Josée, la tigre e i pesci
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Josée, la tigre e i pesci" é un perfetto esempio delle difficoltà e delle insicurezze delle persone con disabilità motorie.
Trama: Tsuneo Suzukawa è uno studente universitario appassionato di immersioni subacquee, che lavora part-time per risparmiare denaro e poter studiare all'estero in Messico, dove sogna di esplorare una rara specie di pesce. Un giorno, mentre si trova per strada, assiste a un incidente in cui una ragazza su una sedia a rotelle perde il controllo e cade. Tsuneo corre in suo aiuto e, per ringraziarlo, la nonna della ragazza gli offre un lavoro: occuparsi di sua nipote, Josée. Josée è una giovane donna che ha vissuto la maggior parte della sua vita confinata in casa a causa della sua disabilità fisica. Vive nel suo mondo immaginario, leggendo libri e disegnando, ma desidera ardentemente esplorare il mondo esterno. All'inizio è diffidente nei confronti di Tsuneo, e si mostra arrogante e ostile, ma con il passare del tempo i due cominciano a conoscersi meglio e a sviluppare un rapporto di fiducia e affetto reciproco. Tsuneo inizia a portare Josée fuori di casa, introducendola alla realtà della vita quotidiana che lei non ha mai potuto sperimentare. Josée scopre nuove emozioni e avventure, come visitare l'oceano per la prima volta, cosa che aveva sempre sognato. Nel frattempo, anche Tsuneo comincia a cambiare: influenzato dalla passione e dalla determinazione di Josée, riflette sui propri sogni e sulle proprie aspirazioni. Tuttavia, la loro relazione affronta diverse difficoltà. Tsuneo subisce un grave infortunio mentre lavora in un negozio di attrezzature subacquee, compromettendo temporaneamente la possibilità di perseguire il suo sogno di studiare all'estero. Questo evento getta Tsuneo in una profonda crisi, ma Josée, che si sente colpevole per il suo incidente, decide di prendersi cura di lui e di incoraggiarlo a non arrendersi. Con il tempo, i sentimenti tra Josée e Tsuneo si approfondiscono, ma anche Josée deve affrontare le sue paure e insicurezze. Nonostante la sua disabilità, decide di non rinunciare ai suoi sogni e trova la forza di perseguire la sua passione per l'arte. Alla fine, Josée decide di vivere la sua vita in modo più indipendente, mentre Tsuneo, con il supporto di Josée, trova il coraggio di continuare a inseguire il suo sogno di studiare in Messico. Il film si conclude con Josée e Tsuneo che, pur andando verso strade diverse, continuano a ispirarsi a vicenda, mostrando come il loro incontro abbia trasformato profondamente le loro vite.
È un film che già dall'inizio ci viene presentato con una grafica e con delle musiche spettacolari, grazie anche alle canzoni di Eve ("Kaikai Kitan, prima intro di "Jujutsu Kaisen").
Abbiamo due metafore nel titolo, le tigri, ovvero le difficoltà, o meglio le "bestie" di ogni giorno, e i pesci, ovvero i compagni fidati, amici.
All'inizio abbiamo una Josée arrogante, quasi viziata, che dà ordini strampalati al suo "attendente", che ormai sembra non farcela più, ma piano piano comincia ad ammorbidirsi e ad aprirsi sempre di più e a comprendere i veri sentimenti che prova per Tsuneo.
Ho trovato quasi tutti gli aspetti di questo film perfetti, ma, come dice la nonna, c'è pieno di bestie fuori, il rovescio della medaglia.
Andiamo con ordine.
Le reazioni di Josée sembrano piuttosto piatte, come ad esempio per la morte della nonna, alla quale ha pianto, certo, ma sembra lo abbia fatto, come si suol dire, tanto per.
Un'altra cosa che mi ha fatto storcere il naso è che sembra che i servizi sociali servissero solo per farle perdere interesse nell'arte, messi lì apposta per distruggere questo suo sogno.
Poi c'è anche il fatto che alla fine Tsuneo l'abbia trovata come fosse una spia, seguendo delle tracce di sedia a rotelle dallo zoo fino in città, e che si siano rincontrati proprio come ad inizio film.
Queste sono le pecche maggiori che non rovinano assolutamente il film, ma che, se evitate, avrebbero potuto renderlo un vero capolavoro.
"Josée, la tigre e i pesci" é un perfetto esempio delle difficoltà e delle insicurezze delle persone con disabilità motorie.
