The Duke of Death and His Maid
“Shinigami Bocchan to Kuro Maid” è un carciofo. C’è a chi piace e con il carciofo ci fa dalla pasta alla salsina spalmabile e chi invece dai carciofi se ne sta a distanza, quasi come se si sentisse minacciato dalla loro presenza. Perché quest’esempio? Beh, perché mia nonna stava pulendo carciofi in cucina e ho pensato a come il carciofo si adattasse bene a ciò che penso della serie.
“Shinigami Bocchan to Kuro Maid”, da adesso solo “Shinigami”, è una serie che, cavalcando il fenomeno lanciato qualche anno fa da “Karakai Jouzu no Takagi-san”, si va a inserire nel filone degli anime dispettosi (teasing), in cui il protagonista maschio, un po’ ‘sfigatello’, è continuamente punzecchiato e provocato dalla controparte femminile. A parte l’opera che ha dato via a questo fenomeno, le altre serie uscite sullo stesso indirizzo non mi hanno mai convinto per comicità e contenuti. “Shinigami”, per certi versi, non si discosta molto da esse, ma mette in tavola qualcosa di più sostanzioso e interessante da seguire.
“Shinigami” cerca di raccontare una storia romantica, tragica a momenti, racconta di un amore puro e sincero, di due anime gemelle che, pur amandosi, non possono sfiorare l’altro nemmeno con un dito. Il motivo di tale “tragedia” non è banale, ma nemmeno così originale, tuttavia funziona. Shinigami Bocchan, appunto “il signorino della morte”, è il protagonista della serie (il vero nome non mi sembra sia pervenuto) e una mattina, quando era ancora un bambino, fu maledetto da una strega. Il poveretto da quel giorno non ha più potuto toccare un essere vivente, che sia una pianta, un animale o una persona, perché al contatto con essa quella appassisce e muore.
L’incipit della serie è interessante, tra amori corrisposti ma ostacolati, misteri e maledizioni, ci sono tutte le carte per una buona storia, aggiungiamoci anche che strizza l’occhio ad altri prodotti come “La bella e la bestia” e "Nightmare Before Christmas”: il pacchetto che ne vien fuori non sarebbe male. Peccato però che tale materiale vada sprecato, o meglio, malamente sfruttato in favore di situazioni grottesche e con un andamento altalenante nei toni della serie. Si passa da una bellissima scena romantica al chiaro di luna accompagnata da un pezzo al pianoforte alla scenetta ecchi provocatrice nel giro di qualche minuto.
I personaggi sono curiosi, e alla fine, chi più, chi meno, sono ben caratterizzati, a qualcuno ci si può pure affezionare. Tuttavia, anche qui si nota un po’ di confusione ed esagerazione.
Bocchan, il protagonista, è forse il più bilanciato, rappresenta bene il bambino, ora maggiorenne, cresciuto con la maledizione. Timoroso ma non scontroso, sempre pronto a porgere una mano verso gli altri... senza toccarli, eh!
Alice è la maid del signorino, è una ragazza di bell’aspetto, dolce, affettuosa e innamorata, che nonostante la maledizione decide di dedicare la sua vita a Bocchan, nonostante tutti cerchino di tenersene alla larga per paura di essere accidentalmente toccati. Ci sono scene studiate bene, che mettono alla prova i due personaggi, risultando al tempo stesso coerenti con il tema “dispetti” e “tentazioni”. Momenti in cui le loro labbra si sfiorano, creando desiderio e alimentando la passione.
Peccato però che queste sono in minor numero rispetto alle scenette ecchi. Non parlo di spalline che scendono, ma momenti in cui viene snaturato il personaggio di Alice, facendola quindi apparire frivola. Tutto questo a favore di una comicità che lascia il tempo che trova.
Gli altri personaggi come la sorella di lui, Viola, sono mere spalle comiche che non aggiungono sostanza alla serie, anzi a momenti danno solo l’impressione di rubare minutaggio alla trama principale, che già è lenta di suo.
Durante la visione mi sono fatto l’idea che l’autore o fosse confuso su che direzione dare alla serie oppure che semplicemente non voleva farsi prendere sul serio, il che, vista trama e potenzialità, è un peccato.
Dal punto di vista puramente artistico e tecnico ci sono alti e bassi. I modelli dei personaggi sono “ok” seppur in CGI, ma l’animazione al computer rompe nel 90% dei casi la magia che solo l’animazione sa regalare. Belli però gli sfondi, che uniscono il 3D agli artwork grazie all’utilizzo di una texture in sovraimpressione che dà l’idea di un quadro, di una tavolozza in cui i personaggi si muovono. Ho apprezzato veramente tanto questo dettaglio.
Promossa la colonna sonora, alterna ottimi pezzi al pianoforte a sinfonie meno ricercate ma comunque ben abbinate alle immagini su schermo. Magari potevano osare un po’ di più, ma tutto sommato l’OST è di buon livello, apprezzabile.
Quindi, per concludere e riprendere il mio esempio iniziale, “Shinigami” è un carciofo perché ci sono persone alle quali questo genere di storie, comicità e situazioni piacciono sempre, le apprezzano in tutte le salse, altre invece che preferiscono tenersi alla larga, perché le ritengono insapori, non definite, né dolci né amare. Poi ci son quelli come me che non le apprezzano più di tanto, ma che magari, se servite in determinati modi, possono finire per gradire ciò che gli viene servito.
Do una sufficienza, un 6+ per l'esattezza, ritenendo che, tutto sommato, tra alti e bassi, la serie sia riuscita a intrattenermi, lasciandomi curioso sul prosieguo della storia, seppur, a dirla tutta, avrei preferito che le vicende si concludessero in un’unica stagione.
P.S. Se non vi piace l’esempio del carciofo, siete liberi di sostituirlo con un altro vegetale a vostra scelta.
“Shinigami Bocchan to Kuro Maid”, da adesso solo “Shinigami”, è una serie che, cavalcando il fenomeno lanciato qualche anno fa da “Karakai Jouzu no Takagi-san”, si va a inserire nel filone degli anime dispettosi (teasing), in cui il protagonista maschio, un po’ ‘sfigatello’, è continuamente punzecchiato e provocato dalla controparte femminile. A parte l’opera che ha dato via a questo fenomeno, le altre serie uscite sullo stesso indirizzo non mi hanno mai convinto per comicità e contenuti. “Shinigami”, per certi versi, non si discosta molto da esse, ma mette in tavola qualcosa di più sostanzioso e interessante da seguire.
“Shinigami” cerca di raccontare una storia romantica, tragica a momenti, racconta di un amore puro e sincero, di due anime gemelle che, pur amandosi, non possono sfiorare l’altro nemmeno con un dito. Il motivo di tale “tragedia” non è banale, ma nemmeno così originale, tuttavia funziona. Shinigami Bocchan, appunto “il signorino della morte”, è il protagonista della serie (il vero nome non mi sembra sia pervenuto) e una mattina, quando era ancora un bambino, fu maledetto da una strega. Il poveretto da quel giorno non ha più potuto toccare un essere vivente, che sia una pianta, un animale o una persona, perché al contatto con essa quella appassisce e muore.
L’incipit della serie è interessante, tra amori corrisposti ma ostacolati, misteri e maledizioni, ci sono tutte le carte per una buona storia, aggiungiamoci anche che strizza l’occhio ad altri prodotti come “La bella e la bestia” e "Nightmare Before Christmas”: il pacchetto che ne vien fuori non sarebbe male. Peccato però che tale materiale vada sprecato, o meglio, malamente sfruttato in favore di situazioni grottesche e con un andamento altalenante nei toni della serie. Si passa da una bellissima scena romantica al chiaro di luna accompagnata da un pezzo al pianoforte alla scenetta ecchi provocatrice nel giro di qualche minuto.
I personaggi sono curiosi, e alla fine, chi più, chi meno, sono ben caratterizzati, a qualcuno ci si può pure affezionare. Tuttavia, anche qui si nota un po’ di confusione ed esagerazione.
Bocchan, il protagonista, è forse il più bilanciato, rappresenta bene il bambino, ora maggiorenne, cresciuto con la maledizione. Timoroso ma non scontroso, sempre pronto a porgere una mano verso gli altri... senza toccarli, eh!
Alice è la maid del signorino, è una ragazza di bell’aspetto, dolce, affettuosa e innamorata, che nonostante la maledizione decide di dedicare la sua vita a Bocchan, nonostante tutti cerchino di tenersene alla larga per paura di essere accidentalmente toccati. Ci sono scene studiate bene, che mettono alla prova i due personaggi, risultando al tempo stesso coerenti con il tema “dispetti” e “tentazioni”. Momenti in cui le loro labbra si sfiorano, creando desiderio e alimentando la passione.
Peccato però che queste sono in minor numero rispetto alle scenette ecchi. Non parlo di spalline che scendono, ma momenti in cui viene snaturato il personaggio di Alice, facendola quindi apparire frivola. Tutto questo a favore di una comicità che lascia il tempo che trova.
Gli altri personaggi come la sorella di lui, Viola, sono mere spalle comiche che non aggiungono sostanza alla serie, anzi a momenti danno solo l’impressione di rubare minutaggio alla trama principale, che già è lenta di suo.
Durante la visione mi sono fatto l’idea che l’autore o fosse confuso su che direzione dare alla serie oppure che semplicemente non voleva farsi prendere sul serio, il che, vista trama e potenzialità, è un peccato.
Dal punto di vista puramente artistico e tecnico ci sono alti e bassi. I modelli dei personaggi sono “ok” seppur in CGI, ma l’animazione al computer rompe nel 90% dei casi la magia che solo l’animazione sa regalare. Belli però gli sfondi, che uniscono il 3D agli artwork grazie all’utilizzo di una texture in sovraimpressione che dà l’idea di un quadro, di una tavolozza in cui i personaggi si muovono. Ho apprezzato veramente tanto questo dettaglio.
Promossa la colonna sonora, alterna ottimi pezzi al pianoforte a sinfonie meno ricercate ma comunque ben abbinate alle immagini su schermo. Magari potevano osare un po’ di più, ma tutto sommato l’OST è di buon livello, apprezzabile.
Quindi, per concludere e riprendere il mio esempio iniziale, “Shinigami” è un carciofo perché ci sono persone alle quali questo genere di storie, comicità e situazioni piacciono sempre, le apprezzano in tutte le salse, altre invece che preferiscono tenersi alla larga, perché le ritengono insapori, non definite, né dolci né amare. Poi ci son quelli come me che non le apprezzano più di tanto, ma che magari, se servite in determinati modi, possono finire per gradire ciò che gli viene servito.
Do una sufficienza, un 6+ per l'esattezza, ritenendo che, tutto sommato, tra alti e bassi, la serie sia riuscita a intrattenermi, lasciandomi curioso sul prosieguo della storia, seppur, a dirla tutta, avrei preferito che le vicende si concludessero in un’unica stagione.
P.S. Se non vi piace l’esempio del carciofo, siete liberi di sostituirlo con un altro vegetale a vostra scelta.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Diario dell'anime estivo
(Contiene gli spoiler per forza di cose, ma tranquilli, non ti rovina l'anime)
02/07
Ecco, ci proviamo, se riusciamo a vederci una serie anime anche quest'estate. Vediamo un po' di che anime stiamo parlando...
"Shinigami Bocchan to Kuro Maid"
...cosa? Bocchan?
...
Apri la bocchan, ahhhh!
...
No, va beh, scusatemi.
Aspetta che leggo i tag. Maid, nobiltà, streghe... mmh, andiamo male, male davvero; e non ho nemmeno visto l'anteprima. Sento già qualcosa dentro me che non annuncia nulla di buono.
Ah, ma è una serie attuale, proprio di questa stagione. Caspita, deve persino ancora cominciare...
Va beh, con il cuore pieno di falsissime speranze andiamo incontro a questa cosa. Dopotutto l'ultimo film che ho visto aveva come morale quella di non giudicare i libri dalle copertine, e insomma tutta quella storia lì di non basarsi sull'aspetto delle cose, di non fermarsi alle prime impressioni e bla bla bla...
