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 7
CippyWolf

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9,5
“Atama yama” letteralmente "testa montagna", è un corto di circa 10 minuti, che ci racconta l’esistenza di un uomo pervaso dalla tirchieria, che si sveglia con un germoglio in testa.

L’inizio della storia, per quanto abbia un soggetto abbastanza fantasioso, rimarrà su un piano terreno e pressoché realistico, mostrandoci le reazioni e la vita quotidiana dell’uomo, rispetto a questo avvenimento.
Man mano che proseguirà tale condizione, il racconto si farà sempre più fantasioso e distorto, fino ad arrivare a una significativa svolta onirica e toccare un piano d’esistenza che non si poteva immaginare all’inizio della visione.

In brevissimo tempo si riuscirà a capovolgere e sconvolgere il punto di vista dello spettatore, mostrando svariate chiavi di lettura, per dei “semplici” e “banali” dieci minuti, che ha dell’incredibile.
Tutto risulterà suggestivo e coinvolgente, perché il racconto verrà accompagnato da una canzone suonata tramite lo shamisen e il narratore evocherà la classica cadenza che ricorderà un racconto esposto come nella tradizione del Rakugo. La differenza più ovvia è che nel Rakugo è richiesto allo spettatore della fantasia, per poter immaginare quanto gli viene raccontato, mentre in questo corto c’è già una base visiva che non richiede nessuna astrazione dal soggetto che ci sta venendo esposto, o almeno così parrebbe.

Il bello di questo corto, sono le sensazioni e i messaggi che ognuno di noi percepisce e estrapola dal racconto, cosa non banale e per niente scontata, perché nonostante il vettore sia univoco, la destinazione del suo contenuto varia totalmente il messaggio che tale mezzo sta trasportando, riuscendo a creare infinite opere, quanti sono gli spettatori che guarderanno “Atama Yama”.
Quindi è richiesto uno sforzo non indifferente, una visione attiva e condivisa, non un semplice subire inermi una messa in scena ma un partecipare con i nostri pensieri, per dare compimento a quanto si sta guardando.

Nell’incredibile, ed estenuante, fatica che sto facendo, nel non farmi prendere dalla smania e di cadere nello spoiler, per non rovinare la visione di nessuno, vorrei cercare di riportare gran parte delle emozioni e dei messaggi che mi sono arrivati. Sicuramente l’idea di far parte di un’insieme, che non è solo la società o la natura in sè, ma più una riflessione che noi come individui siamo anche soggetti, grazie alle interazioni con gli altri e da come veniamo trattati, quindi subiamo l’influenza di una miriade di variabili che ci plasmano e cambiano la realtà che viviamo.

L’idea di condividere quanto ci circonda, quindi il non deturpare il “mondo”, perché non è semplicemente un oggetto, un pensiero o un’idea, ma qualcosa che è parte di noi, il “mondo” o meglio la realtà è anche qualcosa che si forma e acquista di significato in base ai nostri pensieri, quindi non roviniamo noi stessi, magari rintanandoci e marcendo con una smania di risparmio di cose ed energie, perché vivere in questo modo farà imputridire anche la nostra mente e la realtà che ci circonda. Oltre a tantissime altre riflessioni che mi vengono alla mente, facendo riferimenti, più o meno centrati a Nietzsche, ma credo che sarebbero “semplici” accostamenti dettati dal mio io soggettivo, piuttosto che una presentazione il più veritiera e candida possibile, di questo prodotto.

La musica, come accennato in precedenza permetterà di entrare in uno stato evocativo, coadiuvato da una rappresentazione satirica e a volte grottesca, che permetteranno di coinvolgere e focalizzare la mente dello spettatore, come fosse un bambino che è in attesa di una risposta difronte a situazioni nuove e inspiegabili e invece riceve una semplice e blanda rappresentazione, quasi stilizzata e povera di particolari dettagli e nonostante ciò, si vede la grande cura del corto prodotto, risultando così fluido e registicamente oculato nei suoi tempi e nel modo di rappresentare le cose, come spesso cambiare il punto di vista delle cose, passando dalla terza persona a un punto di vista alla prima, che permetterà di aumentare notevolmente l’immedesimazione con il protagonista.

In conclusione, non posso che continuare a pensare e interrogarmi sulla visione di “Atama Yama”, che per quanto adori visioni così stimolanti non posso che addurre come difetti la sua brevità e la sua singolarità; come ciliegie ne avrei voluti tanti altri, ma poi rischierei di finire proprio come il nostro caro protagonista, quindi forse è meglio finirla qui.