Trama: Tsuneo Suzukawa è uno studente universitario appassionato di immersioni subacquee, che lavora part-time per risparmiare denaro e poter studiare all'estero in Messico, dove sogna di esplorare una rara specie di pesce. Un giorno, mentre si trova per strada, assiste a un incidente in cui una ragazza su una sedia a rotelle perde il controllo e cade. Tsuneo corre in suo aiuto e, per ringraziarlo, la nonna della ragazza gli offre un lavoro: occuparsi di sua nipote, Josée. Josée è una giovane donna che ha vissuto la maggior parte della sua vita confinata in casa a causa della sua disabilità fisica. Vive nel suo mondo immaginario, leggendo libri e disegnando, ma desidera ardentemente esplorare il mondo esterno. All'inizio è diffidente nei confronti di Tsuneo, e si mostra arrogante e ostile, ma con il passare del tempo i due cominciano a conoscersi meglio e a sviluppare un rapporto di fiducia e affetto reciproco. Tsuneo inizia a portare Josée fuori di casa, introducendola alla realtà della vita quotidiana che lei non ha mai potuto sperimentare. Josée scopre nuove emozioni e avventure, come visitare l'oceano per la prima volta, cosa che aveva sempre sognato. Nel frattempo, anche Tsuneo comincia a cambiare: influenzato dalla passione e dalla determinazione di Josée, riflette sui propri sogni e sulle proprie aspirazioni. Tuttavia, la loro relazione affronta diverse difficoltà. Tsuneo subisce un grave infortunio mentre lavora in un negozio di attrezzature subacquee, compromettendo temporaneamente la possibilità di perseguire il suo sogno di studiare all'estero. Questo evento getta Tsuneo in una profonda crisi, ma Josée, che si sente colpevole per il suo incidente, decide di prendersi cura di lui e di incoraggiarlo a non arrendersi. Con il tempo, i sentimenti tra Josée e Tsuneo si approfondiscono, ma anche Josée deve affrontare le sue paure e insicurezze. Nonostante la sua disabilità, decide di non rinunciare ai suoi sogni e trova la forza di perseguire la sua passione per l'arte. Alla fine, Josée decide di vivere la sua vita in modo più indipendente, mentre Tsuneo, con il supporto di Josée, trova il coraggio di continuare a inseguire il suo sogno di studiare in Messico. Il film si conclude con Josée e Tsuneo che, pur andando verso strade diverse, continuano a ispirarsi a vicenda, mostrando come il loro incontro abbia trasformato profondamente le loro vite.
È un film che già dall'inizio ci viene presentato con una grafica e con delle musiche spettacolari, grazie anche alle canzoni di Eve ("Kaikai Kitan, prima intro di "Jujutsu Kaisen").
Abbiamo due metafore nel titolo, le tigri, ovvero le difficoltà, o meglio le "bestie" di ogni giorno, e i pesci, ovvero i compagni fidati, amici.
All'inizio abbiamo una Josée arrogante, quasi viziata, che dà ordini strampalati al suo "attendente", che ormai sembra non farcela più, ma piano piano comincia ad ammorbidirsi e ad aprirsi sempre di più e a comprendere i veri sentimenti che prova per Tsuneo.
Ho trovato quasi tutti gli aspetti di questo film perfetti, ma, come dice la nonna, c'è pieno di bestie fuori, il rovescio della medaglia.
Andiamo con ordine.
Le reazioni di Josée sembrano piuttosto piatte, come ad esempio per la morte della nonna, alla quale ha pianto, certo, ma sembra lo abbia fatto, come si suol dire, tanto per.
Un'altra cosa che mi ha fatto storcere il naso è che sembra che i servizi sociali servissero solo per farle perdere interesse nell'arte, messi lì apposta per distruggere questo suo sogno.
Poi c'è anche il fatto che alla fine Tsuneo l'abbia trovata come fosse una spia, seguendo delle tracce di sedia a rotelle dallo zoo fino in città, e che si siano rincontrati proprio come ad inizio film.
Queste sono le pecche maggiori che non rovinano assolutamente il film, ma che, se evitate, avrebbero potuto renderlo un vero capolavoro.
Non sono abituato a guardare film impegnati, slice of life che ti presentano situazioni commoventi, fatti per far riflettere oltre che per divertire. Purtroppo, riflettere e divertire non stanno spesso bene nella stessa frase, e sebbene i problemi di Tsuneo e Josee meritassero di essere raccontati, il modo in cui sono narrati può essere definito in un solo modo: banale.
A parte alcune piccole incongruenze, ho trovato la trama molto prevedibile e soprattutto per niente accattivante. Tutto è narrato in modo piatto, facendo perdere il fascino sia alla parte triste della storia (e sì che il regista voleva calcare la mano su questa parte) sia alla parte romantica. L’amore tra i due protagonisti si sviluppa male, soprattutto pensando quanto stupida e infantile è la protagonista all’inizio. Sì, va bene la nonna super-protettiva, ma Josee/Kumiko si comporta come se non abbia mai conosciuto un essere umano neanche da bambina ed è rimasta infantile allo stato puro... Il suo amore per il mare e la paura per le tigri poi danno un senso al titolo, sogna di pesci mai visti e va con Tsuneo a vedere una tigre che è in una gabbia da cui può fuggire con un balzo...
A peggiorare tutto, è il doppiaggio che non mi ha convinto: specialmente, ho trovato fastidiosa l’interpretazione di Luna Miriam Iansante.
Non si salva dunque niente? In realtà si salvano le musiche, frutto del lavoro dello statunitense Evan Call, autore ben conosciuto in Giappone. Ma ciò non basta per dare un voto maggiore di quattro.
Se non volete annoiarvi, passate oltre.
