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Kondo

Episodi visti: 11/11 --- Voto 1
Se puoi esprimere un concetto in due parole e ne usi dieci, hai sprecato otto parole. Se non c’era nessun concetto da esprimere, hai sprecato una buona occasione per restare in silenzio

Detesto chi non ha rispetto per l’ambiente e il prossimo. Gente che spreca sconsideratamente risorse vitali come l’acqua o il cibo, che insozza mari e fiumi con liquami e scorie, che rompe i timpani delle persone col rumore della marmitta truccata o della musica dozzinale sparata a 200 decibel, che riempie spiagge e campagne di spazzatura. Odiosi inquinatori.

E la parola? Beh, la parola è una cosa particolare. Se è piena di significato, è una risorsa vitale, se è vuota, invece, è pura spazzatura. “Le parole sono importanti!”, urlava Nanni Moretti, dopo aver dato una sberla a una giornalista, in un’iconica scena di Palombella Rossa. Ecco, in questo momento, tradito da un sorriso, immagino nella mia testa un diluvio di sberle che travolgono l’autore di “The Tatami Galaxy”. Odioso inquinatore.

Me l’ha consigliato una mia amica. E voi direte: “Se questi sono gli amici, figuriamoci i nemici!” E forse avreste anche ragione. Ma tant’è, indipendentemente da come sia successo, io ho accettato di guardare “The Tatami Galaxy” e me ne assumo la responsabilità.

Se dovessi scegliere una parola che sintetizzi compiutamente cos’è “The Tatami Galaxy sarebbe una sola: logorrea

Una logorrea tartassante, inesauribile, esasperante.
Il protagonista (non ha nome, io lo chiamerò “Tizio”), che è anche la voce narrante, è un esaurito che non la smette mai di parlare, neanche per un minuto. O meglio, di pensare, perché di dialoghi con altri personaggi ce ne sono ben pochi: in ogni episodio di “The Tatami Galaxy” non facciamo altro che sentire ininterrottamente le sue paturnie mentali, senza sosta, che corrispondono al 99% delle parole che sentiremo, nonché, in fondo, della trama, perché di solito, quando una cosa accade, noi non la vediamo, ce la racconta (purtroppo) lui.

Tizio è un logorroico allucinante: se per dire una cosa bastano due parole, lui ne usa cento e ce le vomita addosso alla velocità della luce, manco dovesse battere il record mondiale di parole dette al secondo. Una roba davvero insensata. Ciò significa che per te, povero spettatore, è assolutamente impossibile stare al passo con i sottotitoli: sei costretto a mettere continuamente pausa, per poter leggere ogni papiro di sottotitolo prima che sparisca, e poi di nuovo col prossimo sottotitolo e col prossimo. Rendendo la visione di una pesantezza unica.
E considerate che Tizio ci ammorba col suo flusso di coscienza in continuazione, ogni trenta secondi o anche meno. In sostanza, se vuoi leggere tutto quello che dice, per vedere un episodio da venti minuti perdi mezz’ora.

Inoltre, la voce interiore di Tizio è costantemente monotòna, asettica, completamente priva di qualunque inflessione emotiva. Immaginate un episodio intero in cui c’è una specie di rumore costante rappresentato da ‘sta voce fastidiosa con tono da automa che parla a velocità supersonica. Guardare “The Tatami Galaxy” ti fa sperimentare cosa prova una persona soggetta ad acufene.

Ma almeno dice cose interessanti? No.
La cosa più terrificante di questi suoi monologhi è infatti che sono pura aria fritta. Dicesse mai qualcosa di profondo, di intimo, di arguto, di divertente, di ironico, di triste. Ci fosse mai un’emozione. Le sue non sono riflessioni, non esprimono solitamente nessun concetto, non sono neanche veri pensieri: sono solo uno sterile ammasso di dettagli. Dettagli descrittivi di qualcosa, di qualcuno o di qualche situazione.

Per darvi un’idea, provo ora a fare un esperimento insieme a voi. Ho preso in questo momento un episodio a caso e ho piazzato la riproduzione in un punto totalmente a caso: banale scena di intermezzo, si vede un vecchio edificio. Tizio potrebbe tranquillamente non dire niente, l’immagine parla da sé. Se proprio volesse dire qualcosa, basterebbero cinque parole: “Abito in un edificio decrepito”. Invece no, in quei pochi secondi di inutile intermezzo Tizio dice: “Il sottoscritto passa le giornate alla pensione Shimogamo Yusui, dietro la stazione di Demechiyanagi della linea Eizan. È un edificio di legno di tre piani che sembra sempre sul punto di crollare. Il suo preoccupante aspetto decadente lo rende paragonabile a un importante punto di riferimento culturale, ma non stento a credere che, se svanisse da un giorno all’altro, non importerebbe a nessuno”.

Detto tutto d’un fiato, senza pause, in nemmeno dieci secondi.
Dettagli su dettagli su dettagli. Inutili, ridondanti, che non avranno nessun tipo di importanza nella trama, ma che trasformano un banale intermezzo in cui avremmo potuto riposare le orecchie per dieci secondi nell’ennesimo accumulo di stress: devi mettere in pausa tre volte, per riuscire a leggere tutto ‘sto papiro e alla fine, come sempre, ti ritrovi con la frustrazione di aver perso inutilmente il tuo tempo, perché anche stavolta era tutto completamente superfluo. E la prossima volta (tra venti-trenta secondi) accadrà ancora e tu di nuovo a mettere pausa e leggere per timore di perderti chissà quale informazione importante, che puntualmente non c’è. O se quantomeno c'è un'informazione di trama, essa consiste in quattro parole disperse in mezzo ad altre duecento di pura aria fritta. E accumuli altra frustrazione. Alla fine di ogni episodio mi sentivo pieno solamente di stress.

“The Tatami Galaxy” è questa roba qua: una masturbazione mentale continua, martellante, esasperante, che Tizio ci getta addosso ogni momento. Mi viene il dubbio che il senso sia farci provare l’esperienza di vivere nella testa di un nevrotico da manicomio e far diventare nevrotici anche noi.
Nevrotici con acufene.

C’è luce oltre le ‘seghe mentali’?

Mi rendo conto che la mia repulsione per la logorrea compulsiva ha sicuramente compromesso molto la visione di questo anime, che personalmente ho vissuto come un’autentica agonia. Non è facile per me riuscire ad andare oltre, dare una valutazione anche su tutto il resto, anche perché le ‘seghe mentali’ di Tizio occupano la quasi totalità di ciò che si sente e che accade nel cartone animato; tolte quelle, non è che rimanga tanto altro, onestamente. Ma proverò a fare lo sforzo.

Innanzitutto, merita una menzione lo stile visivo, che è sicuramente qualcosa di diverso dal solito. Sperimentale, potremmo dire. Una via di mezzo tra la pop e la street art. Essendo così strano, va a gusto personale: può piacere un sacco, come può fare schifo. A me non è piaciuto molto, specialmente all’inizio ho trovato i disegni brutti e poco accattivanti, poi verso le ultime puntate lo stile va a migliorare, diventando un po’ più decorativo e con inserti di immagini reali ecc. In definitiva: è particolare, io non l’ho gradito molto, ma de gustibus.

Per quanto riguarda il concept di base: il protagonista è uno studente deluso dalla sua vita universitaria, e così, finiti i tre anni, si trova a ripensare con rimpianto al passato, pensando che magari, se all’inizio avesse fatto una scelta differente (ad esempio, se si fosse iscritto a un club diverso), allora chissà, forse la sua vita avrebbe preso un’altra piega e questi tre anni universitari sarebbero stati belli, rosei, perfetti e pieni di soddisfazioni.
La struttura della serie assume dunque quella di un format di tipo “what-if”: in ogni episodio lui si ritrova all’inizio del suo primo anno universitario, fa una scelta differente e vediamo lo sviluppo di questa realtà alternativa che si concluderà però nello stesso modo, perché alla fine della fiera le cose vanno a finire sempre male e lui rimane di nuovo insoddisfatto.
Essendo un format, le puntate rappresentano la quintessenza della ripetitività e della prevedibilità. Sai già cosa vedrai: si ricomincerà da capo, Tizio ripeterà le stesse parole introduttive, farà una scelta iniziale diversa, questa prenderà una piega negativa, la chiromante a metà episodio gli dirà che la soluzione ce l’ha davanti agli occhi (e tutti noi spettatori, sin dalla puntata 1, sappiamo benissimo quale sia), non la seguirà, alla fine i tre anni andranno male, sarà insoddisfatto e al prossimo episodio punto e a capo. Le cose che accadono sono in sostanza sempre le stesse, semplicemente si ripropongono in una veste diversa.
E non si può nemmeno dire che insieme formino un mosaico, sono proprio identiche.

Detto questo, non è che una serie impostata come format debba per forza essere noiosa. Può comunque risultare interessante e intrattenere, se riesce in qualche modo a rinnovarsi ad ogni iterazione. Se ad essere interessante non è il “cosa”, può esserlo il “come”.
Peccato non sia il caso di “The Tatami Galaxy”. Le scene, tranne rarissimi casi, non sono divertenti (né provano ad esserlo), non sono riflessive o profonde, non hanno nemmeno una carica emotiva.
Mi sarei allora aspettato una complessità d’intreccio, che magari tra un episodio e l’altro ci fossero collegamenti o cose del genere, e invece no: rarissimamente c’è qualche deja-vu, ma niente di che, dettagli superflui senza nessun particolare significato.
Inoltre, il protagonista nel corso delle puntate non mostra nessuna evoluzione: non ha coscienza degli episodi passati e dunque non ne può trarre insegnamento, è sempre tale e quale, fossilizzato nella sua nevrosi. Quindi, anche la speranza di vedere un graduale processo di crescita del personaggio viene delusa. Gli altri personaggi sono solo macchiette, comparse, si vedono pochissimo. È tutto molto, molto piatto.

Da un punto di vista introspettivo poco o niente, il massimo livello di riflessione esistenziale a cui si arriva in tutta la serie è quando, verso la fine, quella specie di bonzo, la cui unica particolarità era emettere rumori sgradevoli mentre mangiava, gli fa un illuminante sermone, rivelandogli che la rosea vita universitaria perfetta non esiste (ma va!), per cui, se ti poni obiettivi irrealizzabili, rimarrai sempre insoddisfatto.
Me cojoni, che profondità... Socrate, spostati proprio.

Tutto questo fino alla penultima puntata, allorché si spezza il format.
Ovvio che accadesse, perché, per dare una conclusione, bisognava per forza rompere il format, dunque qualcosa ci si doveva pur inventare. E quello che si sono inventati è una delle cose, in fondo, più telefonate: il protagonista prende consapevolezza di questi scenari alternativi, rendendosi conto che, nonostante ai tempi se ne lamentasse, in fondo non erano poi così male. Tutto qui.
Non aspettatevi plot-twist del tipo che il finale svelerà una chiave di lettura che darà un significato del tutto nuovo a quello che avevamo visto nelle puntate precedenti, o cose del genere: quello che avevamo visto finora era proprio quello, quel piattume li, né più né meno.
È un finale abbastanza banale.
Semplicemente, il protagonista capisce che la perfezione non esiste, questa è la vita, non ci sono più le mezze stagioni, bisogna cogliere l’attimo, e così Tizio fa finalmente quello che tutti noi, sin dalla prima puntata, sapevamo dovesse fare e la cosa sortisce esattamente l’effetto che tutti noi, sin dalla prima puntata, sapevamo avrebbe sortito. Happy end.
"Geniuale"

Conclusione

Un'allucinazione collettiva.