Però, insomma, se questa è solo la copertina, intanto la prima pagina è già compromessa, poi vediamo. Anzi, vedremo, siccome deve appunto ancora iniziare.
Io poi non sono mica abituato a questo ritmo, il vedere anime in contemporanea, intendo. Mi sa che lascerò trascorrere almeno un paio di episodi, altrimenti guardo il primo e poi dopo una settimana non mi ricordo nemmeno più i nomi dei personaggi.
Mio caro diario, ci aggiorniamo a tempo debito.
(Maid... ma come si fa? I Giapponesi sono proprio dei fissati)
10/08 (Episodi 01 - 03)
Sono un genio premonitore! Pensavo fosse pessimo, ed è esattamente così.
Ok, non posso spingermi troppo oltre, siccome ho visto solo i primi tre episodi (che praticamente sono i primi cinque minuti messi in loop con scenari differenti), ma per ora l'anime ha da offrire solo una generosa incoerenza, e una stucchevole piccantezza da bassa lega.
Dai su, diario, rendiamoci conto che questa è solo robetta inutile, fatta per riempire i palinsesti. La storiella del 'mi piaci, ma non ci possiamo toccare perchè bla bla bla...' sta in piedi per tre secondi. Che poi, scusa, tre episodi, quindi un'ora di anime, sessanta minuti di orologio, e questo non si è ancora chiesto una 'cippa'... Cerchiamo di capire qualcosa su questa maledizione, maledizione (per favore diario, nota il gioco di parole). O aspettiamo che cresce, pardon, muore l'erba?
Fammi capire qualcosa. Diamo un futuro a questa coppia di testimonial di eyeliner. La scena più 'eccitante' di tutto il primo arco è stata il ballo folk nella città, ed è tutto dire (ok, la batteria e il violino che facevano girare i pezzi non esistevano, ma dai, sono piccolezze, non badiamo ai dettagli).
Però una cosa me la devono spiegare, visto che ci insistono molto su questa cosa che tutto ciò che 'il signorino' (il pensiero vola al nostrano Young Signorino in un attimo) tocca muore: perché, quando casca dall'albero, l'erba non muore? Qui ci sono gli estremi per una discriminazione in piena regola.
Va beh, diario, per oggi ne ho viste abbastanza. Ci aggiorniamo tra un po' con altri tre episodi. Sono sicuro che possiamo cadere molto in basso con questo titolo.
08/09 (Episodi 04 - 06)
Continuano i siparietti piccanti e ormai monocromatici, ma nonostante tutto la storia inizia a proseguire e alcuni legami iniziano a intrecciarsi (non ovviamente per merito dei due protagonisti).
I nostri 'eyelinerz' ci danno finalmente prova di come la neve sia fredda e di come sia salutare fare il pupazzo di neve subito dopo aver passato la notte con il raffreddore, consigliato da tutti i medici di "ER medici in prima linea" ("Tu lo fai il pupazzo di neve?" Cit.). Oppure di come Alice rammendi il vestito di Caph, ma ahimè non riesca a ricucire il suo. Tanto, cara mia signorinella, stai in una baracca grande come un box, al freddo, e hai due vestiti in 'croce'; se uno è ricucito, non è che ci fai brutta figura. Ma queste sono solo due delle tante stravaganze di cose che devono accadere, e quindi le mettiamo in un certo punto dell'anime perché sì, anche se non ha senso metterle lì.
In generale il ritmo finora si direbbe, diciamo, inconcludente. Sì, è vero, iniziano a succedere cose al nostro maledetto signorino, ma, e questo è il punto, dopo sei episodi non me ne frega quasi più nulla di YS. (posso chiamarlo YS. d'ora in poi, diario? Per semplificare...).
Ogni cosa che avviene, avviene perché sì. Non ci sono causa ed effetto, non c'è volontà in questo trascorso, e ormai siamo a metà serie. Oppure i Giapponesi vogliono fare come al solito, che fanno degli anime inutili con gli ultimi due episodi sufficienti per chiudere in bellezza? No, eh, non mi fregate cosi.
Quindi, diario, tirando le somme di questi successivi tre episodi, continua a rimanere una serie pessima; riusciranno i nostri eroi a cambiare il destino di una serie già altamente compromessa come questa?
Come di consueto, lo scopriremo nelle prossime puntate.
07/10 (Episodi 07 - 09)
Sì, lo so, diario, che è passato un mese e ormai ho iniziato questa serie tre mesi fa, ma cosa ci posso fare io se è invitante come una bastonata?
E questi tre episodi cosa mi stanno a dire? Ma se il libro nero fosse stato il Death Note... ah, quello sì che sarebbe stato un finale incredibile. Avrebbe risolto in modo imperativo tutta la serie, con un colpo di scena da manuale, tra l'altro.
E invece cosa? Ci mettono una seconda serie.
Così, di punto in bianco. Tac. Senza chiedere il permesso. Eh! Volevi...?
Ci vuole coraggio anche a guardare una seconda serie di questo anime.
Dolcino il siparietto del (re)incontro tra i due, ma troppo, troppo melenso, e rimane comunque il punto più alto di questi tre episodi. Tra una canzoncina di Natale, siparietti nonsense pessimi che stonano nel complesso della serie e nuovi personaggi di basso spessore, non ce la faccio a guardare ai tre prossimi episodio in modo fiducioso.
Ma ormai è una questione di principio. Ti finirò Young Signorino, questa è una promessa.
E magari ti passa anche 'sta 'cacchio' di maledizione.
No, vedrai che non ti passa. Se no cosa la fanno a fare la seconda stagione?
21/10 (Episodi 10 - 12)
Scusa diario, se l'ultima volta ho scritto poco, ma mancavano tre episodi, e non potevo scrivere.
Ma ora posso scrivere...
È finita!
Il nulla. Questa serie è il nulla.
A parte il fatto che aver annunciato una seconda stagione ti preclude dal dover far finire la prima, quindi davvero non finisce manco per niente.
Ma per me la visione termina qui.
Scusate, ma questa stucchevolezza è ridondante per me. Tutto l'anime è irreale, e non pretendo una verosimiglianza alla realtà, ma un minimo di attendibilità sì.
Non esiste una volontà, un fine, esiste la stasi di questa villa in cui sembra succedere di tutto, ma non succede niente. Siccome l'anime praticamente finisce come inizia.
E inoltre, tutti i "misteri" lasciati irrisolti davvero non mi viene nemmeno la voglia di risolverli. Non sono più misteri, sono cose lasciate lì, ma che ti dimentichi quasi subito, perché tanto il punto dell'anime è un altro. Quale sia il punto non lo so, non chiedetelo a me, io sono ancora qui a domandarmi che cavolo ho appena finito di vedere.
Non incuriosisce, non intrattiene, non fa ridere, non esalta, non emoziona, non fa paura, non rallegra, non trasmette emozioni. Emozioni che, volendo, ci sono, ma affidate a un'anime che più di tutto deficita in credibilità e coerenza.
E non rifugiamoci dietro a un finale che sembra quasi scollegato dalla serie vista finora. Facile deviare la trama e andare a parare su altri temi come gli obblighi nobiliari. Nah, nah, qui non me la raccontano giusta, caro diario, non possono nascondersi e dire: "Eh, ma c'è la crescita dei personaggi, e la maturazione...", col cavolo.
Young Signorino rimane young.
Immaginati diario per favore il finale di questo scritto con me che mi alzo dalla sedia, gettando la penna sulla scrivania con fare insolente, ti volto le spalle ed esco sbattendo la porta.
"Shinigami Bocchan to Kuro Maid", per me è no.
Diario dell'anime estivo
(Contiene gli spoiler per forza di cose, ma tranquilli, non ti rovina l'anime)
02/07
Ecco, ci proviamo, se riusciamo a vederci una serie anime anche quest'estate. Vediamo un po' di che anime stiamo parlando...
"Shinigami Bocchan to Kuro Maid"
...cosa? Bocchan?
...
Apri la bocchan, ahhhh!
...
No, va beh, scusatemi.
Aspetta che leggo i tag. Maid, nobiltà, streghe... mmh, andiamo male, male davvero; e non ho nemmeno visto l'anteprima. Sento già qualcosa dentro me che non annuncia nulla di buono.
Ah, ma è una serie attuale, proprio di questa stagione. Caspita, deve persino ancora cominciare...
Va beh, con il cuore pieno di falsissime speranze andiamo incontro a questa cosa. Dopotutto l'ultimo film che ho visto aveva come morale quella di non giudicare i libri dalle copertine, e insomma tutta quella storia lì di non basarsi sull'aspetto delle cose, di non fermarsi alle prime impressioni e bla bla bla...
Però, insomma, se questa è solo la copertina, intanto la prima pagina è già compromessa, poi vediamo. Anzi, vedremo, siccome deve appunto ancora iniziare.
Io poi non sono mica abituato a questo ritmo, il vedere anime in contemporanea, intendo. Mi sa che lascerò trascorrere almeno un paio di episodi, altrimenti guardo il primo e poi dopo una settimana non mi ricordo nemmeno più i nomi dei personaggi.
Mio caro diario, ci aggiorniamo a tempo debito.
(Maid... ma come si fa? I Giapponesi sono proprio dei fissati)
10/08 (Episodi 01 - 03)
Sono un genio premonitore! Pensavo fosse pessimo, ed è esattamente così.
Ok, non posso spingermi troppo oltre, siccome ho visto solo i primi tre episodi (che praticamente sono i primi cinque minuti messi in loop con scenari differenti), ma per ora l'anime ha da offrire solo una generosa incoerenza, e una stucchevole piccantezza da bassa lega.
Dai su, diario, rendiamoci conto che questa è solo robetta inutile, fatta per riempire i palinsesti. La storiella del 'mi piaci, ma non ci possiamo toccare perchè bla bla bla...' sta in piedi per tre secondi. Che poi, scusa, tre episodi, quindi un'ora di anime, sessanta minuti di orologio, e questo non si è ancora chiesto una 'cippa'... Cerchiamo di capire qualcosa su questa maledizione, maledizione (per favore diario, nota il gioco di parole). O aspettiamo che cresce, pardon, muore l'erba?
Fammi capire qualcosa. Diamo un futuro a questa coppia di testimonial di eyeliner. La scena più 'eccitante' di tutto il primo arco è stata il ballo folk nella città, ed è tutto dire (ok, la batteria e il violino che facevano girare i pezzi non esistevano, ma dai, sono piccolezze, non badiamo ai dettagli).
Però una cosa me la devono spiegare, visto che ci insistono molto su questa cosa che tutto ciò che 'il signorino' (il pensiero vola al nostrano Young Signorino in un attimo) tocca muore: perché, quando casca dall'albero, l'erba non muore? Qui ci sono gli estremi per una discriminazione in piena regola.
Va beh, diario, per oggi ne ho viste abbastanza. Ci aggiorniamo tra un po' con altri tre episodi. Sono sicuro che possiamo cadere molto in basso con questo titolo.
08/09 (Episodi 04 - 06)
Continuano i siparietti piccanti e ormai monocromatici, ma nonostante tutto la storia inizia a proseguire e alcuni legami iniziano a intrecciarsi (non ovviamente per merito dei due protagonisti).
I nostri 'eyelinerz' ci danno finalmente prova di come la neve sia fredda e di come sia salutare fare il pupazzo di neve subito dopo aver passato la notte con il raffreddore, consigliato da tutti i medici di "ER medici in prima linea" ("Tu lo fai il pupazzo di neve?" Cit.). Oppure di come Alice rammendi il vestito di Caph, ma ahimè non riesca a ricucire il suo. Tanto, cara mia signorinella, stai in una baracca grande come un box, al freddo, e hai due vestiti in 'croce'; se uno è ricucito, non è che ci fai brutta figura. Ma queste sono solo due delle tante stravaganze di cose che devono accadere, e quindi le mettiamo in un certo punto dell'anime perché sì, anche se non ha senso metterle lì.
In generale il ritmo finora si direbbe, diciamo, inconcludente. Sì, è vero, iniziano a succedere cose al nostro maledetto signorino, ma, e questo è il punto, dopo sei episodi non me ne frega quasi più nulla di YS. (posso chiamarlo YS. d'ora in poi, diario? Per semplificare...).