A parte alcune piccole incongruenze, ho trovato la trama molto prevedibile e soprattutto per niente accattivante. Tutto è narrato in modo piatto, facendo perdere il fascino sia alla parte triste della storia (e sì che il regista voleva calcare la mano su questa parte) sia alla parte romantica. L’amore tra i due protagonisti si sviluppa male, soprattutto pensando quanto stupida e infantile è la protagonista all’inizio. Sì, va bene la nonna super-protettiva, ma Josee/Kumiko si comporta come se non abbia mai conosciuto un essere umano neanche da bambina ed è rimasta infantile allo stato puro... Il suo amore per il mare e la paura per le tigri poi danno un senso al titolo, sogna di pesci mai visti e va con Tsuneo a vedere una tigre che è in una gabbia da cui può fuggire con un balzo...
A peggiorare tutto, è il doppiaggio che non mi ha convinto: specialmente, ho trovato fastidiosa l’interpretazione di Luna Miriam Iansante.
Non si salva dunque niente? In realtà si salvano le musiche, frutto del lavoro dello statunitense Evan Call, autore ben conosciuto in Giappone. Ma ciò non basta per dare un voto maggiore di quattro.
Se non volete annoiarvi, passate oltre.
“Il mondo è pieno di bestie spaventose, piccola mia...”, disse chiaro e tondo l’anziana signora, nonna premurosa, forse troppo, di una ragazzina piena di sogni, frustrazioni e difficoltà.
“...eppure, c’è del buono, là fuori, padron Frodo, e vale la pena lottare per esso!”, esternò a cuore aperto il fiero e coraggioso Samvise Gamgee, in uno dei momenti più toccanti de “Il Signore degli Anelli”.
Sembrano due cose che non hanno niente a che fare l’una con l’altra, invece un legame, per giunta profondo, ce l’hanno eccome: sono i due lati di quella medaglia chiamata Esistenza. Entrambi modi di vedere il mondo, leggere la quotidianità, passarci attraverso, capirne la realtà, chi ci circonda, ciò che ci accade.
Ma si sa, lottare costa fatica, spesso più mentale che fisica, e allenare la mente è ben differente dall’allenare il corpo.
Ordunque, eccoci qui: colonna sonora frizzante, variegata, ricca di motivi rapidi, altisonanti e orchestrati, ma costellata anche da note cupe, lente, grigie, compassate. Ad ogni attimo viene donata la traccia sonora adeguata, gran punto a favore dell’opera.
Parimenti, colpisce subito un comparto grafico stellare: animazioni fluide, colori brillanti - quasi abbaglianti nella loro fulgida bellezza - e una cura maniacale nei dettagli sono il tecnico biglietto da visita degli autori di “Josée, la tigre e i pesci”.
Immersi da subito in questi elementi dalla grande squisitezza artistica, note pacate, sottili e inizialmente delicate sostengono l’incipit passo passo, accompagnando animazioni accattivanti dal design fra il minimale e il moderno, forti di una spigolosa, adescante fluidità. Notiamo di rado l’utilizzo della CG, prevalentemente impegnata per animare mezzi meccanici o elementi mobili dei fondali, perfettamente integrati con l’ambiente: insomma, una delizia per gli occhi e per le orecchie, capace di incorniciare adeguatamente la complicata storia urbana e adolescenziale - a cavallo fra sogni di un futuro incerto e difficoltà legate al presente - che andremo a principiare.
In una calda estate fra strade di periferia ricche di silenzi, vicoli assolati e cicale sommesse, mentre sullo sfondo si staglia l’incessante, roboante caos della metropoli che mai assapora tregue, si dipana la storia di due giovani ragazzi: Tsuneo, universitario squattrinato in cerca di lavori e nuove esperienze, e “Josée” Kumiko, fanciulla disabile costretta sin dalla nascita sulla sedia a rotelle. Spaventata dal mondo fuori dalle mura domestiche a causa di una nonna troppo protettiva che da anni si prende cura di lei, Kumiko vede “tigri” ovunque: persone scortesi, aggressive, amalgamate a quella metropoli che le è stato insegnato essere troppo pericolosa, esasperata, incapace di accettarla; tigri più d’animo che d’aspetto, insopportabilmente normodotate, capaci di muoversi sulle proprie gambe, pronte a discriminare, puntare il dito, o peggio ancora sfoggiare falsi sorrisi di cortesia pronti a tramutarsi in penosa compassione, stoccate capaci di ferire più di qualsiasi offesa.
Iniziare la visione di quest’anime ci prepara inevitabilmente ad andare incontro a un tema molto toccante e complesso come quello della disabilità quotidiana. Kumiko, nonostante voglia mostrarsi forte e pronta ad affrontare ogni genere di periglio, si sente insicura e spaventata da ciò che potrebbe decidere di sfidare ma non fronteggia mai, tenuta in bambagia sotto l’iperprotettiva campana della nonna, tuttavia inevitabilmente scalpitante, ricca di una fantasia sfrenata e di un tocco artistico invidiabile, che sfocia (sfoga) in numerosi disegni e illustrazioni: adora il mare, gli animali acquatici e tutto ciò che ha a che fare con l’oceano. Sogna avventure impossibili, come andare a visitare le profondità del Pacifico tramite curiosi viaggi onirici, o di nuotare fianco a fianco con delfini, balene e meduse, tutto questo proiettato nella sua testa dall’immensa fantasia che possiede, chiusa nella piccola stanzetta di casa, al piano terra.