Ero pronto all’instant drop dopo dieci minuti della prima puntata. Avevo sempre avuto quella soluzione davanti agli occhi, bastava coglierla e avrei scansato ‘sto fosso. E invece sono andato avanti fino alla fine. Perché? Mah. È che ‘sta serie faceva così pietà, che non riuscivo a spiegarmi perché me l’avessero consigliata e perché avesse voti così strabilianti su questo sito, per cui mi si era insinuato seriamente il dubbio che la situazione si potesse ribaltare davvero. E, attenzione, se fossero stati in grado di ribaltarla, sarebbe stata una cosa veramente clamorosa.
Sono quindi andato avanti per la curiosità di scoprire cosa potesse mai succedere nel finale, per riabilitare ‘sta roba. Risposta: niente.

Ho visto cartoni animati più brutti e scadenti, ma li vedevo con leggerezza, proprio perché facevano schifo, in chiave trash erano anche divertenti. Ho visto cartoni animati più noiosi, ma alla peggio mi facevano addormentare. Ho visto cartoni animati più pretenziosi, ma alla brutta mi facevano sbuffare. Ho visto anche cartoni animati molto fastidiosi, ma li ‘droppavo’ dopo una puntata. Qua no. E ho accumulato fastidio e stress per undici puntate.

Il risultato è quella che, probabilmente, ho vissuto come l’esperienza visiva di un anime peggiore della mia vita.
L’unica nota positiva è stata che, a un certo punto, è finita.


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Felpato12

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
“Ai tempi del liceo non partecipavo ad alcuna attività di club e passavo tutto il mio tempo libero insieme a un gruppo di altri fannulloni come me. Ma ora ero uno studente nuovo di zecca al primo anno d'università e infinite porte per il mistico tesoro chiamato “Rosea Vita del Campus” erano aperte di fronte a me. Ero quasi ebbro dalla gioia. Infine, la mia scelta cadde sul...”

Tratto dall’omonimo romanzo di Tomihiko Morimi, “The Tatami Galaxy - Miti e leggende della stanza da quattro tatami e mezzo” è una serie televisiva anime di undici episodi, prodotta da Madhouse e diretta dall’inimitabile Masaaki Yuasa. Geniale, visionario, sorprendente, comico, didascalico e scegliete voi altri aggettivi per descriverlo, “The Tatami Galaxy” è uno di quegli anime che ti penetra nell’animo, si scolpisce a fondo nella memoria dello spettatore e fa vivere, a chiunque lo guardi, un’esperienza unica nel suo genere. Annoverabile tra i grandi capolavori del nostro secolo, “The Tatami Galaxy” è anche la serie che ha portato al successo Masaaki Yuasa, concedendo al mondo intero il privilegio di conoscere il suo genio sconfinato.

La trama di “The Tatami Galaxy” è, in realtà, il resoconto romanzato di alcune esperienze vissute dall’autore stesso, ossia Tomihiko Morimi, all'Università di Kyoto. La storia segue le vicende di uno studente senza nome al terzo anno di università e di come questi senta di aver perso tempo in un particolare, ma diventeranno poi vari, circolo universitario durante i suoi primi due anni. Qui ha incontrato Ozu, un altro studente al suo stesso anno di università, che lo ha coinvolto in situazioni e missioni di dubbia moralità. Si viene a sapere, inoltre, che il protagonista è innamorato di Akashi, una studentessa di ingegneria a cui fa varie promesse e di cui sembrerebbe essere profondamente innamorato. Due anni sono passati da quando è entrato all’università e la tanto agognata “Rosea Vita del Campus” sembra essere una mera chimera. Se solo si rendesse conto dell’opportunità che ha davanti agli occhi...

Watashi, questo il nome mai pronunciato del protagonista, è un sognatore. Il suo dichiarato obiettivo, una volta entrato all’università, è quello di lasciarsi alle spalle la monotona e insoddisfacente vita del liceo, e crede di poterci riuscire entrando a far parte di uno dei tanti circoli universitari, principali luoghi di aggregazione per studenti della sua età. Nel corso dell’anime, con un escamotage del tutto innovativo, che intende mostrare allo spettatore le differenti e infinite possibilità che si offrono a Watashi, vediamo il nostro occhialuto protagonista tentare la fortuna con vari circoli, senza mai raggiungere la tanto desiderata “Rosea Vita del Campus”, e anzi giungendo quasi sempre allo stesso triste epilogo. E ogni qual volta la sua scelta si rivela essere disastrosa, attribuisce la colpa del suo fallimento a tutto e a tutti, tranne che a sé stesso. In quanto sognatore, Watashi vive perennemente con gli occhi chiusi, alla Federigo Tozzi, e, come gli rimprovera più volte la veggente, non si rende conto dell’opportunità che ha davanti agli occhi. Watashi rifugge la realtà, dunque, si rifiuta di credere che la colpa dei suoi reiterati fallimenti possa essere la sua, non concepisce l’idea di accettarsi per come è, volendo cambiare a tutti i costi, e soprattutto cerca altrove ciò che potrebbe trovare dentro di sé e che ha a portata di mano. “The Tatami Galaxy” pone la sua attenzione su un grande problema della società moderna: la sua perenne insoddisfazione. In una società che non sa fare altro che correre, con le mode che cambiano così come cambiano le stagioni, siamo sempre scontenti di ciò che abbiamo e desideriamo avere altro, senza renderci conto che, in realtà, ciò che possediamo è già abbastanza prezioso.

Morimi propone una critica forte e lo fa servendosi di dialoghi incalzanti e delle animazioni di un Yuasa in forma smagliante. Sul lavoro di quest’ultimo c’è poco da dire, o lo ami o lo odi, la via di mezzo non esiste. Io personalmente adoro il suo stile, il suo saper mescolare disegni e fotografie e la fluidità dei suoi personaggi. Tra questi, il più riuscito è, a mio modesto avviso, il Maestro Higuchi, dispensatore di massime di vita, tra cui una, che rende bene la saggezza infinita del personaggio e il messaggio di Morimi: “Devi accettare che tu sei la persona qui, adesso, e che tu non puoi diventare nessun altro oltre quella persona”.

Per una volta nella vita, fermatevi e guardatevi “The Tatami Galaxy”.


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ViaPiaveSniper

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9,5
"The Tatami Galaxy" è sicuramente un anime non adatto a tutti.
Per quanto mi riguarda, è un capolavoro che trasporta chi lo guarda in un'altra dimensione. Dal punto di vista tecnico, lo stile di Yuasa così morbido, plastico e realistico crea un contrasto perfetto con il tratto semplice e i pattern delle campiture. Lo stile di narrazione frenetico può non piacere a tutti, ma è voluto in opposizione a un comparto sonoro calmo e rilassante, che personalmente trovo piacevolissimo. Man mano che si va avanti con le puntate, si ha voglia di vedere cosa succede in questa vita universitaria così scapestrata ma anche così ricca di opportunità, così veloce ma anche così rilassante. Un periodo universitario che molti di noi hanno vissuto e che mi ha riportato indietro nel tempo.
Un viaggio che vale la pena di vivere e vedere.


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nanachi

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8,5
Trovo che sia veramente difficile fornire una critica oggettiva all'anime. Sicuramente è un capolavoro, soprattutto per quanto riguarda l'ambito dell'animazione. Si trova infatti un'animazione molto originale, creativa, si potrebbe ben dire geniale. Ciò che però non apprezzo dell'anime e trovo estenuante, fin troppo, è la sua ripetitività nel corso degli episodi. Viene presentata una morale interessante, che si rifà anche un po' alla filosofia del carpe diem, del cogliere l'attimo, di comprendere le proprie opportunità e aderirci. Trovo però allo stesso tempo che tale morale sia ben comprensibile, e che quindi non necessitasse di una lunga spiegazione. Perciò non apprezzo come vi siano dieci episodi ripetuti, dove ogni volta la trama è la stessa e si giunge sempre al solito finale. Questa ripetitività risulta eccessiva, non perchè l'anime sia troppo pesante, poiché si viene sempre invogliati a guardarlo grazie dalla stupenda animazione in esso, però trovo che comunque non fosse necessario porre dieci episodi per una trama che non li necessitava e che quindi risulta a tratti noiosa.


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MartinoMystero

Episodi visti: 11/11 --- Voto 7,5
Se il buon narratore è colui che cattura la tua attenzione con un incipit intrigante; che ti prende per mano e ti fa entrare nel suo mondo, catapultandoti in una realtà, magari fantastica, ma comunque realistica, ricca di discorsi fluidi e chiari, con storie tanto articolate quanto comprensibili; che ti fa vivere un’avventura avvincente ed entusiasmante; che riesce a creare una forte empatia verso i suoi personaggi, a farteli amare od odiare e che ti fa vivere le loro gioie e i loro dolori, come fossero i tuoi; che ti inchioda davanti allo schermo e che ti fa venire voglia di andare avanti di minuto in minuto, di episodio in episodio, fino a lasciarti un senso di vuoto, allo scorrere dei titoli di coda; allora Tomihiko Morimi, scrittore del romanzo, e Masaaki Yuasa, che ne ha curato la regia, sono dei pessimi storyteller, anzi, potremmo tranquillamente definirli dei buttafuori della narrazione.

Non avendo letto la novel originale, che purtroppo è inedita nel nostro Paese, non ho idea di quanto in questo anime ci sia del primo e quanto del secondo. Quello che posso dire è che “The Tatami Galaxy” non fa nessuno sforzo per sedurre il potenziale spettatore, dato che già la locandina presenta dei disegni tanto schematici, quanto confusionari, da far sentire il desiderio, a chi vi si imbatte, di scartarla senza tante remore, e nel caso qualcuno decidesse di darle comunque un’opportunità, tutti quei cattivi presagi, che potevano essere balenati nella sua mente, sarebbero, sul momento, confermati.

