lagann" (la seconda, per quanto sia ancora debitrice di "Xabungle", è ispirata sopratutto alla "Getter Saga" di Ishikawa). Addirittura "Gurren Lagann" emula "Xabungle" per le incursioni nell'ecchi: non sarà raro vedere le mutande di Eichi, le tettone di Rag e tante altre zone erogene femminili su cui Tomino farà dell'ironia in modo assai grezzo e goliardico.
Negli aspetti tecnici, per la sua epoca, "Xabungle" eccelle in tutto: le animazioni sono sempre fluide e dinamiche, senza alcuna scena ripetuta, le musiche, sempre splendide, empatiche e inserite perfettamente nella sceneggiatura, in modo da sottolineare momenti buffi e scanzonati, oppure tristi e riflessivi - dopotutto stiamo parlando di Tomino nel suo periodo migliore. Il character design è proprio quello del veterano Tomonori Kogawa, lo stesso che ha disegnato i personaggi di "Ideon" e "Dunbine", altri picchi assoluti del maestro. Inutile dire che al mecha design ci sia il migliore, il leggendario Kunio Okawara, che qui si sbizzarrisce creando decine di nuovi robot ("Xabungle" ha avuto un grande successo nella vendita dei modellini, quindi non soffre di alcun taglio di budget, contrariamente a "Gundam" e "Ideon"). Menzione d'onore alle sigle: quella di apertura viene acclamata dai fan del genere robotico di tutto il mondo, quella di chiusura invece è molto orecchiabile e rende perfettamente quel senso di "avventura infinita" che Tomino vuole trasmetterci al di là delle gag e dei siparietti comici.
Con quest'opera, Tomino si diverte alla grande a fare ironia su ogni singolo cliché del genere: ci sono due "Xabungle" identici, le anticipazioni degli episodi prendono in giro la serie, i personaggi si lamentano del fatto che non sono abbastanza fighi, oppure si montano la testa e pensano veramente di esserlo - come quella scena in cui la bambina con i capelli a forma di cipolla esce da sotto la gonna di una ballerina, imbraccia il mitragliatore, spara a caso e dice: "Quanto sono figa!"; essi inoltre se ne usciranno con frasi del tipo "Questo è un lavoro degno del mecha che dà il nome alla serie", "Perché il regista non mi ha messo in una scena così epica?", "Non riesco a colpire nessuno, non sarà perché sono solamente un personaggio secondario?".
In conclusione, "Xabungle" è uno dei vertici massimi di Tomino, che nonostante una lentezza e una ripetitività a tratti logoranti, e una gamma limitatissima di ambientazioni, si rivela un gran bel titolo e, a mio avviso, la parodia del robotico meglio riuscita in assoluto. Il suo unico difetto, la ripetitività, non è così marcato come in "Dunbine", con i suoi ciclici filler tutti uguali uno all'altro, ma è attenuato dalla simpatia dei personaggi, dalla loro caratterizzazione perfetta e da quell'inimitabile umorismo autoriale onnipresente nella serie. Come accennavo, non mancheranno momenti seriosi e drammatici, come l'epica trentaseiesima puntata, e i vari momenti tristi in cui i personaggi cadranno nello sconforto, perdendo la fiducia in loro stessi. Visione obbligatoria per tutti i fan del robotico e di Tomino in generale, consigliata a tutti gli altri, che magari potrebbero riscoprire un piccolo capolavoro ingiustamente poco celebrato presso i nostri lidi.
