Try Knights
Imbarazzante. Non mi vengono in mente altre parole per definire questo anime. Basta guardare i primi dieci minuti per capire quale sarà l'andazzo di tutta la serie: io l'ho vista tutta perché volevo capire quanto in basso si potessero spingere. I personaggi sono terribili, caratterizzati malissimo; lo sport c'è, ma non è che abbia tutto questo gran risalto; i dialoghi meglio perderli che trovarli; il mondo è... vuoto. Ci sono solo i personaggi e giusto qualche comparsa ogni tanto, ma per il resto nulla si muove intorno a loro.
C'è qualcosa che si salva? Secondo me, no. Nemmeno gli antagonisti, le cui motivazioni sono, scusate la ripetizione, imbarazzanti. L'animazione è terribile, ma ci sono anche dei difetti. Guardatelo soltanto se non avete niente di meglio da fare e volete farvi quattro risate.
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
Riassunto molto creativo delle prime puntate con spoiler.
Antefatto.
Da qualche parte, in Giappone.
'Facciamo un anime sportivo. Trovatemi un manga/romanzo/light novel che ne parli.'
'Ce n'è uno sul rugby. Può andare?'
'È lo stesso, uno sport vale l'altro. Però attenzione, abbiamo pochi soldi. Dobbiamo investirli oculatamente. Su cosa possiamo risparmiare?'
'Io direi l'animazione. Mettiamo solo i giocatori, qualche comparsa qua e là, ma per il resto facciamo il mondo vuoto, negli stadi pieni puntiamo su delle macchie di colore indistinte, mentre per le azioni sportive viste da lontano usiamo della CGI scarsa (ho un cugino di dieci anni che ne capisce) e il gioco è fatto.'
'Ottimo. Ma non ci siamo del tutto. Dobbiamo risparmiare ancora. Cosa si può togliere, cos'è che non è indispensabile in un anime?'
'I giocatori li vestiamo tutti uguali, anche quando fanno le partite di allenamento tra loro, così non li dobbiamo disegnare due volte. E niente caschetto, che nel rugby non serve. Tanto, chi vuoi che ci faccia caso.'
'Bravo. Mi piace questo modo di pensare. Ma ci sarà altro su cui possiamo tagliare!'
'La sceneggiatura! Puntiamo tutto su due o tre concetti ripetuti fino allo sfinimento. Sono sicuro che una buona sceneggiatura non serva.'
'Fantastico. Direi che ci siamo. Bene, iniziamo subito a lavorarci.'
Ed ecco come io immagino sia nato questo anime sul rugby, dove i personaggi sono tutti belli, longilinei e mediamente alti (50 kg bagnati, più o meno), tanto la stazza non conta poi molto in questo sport; si allenano senza caschetto, senza casacche di colori diversi per distinguere i giocatori durante una partita interna; l'attrezzatura è minimal; quando si allenano e quando giocano, non si capisce niente, c'è gente che si passa la palla a casaccio, non trasformano le mete e via così, di approssimazione.
La storia inizia in questa tipica scuola giapponese, dove il liceale protagonista guarda fuori dalla finestra durante una lezione sull'Egitto. Il professore lo richiama, sgridandolo perché non stava seguendo la lezione, ma lui gli sciorina giù quanto detto finora, aggiungendoci anche qualcosa del suo, giusto per far capire al professore chi ce l'ha più lungo. Non pago di ciò, indica un compagno di classe biondo che sta bellamente dormendo e dice al professore: 'Non dovrebbe sgridare lui?' E il prof, dall'alto della sua funzione di educatore, risponde: 'Ormai ci ho rinunciato'.
Bene così, tutto torna.
Il protagonista vaga per la scuola e passa davanti al campo di rugby. Si ferma e guarda il biondo addormentato in classe che corre. Il biondo lo nota e si avvicina.
'Ciao. Serve qualcosa?'
'No...'
'Sicuro?'
'Sì, dai. A posto così.'
'Allora vado.'
'Ehr...'
'Dai, parla.'
'No, no, niente.'
'Allora io vado eh, che ho da fare.'
'Guarda, dato che insisti, ti do un consiglio non richiesto. Invece di correre come uno squilibrato in mezzo al campo, abbassa le ginocchia e assumi una postura decente: vedrai che sarai più efficace.'