Ogni cosa che avviene, avviene perché sì. Non ci sono causa ed effetto, non c'è volontà in questo trascorso, e ormai siamo a metà serie. Oppure i Giapponesi vogliono fare come al solito, che fanno degli anime inutili con gli ultimi due episodi sufficienti per chiudere in bellezza? No, eh, non mi fregate cosi.
Quindi, diario, tirando le somme di questi successivi tre episodi, continua a rimanere una serie pessima; riusciranno i nostri eroi a cambiare il destino di una serie già altamente compromessa come questa?
Come di consueto, lo scopriremo nelle prossime puntate.
07/10 (Episodi 07 - 09)
Sì, lo so, diario, che è passato un mese e ormai ho iniziato questa serie tre mesi fa, ma cosa ci posso fare io se è invitante come una bastonata?
E questi tre episodi cosa mi stanno a dire? Ma se il libro nero fosse stato il Death Note... ah, quello sì che sarebbe stato un finale incredibile. Avrebbe risolto in modo imperativo tutta la serie, con un colpo di scena da manuale, tra l'altro.
E invece cosa? Ci mettono una seconda serie.
Così, di punto in bianco. Tac. Senza chiedere il permesso. Eh! Volevi...?
Ci vuole coraggio anche a guardare una seconda serie di questo anime.
Dolcino il siparietto del (re)incontro tra i due, ma troppo, troppo melenso, e rimane comunque il punto più alto di questi tre episodi. Tra una canzoncina di Natale, siparietti nonsense pessimi che stonano nel complesso della serie e nuovi personaggi di basso spessore, non ce la faccio a guardare ai tre prossimi episodio in modo fiducioso.
Ma ormai è una questione di principio. Ti finirò Young Signorino, questa è una promessa.
E magari ti passa anche 'sta 'cacchio' di maledizione.
No, vedrai che non ti passa. Se no cosa la fanno a fare la seconda stagione?
21/10 (Episodi 10 - 12)
Scusa diario, se l'ultima volta ho scritto poco, ma mancavano tre episodi, e non potevo scrivere.
Ma ora posso scrivere...
È finita!
Il nulla. Questa serie è il nulla.
A parte il fatto che aver annunciato una seconda stagione ti preclude dal dover far finire la prima, quindi davvero non finisce manco per niente.
Ma per me la visione termina qui.
Scusate, ma questa stucchevolezza è ridondante per me. Tutto l'anime è irreale, e non pretendo una verosimiglianza alla realtà, ma un minimo di attendibilità sì.
Non esiste una volontà, un fine, esiste la stasi di questa villa in cui sembra succedere di tutto, ma non succede niente. Siccome l'anime praticamente finisce come inizia.
E inoltre, tutti i "misteri" lasciati irrisolti davvero non mi viene nemmeno la voglia di risolverli. Non sono più misteri, sono cose lasciate lì, ma che ti dimentichi quasi subito, perché tanto il punto dell'anime è un altro. Quale sia il punto non lo so, non chiedetelo a me, io sono ancora qui a domandarmi che cavolo ho appena finito di vedere.
Non incuriosisce, non intrattiene, non fa ridere, non esalta, non emoziona, non fa paura, non rallegra, non trasmette emozioni. Emozioni che, volendo, ci sono, ma affidate a un'anime che più di tutto deficita in credibilità e coerenza.
E non rifugiamoci dietro a un finale che sembra quasi scollegato dalla serie vista finora. Facile deviare la trama e andare a parare su altri temi come gli obblighi nobiliari. Nah, nah, qui non me la raccontano giusta, caro diario, non possono nascondersi e dire: "Eh, ma c'è la crescita dei personaggi, e la maturazione...", col cavolo.
Young Signorino rimane young.
Immaginati diario per favore il finale di questo scritto con me che mi alzo dalla sedia, gettando la penna sulla scrivania con fare insolente, ti volto le spalle ed esco sbattendo la porta.
"Shinigami Bocchan to Kuro Maid", per me è no.
È la prima cosa che incontri quando inizi un nuovo anime, quindi parliamo della sigla iniziale. Non dimenticabile, purtroppo. Nel senso che vorrei proprio poterla dimenticare, ma non ci riesco. Le vocine gnè gnè mi perseguiteranno negli incubi futuri fin nella tomba. In compenso, almeno l’ending è abbastanza carina. Piccole grazie.
Cosa dire, cosa dire... È un anime? Parliamo dei disegni. Siamo un pelo sopra gli “Scooby-Doo” di antica memoria, e anche le animazioni sono minimaliste. Non sarebbe grave, in fondo ci sono tante ottime opere con disegni e animazioni anche più scarni, e funzionano benissimo, perché hanno un’idea di fondo interessante. Con uno svolgimento non eccessivamente ripetitivo, riescono magari ad ispirare simpatia nei confronti dei personaggi e delle loro vicende, sviluppando una trama convincente e avvincente. Già. Tutte cose che qui, a modestissimo parere della sottoscritta, mancano a palate. È una serie fatta veramente con le scarpe.
Se il primo episodio può essere gradevole, simpatico e carino, con le sue frecciatine osé, mentre facciamo conoscenza dei personaggi principali, già dal secondo il fanservice ossessivo e fine a sé stesso diventa irritante. Non nascondiamoci dietro un dito: sono arrivata a finire la settima puntata, e quello che ho scoperto, in termini di trama, può essere riassunto in tre righe.
Un giovanissimo nobile, maledetto da una strega, uccide ogni essere vivente tocchi. La famiglia pare volere che erediti il fratello minore e lo isola in un palazzo col maggiordomo Rob e la cameriera Alice, che lo provoca notte e giorno con le sue nudità. Cercheranno di scoprire come liberarsi della maledizione.
Ok, poi ci sono diversi riempitivi quasi inutili consistenti in una sorellina infatuata del vecchio maggiordomo, streghe buone che li portano a un cosiddetto sabba per scoprire qualcosa della maledizione, un fratellino per ora praticamente muto e una madre che trama per farlo ereditare. Padre non pervenuto. Ah, e un gatto nero. Ma la noia regna sovrana! Ci sono episodi interi in cui non succede assolutamente nulla a parte le ennesime provocazioni della cameriera discinta, e quelli in cui succede qualcosa - ma proprio qualcosa, eh! - sono interessanti come un ferro da stiro in estate. Insomma, se “Scooby-Doo” fosse un pelo più sexy, sarebbe più o meno così. Sembra di vedere una serie di OVA extra post-serie principale. Solo che la serie principale sarebbe questa qui.
È un vero peccato, perché ci sono invece alcuni momenti romantici molto teneri, e il prevedibile sconforto del signorino genera momenti di malinconia abbastanza empatici. Purtroppo, però, il tutto è annegato da tonnellate di situazioni fastidiose, sorelline con le caldane per i vecchi ‘rebecucchi’, cosce burrose a sproposito, latterie al vento e provocazioni gratuite, con annessi rossori del povero duchino. Non dimentichiamo poi l’aggressione che le nostre povere orecchie subiscono ogni volta che Alice, e peggio ancora la sorellina, aprono bocca. Intollerabile. Per fortuna, almeno il signorino è stato dotato di una voce molto gradevole.
Non ce l’ho fatta. Nemmeno a scopo di completa recensione sono riuscita a finire questa che reputo una solenne boiata e una criminale perdita del mio tempo. Chissà, magari diventa un capolavoro a partire dall’ottavo episodio. Mi sono persa qualcosa di magnifico? Non credo. E comunque, un’opera non può contare oltre un certo limite sulla sopportazione degli spettatori, per sparare tutte le sue eventuali cartucce nel finale. Bisogna poterci arrivare, al finale. Oltre ai giochini finto erotici triti e ritriti, deve offrire altro, molto altro, altrimenti tutto è noia e irritazione.
Peccato. Le premesse erano carine, sarebbe stato molto più godibile se condotto in maniera diversa. Un’occasione veramente sprecata. Tra l’altro, vengo pure a sapere che non è nemmeno concluso, e ci sarà una seconda stagione.
È proprio vero che al peggio non c’è mai fine.
Cosa dire, cosa dire... È un anime? Parliamo dei disegni. Siamo un pelo sopra gli “Scooby-Doo” di antica memoria, e anche le animazioni sono minimaliste. Non sarebbe grave, in fondo ci sono tante ottime opere con disegni e animazioni anche più scarni, e funzionano benissimo, perché hanno un’idea di fondo interessante. Con uno svolgimento non eccessivamente ripetitivo, riescono magari ad ispirare simpatia nei confronti dei personaggi e delle loro vicende, sviluppando una trama convincente e avvincente. Già. Tutte cose che qui, a modestissimo parere della sottoscritta, mancano a palate. È una serie fatta veramente con le scarpe.
Se il primo episodio può essere gradevole, simpatico e carino, con le sue frecciatine osé, mentre facciamo conoscenza dei personaggi principali, già dal secondo il fanservice ossessivo e fine a sé stesso diventa irritante. Non nascondiamoci dietro un dito: sono arrivata a finire la settima puntata, e quello che ho scoperto, in termini di trama, può essere riassunto in tre righe.
Un giovanissimo nobile, maledetto da una strega, uccide ogni essere vivente tocchi. La famiglia pare volere che erediti il fratello minore e lo isola in un palazzo col maggiordomo Rob e la cameriera Alice, che lo provoca notte e giorno con le sue nudità. Cercheranno di scoprire come liberarsi della maledizione.
Ok, poi ci sono diversi riempitivi quasi inutili consistenti in una sorellina infatuata del vecchio maggiordomo, streghe buone che li portano a un cosiddetto sabba per scoprire qualcosa della maledizione, un fratellino per ora praticamente muto e una madre che trama per farlo ereditare. Padre non pervenuto. Ah, e un gatto nero. Ma la noia regna sovrana! Ci sono episodi interi in cui non succede assolutamente nulla a parte le ennesime provocazioni della cameriera discinta, e quelli in cui succede qualcosa - ma proprio qualcosa, eh! - sono interessanti come un ferro da stiro in estate. Insomma, se “Scooby-Doo” fosse un pelo più sexy, sarebbe più o meno così. Sembra di vedere una serie di OVA extra post-serie principale. Solo che la serie principale sarebbe questa qui.
È un vero peccato, perché ci sono invece alcuni momenti romantici molto teneri, e il prevedibile sconforto del signorino genera momenti di malinconia abbastanza empatici. Purtroppo, però, il tutto è annegato da tonnellate di situazioni fastidiose, sorelline con le caldane per i vecchi ‘rebecucchi’, cosce burrose a sproposito, latterie al vento e provocazioni gratuite, con annessi rossori del povero duchino. Non dimentichiamo poi l’aggressione che le nostre povere orecchie subiscono ogni volta che Alice, e peggio ancora la sorellina, aprono bocca. Intollerabile. Per fortuna, almeno il signorino è stato dotato di una voce molto gradevole.
Non ce l’ho fatta. Nemmeno a scopo di completa recensione sono riuscita a finire questa che reputo una solenne boiata e una criminale perdita del mio tempo. Chissà, magari diventa un capolavoro a partire dall’ottavo episodio. Mi sono persa qualcosa di magnifico? Non credo. E comunque, un’opera non può contare oltre un certo limite sulla sopportazione degli spettatori, per sparare tutte le sue eventuali cartucce nel finale. Bisogna poterci arrivare, al finale. Oltre ai giochini finto erotici triti e ritriti, deve offrire altro, molto altro, altrimenti tutto è noia e irritazione.
Peccato. Le premesse erano carine, sarebbe stato molto più godibile se condotto in maniera diversa. Un’occasione veramente sprecata. Tra l’altro, vengo pure a sapere che non è nemmeno concluso, e ci sarà una seconda stagione.
È proprio vero che al peggio non c’è mai fine.
“Riesci a immaginare una vita dove non puoi toccare la tua amata neanche con un dito?
Nel linguaggio dei fiori, una rosa bianca appassita significa una promessa eterna”.