Nel desertico pianeta Zola una classe sociale povera e arretrata, i Civilian, può mantenersi solo lavorando con mezzi e attrezzature fornite dagli Innocent, il ceto ricco, acculturato e tecnologicamente avanzato che governa il mondo. In questa civiltà selvaggia senza diritto, l'unica legge attualmente in uso, stabilita dagli Innocent, è quella dei cosiddetti Tre Giorni: chi è vittima di un torto può ripararlo con ogni mezzo ritiene legittimo entro tale scadenza. Quest'equilibrio inizia a cambiare quando Jiron Amos, scatenato contadino appena diventato orfano, pur di vendicare i genitori, uccisi dall'assassino Timp, non esita a sfruttare il vascello mercantile Iron Gear e lo Xabungle, robottone da guerra appena rubato, per giurargli vendetta, infischiandosene delle regole e coinvolgendo così anche l'equipaggio della nave. Ma questo significa anche una ribellione all'ordine degli Innocent.
L'occasione di recuperare dall'oblio un lavoro semi-sconosciuto e, al contempo, di gran valore come "Xabungle" permette ancora una volta di confermare, in Yoshiyuki Tomino, le doti del più grande innovatore che il genere robotico abbia avuto fino a oggi. Un regista che, in quasi tutte le sue opere degli anni d'oro, gli Ottanta, ha sfornato così tante idee avveniristiche da trasformarle in grandissime influenze nel genere, sopratutto nelle più acclamate hit moderne. Pensiamo alla presenza, in "Xabungle", di ben due unità del mecha protagonista, guidate da due personaggi diversi; al cambio di una di esse, a metà serie, con un nuovo modello, o ancora all'idea del colpo di stato che si consuma nella fazione dei cattivi. In "Xabungle" si anticipano poi intuizioni di "Macross" nella gigantesca astronave, l'Iron Gear, che all'occorrenza può trasformarsi in un gigantesco robottone, e sopratutto dell'ultimo maxi-successo GAINAX, "Gurren Lagann", il cui primo arco narrativo, per ambientazioni e trama, si può quasi definire un remake, cosa probabile vista la nota tradizione rielaborativo-citazionistica dello studio di Hideaki Anno. Ma il mecha-western di Tomino è molto, molto di più. Recuperando, proprio nel periodo depressivo che dà i natali alle tragiche atmosfere di "Ideon", "Dunbine" e "Z Gundam", un'incredibile vena comica, eredità di "Daitarn 3", il regista realizza in "Xabungle" una nuova, straordinaria parodia del genere robotico, probabilmente la più divertente mai realizzata.
È una storia estremamente lineare quella che si presenta allo spettatore: lo scatenato Jiron costringe i membri dell'Iron Gear a iniziare una guerra contro il malvagio Timp, e presto il conflitto si trasforma in una gigantesca ribellione verso gli Innocent che porta a scoprire i misteri dietro la nascita del pianeta Zola e all'identità dei due ceti sociali che lo abitano. Soggetto estremamente semplice e raccontato con una lentezza disarmante, segno di come la serie nasca probabilmente con l'intenzione di trascinare a lungo il suo semplice pretesto, ma capace di offrire, proprio per la sua lunga durata, uno sterminato numero di gag che si sposano perfettamente con personaggi così carismatici da imprimersi indelebilmente nella memoria dello spettatore. Più che la storia di buzzurri che intendono scacciare le élite intellettuali che stanno al potere, "Xabungle" è solo il nome della serie animata che ha come protagonisti Jiron Amos, folle ragazzo dall'improponibile naso a patata che rinsavisce a furia di schiaffoni i compagni nei momenti di difficoltà (piangendo pure!) e che, se lo minacci con un pugnale, te lo addenta, lo distrugge e ti sputa pure le schegge contro. E' la storia di Elchi, irascibile e avvenente proprietaria dell'Iron Gear combattuta tra la cultura degli Innocent e il rozzo carisma dell'eroe; di Fatman, schiavo culturista di Elchi che non sa fare niente, a parte mostrare i muscoli gratuitamente e stare perennemente a braccia conserte a fissare il vuoto, fungendo da valvola di sfogo da prendere a pugni da chi invece si dà da fare; di Rag, giovane capo di predoni del deserto che un giorno combatte per l'Iron Gear e un altro mira a fuggirne via rubandone i preziosi, e così via. Una folta galleria di personalità esilaranti, molto parossistici e proprio per questo ci si affeziona subito a loro.