'Oh, grazie. Allora ciao, eh.'
Il giorno dopo.
Il protagonista, desideroso di avere una vita sociale, va a mangiare sul tetto da solo. Arriva il biondo addormentato.
'Oh, ma lo sai che ho seguito il tuo consiglio e adesso mi trovo meglio? Pensavo che la postura fosse qualcosa inventato dai ‘poterih fortih’, invece è una roba utile. Entra in squadra, dai.'
'Bravo pirla, hai visto che quando i neuroni fanno contatto succedono cose belle? Comunque no, grazie.'
'E dai, non te la tirare. Vieni a giocare con noi!'
'No. Quale parte di ‘no’ non hai capito?'
'Dai, dai, su, entra in squadra. Se non lo fai ti sfracello le gonadi tutti i giorni finché non cedi per disperazione. Abbiamo bisogno di te, sembri avere un cervello e noi ne siamo un po' sprovvisti.'
'T'ho detto di no. M'hai fatto innervosire, m'è passato pure l'appetito. Arrangiatevi come avete fatto finora.' E se ne va.
Seguono giorni e giorni di sfracassamento di gonadi, come promesso, da parte del biondo, tanto che alla fine il protagonista è costretto a scegliere tra le seguenti opzioni: omicidio, suicidio, cambio scuola, entro in squadra.
Strano ma vero, sceglie l'ultima. Va al campo di allenamento e comincia subito a spiegare agli altri dove sbagliano (perché sapersi fare degli amici è un'arte), dicendo che buttarsi addosso come camion agli avversari va anche bene certe volte, ma usare qualche tattica sarebbe meglio. Il biondo, che nell'ultimo mese non ha fatto altro che stalkerare il protagonista per convincerlo a giocare, lo guarda sprezzante e dice: 'Io con la tattica mi ci pulisco il posteriore. Guarda qua che muscoli da scaricatore di spesa, che fisico da gonfiatore di palloncini, che potenza da spingitore di carrello del supermercato. Io punto tutto sulla forza e sto bene così'.
'Sarai anche biondo, figo e atletico, ma non capisci una fava. La tattica è importante.'
'Forza bruta.'
'Tattica.'
'Forza bruta.'
'Tattica.'
E via così per un quarto d'ora. Arriva il capitano, un altro giocatore di rugby canonico: fisico longilineo da ‘ti sputo e voli via’, autorità livello carlino, probabilità che il biondo lo ascolti e gli dia retta pari alla possibilità che gli alieni decidano di non invadere il Giappone.
'Oh, gente, avete rotto, la smettete di litigare come due pirla?'
'Ciao capitano, bella lì. Allora esisti anche tu. Guarda, grazie per la tua opinione non richiesta, ma noi continueremmo a fare un po' come ci pare. Senza offesa, eh.'
'Ora vi caccio due strilli fatti bene, poi vado a spiare le ragazze che si cambiano.'
‘Ci sono delle ragazze in questo anime?’
‘Certo che no, è già tanto che ci siamo noi. A dirla tutta, non so nemmeno se abbiamo quindici giocatori in questa squadra.’
Da qui già si poteva intuire che la situazione non sarebbe migliorata, ma nessuno poteva realmente sapere fino a che punto si sarebbe arrivati.
Protagonista: ‘Oh raga, ma voi lo sapete perché in questa squadra ci sono solo studenti del primo e del secondo anno? Quelli del terzo che fine hanno fatto?’
Tizio dai capelli rosa con treccina (nome: Pearce Valentine): ‘Boh, una volta l’ho chiesto al capitano, ma lui s’è innervosito tantissimo, ha cominciato a sbavare e ha detto delle cose poco carine su mia madre e sulla mia discendenza, così ho lasciato perdere.’
Protagonista: ‘Capisco. Qui tocca sempre fare tutto per conto nostro. Cerchiamo uno del terzo e andiamo a chiederglielo. Dai, eccolo qua. Ci pensiamo io e il biondo, tanto non me lo scollo di dosso manco a pagare.’
E così, biondo e protagonista raggiungono la classe del tizio del terzo anno, che è nientepopodimenoche l’ex capitano.
