The Aquatope on White Sand
"Il cambiamento è inevitabile, la crescita personale è una scelta." (B. Proctor)
"Shiroi Suna no Aquatope" o "The Aquatope on White Sand" tende ad ammaliare lo spettatore con una produzione tecnicamente curata nei minimi dettagli dell'ambientazione delle isole Okinawa e il loro fantastico mondo marino tropicale mostrato negli acquari, tentando di inserire una trama e dei protagonisti che alla fine diventano "contorno" del forte messaggio ambientalista in cui si innesta appunto la retorica della morale della crescita personale delle due ragazze protagoniste della storia: Kukuru e Fuuka.
L'opera originale targata P.A. Works, che ha già dato sfoggio delle proprie capacità tecniche in altre serie (ricordo tra le altre "Iroduku: il mondo a colori") che non hanno brillato per la trama e il chara development, sembra non smentire il trend caratteristico del produttore e sforna ventiquattro episodi il cui stile "slice of life" tende ad annacquare (ci sta la battuta, vista l'ambientazione marina/subacquea della serie) la parte drama e fantasy, innestando la tipica retorica nipponica sulla durezza della vita e sulla capacità di trovare il proprio "posto" nel mondo o sistema, che non sempre coincide con quanto si sogna da bambini/fanciulli, senza bisogno di avversare il corso delle cose inseguendo chimere irrealizzabili.
Paradigmatico per comprendere, se possibile, il senso della serie di "The Aquatope on White Sand" è il sottotitolo che appare nei titoli dei singoli episodi: "The Two Girls Met in The Ruins of a Damaged Dream".
E tale sottotitolo è azzeccatissimo per le due protagoniste.
Fuuka è una ragazza che ha sempre sognato di diventare un'idol e, dopo essersi sottoposta a immani fatiche, una volta pervenuta al confine del possibile successo, non trova più le motivazioni per proseguire e decide di buttarsi il passato alle spalle. Invece di tornare a casa da perdente, preferisce immergersi in una nuova "avventura", partendo da Tokyo verso Okinawa alla ricerca di sé stessa e di una nuova motivazione per riprendersi e ripartire... e sembra ritrovarla incontrando Kukuru, che la coinvolge nel lavoro dell'acquario "Gama Gama" di proprietà di suo nonno.
Kukuru è la classica fanciulla che è sempre vissuta a Okinawa, ed essendo appassionata fin da piccola delle creature marine grazie al lavoro del nonno, proprietario di un vecchio acquario, il suo sogno è quello di lavorare e salvare il vecchio acquario dalla chiusura e di proteggere le creature che lo popolano.
Ovviamente, le due ragazze sono accomunate dal destino, sebbene differito, degli "shattered dreams" e "The Aquatope on White Sand" ne documenta con il più classico degli stili "slice of life" le vicissitudini nel loro periodo più critico del passaggio dall'adolescenza all'età adulta, con il più classico dei finali "aperti ma lieti" in cui si ritrovano in una fase del loro "percorso" esistenziale, inserite nel sistema o contesto di realizzazione professionale con un ruolo diverso da quello "sognato".
Fin qui non avrei nulla da opinare sulla serie, tutto sommato onesta e chiara negli intenti. Un inno a come i sogni giovanili possano essere distrutti dal sistema e come lo stesso possa offrire delle nuove "occasioni" a condizione che i personaggi "disillusi" le sappiano cogliere...
E sotto questo aspetto Fuuka, sebbene nella serie possa sembrare una mera "spalla" della incostante e capricciosa Kukuru, "giganteggia" come una sorta di "eminenza grigia" suo malgrado.
Molla il mondo apparentemente dorato delle idol, e si butta in un mondo totalmente sconosciuto, cogliendo l'occasione di diventare una semplice addetta di un vecchio acquario, adattandosi a una vita anche dura, senza gloria e celebrità, per una estate, e rifiutando pure la parte in un film. Ritorna al termine degli studi superiori per farsi assumere, grazie anche al nonno di Kukuru, nel nuovo e più moderno acquario, per poi cogliere l'occasione (ancora una volta...) di far parte di un progetto di studio che prevede lo stage di due anni presso un acquario alle Hawaii (ma sempre in isole bellissime?). Di fatto, pur con alti e bassi, Fuuka perviene a maturare la sua visione di crescita personale, diventando una studiosa dei problemi ambientali attraverso i mutamenti climatici degli oceani: un percorso professionale molto ben diverso da quello delle idol... Ma soprattutto supporta sempre Kukuru in tutte le sue intemperanze, cercando sempre di "guidarla" nei limiti del possibile, senza tuttavia rinunciare alle sue scelte e senza farsi condizionare.
Kukuru impiega ventiquattro episodi per capire il suo posto nel "sistema", e lo fa tediandoci per tutta la serie tra crisi, prese di posizione, capricci, manifestazioni di testardaggine che la possono rendere tanto simpatica ai sognatori incalliti, ma che alla fine evolve (non sempre in modo lineare, purtroppo), trovando la sua dimensione e il suo posticino nel mondo del lavoro.
Il tutto con una storia dilatata eccessivamente, con tanto "slice of life" e poca verosimiglianza: molti passaggi li ho percepiti parecchio forzati e poco credibili. Il tutto poi permeato da un positivismo eccessivo: ok agli "shattered dreams", ma il modo come le due ragazze assorbono le loro delusioni e il supporto da parte dei personaggi di contorno (ahimè... purtroppo) rendono tutta la serie una specie di "La vita è dura, ma basta adattarsi/accontentarsi e tutto si risolve".
Detto delle due protagoniste e della loro bella storia di amicizia con qualche sfumatura dall'ingenuità fanciullesca, gli altri personaggi sono di mero contorno, non riuscendo mai ad emergere. Ed è un peccato, vista la lunghezza della serie di ventiquattro episodi, che avrebbe permesso di sviluppare qualche arco narrativo sull'intreccio di qualche storia/vicenda tra loro... invece nulla.
Tutti i personaggi interagiscono solo per scopi definibili latamente "lavorativi", mossi dalla comune passione per la salvaguardia della vita degli animali marini: passi per il nonno e gli altri adulti, ma vedere la "non-storia" tra Kai e Kukuru è il classico esempio di ciò a cui mi riferisco. E anche Fuuka resta in una sorta di limbo atarassico per tutta la serie, dal quale sembra riprendersi parzialmente solo per l'amica Kukuru e per... i pinguini e le tartarughe marine.
Arrivo all'ultimo punto negativo: il tema dell'ambiente. Probabilmente alla P.A. Works volevano scrivere e sceneggiare un documentario su come funziona un acquario e sulla vita delle creature che li popolano. Tutto bello, vista la qualità del comparto tecnico. Ma allora aveva senso trasformarlo in una sorta di "Quark" della premiata ditta "Piero & Alberto Angela"...
A parte gli scherzi, a "The Aquatope on White Sand" è mancata la componente emozional/passionale dei personaggi (e non solo, se non in parte, di Kukuru e Fuuka), le interazioni che vanno oltre la mera forma dei rapporti umani in un ambiente fantastico come quello del mondo legato al mare e agli esseri viventi che lo popolano. Quella sostanza che avrebbe reso questa serie se non memorabile perlomeno degna di essere ricordata non solo come l'ennesimo splendido esempio di opera "estetica".
"Shiroi Suna no Aquatope" o "The Aquatope on White Sand" tende ad ammaliare lo spettatore con una produzione tecnicamente curata nei minimi dettagli dell'ambientazione delle isole Okinawa e il loro fantastico mondo marino tropicale mostrato negli acquari, tentando di inserire una trama e dei protagonisti che alla fine diventano "contorno" del forte messaggio ambientalista in cui si innesta appunto la retorica della morale della crescita personale delle due ragazze protagoniste della storia: Kukuru e Fuuka.
L'opera originale targata P.A. Works, che ha già dato sfoggio delle proprie capacità tecniche in altre serie (ricordo tra le altre "Iroduku: il mondo a colori") che non hanno brillato per la trama e il chara development, sembra non smentire il trend caratteristico del produttore e sforna ventiquattro episodi il cui stile "slice of life" tende ad annacquare (ci sta la battuta, vista l'ambientazione marina/subacquea della serie) la parte drama e fantasy, innestando la tipica retorica nipponica sulla durezza della vita e sulla capacità di trovare il proprio "posto" nel mondo o sistema, che non sempre coincide con quanto si sogna da bambini/fanciulli, senza bisogno di avversare il corso delle cose inseguendo chimere irrealizzabili.
