Tommy, la stella dei Giants
E' la storia di Arthur Joung, giovane promessa del baseball che, a causa di una ferita di guerra, ha dovuto abbandonare l'attività agonistica prematuramente, e di suo figlio Tommy, costretto dal padre a diventare ciò che lui non ha potuto essere. Gli allenamenti cui viene sottoposto per diventare un lanciatore, iniziati già nella più tenera età, sono crudeli, da far paura a uno spartano, ma alla fine lo condurranno a giocare proprio nei Giants. In questa prima stagione vedremo la vita di Tommy dalla prima infanzia fino ai vent'anni circa, impareremo con lui ad amare il baseball, questo sconosciuto, a soffrire con lui per le sue torture. Ma anche a gioire per le sue vittorie contro i molti amici e rivali, ma anche a piangere con lui per le sue sconfitte. Ma si sa, gli anime sportivi devono essere esagerati, per cui Tommy dovrà inventare tre potentissimi lanci, chiamati appunto superlancio numero uno, due e tre, con cui sconfiggere gli avversari. Ma il terzo superlancio avrà gravi conseguenze, che lo porteranno all'inarrivabile mondo in cui la vittoria lo porterà alla sconfitta... ma non spoilero.
Uno dei primi anime sportivi? Una psicoterapia che ti insegna ad amare il baseball? L'incontro con un personaggio umano e interessante? Lotta titanica tra padre e figlio? L'apoteosi suprema del tema nipponico del sacrificio? Sicuramente "Tommy" è tutto questo. Sottolineo in particolare il tema della lotta contro il padre, perché Arthur, nel nome del miglioramento continuo, abbandonerà il ruolo del genitore per assumere quello del terribile rivale, accettando di allenare i suoi rivali affinché il figlio migliori ulteriormente. Non vi è quindi da stupirsi, dato che l'anime inizia nel '68, che sia stato una bandiera, assieme ad "Ashita no Joe", dei sessantottini giapponesi.
La grafica è quello che è, ma migliora nel tempo. La regia è buona e le musiche carine.
Dare un voto non è facile, dato che ha molti motivi per non piacere e, complice la lunghezza, non mi stupisce che in Italia abbia avuto pochi estimatori, tanto che la versione in DVD non ha venduto molto e sia stata chiusa presto.
Alla fine, dato che Tommy è un personaggio che non si dimentica e mi ha insegnato ad amare il baseball, do otto.
Uno dei primi anime sportivi? Una psicoterapia che ti insegna ad amare il baseball? L'incontro con un personaggio umano e interessante? Lotta titanica tra padre e figlio? L'apoteosi suprema del tema nipponico del sacrificio? Sicuramente "Tommy" è tutto questo. Sottolineo in particolare il tema della lotta contro il padre, perché Arthur, nel nome del miglioramento continuo, abbandonerà il ruolo del genitore per assumere quello del terribile rivale, accettando di allenare i suoi rivali affinché il figlio migliori ulteriormente. Non vi è quindi da stupirsi, dato che l'anime inizia nel '68, che sia stato una bandiera, assieme ad "Ashita no Joe", dei sessantottini giapponesi.
La grafica è quello che è, ma migliora nel tempo. La regia è buona e le musiche carine.
Dare un voto non è facile, dato che ha molti motivi per non piacere e, complice la lunghezza, non mi stupisce che in Italia abbia avuto pochi estimatori, tanto che la versione in DVD non ha venduto molto e sia stata chiusa presto.
Alla fine, dato che Tommy è un personaggio che non si dimentica e mi ha insegnato ad amare il baseball, do otto.
Ogni serie è figlia di un epoca, questa raccoglie il pensiero e la filosofia di una generazione severa: un padre tiranno e un figlio confuso ma con obiettivi chiari (indotti).
La guerra ha impedito a un uomo di diventare una stella del baseball, toccherà al figlio ereditare intento e spirito di sacrificio. Il nostro protagonista verrà privato di un'infanzia serena e trasformato da allenamenti degni di "tana delle tigri". La morale dominante sarà sempre quella di andare avanti e non arrendersi mai, sconfiggere gli avversari e perseguire costantemente il proprio ideale/dovere.