P (di protagonista): ‘Uè, bella lì. Scusa il disturbo, ma sono circondato da una manica di imbecilli, quindi, se voglio capire qualcosa, devo rimboccarmi le maniche e fare tutto da solo, in ogni senso. Senti, ma si può sapere perché tutti quelli del terzo si sono dati alla macchia? Va beh che il nostro club di rugby è un po’ sfigato, ma qui si esagera.’
Ex capitano: ‘Oh, ciao biondo, da quanto tempo.’
Biondo: ‘Amico mio, che bello vederti.’
P: ‘Ma se lo conoscevi, brutto decerebrato, perché non ci sei venuto a parlare tu?’
Biondo: ‘Mi sembravi tanto convinto e non ti volevo levare l’osso di bocca.’
P: ‘Scusa, dimenticavo che sei cretino col botto.’
Ex capitano: ‘Torniamo a noi. Il nostro club di rugby fa parte di un trio di scuole/club/squadre che sono il top del top, quindi vacci piano con gli insulti. Dunque, l’anno scorso stavamo giocando coi supercampioni e quelli si sono accaniti su di me, sfracassandomi un ginocchio. Io ho continuato a giocare perché sono masochista, ma dai e dai, a forza di venir buttato a terra, me so scocciato e ci so’ rimasto.’
P: ‘Ah, quindi siamo anche una scuola forte? Me cojoni, se siamo forti noi, non voglio sapere come giocano gli altri. E per amor di precisione, quando ti si buttano addosso e ti sbattono a terra, si parla di placcaggi. Placcaggi: c’è un termine tecnico, usiamolo. Ma tanto ho capito che qui il più sveglio è stato bocciato in prima elementare. Vai avanti su, che le puntate so’ poche.’
Ex capitano: ‘Dicevamo che so’ svenuto. Ai miei compagni di squadra gli è presa male, nessuno era preparato all’idea che in uno sport così fru fru ci si potesse fare male. Quindi han giocato di sterco e sono stati asfaltati. ‘Sta cosa li ha depressi, un po’ perché non si erano accorti che m’ero fatto male e giocavo comunque stringendo i denti, un po’ perché han perso come dei cojoni. Quindi, tutti quelli del terzo han lasciato il club e si son dati alla pastorizia.’
P: ‘Azz, che storia bella e pregna. Quando dicevano che avrebbero tagliato sulla sceneggiatura pensavo scherzassero, invece era proprio vero. Grazie capita’, se vedemo, bella lì. Alò biondo, andiamo un po’ ad approfondire la mia storia, che so’ il protagonista e ancora non si è capito una fava di me.’
B: ‘Forza bruta ok, tattica cacca.’
P: ‘Sé, vabbè, te tollero perché sei belloccio, altrimenti t’avevo fatto volare giù dal tetto.’
Riunione di squadra.
P: ‘Allora raga, v’ho convocato qui perché ho una cosa da dirvi. Ho organizzato una partita d’allenamento con la squadra regina della zona, quelli che v'hanno asfaltato l’anno scorso. Giocamo sabato sul campo loro.’
Capitano: ‘Ah, grazie dell’informazione. Mi raccomando, che non ti venisse in mente di chiedere prima a me che so’ il capitano, fosse mai che qualcuno tenga alla gerarchia. Vabbè, ormai è cosa fatta, non ci resta che andare lì e giocare. Ma non potevo entrare nel club di ricamo? Lì almeno non avrei avuto a che fare co ‘sta manica de...’
Altrove. Inquadratura della sala riunioni della squadra di rubgy della scuola regina: sedie a schienale alto in velluto rosso, tavolo rotondo da meeting della NATO, vetrate da chiesa e affreschi sulla cupola che Cappella Sistina scansate.
Galoppino: ‘Capitano, emergenza.’
Capitano re: ‘Siamo in riunione, che rompi?’
G: ‘Lo so, mi scusi, poi mi fustigo forte con la cinghia della cartella. Ma intanto guardi qui il menù... volevo dire questo modulo di richiesta.’ Gli porge una cartellina in pelle con dentro dei fogli.
Il re legge con aria annoiata la richiesta per una partita di allenamento, poi nota la firma, si sveglia e dice: ‘Questi li asfaltamo male. Tu, coi capelli lunghi fino alle ginocchia e la voce da donna, guiderai la seconda squadra. Vedi de fa’ le cose per bene, sennò me risento.’