Paradigmatico per comprendere, se possibile, il senso della serie di "The Aquatope on White Sand" è il sottotitolo che appare nei titoli dei singoli episodi: "The Two Girls Met in The Ruins of a Damaged Dream".
E tale sottotitolo è azzeccatissimo per le due protagoniste.
Fuuka è una ragazza che ha sempre sognato di diventare un'idol e, dopo essersi sottoposta a immani fatiche, una volta pervenuta al confine del possibile successo, non trova più le motivazioni per proseguire e decide di buttarsi il passato alle spalle. Invece di tornare a casa da perdente, preferisce immergersi in una nuova "avventura", partendo da Tokyo verso Okinawa alla ricerca di sé stessa e di una nuova motivazione per riprendersi e ripartire... e sembra ritrovarla incontrando Kukuru, che la coinvolge nel lavoro dell'acquario "Gama Gama" di proprietà di suo nonno.
Kukuru è la classica fanciulla che è sempre vissuta a Okinawa, ed essendo appassionata fin da piccola delle creature marine grazie al lavoro del nonno, proprietario di un vecchio acquario, il suo sogno è quello di lavorare e salvare il vecchio acquario dalla chiusura e di proteggere le creature che lo popolano.
Ovviamente, le due ragazze sono accomunate dal destino, sebbene differito, degli "shattered dreams" e "The Aquatope on White Sand" ne documenta con il più classico degli stili "slice of life" le vicissitudini nel loro periodo più critico del passaggio dall'adolescenza all'età adulta, con il più classico dei finali "aperti ma lieti" in cui si ritrovano in una fase del loro "percorso" esistenziale, inserite nel sistema o contesto di realizzazione professionale con un ruolo diverso da quello "sognato".
Fin qui non avrei nulla da opinare sulla serie, tutto sommato onesta e chiara negli intenti. Un inno a come i sogni giovanili possano essere distrutti dal sistema e come lo stesso possa offrire delle nuove "occasioni" a condizione che i personaggi "disillusi" le sappiano cogliere...
E sotto questo aspetto Fuuka, sebbene nella serie possa sembrare una mera "spalla" della incostante e capricciosa Kukuru, "giganteggia" come una sorta di "eminenza grigia" suo malgrado.
Molla il mondo apparentemente dorato delle idol, e si butta in un mondo totalmente sconosciuto, cogliendo l'occasione di diventare una semplice addetta di un vecchio acquario, adattandosi a una vita anche dura, senza gloria e celebrità, per una estate, e rifiutando pure la parte in un film. Ritorna al termine degli studi superiori per farsi assumere, grazie anche al nonno di Kukuru, nel nuovo e più moderno acquario, per poi cogliere l'occasione (ancora una volta...) di far parte di un progetto di studio che prevede lo stage di due anni presso un acquario alle Hawaii (ma sempre in isole bellissime?). Di fatto, pur con alti e bassi, Fuuka perviene a maturare la sua visione di crescita personale, diventando una studiosa dei problemi ambientali attraverso i mutamenti climatici degli oceani: un percorso professionale molto ben diverso da quello delle idol... Ma soprattutto supporta sempre Kukuru in tutte le sue intemperanze, cercando sempre di "guidarla" nei limiti del possibile, senza tuttavia rinunciare alle sue scelte e senza farsi condizionare.
Kukuru impiega ventiquattro episodi per capire il suo posto nel "sistema", e lo fa tediandoci per tutta la serie tra crisi, prese di posizione, capricci, manifestazioni di testardaggine che la possono rendere tanto simpatica ai sognatori incalliti, ma che alla fine evolve (non sempre in modo lineare, purtroppo), trovando la sua dimensione e il suo posticino nel mondo del lavoro.
Il tutto con una storia dilatata eccessivamente, con tanto "slice of life" e poca verosimiglianza: molti passaggi li ho percepiti parecchio forzati e poco credibili. Il tutto poi permeato da un positivismo eccessivo: ok agli "shattered dreams", ma il modo come le due ragazze assorbono le loro delusioni e il supporto da parte dei personaggi di contorno (ahimè... purtroppo) rendono tutta la serie una specie di "La vita è dura, ma basta adattarsi/accontentarsi e tutto si risolve".
Detto delle due protagoniste e della loro bella storia di amicizia con qualche sfumatura dall'ingenuità fanciullesca, gli altri personaggi sono di mero contorno, non riuscendo mai ad emergere. Ed è un peccato, vista la lunghezza della serie di ventiquattro episodi, che avrebbe permesso di sviluppare qualche arco narrativo sull'intreccio di qualche storia/vicenda tra loro... invece nulla.
Tutti i personaggi interagiscono solo per scopi definibili latamente "lavorativi", mossi dalla comune passione per la salvaguardia della vita degli animali marini: passi per il nonno e gli altri adulti, ma vedere la "non-storia" tra Kai e Kukuru è il classico esempio di ciò a cui mi riferisco. E anche Fuuka resta in una sorta di limbo atarassico per tutta la serie, dal quale sembra riprendersi parzialmente solo per l'amica Kukuru e per... i pinguini e le tartarughe marine.
Arrivo all'ultimo punto negativo: il tema dell'ambiente. Probabilmente alla P.A. Works volevano scrivere e sceneggiare un documentario su come funziona un acquario e sulla vita delle creature che li popolano. Tutto bello, vista la qualità del comparto tecnico. Ma allora aveva senso trasformarlo in una sorta di "Quark" della premiata ditta "Piero & Alberto Angela"...
A parte gli scherzi, a "The Aquatope on White Sand" è mancata la componente emozional/passionale dei personaggi (e non solo, se non in parte, di Kukuru e Fuuka), le interazioni che vanno oltre la mera forma dei rapporti umani in un ambiente fantastico come quello del mondo legato al mare e agli esseri viventi che lo popolano. Quella sostanza che avrebbe reso questa serie se non memorabile perlomeno degna di essere ricordata non solo come l'ennesimo splendido esempio di opera "estetica".
Fuuka, giovane idol di Tokyo, lascia il mondo dello spettacolo e per una serie di scherzi del destino si ritrova a Okinawa. Qui conosce Kukuru, una studentessa che aiuta la sua famiglia nella gestione del Gama Gama, un piccolo acquario. Le due si trovano a vivere insieme e a lavorare al Gama Gama, almeno per le vacanze estive, perché l'acquario è sull'orlo della chiusura...
È questo l'incipit di "The Aquatope on White Sand" ("Shiroi Suna no Aquatope"), ultima fatica dello studio P.A. Works ("Hanasaku Iroha", "Shirobako", "Uchoten Kazoku"), con la regia di Toshiya Shinohara (già regista di diversi film di "Inuyasha" e "Lupin") e il character design di U35 ("Shinka no Mi") e Yuki Akiyama ("Iroduku: Il mondo a colori", sempre di P.A. Works). La serie è andata su Tokyo MX, mentre in Italia è visibile su Crunchyroll, per un totale di ventiquattro episodi, trasmessi tra luglio e dicembre 2021, e la suddivisione in due cour, di cui uno iniziato in estate, è a modo suo importante per una storia del genere, perché gioca con i sentimenti dello spettatore.
Ci siamo trovati a guardare, da luglio a settembre (era estate anche all'interno della storia), quella che pensavamo essere una mini-serie estiva spensierata, data anche l'ambientazione marittima, ma poi la serie continua da ottobre a dicembre per un secondo cour, e le cose si fanno meno spensierate: un po' perché su schermo continua ad esserci un bellissimo mare, ma per noi spettatori era autunno, freddo, pioggia, e un po' perché la seconda parte della serie è un po' più grigia della prima a livello di storia.
"The Aquatope on White Sand" ci affascina sin da subito con i suoi meravigliosi paesaggi, con le sue belle figliole, con una storia semplice ma che tocca i punti giusti.