Poteva essere l’incipit di una storia drammatica e coinvolgente, invece si rivela il preambolo di qualcosa d’incompiuto, incompleto, a sprazzi irritante, a tratti deludente, nonostante la capacità di emozionare e addirittura commuovere in alcuni, sparuti frangenti.
In tutta onestà, il quadro generale non appare così negativo: tutto comincia con fondali acquarellati, un retrogusto di tenue pastello, un “falso gotico” cromaticamente deciso e marcato, avvolto da una notte di luna piena che viaggia su eleganti, malinconiche note di pianoforte che s’accingono a raccontarci una storia apparentemente onirica, quasi fiabesca, ma che verrà tremendamente sciupata da minuti e minuti di inutile, insopportabile fanservice.
Come preannunciato, i fondali sono davvero il pezzo forte del prodotto.
Suggestivi, trascinanti, ci portano all’interno della storia creando atmosfere magicamente attraenti, che andranno inevitabilmente a cozzare con l’appeal visivo dei personaggi (così come tutti gli oggetti presenti nella maggior parte dei primi piani), animati in grafica digitale 3D, quasi mai all’altezza della squisitezza artistica di ciò che li circonda; animazioni digitali incapaci di fondersi con l’ambiente tranne che in rarissimi casi, talvolta addirittura fastidiose nei loro movimenti innaturali, ripetitivi, burattineschi. Anche se non è tutto oro ciò che qui sembra luccicare, la valutazione totale per quanto riguarda il versante tecnico non è affatto una bocciatura: l’amalgama riesce per metà, ove il bicchiere mezzo vuoto si manifesta nell’inevitabile differenza tecnica sopracitata, a cui ci si abitua con qualche difficoltà, soprattutto nelle prime battute dell’anime.
Dopo un’opening smielata, anonima e piuttosto insulsa che fa da apripista a un incipit quasi incomprensibile nella sua strana (?) maliziosità, facciamo conoscenza con la famigerata “domestica diabolica”, che di diabolico non ha nulla a parte la surreale misura del seno: l’ennesima biondona maggiorata, estremamente mansueta, sub-accondiscendente in vesti maid dark-gotic (Alice il suo nome, ma che fantasia), quintessenza del fanservice sublimato allo stato puro, personaggio che pecca totalmente di originalità, sebbene risulti gradevole, simpatica e sproporzionata. Una sua funzione, ad ogni modo, Alice ce l’ha eccome: il protagonista (che non viene mai nominato per nome, se non come “signorino”/bocchan), avendo contratto una terribile maledizione a causa di una strega per cui ogni cosa vivente che tocca finisce per morire deperendo all’istante (agghiacciante!), si è imposto di evitare ogni contatto fisico con qualsiasi creatura che lo circondi; compito funesto sarà dover evitare anche solo di sfiorare la morbida e prosperosa domestica, il tutto in un susseguirsi di gag talmente banali e scontate che, sebbene inizialmente possano strappare un paio di sorrisi, a lungo andare risulteranno noiose, fino a risultare decisamente irritanti.
La cosa (davvero) buffa è che Alice conosce benissimo codesta maledizione, e sa che potrebbe morire all’istante se venisse sfiorata dal signorino, eppure, sfrontatamente, incoscientemente - e, diciamolo, stupidamente -, provoca con costante malizia e con ogni metodo possibile il giovine altolocato, che, guidato da fiera rettitudine, combattendo a spada tratta i propri ormoni che suggeriscono ben altro, tiene coraggiosamente a distanza la domestica tentatrice. Spregiudicata, scriteriata e incosciente nell’avvicinarsi spesso e troppo al suo volto: Alice sembra fregarsene. Questo, chiaramente, ci fa sorgere più di un dubbio... la procace bionda ci fa, ci è, o c’è qualcosa che non sappiamo?
Nonostante un inizio blando e ricco di humor da quattro soldi, nella seconda metà del primo episodio l’atmosfera generale riesce a cambiare radicalmente faccia, con un improvviso risvolto abbastanza drammatico (!) e, perché no, malinconico, tanto da riportare l’attenzione dello spettatore sui giusti binari.
Se si osserva il tutto da un punto di vista più realistico e coerente, elementi come lo struggersi del signorino a causa della solitudine, le atmosfere alla “Edward mani di forbice”, il dilemma del porcospino - inevitabile e non voluto -, il chiudersi a riccio desiderando amore ma pungendo involontariamente chiunque abbia l’ardire di avvicinarsi, riescono a rendere più corposo, tangibile e drammatico lo strazio della suddetta maledizione: “non potrai amare né essere amato, nessuno potrai toccare e nessuno ti toccherà mai più”.
Avete mai pensato a quanto possa essere crudele dover rinunciare a qualsiasi contatto umano? Rinunciare al calore delle persone, al tocco, sia confortevole sia violento che divertente; come si può trascorrere una vita totalmente isolata da qualsiasi contatto coi propri simili o con tutto ciò che è caldo e vivo?
Quanto può essere orrendo vedere morire e appassire ogni cosa che si sfiori?
Il signorino è innamorato di Alice, pare evidente sin da subito. Presentata come una storia frivola e dedicata solo a strappare sorrisi di plastica con sequenze comiche di dubbia qualità, in realtà la serie nasconde ottime potenzialità che purtroppo non vengono quasi mai a galla, ma che incuriosiscono sin da subito e potrebbero invogliare a conoscerne il seguito.
Ambientata in un tardo milleottocento e accompagnata da una colonna sonora quasi completamente composta al pianoforte (strumento di cui il signorino è fine conoscitore), la trama si sviluppa con molta, troppa lentezza, mentre l’occhio, con pazienza, riesce ad ammorbidire il contrasto estetico fra animazioni digitali e fondali dark-naif, facendo risultare il connubio più accettabile con il trascorrere degli episodi. Lo stesso accade (fortunatamente) per lo svolgersi degli eventi, che, sebbene vengano odiosamente centellinati - dapprima un collage di battute da Zelig di seconda serata, banali, a tratti “cringe” -, emergono in ogni episodio, sempre più importanti, perni di narrazione che ci faranno comprendere il vero quadro della situazione.
Altra componente fondamentale e positiva del prodotto è l’introduzione di personaggi secondari decisamente riusciti e calamitanti - il maggiordomo Rob, Caph la strega e il suo compagno, per non parlare dei familiari del signorino, elementi discordanti, confusionari e molto importanti ai fini dell’intreccio.
Col passare degli episodi il livello migliora lentamente, e tutto assume un senso quantomeno più realistico (non del tutto, purtroppo: quanto rischiano le persone vicine al signorino? Consapevoli di quanto sia letale, si vuole costantemente giocare con la questione dello sfiorarsi, evitarsi all’ultimo, ma che senso ha forzare continuamente la mano su questo elemento? Che sciocchezza!). Accettiamo quindi di buon cuore d’assistere a una commedia romantica dai contorni fra il paranormale e il goliardico, e questo può anche andarci bene, ma, ragionando per fredda logica, chi mai rischierebbe davvero la vita in questo sciocco modo? Basterebbe inciampare, un movimento sbagliato, uno starnuto, un sussulto, e sarebbe tragedia. Non c’è niente di logico in una rappresentazione simile, né tantomeno realistico e istintivo, ma, in fondo, “Shinigami Bocchan no Kuro Maid” gioca volutamente su questi elementi per comunicarci un messaggio importante: si tratta di una grande metafora che suggerisce di non temere chi ci spaventa, di non allontanare chi è già emarginato, di dare una possibilità alle persone di cui non ci fidiamo. Non sempre il gesto deve venire dal prossimo, e sforzarsi di andare incontro a qualcuno non significa certo penalizzarsi o sminuirsi. Sono tematiche piuttosto chiare sin da subito, e che l’anime mette in atto soprattutto quando il signorino deve avere a che fare con la madre, figura egoista, severa e spietata, simbolo di quelle famiglie antiche, algide e integerrime, preistoria sociale rispetto al pensiero moderno comune.
Grazie a tali spunti decisamente interessanti la trama potrebbe finalmente decollare, invece l’aeroplano del signorino non prende mai il volo come vorremmo. L’immensa, eccessiva, inutile dose di fanservice pervade ogni cosa, si trascina noiosamente lungo tutta la serie e, nonostante la seconda metà (e soprattutto la fine) siano profondi e quasi commoventi, regalandoci un intreccio più solido e continuativo, le secchiate di umorismo scontato, ripetitivo e imbarazzante continuano senza sosta, lasciando troppo poco spazio a ciò che avremmo invece voluto sentire e vedere, cercare di capire.
Così, a conti fatti, dopo dodici episodi ad osservare lo strabordante seno digitale di Alice rimbalzare in modi fisicamente improbabili, ci si rende conto che sarebbe stato meglio dare molto più spazio alla risoluzione di diversi nodi di trama invece che ripetere decine di volte le solite, odiosissime gag pseudo-comiche. Tirando rapidamente le somme, la prima stagione finisce con un pugno di mosche, oltre che a qualche informazione decisamente importante e un paio di momenti molto toccanti, ma nulla più.
È chiaro che “Shinigami Bocchan no Kuro Maid” sia stato strutturato volutamente in questa maniera, e proprio per tale scelta narrativa, più che rammaricarmi per il poco spazio che i risvolti di trama riescono a trovare, mi scopro irritato e deluso, come se avessi perso metà del tempo di ogni episodio ad aspettare qualcosa di significativo.
Spesso, le scene più attese sono i camei post credit (non perdeteli, se decidete di vederlo), clip che divertono e, qualche volta, sorprendono o fanno riflettere.
Il finale possiede un bel crescendo dove si concentrano gli sparuti, essenziali elementi, rilevanti e sicuramente più intriganti di tutti i precedenti episodi. Siccome il plot è improntato su un ritmo tragicomico a tratti fra l’ecchi e il trash, non viene praticamente quasi mai sfruttato il fatto di quanto la maledizione del signorino sia potenzialmente, mostruosamente pericolosa e spaventosa. Lo si intuisce, ma mai viene esposta in modo davvero realistico: ci sarebbero decine di spunti per mettere in atto idee che possano creare situazioni di tensione assoluta, ma così come da copione si preferisce estrarre dal cilindro (del signorino?) una commediola irretita da una sotto-trama quasi-seria che penalizza l’eccellente idea di base.
La mia impressione finale è che tramite una condotta più seria e matura probabilmente saremmo di fronte a qualcosa di memorabile. I flashback degli episodi centrali racchiudono proprio questo genere di sensazioni, e infatti risultano i più affascinanti e coinvolgenti.
Su tali basi, non sentirò la mancanza della seconda stagione, né sarò interessato a conoscerne gli esiti.
Nel linguaggio dei fiori, una rosa bianca appassita significa una promessa eterna”.
Poteva essere l’incipit di una storia drammatica e coinvolgente, invece si rivela il preambolo di qualcosa d’incompiuto, incompleto, a sprazzi irritante, a tratti deludente, nonostante la capacità di emozionare e addirittura commuovere in alcuni, sparuti frangenti.
In tutta onestà, il quadro generale non appare così negativo: tutto comincia con fondali acquarellati, un retrogusto di tenue pastello, un “falso gotico” cromaticamente deciso e marcato, avvolto da una notte di luna piena che viaggia su eleganti, malinconiche note di pianoforte che s’accingono a raccontarci una storia apparentemente onirica, quasi fiabesca, ma che verrà tremendamente sciupata da minuti e minuti di inutile, insopportabile fanservice.
Come preannunciato, i fondali sono davvero il pezzo forte del prodotto.
Suggestivi, trascinanti, ci portano all’interno della storia creando atmosfere magicamente attraenti, che andranno inevitabilmente a cozzare con l’appeal visivo dei personaggi (così come tutti gli oggetti presenti nella maggior parte dei primi piani), animati in grafica digitale 3D, quasi mai all’altezza della squisitezza artistica di ciò che li circonda; animazioni digitali incapaci di fondersi con l’ambiente tranne che in rarissimi casi, talvolta addirittura fastidiose nei loro movimenti innaturali, ripetitivi, burattineschi. Anche se non è tutto oro ciò che qui sembra luccicare, la valutazione totale per quanto riguarda il versante tecnico non è affatto una bocciatura: l’amalgama riesce per metà, ove il bicchiere mezzo vuoto si manifesta nell’inevitabile differenza tecnica sopracitata, a cui ci si abitua con qualche difficoltà, soprattutto nelle prime battute dell’anime.