Tizio coi capelli lunghi, per gli amici Zerbino: ‘Oh mio Re, mi inginocchio e prostro davanti a te, alla tua magnificenza e bellezza, grazie del grande onore che mi fai, degnandomi delle tue attenzioni e della tua fiducia. Non ti deluderò, mio supremo.’
Re: ‘Vacca boia, ma questo do’ l’avemo raccattato? Vabbè, daje coso, gioca a verso.’
Giorno della partita. I nostri eroi arrivano nella super-scuola e lo Zerbino li va ad accogliere.
‘Salve, benvenuti, miei cari ospiti, venite che io e la seconda squadra vi asfalteremo con grazia e gentilezza, come si confà a dei veri signori.’
Capitano: ‘La seconda squadra? Vecchio volpone di un protagonista, ma tu lo sapevi!’
P: ‘Certo Capitano, era tutto un mio piano. Ho chiesto di giocare oggi, perché sapevo che la prima squadra era fuori, a stroncare male degli altri poveri adolescenti. Con la seconda squadra, qualche speranza ce la dovremmo avere.’
Squadra: ‘See, daje, siamo fomentatissimi, menamoje forte, vendetta per l’anno scorso!’
Intanto, la prima squadra distrugge l’autostima di una squadra di poracci; il re guarda l’orologio e ordina: ‘Movemose, che voglio andare a vedere come se la cava Zerbino, se ci sbrighiamo, arriviamo prima della fine’. Tutti obbediscono in silenzio, e infatti arrivano quando mancano ormai pochi minuti alla fine, come saggiamente predetto dal loro re. I nostri eroi hanno piallato bene la squadra di casa e sono gasati a bestia. Il re li guarda tutti in modo sprezzante, Zerbino si inginocchia chiedendo perdono (lo fa davvero nel cartone animato, non scherzo), venendo minacciato di ripercussioni gravi. Il biondo sfida sua maestà, della serie ‘vieqquà e facci vedere quanto ce l’hai lungo’, tanto che il re si leva il giubbotto e scende in campo. ‘Se vuoi che una cosa sia fatta bene, fattela da solo. Mannaggia a me e quando ho messo Zerbino a capo della baracca.’
Ovviamente fa meta schivando tutti i giocatori ed evitando ogni possibile placcaggio, ma per fortuna la partita finisce con la vittoria dei nostri eroi.
Vanno a stringersi la mano tutti quanti e il re guarda torvo il protagonista: ‘Non è la tua strada’. Detto con la voce di Raoul prima di premerti otto tsubo in un colpo solo. ‘Saranno anche un po’ ca**i miei, fratello’, risponde il protagonista, svelando così il colpo di scena (che avevamo già capito tutti).
Una volta tornati a scuola, gli eroi si riuniscono e guardano il protagonista. ‘E... quindi... quel gran pezzo di sterco è tu’ fratello? Fossi in te non lo direi in giro.’
Protagonista: ‘Infatti non ve l’ho detto. Però ora ve sorbettate la storia della mia vita e i miei sturbi, così investiamo un paio di yen in sceneggiatura. Allora, non se capiva che semo fratelli, perché abbiamo due cognomi diversi, abbiamo due cognomi diversi perché i nostri genitori han divorziato. Fin qui ci siete? Bravi. Nostro padre era un giocatore della nazionale e anche noi volevamo seguire le sue orme. Solo che mi’ fratello è cresciuto in modo normale, io invece ho due chili e cinque centimetri in meno e lui dice che il rugby non è la mia strada. Io me ne sono fregato e ho continuato, finché non m’hanno spatasciato un ginocchio. Fratello m’ha detto che non era la mia strada e io ho smesso di giocare. Così impara. Però non ero felice e, quando il biondo m’è venuto appresso per un mese giorno e notte, ho capito che volevo tornare in campo, così eccomi qui. Piaciuta la storia?’
Capitano: ‘Avoja! Quanto una gastroscopia. Ora che facciamo?’
Protagonista: ‘Io voglio dare un bel liscio e busso a mi’ fratello che non me chiede manco come sto, non me fa gli auguri de Natale né de compleanno, dice solo ‘Non è la tua strada’. Quindi partecipiamo al campionato, sconfiggiamo tutte le squadre e in finale je damo giù forte.’