I personaggi sono orripilanti, anche quelli che non dovrebbero esserlo, i loro movimenti sono goffi e sgraziati; i fondali sembrano disegnati da un bambino delle elementari; ogni tanto vengono buttate dentro fotografie o piccole riprese dal vivo, con un effetto piuttosto disturbante; i discorsi consistono, nella maggior parte dei casi, in lunghissimi monologhi perdifiato, che hanno lo stesso ritmo di un rap, per di più, non essendoci la traduzione in italiano, si è costretti ad usare in continuazione il tasto pausa, in modo da poter leggere bene i sottotitoli (bianchi su sfondo quasi sempre bianco). In sostanza, il povero spettatore che ha la fortuna (o sfortuna) di incappare in questa creazione, si ritrova accolto da un fuoco di sbarramento tale, da avere la sensazione di stare davanti a un cartello con la scritta “Stammi lontano!”. Cosa che anche il sottoscritto avrebbe fatto volentieri, se non avesse letto tutte le ottime recensioni su di esso, ed effettivamente, seppur lo stile espositivo rimanga per l’intera serie tutt’altro che fluido, con il procedere della storia si incomincia a disvelare una trama molto articolata, ma convergente, il cui messaggio principale, anche se non originale, risulterà decisamente chiaro.
La struttura narrativa non è tanto innovativa, visto che si basa sul loop temporale. Ogni episodio copre l’arco di due anni, e inizia con il protagonista (dal nome ignoto, ma che parla di sé con il pronome “watashi”) che, appena entrato all’università e con la convinzione di star per iniziare “la rosea vita del campus”, si iscrive a un club dopo-studio, con l’obbiettivo di socializzare e conoscere finalmente una bella ragazza dai capelli corvini. Ogni puntata si chiude con un reset che porta di nuovo il protagonista ai suoi primi giorni all’università. Di volta in volta, però, il ragazzo sceglierà un diverso circolo, ma il finale (ahilui), per molti episodi, sarà sempre lo stesso. Degna di nota è la figura di Ozu, compagno di studi di Watashi, “amico/nemico” del protagonista, dall’aspetto demoniaco e che si rivelerà determinante per l’evoluzione della sua “vittima” preferita.

Il secondo episodio (quello del circolo del cinema) appare un po’ il manifesto “autoriale” di “The Tatami Galaxy”, visto che viene esaltato il dualismo tra Watashi e il presidente del circolo, dove il primo cerca di creare pellicole molto personali e alternative, ma con scarsissimo riscontro, e l’altro invece punta a girare epopee storiche, ottenendo invece grande successo di pubblico; e mentre il primo procede incerto e con fatica lungo il suo cammino, il secondo dimostra di avere idee molto chiare su che genere di opere vuole fare: “Qual è la cosa più importante per gli spettatori? Poter condividere le emozioni con gli altri e semplice etichetta di base”.

Anche se è citato il buddhismo, da quello che so, non può avere come base filosofica questa religione, visto che gli obbiettivi e i risultati conseguiti dal nostro eroe sono prettamente mondani, e il buddhismo, in questo, sta agli antipodi (Siddhārtha abbandonò moglie e figlio per intraprendere la vita monastica), inoltre il loop che avviene in ogni episodio ha poco a che fare con la reincarnazione, perché, in tale religione, a reincarnarsi è lo spirito (che passa di corpo in corpo) e ogni esistenza ricomincia dalla nascita (no a vent’anni), inoltre ogni nascita è governata dalle leggi del karma, cosicché, nella vita successiva, si scontano gli errori e si raccolgono i meriti delle esistenze precedenti. Qui, invece, sembra più un continuo addestramento, al quale è sottoposto Watashi, che procede verso un’unica direzione, e dall’idea che mi sono fatto questo anime abbraccia molto lo shintoismo, visto che gli scopi che si prefigge sono molto terreni (ad essere piuttosto compatibile con il buddhismo è invece il genere isekai).

Quando in un’unica opera si citano il Buddha, “Re Lear” di Shakespeare, registi francesi, “20.000 leghe sotto i mari” e opere derivanti dal folclore giapponese, è difficile, o forse impossibile, comprendere appieno tutti i vari significati e sfumature che l’autore cerca di mettere in scena. Io, personalmente, definirei “The Tatami Galaxy” un “battle seinen” dove la battaglia, di volta in volta, non è contro avversari esterni, ma contro sé stessi, e anche se ciò è praticamente implicito nella struttura narrativa di tutti i seinen, in tale anime questo “duello” risulta davvero evidente ed esasperante.

Il mio giudizio finale è sicuramente positivo, perché oltretutto ammiro il coraggio di imbastire un’opera complessa e libera (“Le esigenze di mercato non devono assolutamente inquinare i film” - cit. Ozu), con uno stile che mi ha ricordato “Clerks” di Kevin Smith (uno dei più grandi mattatori del cinema indipendente), tuttavia, come scrivevo da principio, il loop temporale è un qualcosa di già visto, e l’autore non ne fa nemmeno mistero: tra le immagini della novel ce n’è una dove è raffigurata una grande tartaruga, sul cui dorso c’è l’albergo del protagonista, e questo è un evidente riferimento a un lungometraggio con Lamù (anche se a me il modo in cui si sviluppa la storia ha ricordato molto il film con Bill Murray “Ricomincio da capo”); sommando poi il fatto che “ l’occasione” che Watashi aveva davanti agli occhi è risultata piuttosto telefonata, che il percorso che compie il protagonista è tipico dei seinen e, vista la fatica che mi è costato visionarlo, mi aspettavo un qualcosa in più verso il finale, tale da farmi gridare al capolavoro (il ribaltamento dei ruoli non mi è bastato), cosicché il mio voto è alto, ma non altissimo.

Nel caso decidiate di voler vedere un qualcosa di alternativo, ricco di sfaccettature e ben congegnato, ne consiglio sicuramente la visione, ma, se siete stanchi, assonnati o con un mal di testa, meglio che rimandiate.


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menelito

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8
Senza fare spoiler troppo grandi... devo dire che, per la struttura di buona parte degli episodi, mi ha un po' ricordato un certo arco narrativo de "La Malinconia di Haruhi Suzumiya". Lode ai creatori, capaci di percorrere quella strada senza rendere 'pesante' la visione dell'opera finita.
E il finale, nonostante sia tutto sommato prevedibile, riesce comunque, almeno per me, a risultare spettacolare e divertente. Questo grazie anche alla 'stravaganza' intrinseca in tutta la serie, che si rispecchia prima di tutto nello svolgimento della trama e in seconda battuta nel lato tecnico della realizzazione dell'opera stessa. Parlo delle animazioni, dello stile grafico e delle musiche. Tre elementi che non spiccheranno per spettacolarità, tipo esplosioni alla Michael Bay o robe così, ma che spiccano comunque per originalità e fantasia... e nel contesto della storia a noi proposta calzano a pennello.

Una parentesi sul comparto audio: vivo. Non c'è un momento della serie in cui ho sentito la mancanza di qualcosa da quel punto di vista, i dialoghi vengono cullati dalle note di accompagnamento, arricchendone l'effetto finale; è anche nei dettagli che si vede la cura messa nella realizzazione di un lavoro.
E la canzone di apertura... ho visto uno o due episodi al giorno e tutti i santi giorni non potevo fare a meno di gasarmi per quelle sonorità tanto malinconiche quanto energiche. Bellissima.

Insomma, fatico a trovare un difetto a questa serie. Ma se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo: c'è il fatto che un povero mortale come me, che sta faticando da matti a imparare anche solo le parole più basilari del giapponese, ha tribolato parecchio nello stare dietro ai monologhi 'supersonici' del protagonista. Per fortuna non sono onnipresenti come in "Monogatari Series" o storie affini, quindi non diventano mai un fattore di fastidio vero e proprio.

In conclusione: da vedere.
E rivederla una seconda volta, magari a distanza di un annetto o due? Assolutamente sì.


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Koale2009

Episodi visti: 12/11 --- Voto 9,5
"The Tatami Galaxy" è una serie anime prodotta basandosi sull'omonimo romanzo, gestita e disegnata da Masaaki Yuasa.
Premetto che è la prima opera di Yuasa che guardo, e mi sento libero di consigliarla a tutti quelli che, come me, volevano approcciarsi a qualche opera del maestro.

La storia ruota attorno a uno studente senza nome che, come vedremo nei vari episodi, cerca di vivere la sua vita al meglio, cercando di iscriversi al club che lo avrebbe portato successivamente alla "rosea vita del campus". Ogni episodio è a suo modo autoconclusivo, ma il tutto avrà un senso nel finale. In ogni ipotetica scelta del club verrà a conoscenza di Ozu, un ragazzaccio che si diverte a fare scherzi e rovinare la vita altrui, come vedremo già dal primo episodio. Per capire il concept della serie, è necessario vedere almeno due episodi. Il finale l'ho trovato veramente spettacolare, e viene lasciato di libera interpretazione dall'autore.
La serie è dotata di un'ottima animazione originale, e alcune scene sono semplici foto reali su cui viene costruita l'animazione, cosa che trovo molto carina e originale. I disegni sono molto particolari e con un cromatismo di colori variante, che rende l'opera ancora più attraente.

Consigliata caldamente a chi ama le tragicommedie e qualcosa di diverso dal solito, e che possa stupirsi piacevolmente con le sue animazioni fluide e le narrazioni costanti e accurate, in modo da avere l'impressione di leggere il libro stesso.


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Helena90

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8
"Yojouhan Shinwa Taikei", meglio noto con il titolo di "The Tatami Galaxy", è un anime del 2010 prodotto dalla MadHouse per la regia di Yuasa, sulla base dell'omonimo romanzo di Tomihiko Morimi.

La trama è molto semplice e ha come protagonista un ragazzo senza nome, che è presumibilmente l'autore del romanzo, il quale vorrebbe vivere quella che lui chiama "la rosea vita del campus", facendo amicizie, diventando popolare e trovando una ragazza dai capelli corvini con cui condividere la vita. Peccato che il ragazzo avrà a che fare sempre e solo con Ozu, un ragazzo che somiglia a un mostro e che lui non sopporta, perché riesce sempre a rovinargli la vita. A lui addebita i fallimenti e la sua mancata possibilità di crearsi una carriera brillante e soddisfacente, ma le cose non stanno realmente così.
L'anime gode di uno sviluppo ciclico, ogni episodio segue il tentativo del protagonista di perseguire il suo ambizioso e irrealizzabile obiettivo senza però riuscirci. Lungi dall'essere monotono e noioso, "The Tatami Galaxy" presenta ogni situazione in un modo tale che ognuna di esse è collegata all'altra, fino a giungere al finale in cui si chiude il cerchio, quando il protagonista decide finalmente di cogliere quell'occasione che sempre gli penzolava dinanzi agli occhi e di comprendere la verità dietro tutte quelle bizzarre avventure, e cioè il messaggio che l'anime intende trasmettere.

Ho trovato questa serie particolarmente istruttiva.
Non penso che sarebbe così sbagliato mostrarlo a scuola insieme alle famose favole di Esopo e similari, data la morale di fondo che ci mostra l'anime. Fa molto riflettere, non ti lascia indifferente, ma ti trasmette qualcosa. Un messaggio molto sano e sensato che, se seguito, permetterebbe a tutti di vivere meglio la propria vita. Difficilmente si trovano anime del genere in giro.
Il mio voto è sicuramente positivo, non metto il massimo perché l'espediente ciclico alla lunga non mi fa impazzire e poi non condivido pienamente il messaggio (io sono esattamente come il protagonista, mi piace complicarmi la vita, e quindi non conto), ma è un anime molto bello e ben fatto, e questo è innegabile.