 2
Pan Daemonium

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
<b>Attenzione! Contiene spoiler!</b>

Bellissimo corto, introspettivo, musicalmente dotato, artistico. Non solo la narrazione alla Roukyoku, con lo shamisen da accompagnamento, ma anche la grafica sperimentale, molto "tremolante" e nevrotica, un po' come quella del corto "Franz Kafka, Un medico di campagna", rendono il tutto assolutamente peculiare.
La storia narra le vicende di un uomo spilorcio, che giunge fino a mangiare i semi di ciliege, pur di evitare qualsivoglia spreco. Un po' riprendendo "Jack e la pianta di fagioli", inizia a crescere un germoglio di ciliegio sulla pelata di costui. Da questo momento il fattore psicologico diviene centrale. Evidente è l'assimilazione della testa dell'uomo con il mondo stesso, tanto da essere rappresentati una serie di uomini che fanno picnic sotto il vegetale, infastidendo l'uomo, in particolare per i loro comportamenti incivili, dacché abbandonano sacchetti di immondizia qui e lì, urlano, si ubriacano, gettano mozziconi ancora accesi sul terreno che altro non è se non la sua cute. Mi sembra palese la frecciata ecologista.
Successivamente, quando l'oramai albero, da germoglio quale era, viene sradicato in un raptus di rabbia, si cade in un vortice evidentemente di pazzia visionaria, di immersioni ed emersioni in e da sé stessi, fino al suicidio del protagonista.
Davvero una perla.


 5
Robocop XIII

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
C'era una volta un uomo estremamente avaro, che era solito raccogliere qualunque cianfrusaglia da terra perché "non si sa mai, potrebbe tornarmi utile". Un giorno raccoglie delle ciliegie e ne mangia una, per poi rimanere con il nocciolo in mano, ma, per non sprecare nemmeno quello, se lo mangia. Successivamente l'avaro protagonista si ritrova a a vedere germogliare sulla propria testa una pianticella, ma repentino prende una forbice e - zac! - la taglia. Ma la pianta continua a ricrescere, allora il tizio giunge a una conclusione, cioè che è uno spreco perfino starci a pensare. E quindi...

Atama Yama (letteralmente Monte Testa) è un corto di Yamamura Kouji del 2002 e si basa su un antico Rakugo (un monologo comico) dall'omonimo titolo, ambientandolo però nella moderna Tokyo.
Si tratta di un corto di 10 minuti caratterizzato da una connotazione molto sperimentale, e parecchie sono le particolarità in questo senso, a iniziare da come questo corto è stato prodotto. Yamamura stesso in una sua dichiarazione dice che da tempo si proponeva di animare un rakugo non-sense, sperando però di esprimere in una storia comica il tema dell'identità e del coinvolgimento sociale, e ha quindi iniziato a lavorarci su nei ritagli di tempo tra un lavoro e un altro, finendo per impiegarci ben 6 anni.
Sebbene il regista si dichiara estremamente grato che il suo duro lavoro sia stato apprezzato e riconosciuto, ci tiene a precisare che in "Atama Yama" non è stato fatto uso in nessun modo di 3D-CG o rotoscoping, ma che è stato invece prodotto con la classica tecnica di disegno a mano su carta con matita. Le ombre e le luci invece sono state disegnate separatamente, poi successivamente scannerizzate e aggiunte per dare un effetto 3D ai personaggi con RETAS! Pro, un software di animazione giapponese, che il regista ha utilizzato insieme a due applicazioni aggiuntive: CoreRETAS e Traceman. Per i contorni invece sono stati utilizzati acquerelli, marcatori a base d'olio e matite colorate.
Il corto è stato quindi completamente realizzato con solo il computer di Yamamura, un Mac; una volta convertita l'animazione in un file, raramente il regista ha utilizzato software per apportare ulteriori miglioramenti, se non per Adobe Photoshop, utilizzato per modificare il filmato fotogramma per fotogramma, regolandone i colori e utilizzando maschere per il compositing, una tecnica che, facendo uso di livelli renderizzati singolarmente, permette di ottenere l'immagine perfetta solo in fase finale. Il lavoro conclusivo è stato invece editato con Final Cut Pro.

Avete quindi potuto notare che si tratta di un lavoro molto amatoriale sebbene professionale, ed è proprio per questo motivo che Yamamura con questo breve corto si è portato a casa 5 differenti premi e addirittura una nomination agli Oscar 2003 come "Migliore cortometraggio d'animazione", diventando uno dei pochi animatori giapponesi oltre ad Hayao Miyazaki e Kunio Kato ad avere avuto questa possibilità.

Yamamura ha dichiarato che molti dei suoi lavori ("Bavel's Book" è un esempio) sono rivolti ai bambini, e fanno quindi uso di dialoghi limitati e voci rassicuranti e dolci, quindi il significato è veicolato dalle immagini. In "Atama Yama" invece, dove il regista è affiancato dallo sceneggiatore Shoji Yonemura, le parole giocano un ruolo importante. Se c'è un tema comune che collega questi due diversi modi di lavorare del regista, questo è la comunicazione.
Proprio perché la comunicazione è importante, o viene limitata al minimo oppure viene esaltata, ed è il caso di "Atama Yama", dove il narratore è Takeharu Kunimoto, che si esibisce in una narrazione in stile rokyoku - un genere tradizionale giapponese che unisce il canto alla narrazione - accompagnato da uno shamisen, sempre suonato da lui. Quando non è il suono del caratteristico strumento a tre cordte ad accompagnarci, i sono il violino e l'organo del duo tutto femminile Syzygys, che tra l'altro ha già avuto modo di farsi ascoltare nel già citato "Bavel's Book".

"Atama yama" è la storia di un uomo solo, talmente chiuso in se stesso da autodistruggersi.