Squadra: ‘See, daje, vinceremo tutto! Damo retta a questo che è arrivato l’altro ieri.’
Protagonista: ‘Ecco che succede a giocare senza caschetti, vedi come si riduce la gente...’
C'è qualcosa che si salva? Secondo me, no. Nemmeno gli antagonisti, le cui motivazioni sono, scusate la ripetizione, imbarazzanti. L'animazione è terribile, ma ci sono anche dei difetti. Guardatelo soltanto se non avete niente di meglio da fare e volete farvi quattro risate.
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
Riassunto molto creativo delle prime puntate con spoiler.
Antefatto.
Da qualche parte, in Giappone.
'Facciamo un anime sportivo. Trovatemi un manga/romanzo/light novel che ne parli.'
'Ce n'è uno sul rugby. Può andare?'
'È lo stesso, uno sport vale l'altro. Però attenzione, abbiamo pochi soldi. Dobbiamo investirli oculatamente. Su cosa possiamo risparmiare?'
'Io direi l'animazione. Mettiamo solo i giocatori, qualche comparsa qua e là, ma per il resto facciamo il mondo vuoto, negli stadi pieni puntiamo su delle macchie di colore indistinte, mentre per le azioni sportive viste da lontano usiamo della CGI scarsa (ho un cugino di dieci anni che ne capisce) e il gioco è fatto.'
'Ottimo. Ma non ci siamo del tutto. Dobbiamo risparmiare ancora. Cosa si può togliere, cos'è che non è indispensabile in un anime?'
'I giocatori li vestiamo tutti uguali, anche quando fanno le partite di allenamento tra loro, così non li dobbiamo disegnare due volte. E niente caschetto, che nel rugby non serve. Tanto, chi vuoi che ci faccia caso.'
'Bravo. Mi piace questo modo di pensare. Ma ci sarà altro su cui possiamo tagliare!'
'La sceneggiatura! Puntiamo tutto su due o tre concetti ripetuti fino allo sfinimento. Sono sicuro che una buona sceneggiatura non serva.'
'Fantastico. Direi che ci siamo. Bene, iniziamo subito a lavorarci.'
Ed ecco come io immagino sia nato questo anime sul rugby, dove i personaggi sono tutti belli, longilinei e mediamente alti (50 kg bagnati, più o meno), tanto la stazza non conta poi molto in questo sport; si allenano senza caschetto, senza casacche di colori diversi per distinguere i giocatori durante una partita interna; l'attrezzatura è minimal; quando si allenano e quando giocano, non si capisce niente, c'è gente che si passa la palla a casaccio, non trasformano le mete e via così, di approssimazione.
La storia inizia in questa tipica scuola giapponese, dove il liceale protagonista guarda fuori dalla finestra durante una lezione sull'Egitto. Il professore lo richiama, sgridandolo perché non stava seguendo la lezione, ma lui gli sciorina giù quanto detto finora, aggiungendoci anche qualcosa del suo, giusto per far capire al professore chi ce l'ha più lungo. Non pago di ciò, indica un compagno di classe biondo che sta bellamente dormendo e dice al professore: 'Non dovrebbe sgridare lui?' E il prof, dall'alto della sua funzione di educatore, risponde: 'Ormai ci ho rinunciato'.
Bene così, tutto torna.
Il protagonista vaga per la scuola e passa davanti al campo di rugby. Si ferma e guarda il biondo addormentato in classe che corre. Il biondo lo nota e si avvicina.
'Ciao. Serve qualcosa?'
'No...'
'Sicuro?'
'Sì, dai. A posto così.'
'Allora vado.'
'Ehr...'
'Dai, parla.'
'No, no, niente.'
'Allora io vado eh, che ho da fare.'
'Guarda, dato che insisti, ti do un consiglio non richiesto. Invece di correre come uno squilibrato in mezzo al campo, abbassa le ginocchia e assumi una postura decente: vedrai che sarai più efficace.'
'Oh, grazie. Allora ciao, eh.'
Il giorno dopo.
Il protagonista, desideroso di avere una vita sociale, va a mangiare sul tetto da solo. Arriva il biondo addormentato.