Pur tenendo conto di un intreccio esile che talvolta scivola in atmosfere drammatiche, concedendosi addirittura soluzioni narrative non banali (non è sbagliato definire il soggetto di "∀ Gundam" una sua rilettura, ma per evitare anticipazioni mi fermo qui), la forza di "Xabungle" è di non prendersi mai sul serio, anche nei momenti cosiddetti tragici. Impossibile farlo con questi buffissimi mecha per niente eleganti, le walker machine, che sparano sciando sulla neve o cavalcando le onde con un surf, che quando sono a corto di munizioni abbattono i nemici saltandogli ripetutamente sopra di peso; o con il robot protagonista, lo Xabungle, che si pilota con un volante (!) dopo averlo azionato con la chiavetta d'accensione (!!). Stesso discorso i cattivi, guidati dal malvagio Timp che si atteggia da Clint Eastwood, con tanto di cappello da cowboy e sigaro, ma ruzzola giù dai tetti dopo avere messo un piede in fallo, ingoia il mozzicone del sigaro per sbaglio mentre parla e si ustiona la mano senza accorgersi dove l'ha appoggiata; o dal demenziale Horla, pretendente di Elchi che vuole uccidere Jiron solo per diventare il protagonista dell'anime. Allo stesso tempo indimenticabile la voce del narratore, tanto che "Xabungle" diviene una delle rarissime, forse l'unica serie tv di cui vale la pena vedere anche le preview del prossimo episodio o il riepilogo di quello precedente, per sentire perle quali "finalmente la storia si tinge di dramma! Lo avresti mai pensato?!", "in una serie realistica come questa l'amore non basta a risolvere tutto!", "soffri, spettatore, per il triste destino di...!". Atmosfere da sberleffo puro che valgono ovviamente anche per i dialoghi, tra "noi siamo personaggi di terz'ordine, non riusciremo mai a colpirlo!", "questo è un anime, il robot può fare qualsiasi cosa!" e così via.
Ci si diverte e davvero molto, in questo bizzarro, irresistibile western dove ogni episodio è atteso spasmodicamente per vedere quali nuove gag inventeranno gli sceneggiatori e di quali spacconate sarà capace Jiron. Apprezzando anche, tra una presa in giro e l'altra, la rielaborazione fantascientifica di pezzi di Storia contemporanea - il mare di fango in cui vive, confinata dagli Innocent, la popolazione degli hanawan, palese riferimento alle riserve indiane dei pellerossa d'America -; buffe satire sui cosiddetti "rivoluzionari da salotto" che vogliono comandare eserciti di ribelli usando la sola oratoria perché totalmente privi di capacità in battaglia; o sull'ovvio conflitto di idee tra Jiron e compagni, rozzi e analfabeti che combattono a testa bassa senza pensare ad alcuna strategia di battaglia, ed Elchi, istruita e acculturata ma che si perde troppo in mille pensieri e burocrazia.
E si apprezza come, in questa serie dichiaratamente cazzara, non manchi un avveniristico comparto tecnico, con animazioni davvero ottime, a tratti impressionanti, frutto di un cospicuo budget che si sente in ogni momento. Davvero azzeccati anche il character design di un ritrovato Tomonori Kogawa, che dopo "Ideon" torna a tratteggiare look di una semplicità estetica paradossalmente "autoriale", e la favolosa opening Shippu Xabungle, dalle sonorità così divertenti e dai ritornelli così irresistibili da dare assuefazione.
Nonostante possa sembrare fuorviante consigliare 50 episodi di una serie tanto leggera e disimpegnata, "Xabungle" ha tanto di quel carisma da potere reggere tranquillamente una visione non solo semplice, ma anche appassionante, sicuramente una di quelle opere per nulla serie ma non per questo "minori" di Tomino. Un altro tassello, finalmente riscoperto, di quelle produzioni robotiche fondamentali e influenti del genere che solo ora, a trent'anni dalla loro uscita, possono godere, col fansub, della meritata fama da parte degli animefan di tutto il mondo.