Un po' (tanto) slice of life, mentre ci mostra come si lavora in un acquario, come si dà da mangiare alle creature marine, come sono ripartite, insegnandoci anche diverse nozioni di biologia marina qua e là. I personaggi che gravitano attorno al Gama Gama sono semplici ma simpatici: c'è Kuya che si trova a disagio con le ragazze, c'è Kai che da buon amico d'infanzia anime sembra provare qualcosa per Kukuru, c'è la saggia Karin e l'allegra Udon-chan, c'è il bonario Umi-yan, e soprattutto ci sono loro, Fuuka e Kukuru, che ci colpiscono con le loro storie così diverse eppure destinate a intrecciarsi: una idol dal sogno infranto in cerca di una nuova sé stessa e una ragazzina, vissuta praticamente in simbiosi col mare, che un sogno ce l'ha da sempre, ma sta per perderlo.
Ci piace vederle interagire, ci interessiamo alle loro sotto-trame personali, ci piacciono i gustosi momenti slice of life dove possiamo godere di bellissime spiagge e locali tipici, ci si commuove con diversi momenti toccanti sparsi qua e là, si comincia a considerare l'acquario come una casa e il suo staff come una famiglia, così come accade ai visitatori, che ormai lo conoscono a memoria, ma ci tornano sempre perché si sentono a casa. La visione si fa, però, anche un po' tesa, con l'ansiogena minaccia della fine dell'estate e della chiusura del Gama Gama che incombe come una spada di Damocle su Kukuru & Co. Sarà possibile salvarlo? Oppure la chiusura sarà inevitabile?
E poi c'è un piccolo, stranissimo, intrigante tocco di sovrannaturale: una piccola divinità che fa da spettatrice alle vicende dei personaggi, e uno strano fenomeno che sembra colpire chi si immerge nel blu delle vasche del Gama Gama, vedendovi riflessi sogni, eventi passati e persone care che non sono più in questo mondo...
La prima parte della storia è bella e piacevole, si gettano vari semi e, se gestita in maniera differente, potevano fiorire e trasformare "The Aquatope on White Sand" in una piacevole mini-serie estiva.
Tuttavia, la serie prosegue con un secondo cour che, pur mantenendo lo stesso cast di personaggi, ne modifica inevitabilmente la struttura. L'estate è finita, e con essa anche la spensieratezza dei personaggi e l'adolescenza di Kukuru, che da ragazzina sognatrice si trova gettata dall'oggi al domani nello spersonalizzante mondo del lavoro giapponese. Lei, che aveva sempre vissuto in simbiosi con gli animali, coccolata nel suo acquario a conduzione familiare dove si prendeva cura delle creature, ora si trova a vivere in tailleur il lato manageriale dell'acquario, lavorare al computer in un ufficio, lontana dai suoi amati animali e dagli amici dello staff, con un capo che non la chiama nemmeno per nome e non fa altro che darle ordini e compiti per lei insensati.
La seconda parte introduce nuovi personaggi, abbastanza semplici, alcuni dei quali vengono approfonditi (una su tutti Chiyu), altri invece restano solo lì sullo sfondo, come occasionale comic relief (Eiji o Marina). I vecchi ci sono ancora, di loro si parla meno e alcuni sembra stiano lì solo per contratto (vedi Karin, che prima lavorava al turismo, ma ora lavora all'acquario, non si sa perché), ma si riesce comunque ancora a percepirli come un bel gruppetto che poi va a mangiare insieme dopo il lavoro o passa insieme il giorno libero divertendosi.
Come tutte le storie che parlano del mondo del lavoro giapponese, anche "The Aquatope on White Sand" è ambivalente: da un lato, agli occhi di noi spettatori occidentali, è molto triste e avvilente nella rappresentazione di un mondo del lavoro durissimo dove i capi hanno poca umanità e gli impiegati devono stare tutto il giorno al PC; dall'altro è un anime, non la realtà, quindi ci aspettiamo sempre che prima o poi arrivi il riscatto, e noi spettatori diventiamo molto presi dalle sofferenze e dai travagli di Kukuru. E, come tutte le storie che parlano del mondo del lavoro giapponese, alla fine non arriva mai il riscatto ma l'accettazione del mondo del lavoro giapponese, che bello non è, ma ti tocca, e quindi te lo fai andare bene, anche se è diverso da quello che volevi. Sono riflessioni un po' ambigue, difficili da capire per noi non giapponesi, ma che comunque ti danno modo di pensare e non ti lasciano indifferente.
"The Aquatope on White Sand" offre tantissimi spunti narrativi, ma nel corso dei suoi ventiquattro episodi spesso vengono abbandonati o non colti come ci si aspettava. Ad esempio, i piccoli accenni a una love story tra Kukuru e Kai (che sarebbe stata molto gradita) non vengono mai approfonditi. Si preferisce, come da copione, lasciare suggestioni yuri tra Kukuru e Fuuka, che sono amiche, sono come sorelle, piangono e si abbracciano sostenendosi l'un l'altra, perché non sia mai che gli otaku che dovevano sostenere la serie, ovviamente accorsi a frotte perché attratti dalla doppiatrice di Kukuru, Miku Ito (famosa per il ruolo di Miku Nakano in "The Quintessential Quintuplets"), possano accettare che la "waifu" di turno si metta con un uomo invece che con un'altra "waifu".
Il ruolo di Fuuka, inizialmente coprotagonista, viene via via svilito. Da lei ci si aspettava molto: una idol che finisce a lavorare in un acquario. Tuttavia, il fatto che lei sia stata una idol non viene mai affrontato più di tanto, tutte le volte che ha l'occasione di poter tornare a farlo rinuncia, perché vuole stare con Kukuru (non sia mai che la ship yuri degli otaku venga meno), e, invece di trovare dalla sua esperienza all'acquario una nuova forza che le avrebbe permesso di tornare a Tokyo sotto i riflettori dopo l'estate, le viene dato un nuovo sogno, che sicuramente le fa onore, ma che risulta un po' appiccicato con lo sputo alla fine della serie, incoerente con quello che il personaggio era stato sino a quel momento. Fuuka avrebbe potuto dare e dire molto, ma perde progressivamente importanza, rimanendo solo il supporto morale di Kukuru senza mai poter brillare di per sé in maniera particolare. E per una che faceva la idol è grave...
A livello puramente personale, mi sarebbe piaciuta una serie meno "al femminile", dato che i personaggi maschili qui ci sono, ma sono macchiette non troppo importanti per la storia, mentre dar loro un ruolo più importante avrebbe dato più concretezza alla loro presenza, aprendo altre sotto-trame interessanti. Tuttavia, va bene anche così, si avverte ugualmente una certa varietà nei personaggi.
La mancanza più grave, tuttavia, è quella dell'aver totalmente abbandonato l'elemento sovrannaturale che sembrava essere importantissimo nella prima parte della serie. Alla fine, nessuna spiegazione ci viene data riguardo alla misteriosa divinità che compare qua e là, ma non sembra un essere tangibile, e un po' per forza di cose viene accantonata la questione delle visioni mistiche del Gama Gama, che però era una cosa importantissima e sembrava il centro della storia nel primo cour, oltre che uno dei suoi elementi più toccanti. Se avessero concluso la serie in dodici episodi soltanto, con un finale diverso, probabilmente avrebbero dovuto approfondire maggiormente la questione.
Come doppiaggio e musiche, la serie non offre nulla di particolarmente memorabile, mentre invece a livello grafico è spettacolare. Il character design, molto simile a quello ammirato qualche anno fa in "Iroduku: il mondo a colori", è bellissimo: ragazze molto belle, dai corpi adulti e longilinei, capelli e occhi coloratissimi e ricchi di riflessi di luce (a livello personale, ho ovviamente gradito l'abbondanza di personaggi dai capelli blu), ma anche personaggi abbastanza vari, uomini, donne, vecchi, bambini. Non è una Okinawa popolata solo da ragazzine o bishounen, e la cosa fa molto piacere. Molto realistici e dettagliati gli sfondi, le spiagge, il mare, il locale dove vanno a mangiare i personaggi, gli animali (salvo qualche banco di pesci in una CGI ballerina nei primi episodi). Le due coppie di sigle sono belle ma dimenticabili sulla lunga distanza.