'Oh, ma lo sai che ho seguito il tuo consiglio e adesso mi trovo meglio? Pensavo che la postura fosse qualcosa inventato dai ‘poterih fortih’, invece è una roba utile. Entra in squadra, dai.'
'Bravo pirla, hai visto che quando i neuroni fanno contatto succedono cose belle? Comunque no, grazie.'
'E dai, non te la tirare. Vieni a giocare con noi!'
'No. Quale parte di ‘no’ non hai capito?'
'Dai, dai, su, entra in squadra. Se non lo fai ti sfracello le gonadi tutti i giorni finché non cedi per disperazione. Abbiamo bisogno di te, sembri avere un cervello e noi ne siamo un po' sprovvisti.'
'T'ho detto di no. M'hai fatto innervosire, m'è passato pure l'appetito. Arrangiatevi come avete fatto finora.' E se ne va.
Seguono giorni e giorni di sfracassamento di gonadi, come promesso, da parte del biondo, tanto che alla fine il protagonista è costretto a scegliere tra le seguenti opzioni: omicidio, suicidio, cambio scuola, entro in squadra.
Strano ma vero, sceglie l'ultima. Va al campo di allenamento e comincia subito a spiegare agli altri dove sbagliano (perché sapersi fare degli amici è un'arte), dicendo che buttarsi addosso come camion agli avversari va anche bene certe volte, ma usare qualche tattica sarebbe meglio. Il biondo, che nell'ultimo mese non ha fatto altro che stalkerare il protagonista per convincerlo a giocare, lo guarda sprezzante e dice: 'Io con la tattica mi ci pulisco il posteriore. Guarda qua che muscoli da scaricatore di spesa, che fisico da gonfiatore di palloncini, che potenza da spingitore di carrello del supermercato. Io punto tutto sulla forza e sto bene così'.
'Sarai anche biondo, figo e atletico, ma non capisci una fava. La tattica è importante.'
'Forza bruta.'
'Tattica.'
'Forza bruta.'
'Tattica.'
E via così per un quarto d'ora. Arriva il capitano, un altro giocatore di rugby canonico: fisico longilineo da ‘ti sputo e voli via’, autorità livello carlino, probabilità che il biondo lo ascolti e gli dia retta pari alla possibilità che gli alieni decidano di non invadere il Giappone.
'Oh, gente, avete rotto, la smettete di litigare come due pirla?'
'Ciao capitano, bella lì. Allora esisti anche tu. Guarda, grazie per la tua opinione non richiesta, ma noi continueremmo a fare un po' come ci pare. Senza offesa, eh.'
'Ora vi caccio due strilli fatti bene, poi vado a spiare le ragazze che si cambiano.'
‘Ci sono delle ragazze in questo anime?’
‘Certo che no, è già tanto che ci siamo noi. A dirla tutta, non so nemmeno se abbiamo quindici giocatori in questa squadra.’
Da qui già si poteva intuire che la situazione non sarebbe migliorata, ma nessuno poteva realmente sapere fino a che punto si sarebbe arrivati.
Protagonista: ‘Oh raga, ma voi lo sapete perché in questa squadra ci sono solo studenti del primo e del secondo anno? Quelli del terzo che fine hanno fatto?’
Tizio dai capelli rosa con treccina (nome: Pearce Valentine): ‘Boh, una volta l’ho chiesto al capitano, ma lui s’è innervosito tantissimo, ha cominciato a sbavare e ha detto delle cose poco carine su mia madre e sulla mia discendenza, così ho lasciato perdere.’
Protagonista: ‘Capisco. Qui tocca sempre fare tutto per conto nostro. Cerchiamo uno del terzo e andiamo a chiederglielo. Dai, eccolo qua. Ci pensiamo io e il biondo, tanto non me lo scollo di dosso manco a pagare.’
E così, biondo e protagonista raggiungono la classe del tizio del terzo anno, che è nientepopodimenoche l’ex capitano.
P (di protagonista): ‘Uè, bella lì. Scusa il disturbo, ma sono circondato da una manica di imbecilli, quindi, se voglio capire qualcosa, devo rimboccarmi le maniche e fare tutto da solo, in ogni senso. Senti, ma si può sapere perché tutti quelli del terzo si sono dati alla macchia? Va beh che il nostro club di rugby è un po’ sfigato, ma qui si esagera.’