L'occasione di recuperare dall'oblio un lavoro semi-sconosciuto e, al contempo, di gran valore come "Xabungle" permette ancora una volta di confermare, in Yoshiyuki Tomino, le doti del più grande innovatore che il genere robotico abbia avuto fino a oggi. Un regista che, in quasi tutte le sue opere degli anni d'oro, gli Ottanta, ha sfornato così tante idee avveniristiche da trasformarle in grandissime influenze nel genere, sopratutto nelle più acclamate hit moderne. Pensiamo alla presenza, in "Xabungle", di ben due unità del mecha protagonista, guidate da due personaggi diversi; al cambio di una di esse, a metà serie, con un nuovo modello, o ancora all'idea del colpo di stato che si consuma nella fazione dei cattivi. In "Xabungle" si anticipano poi intuizioni di "Macross" nella gigantesca astronave, l'Iron Gear, che all'occorrenza può trasformarsi in un gigantesco robottone, e sopratutto dell'ultimo maxi-successo GAINAX, "Gurren Lagann", il cui primo arco narrativo, per ambientazioni e trama, si può quasi definire un remake, cosa probabile vista la nota tradizione rielaborativo-citazionistica dello studio di Hideaki Anno. Ma il mecha-western di Tomino è molto, molto di più. Recuperando, proprio nel periodo depressivo che dà i natali alle tragiche atmosfere di "Ideon", "Dunbine" e "Z Gundam", un'incredibile vena comica, eredità di "Daitarn 3", il regista realizza in "Xabungle" una nuova, straordinaria parodia del genere robotico, probabilmente la più divertente mai realizzata.
È una storia estremamente lineare quella che si presenta allo spettatore: lo scatenato Jiron costringe i membri dell'Iron Gear a iniziare una guerra contro il malvagio Timp, e presto il conflitto si trasforma in una gigantesca ribellione verso gli Innocent che porta a scoprire i misteri dietro la nascita del pianeta Zola e all'identità dei due ceti sociali che lo abitano. Soggetto estremamente semplice e raccontato con una lentezza disarmante, segno di come la serie nasca probabilmente con l'intenzione di trascinare a lungo il suo semplice pretesto, ma capace di offrire, proprio per la sua lunga durata, uno sterminato numero di gag che si sposano perfettamente con personaggi così carismatici da imprimersi indelebilmente nella memoria dello spettatore. Più che la storia di buzzurri che intendono scacciare le élite intellettuali che stanno al potere, "Xabungle" è solo il nome della serie animata che ha come protagonisti Jiron Amos, folle ragazzo dall'improponibile naso a patata che rinsavisce a furia di schiaffoni i compagni nei momenti di difficoltà (piangendo pure!) e che, se lo minacci con un pugnale, te lo addenta, lo distrugge e ti sputa pure le schegge contro. E' la storia di Elchi, irascibile e avvenente proprietaria dell'Iron Gear combattuta tra la cultura degli Innocent e il rozzo carisma dell'eroe; di Fatman, schiavo culturista di Elchi che non sa fare niente, a parte mostrare i muscoli gratuitamente e stare perennemente a braccia conserte a fissare il vuoto, fungendo da valvola di sfogo da prendere a pugni da chi invece si dà da fare; di Rag, giovane capo di predoni del deserto che un giorno combatte per l'Iron Gear e un altro mira a fuggirne via rubandone i preziosi, e così via. Una folta galleria di personalità esilaranti, molto parossistici e proprio per questo ci si affeziona subito a loro.