Come spesso accade in questi casi, in chi soffre così tanto e si tiene dentro tutto, o in chi è spaventato ma crede che mostrare le proprie debolezze possa annientarlo totalmente, si crea una sorta di “comfort zone” per tenere ogni cosa sotto controllo, finendo per “indossare” una corazza d’apparente sicurezza rinforzata da modi bruschi e severi, spigolosità caratteriali che si suppone siano necessarie per sopravvivere nella giungla delle tigri, alias lo “spaventoso” mondo esterno. Come ricci spaventati, irti fuori, vulnerabili dentro, ci si chiude a palla, tenendo lontano ogni elemento che possa ferire le proprie intimità.
Per un (buffo) motivo fortuito, Kumiko farà presto conoscenza con Tsuneo: il ragazzo, sempre in cerca di denaro per finanziare il proprio futuro, si ritroverà a lavorare proprio a casa della ragazza, per prendersi cura di lei - sotto espressa richiesta della nonna.
Ecco le prime complicanze: lei si fa chiamare Josée, proprio come la protagonista di un libro che adora, e di lui non vuole proprio saperne. Il loro primo incontro, complice anche l’autodifensiva reticenza della ragazza (e innescato da una gag tanto banale quanto classica), non spingerà Kumiko a stringere subito amicizia, ma ella comincerà ad avvicinarglisi non appena scoprirà che Tsuneo possiede una sconfinata passione per le escursioni subacquee: osservare le meraviglie marine da così vicino, cosa può esserci di più bello? Sembra destino: galeotto, sarà il mare a far scoccare la prima scintilla d’interesse fra i due. La passione per gli oceani sterminati, per i pesci più rari e colorati, i luoghi esotici e misteriosi... tale inevitabile fascino attrarrà la titubante ragazza, facendo (in parte) cadere i muri di reticenza e diffidenza che da sempre erige verso il prossimo.
Lo studio psicologico dei protagonisti è davvero curato: la loro evoluzione caratteriale avviene in maniera naturale, spontanea, per nulla forzata, è un vero piacere seguire la vicenda che, soprattutto nella parte centrale, scivola via come un’onda sospinta da brezza mattutina, fra vicende di cuore, lavoro e speranze per il futuro, alti e bassi, sogni e paure, sfiorando il cuore dello spettatore delicatamente ma insistentemente: una vera e propria poesia in movimento.
La composizione di colori, in combinazione con la colonna sonora e i vari momenti narrati sapientemente all’interno dell’opera, donano frangenti di intimità davvero commoventi: una fragile, vibrante storia sentimentale che cresce lentamente fra righe d’insicurezza e voglia di afferrare il futuro a piene mani, dolci attimi di gelosia e continue scoperte di sé stessi e di ciò che li circonda. Gli ingredienti ci sono tutti, e vengono adoprati sapientemente. Così scopriremo che la nonna iperprotettiva e troppo coriacea in realtà nasconde - come tutti - determinate e plausibili motivazioni, e che Tsuneo comprenderà molto più a fondo e a sue spese la vera sofferenza che Kumiko affronta silenziosamente ogni giorno, un espediente narrativo che farà da cardine a tutta la vicenda, e che cambierà le carte in tavola senza preavviso.
“Josée, la tigre e i pesci”, come spiegato poc’anzi, possiede un’evoluzione dei personaggi eccezionale, realistica, meravigliosamente intensa, emotivamente potente e molto plausibile, nonostante alcune circostanze tendano ad essere idealizzate per trarne un quadretto piacevole e leggero, con il sospetto che nella vita reale situazioni analoghe possano invece sortire difficoltà di non poco conto, probabilmente più aspre e dolorose.
Kumiko si troverà quindi “costretta” ad affrontare i suoi demoni - pardon, tigri, ancora una volta, metaforicamente, e, buffo a dirsi, addirittura fisicamente, quantomeno a distanza. I pesci invece saranno compagni di sogni, desideri impossibili, fantasie messe su carta che la condurranno lungo un cammino difficile ma ricco di prospettive interessanti.
Per quanto l’intera vicenda sia stata pensata e costruita con grande abilità, la sezione centrale rimane senza dubbio quella più intensa, realistica e vivida, capace di far immedesimare al massimo lo spettatore, che con un minimo di empatia può riuscire a percepire il groviglio di combattute emozioni in cui i protagonisti continuano a districarsi.
Assurdo a dirsi, ma la parte forse meno incisiva risulta proprio il finale: dolce, aperto, tranquillo, pertinente e, diciamo, “giusto”, ma privo di quel mordente e di quelle emozioni che, probabilmente, lo spettatore potrebbe attendersi, al termine di un percorso narrativo di enorme qualità tecnica.