Ex capitano: ‘Oh, ciao biondo, da quanto tempo.’
Biondo: ‘Amico mio, che bello vederti.’
P: ‘Ma se lo conoscevi, brutto decerebrato, perché non ci sei venuto a parlare tu?’
Biondo: ‘Mi sembravi tanto convinto e non ti volevo levare l’osso di bocca.’
P: ‘Scusa, dimenticavo che sei cretino col botto.’
Ex capitano: ‘Torniamo a noi. Il nostro club di rugby fa parte di un trio di scuole/club/squadre che sono il top del top, quindi vacci piano con gli insulti. Dunque, l’anno scorso stavamo giocando coi supercampioni e quelli si sono accaniti su di me, sfracassandomi un ginocchio. Io ho continuato a giocare perché sono masochista, ma dai e dai, a forza di venir buttato a terra, me so scocciato e ci so’ rimasto.’
P: ‘Ah, quindi siamo anche una scuola forte? Me cojoni, se siamo forti noi, non voglio sapere come giocano gli altri. E per amor di precisione, quando ti si buttano addosso e ti sbattono a terra, si parla di placcaggi. Placcaggi: c’è un termine tecnico, usiamolo. Ma tanto ho capito che qui il più sveglio è stato bocciato in prima elementare. Vai avanti su, che le puntate so’ poche.’
Ex capitano: ‘Dicevamo che so’ svenuto. Ai miei compagni di squadra gli è presa male, nessuno era preparato all’idea che in uno sport così fru fru ci si potesse fare male. Quindi han giocato di sterco e sono stati asfaltati. ‘Sta cosa li ha depressi, un po’ perché non si erano accorti che m’ero fatto male e giocavo comunque stringendo i denti, un po’ perché han perso come dei cojoni. Quindi, tutti quelli del terzo han lasciato il club e si son dati alla pastorizia.’
P: ‘Azz, che storia bella e pregna. Quando dicevano che avrebbero tagliato sulla sceneggiatura pensavo scherzassero, invece era proprio vero. Grazie capita’, se vedemo, bella lì. Alò biondo, andiamo un po’ ad approfondire la mia storia, che so’ il protagonista e ancora non si è capito una fava di me.’
B: ‘Forza bruta ok, tattica cacca.’
P: ‘Sé, vabbè, te tollero perché sei belloccio, altrimenti t’avevo fatto volare giù dal tetto.’
Riunione di squadra.
P: ‘Allora raga, v’ho convocato qui perché ho una cosa da dirvi. Ho organizzato una partita d’allenamento con la squadra regina della zona, quelli che v'hanno asfaltato l’anno scorso. Giocamo sabato sul campo loro.’
Capitano: ‘Ah, grazie dell’informazione. Mi raccomando, che non ti venisse in mente di chiedere prima a me che so’ il capitano, fosse mai che qualcuno tenga alla gerarchia. Vabbè, ormai è cosa fatta, non ci resta che andare lì e giocare. Ma non potevo entrare nel club di ricamo? Lì almeno non avrei avuto a che fare co ‘sta manica de...’
Altrove. Inquadratura della sala riunioni della squadra di rubgy della scuola regina: sedie a schienale alto in velluto rosso, tavolo rotondo da meeting della NATO, vetrate da chiesa e affreschi sulla cupola che Cappella Sistina scansate.
Galoppino: ‘Capitano, emergenza.’
Capitano re: ‘Siamo in riunione, che rompi?’
G: ‘Lo so, mi scusi, poi mi fustigo forte con la cinghia della cartella. Ma intanto guardi qui il menù... volevo dire questo modulo di richiesta.’ Gli porge una cartellina in pelle con dentro dei fogli.
Il re legge con aria annoiata la richiesta per una partita di allenamento, poi nota la firma, si sveglia e dice: ‘Questi li asfaltamo male. Tu, coi capelli lunghi fino alle ginocchia e la voce da donna, guiderai la seconda squadra. Vedi de fa’ le cose per bene, sennò me risento.’
Tizio coi capelli lunghi, per gli amici Zerbino: ‘Oh mio Re, mi inginocchio e prostro davanti a te, alla tua magnificenza e bellezza, grazie del grande onore che mi fai, degnandomi delle tue attenzioni e della tua fiducia. Non ti deluderò, mio supremo.’