Considero quest'anime un documento storico, interessante quadro di una generazione sconfitta ma carica di senso del dovere. Non badate alla grafica datata, l'anime è un prodotto particolare e merita una visione attenta.
La guerra ha impedito a un uomo di diventare una stella del baseball, toccherà al figlio ereditare intento e spirito di sacrificio. Il nostro protagonista verrà privato di un'infanzia serena e trasformato da allenamenti degni di "tana delle tigri". La morale dominante sarà sempre quella di andare avanti e non arrendersi mai, sconfiggere gli avversari e perseguire costantemente il proprio ideale/dovere.
Considero quest'anime un documento storico, interessante quadro di una generazione sconfitta ma carica di senso del dovere. Non badate alla grafica datata, l'anime è un prodotto particolare e merita una visione attenta.
Impegno, disciplina, sacrificio.
"Kyojin no Hoshi", da noi conosciuto con il titolo "Tommy la stella dei Giants", è un fiero rappresentante del genere spokon ("tenacia sportiva"), ovvero quei manga sportivi in voga principalmente tra gli anni '60 e '70, narranti storie di ragazzini atleti che portano all'estremo il loro spirito agonistico.
A causa di un infortunio alla spalla, Arthur Young è costretto nel 1948 a rinunciare a una promettente carriera nel baseball. Scaricherà così anni dopo sul figlio Tommy, ancora bambino, i suoi sogni mancati sottoponendolo ad allenamenti massacranti di vario genere, imbracature di molle e ferro per muscoli comprese.
Tommy ormai adolescente entra nel liceo Sinclair, conosce colui che diverrà il suo migliore amico e fidato ricevitore, Charlie, e insieme tenteranno la lunga scalata verso il Kōshien. In seguito al torneo Tommy entra a far parte dei Giants e, con lo scopo di sconfiggere i temuti rivali Hashin Tigers, inventerà una serie di super lanci.
Assurdo, come giusto che sia, "Tommy la stella dei Giants" è una carovana di personaggi egoisti che pur di vincere ricorrono a ogni mezzo, alla faccia dello spirito sportivo. In pieno stile giapponese post-bellico, in Tommy, ancora più che in altri anime, si avverte una voglia di riscatto e di ossessione nell'abbattere l'avversario in una partita come fosse il nemico di una vita, rendendo così i personaggi schiavi di questo sport: distruggere o venire distrutti.
La famiglia di Tommy è povera e per le strade non passa una sola automobile. A metà tra il degrado del dopoguerra e la ricostruzione, il Giappone visto in Tommy la stella dei Giants è un Giappone totalmente diverso da quello del boom economico degli anni '80 al quale siamo abituati. L'autore Ikki Kajiwara/Asao Takamori affronerà questo tema anche, e soprattutto, nei celebri "Tiger Mask" e "Ashita no Joe".
La prima serie conta ben 182 episodi; tecnicamente essa si difende bene per la sua età e ancora oggi risulta godibile. Allo spettatore odierno potrebbe apparire alquanto strano che i personaggi dell'anime, in particolare Tommy, esprimano apertamente i loro sentimenti con le parole (tipo "sono amareggiato", "sono felice" con lacrime agli occhi o cose simili), ma tutto in Tommy deve essere enfatizzato; tipica di questo genere, per esempio, la scena al tramonto con un enorme e irrealistico sole rosso che occupa tutto l'orizzonte.
Se si accetta questo spirito, la trama risulterà avvincente come poche, tra partite che durano ore e una serie di lanci impossibili. I personaggi femminili, come di consueto per questo genere, vengono quasi del tutto messi da parte: "Tommy la stella dei Giants" è maschio dal primo all'ultimo episodio.
Da noi la serie giunge su Italia7 e su varie tv locali, con il solito rimaneggiamento di nomi da giapponese a inglese inventati sul momento, ma, tutto sommato, di dialoghi e adattamento non ci possiamo lamentare, oggi è possibile procurarselo in DVD da Yamato Video e nel momento in cui scrivo la recensione sta andando in onda sul canale satellitare Man-Ga!.