Il pubblico giapponese ha accolto "The Aquatope on White Sand" con un certo calore, attratto da Kukuru e dalla sua doppiatrice, dalle ragazze, dai vari gadget che sono stati prodotti, ma sono poi rimasti estremamente delusi, lamentandosene a più riprese sui social, dal finale, tacciato di essere inconcludente e di aver sprecato tante sotto-trame interessanti. C'è chi non ha gradito la prima parte (troppo noiosa), chi la seconda (inutile) e chi invece ha sentenziato la fine dello studio P.A. Works, che dopo l'abbandono della sceneggiatrice Mari Okada non è riuscito a trovare nuovi scrittori validi che potessero rimpiazzarla, andando incontro al declino, perciò dovrebbero, secondo alcuni fan giapponesi, smettere di scrivere storie originali inconcludenti e adattare opere preesistenti, impreziosendole con il loro sempre ottimo apparato tecnico e grafico.
Quel che è certo è che è difficile parlare di "The Aquatope on White Sand", perché è una serie che vive molto di alti e bassi, incanta e delude, promette e non mantiene, ti fa affezionare alle storie dei personaggi e al loro viaggio ma poi una volta arrivati alla meta tanto sognata si resta delusi. Come slice of life è bellissimo, ci si sente davvero in famiglia con questi personaggi, e vorremmo saperne di più, solo che o non ce lo dicono o, se lo fanno, poi finisce male. Quindi, da un lato forse sarebbe meglio prenderlo solo come divertissement estivo slice of life, ma la serie ha troppe sotto-trame interessanti (rimaste incompiute o dalla risoluzione non soddisfacente) per risultare disimpegnata e dimenticabile. Difficile giudicarlo, perché si è sempre in bilico tra quello che ti ha promesso e quello che invece ti ha dato, tra quello che ti aspettavi e che non hai avuto, tra quello che poteva essere e quello che è stato. Vale comunque una visione, perché difficilmente annoia, ai personaggi ci si affeziona, solo che, una volta subito l'incantesimo, è finita, ti appassioni e vuoi vedere come continua, ma come continua poi non ti piacerà. In un mare di seriette che segui di volta in volta per inerzia, almeno "The Aquatope on White Sand" è riuscito a farmi appassionare, e questo in qualche modo va premiato, anche se i difetti sono tanti e non sempre perdonabili. Avrei preferito una mini-serie estiva di un solo cour? Ma poi non mi sarei, invece, lamentato del suo essere troppo breve e dimenticabile? Difficile davvero mettere ordine in ciò che penso, ma posso consigliarvi di dargli un'occhiata e giudicare da voi. Se gli antichi Greci avevano ragione, e quindi alle volte è più importante il viaggio che la meta, il viaggio in questa Okinawa da sogno val comunque la pena di essere fatto, a prescindere da quello che poi troveremo all'arrivo.
È questo l'incipit di "The Aquatope on White Sand" ("Shiroi Suna no Aquatope"), ultima fatica dello studio P.A. Works ("Hanasaku Iroha", "Shirobako", "Uchoten Kazoku"), con la regia di Toshiya Shinohara (già regista di diversi film di "Inuyasha" e "Lupin") e il character design di U35 ("Shinka no Mi") e Yuki Akiyama ("Iroduku: Il mondo a colori", sempre di P.A. Works). La serie è andata su Tokyo MX, mentre in Italia è visibile su Crunchyroll, per un totale di ventiquattro episodi, trasmessi tra luglio e dicembre 2021, e la suddivisione in due cour, di cui uno iniziato in estate, è a modo suo importante per una storia del genere, perché gioca con i sentimenti dello spettatore.
Ci siamo trovati a guardare, da luglio a settembre (era estate anche all'interno della storia), quella che pensavamo essere una mini-serie estiva spensierata, data anche l'ambientazione marittima, ma poi la serie continua da ottobre a dicembre per un secondo cour, e le cose si fanno meno spensierate: un po' perché su schermo continua ad esserci un bellissimo mare, ma per noi spettatori era autunno, freddo, pioggia, e un po' perché la seconda parte della serie è un po' più grigia della prima a livello di storia.
"The Aquatope on White Sand" ci affascina sin da subito con i suoi meravigliosi paesaggi, con le sue belle figliole, con una storia semplice ma che tocca i punti giusti.
Un po' (tanto) slice of life, mentre ci mostra come si lavora in un acquario, come si dà da mangiare alle creature marine, come sono ripartite, insegnandoci anche diverse nozioni di biologia marina qua e là. I personaggi che gravitano attorno al Gama Gama sono semplici ma simpatici: c'è Kuya che si trova a disagio con le ragazze, c'è Kai che da buon amico d'infanzia anime sembra provare qualcosa per Kukuru, c'è la saggia Karin e l'allegra Udon-chan, c'è il bonario Umi-yan, e soprattutto ci sono loro, Fuuka e Kukuru, che ci colpiscono con le loro storie così diverse eppure destinate a intrecciarsi: una idol dal sogno infranto in cerca di una nuova sé stessa e una ragazzina, vissuta praticamente in simbiosi col mare, che un sogno ce l'ha da sempre, ma sta per perderlo.
Ci piace vederle interagire, ci interessiamo alle loro sotto-trame personali, ci piacciono i gustosi momenti slice of life dove possiamo godere di bellissime spiagge e locali tipici, ci si commuove con diversi momenti toccanti sparsi qua e là, si comincia a considerare l'acquario come una casa e il suo staff come una famiglia, così come accade ai visitatori, che ormai lo conoscono a memoria, ma ci tornano sempre perché si sentono a casa. La visione si fa, però, anche un po' tesa, con l'ansiogena minaccia della fine dell'estate e della chiusura del Gama Gama che incombe come una spada di Damocle su Kukuru & Co. Sarà possibile salvarlo? Oppure la chiusura sarà inevitabile?
E poi c'è un piccolo, stranissimo, intrigante tocco di sovrannaturale: una piccola divinità che fa da spettatrice alle vicende dei personaggi, e uno strano fenomeno che sembra colpire chi si immerge nel blu delle vasche del Gama Gama, vedendovi riflessi sogni, eventi passati e persone care che non sono più in questo mondo...
La prima parte della storia è bella e piacevole, si gettano vari semi e, se gestita in maniera differente, potevano fiorire e trasformare "The Aquatope on White Sand" in una piacevole mini-serie estiva.
Tuttavia, la serie prosegue con un secondo cour che, pur mantenendo lo stesso cast di personaggi, ne modifica inevitabilmente la struttura. L'estate è finita, e con essa anche la spensieratezza dei personaggi e l'adolescenza di Kukuru, che da ragazzina sognatrice si trova gettata dall'oggi al domani nello spersonalizzante mondo del lavoro giapponese. Lei, che aveva sempre vissuto in simbiosi con gli animali, coccolata nel suo acquario a conduzione familiare dove si prendeva cura delle creature, ora si trova a vivere in tailleur il lato manageriale dell'acquario, lavorare al computer in un ufficio, lontana dai suoi amati animali e dagli amici dello staff, con un capo che non la chiama nemmeno per nome e non fa altro che darle ordini e compiti per lei insensati.
La seconda parte introduce nuovi personaggi, abbastanza semplici, alcuni dei quali vengono approfonditi (una su tutti Chiyu), altri invece restano solo lì sullo sfondo, come occasionale comic relief (Eiji o Marina). I vecchi ci sono ancora, di loro si parla meno e alcuni sembra stiano lì solo per contratto (vedi Karin, che prima lavorava al turismo, ma ora lavora all'acquario, non si sa perché), ma si riesce comunque ancora a percepirli come un bel gruppetto che poi va a mangiare insieme dopo il lavoro o passa insieme il giorno libero divertendosi.
Come tutte le storie che parlano del mondo del lavoro giapponese, anche "The Aquatope on White Sand" è ambivalente: da un lato, agli occhi di noi spettatori occidentali, è molto triste e avvilente nella rappresentazione di un mondo del lavoro durissimo dove i capi hanno poca umanità e gli impiegati devono stare tutto il giorno al PC; dall'altro è un anime, non la realtà, quindi ci aspettiamo sempre che prima o poi arrivi il riscatto, e noi spettatori diventiamo molto presi dalle sofferenze e dai travagli di Kukuru. E, come tutte le storie che parlano del mondo del lavoro giapponese, alla fine non arriva mai il riscatto ma l'accettazione del mondo del lavoro giapponese, che bello non è, ma ti tocca, e quindi te lo fai andare bene, anche se è diverso da quello che volevi. Sono riflessioni un po' ambigue, difficili da capire per noi non giapponesi, ma che comunque ti danno modo di pensare e non ti lasciano indifferente.