Re: ‘Vacca boia, ma questo do’ l’avemo raccattato? Vabbè, daje coso, gioca a verso.’
Giorno della partita. I nostri eroi arrivano nella super-scuola e lo Zerbino li va ad accogliere.
‘Salve, benvenuti, miei cari ospiti, venite che io e la seconda squadra vi asfalteremo con grazia e gentilezza, come si confà a dei veri signori.’
Capitano: ‘La seconda squadra? Vecchio volpone di un protagonista, ma tu lo sapevi!’
P: ‘Certo Capitano, era tutto un mio piano. Ho chiesto di giocare oggi, perché sapevo che la prima squadra era fuori, a stroncare male degli altri poveri adolescenti. Con la seconda squadra, qualche speranza ce la dovremmo avere.’
Squadra: ‘See, daje, siamo fomentatissimi, menamoje forte, vendetta per l’anno scorso!’
Intanto, la prima squadra distrugge l’autostima di una squadra di poracci; il re guarda l’orologio e ordina: ‘Movemose, che voglio andare a vedere come se la cava Zerbino, se ci sbrighiamo, arriviamo prima della fine’. Tutti obbediscono in silenzio, e infatti arrivano quando mancano ormai pochi minuti alla fine, come saggiamente predetto dal loro re. I nostri eroi hanno piallato bene la squadra di casa e sono gasati a bestia. Il re li guarda tutti in modo sprezzante, Zerbino si inginocchia chiedendo perdono (lo fa davvero nel cartone animato, non scherzo), venendo minacciato di ripercussioni gravi. Il biondo sfida sua maestà, della serie ‘vieqquà e facci vedere quanto ce l’hai lungo’, tanto che il re si leva il giubbotto e scende in campo. ‘Se vuoi che una cosa sia fatta bene, fattela da solo. Mannaggia a me e quando ho messo Zerbino a capo della baracca.’
Ovviamente fa meta schivando tutti i giocatori ed evitando ogni possibile placcaggio, ma per fortuna la partita finisce con la vittoria dei nostri eroi.
Vanno a stringersi la mano tutti quanti e il re guarda torvo il protagonista: ‘Non è la tua strada’. Detto con la voce di Raoul prima di premerti otto tsubo in un colpo solo. ‘Saranno anche un po’ ca**i miei, fratello’, risponde il protagonista, svelando così il colpo di scena (che avevamo già capito tutti).
Una volta tornati a scuola, gli eroi si riuniscono e guardano il protagonista. ‘E... quindi... quel gran pezzo di sterco è tu’ fratello? Fossi in te non lo direi in giro.’
Protagonista: ‘Infatti non ve l’ho detto. Però ora ve sorbettate la storia della mia vita e i miei sturbi, così investiamo un paio di yen in sceneggiatura. Allora, non se capiva che semo fratelli, perché abbiamo due cognomi diversi, abbiamo due cognomi diversi perché i nostri genitori han divorziato. Fin qui ci siete? Bravi. Nostro padre era un giocatore della nazionale e anche noi volevamo seguire le sue orme. Solo che mi’ fratello è cresciuto in modo normale, io invece ho due chili e cinque centimetri in meno e lui dice che il rugby non è la mia strada. Io me ne sono fregato e ho continuato, finché non m’hanno spatasciato un ginocchio. Fratello m’ha detto che non era la mia strada e io ho smesso di giocare. Così impara. Però non ero felice e, quando il biondo m’è venuto appresso per un mese giorno e notte, ho capito che volevo tornare in campo, così eccomi qui. Piaciuta la storia?’
Capitano: ‘Avoja! Quanto una gastroscopia. Ora che facciamo?’
Protagonista: ‘Io voglio dare un bel liscio e busso a mi’ fratello che non me chiede manco come sto, non me fa gli auguri de Natale né de compleanno, dice solo ‘Non è la tua strada’. Quindi partecipiamo al campionato, sconfiggiamo tutte le squadre e in finale je damo giù forte.’
Squadra: ‘See, daje, vinceremo tutto! Damo retta a questo che è arrivato l’altro ieri.’
Protagonista: ‘Ecco che succede a giocare senza caschetti, vedi come si riduce la gente...’