Rimane tuttavia un’impronta indelebile, una stretta al cuore e una lacrima che va asciugata con gentilezza, perché a questo mondo esistono certe cose che, nella loro dolorosa complessità e sofferenza, non possono essere giudicate ma soltanto comprese, osservate e accettate.
Diamine, là fuori sarà anche pieno di bestie spaventose, ma presto o tardi la tigre deve essere affrontata, se si vuole vedere il mare.
“...eppure, c’è del buono, là fuori, padron Frodo, e vale la pena lottare per esso!”, esternò a cuore aperto il fiero e coraggioso Samvise Gamgee, in uno dei momenti più toccanti de “Il Signore degli Anelli”.
Sembrano due cose che non hanno niente a che fare l’una con l’altra, invece un legame, per giunta profondo, ce l’hanno eccome: sono i due lati di quella medaglia chiamata Esistenza. Entrambi modi di vedere il mondo, leggere la quotidianità, passarci attraverso, capirne la realtà, chi ci circonda, ciò che ci accade.
Ma si sa, lottare costa fatica, spesso più mentale che fisica, e allenare la mente è ben differente dall’allenare il corpo.
Ordunque, eccoci qui: colonna sonora frizzante, variegata, ricca di motivi rapidi, altisonanti e orchestrati, ma costellata anche da note cupe, lente, grigie, compassate. Ad ogni attimo viene donata la traccia sonora adeguata, gran punto a favore dell’opera.
Parimenti, colpisce subito un comparto grafico stellare: animazioni fluide, colori brillanti - quasi abbaglianti nella loro fulgida bellezza - e una cura maniacale nei dettagli sono il tecnico biglietto da visita degli autori di “Josée, la tigre e i pesci”.
Immersi da subito in questi elementi dalla grande squisitezza artistica, note pacate, sottili e inizialmente delicate sostengono l’incipit passo passo, accompagnando animazioni accattivanti dal design fra il minimale e il moderno, forti di una spigolosa, adescante fluidità. Notiamo di rado l’utilizzo della CG, prevalentemente impegnata per animare mezzi meccanici o elementi mobili dei fondali, perfettamente integrati con l’ambiente: insomma, una delizia per gli occhi e per le orecchie, capace di incorniciare adeguatamente la complicata storia urbana e adolescenziale - a cavallo fra sogni di un futuro incerto e difficoltà legate al presente - che andremo a principiare.
In una calda estate fra strade di periferia ricche di silenzi, vicoli assolati e cicale sommesse, mentre sullo sfondo si staglia l’incessante, roboante caos della metropoli che mai assapora tregue, si dipana la storia di due giovani ragazzi: Tsuneo, universitario squattrinato in cerca di lavori e nuove esperienze, e “Josée” Kumiko, fanciulla disabile costretta sin dalla nascita sulla sedia a rotelle. Spaventata dal mondo fuori dalle mura domestiche a causa di una nonna troppo protettiva che da anni si prende cura di lei, Kumiko vede “tigri” ovunque: persone scortesi, aggressive, amalgamate a quella metropoli che le è stato insegnato essere troppo pericolosa, esasperata, incapace di accettarla; tigri più d’animo che d’aspetto, insopportabilmente normodotate, capaci di muoversi sulle proprie gambe, pronte a discriminare, puntare il dito, o peggio ancora sfoggiare falsi sorrisi di cortesia pronti a tramutarsi in penosa compassione, stoccate capaci di ferire più di qualsiasi offesa.
Iniziare la visione di quest’anime ci prepara inevitabilmente ad andare incontro a un tema molto toccante e complesso come quello della disabilità quotidiana. Kumiko, nonostante voglia mostrarsi forte e pronta ad affrontare ogni genere di periglio, si sente insicura e spaventata da ciò che potrebbe decidere di sfidare ma non fronteggia mai, tenuta in bambagia sotto l’iperprotettiva campana della nonna, tuttavia inevitabilmente scalpitante, ricca di una fantasia sfrenata e di un tocco artistico invidiabile, che sfocia (sfoga) in numerosi disegni e illustrazioni: adora il mare, gli animali acquatici e tutto ciò che ha a che fare con l’oceano. Sogna avventure impossibili, come andare a visitare le profondità del Pacifico tramite curiosi viaggi onirici, o di nuotare fianco a fianco con delfini, balene e meduse, tutto questo proiettato nella sua testa dall’immensa fantasia che possiede, chiusa nella piccola stanzetta di casa, al piano terra.
Come spesso accade in questi casi, in chi soffre così tanto e si tiene dentro tutto, o in chi è spaventato ma crede che mostrare le proprie debolezze possa annientarlo totalmente, si crea una sorta di “comfort zone” per tenere ogni cosa sotto controllo, finendo per “indossare” una corazza d’apparente sicurezza rinforzata da modi bruschi e severi, spigolosità caratteriali che si suppone siano necessarie per sopravvivere nella giungla delle tigri, alias lo “spaventoso” mondo esterno. Come ricci spaventati, irti fuori, vulnerabili dentro, ci si chiude a palla, tenendo lontano ogni elemento che possa ferire le proprie intimità.