"The Aquatope on White Sand" offre tantissimi spunti narrativi, ma nel corso dei suoi ventiquattro episodi spesso vengono abbandonati o non colti come ci si aspettava. Ad esempio, i piccoli accenni a una love story tra Kukuru e Kai (che sarebbe stata molto gradita) non vengono mai approfonditi. Si preferisce, come da copione, lasciare suggestioni yuri tra Kukuru e Fuuka, che sono amiche, sono come sorelle, piangono e si abbracciano sostenendosi l'un l'altra, perché non sia mai che gli otaku che dovevano sostenere la serie, ovviamente accorsi a frotte perché attratti dalla doppiatrice di Kukuru, Miku Ito (famosa per il ruolo di Miku Nakano in "The Quintessential Quintuplets"), possano accettare che la "waifu" di turno si metta con un uomo invece che con un'altra "waifu".
Il ruolo di Fuuka, inizialmente coprotagonista, viene via via svilito. Da lei ci si aspettava molto: una idol che finisce a lavorare in un acquario. Tuttavia, il fatto che lei sia stata una idol non viene mai affrontato più di tanto, tutte le volte che ha l'occasione di poter tornare a farlo rinuncia, perché vuole stare con Kukuru (non sia mai che la ship yuri degli otaku venga meno), e, invece di trovare dalla sua esperienza all'acquario una nuova forza che le avrebbe permesso di tornare a Tokyo sotto i riflettori dopo l'estate, le viene dato un nuovo sogno, che sicuramente le fa onore, ma che risulta un po' appiccicato con lo sputo alla fine della serie, incoerente con quello che il personaggio era stato sino a quel momento. Fuuka avrebbe potuto dare e dire molto, ma perde progressivamente importanza, rimanendo solo il supporto morale di Kukuru senza mai poter brillare di per sé in maniera particolare. E per una che faceva la idol è grave...
A livello puramente personale, mi sarebbe piaciuta una serie meno "al femminile", dato che i personaggi maschili qui ci sono, ma sono macchiette non troppo importanti per la storia, mentre dar loro un ruolo più importante avrebbe dato più concretezza alla loro presenza, aprendo altre sotto-trame interessanti. Tuttavia, va bene anche così, si avverte ugualmente una certa varietà nei personaggi.
La mancanza più grave, tuttavia, è quella dell'aver totalmente abbandonato l'elemento sovrannaturale che sembrava essere importantissimo nella prima parte della serie. Alla fine, nessuna spiegazione ci viene data riguardo alla misteriosa divinità che compare qua e là, ma non sembra un essere tangibile, e un po' per forza di cose viene accantonata la questione delle visioni mistiche del Gama Gama, che però era una cosa importantissima e sembrava il centro della storia nel primo cour, oltre che uno dei suoi elementi più toccanti. Se avessero concluso la serie in dodici episodi soltanto, con un finale diverso, probabilmente avrebbero dovuto approfondire maggiormente la questione.
Come doppiaggio e musiche, la serie non offre nulla di particolarmente memorabile, mentre invece a livello grafico è spettacolare. Il character design, molto simile a quello ammirato qualche anno fa in "Iroduku: il mondo a colori", è bellissimo: ragazze molto belle, dai corpi adulti e longilinei, capelli e occhi coloratissimi e ricchi di riflessi di luce (a livello personale, ho ovviamente gradito l'abbondanza di personaggi dai capelli blu), ma anche personaggi abbastanza vari, uomini, donne, vecchi, bambini. Non è una Okinawa popolata solo da ragazzine o bishounen, e la cosa fa molto piacere. Molto realistici e dettagliati gli sfondi, le spiagge, il mare, il locale dove vanno a mangiare i personaggi, gli animali (salvo qualche banco di pesci in una CGI ballerina nei primi episodi). Le due coppie di sigle sono belle ma dimenticabili sulla lunga distanza.
Il pubblico giapponese ha accolto "The Aquatope on White Sand" con un certo calore, attratto da Kukuru e dalla sua doppiatrice, dalle ragazze, dai vari gadget che sono stati prodotti, ma sono poi rimasti estremamente delusi, lamentandosene a più riprese sui social, dal finale, tacciato di essere inconcludente e di aver sprecato tante sotto-trame interessanti. C'è chi non ha gradito la prima parte (troppo noiosa), chi la seconda (inutile) e chi invece ha sentenziato la fine dello studio P.A. Works, che dopo l'abbandono della sceneggiatrice Mari Okada non è riuscito a trovare nuovi scrittori validi che potessero rimpiazzarla, andando incontro al declino, perciò dovrebbero, secondo alcuni fan giapponesi, smettere di scrivere storie originali inconcludenti e adattare opere preesistenti, impreziosendole con il loro sempre ottimo apparato tecnico e grafico.
Quel che è certo è che è difficile parlare di "The Aquatope on White Sand", perché è una serie che vive molto di alti e bassi, incanta e delude, promette e non mantiene, ti fa affezionare alle storie dei personaggi e al loro viaggio ma poi una volta arrivati alla meta tanto sognata si resta delusi. Come slice of life è bellissimo, ci si sente davvero in famiglia con questi personaggi, e vorremmo saperne di più, solo che o non ce lo dicono o, se lo fanno, poi finisce male. Quindi, da un lato forse sarebbe meglio prenderlo solo come divertissement estivo slice of life, ma la serie ha troppe sotto-trame interessanti (rimaste incompiute o dalla risoluzione non soddisfacente) per risultare disimpegnata e dimenticabile. Difficile giudicarlo, perché si è sempre in bilico tra quello che ti ha promesso e quello che invece ti ha dato, tra quello che ti aspettavi e che non hai avuto, tra quello che poteva essere e quello che è stato. Vale comunque una visione, perché difficilmente annoia, ai personaggi ci si affeziona, solo che, una volta subito l'incantesimo, è finita, ti appassioni e vuoi vedere come continua, ma come continua poi non ti piacerà. In un mare di seriette che segui di volta in volta per inerzia, almeno "The Aquatope on White Sand" è riuscito a farmi appassionare, e questo in qualche modo va premiato, anche se i difetti sono tanti e non sempre perdonabili. Avrei preferito una mini-serie estiva di un solo cour? Ma poi non mi sarei, invece, lamentato del suo essere troppo breve e dimenticabile? Difficile davvero mettere ordine in ciò che penso, ma posso consigliarvi di dargli un'occhiata e giudicare da voi. Se gli antichi Greci avevano ragione, e quindi alle volte è più importante il viaggio che la meta, il viaggio in questa Okinawa da sogno val comunque la pena di essere fatto, a prescindere da quello che poi troveremo all'arrivo.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Parliamo di "Shiroi Suna no Aquatope", un anime estivo molto gradevole.
Fuuka, una idol in fuga da Tokyo, arriva in una città turistica estiva, non molto frequentata, dove farà la conoscenza dell’altra protagonista Kukuru, momentanea responsabile dell’acquario Gama-Gama, che purtroppo andrà incontro alla chiusura alla fine dell’estate; Kukuru, però, non vuole assolutamente che quel posto dove è cresciuta e che ama venga chiuso, e farà di tutto per impedirlo.
L’anime si divide principalmente in due parti: i primi tredici episodi saranno al Gama-Gama, fino alla inevitabile chiusura, dopodiché ci sposteremo all’acquario Tingaara. I primi episodi (al Gama-Gama) saranno estremamente piacevoli, con Kukuru che organizza eventi per attirare più visitatori, e molte nozioni interessanti sul mondo marino; non mancheranno momenti di difficoltà, dove Kukuru si renderà conto che non potrà salvare il suo amato acquario, in vista della costruzione del Tingaara, un acquario moderno e all’avanguardia. La seconda parte vede Kukuru assunta nell'ambito del marketing al Tingaara, sotto raccomandazione del nonno (il direttore dell’ex Gama-Gama), ma questa parte prenderà una piega molto diversa dai primi episodi: Kukuru sarà molto affranta per non potersi occupare degli animali in prima persona, e dopo molti fallimenti nel suo lavoro, quasi sul punto di mollare tutto, si ricrede e capisce che, per aiutare gli animali, ci sono molte vie. Al Tingaara capiremo l’importanza di saper fare sacrifici per ottenere un risultato ambito al lavoro, che non sempre si ottiene ciò che si vuole e che le occasioni si nascondono in ogni angolo; questa seconda parte strizza anche l’occhio ai problemi che i nostri oceani stanno realmente subendo (plastica, pesca intensiva ed estinzione delle specie), cosa che ho molto apprezzato.