Per concludere, pur con i suoi difetti, Tommy è a suo modo una serie storica, quasi un manuale per i Giapponesi e i mangaka che vogliono avvicinarsi a questo genere; per noi italiani invece è un innocuo (salvo tentativi di imitazione nella vita reale dei super lanci) divertimento pre-serale sulle tv locali.
Seguono una seconda serie gradevole, ma non all'altezza della prima, e una terza disastrosa, oltre che introvabile.
"Kyojin no Hoshi", da noi conosciuto con il titolo "Tommy la stella dei Giants", è un fiero rappresentante del genere spokon ("tenacia sportiva"), ovvero quei manga sportivi in voga principalmente tra gli anni '60 e '70, narranti storie di ragazzini atleti che portano all'estremo il loro spirito agonistico.
A causa di un infortunio alla spalla, Arthur Young è costretto nel 1948 a rinunciare a una promettente carriera nel baseball. Scaricherà così anni dopo sul figlio Tommy, ancora bambino, i suoi sogni mancati sottoponendolo ad allenamenti massacranti di vario genere, imbracature di molle e ferro per muscoli comprese.
Tommy ormai adolescente entra nel liceo Sinclair, conosce colui che diverrà il suo migliore amico e fidato ricevitore, Charlie, e insieme tenteranno la lunga scalata verso il Kōshien. In seguito al torneo Tommy entra a far parte dei Giants e, con lo scopo di sconfiggere i temuti rivali Hashin Tigers, inventerà una serie di super lanci.
Assurdo, come giusto che sia, "Tommy la stella dei Giants" è una carovana di personaggi egoisti che pur di vincere ricorrono a ogni mezzo, alla faccia dello spirito sportivo. In pieno stile giapponese post-bellico, in Tommy, ancora più che in altri anime, si avverte una voglia di riscatto e di ossessione nell'abbattere l'avversario in una partita come fosse il nemico di una vita, rendendo così i personaggi schiavi di questo sport: distruggere o venire distrutti.
La famiglia di Tommy è povera e per le strade non passa una sola automobile. A metà tra il degrado del dopoguerra e la ricostruzione, il Giappone visto in Tommy la stella dei Giants è un Giappone totalmente diverso da quello del boom economico degli anni '80 al quale siamo abituati. L'autore Ikki Kajiwara/Asao Takamori affronerà questo tema anche, e soprattutto, nei celebri "Tiger Mask" e "Ashita no Joe".
La prima serie conta ben 182 episodi; tecnicamente essa si difende bene per la sua età e ancora oggi risulta godibile. Allo spettatore odierno potrebbe apparire alquanto strano che i personaggi dell'anime, in particolare Tommy, esprimano apertamente i loro sentimenti con le parole (tipo "sono amareggiato", "sono felice" con lacrime agli occhi o cose simili), ma tutto in Tommy deve essere enfatizzato; tipica di questo genere, per esempio, la scena al tramonto con un enorme e irrealistico sole rosso che occupa tutto l'orizzonte.
Se si accetta questo spirito, la trama risulterà avvincente come poche, tra partite che durano ore e una serie di lanci impossibili. I personaggi femminili, come di consueto per questo genere, vengono quasi del tutto messi da parte: "Tommy la stella dei Giants" è maschio dal primo all'ultimo episodio.
Da noi la serie giunge su Italia7 e su varie tv locali, con il solito rimaneggiamento di nomi da giapponese a inglese inventati sul momento, ma, tutto sommato, di dialoghi e adattamento non ci possiamo lamentare, oggi è possibile procurarselo in DVD da Yamato Video e nel momento in cui scrivo la recensione sta andando in onda sul canale satellitare Man-Ga!.
Per concludere, pur con i suoi difetti, Tommy è a suo modo una serie storica, quasi un manuale per i Giapponesi e i mangaka che vogliono avvicinarsi a questo genere; per noi italiani invece è un innocuo (salvo tentativi di imitazione nella vita reale dei super lanci) divertimento pre-serale sulle tv locali.
Seguono una seconda serie gradevole, ma non all'altezza della prima, e una terza disastrosa, oltre che introvabile.