Dopo un’opening smielata, anonima e piuttosto insulsa che fa da apripista a un incipit quasi incomprensibile nella sua strana (?) maliziosità, facciamo conoscenza con la famigerata “domestica diabolica”, che di diabolico non ha nulla a parte la surreale misura del seno: l’ennesima biondona maggiorata, estremamente mansueta, sub-accondiscendente in vesti maid dark-gotic (Alice il suo nome, ma che fantasia), quintessenza del fanservice sublimato allo stato puro, personaggio che pecca totalmente di originalità, sebbene risulti gradevole, simpatica e sproporzionata. Una sua funzione, ad ogni modo, Alice ce l’ha eccome: il protagonista (che non viene mai nominato per nome, se non come “signorino”/bocchan), avendo contratto una terribile maledizione a causa di una strega per cui ogni cosa vivente che tocca finisce per morire deperendo all’istante (agghiacciante!), si è imposto di evitare ogni contatto fisico con qualsiasi creatura che lo circondi; compito funesto sarà dover evitare anche solo di sfiorare la morbida e prosperosa domestica, il tutto in un susseguirsi di gag talmente banali e scontate che, sebbene inizialmente possano strappare un paio di sorrisi, a lungo andare risulteranno noiose, fino a risultare decisamente irritanti.
La cosa (davvero) buffa è che Alice conosce benissimo codesta maledizione, e sa che potrebbe morire all’istante se venisse sfiorata dal signorino, eppure, sfrontatamente, incoscientemente - e, diciamolo, stupidamente -, provoca con costante malizia e con ogni metodo possibile il giovine altolocato, che, guidato da fiera rettitudine, combattendo a spada tratta i propri ormoni che suggeriscono ben altro, tiene coraggiosamente a distanza la domestica tentatrice. Spregiudicata, scriteriata e incosciente nell’avvicinarsi spesso e troppo al suo volto: Alice sembra fregarsene. Questo, chiaramente, ci fa sorgere più di un dubbio... la procace bionda ci fa, ci è, o c’è qualcosa che non sappiamo?
Nonostante un inizio blando e ricco di humor da quattro soldi, nella seconda metà del primo episodio l’atmosfera generale riesce a cambiare radicalmente faccia, con un improvviso risvolto abbastanza drammatico (!) e, perché no, malinconico, tanto da riportare l’attenzione dello spettatore sui giusti binari.
Se si osserva il tutto da un punto di vista più realistico e coerente, elementi come lo struggersi del signorino a causa della solitudine, le atmosfere alla “Edward mani di forbice”, il dilemma del porcospino - inevitabile e non voluto -, il chiudersi a riccio desiderando amore ma pungendo involontariamente chiunque abbia l’ardire di avvicinarsi, riescono a rendere più corposo, tangibile e drammatico lo strazio della suddetta maledizione: “non potrai amare né essere amato, nessuno potrai toccare e nessuno ti toccherà mai più”.
Avete mai pensato a quanto possa essere crudele dover rinunciare a qualsiasi contatto umano? Rinunciare al calore delle persone, al tocco, sia confortevole sia violento che divertente; come si può trascorrere una vita totalmente isolata da qualsiasi contatto coi propri simili o con tutto ciò che è caldo e vivo?
Quanto può essere orrendo vedere morire e appassire ogni cosa che si sfiori?
Il signorino è innamorato di Alice, pare evidente sin da subito. Presentata come una storia frivola e dedicata solo a strappare sorrisi di plastica con sequenze comiche di dubbia qualità, in realtà la serie nasconde ottime potenzialità che purtroppo non vengono quasi mai a galla, ma che incuriosiscono sin da subito e potrebbero invogliare a conoscerne il seguito.
Ambientata in un tardo milleottocento e accompagnata da una colonna sonora quasi completamente composta al pianoforte (strumento di cui il signorino è fine conoscitore), la trama si sviluppa con molta, troppa lentezza, mentre l’occhio, con pazienza, riesce ad ammorbidire il contrasto estetico fra animazioni digitali e fondali dark-naif, facendo risultare il connubio più accettabile con il trascorrere degli episodi. Lo stesso accade (fortunatamente) per lo svolgersi degli eventi, che, sebbene vengano odiosamente centellinati - dapprima un collage di battute da Zelig di seconda serata, banali, a tratti “cringe” -, emergono in ogni episodio, sempre più importanti, perni di narrazione che ci faranno comprendere il vero quadro della situazione.
Altra componente fondamentale e positiva del prodotto è l’introduzione di personaggi secondari decisamente riusciti e calamitanti - il maggiordomo Rob, Caph la strega e il suo compagno, per non parlare dei familiari del signorino, elementi discordanti, confusionari e molto importanti ai fini dell’intreccio.
Col passare degli episodi il livello migliora lentamente, e tutto assume un senso quantomeno più realistico (non del tutto, purtroppo: quanto rischiano le persone vicine al signorino? Consapevoli di quanto sia letale, si vuole costantemente giocare con la questione dello sfiorarsi, evitarsi all’ultimo, ma che senso ha forzare continuamente la mano su questo elemento? Che sciocchezza!). Accettiamo quindi di buon cuore d’assistere a una commedia romantica dai contorni fra il paranormale e il goliardico, e questo può anche andarci bene, ma, ragionando per fredda logica, chi mai rischierebbe davvero la vita in questo sciocco modo? Basterebbe inciampare, un movimento sbagliato, uno starnuto, un sussulto, e sarebbe tragedia. Non c’è niente di logico in una rappresentazione simile, né tantomeno realistico e istintivo, ma, in fondo, “Shinigami Bocchan no Kuro Maid” gioca volutamente su questi elementi per comunicarci un messaggio importante: si tratta di una grande metafora che suggerisce di non temere chi ci spaventa, di non allontanare chi è già emarginato, di dare una possibilità alle persone di cui non ci fidiamo. Non sempre il gesto deve venire dal prossimo, e sforzarsi di andare incontro a qualcuno non significa certo penalizzarsi o sminuirsi. Sono tematiche piuttosto chiare sin da subito, e che l’anime mette in atto soprattutto quando il signorino deve avere a che fare con la madre, figura egoista, severa e spietata, simbolo di quelle famiglie antiche, algide e integerrime, preistoria sociale rispetto al pensiero moderno comune.
Grazie a tali spunti decisamente interessanti la trama potrebbe finalmente decollare, invece l’aeroplano del signorino non prende mai il volo come vorremmo. L’immensa, eccessiva, inutile dose di fanservice pervade ogni cosa, si trascina noiosamente lungo tutta la serie e, nonostante la seconda metà (e soprattutto la fine) siano profondi e quasi commoventi, regalandoci un intreccio più solido e continuativo, le secchiate di umorismo scontato, ripetitivo e imbarazzante continuano senza sosta, lasciando troppo poco spazio a ciò che avremmo invece voluto sentire e vedere, cercare di capire.
Così, a conti fatti, dopo dodici episodi ad osservare lo strabordante seno digitale di Alice rimbalzare in modi fisicamente improbabili, ci si rende conto che sarebbe stato meglio dare molto più spazio alla risoluzione di diversi nodi di trama invece che ripetere decine di volte le solite, odiosissime gag pseudo-comiche. Tirando rapidamente le somme, la prima stagione finisce con un pugno di mosche, oltre che a qualche informazione decisamente importante e un paio di momenti molto toccanti, ma nulla più.
È chiaro che “Shinigami Bocchan no Kuro Maid” sia stato strutturato volutamente in questa maniera, e proprio per tale scelta narrativa, più che rammaricarmi per il poco spazio che i risvolti di trama riescono a trovare, mi scopro irritato e deluso, come se avessi perso metà del tempo di ogni episodio ad aspettare qualcosa di significativo.
Spesso, le scene più attese sono i camei post credit (non perdeteli, se decidete di vederlo), clip che divertono e, qualche volta, sorprendono o fanno riflettere.
Il finale possiede un bel crescendo dove si concentrano gli sparuti, essenziali elementi, rilevanti e sicuramente più intriganti di tutti i precedenti episodi. Siccome il plot è improntato su un ritmo tragicomico a tratti fra l’ecchi e il trash, non viene praticamente quasi mai sfruttato il fatto di quanto la maledizione del signorino sia potenzialmente, mostruosamente pericolosa e spaventosa. Lo si intuisce, ma mai viene esposta in modo davvero realistico: ci sarebbero decine di spunti per mettere in atto idee che possano creare situazioni di tensione assoluta, ma così come da copione si preferisce estrarre dal cilindro (del signorino?) una commediola irretita da una sotto-trama quasi-seria che penalizza l’eccellente idea di base.
La mia impressione finale è che tramite una condotta più seria e matura probabilmente saremmo di fronte a qualcosa di memorabile. I flashback degli episodi centrali racchiudono proprio questo genere di sensazioni, e infatti risultano i più affascinanti e coinvolgenti.
Su tali basi, non sentirò la mancanza della seconda stagione, né sarò interessato a conoscerne gli esiti.
Ho avuto uno strano rapporto con “Shinigami Bocchan to Kuro Maid”, devo dire la verità, è una serie che a primo impatto mi aveva anche piacevolmente colpito, ma che col tempo ho seguito con un po’ di fatica, alternando momenti di blando interesse ad altri di discreta noia e, a visione (momentaneamente) conclusa, forse ho anche capito il motivo principale: esaurisce troppo presto i temi che la rendono interessante, come proverò a rendere più chiaro in seguito.
Partiamo da un accenno di trama però, riassumibile quasi nel nome stesso della serie, “Il signorino dio della morte e la sua cameriera nera”; i nostri protagonisti sono proprio un signorino, rampollo di nobile famiglia del quale non sapremo mai il nome, e Alice, la sua cameriera personale, che vivono in una grande villa emarginati dal mondo. Sul povero signorino infatti grava una maledizione inflittagli da una strega, che lo condanna a far morire qualsiasi essere vivente lui tocchi (da qui la nomea di shinigami, ovvero dio della morte), e per questo è stato allontanato dalla tenuta principale della sua famiglia, finendo per vivere recluso con la sola compagnia di Rob, maggiordomo di famiglia che lo conosce da sempre, e della già citata Alice che, oltre ad essere la sua cameriera, è anche il suo interesse amoroso, peraltro ricambiato, visto che la smaliziata Alice non perde occasione per ribadire i suoi sentimenti per il signorino, finendo anche per prenderlo in giro e stuzzicarlo, data la sua impossibilità di instaurare un contatto fisico con lei.
In queste poche righe è possibile riscontrare praticamente tutti i temi principali che questa storia vuole affrontare, dall’amore tormentato, che non può trovare sfogo nonostante l’assenso di entrambe le parti in causa, fino alle semplici gag ironiche e piccanti che sono disseminate praticamente in ogni episodio e che vedono protagoniste la splendida Alice, sempre pronta a ‘tormentare’ il suo signorino sfruttando la sua avvenenza, che, ovviamente, non può lasciarlo indifferente. E devo dire che, nonostante sembri un curioso mix, tutto sommato funziona, sembra strano infatti dover accostare gag tipiche di una commedia ecchi all’atmosfera malinconica che traspare nel vedere questo amore così esplicito venire ostacolato da un incontrollabile fattore esterno, ma la serie ci riesce, facendo anche entrare naturalmente in simpatia i suoi protagonisti. Tutto questo si percepisce già nei primi due episodi però, e da qui si ritorna alla mia osservazione iniziale sul principale difetto di questa serie, riuscire a tenere vivo l’interesse dello spettatore per dodici episodi, tanti sono quelli che compongono questa stagione, nonostante giochi tutte le sue carte praticamente dal primo episodio. E per riempire questo vuoto, difatti, si ricorre alla presenza degli altri personaggi, alcuni riusciti e altri meno, e in (troppo poca) parte alla ricerca ad opera del signorino di una soluzione che lo liberi dalla maledizione della strega. Esaurite le gag e palesato l’amore reciproco tra i protagonisti, infatti, la scoperta di un modo per liberare il signorino diventa il leit motiv che sorregge almeno la giusta curiosità che spinge ad andare avanti per continuare la serie, peccato che succeda poche volte e, in quelle sparute occasioni, raramente vengono fatti dei veri passi avanti in tal senso. Certo va detto che, essendo la serie una trasposizione di un manga ancora in corso, non era possibile inventarsi un finale apposito che risolvesse tutti i problemi, ma da parte mia ho riscontrato purtroppo un costante calo di interesse, man mano che la serie andava avanti trascinandosi i suoi difetti. Per fortuna non sono mancati momenti divertenti, l’inserimento di qualche personaggio ben riuscito e, piccola sorpresa da un certo punto di vista, la presenza di siparietti cantati tipici dei musical a ravvivare la visione quando serviva, ma nonostante questo l’impressione finale che resta di “Shinigami Bocchan to Kuro Maid” è quella di un’opera riuscita a metà, per quanto questo giudizio è racchiuso alla visione della prima stagione, visto che, proprio alla fine di quest’ultima, ne è stata annunciata anche una seconda, che potrebbe affrontare meglio e più a fondo la questione maledizione.