Perciò, è bene non lasciarsi ingannare dal comparto grafico della serie.
L'anime è anticonvenzionale anche in questo, dal momento che si fregia di un'animazione decisamente particolare, dinamica e un po' confusionaria ma azzeccata (ho adorato l'espediente del cowboy per rappresentare i "desideri" del protagonista!), con quei colori cromatici, pattern incredibilmente sorprendenti.
La narrazione potrebbe essere un problema, in quanto il protagonista parla molto velocemente e pertanto non è molto semplice seguire tutto il discorso, ma, secondo me, anche questo è in linea con la storia, in quanto perlopiù lo spettatore assiste a quello che è una sorta di "interior monologue" del protagonista.
Opening ed ending sono molto azzeccate, veramente belle.

Inutile dire che lo consiglio, io l'ho divorato veramente in pochissimi giorni.


 7
Ataru Moroboshii

Episodi visti: 11/11 --- Voto 10
Questa è una serie molto particolare, non solo nelle tematiche ma anche nello stile di disegno e di narrazione: introdurre grosse novità è sempre una scommessa e, se anche all'inizio potreste strabuzzare gli occhi per il caos grafico, a tratti con elementi live action, oppure rimanere sconfortati per i velocissimi e logorroici sottotitoli che dovrete seguire, posso affermare senza ombra di dubbio che "The Tatami Galaxy" è stata una scommessa vinta!

La vita tragicomica di un frustratissimo studente universitario è la trama apparente della serie, il nostro protagonista senza nome ci racconta i suoi tentativi di trovare nei suoi anni universitari una svolta alla propria vita che gli permetta di passare dal suo vecchio stile di vita apatico e antisociale del liceo a un idealistico futuro ricco di rapporti sociali, appagamenti e una bella ragazza dai capelli corvini con cui intraprendere una relazione; è ovvio dire che tutte le sue grosse aspettative verranno deluse sistematicamente per colpa di Watashi stesso, ma egli non comprende la cosa e scaricherà a fine puntata tutte le colpe della sua insoddisfazione sul suo (pur sadico!) migliore amico Ozu e sulla scelta del club universitario da lui effettuata al primo anno. Da qui avviene un completo reboot della storia e la puntata successiva analizza un'altra possibile scelta di Watashi. Man mano che la trama avanza (anzi si ripete sempre diversa), capiremo sempre meglio come è strutturato il mondo in cui Watashi vive, quali siano le opportunità sempre davanti a sé che esso mai nota, e di come la sua descrizione della realtà e dei personaggi con cui egli interagisce siano spesso viziati dal suo punto di vista parziale. Solo nelle ultime tre eccellenti puntate questo cerchio si spezzerà, permettendo al protagonista di raggiungere la maturazione e di risolvere la trama in un grandioso finale.

Una volta composta, la trama si rivela molto più realistica della visione fantozziana che potevamo avere nei primi episodi. Tanto da farci pensare che la vita dello studente universitario non sia niente altro che la versione estremizzata della vita universitaria dell'autore stesso; anche i personaggi ricorrenti passano da un apparente stereotipazione a un'ottima caratterizzazione con il susseguirsi degli eventi, tanto da chiederci se non siano ispirati alle sue reali frequentazioni. Fra tutti il demoniaco Ozu, miglior amico e miglior personaggio della serie; appare nel finale essere una persona in carne ed ossa, tanto che anche il tratto che lo disegna diventerà più realistico.

Le considerazioni finali sono quelle che spettano a un capolavoro, un'ottima storia narrata eccellentemente che però, oltre a rivolgersi a un pubblico adulto, pretende anche un pubblico particolarmente attento: le varie ripetizioni e il plot sempre simile alleggerisce abbastanza la visone, ma si tratta comunque di un anime in cui dover immergersi per poterlo apprezzare appieno.

npepataecozz

Episodi visti: 11/11 --- Voto 10
"Ai tempi del liceo non partecipavo ad alcuna attività di club e passavo tutto il mio tempo libero insieme a un gruppo di altri fannulloni come me. Ma ora ero uno studente nuovo di zecca al primo anno d'università e infinite porte per il mistico tesoro chiamato la rosea vita del campus erano aperte di fronte a me. Attorniato da miriadi di fanciulle dai capelli corvini darò il via al mio rally dell'amore".

Il cambiamento. Il dare una scossa alla propria vita rincorrendo obiettivi ambiziosi. Sono questi dei desideri che in molti hanno provato nel corso della propria vita, specie in concomitanza con eventi particolari come può essere proprio l'ingresso nel mondo universitario. Proprio per questo le parole di Watashi, il protagonista di questo "The Tatamy Galaxy", seppur legate a un contesto geografico e culturale diverso dal nostro, non ci appaiono come astruse o lontane, ma fanno parte, in qualche modo, anche della nostra memoria; per questo, fraternizzare con un personaggio che, nonostante le sue stranezze, è così simile a noi risulta maledettamente facile.
Il passo propedeutico al cambiamento è la scelta: per Watashi l'entrare a far parte di un club è la panacea di tutti i suoi mali e gli consentirà di abbandonare il suo stile di vita ordinario e troppo avaro di soddisfazioni; ma perché questo possa accadere è anche necessario che riesca a scegliere quello giusto fra i tanti disponibili. Un errore lo porterebbe, infatti, a "sprecare anni preziosi della sua vita", e sa di non poterselo permettere.
Ma in un mondo che dà una sola possibilità a fronte di una moltitudine di scelte possibili sarebbe conveniente avere la possibilità di riavvolgere il nastro e cambiare quelle decisioni che si sono rivelate errate: ed è proprio questo il tema portante di "The Tatamy Galaxy". Alla fine di ogni episodio, infatti, Watashi viene riportato al punto di partenza, e lo spettatore osserva le conseguenze che avrebbe avuto sulla vita del ragazzo una scelta diversa. Sia chiaro, Watashi non ha nessun potere magico che gli consente di viaggiare nel tempo; quella proposta dall'anime, piuttosto, è una serie di universi paralleli che si alternano di volta in volta e che, allo stesso tempo, sembrano concatenati l'uno all'altro.

Ed è qui che emerge una concezione della vita decisamente fatalista dell'autore, in quanto il protagonista non riuscirà mai a migliorare la sua condizione, indipendentemente dalla scelta che pone in essere; anzi, il suo amico Ozu gli ripete quasi ogni volta che "alla fine qualunque strada avessi scelto saresti finito lo stesso in questa situazione". Watashi è, fondamentalmente, un inetto che aspira alla resurrezione, ma che si pone obiettivi irraggiungibili; in questo modo, da un lato non si accorge che "non esiste nessuna rosea vita del campus", e dall'altro perde di vista quella "opportunità che ha sempre davanti agli occhi". E ovviamente, come fanno gli inetti, non attribuisce mai la responsabilità dei suoi insuccessi al suo modo di pensare ma a qualcos'altro o, più frequentemente, a qualcun altro: "Ero sicuro che la principale causa del mio fallimento fosse stata l'incontro con Ozu", ama ripetere in quasi ogni episodio.
La conclusione morale a cui arriva questa impostazione fatalista è quella classica: per inseguire qualche scampolo di felicità bisogna accettare la propria natura e la propria condizione, prendendo consapevolezza del fatto che non si può diventare diversi da ciò che si è. Da questo punto di vista vedrei benissimo questo "The Tatamy Galaxy" nel "ciclo dei vinti" di verghiana memoria; e, sebbene non abbia mai amato questa concezione della vita, non posso che ammettere che essa ha più di un fondamento di verità.

Non mi resta che concludere questa recensione esprimendo tutta la mia ammirazione per un'opera che definirei monumentale. In genere questo aggettivo viene usato in riferimento al budget stanziato o per gli effetti speciali utilizzati; sono orgoglioso di poterlo utilizzare, una volta tanto, in riferimento alle idee e al contenuto.


 1
Kida_10

Episodi visti: 11/11 --- Voto 7
"The Tatami Galaxy" è una serie composta da undici episodi di durata canonica, prodotta dalla Madhouse nel 2010 sotto la direzione di Masaaki Yuasa, e tratta dall'omonimo romanzo di Morimi Tomihiko, "Yojō-Han Shinwa Taikei", letteralmente tradotto "Le cronache mitologiche dei quattro tatami e mezzo".

La trama di "The Tatami Galaxy" è composta da una serie di racconti narrati in prima persona dall'anonimo protagonista, uno studente universitario che sostanzialmente rimpiange il tempo sprecato negli ultimi due anni in un determinato club. Alla fine di ogni puntata il tempo si resetta, e viene mostrata la vita che tale protagonista avrebbe vissuto compiendo scelte differenti all'inizio della sua promettente vita nel campus.

"The Tatami Galaxy" è indubbiamente un'opera originale sotto diversi punti di vista, in grado di spiazzare lo spettatore attraverso delle scelte inusuali quanto ben congegnate, come l'appariscente comparto grafico o la supersonica velocità dei monologhi interiori del protagonista, per esempio. La trama inizialmente confusa e poco comprensibile si inizia a comprendere a partire dal terzo episodio, quando ormai risulta chiaro il meccanismo che giace alla base dell'intera opera, e che solo negli episodi conclusivi verrà spezzato in favore di dovute delucidazioni.
Masaaki Yuasa riesce brillantemente a iniettare una più che discreta dose di comicità all'interno di un prodotto dove tematiche ben più complesse fanno da sfondo, in particolare viene tirato in ballo l'ormai classico quesito sul destino: programmato e immutabile o influenzato dalle nostre scelte personali? Yuasa fornisce la propria personale risposta attraverso le undici puntate, e lo fa in maniera unica e originale.

Come precedentemente accennato, il comparto tecnico è stravagante e può piacere o meno, ma nel caso specifico di "The Tatami Galaxy" si dimostra particolarmente azzeccato. Quale modo migliore di esternare i dubbi e le incertezze che si annidano nell'animo del protagonista, se non quello di proiettarle attraverso un mondo deformato e confusionario?
Anche il comparto sonoro si comporta magnificamente, proponendo un'ottima opening, delle colonne sonore azzeccate e sempre adatte a ricreare la giusta atmosfera, e un doppiaggio più che adeguato.
Il finale è perfetto, chiarisce ogni dubbio, risponde ad ogni domanda rimasta in sospeso, e in maniera piuttosto esplicita lancia il messaggio nascosto all'interno dell'opera, rendendolo comprensibile anche agli spettatori meno attenti.

In conclusione, "The Tatami Galaxy" è un'opera originale e ben strutturata, in grado di coinvolgere e di divertire lo spettatore. Un prodotto come se ne vedono pochi, e forse proprio per la sua particolarità non adatto alla grande maggioranza di pubblico, ma al quale consiglio vivamente di dare almeno una possibilità.


