Xing Chen Bian
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Prendete una Cenerentola misconosciuta nella sua femminilità, che balla da sola e meravigliosamente, imparando da sé, mentre gli altri, con la scusa che è incapace e immatura, la tengono da parte, e mettetela al maschile: avrete lo shonen versione cinese di questa favola.
Siamo di fronte a un wuxia. Qin Yu è il terzo figlio del re dei guardiani dell’Est e, mentre i suoi due fratelli sostengono attivamente il padre nella sua opera, lui fin da bambino è relegato nel palazzo della nebbia e quasi dimenticato dal genitore perché incapace di coltivare, a causa di un dantian incapace di raccogliere la sua energia spirituale. Il bambino sogna in grande e decide comunque di provare, tanto è il suo desiderio di avere l’approvazione del genitore. A seguito di un evento sanguinoso al villaggio dei suoi amici (visti un paio di volte, perché frattanto si allenava come un dannato, apparsi per caso poi, per poi scomparire davanti al suo eccellente protagonismo), diventa un killer (come, dove, quando e perché non è dato sapere, né chi l’ha assunto senza sapere la sua identità né il training che ha fatto per diventare sicario d’argento) e allo scoccare del giorno in cui diventa un adulto viene a sapere della vendetta che il padre sta portando avanti, per sé e per il suo antenato, contro l’imperatore (la cui concubina sospirante è uno dei personaggi più iconici).
Il padre continua a lasciarlo ai margini, prediligendo il supporto dei suoi due fratelli, ma il nostro eroe non demorde, e in una serie (in)credibile di colpi di fortuna e intuizioni fortunate (telefonate) viene a sviluppare un potere inimmaginabile, a cui il caro padre continua a non credere, perché non gli mostra il suo potere in tutta la sua estensione.
Poi il padre ha le sue tribolazioni e deve scegliere chi lo difenderà durante la sua sfida con la morte. Il figlio non è tra questi. Gli urla contro la sua frustrazione di abbandonato e sottovalutato, ma, quando si chiude una porta, si apre una finestra, no? E quindi eccolo nei panni del sicario a difendere l’esimio genitore dai sicari mandati dall’imperatore. Lo scontro finale è un gioiello, tra cattivi potenti e duelli intensi, poi si arriva al finale, in cui il nostro eroe si fa in quattro per difendere il genitore, restando l’ultimo capace di farlo. Dopo aver sconfitto uno dei due avversari più coriacei, pare morire, dichiarando un patetico: “Padre, spero di essere stato almeno un po' utile.”
Il signor padre si dispera e medita ancora più vendetta di prima. Fine della storia.
La trama è prevedibile, banale, noiosa. Gli unici elementi che salvano quest’immensa banalità sono il 3D spettacolare, il CG piacevole e le ambientazioni spettacolari.
Da parte mia, sento che questi lati positivi non bastano a compensare la noia magistrale da shonen prevedibilissimo e improbabile, quasi favolistico, nello sviluppo. Sono a conoscenza che esista una seconda serie, ma, viste le criticità di questa, tra cui il protagonismo assoluto e la centralità quasi superficiale di un protagonista mono-motivato, io non la guarderò.
Prendete una Cenerentola misconosciuta nella sua femminilità, che balla da sola e meravigliosamente, imparando da sé, mentre gli altri, con la scusa che è incapace e immatura, la tengono da parte, e mettetela al maschile: avrete lo shonen versione cinese di questa favola.
Siamo di fronte a un wuxia. Qin Yu è il terzo figlio del re dei guardiani dell’Est e, mentre i suoi due fratelli sostengono attivamente il padre nella sua opera, lui fin da bambino è relegato nel palazzo della nebbia e quasi dimenticato dal genitore perché incapace di coltivare, a causa di un dantian incapace di raccogliere la sua energia spirituale. Il bambino sogna in grande e decide comunque di provare, tanto è il suo desiderio di avere l’approvazione del genitore. A seguito di un evento sanguinoso al villaggio dei suoi amici (visti un paio di volte, perché frattanto si allenava come un dannato, apparsi per caso poi, per poi scomparire davanti al suo eccellente protagonismo), diventa un killer (come, dove, quando e perché non è dato sapere, né chi l’ha assunto senza sapere la sua identità né il training che ha fatto per diventare sicario d’argento) e allo scoccare del giorno in cui diventa un adulto viene a sapere della vendetta che il padre sta portando avanti, per sé e per il suo antenato, contro l’imperatore (la cui concubina sospirante è uno dei personaggi più iconici).
Il padre continua a lasciarlo ai margini, prediligendo il supporto dei suoi due fratelli, ma il nostro eroe non demorde, e in una serie (in)credibile di colpi di fortuna e intuizioni fortunate (telefonate) viene a sviluppare un potere inimmaginabile, a cui il caro padre continua a non credere, perché non gli mostra il suo potere in tutta la sua estensione.
Poi il padre ha le sue tribolazioni e deve scegliere chi lo difenderà durante la sua sfida con la morte. Il figlio non è tra questi. Gli urla contro la sua frustrazione di abbandonato e sottovalutato, ma, quando si chiude una porta, si apre una finestra, no? E quindi eccolo nei panni del sicario a difendere l’esimio genitore dai sicari mandati dall’imperatore. Lo scontro finale è un gioiello, tra cattivi potenti e duelli intensi, poi si arriva al finale, in cui il nostro eroe si fa in quattro per difendere il genitore, restando l’ultimo capace di farlo. Dopo aver sconfitto uno dei due avversari più coriacei, pare morire, dichiarando un patetico: “Padre, spero di essere stato almeno un po' utile.”
Il signor padre si dispera e medita ancora più vendetta di prima. Fine della storia.
La trama è prevedibile, banale, noiosa. Gli unici elementi che salvano quest’immensa banalità sono il 3D spettacolare, il CG piacevole e le ambientazioni spettacolari.
Da parte mia, sento che questi lati positivi non bastano a compensare la noia magistrale da shonen prevedibilissimo e improbabile, quasi favolistico, nello sviluppo. Sono a conoscenza che esista una seconda serie, ma, viste le criticità di questa, tra cui il protagonismo assoluto e la centralità quasi superficiale di un protagonista mono-motivato, io non la guarderò.