E purtroppo non aiuta a migliorare il quadro generale il comparto tecnico della serie proposto dallo studio J.C. Staff, che si compone sì anche di elementi pregevoli come dei fondali molto curati sia degli ambienti esterni che dell’interno della villa di stampo ottocentesco, ma presenta pure un charachter design e animazioni dei personaggi completamente in CGI, una soluzione alla quale ci si abitua col tempo, ma che lascia perennemente quella sensazione di rimpianto su come sarebbe stato se fosse stata scelta l’animazione tradizionale, sensazione che si rafforza ulteriormente ammirando la bellezza di Alice che, tutto sommato, riesce a farsi notare anche attraverso l’algida grafica computerizzata. Più lusinghiero invece è il mio giudizio sul comparto sonoro di questa serie: la colonna sonora infatti è molto curata e azzeccata ad ogni momento proposto dall’anime, da quelli più mesti e malinconici a quelli più spensierati, ed è impreziosita dai brani cantati a cui accennavo sopra, dove brilla anche un’altra componente decisamente riuscita di questa serie, e cioè il doppiaggio giapponese; il cast che ha dato le voci ai vari personaggi è infatti di tutto rispetto, basta pensare solo alla presenza di grandissimi nomi come Hiroshi Kamiya, Inori Minase o Yoko Hikasa, per rendere l’idea, ed è ben rappresentato dai seiyuu dei due protagonisti, vale a dire Natsuki Hanae (il signorino) e Ayumi Mano (Alice), i quali non hanno solo curato egregiamente i loro personaggi, ma sono stati più volte impiegati anche come cantanti, cominciando proprio dalla dolce e simpatica opening dell’anime (‘Mangetsu to Silhouette no Yoru’), fino alla ending (‘Nocturne’), affidata alla sola splendida voce di Ayumi Mano, che è stata anche contributo indispensabile alla costruzione del fascino del personaggio di Alice.
Insomma, per quanto tanti aspetti dell’anime non mi abbiano realmente convinto, non me la sento di bocciare davvero “Shinigami Bocchan to Kuro Maid”, perché è una serie con presupposti validi e personaggi coi quali provare una genuina empatia, ma è indubbio che, per lasciare davvero il segno, debba anche proporre ingredienti nuovi che ravvivino l’interesse e riuscire a mescolare meglio quelli già presenti, in modo che non prevalga alla lunga una fastidiosa sensazione di déjà vu; da questo punto di vista, la seconda stagione in futura produzione è quanto di meglio ci si possa augurare per raggiungere l’obiettivo e far sì che quest’anime non sia solo un’opera riuscita a metà ma un prodotto di cui poter godere davvero a tutto tondo.
Partiamo da un accenno di trama però, riassumibile quasi nel nome stesso della serie, “Il signorino dio della morte e la sua cameriera nera”; i nostri protagonisti sono proprio un signorino, rampollo di nobile famiglia del quale non sapremo mai il nome, e Alice, la sua cameriera personale, che vivono in una grande villa emarginati dal mondo. Sul povero signorino infatti grava una maledizione inflittagli da una strega, che lo condanna a far morire qualsiasi essere vivente lui tocchi (da qui la nomea di shinigami, ovvero dio della morte), e per questo è stato allontanato dalla tenuta principale della sua famiglia, finendo per vivere recluso con la sola compagnia di Rob, maggiordomo di famiglia che lo conosce da sempre, e della già citata Alice che, oltre ad essere la sua cameriera, è anche il suo interesse amoroso, peraltro ricambiato, visto che la smaliziata Alice non perde occasione per ribadire i suoi sentimenti per il signorino, finendo anche per prenderlo in giro e stuzzicarlo, data la sua impossibilità di instaurare un contatto fisico con lei.
In queste poche righe è possibile riscontrare praticamente tutti i temi principali che questa storia vuole affrontare, dall’amore tormentato, che non può trovare sfogo nonostante l’assenso di entrambe le parti in causa, fino alle semplici gag ironiche e piccanti che sono disseminate praticamente in ogni episodio e che vedono protagoniste la splendida Alice, sempre pronta a ‘tormentare’ il suo signorino sfruttando la sua avvenenza, che, ovviamente, non può lasciarlo indifferente. E devo dire che, nonostante sembri un curioso mix, tutto sommato funziona, sembra strano infatti dover accostare gag tipiche di una commedia ecchi all’atmosfera malinconica che traspare nel vedere questo amore così esplicito venire ostacolato da un incontrollabile fattore esterno, ma la serie ci riesce, facendo anche entrare naturalmente in simpatia i suoi protagonisti. Tutto questo si percepisce già nei primi due episodi però, e da qui si ritorna alla mia osservazione iniziale sul principale difetto di questa serie, riuscire a tenere vivo l’interesse dello spettatore per dodici episodi, tanti sono quelli che compongono questa stagione, nonostante giochi tutte le sue carte praticamente dal primo episodio. E per riempire questo vuoto, difatti, si ricorre alla presenza degli altri personaggi, alcuni riusciti e altri meno, e in (troppo poca) parte alla ricerca ad opera del signorino di una soluzione che lo liberi dalla maledizione della strega. Esaurite le gag e palesato l’amore reciproco tra i protagonisti, infatti, la scoperta di un modo per liberare il signorino diventa il leit motiv che sorregge almeno la giusta curiosità che spinge ad andare avanti per continuare la serie, peccato che succeda poche volte e, in quelle sparute occasioni, raramente vengono fatti dei veri passi avanti in tal senso. Certo va detto che, essendo la serie una trasposizione di un manga ancora in corso, non era possibile inventarsi un finale apposito che risolvesse tutti i problemi, ma da parte mia ho riscontrato purtroppo un costante calo di interesse, man mano che la serie andava avanti trascinandosi i suoi difetti. Per fortuna non sono mancati momenti divertenti, l’inserimento di qualche personaggio ben riuscito e, piccola sorpresa da un certo punto di vista, la presenza di siparietti cantati tipici dei musical a ravvivare la visione quando serviva, ma nonostante questo l’impressione finale che resta di “Shinigami Bocchan to Kuro Maid” è quella di un’opera riuscita a metà, per quanto questo giudizio è racchiuso alla visione della prima stagione, visto che, proprio alla fine di quest’ultima, ne è stata annunciata anche una seconda, che potrebbe affrontare meglio e più a fondo la questione maledizione.
E purtroppo non aiuta a migliorare il quadro generale il comparto tecnico della serie proposto dallo studio J.C. Staff, che si compone sì anche di elementi pregevoli come dei fondali molto curati sia degli ambienti esterni che dell’interno della villa di stampo ottocentesco, ma presenta pure un charachter design e animazioni dei personaggi completamente in CGI, una soluzione alla quale ci si abitua col tempo, ma che lascia perennemente quella sensazione di rimpianto su come sarebbe stato se fosse stata scelta l’animazione tradizionale, sensazione che si rafforza ulteriormente ammirando la bellezza di Alice che, tutto sommato, riesce a farsi notare anche attraverso l’algida grafica computerizzata. Più lusinghiero invece è il mio giudizio sul comparto sonoro di questa serie: la colonna sonora infatti è molto curata e azzeccata ad ogni momento proposto dall’anime, da quelli più mesti e malinconici a quelli più spensierati, ed è impreziosita dai brani cantati a cui accennavo sopra, dove brilla anche un’altra componente decisamente riuscita di questa serie, e cioè il doppiaggio giapponese; il cast che ha dato le voci ai vari personaggi è infatti di tutto rispetto, basta pensare solo alla presenza di grandissimi nomi come Hiroshi Kamiya, Inori Minase o Yoko Hikasa, per rendere l’idea, ed è ben rappresentato dai seiyuu dei due protagonisti, vale a dire Natsuki Hanae (il signorino) e Ayumi Mano (Alice), i quali non hanno solo curato egregiamente i loro personaggi, ma sono stati più volte impiegati anche come cantanti, cominciando proprio dalla dolce e simpatica opening dell’anime (‘Mangetsu to Silhouette no Yoru’), fino alla ending (‘Nocturne’), affidata alla sola splendida voce di Ayumi Mano, che è stata anche contributo indispensabile alla costruzione del fascino del personaggio di Alice.
Insomma, per quanto tanti aspetti dell’anime non mi abbiano realmente convinto, non me la sento di bocciare davvero “Shinigami Bocchan to Kuro Maid”, perché è una serie con presupposti validi e personaggi coi quali provare una genuina empatia, ma è indubbio che, per lasciare davvero il segno, debba anche proporre ingredienti nuovi che ravvivino l’interesse e riuscire a mescolare meglio quelli già presenti, in modo che non prevalga alla lunga una fastidiosa sensazione di déjà vu; da questo punto di vista, la seconda stagione in futura produzione è quanto di meglio ci si possa augurare per raggiungere l’obiettivo e far sì che quest’anime non sia solo un’opera riuscita a metà ma un prodotto di cui poter godere davvero a tutto tondo.
“Riesci ad immaginare una vita in cui non potresti mai toccare la persona che ami?”
Questo è l’interrogativo, nonché motore dell’intera serie di animazione prodotta dallo studio J.C. Staff andata in onda nell’estate del 2021. Sappiamo bene, sia per esperienza diretta che indiretta, che le relazioni interpersonali sono basate sul contatto visivo e fisico, maggiormente se i soggetti interessati sono due adolescenti innamorati nel pieno dello sviluppo. Dunque, per noi è normale vedere due persone che si abbracciano, si baciano o semplicemente si stringono la mano, eppure come sarebbe la nostra vita se tutto ciò non fosse possibile? E se ci aggiungessimo che al minimo contatto potremmo uccidere chi ci sta intorno? Ecco, questa è la realtà in cui è stato costretto a vivere il nostro protagonista, che si è ritrovato in questa condizione dopo essere stato maledetto da una strega, di cui non si sa nulla. Ripudiato dalla madre, è stato relegato in una villa fuori dal mondo con il maggiordomo Rob, che conosce il signorino sin da piccolo, e una maid sua coetanea, di nome Alice. Disperato in un primo momento, sia per l’abbandono della madre sia per la pessima vita che si è trovato a condurre ad una così giovane età, ecco che la vicinanza di persone a lui care diventa indispensabile. Ritrovata, almeno un minimo, la spensieratezza e l’allegria di un tempo, il signorino è disposto a far luce sulla sua maledizione per scacciarla via definitivamente, e il motivo non può che essere Alice, la maid per cui prova un amore fortemente corrisposto.
Gli assunti di partenza sembrano essere, e difatti sono, molto interessanti, ma in realtà si capisce sin da subito che di questa maledizione non si saprà nulla. Dunque, il fulcro della serie e ciò che la fa andare avanti altro non sono che le scene romantiche e spesso comiche che si vengono a creare tra i due innamorati. La domanda che ci si pone a questo punto è: “Può una serie andare avanti in questo modo per dodici puntate, senza portare lo spettatore alla noia?” La risposta è tutt’altro che semplice.