Per un (buffo) motivo fortuito, Kumiko farà presto conoscenza con Tsuneo: il ragazzo, sempre in cerca di denaro per finanziare il proprio futuro, si ritroverà a lavorare proprio a casa della ragazza, per prendersi cura di lei - sotto espressa richiesta della nonna.
Ecco le prime complicanze: lei si fa chiamare Josée, proprio come la protagonista di un libro che adora, e di lui non vuole proprio saperne. Il loro primo incontro, complice anche l’autodifensiva reticenza della ragazza (e innescato da una gag tanto banale quanto classica), non spingerà Kumiko a stringere subito amicizia, ma ella comincerà ad avvicinarglisi non appena scoprirà che Tsuneo possiede una sconfinata passione per le escursioni subacquee: osservare le meraviglie marine da così vicino, cosa può esserci di più bello? Sembra destino: galeotto, sarà il mare a far scoccare la prima scintilla d’interesse fra i due. La passione per gli oceani sterminati, per i pesci più rari e colorati, i luoghi esotici e misteriosi... tale inevitabile fascino attrarrà la titubante ragazza, facendo (in parte) cadere i muri di reticenza e diffidenza che da sempre erige verso il prossimo.
Lo studio psicologico dei protagonisti è davvero curato: la loro evoluzione caratteriale avviene in maniera naturale, spontanea, per nulla forzata, è un vero piacere seguire la vicenda che, soprattutto nella parte centrale, scivola via come un’onda sospinta da brezza mattutina, fra vicende di cuore, lavoro e speranze per il futuro, alti e bassi, sogni e paure, sfiorando il cuore dello spettatore delicatamente ma insistentemente: una vera e propria poesia in movimento.
La composizione di colori, in combinazione con la colonna sonora e i vari momenti narrati sapientemente all’interno dell’opera, donano frangenti di intimità davvero commoventi: una fragile, vibrante storia sentimentale che cresce lentamente fra righe d’insicurezza e voglia di afferrare il futuro a piene mani, dolci attimi di gelosia e continue scoperte di sé stessi e di ciò che li circonda. Gli ingredienti ci sono tutti, e vengono adoprati sapientemente. Così scopriremo che la nonna iperprotettiva e troppo coriacea in realtà nasconde - come tutti - determinate e plausibili motivazioni, e che Tsuneo comprenderà molto più a fondo e a sue spese la vera sofferenza che Kumiko affronta silenziosamente ogni giorno, un espediente narrativo che farà da cardine a tutta la vicenda, e che cambierà le carte in tavola senza preavviso.
“Josée, la tigre e i pesci”, come spiegato poc’anzi, possiede un’evoluzione dei personaggi eccezionale, realistica, meravigliosamente intensa, emotivamente potente e molto plausibile, nonostante alcune circostanze tendano ad essere idealizzate per trarne un quadretto piacevole e leggero, con il sospetto che nella vita reale situazioni analoghe possano invece sortire difficoltà di non poco conto, probabilmente più aspre e dolorose.
Kumiko si troverà quindi “costretta” ad affrontare i suoi demoni - pardon, tigri, ancora una volta, metaforicamente, e, buffo a dirsi, addirittura fisicamente, quantomeno a distanza. I pesci invece saranno compagni di sogni, desideri impossibili, fantasie messe su carta che la condurranno lungo un cammino difficile ma ricco di prospettive interessanti.
Per quanto l’intera vicenda sia stata pensata e costruita con grande abilità, la sezione centrale rimane senza dubbio quella più intensa, realistica e vivida, capace di far immedesimare al massimo lo spettatore, che con un minimo di empatia può riuscire a percepire il groviglio di combattute emozioni in cui i protagonisti continuano a districarsi.
Assurdo a dirsi, ma la parte forse meno incisiva risulta proprio il finale: dolce, aperto, tranquillo, pertinente e, diciamo, “giusto”, ma privo di quel mordente e di quelle emozioni che, probabilmente, lo spettatore potrebbe attendersi, al termine di un percorso narrativo di enorme qualità tecnica.
Rimane tuttavia un’impronta indelebile, una stretta al cuore e una lacrima che va asciugata con gentilezza, perché a questo mondo esistono certe cose che, nella loro dolorosa complessità e sofferenza, non possono essere giudicate ma soltanto comprese, osservate e accettate.
Diamine, là fuori sarà anche pieno di bestie spaventose, ma presto o tardi la tigre deve essere affrontata, se si vuole vedere il mare.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Trama: lo studente universitario Tsuneo una mattina incontra una vecchia che spinge una enorme carrozzina: dentro c’è Kimiko, una ragazza colpita da paralisi cerebrale incapace di muovere le gambe. Tsuneo finisce per seguirle nella squallida abitazione che condividono, e nonostante il guscio in cui Kimiko sembra essersi rinchiusa, comincerà a farsi vivo sempre più spesso.
Considerazioni personali: finendo la visione del film, ho provato un senso di "amarezza", perché è stata veramente una tortura finire il movie. Direi di iniziare prima partendo dai pro e dopo arrivando ai contro.