 1
Tacchan

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
Se volete vedere qualcosa di strano e diverso dal solito, punterei senza alcuna remora verso "The Tatami Galaxy". Controcorrente rispetto a quanto proposto nell'animazione giapponese degli ultimi anni, si diverte a rompere gli schemi sin dallo stile che propone, che tuttavia risulta solo la punta dell'iceberg. I dialoghi partono infatti a una velocità incredibile, senza dare tempo allo spettatore di ambientarsi, e si distendono su tematiche tra le altre cose per nulla banali, proposte con una logorrea che va comunque seguita con attenzione, in quanto ben studiata. Fa infatti della ripetizione il suo punto di forza: quando capirete come è strutturato l'anime, scoprirete come alcune parti dei dialoghi, che la prima volte paiono superflue, hanno il loro perché, con un messaggio che si va a formare puntata dopo puntata e che acquisisce la sua forma completa negli ultimi due geniali episodi. Certo, ripetere una struttura molto simile per dieci episodi può sembrare una mossa alquanto rischiosa, atta ad annoiare lo spettatore, ma qui "The Tatami Galaxy" eccelle e dà voce alla creatività degli sceneggiatori, che fanno un lavoro eccelso nel riproporre gli stessi concetti con sfumature nuove, creando situazioni folli e per molti aspetti originali, indubbiamente imprevedibili.

Tratto dall'omonimo romanzo di Morimi Tomohiko, l'anime racconta le avventure di uno studente che si appresta a percorrere la rosea vita universitaria, sicuro di poter coltivare le proprie passioni, trovare amici e l'amore della sua vita. I suoi sogni andranno a farsi benedire appena si scontrerà con la realtà. Errore dopo errore, sembra che la rosea vita universitaria rimarrà solo una chimera. E pensare che avrebbe una facile opportunità da cogliere, se solo la vedesse.

"The Tatami Galaxy", scusate il piccolo spoiler, sceglie di giocare con la tematica dei loop temporali, e questo gli dà ampia libertà di raccontare una storia che di suo sarebbe molto semplice e banale. La flessibilità che gli sceneggiatori si prendono in questo modo rende possibile uno stile narrativo come quello proposto, che ama giocare con il protagonista e collocarlo in situazioni che fanno del paradossale e della "caricaturalità" la propria struttura portante. Ma "The Tatami Galaxy" è ben lontano dall'essere un titolo che fa leva sul nonsense: come vi sarà chiaro nell'ultimo episodio, tutto ha un senso, la risposta è palesemente davanti agli occhi dello spettatore sin dal primo episodio, per nulla celata, ma manca il percorso che il protagonista deve percorrere per darle un significato più profondo e prezioso, senza il quale non può coglierla.

Protagonista a parte, i continui stravolgimenti della sceneggiatura creano una caratterizzazione psicologica dei comprimari un po' ballerina, ma unendo i puntini si nota un buon lavoro anche su di loro, direi sorprendente, visto che è difficile raccontare un personaggio secondario proponendolo ogni volta in un contesto diverso. Il principale difetto di "The Tatami Galaxy" è probabilmente il fatto che pone lui stesso delle barriere per scansarsi dal pubblico mainstream, celandosi dietro a una grafica apparentemente poco attraente, proponendo una narrazione che richiede dedizione per essere apprezzata e dei dialoghi difficili da seguire. La cosa vi spaventa? Io vi consiglierei di provare a superare l'impatto iniziale e provarlo.


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selene90

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
Prima di iniziare "The Tatami Galaxy" avevo già conosciuto Masaaki Yuasa tramite i suoi capolavori "Kaiba" e "Ping Pong The Animation". Ero sicura che niente si sarebbe avvicinato, per emozioni generate, a "Kaiba", che aveva in sé tutto ciò che uno spettatore attento e ingordo di cose nuove chiederebbe: drammaticità mista a tematiche che, pur essendo state a lungo abusate in varie forme d'arte, risultano sempre tra le favorite. Eppure, "The Tatami Galaxy" si avvicina tantissimo al perfezionismo di queste altre opere.
C'è da dire che la mano di questo regista si riconosce subito: sia il modo in cui l'opera si apre sia il modo in cui tutto sembri inizialmente incomprensibile per poi snodarsi successivamente sono molto simili. Eppure tutte le opere di Yuasa sono molto diverse tra loro, affrontano sempre tematiche inconsuete.

"The Tatami Galaxy" parla di un giovane uomo (non ha un nome, egli è soltanto il protagonista. D'altronde non ha bisogno di un'identità, il tutto è visto praticamente sempre dal suo punto di vista) universitario, delle sue vicende, avventure e disavventure coi compagni di università e non.
I primi episodi sono storie a sé stanti. Ognuno mostra una piccola disavventura di questo ragazzo, ma in maniera diversa, coinvolgendo sempre gli stessi personaggi, ma sempre in modi distinti. L'unica cosa che lo spettatore comprende da questi piccoli spezzoni di vita è che il protagonista compie diverse scelte che scateneranno una serie di vicende (fortunate o meno) nella sua e altrui vita, ma, indipendentemente da ciò, è legato dal "filo nero del destino" a diverse altre persone che incideranno, con la loro presenza, sulle sue decisioni.

La descrizione dell'anime, già di suo, può sembrare abbastanza caotica. Se la si vuole semplificare, la si può vedere come un continuo tentativo di "resettare" tutto, in seguito ai continui fallimenti che le decisioni del protagonista portano. Una cosa che si nota soprattutto grazie al personaggio della vecchia indovina, la cui unica battuta è: "Hai un'opportunità davanti agli occhi. Coglila".
Oltre ad avere una trama pressoché complessa e articolata, ma ben pensata, l'anime vanta personaggi piuttosto originali. Come nelle altre opere di Yuasa, infatti, a capo della storia non c'è un protagonista tuttofare, che impara immediatamente dai suoi errori o che li sfrutta tutti insieme per rendersi migliore in un attimo. Ogni personaggio che compare, da quelli più importanti a quelli di sfondo, ha la sua particolarità, ma tutti sono accomunati da un incredibile realismo.
Le musiche sono piuttosto orecchiabili, si accompagnano perfettamente alla storia (in particolare ho apprezzato lo struggente motivetto che accompagna la presa di coscienza del protagonista, durante la sua sfrenata corsa nell'ultimo episodio della serie).


 2
Robocop XIII

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8
A differenza di molti altri, che in Ping Pong The Animation hanno trovato solamente l'ennesima riconferma del genio di Masaaki Yuasa, io il percorso lo sto facendo a ritroso. Ed ecco che dopo Ping Pong, mi ritrovo faccia a faccia con The Tatami Galaxy, un anime del 2010.

Così come Ping Pong, nemmeno in Tatami si denota la minima preoccupazione nel creare protagonisti empatici e simpatici. C'è Akashi ("la lei"), fredda e scortese con quelle sue risposte pungenti. C'è Ozu ("l'altro"), perfido di natura ma che paradossalmente risulta il più simpatico nella sua coerenza di doppiogiochista. Poi c'è Watashi (letteralmente "Io"), che però sfugge alla regola, risultando, nelle sue caratteristiche peggiori empatico con lo spettatore. Watashi, che non sa prendersi le sue colpe e responsabilità. Watashi, che incolpa la società, il sistema e il suo amico Ozu per la sua condizione esistenziale. Watashi, che nasce con mille aspettative e che cresce con altrettanti rimorsi. Watashi, l'ingrediente principale in quella grande ricetta che qualcuno potrebbe chiamare "morale".

La storia utilizza un trick molto semplice ma anche ben gestito. In ogni puntata il protagonista si ritroverà a poter intraprendere una differente strada, ma qualunque scelta egli faccia, la conclusione è sempre la stessa (secondo lui). Una commistione di destino, viaggi nel tempo e mondi paralleli. Fatto sta che, in questo effetto di déjà vu che colpirà lo spettatore in ogni puntata, ogni tanto dei tasselli nuovi andranno ad aggiungersi al puzzle. Tasselli che compongono il minimo comune denominatore di tutte le storie e che vanno a comporre la vera storia. Quella storia che privata di tutte le sue scorie risulta pura e immutabile, qualunque sia la scelta intrapresa. E questa storia non è immutabile in quanto tale, ma è immutabile in quanto il carattere di Watashi è tale: Watashi vive quello che la sua visione della vita gli permette. Quindi il messaggio finale è esattamente all'opposto rispetto al concetto di fato: il mondo che viviamo è una realtà egocentrica (non per niente il protagonista si chiama "Io") che cambia in base ai cambiamenti che vogliamo imporle. Aspettare che l'aiuto giunga da altri, come fa Watashi, è una perdita di tempo. L'anime tra una puntata e l'altra tratta anche diversi temi secondari, ma li sviluppa bene e si denota un certo lavoro di ricerca.

Tecnicamente l'anime è superiore alla media e originale in ogni suo aspetto. I monologhi serrati del protagonista. Il ritmo frenetico delle scene. La gestione dei colori e delle inquadrature. L'inserimento di foto e video reali. L'atmosfera che si respira. Le musiche piacevoli e adatte al contesto. In tutto e per tutto Tatami sa stupire. Ma ciò che è davvero più strano è il fatto che il lavoro registico compiuto da Yuasa è così naturale e spontaneo che tutte queste particolarità non risultano disturbanti, ma anzi. Le intuizioni sono molte e sono simpatiche (basti pensare che perfino il pene del protagonista ha voce attraverso un cowboy istintivo e irrazionale) se non proprio geniali.
E' però uno sbaglio idolatrare (soltanto) Yuasa, Tatami è Tatami perché gli animatori hanno saputo assecondare la pazzia visionaria del regista, perché il character designer ha saputo inserire il suo lavoro in maniera spontanea nell'anime e perché le musiche sono adatte e non invasive. Solo le sigle di apertura e chiusura non sono niente di che.

L'essere tratto da un libro lo rende un'opera pensata e sensata. Il suo essere ripetitivo non risulta quindi un mero esercizio di stile ma semplicemente una molla caricata puntata per puntata e pronta ad esplodere nel climax finale. The Tatami Galaxy è l'esempio di come un anime dovrebbe essere. I velocissimi monologhi del protagonista (la prima puntata è delirante) che rendono difficile godere appieno delle animazioni e la struttura stessa della trama renderebbero necessaria una seconda visione per dare un giudizio più oggettivo.


 7
AkiraSakura

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8
Un giapponese che parla del Giappone, Hiroki Azuma, nel suo libro sulla filosofia postmoderna, definisce l'otaku come un consumatore ossessivo-compulsivo paradossalmente caratterizzato dallo snobismo tipico del periodo Edo. L'otaku è anche un costruttore di mondi immaginari, un escapista che ama sostituire le tristi esperienze - e delusioni - del quotidiano con mondi fittizi e illusori, amando feticci anziché persone reali - volendo, anche eleganti donne-artefatto legate ad arcaici canoni di bellezza, non più riscontrabili in una frenetica società animalizzata come quella giapponese. E' bene specificare che quello dell'otaku sia un caso limite del giovane figlio della postmodernità, soggetto in genere alienato dal mondo che lo circonda, giacché non riesce a trovare in esso - e in sé stesso - punti di riferimento stabili con cui identificarsi. Il protagonista di "The Tatami Galaxy" indubbiamente soddisfa tutti questi requisiti, a parte il non essere un consumatore ossessivo-compulsivo: egli è una persona passiva, dalla parlantina veloce e dal flusso di coscienza delirante, costantemente alla ricerca del "bello" in un mondo che non rispecchia affatto le sue elevate pretese snobistiche. In ogni episodio lo sventurato andrà incontro a determinati fallimenti sul piano sociale e sentimentale, arrivando addirittura a rinchiudersi in casa come un vero e proprio hikikomori, oppure ad amare platonicamente una bambola - a suo dire - bellissima, dalla raffinata pettinatura e dal portamento elegante. Con una regia estremamente dinamica, postmoderna, estremizzata, dilatata e nevrotica, l'ottimo Masaaki Yuasa mette in scena una commedia incentrata sui problemi tipici di un giovane giapponese dall'identità frammentaria, non definita - egli non ha nemmeno un nome - che si appresta a intraprendere le prime relazioni sentimentali e ad affrontare l'ambiente universitario.