Partendo dal presupposto che i gusti sono soggettivi, ci sono tante cose su cui riflettere, innanzitutto la trama. Quest’ultima risulta essere estremamente lenta, procedendo alla velocità di una tartaruga di terra, e, detto francamente, la trama per una qualsiasi serie animata o film è indispensabile. Nonostante ciò, a mio avviso, l’opera scorre bene e tutto grazie alle scene romantiche tra la maid e il signorino, che si rendono protagonisti di una relazione atipica per due ragazzi della loro età. Una relazione in cui non c’è posto per il contatto fisico, ma solo per quello visivo. Ecco, dunque, che i due si scambiano sguardi intensi o occhiate di sfuggita, accompagnate da parole dolci e dichiarazioni d’amore. Insomma, tutto molto cute. Come è comprensibile, però, solo questo non basta e la serie diventa la personificazione del detto “Tutto fumo e niente arrosto”. Il fumo però, almeno in questo caso, non risulta essere così fastidioso, e questo grazie anche a dei buoni protagonisti. Il signorino, che per via della maledizione si è ritrovato a dover affrontare situazioni troppo complicate per un ragazzo della sua età, motivo per il quale è cresciuto in fretta, e Alice, la maid innamorata sin da piccola del signorino, estremamente kawaii sia nell’aspetto sia nei modi di fare, seppur a volte sfoci nei comportamenti tipici della “femme fatale”. Loro due insieme formano davvero una coppia ben assortita.
Poi le musiche sono tutte molto piacevoli, perfettamente in linea con la dolcezza dell’anime, a partire dall’opening “Mangetsu to Silhouette no Yoru” fino all’ending “Nocturne” di Ayumi Mano, passando per tutte le sinfonie di Takeshi Watanabe e Gen Okuda che fanno da contorno alle diverse scene dell’opera.
Infine, il tasto dolente, il boccone più amaro da mandare giù, ovvero la CGI con cui è stata creata l’intera opera. Sarà che questa è stata la mia prima volta a contatto con un’animazione del genere, ma ho fatto veramente fatica a digerirla per almeno i primi cinque episodi. Poi per fortuna ci si fa l’abitudine.
In conclusione, l’opera è consigliata a chi vuole sperimentare qualcosa di nuovo, a patto però che la inizi con zero aspettative, perché potrebbe facilmente restarne deluso. Personalmente, l’ho trovata molto più piacevole di tante altre serie d’animazione che provano a costruire una trama super intricata ma poi ‘floppano’ alla grande, ma gli aspetti da rivedere sono comunque tanti.
Questo è l’interrogativo, nonché motore dell’intera serie di animazione prodotta dallo studio J.C. Staff andata in onda nell’estate del 2021. Sappiamo bene, sia per esperienza diretta che indiretta, che le relazioni interpersonali sono basate sul contatto visivo e fisico, maggiormente se i soggetti interessati sono due adolescenti innamorati nel pieno dello sviluppo. Dunque, per noi è normale vedere due persone che si abbracciano, si baciano o semplicemente si stringono la mano, eppure come sarebbe la nostra vita se tutto ciò non fosse possibile? E se ci aggiungessimo che al minimo contatto potremmo uccidere chi ci sta intorno? Ecco, questa è la realtà in cui è stato costretto a vivere il nostro protagonista, che si è ritrovato in questa condizione dopo essere stato maledetto da una strega, di cui non si sa nulla. Ripudiato dalla madre, è stato relegato in una villa fuori dal mondo con il maggiordomo Rob, che conosce il signorino sin da piccolo, e una maid sua coetanea, di nome Alice. Disperato in un primo momento, sia per l’abbandono della madre sia per la pessima vita che si è trovato a condurre ad una così giovane età, ecco che la vicinanza di persone a lui care diventa indispensabile. Ritrovata, almeno un minimo, la spensieratezza e l’allegria di un tempo, il signorino è disposto a far luce sulla sua maledizione per scacciarla via definitivamente, e il motivo non può che essere Alice, la maid per cui prova un amore fortemente corrisposto.
Gli assunti di partenza sembrano essere, e difatti sono, molto interessanti, ma in realtà si capisce sin da subito che di questa maledizione non si saprà nulla. Dunque, il fulcro della serie e ciò che la fa andare avanti altro non sono che le scene romantiche e spesso comiche che si vengono a creare tra i due innamorati. La domanda che ci si pone a questo punto è: “Può una serie andare avanti in questo modo per dodici puntate, senza portare lo spettatore alla noia?” La risposta è tutt’altro che semplice.
Partendo dal presupposto che i gusti sono soggettivi, ci sono tante cose su cui riflettere, innanzitutto la trama. Quest’ultima risulta essere estremamente lenta, procedendo alla velocità di una tartaruga di terra, e, detto francamente, la trama per una qualsiasi serie animata o film è indispensabile. Nonostante ciò, a mio avviso, l’opera scorre bene e tutto grazie alle scene romantiche tra la maid e il signorino, che si rendono protagonisti di una relazione atipica per due ragazzi della loro età. Una relazione in cui non c’è posto per il contatto fisico, ma solo per quello visivo. Ecco, dunque, che i due si scambiano sguardi intensi o occhiate di sfuggita, accompagnate da parole dolci e dichiarazioni d’amore. Insomma, tutto molto cute. Come è comprensibile, però, solo questo non basta e la serie diventa la personificazione del detto “Tutto fumo e niente arrosto”. Il fumo però, almeno in questo caso, non risulta essere così fastidioso, e questo grazie anche a dei buoni protagonisti. Il signorino, che per via della maledizione si è ritrovato a dover affrontare situazioni troppo complicate per un ragazzo della sua età, motivo per il quale è cresciuto in fretta, e Alice, la maid innamorata sin da piccola del signorino, estremamente kawaii sia nell’aspetto sia nei modi di fare, seppur a volte sfoci nei comportamenti tipici della “femme fatale”. Loro due insieme formano davvero una coppia ben assortita.
Poi le musiche sono tutte molto piacevoli, perfettamente in linea con la dolcezza dell’anime, a partire dall’opening “Mangetsu to Silhouette no Yoru” fino all’ending “Nocturne” di Ayumi Mano, passando per tutte le sinfonie di Takeshi Watanabe e Gen Okuda che fanno da contorno alle diverse scene dell’opera.
Infine, il tasto dolente, il boccone più amaro da mandare giù, ovvero la CGI con cui è stata creata l’intera opera. Sarà che questa è stata la mia prima volta a contatto con un’animazione del genere, ma ho fatto veramente fatica a digerirla per almeno i primi cinque episodi. Poi per fortuna ci si fa l’abitudine.
In conclusione, l’opera è consigliata a chi vuole sperimentare qualcosa di nuovo, a patto però che la inizi con zero aspettative, perché potrebbe facilmente restarne deluso. Personalmente, l’ho trovata molto più piacevole di tante altre serie d’animazione che provano a costruire una trama super intricata ma poi ‘floppano’ alla grande, ma gli aspetti da rivedere sono comunque tanti.
"Shinigami Bocchan to Kuro Maid" è una fiaba crudele.
Non vi sembra crudele, forse, non poter toccare la persona che ami? Non poterla abbracciare, stringerla, baciarla? È proprio il caso di questa triste storia.
Non sono i chilometri di distanza a tenere lontani i due innamorati protagonisti di questa vicenda, anzi, i due sono vicini, vivono addirittura sotto lo stesso tetto. Tuttavia i due non si possono nemmeno sfiorare, pena la morte di chi viene toccato.
Bocchan, il giovane nobile che vive isolato nel proprio castello, fu maledetto da una strega in modo tale che chiunque lui tocchi muoia all'istante. La governante, Alice, che vive con lui e di cui si è innamorato, e a sua volta ricambiato, è quindi una tentazione costante e dolorosa da sopprimere. Ma la maledizione non è l'unico ostacolo tra i due, vi è anche la differenza della classe sociale. Lui è il primogenito di una nobile famiglia, lei, in pratica, una serva. Per questa coppia, quindi, non sembra esserci nessuna speranza.
E se tutto questo non vi sembra abbastanza crudele, allora siete dei senza cuore.
L'idea di base di questa serie, anche se non estremamente originale, personalmente l'ho trovata piuttosto interessante. Peccato, però, non abbia avuto sviluppi particolarmente avvincenti e intriganti.
Di intrigante non è stato di certo il fanservice presente fin dalle prime battute, e, per mio gusto personale, abbastanza fastidioso direi, soprattutto nei primi episodi. Fortunatamente, poi, va scemando, o molto più probabilmente, dopo un po' ci si fa l'abitudine.
Ho gradito molto, invece, le musiche, molte delle quali aventi il pianoforte come strumento di spicco. Nel corso della serie troveremo, infatti, vari pezzi eseguiti al piano, anche dal protagonista, sottolineando i momenti più romantici e salienti.
Da un punto di vista grafico, tutto sommato non ci si può lamentare. Troviamo dei fondali stupendi, che sembrano dei veri dipinti e richiamano ad atmosfere un po' gotiche, alla "Edward mani di forbici", per intenderci.
È anche pur vero che vi è l'utilizzo della grafica digitale, che non sarà la preferita di molti, ma non è nemmeno da disprezzare poi così tanto. Piuttosto, il character design personalmente non mi ha esaltato. Lui, per esempio, sembra un pesce lesso, e lei (scusate) una battona. Ma, tralasciando questi dettagli da quattro soldi, ritorniamo al dramma dei nostri personaggi.
Il vero dramma di Bocchan sta soprattutto nel suo profondo senso di solitudine. Allontanato dalla sua stessa famiglia e obbligato a vivere in un grande castello solo in compagnia del fidato maggiordomo e della procace governante, il nostro duca passerà dei momenti davvero difficili e dolorosi. Bocchan è un alieno, è un intruso, è un elemento di disturbo, e per questo, dopo la curiosità, fa paura, e rivela la natura egoista e intollerante delle persone. Ci metterà non poco ad accettare il rifiuto dei suoi stessi famigliari e della comunità in generale, e a stabilire una sorta di equilibrio con sé stesso, costruendo un rapporto di fiducia con gli altri due membri della casa, i soli a rispettarlo e ad amarlo per quello che è.
Alice, soprattutto, che lo conosce fin da quando erano bambini, è l'unica a vederne il suo lato nascosto, ed è l'unica a non temere ad avvicinarsi così tanto a lui (tanto da metterlo in imbarazzo e in difficoltà!), da rischiare la sua stessa vita.
Molto significativo quell'episodio in cui i due trascorrono una bellissima giornata assieme in città, in una quasi parvenza di normalità data dalle strategie messe in atto da lei, affinché il ragazzo potesse uscire dal suo castello senza rischi di risvolti infausti. Poetica e suggestiva, infine, la scena in cui questa giornata volge al termine, dove si percepisce l'apice dell'amore tra i due, più di un abbraccio struggente che Bocchan non può dare ad Alice, e Alice non può ricevere, perché lui non può toccare senza distruggere. Eppure, nonostante tutto, questi due ragazzi son riusciti a toccarsi ugualmente e profondamente. Nell'animo. A dimostrazione del fatto che, anche privandosi di una vicinanza fisica, l'amore può sbocciare parimenti, se toccate le corde emotive giuste.
C'è un elemento che mi ha particolarmente colpito e ho osservato essere spesso presente: la neve, che scende a coprire questi loro caldi sentimenti, congelando un amore irrealizzabile, e per questo però preservandolo alle usure del tempo.
Per una inguaribile romantica come la sottoscritta, se si fosse maggiormente sviluppato il tema dell'amore impossibile, di sicuro avrei dato una valutazione migliore. Purtroppo, invece, in questa serie, tutto viene abbozzato, compresa l'origine e le dinamiche di questa maledizione, e, addirittura, certe parti di irrilevante importanza ai fini della storia, dilungate fin troppo. Peccato.
Tuttavia voglio sperare che, nella seconda stagione già annunciata, i vari cerchi si chiudano, o meglio, si sviluppino in modo più soddisfacente, soprattutto per quanto riguarda l'evoluzione di questo amore.