Tra i pro: tematiche sulle persone in carrozzina che mostrano la cruda realtà della loro situazione e di quello che devono sopportare ogni minuto; animazioni gradevoli e disegni molto puliti, senza infamia e senza lode, regalando anche qualche parte veramente incredibile; scene romance (soprattutto verso la fine del movie) che stonano con tutto il movie, perché fatte veramente bene e, anzi, meritavano un movie almeno decente.
Tra i contro: prima di tutto il doppiaggio, veramente pessimo, nessuno si salva, stona tantissimo con i personaggi e con le emozioni/espressioni che hanno in quel momento (soprattutto la protagonista, avrei cambiato la sua doppiatrice); la scena dello zoo, con le sbarre di protezione che arrivavano a metà vita, perciò la tigre poteva benissimo saltare fuori e sbranare tutti (non c'era un vetro, non c'era niente, solo delle sbarre corte); la scena di lui che va a cercare la protagonista (che non ha un telefono), e chiedendo a caso a un poliziotto viene a sapere che una ragazza in carrozzina ha preso il treno (come se in quella megalopoli solo lei è in sedia a rotelle), e lui senza aspettare tre secondi per collegare i neuroni prende e sale; lei, in un momento di confusione, perde il controllo della carrozzina e spicca il volo in una ripidissima discesa nei più sconosciuti borghi della città, e nel momento prima dello schianto arriva il protagonista che si butta e la salva (pensa la fortuna di trovarsi proprio lì, in una megalopoli, nelle più anguste zone della città, e soprattutto aveva una stampella, ma ciò non ferma il centometrista che è in lui), quindi altro che teletrasporto o richiamo di Batman, chiamate il protagonista, vi trova subito.
Conclusione: una mezza perdita di tempo, escludendo metà della prima parte e la parte centrale; le scene romance potevano essere perfette con un movie altrettanto perfetto, ma hanno completamente sbagliato.
Voto: 5
Trama: lo studente universitario Tsuneo una mattina incontra una vecchia che spinge una enorme carrozzina: dentro c’è Kimiko, una ragazza colpita da paralisi cerebrale incapace di muovere le gambe. Tsuneo finisce per seguirle nella squallida abitazione che condividono, e nonostante il guscio in cui Kimiko sembra essersi rinchiusa, comincerà a farsi vivo sempre più spesso.
Considerazioni personali: finendo la visione del film, ho provato un senso di "amarezza", perché è stata veramente una tortura finire il movie. Direi di iniziare prima partendo dai pro e dopo arrivando ai contro.
Tra i pro: tematiche sulle persone in carrozzina che mostrano la cruda realtà della loro situazione e di quello che devono sopportare ogni minuto; animazioni gradevoli e disegni molto puliti, senza infamia e senza lode, regalando anche qualche parte veramente incredibile; scene romance (soprattutto verso la fine del movie) che stonano con tutto il movie, perché fatte veramente bene e, anzi, meritavano un movie almeno decente.
Tra i contro: prima di tutto il doppiaggio, veramente pessimo, nessuno si salva, stona tantissimo con i personaggi e con le emozioni/espressioni che hanno in quel momento (soprattutto la protagonista, avrei cambiato la sua doppiatrice); la scena dello zoo, con le sbarre di protezione che arrivavano a metà vita, perciò la tigre poteva benissimo saltare fuori e sbranare tutti (non c'era un vetro, non c'era niente, solo delle sbarre corte); la scena di lui che va a cercare la protagonista (che non ha un telefono), e chiedendo a caso a un poliziotto viene a sapere che una ragazza in carrozzina ha preso il treno (come se in quella megalopoli solo lei è in sedia a rotelle), e lui senza aspettare tre secondi per collegare i neuroni prende e sale; lei, in un momento di confusione, perde il controllo della carrozzina e spicca il volo in una ripidissima discesa nei più sconosciuti borghi della città, e nel momento prima dello schianto arriva il protagonista che si butta e la salva (pensa la fortuna di trovarsi proprio lì, in una megalopoli, nelle più anguste zone della città, e soprattutto aveva una stampella, ma ciò non ferma il centometrista che è in lui), quindi altro che teletrasporto o richiamo di Batman, chiamate il protagonista, vi trova subito.
Conclusione: una mezza perdita di tempo, escludendo metà della prima parte e la parte centrale; le scene romance potevano essere perfette con un movie altrettanto perfetto, ma hanno completamente sbagliato.