Pur tenendo conto di un intreccio esile che talvolta scivola in atmosfere drammatiche, concedendosi addirittura soluzioni narrative non banali (non è sbagliato definire il soggetto di "∀ Gundam" una sua rilettura, ma per evitare anticipazioni mi fermo qui), la forza di "Xabungle" è di non prendersi mai sul serio, anche nei momenti cosiddetti tragici. Impossibile farlo con questi buffissimi mecha per niente eleganti, le walker machine, che sparano sciando sulla neve o cavalcando le onde con un surf, che quando sono a corto di munizioni abbattono i nemici saltandogli ripetutamente sopra di peso; o con il robot protagonista, lo Xabungle, che si pilota con un volante (!) dopo averlo azionato con la chiavetta d'accensione (!!). Stesso discorso i cattivi, guidati dal malvagio Timp che si atteggia da Clint Eastwood, con tanto di cappello da cowboy e sigaro, ma ruzzola giù dai tetti dopo avere messo un piede in fallo, ingoia il mozzicone del sigaro per sbaglio mentre parla e si ustiona la mano senza accorgersi dove l'ha appoggiata; o dal demenziale Horla, pretendente di Elchi che vuole uccidere Jiron solo per diventare il protagonista dell'anime. Allo stesso tempo indimenticabile la voce del narratore, tanto che "Xabungle" diviene una delle rarissime, forse l'unica serie tv di cui vale la pena vedere anche le preview del prossimo episodio o il riepilogo di quello precedente, per sentire perle quali "finalmente la storia si tinge di dramma! Lo avresti mai pensato?!", "in una serie realistica come questa l'amore non basta a risolvere tutto!", "soffri, spettatore, per il triste destino di...!". Atmosfere da sberleffo puro che valgono ovviamente anche per i dialoghi, tra "noi siamo personaggi di terz'ordine, non riusciremo mai a colpirlo!", "questo è un anime, il robot può fare qualsiasi cosa!" e così via.
Ci si diverte e davvero molto, in questo bizzarro, irresistibile western dove ogni episodio è atteso spasmodicamente per vedere quali nuove gag inventeranno gli sceneggiatori e di quali spacconate sarà capace Jiron. Apprezzando anche, tra una presa in giro e l'altra, la rielaborazione fantascientifica di pezzi di Storia contemporanea - il mare di fango in cui vive, confinata dagli Innocent, la popolazione degli hanawan, palese riferimento alle riserve indiane dei pellerossa d'America -; buffe satire sui cosiddetti "rivoluzionari da salotto" che vogliono comandare eserciti di ribelli usando la sola oratoria perché totalmente privi di capacità in battaglia; o sull'ovvio conflitto di idee tra Jiron e compagni, rozzi e analfabeti che combattono a testa bassa senza pensare ad alcuna strategia di battaglia, ed Elchi, istruita e acculturata ma che si perde troppo in mille pensieri e burocrazia.
E si apprezza come, in questa serie dichiaratamente cazzara, non manchi un avveniristico comparto tecnico, con animazioni davvero ottime, a tratti impressionanti, frutto di un cospicuo budget che si sente in ogni momento. Davvero azzeccati anche il character design di un ritrovato Tomonori Kogawa, che dopo "Ideon" torna a tratteggiare look di una semplicità estetica paradossalmente "autoriale", e la favolosa opening Shippu Xabungle, dalle sonorità così divertenti e dai ritornelli così irresistibili da dare assuefazione.
Nonostante possa sembrare fuorviante consigliare 50 episodi di una serie tanto leggera e disimpegnata, "Xabungle" ha tanto di quel carisma da potere reggere tranquillamente una visione non solo semplice, ma anche appassionante, sicuramente una di quelle opere per nulla serie ma non per questo "minori" di Tomino. Un altro tassello, finalmente riscoperto, di quelle produzioni robotiche fondamentali e influenti del genere che solo ora, a trent'anni dalla loro uscita, possono godere, col fansub, della meritata fama da parte degli animefan di tutto il mondo.