Non vi aspettate trame da capogiro, la storia si prende i suoi tempi, perché comunque qui si vuole far apprezzare allo spettatore il mondo marino, e lo si fa bene: la bellezza delle vasche piene di pesci e di coralli, i colori estremamente piacevoli, insomma, per quanto riguarda l’estetica, è un 10 pieno.
Per quanto riguarda il lato dei personaggi, anche questi ultimi sono piacevoli, non troppo stereotipati, con storie passate che ci faranno affezionare a loro. Non posso dare un voto oltre al 7 a questo anime perché, sì, i paesaggi sono stupenti e anche i temi trattati, ma penso che ci si sia concentrati troppo sulla tristezza di Kukuru nella seconda parte, quando ancora non riesce ad accettare il suo lavoro di marketing. Ho fatto fatica a vedere alcuni episodi, perché erano veramente tristi e avvilenti, inoltre molti personaggi secondari non sono stati approfonditi, per esempio Kai, che è innamorato di Kukuru dal primo episodio, ma la sua storia non viene fatta progredire, lasciando un po' di amarezza.
Tutto sommato, però, come anime di vita quotidiana è piacevole, e consiglio la visione a tutti quelli che amano la vista animata di paesaggi marini. Le sigle e OST sono carine, ma nulla di speciale.
Parliamo di "Shiroi Suna no Aquatope", un anime estivo molto gradevole.
Fuuka, una idol in fuga da Tokyo, arriva in una città turistica estiva, non molto frequentata, dove farà la conoscenza dell’altra protagonista Kukuru, momentanea responsabile dell’acquario Gama-Gama, che purtroppo andrà incontro alla chiusura alla fine dell’estate; Kukuru, però, non vuole assolutamente che quel posto dove è cresciuta e che ama venga chiuso, e farà di tutto per impedirlo.
L’anime si divide principalmente in due parti: i primi tredici episodi saranno al Gama-Gama, fino alla inevitabile chiusura, dopodiché ci sposteremo all’acquario Tingaara. I primi episodi (al Gama-Gama) saranno estremamente piacevoli, con Kukuru che organizza eventi per attirare più visitatori, e molte nozioni interessanti sul mondo marino; non mancheranno momenti di difficoltà, dove Kukuru si renderà conto che non potrà salvare il suo amato acquario, in vista della costruzione del Tingaara, un acquario moderno e all’avanguardia. La seconda parte vede Kukuru assunta nell'ambito del marketing al Tingaara, sotto raccomandazione del nonno (il direttore dell’ex Gama-Gama), ma questa parte prenderà una piega molto diversa dai primi episodi: Kukuru sarà molto affranta per non potersi occupare degli animali in prima persona, e dopo molti fallimenti nel suo lavoro, quasi sul punto di mollare tutto, si ricrede e capisce che, per aiutare gli animali, ci sono molte vie. Al Tingaara capiremo l’importanza di saper fare sacrifici per ottenere un risultato ambito al lavoro, che non sempre si ottiene ciò che si vuole e che le occasioni si nascondono in ogni angolo; questa seconda parte strizza anche l’occhio ai problemi che i nostri oceani stanno realmente subendo (plastica, pesca intensiva ed estinzione delle specie), cosa che ho molto apprezzato.
Non vi aspettate trame da capogiro, la storia si prende i suoi tempi, perché comunque qui si vuole far apprezzare allo spettatore il mondo marino, e lo si fa bene: la bellezza delle vasche piene di pesci e di coralli, i colori estremamente piacevoli, insomma, per quanto riguarda l’estetica, è un 10 pieno.
Per quanto riguarda il lato dei personaggi, anche questi ultimi sono piacevoli, non troppo stereotipati, con storie passate che ci faranno affezionare a loro. Non posso dare un voto oltre al 7 a questo anime perché, sì, i paesaggi sono stupenti e anche i temi trattati, ma penso che ci si sia concentrati troppo sulla tristezza di Kukuru nella seconda parte, quando ancora non riesce ad accettare il suo lavoro di marketing. Ho fatto fatica a vedere alcuni episodi, perché erano veramente tristi e avvilenti, inoltre molti personaggi secondari non sono stati approfonditi, per esempio Kai, che è innamorato di Kukuru dal primo episodio, ma la sua storia non viene fatta progredire, lasciando un po' di amarezza.
Tutto sommato, però, come anime di vita quotidiana è piacevole, e consiglio la visione a tutti quelli che amano la vista animata di paesaggi marini. Le sigle e OST sono carine, ma nulla di speciale.
"Fa ciò che è giusto e tutto andrà bene."
Queste sono le parole che Kukuru, giovane liceale dai capelli e occhi turchini, ripete a sé stessa ogni mattina, quasi a fare da monito a una vita ricca di sogni e povera di certezze, un dogma per una coscienza ancora troppo pura e grezza perché possa esporre il fianco alle cicatrici senza colpo ferire.
Siamo a Okinawa, sul mare, e a fare da teatro alle vicende di Kukuru sarà la materializzazione del suo sogno: l'acquario; Gama Gama prima, gestito direttamente da lei e da suo nonno, e Tingaara poi, in cui lavorerà nel reparto di marketing.
Si tratta appunto del suo sogno, o meglio, dell'immagine che lei stessa ha di esso. Perché lei, amante del mare e di coloro che lo abitano, tanto che, se solo potesse, si farebbe crescere le branchie, pur di vivere in acqua insieme ai pesciolini, nell'acquario di suo nonno, circondata dalle vasche, ci è nata e cresciuta, cullata come in un grembo materno dalle delicate movenze delle creature marine dai mille colori e dal dolce ondeggiare dell'acqua.
Il Gama Gama è stata la sua culla e la sua casa, perderlo è semplicemente inaccettabile ai suoi occhi, non tanto per quel che concerne il fallimento, quanto perché il Gama Gama è parte di lei.
Lei ha fatto ciò che era giusto, eppure eccolo lì. Il Gama Gama accatastato su sé stesso in attesa della demolizione. Come si fa a credere ancora che tutto andrà bene?
Al Tingaara, che per inciso fa sembrare il Gama Gama una boccia con dentro un paio di pesciotti rossi piuttosto che un acquario, Kukuru fatica a trovarsi a casa, complice il ruolo affidatole lontano dalle sue amate bestioline, mentre gli altri fanno il lavoro che sembra le sia stato cucito addosso, lei passa le giornate a farsi umiliare dal capo reparto e a sbattere la testa contro uno schermo.
Lei ha continuato a fare tutto giusto (più o meno), eppure eccola lì a farsi chiamare Plancton, mentre i pesci nuotano nelle loro vasche dall'altra parte dell'edificio.
Proprio sul momento di mollare, può essere soltanto Fuuka a riportarla a galla, perché lei lo sa bene cosa significa rinunciare a un sogno, e a detta sua è una pessima esperienza.
In mezzo al soqquadro generale in cui versano le scritture dei comprimari, a cui gli sceneggiatori devono delle scuse, a risaltare non possono che essere loro due: Fuuka e Kukuru appunto, perché schiena contro schiena non si può cadere, e il legame che le ha unite sembra renderle incrollabili. Kai si sarebbe fatto prendere a pugni per sempre, pur di vederla sorridere, ma i piani a quanto pare erano altri.
Complice una poetica schiusa di una manciata di uova di tartarughine di mare, Kukuru inizia a comprendere il vero significato di quelle parole che la accompagnano ogni giorno.
"Fa ciò che è giusto e tutto andrà bene."
Le cose, in qualche modo, hanno vita propria. Non dipende tutto da noi, o da Kukuru, ognuno ha la sua parte da recitare, e finché lei reggerà botta, il castello non crollerà; se poi ci sarà anche Fuuka a sostenerla, allora capirà che non esistono limiti, tranne quelli che ci diamo noi stessi.
A crescere, a maturare, dal Gama Gama al Tingaara e chissà dove poi, non è Kukuru. Lei è e rimane una sognatrice ingenua, non diversa da una dolce bambina volenterosa di dare il suo contributo al cerchio della vita. A crescere e a maturare è il suo sogno. Lei lo modella soltanto e lo guarda schiudersi, proprio come quelle tartarughe.