Su un diverso piano di lettura, a mio avviso l'opera contiene altresì una metafora vagamente buddhista negli intenti: i continui "reset the world" che avvengono dopo ciascun fallimento del nostro antieroe sono delle vere e proprie catene che lo vincolano a ripetere eclatanti errori di predisposizione mentale; la ciclicità delle - seppur vincolate, direbbe il "saggio" della serie - possibilità dell'esistenza potrebbe essere un'arguta rappresentazione della ruota del divenire, che imprigiona le vittime della tirannia dei preconcetti e delle costruzioni mentali aliene al mondo reale. Il "demonietto" che inganna sempre il povero protagonista senza nome si potrebbe leggere come il dominio della mente, delle teorie che cercano di spiegare un mondo esterno la cui sostanza è collocata al di là del velo illusorio con cui il nostro intelletto lo filtra e lo plasma in modo meccanico e aleatorio. I velocissimi monologhi che accompagnano ogni puntata sono infatti artificiosi, delle illazioni caratterizzate da una logica folle che mediante processi inconsci privi di consapevolezza diventano aberrazioni, che distorcono la percezione soggettiva del protagonista nei riguardi della realtà sensibile e degli affetti. Tuttavia, in modo molto intelligente, il suddetto acquisterà via via qualche briciolo di consapevolezza in più, e lo show diventerà una sorta di metanarrazione in cui, gradualmente, le immagini reali prenderanno il posto dei disegni, dando un senso di "pienezza" nella non-narrazione che caratterizza l'opera. Con l'avvento della consapevolezza, il mondo falsato e distorto dalla mente del protagonista/spettatore diventerà il "mondo reale possibile".

Nonostante i suoi risvolti impegnati, "The Tatami Galaxy" è una serie molto divertente da vedere; pare quasi il prodotto di un ipotetico Woody Allen giapponese sotto effetto di allucinazioni da LSD: lo stile è proprio quello, con quei monologhi schizzati e quelle metafore del quotidiano coadiuvate da colori sgargianti, inquadrature da malati di mente, un cowboy testosteronico che sta lì a simboleggiare le pulsioni sessuali, incursioni nel kitsch e nel nonsense più spinto. In particolare, la vetta la si raggiunge con le paranoie amorose del nostro protagonista, combattuto tra una corrispondenza letteraria fasulla, una bambola "parlante" - come già accennato "bellissima ed elegante" - e un'igienista dentale in piena crisi ormonale. Le musiche sono sempre integrate con quel delirio visivo che è la grafica, e in particolare è notevole la sigla di chiusura, che nel suo simbolismo contiene implicitamente una raffigurazione delle possibilità della vita, le quali si ampliano "aprendo le porte" delle stanze della nostra mente; mente che deve essere - appunto - aperta, libera, come una stanza a cinque tatami che si collega con altri lidi, con altre ramificazioni; perché tenendo le porte chiuse non si andrà mai da nessuna parte, si rimarrà per sempre confinati nella stanza a cinque tatami della solitudine e dell'indifferenza.


 1
Marco Onizuka

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
Visionario, onirico, stravagante, questo è principalmente "The Tatami Galaxy", un fantastico e innovativo anime.

Apparentemente, la trama può sembrare piuttosto normale, ma fin da subito si capisce che così non è. Il protagonista in ogni episodio ritorna da dove aveva iniziato, scegliendo un altro percorso universitario, e puntualmente finisce male tra varie disavventure e crisi. Il bello è che spesso alcune situazioni si ripetono, o il protagonista incontra di nuovo alcuni personaggi, e in teoria non dovrebbe ricordarsi di loro, visto che ogni episodio dovrebbe essere indipendente dall'altro; invece così non è, visto che attraverso alcune gag il regista ce lo fa notare, come ad esempio la gag della vecchietta che prevede il futuro, che ad ogni episodio chiede 1000 yen in più, e il protagonista si accorge dell'aumento ogni volta, nonostante in teoria non l'abbia mai incontrata. Piccole chicche sparse qua e là, colpi di genio, stravaganti affreschi di quotidianità che viene trasformata in follia, in esagerazione, in bizzarrie. Splendido il protagonista, che rispecchia alla perfezione, o almeno in molte occasioni, secondo me, lo spettatore che si trova a guardare questo anime, e sicuramente non sarà uno spettatore ordinario, così come non è l'anime: un protagonista che inizialmente ci mette tutta la buona volontà per fare qualcosa, ma poi man mano si lascia andare, non ce la fa, si accorge di non essere adatto ai frenetici ritmi della gente normale, uno che crede che se avesse fatto un'altra scelta tutto sarebbe andato per il meglio, quando invece anche in quel caso la scelta si rivela un fallimento. Bellissimo anche il suo modo velocissimo di parlare, in cui esprime una marea di pensieri, uno più bello dell'altro, visto che rispecchia molto anche il mio modo di pensare. Ottimi anche gli altri personaggi, ognuno con una sua particolarità, con qualcosa di strano e insolito nel loro carattere o nei loro modi di fare. Ma veniamo alla regia, il vero punto forte di questo anime strabiliante: colori sgargianti, veri e propri affreschi catturati in una naturalezza da far rabbrividire, vere e proprie opere d'arte incastonate tra una scena e l'altra. La "realtà" mostrata in "The Tatami Galaxy" è trasformista, contorta, infinita, ogni scena può cambiare improvvisamente, può subire cambi di colore, i personaggi possono trasformarsi, possono apparire sotto forma di ombre, si può esplorare nel loro corpo, o far parlare metaforicamente alcune parti di loro (come la simpaticissima gag del cavallo, che credo tutti capiranno vedendo), a volte si possono anche trovare alcune scene di vera e propria vita reale con persone in carne ed ossa. Sicuramente è da menzionare la decima puntata, una delle più folli, geniali e rivoluzionarie puntate di tutti gli anime in assoluto che abbia visto, un vero e proprio punto d'arrivo per la perfezione.

In definitiva, non mi sento però di dare un 10, perché qualche episodio non è proprio stato il massimo, mentre in altri si raggiungevano picchi di genialità altissima, e, se tutti gli episodi fossero stati così, sarebbe stato davvero qualcosa di assolutamente perfetto, ma in ogni caso un 9 e mezzo non glielo toglie nessuno. Un'importante opera, un vero e proprio esperimento della regia, riuscito benissimo, un anime da osservare bene e da capire, lasciandosi trasportare dall'incantevole mondo di immagini mostrato in ogni episodio. Fantastico.


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Izaya_Orihara

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
The Tatami Galaxy è un anime della stagione primaverile del 2010 dalla durata di undici episodi, tratto dall'omonimo romanzo di Tomihiko Morini, adattato ad anime dallo studio d'animazione giapponese Madhouse.

The Tatami Galaxy è un anime particolare. Anche originale, sì, anche originale per dirla tutta - e proprio per questo sarà difficile da recensire. Questo lo si può notare già dall'animazione: il character design, l'ambientazione, l'alternarsi di immagini vere e di colori irreali che predominano la scena. L'animazione è qualcosa di sperimentale, di innovativo, qualcosa che non sarà mai più utilizzata, perché adatta ad un'opera del genere e non ad altre, e qui vanno i miei complimenti all'autore e al regista per la loro grande abilità nello sfornare quest'opera, perché ce ne vuole di abilità, non è per tutte le "menti". Sono riusciti a sfornare una trama semplice, ma allo stesso tempo complicata, adattissima a questa animazione a cui si lega perfettamente.

Anche la sceneggiatura è particolare. Mai, credo, si era visto un anime con tale narrazione. Il protagonista è un universitario che deve prendere una decisione su quale circolo frequentare per rendere la sua vita felice. Però nella vita molte volte ci si pente, e quante volte ci si chiede "Se avessi fatto quest'altra strada...". Ogni scelta, seppur di poco diversa rispetto a un'altra, porta a un destino diverso. E questo lo spettatore lo capisce fin da subito, vedendo le tristi sorti del protagonista, del suo amico-nemico Ozu, delle sue "relazioni amorose" che avvengono in ogni episodio, ma in modo diverso. Si capisce quindi che, nonostante ciò, il destino è molto simile, seppur si prende una scelta diversa, e porta all'incontro obbligato con alcune persone, all'avventurarsi con certi eventi, seppur in maniera differente. Se i primi episodi sembreranno non avere un senso logico collegati tra di loro e sembreranno puntate auto-conclusive, tutto avrà un senso quando il protagonista prende il posto dello spettatore e dubita dei suoi eventi, dove tutto sarà chiaro e avrà un filo logico. Tutto sarà collegato.

Le mie congratulazioni agli autori anche per un finale perfetto; non me l'aspettavo davvero, mi aspettavo più che altro un finale molto, e solamente, sentimentale - un genere dell'opera, ma esplicito e davvero sottile. L'autore chiarisce dicendo: "Niente è più noioso da raccontare di una storia d'amore a lieto fine", e invece mi ritrovo il protagonista che riflette sui valori dell'amicizia e supporta l'unico amico, ovvero Ozu, che l'ha sempre supportato, nonostante si comportasse anche da nemico. Anche il genere comico è fatto davvero bene, anch'esso però è sottile. I personaggi sono davvero originali; anche se la caratterizzazione principale è quella del protagonista - davvero geniale -, che prevale su tutte (non che gli altri personaggi abbiano una caratterizzazione pessima, anzi, ma vengono messi in disparte per rendere al meglio l'opera). L'opening e l'ending sono davvero carine, così come le OST, sempre adatte alla scena.

Dopo la visione di quest'opera, posso confermare dicendo che The Tatami Galaxy è un piccolo capolavoro. Assolutamente consigliato.

Pan Daemonium

Episodi visti: 11/11 --- Voto 10
Oramai Masaaki Yuasa è entrato prorompentemente nel mio harem privato di registi preferiti.
Dopo aver visionato "Mind Game", "Genius Party", "Kaiba" e altri corti e piccoli lavori anche da lui prodotti, direi che con "Yojouhan shinwa taikei" si giunge all'apice.