Voto: 5
Attenzione: la recensione contiene spoiler
La trama, inizialmente, può sembrare alquanto tipica: un giovane amante del mare e dei pesci tropicali, Tsuneo, sogna di studiare in Messico dopo essersi laureato (poiché solo in Messico è possibile ammirare e studiare il suo pesce preferito). Una sera incontra per caso una vecchietta e la sua giovane nipotina sulla sedia a rotelle sin dalla nascita di nome Kimiko, che però preferisce farsi chiamare "Josee", come uno dei personaggi della sua scrittrice preferita, la francese Françoise Sagan. Avendo aiutato Josee (infatti aveva avuto un incidente con la sedia a rotelle), la nonnina lo invita a cena per sdebitarsi, e venendo a conoscenza che Tsuneo ha bisogno di soldi per poter andare in Messico, gli offre un buono stipendio per prendersi cura della nipote, a patto che non la faccia mai uscire di casa (la nonna è infatti spaventata dai pericoli che la nipotina potrebbe incontrare nel mondo esterno). La stessa Josee non ama molto il mondo esterno (lo considera pieno di "tigri" ovvero gli estranei aggressivi), fatta eccezione per il mare, che invece adora e desidera da sempre ammirare (la sua stanza è piena di disegni del mare, e da grande vorrebbe diventare una illustratrice). Nonostante ciò, Josee e Tsuneo, che all'inizio non si sopportano, cominciano ad andare d'accordo e soprattutto ad uscire di nascosto (andranno come prima tappa proprio al mare), quando la nonna dorme. Il giovane aiuterà la ragazza a riscoprire le bellezze del mondo, le piccole cose, il senso di meraviglia, il divertimento e l'allegria. Ma è proprio qui che la trama smette di essere tipica e spicca il volo.
Infatti i due inizieranno ad avvicinarsi sempre di più, e a provare qualcosa l'uno per l'altra, tuttavia accadrà un evento clamoroso che sconvolgerà tutto, e la storia prenderà una piega seria e riflessiva (sull'importanza di seguire i propri sogni e di quanto sia duro, ma non impossibile, raggiungerli). A questo punto sarà Josee ad aiutare Tsuneo, e si giunge quindi al finale della storia, che è altrettanto clamoroso, meraviglioso e dolcissimo!
Il comparto tecnico è semplicemente ottimo (non eccellente, ma fa benissimo il suo lavoro), con colori bellissimi (di una sfumatura "pastello" che si sposa benissimo con la storia), la colonna sonora più che sufficiente. Un plauso va fatto assolutamente alla doppiatrice di Josee, che è stata a dir poco incredibile.
Per gli amanti del genere drammatico, e soprattutto per gli amanti del genere romantico (ma anche i non appassionati del genere lo troveranno davvero carino), è un film da vedere assolutamente, un piccolo capolavoro. Consigliatissimo a tutti!
La trama, inizialmente, può sembrare alquanto tipica: un giovane amante del mare e dei pesci tropicali, Tsuneo, sogna di studiare in Messico dopo essersi laureato (poiché solo in Messico è possibile ammirare e studiare il suo pesce preferito). Una sera incontra per caso una vecchietta e la sua giovane nipotina sulla sedia a rotelle sin dalla nascita di nome Kimiko, che però preferisce farsi chiamare "Josee", come uno dei personaggi della sua scrittrice preferita, la francese Françoise Sagan. Avendo aiutato Josee (infatti aveva avuto un incidente con la sedia a rotelle), la nonnina lo invita a cena per sdebitarsi, e venendo a conoscenza che Tsuneo ha bisogno di soldi per poter andare in Messico, gli offre un buono stipendio per prendersi cura della nipote, a patto che non la faccia mai uscire di casa (la nonna è infatti spaventata dai pericoli che la nipotina potrebbe incontrare nel mondo esterno). La stessa Josee non ama molto il mondo esterno (lo considera pieno di "tigri" ovvero gli estranei aggressivi), fatta eccezione per il mare, che invece adora e desidera da sempre ammirare (la sua stanza è piena di disegni del mare, e da grande vorrebbe diventare una illustratrice). Nonostante ciò, Josee e Tsuneo, che all'inizio non si sopportano, cominciano ad andare d'accordo e soprattutto ad uscire di nascosto (andranno come prima tappa proprio al mare), quando la nonna dorme. Il giovane aiuterà la ragazza a riscoprire le bellezze del mondo, le piccole cose, il senso di meraviglia, il divertimento e l'allegria. Ma è proprio qui che la trama smette di essere tipica e spicca il volo.
Infatti i due inizieranno ad avvicinarsi sempre di più, e a provare qualcosa l'uno per l'altra, tuttavia accadrà un evento clamoroso che sconvolgerà tutto, e la storia prenderà una piega seria e riflessiva (sull'importanza di seguire i propri sogni e di quanto sia duro, ma non impossibile, raggiungerli). A questo punto sarà Josee ad aiutare Tsuneo, e si giunge quindi al finale della storia, che è altrettanto clamoroso, meraviglioso e dolcissimo!
Il comparto tecnico è semplicemente ottimo (non eccellente, ma fa benissimo il suo lavoro), con colori bellissimi (di una sfumatura "pastello" che si sposa benissimo con la storia), la colonna sonora più che sufficiente. Un plauso va fatto assolutamente alla doppiatrice di Josee, che è stata a dir poco incredibile.
Per gli amanti del genere drammatico, e soprattutto per gli amanti del genere romantico (ma anche i non appassionati del genere lo troveranno davvero carino), è un film da vedere assolutamente, un piccolo capolavoro. Consigliatissimo a tutti!