Sogno e realtà non sempre coincidono, anzi siamo proprio agli antipodi. Ma non è sbagliato, perché per avere un punto d'incontro ce ne dovranno essere due di partenza.
In fondo il Gama Gama è solo un acquario, come tanti altri, e il Tingaara pure; quel che conta davvero è solo dentro a Kukuru, che non riesce a smettere di dondolarsi tra sogno e realtà, finché non comprende che avere un sogno è più una condanna che altro, perché a lottare per il tuo sogno ci sarai sempre e soltanto tu.
Quel senso di smarrimento che ha caratterizzato Kukuru, quando per la paura di perdere il Gama Gama, quando per la paura di non riuscire a sorridere di fronte alle avversità del Tingaara, è comune a molti di noi. Ma bisogna accettare, piuttosto che imparare, che fa parte del gioco.
Kukuru non ha imparato, ha semplicemente accettato che a volte le cose fanno il loro corso. Che il Gama Gama sarebbe morto ne era consapevole, ma ha lottato comunque per difenderlo, ha fatto ciò che era giusto. Che sarebbe tornata con la coda tra le gambe dopo essere fuggita, lo sapeva, eppure è scappata lo stesso, ha fatto ciò che era giusto.
Come dice il nonno: "Continua a lavorare sodo, e qualche volta sarai ricompensata."
Per tutte le volte che l'hanno chiamata Plancton, che è stato un no invece di un sì, per il Gama Gama che non c'è più, per tutte le delusioni. Le cicatrici sono la testimonianza di Kukuru, come lo sono per tutti noi, che lei al suo sogno non ha mai smesso di crederci, anche quando avrebbe voluto.
Queste sono le parole che Kukuru, giovane liceale dai capelli e occhi turchini, ripete a sé stessa ogni mattina, quasi a fare da monito a una vita ricca di sogni e povera di certezze, un dogma per una coscienza ancora troppo pura e grezza perché possa esporre il fianco alle cicatrici senza colpo ferire.
Siamo a Okinawa, sul mare, e a fare da teatro alle vicende di Kukuru sarà la materializzazione del suo sogno: l'acquario; Gama Gama prima, gestito direttamente da lei e da suo nonno, e Tingaara poi, in cui lavorerà nel reparto di marketing.
Si tratta appunto del suo sogno, o meglio, dell'immagine che lei stessa ha di esso. Perché lei, amante del mare e di coloro che lo abitano, tanto che, se solo potesse, si farebbe crescere le branchie, pur di vivere in acqua insieme ai pesciolini, nell'acquario di suo nonno, circondata dalle vasche, ci è nata e cresciuta, cullata come in un grembo materno dalle delicate movenze delle creature marine dai mille colori e dal dolce ondeggiare dell'acqua.
Il Gama Gama è stata la sua culla e la sua casa, perderlo è semplicemente inaccettabile ai suoi occhi, non tanto per quel che concerne il fallimento, quanto perché il Gama Gama è parte di lei.
Lei ha fatto ciò che era giusto, eppure eccolo lì. Il Gama Gama accatastato su sé stesso in attesa della demolizione. Come si fa a credere ancora che tutto andrà bene?
Al Tingaara, che per inciso fa sembrare il Gama Gama una boccia con dentro un paio di pesciotti rossi piuttosto che un acquario, Kukuru fatica a trovarsi a casa, complice il ruolo affidatole lontano dalle sue amate bestioline, mentre gli altri fanno il lavoro che sembra le sia stato cucito addosso, lei passa le giornate a farsi umiliare dal capo reparto e a sbattere la testa contro uno schermo.
Lei ha continuato a fare tutto giusto (più o meno), eppure eccola lì a farsi chiamare Plancton, mentre i pesci nuotano nelle loro vasche dall'altra parte dell'edificio.
Proprio sul momento di mollare, può essere soltanto Fuuka a riportarla a galla, perché lei lo sa bene cosa significa rinunciare a un sogno, e a detta sua è una pessima esperienza.
In mezzo al soqquadro generale in cui versano le scritture dei comprimari, a cui gli sceneggiatori devono delle scuse, a risaltare non possono che essere loro due: Fuuka e Kukuru appunto, perché schiena contro schiena non si può cadere, e il legame che le ha unite sembra renderle incrollabili. Kai si sarebbe fatto prendere a pugni per sempre, pur di vederla sorridere, ma i piani a quanto pare erano altri.
Complice una poetica schiusa di una manciata di uova di tartarughine di mare, Kukuru inizia a comprendere il vero significato di quelle parole che la accompagnano ogni giorno.
"Fa ciò che è giusto e tutto andrà bene."
Le cose, in qualche modo, hanno vita propria. Non dipende tutto da noi, o da Kukuru, ognuno ha la sua parte da recitare, e finché lei reggerà botta, il castello non crollerà; se poi ci sarà anche Fuuka a sostenerla, allora capirà che non esistono limiti, tranne quelli che ci diamo noi stessi.
A crescere, a maturare, dal Gama Gama al Tingaara e chissà dove poi, non è Kukuru. Lei è e rimane una sognatrice ingenua, non diversa da una dolce bambina volenterosa di dare il suo contributo al cerchio della vita. A crescere e a maturare è il suo sogno. Lei lo modella soltanto e lo guarda schiudersi, proprio come quelle tartarughe.
Sogno e realtà non sempre coincidono, anzi siamo proprio agli antipodi. Ma non è sbagliato, perché per avere un punto d'incontro ce ne dovranno essere due di partenza.
In fondo il Gama Gama è solo un acquario, come tanti altri, e il Tingaara pure; quel che conta davvero è solo dentro a Kukuru, che non riesce a smettere di dondolarsi tra sogno e realtà, finché non comprende che avere un sogno è più una condanna che altro, perché a lottare per il tuo sogno ci sarai sempre e soltanto tu.
Quel senso di smarrimento che ha caratterizzato Kukuru, quando per la paura di perdere il Gama Gama, quando per la paura di non riuscire a sorridere di fronte alle avversità del Tingaara, è comune a molti di noi. Ma bisogna accettare, piuttosto che imparare, che fa parte del gioco.
Kukuru non ha imparato, ha semplicemente accettato che a volte le cose fanno il loro corso. Che il Gama Gama sarebbe morto ne era consapevole, ma ha lottato comunque per difenderlo, ha fatto ciò che era giusto. Che sarebbe tornata con la coda tra le gambe dopo essere fuggita, lo sapeva, eppure è scappata lo stesso, ha fatto ciò che era giusto.
Come dice il nonno: "Continua a lavorare sodo, e qualche volta sarai ricompensata."
Per tutte le volte che l'hanno chiamata Plancton, che è stato un no invece di un sì, per il Gama Gama che non c'è più, per tutte le delusioni. Le cicatrici sono la testimonianza di Kukuru, come lo sono per tutti noi, che lei al suo sogno non ha mai smesso di crederci, anche quando avrebbe voluto.
Non è facile dare un giudizio su “Shiroi Suna no Aquatope” nel suo insieme, ma, suddividendolo nelle sue due parti, è più semplice.
L’unica cosa in comune ad entrambe sono disegni stupendi, musiche coinvolgenti e un carachter design decente. Anche se per molti aspetti sembra di rivedere “Irozuku Sekai no Ashita Kara” (i disegni e le sequenze delle opening sono praticamente identiche).
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
Prima parte: le prime dodici puntate sono dolci, emozionanti, toccanti e significative.
La prima parte segue Fuka, idol fallita nonostante il suo impegno per il suo troppo buon cuore, che, piuttosto che tornare a casa ed essere accolta per quello che è, decide di andare a Okinawa, dove incontrerà Kukuru, studentessa con una passione da otaku per i pesci che gestisce, come lavoretto estivo, l’acquario ormai fallito del nonno, nella sua ultima estate di apertura. Fanno da contorno personaggi a volte appena abbozzati (Karin), a volte meglio dettagliati (Kai e il nonno di Kukuru). Le due si incontrano, si trovano e stringono amicizia, complice la misticità dell’acquario, che permette in determinati momenti di poter vedere la propria anima, intesa come i propri ricordi più dolci e i propri desideri più cari. Nonostante la passione e gli sforzi delle due, alla fine l’acquario chiuderà, ma nel frattempo entrambe sono cresciute e maturate, e un poco anche tutti i comprimari.