C'è qualcosa in quest'anime che mi ha portato alla mente, fin dai primi istanti, "Sayounara Zetsubou Sensei". In realtà i produttori sono differenti, così come lo Studio, ma il tutto è simile. Forse è lo stile narrativo celerrimo, tanto da risultare difficile non solo seguire la voce del narratore, proprio come in SZS, ma anche i sottotitoli; forse è anche la sperimentazione grafica e cromica, i colori cangianti, irreali, l'intromissione di foto e video reali all'interno dell'animazione fittizia; forse è il numero abbastanza grande di cartelli, kanji, dettagli minuscoli presenti nello sfondo; la comicità anch'essa è di stampo simile.
Resta il fatto che, seppur tecnicamente le due opere siano quantomai simili, da un punto di vista del fine sono totalmente agli antipodi.
"Yojouhan shinwa taikei" è un anime non solo bellissimo da un punto di vista sperimentale, accompagnato da una OST molto ricercata e aulica prodotta da Michiru Oushima, in cui si passa dal flauto al violino fino al pionoforte, per passare poi a una schitarrata semplice e poi tornare a imitare i grandi classici, ma è anche portatore di una morale ben precisa, è profondo, seppur non possa sembrarlo, di primo acchito.

Degli 11 episodii, i primi 7 o 8 sono immagini di sé stesse, sono, matematicamente parlando, funzioni simmetriche, che descrivono mondi separati, ma legati da un sottile "filo nero", citando la stessa opera.
Il protagonista, un laureando, nel primo episodio descrive la sua carriera universitaria e il corso extra che ha scelto per immergersi nella parte sociale del mondo dell'ateneo, con tutti i personaggi che conseguentemente ha conosciuto.
Nel secondo episodio viene fatta la stessa cosa, ma il corso extra-scolastico è differente, i personaggi imbattutiglisi sono gli stessi, ma conosciuti in vicende differenti ma analoghe, e il finale è identico: la vita così non va, sarebbe stato meglio se avessi preso una strada diversa.

Lo spettatore, che si trova all'esterno, nota subito il nonsense di tutto ciò, la mancanza di un filo logico tra un episodio e un altro, ma questa presa di coscienza ben presto si diffonde anche nel protagonista stesso, quasi come fosse lo spettatore a renderlo cosciente degli avvenimenti.
La peculiarità sta nel fatto che ogni episodio, seppur discreto, ossia distinto, è legato agli altri, un po' come le stanze di una palazzina sono distinte, ma separate da un semplice muro, in questo caso abbattibile in qualsiasi momento.
Grazie a ciò ritroviamo degli "errori", delle contaminazioni, ossia nell'episodio X rinveniamo un qualcosa che era stato effettuato o prodotto nell'episodio y, ma nessuno, a parte lo spettatore, sembra accorgersene o dare a esso importanza.

Questa mancanza di interesse nei confronti del reale è la critica che viene effettuata negli ultimi episodi, quando il nonsense vacilla, perché il protagonista diviene spettatore, diviene capace di osservare sé stesso e tutte le sue sfaccettature e nota le contraddizioni e le contaminazioni, comprendendo dal particolare l'universale.
Ovviamente questo non è altro che uno, nessuno e centomila, ma quel dolore kierkegaardiano dell'uomo di fronte al bivio qui viene superato, perché quando il nostro anti-eroe diviene cosciente della molteplicità di sé stesso e della potenzialità della molteplicità di sé stesso (perché non solo uno è di per sé centomila, ma potrebbe anche divenire ancora altri centomila, magari prendendo centomila strade differenti: in questo consta la potenzialità) semplicemente lo accetta, abbandonando quelle vite precedenti tanto tristi e meschine e ottenendo una vita più aperta e felice.
Ovviamente questo è un anime, il concetto è bello, ma probabilmente irrealistico, se proiettato nel mondo umano.

Per finire, il mio plauso al regista che ha voluto evitare di cadere nel becero sentimentalismo, ma anzi, fa dire al protagonista, nell'11° episodio "niente è più noioso da raccontare di una storia d'amore a lieto fine."
Parole sante, santissime. 10/10.


 6
Locke Cole

Episodi visti: 11/11 --- Voto 7
Trasposizione dell'originale opera letteraria di Morimi Tomihiko, "Yojō-Han Shinwa Taikei" (ossia "le cronache mitologiche dei quattro tatami e mezzo") scaturisce dall'eccentrico genio di Yuasa Masaaki. Tale lavoro emerge sin dai suoi primi vagiti scenici denotando un gradevolissimo sperimentalismo grafico, coadiuvato da una sceneggiatura insolita, letteralmente logorroica, incalzante e spezzata. A tale positività s'aggiunge una meno lodevole ma pur sempre godibile trama, senza tuttavia poter fare alcun elogio a qualsivoglia orizzonte speculativo, che la leggerezza del soggetto non consente d'estendere.

L'opera s'articola interamente attraverso la soggettività dell'innominato protagonista, definito tramite svariati fra pronomi e appellativi, che descrive puntualmente le diverse alternative fra i suoi potenziali primi due anni universitari.
In questo s'avranno il definirsi della scena nella quale i personaggi si muovono, con la relativa graduale introduzione di questi ultimi, il tutto costituendosi in novità, unioni, intersezioni, paradossi, indizi e spiegazioni più o meno plausibili a consentire tale intreccio e disorientare saggiamente lo spettatore, sì che questi non cerchi autonomamente arcane risoluzioni pseudo-logiche degli accadimenti.
La struttura ciclica si regge saldamente, senza mai evocare noia nel pubblico, prospettiva che la narrazione frenetica e compulsiva della coscienza del protagonista scongiura infallibilmente.

Per l'appunto, il mondo narrato è un grande flusso di coscienza sgorgante dal protagonista e concretizzatosi nelle immagini a noi mostrate, deformato dalle sue ansie, speranze, pulsioni e valori, il tutto perfettamente aderente alla di lui naturale spiegazione, certo stordente e bizzarra per lo spettatore ancora estraneo alle sue logiche soggettive.
Lo vedremo così destreggiarsi ogni volta daccapo nei propri primi anni da studente universitario, forte di spensierati e mirabolanti prospettive di gloria e successo, il cui inizio si situa nella fatidica, è proprio il caso di dirlo, scelta del club extracurricolare cui prendere parte.
Durante tale valutazione la fantasia inizia a giocare liberamente imbastendo utopie sociali e amorose, prontamente infrante dalle incapacità fisico-relazionali del protagonista nonché dalle contingenze che puntualmente e sfavorevolmente lo travolgono, cagionando - ma sovente pur cagionate da - la comparsa dell'ambiguo Ozu, personaggio dai poco rassicuranti aspetto e abitudini, il quale immancabilmente si lega di una forte, malsana e problematica amicizia con l'infelice di cui sopra.
In un modo o nell'altro, le trame più o meno apparentemente malefiche di questo individuo s'intrecceranno quale "filo nero del destino" a unire i due, conducendo la vicenda ai suoi esiti successivi e spesso direttamente ultimi.
E in tutto ciò l'onnipresenza dell'algida Akashi, ma proseguire in questa descrizione si rivelerebbe banale e deleterio verso il pubblico futuro.

L'opera tratta così la (molto dilatata) quotidianità di uno studentucolo qualsiasi, l'emblema della mediocrità che mai sarà nessuno, il tutto però nel suo proprio e unico mondo, rendendo ogni esperienza grandiosa e irripetibile, gonfiando e distorcendo le vicende, quali lo svago esterno agli studi, mutandole in mirabili e tragiche sfide contro una sorte avversa.
In questo, se mi è concesso, devo complimentarmi per la trattazione del tema amoroso il quale, contrariamente all'odierno canone che lo vuole dipinto con toni idilliaci e parossistici, risulta realisticamente molto carnale, ingiustificato e mai immotivatamente invasivo nella scena, senza scadere in eccessi in tali ambiti, sì da dipingere un giovane che non si spinge molto oltre le proprie pulsioni senza, al contempo, vivere per esse.

In conclusione, come già banalmente osservato, l'opera è graficamente superba, costituita da un accorto connubio fra la semplicità e l'eleganza del tratto con la giustapposizione di colori, ambienti e fondali fortemente contrastanti, sino all'utilizzo di riprese reali nelle quali far muovere i personaggi.
Regia e sceneggiatura ben governano tale imbarcazione, sapendo esattamente evocare la logorroica concitazione dei liberi pensieri del protagonista; cionondimeno l'opera ha i suoi limiti, oltre i quali non può ambire, essendo pur sempre il soggetto semplice, univocamente interpretabile e in sé speculativamente sterile.
Un'opera valida, priva di eccessive pretese e onesta nel fornire quanto si prospettava, direi largamente apprezzabile, eccezion fatta per i più incapaci estimatori di un pur minimo sperimentalismo non tanto grafico quanto scenico e registico.


 1
Melany

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8
"Youjouhan Shinwa Taikei", conosciuto col titolo occidentale di "The Tatami Galaxy", è una serie di undici episodi prodotta dallo studio Madhouse e basata sul romanzo giapponese di Morimi Tomohiko.
Colpita dal particolare chara design, così nuovo e originale e dall'animazione in stile sperimentale, ho iniziato la visione con le migliori aspettative. Aspettative per niente deluse, anche se speravo in qualcosa di più avvincente per quanto riguarda lo sviluppo della trama.
Protagonista della storia è uno studente mediocre - il cui nome non viene mai pronunciato - che sogna una vita rosea del campus e per far ciò s'inscrive a uno dei tanti club universitari, sperando in tal modo di instaurare nuove amicizie e trovare l'amore. Tuttavia le cose non sembrano andare per il verso giusto, per quante scelte faccia, qualcosa non torna. Il dio delle coppie, come si definisce l'uomo vestito in yukata che appare nelle prime scene, comunica al ragazzo che accoppierà Akashi, la ragazza dai capelli corvini, con lui o il suo migliore amico Ozu, le cui espressioni facciali ricordano quelle di un demone.
Da qui si susseguono fatti surreali e ingarbugliati che porteranno ad un'unica conclusione.

Sin dalla prima puntata si percepisce un'atmosfera strana. La parlata frenetica del protagonista "Watashi" - io in giapponese - è una cosa impressionante, sicuramente un espediente che contribuisce a rendere l'anime peculiare. I monologhi e i dialoghi son piuttosto prolissi, veloci e a volte irrilevanti, ma sono di comprensione semplice sebbene non immediata, poiché, soprattutto nei primi episodi, i testi scorrono rapidamente e senza sosta. Difatti, in svariate occasioni, è necessario mettere in pausa per seguire tutti i dialoghi attentamente. Lo stile di narrazione è spiazzante, un po' duro, specie per i lettori lenti, ma non risulta noioso o pesante.
Il restart di ogni puntata può dare l'impressione di episodi scollegati e quindi un po' insensati, niente paura, il tutto verrà spiegato nel momento opportuno. La storia, nonostante sia partita in una maniera piuttosto complessa e incasinata, in realtà non è così ostica e la morale finale secondo me è abbastanza intuibile e chiara.