Già il fatto che non c’è il lieto fine (il salvataggio in extremis dell’acquario) dà per me molti punti a favore dell’opera. Nell’insieme, come detto, la prima parte è piacevole, molto. I personaggi sono azzeccati e giusti per i loro ruoli, con pregi e difetti. Se l’anime si fosse fermato qui, avrebbe avuto un buon 7,5/8; l’unico difetto che gli si può imputare è un certa lentezza in alcune parti.
Ma purtroppo prosegue.
La seconda parte sembra un miscuglio di idee e di storie, per cui sono giunto alla conclusione che probabilmente erano state preparate una dozzina di possibili trame, poi qualcuno ha aperto la finestra e i fogli si sono mescolati, ne hanno presi alcuni e li hanno passati ai disegnatori. Non vi è altra possibilità logica.
Questa seconda parte manca completamente di trama. Si possono tranquillamente guardare i suoi episodi in qualsiasi ordine, che non cambierebbe nulla o quasi, sono al limite dell’autoconclusivo, che non sarebbe un male... se almeno concludessero qualcosa. La possibile storia amorosa di Kai, che sembrava possibile nel primo arco e nella prima puntata, svanisce, nel nulla. Vaghi accenni un paio di volte, poi... boh. La direttrice degli addetti ai pesci potrebbe essere un personaggio interessante, potrebbe essere approfondito... Nulla. Udonchan messa a fare la... cameriera? Cuoca? Da qualche parte e ripescata tre volte per bevute in compagnia, Marina sembra un’idiota con il QI più basso di quello di un pinguino (di lei non si sa nulla, a parte che è fissata con le sirene), Karin passa dall’agenzia del turismo all’aquario, per fare da supporto alla tastiera del computer, la collega sua e di Kukuru (inserita chissà in base a quale selezione al marketing) è più insipida di una foglia di insalata scondita, Chiyu-miss simpatia, che nel primo arco era al Gama Gama per uno stage, qui fa la simil-tsundere per il bene del pargoletto suo, che in tre minuti di apparizione ha più spessore della madre. Infine lui, il peggio del peggio, il personaggio che al solo vederlo mi veniva l’orticaria, il personaggio più inutile di tutto l’anime: Eigi Higa, uno che ragiona come un pesce, vede tutto in chiave pesce, e probabilmente ha lo stesso intelletto di una cernia. Forse nelle intenzioni degli autori doveva essere la parte comica... no, è sola una cosa penosa ad ogni sua apparizione. In tutto questo quasi si salva il freddo e severo vicedirettore (stendo un velo pietoso sulla figura del direttore in perenne camicia hawaiana), la cui unica battuta è “plancton”, usata per chiamare Kukuru.
Oltre a questi “dettagli”, in dodici puntate non si vede un minimo di crescita dei personaggi, manco per sbaglio. Giusto Kukuru nelle ultime due (su dodici) puntate.
Quello che più mi fa arrabbiare di questa seconda parte sono le occasioni sprecate (Kai e Kukuru), personaggi interessanti inutilizzati (Kaoru), presenza di personaggi inutili (Eigi, Akari, Marina) e, soprattutto, l’assenza di una storia. Parte bene, Kukuru piena di sé che si scontra frontalmente con il vero mondo del lavoro... ma poi stop. Tante promesse, ma nessuna mantenuta. Questo arco non va oltre il 3.
Concludendo: (7,5 + 3) / 2 = 5
Consiglio: guardate solo la prima parte, il resto non esiste.
L’unica cosa in comune ad entrambe sono disegni stupendi, musiche coinvolgenti e un carachter design decente. Anche se per molti aspetti sembra di rivedere “Irozuku Sekai no Ashita Kara” (i disegni e le sequenze delle opening sono praticamente identiche).
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
Prima parte: le prime dodici puntate sono dolci, emozionanti, toccanti e significative.
La prima parte segue Fuka, idol fallita nonostante il suo impegno per il suo troppo buon cuore, che, piuttosto che tornare a casa ed essere accolta per quello che è, decide di andare a Okinawa, dove incontrerà Kukuru, studentessa con una passione da otaku per i pesci che gestisce, come lavoretto estivo, l’acquario ormai fallito del nonno, nella sua ultima estate di apertura. Fanno da contorno personaggi a volte appena abbozzati (Karin), a volte meglio dettagliati (Kai e il nonno di Kukuru). Le due si incontrano, si trovano e stringono amicizia, complice la misticità dell’acquario, che permette in determinati momenti di poter vedere la propria anima, intesa come i propri ricordi più dolci e i propri desideri più cari. Nonostante la passione e gli sforzi delle due, alla fine l’acquario chiuderà, ma nel frattempo entrambe sono cresciute e maturate, e un poco anche tutti i comprimari.
Già il fatto che non c’è il lieto fine (il salvataggio in extremis dell’acquario) dà per me molti punti a favore dell’opera. Nell’insieme, come detto, la prima parte è piacevole, molto. I personaggi sono azzeccati e giusti per i loro ruoli, con pregi e difetti. Se l’anime si fosse fermato qui, avrebbe avuto un buon 7,5/8; l’unico difetto che gli si può imputare è un certa lentezza in alcune parti.
Ma purtroppo prosegue.
La seconda parte sembra un miscuglio di idee e di storie, per cui sono giunto alla conclusione che probabilmente erano state preparate una dozzina di possibili trame, poi qualcuno ha aperto la finestra e i fogli si sono mescolati, ne hanno presi alcuni e li hanno passati ai disegnatori. Non vi è altra possibilità logica.
Questa seconda parte manca completamente di trama. Si possono tranquillamente guardare i suoi episodi in qualsiasi ordine, che non cambierebbe nulla o quasi, sono al limite dell’autoconclusivo, che non sarebbe un male... se almeno concludessero qualcosa. La possibile storia amorosa di Kai, che sembrava possibile nel primo arco e nella prima puntata, svanisce, nel nulla. Vaghi accenni un paio di volte, poi... boh. La direttrice degli addetti ai pesci potrebbe essere un personaggio interessante, potrebbe essere approfondito... Nulla. Udonchan messa a fare la... cameriera? Cuoca? Da qualche parte e ripescata tre volte per bevute in compagnia, Marina sembra un’idiota con il QI più basso di quello di un pinguino (di lei non si sa nulla, a parte che è fissata con le sirene), Karin passa dall’agenzia del turismo all’aquario, per fare da supporto alla tastiera del computer, la collega sua e di Kukuru (inserita chissà in base a quale selezione al marketing) è più insipida di una foglia di insalata scondita, Chiyu-miss simpatia, che nel primo arco era al Gama Gama per uno stage, qui fa la simil-tsundere per il bene del pargoletto suo, che in tre minuti di apparizione ha più spessore della madre. Infine lui, il peggio del peggio, il personaggio che al solo vederlo mi veniva l’orticaria, il personaggio più inutile di tutto l’anime: Eigi Higa, uno che ragiona come un pesce, vede tutto in chiave pesce, e probabilmente ha lo stesso intelletto di una cernia. Forse nelle intenzioni degli autori doveva essere la parte comica... no, è sola una cosa penosa ad ogni sua apparizione. In tutto questo quasi si salva il freddo e severo vicedirettore (stendo un velo pietoso sulla figura del direttore in perenne camicia hawaiana), la cui unica battuta è “plancton”, usata per chiamare Kukuru.
Oltre a questi “dettagli”, in dodici puntate non si vede un minimo di crescita dei personaggi, manco per sbaglio. Giusto Kukuru nelle ultime due (su dodici) puntate.
Quello che più mi fa arrabbiare di questa seconda parte sono le occasioni sprecate (Kai e Kukuru), personaggi interessanti inutilizzati (Kaoru), presenza di personaggi inutili (Eigi, Akari, Marina) e, soprattutto, l’assenza di una storia. Parte bene, Kukuru piena di sé che si scontra frontalmente con il vero mondo del lavoro... ma poi stop. Tante promesse, ma nessuna mantenuta. Questo arco non va oltre il 3.
Concludendo: (7,5 + 3) / 2 = 5
Consiglio: guardate solo la prima parte, il resto non esiste.