Il cast è interessante, divertente e pieno di sorprese. Avrei preferito più introspezione per il personaggio di Akaishi, che, essendo un personaggio importante, è messa un po' in disparte rispetto agli altri coprotagonisti.
Più che per i contenuti, Tatami Galaxy interessa per la parte visiva e acustica, in grado di colpire e mantenere vivo l'interesse degli spettatori. Graficamente è infatti sensazionale, di buona qualità, con animazioni non proprio spettacolari ma piacevoli. Le musiche sono altrettanto strane e ben adattate al contesto in generale. Dunque lode alla direzione artistica.
Consigliato a chi cerca un anime con una grafica diversa dal solito, con degli spunti riflessivi che non vogliono essere pretenziosi e dalla dialettica stravagante.


 5
elianthos80

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
Se avessi la possibilità di rivivere ogni volta una realtà diversa, riusciresti a fare le scelte giuste e distinguere - e conquistarti - ciò che è davvero importante?

Yojou-han Shinwa Taikei alias The Tatami Galaxy è una serie breve, realizzata da un regista e da uno studio di animazione (Yuuasa e Madhouse rispettivamente) accomunati da uno stile particolare e una certa voglia di uscire dagli schemi.
Se espedienti di animazione e stile insoliti, uniti a molto dialogo (decisamente il fatto che la fonte originale sia un romanzo si nota), non vi scoraggiano a priori, la visione di questa serie è consigliatissima.

Yojouhan presenta il protagonista Watashi (traducibile come "Io"), matricola universitaria che sogna una vita al college "tinta di rosa", e la sua stanza da 4 tatami e 1/2, specchio della sua realtà ristretta, il suo microcosmo (ovvero, titolo e sigla di chiusura docet, una galassia di 4,5 tatami).
Il suo viaggio surreale da una realtà parallela all'altra, o meglio da una variante di una stessa giornata all'altra (ma non è l'Endless Eight di Haruhi, tranquilli) comincia quando in una bella sera stellata la divinità delle coppie (o piuttosto un senpai eternamente fuoricorso?) appare al protagonista che sta mangiando al classico baracchino del ramen, rivelandogli che presto verrà deciso se 'abbinare' una certa ragazza al detto protagonista o piuttosto al suo migliore amico Ozu, simpaticamente etichettato 'oni' da Watashi per il suo modo di fare e il viso non esattamente rassicurante, e che Watashi considera un po' la sua nemesi.

Dopo questo fatidico incontro notturno ogni episodio vede l'Io/Watashi protagonista alle prese con una versione del suo piccolo mondo e di una stessa piccola cerchia di persone (vedi sigla di apertura), dove nonostante le infinite variazioni e imprese e desideri più o meno velleitari, ogni giorno termina con l'insoddisfazione di Watashi. Il giorno successivo quindi diventa un reset di quello precedente. Il perché e il per come è tutto da scoprire, e risolvere il nesso tra tutte le giornate coinciderà con la catarsi del protagonista e la sua realizzazione personale e sentimentale.
Il tutto è arricchito da una grafica coloratissima e pattern decorativi (pensate a Gankutsuou/Montecristo o a Mononoke), con anche l'aggiunta di foto e filmati dal vero.
Tra le serie realizzate da Yuuasa&Madhouse (Kemono-zume, Kaiba, The Tatami Galaxy e il film animato Mind Game), Tatami rimane la più accessibile ed equilibrata per disegni e sceneggiatura. È uno slice-of-life surreale, ha una conclusione organica e soddisfacente ed è bilanciato, senza scossoni o guizzi bizzarri come nelle serie precedenti. Il problema se mai può essere tenere il passo con la velocità dei dialoghi, sono tutti delle mitragliette! La natura inizialmente episodica di Tatami potrebbe poi annoiare qualcuno o indurre il sospetto di episodi fini a se stessi, ma niente paura, i conti tornano il finale giustifica retroattivamente la visione della serie completa.

Il voto è un 8 e 1/2 per l'equilibrio, l'originalità ma anche piacevolezza grafica, e il bel finale. Ho trovato Kaiba complessivamente più coinvolgente e persino più accattivante pur nella peculiare grafica anche se meno bilanciato, per cui se il voto sul sito è 9 per entrambi, Kaiba lo metto un gradino sopra. Ma davvero è uno scarto di gusto personale, non di merito.

Recensione in inglese sul messaggio di fondo della serie:
(attenzione agli SPOILER del finale) http://guriguriblog.wordpress.com/2010/07/03/yojo-han-shinwa-taikei-letting-your-inner-moths-out-of-tatami-galaxy/


 2
Franzelion

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
The Tatami Galaxy non si presenta originale, ma originalissimo.
Fin da subito potremo notare un uso fortemente sperimentale dei disegni (character design unico) e dei fondali (spesso immagini dal vivo ma "cartonizzate"), e anche della sceneggiatura in senso stretto.
The Tatami Galaxy è il classico anime in cui ci sarebbero da dire così tante cose che non saprei neanche da dove cominciare.

È innanzitutto strutturato ad episodi autoconclusivi, o almeno fino a un certo punto, dove prende vita una trama vera e propria, che difficilmente ci saremmo immaginati, anche se è perfettamente coerente con il contesto.
Quest'anime raggiunge il suo picco con la sceneggiatura: mai si era visto un montaggio e una struttura degli episodi del genere. Il protagonista ripercorre in ogni episodio il medesimo cammino di immatricolazione universitaria, ogni volta decide di entrare in un club diverso perché mai soddisfatto della vita che conduce, poiché più che di altro lui ambisce le "dolci fanciulle dai capelli corvini". Ma attenzione, non pensate subito male, non è del genere romantico e di fanservice non c'è neanche l'ombra. Il suo è un obiettivo generale, mica pensa a quello dalla mattina alla sera, semplicemente vuole trovare una situazione in cui possa finalmente sentirsi a suo agio, che sembra purtroppo non arrivare mai.

Quando ho detto che il protagonista ripercorre gli stessi eventi (proprio all'inizio e con qualche costante in mezzo, non pensate che gli episodi siano l'uno riciclati all'altro) intendo letteralmente, cioè come se il ragazzo tornasse indietro nel tempo.
La cosa bella è che in questi episodi si presentano tante situazioni sì bizzarre, ma che portano a riflettere sia lo spettatore che il protagonista, ma in maniera assolutamente naturale e solitamente profonda, sui problemi di ogni giorno che verrebbero logicamente in testa a un giovane di quell'età, quindi non c'è mai alcuna forzatura; anche per questo avremo una caratterizzazione pressoché impeccabile del protagonista (che è identico a me caratterialmente XD), mentre gli altri personaggi sono giustamente (data la natura del contesto che scoprirete più avanti) messi un po' in disparte. Ma non è certo un anime pesante, non temete, anzi, il contrario, gli episodi vi scivoleranno addosso in un momento, sempre che riusciate a seguire il filo dei discorsi, data la velocissima parlata dei personaggi; in caso contrario - se non siete dei lampi nella lettura come me, perché s'intende l'anime sottotitolato perché ancora non disponibile in Italia - sarete costretti, e questo è un avvertimento, a mettere in pausa di tanto in tanto per concedersi un attimo di respiro.

Anche registicamente parlando la serie è una perla, il regista dà sempre l'impressione di avere completamente in mano la situazione.
Il chara design è particolarissimo ma allo stesso tempo gradevolissimo, così come le musiche, diverse dal solito e davvero deliziose, che accompagnano egregiamente ogni situazione che si viene a presentare, regalando spesso e volentieri atmosfere fantastiche. Anche le animazioni sono buone, ma non eccellenti (e si sa, la Madhouse - studio di produzione dell'anime - su questo aspetto c'è sempre andata con i guanti), ma non si può avere nulla di cui lamentarsi.

Posso affermare con quasi assoluta certezza ("quasi" perché ovviamente non le ho viste tutte, ma solo quelle che credo siano le migliori) che The Tatami Galaxy è il capolavoro del 2010, il migliore dell'anno e fra i migliori degli ultimi. Imperdibile.


 1
tomoko

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
Yojouhan Shinwa Taikei (“Miti e Leggende della Stanza da 4 Tatami e Mezzo”, dalla scheda del gruppo che si è occupato di subbarlo, gli Shinsei-Kai), conosciuto anche con il nome The Tatami Galaxy, e tratto da una raccolta di romanzi di Morimi Tomohiko, racconta la buffa "rosea vita del campus" di uno studente universitario. Sin dall'inizio l'anime colpisce per il character design molto particolare (pelle bianca, forme stilizzate) caratteristico dello stile di Yusuke Nakamura; ma ben presto ci si rende conto che il protagonista ha una particolarità davvero interessante oltre quella, comune anche se in forma minore a tutti gli altri personaggi, di parlare ad una velocità incredibile: non ne viene mai rivelato il nome! Per tutta la serie, composta di soli 11 episodi, si riferisce infatti a se stesso con "watashi", ovvero "io".

Per quanto riguarda la trama, si vedrà il continuo ripetersi della vita universitaria del giovane, ogni volta però dettata da differenti scelte. Esse lo porteranno ogni volta a situazioni diverse e spassose (per chi guarda, non certo per lui!), che lo metteranno in crisi fino ad arrivare ad una fase di "rifiuto", in cui il "watashi" narrante addossa la colpa della sua inettitudine, indecisione e mancanza di coraggio che gli hanno causato insoddisfazione al suo amico/nemico Ozu, da lui considerato diabolico e causa prima delle sue mancanze: a questo punto, il tempo "si riavvolge" e tutto è pronto per una nuova possibilità nell'episodio successivo.
Così procede per diversi episodi, tutti caratterizzati da un cast quasi uguale, un paio di scene simili, ma anche molte diversità (l'io sceglie ogni volta di frequentare un diverso circolo universitario, oppure vengono mostrati i risvolti di altre sue scelte). Tuttavia negli ultimi, durante una situazione degna di un film di fantascienza, riesce finalmente a prendere coscienza delle fortune che gli sono capitate, per rientrare in gioco in modo decisamente teatrale.

Ma per non parlare della storia molto particolare, per non aggiungere altro su Nakamura, passiamo alle sigle.
Quella di chiusura, Kami-sama no iu toori, cantata da Yakushimaru Etsuko, testi di Ishiwatari Junjie musica di Sunahara Yoshinori, è accompagnata da immagini che ruotano attorno al tema delle stanze con il pavimento suddiviso in tatami, concetto intorno al quale è intitolata - si capirà più tardi il motivo - la serie stessa, e ha un che di psichedelico.
Quella di apertura (anche se nell'ultimo episodio le due si invertono), invece, è cantata dagli Asian Kung-fu Generation (di cui tutte le copertine dei cd, tra l'altro, sono illustrate da Nakamura stesso), e si fa pesante uso di video non di animazione, tecnica che verrà ogni tanto utilizzata negli episodi stessi.
A far parte dello staff di questa particolare serie, trasmessa nel contenitore NoitaminA di FujiTV, vediamo Masaaki Yuasa alla regia e dialoghi revisionati da Makoto Ueda, per una produzione targata Madhouse.

In conclusione, questa è una serie fuori dalle righe e forse non adatta a tutti i palati; particolare, sicuramente, ma capace di dare qualcosa.