Consigliato a chi non si inorridisce di fronte a una grafica digitale e a un fanservice un poco invadente, ma soprattutto a chi pensa che gli amori impossibili... Siano per sempre!
Non vi sembra crudele, forse, non poter toccare la persona che ami? Non poterla abbracciare, stringerla, baciarla? È proprio il caso di questa triste storia.
Non sono i chilometri di distanza a tenere lontani i due innamorati protagonisti di questa vicenda, anzi, i due sono vicini, vivono addirittura sotto lo stesso tetto. Tuttavia i due non si possono nemmeno sfiorare, pena la morte di chi viene toccato.
Bocchan, il giovane nobile che vive isolato nel proprio castello, fu maledetto da una strega in modo tale che chiunque lui tocchi muoia all'istante. La governante, Alice, che vive con lui e di cui si è innamorato, e a sua volta ricambiato, è quindi una tentazione costante e dolorosa da sopprimere. Ma la maledizione non è l'unico ostacolo tra i due, vi è anche la differenza della classe sociale. Lui è il primogenito di una nobile famiglia, lei, in pratica, una serva. Per questa coppia, quindi, non sembra esserci nessuna speranza.
E se tutto questo non vi sembra abbastanza crudele, allora siete dei senza cuore.
L'idea di base di questa serie, anche se non estremamente originale, personalmente l'ho trovata piuttosto interessante. Peccato, però, non abbia avuto sviluppi particolarmente avvincenti e intriganti.
Di intrigante non è stato di certo il fanservice presente fin dalle prime battute, e, per mio gusto personale, abbastanza fastidioso direi, soprattutto nei primi episodi. Fortunatamente, poi, va scemando, o molto più probabilmente, dopo un po' ci si fa l'abitudine.
Ho gradito molto, invece, le musiche, molte delle quali aventi il pianoforte come strumento di spicco. Nel corso della serie troveremo, infatti, vari pezzi eseguiti al piano, anche dal protagonista, sottolineando i momenti più romantici e salienti.
Da un punto di vista grafico, tutto sommato non ci si può lamentare. Troviamo dei fondali stupendi, che sembrano dei veri dipinti e richiamano ad atmosfere un po' gotiche, alla "Edward mani di forbici", per intenderci.
È anche pur vero che vi è l'utilizzo della grafica digitale, che non sarà la preferita di molti, ma non è nemmeno da disprezzare poi così tanto. Piuttosto, il character design personalmente non mi ha esaltato. Lui, per esempio, sembra un pesce lesso, e lei (scusate) una battona. Ma, tralasciando questi dettagli da quattro soldi, ritorniamo al dramma dei nostri personaggi.
Il vero dramma di Bocchan sta soprattutto nel suo profondo senso di solitudine. Allontanato dalla sua stessa famiglia e obbligato a vivere in un grande castello solo in compagnia del fidato maggiordomo e della procace governante, il nostro duca passerà dei momenti davvero difficili e dolorosi. Bocchan è un alieno, è un intruso, è un elemento di disturbo, e per questo, dopo la curiosità, fa paura, e rivela la natura egoista e intollerante delle persone. Ci metterà non poco ad accettare il rifiuto dei suoi stessi famigliari e della comunità in generale, e a stabilire una sorta di equilibrio con sé stesso, costruendo un rapporto di fiducia con gli altri due membri della casa, i soli a rispettarlo e ad amarlo per quello che è.
Alice, soprattutto, che lo conosce fin da quando erano bambini, è l'unica a vederne il suo lato nascosto, ed è l'unica a non temere ad avvicinarsi così tanto a lui (tanto da metterlo in imbarazzo e in difficoltà!), da rischiare la sua stessa vita.
Molto significativo quell'episodio in cui i due trascorrono una bellissima giornata assieme in città, in una quasi parvenza di normalità data dalle strategie messe in atto da lei, affinché il ragazzo potesse uscire dal suo castello senza rischi di risvolti infausti. Poetica e suggestiva, infine, la scena in cui questa giornata volge al termine, dove si percepisce l'apice dell'amore tra i due, più di un abbraccio struggente che Bocchan non può dare ad Alice, e Alice non può ricevere, perché lui non può toccare senza distruggere. Eppure, nonostante tutto, questi due ragazzi son riusciti a toccarsi ugualmente e profondamente. Nell'animo. A dimostrazione del fatto che, anche privandosi di una vicinanza fisica, l'amore può sbocciare parimenti, se toccate le corde emotive giuste.
C'è un elemento che mi ha particolarmente colpito e ho osservato essere spesso presente: la neve, che scende a coprire questi loro caldi sentimenti, congelando un amore irrealizzabile, e per questo però preservandolo alle usure del tempo.
Per una inguaribile romantica come la sottoscritta, se si fosse maggiormente sviluppato il tema dell'amore impossibile, di sicuro avrei dato una valutazione migliore. Purtroppo, invece, in questa serie, tutto viene abbozzato, compresa l'origine e le dinamiche di questa maledizione, e, addirittura, certe parti di irrilevante importanza ai fini della storia, dilungate fin troppo. Peccato.
Tuttavia voglio sperare che, nella seconda stagione già annunciata, i vari cerchi si chiudano, o meglio, si sviluppino in modo più soddisfacente, soprattutto per quanto riguarda l'evoluzione di questo amore.
Consigliato a chi non si inorridisce di fronte a una grafica digitale e a un fanservice un poco invadente, ma soprattutto a chi pensa che gli amori impossibili... Siano per sempre!
Shinigami Bocchan to Kuro Maid
Versione Completa
Che cos’è e di che cosa parla
“Shinigami Bocchan to Kuro Maid” è una serie anime dell’estate 2021, prodotta dallo studio J.C. Staff e basata sull’omonimo manga di Koharu Inoue.
Per cominciare, si prenda un’ambientazione, la più piatta e casuale possibile; si aggiunga un pizzico di tardo Ottocento (senza dettagli o riferimenti d’alcun tipo); una spolverata di stregoneria lì, un po’ d’esoterismo che non guasta mai, si condisca poi il tutto con una leggera nota ecchi. Ecco a voi la trama...
Bocchan, il nostro protagonista, è lo sfortunato primogenito di una famiglia nobiliare. Spensierato in infanzia, viene suo malgrado maledetto da una strega e costretto a una vita da recluso. L’incanto è semplice, quanto crudele: qualsiasi creatura vivente toccata da lui andrà incontro a una rapida morte. Ripudiato dalla famiglia, in quanto inadeguato a governare/dialogare con la nobiltà, respinto dagli amici e temuto dalla popolazione, lo “shinigami” (così viene amorevolmente chiamato) vive isolato in una villa di periferia, con la compagnia di Rob, vecchio e miope maggiordomo, e di Alice, silenziosa ma audace cameriera che lo provoca costantemente con allusioni sessuali. Peccato che Bocchan, per quanto ami e sia attratto dalla ragazza, non possa far altro che limitarsi a guardare (e soffrire), ma forse c’è un modo per spezzare la maledizione... riuscirà a tornare libero?
Cosa contiene questa serie
Ben poco, in realtà. La trama, pur presentando più di uno spunto interessante, finisce per arenarsi in un battito di ciglia, con un pacing stile moviola. L’evoluzione, inoltre, è inesistente, con una gigantesca batteria d’episodi autoconclusivi che non portano nulla ai fini della storia. Ci sarebbe una maledizione, una nobile famiglia divisa, una madre severa e un padre morente. A questo poi si aggiungono streghe, occulto e non per ultima una storia d’amore impossibile tra Alice e l’impacciato Bocchan. Tutto questo rimane non solo incompiuto, ma nemmeno sviluppato. Buttato lì, quasi a voler dire “Hey, guarda che storia complessa e articolata”, salvo poi ‘trollare’ lo spettatore con dodici episodi di nulla cosmico. A prescindere da un’eventuale season 2, questi primi dodici episodi non hanno (quasi) alcun motivo d’esistere: la love story è consolidata fin dai flashback, l’unico “colpo di scena” è stato un protagonista che, dopo undici episodi, ha finalmente mandato a quel paese la madre... perché uno dovrebbe sprecare oltre duecento minuti della propria vita per una storia già consolidata in partenza?
L’ambientazione, tardo ottocentesca, è un’altra nota dolente. E lo dice uno che è grande fan delle storie ambientate in quel contesto storico. Nulla viene presentato, né tantomeno delineato. Ci sono solo tre luoghi: la tenuta di Bocchan, la tenuta della sua famiglia, il bosco delle streghe. Unica eccezione è la visita alla città, nel terzo episodio (forse, non a caso, il migliore dei dodici). Non si sa se il protagonista sia a capo di qualcuno/qualcosa, né quali siano le sue effettive proprietà. Per quanto mi riguarda, potevano ambientare questa serie in qualsiasi Paese occidentale in una qualsiasi epoca e non sarebbe cambiato un fico secco. Avrebbe quasi funzionato in un’ambientazione birmana, con le dovute correzioni. E questo non è un bene.
I personaggi sono una delle poche note positive (nel senso che non fanno pietà). Sono abbozzati, ma tutti discretamente originali: il protagonista è un simpatico connubio tra goffaggine e determinazione, peccato che la sua evoluzione psicologica si completi entro il terzo episodio, restando poi statica; Alice, fredda e pungente, possiede un lato molto dolce; Rob, l’anziano maggiordomo, è un bizzarro gentleman d’altri tempi; Viola, la sorellina del protagonista, è una loli con la passione per i vecchietti (Rob su tutti, suo sogno e desiderio proibito); Walter è il fratello minore del protagonista, a tratti patetico ma alla fine un bravo ragazzo; Caph è la strega tonta, mentre Zain è il suo bislacco (e un po’ pervertito) compagno. Gli unici personaggi ad avermi deluso sono i “villain” o, meglio, quella strega insipida che sembra conoscere qualcosa, ma poi... nulla di fatto. Un’antagonista del genere ha veramente poco senso, anche perché in dodici episodi lo spettatore verrà solo a conoscere che: odia il protagonista; ha il seno grosso (cit. Zain); non fa mai vedere il proprio volto. Ma in generale è il contesto della cabala, sulla carta la nota più interessante dell’opera, a deludere su tutti i fronti: buttata lì, a caso, senza un perché o un per come. Anche qui, potevano sostituirla con i Sette Nani, con il Leprecauno o col Ciciarampa e non sarebbe cambiato niente.
La comicità è... divertente, almeno all’inizio. Poi però, come uno disco rotto, ripete le stesse battute all’infinito, ammorbando lo spettatore. Mettiamola così: al primo episodio le provocazioni di Alice strapperanno qualche sorriso, al dodicesimo otterranno lo stesso effetto del farsi il solletico da soli.
Grafica/audio e altre informazioni utili
Le intenzioni sono “buone”, almeno sulla carta, poiché c’è un tentativo di conciliare il 3D con il 2D, ma il risultato è alquanto deludente. Le animazioni sono legnose, a tratti irritanti. Il mood “moviola” non aiuta a superare i (tanti) momenti morti, e le scene d’azione (poche, grazie al cielo) sono così goffe/innaturali da ricordare le demo dei giochi della prima Play Station (e forse, a confronto, perderebbero pure).
Le OST sono l’unica nota positiva dell’intero anime: limitate, ma efficaci, sono per la maggiore pezzi di musica classica, dal piano al violino. Carine le scene di Bocchan al pianoforte, che conferiscono atmosfera ad un background altrimenti vuoto. Complessivamente, si potrebbe definire la colonna sonora come la pezza che tenta di tappare, invano, i crateri di uno scafo avviato inesorabilmente agli abissi. Opening così così, l’ending l’ho trovata orecchiabile, ma qui son gusti personali.
Come visionare questa serie
Visionare quest’anime può essere difficile. Può tuttavia trovare impiego nei seguenti casi:
- Fan d’anime romantici alla ricerca di qualcosa di fiabesco e (molto) disimpegnato.
- Insonnia galoppante. In tal caso somministrare il suddetto anime prima di coricarsi. Attenzione: gli effetti soporiferi possono essere immediati.
- Feticisti delle brutte animazioni. In tal caso si raccomanda una bella maratona di questa serie, i cui frame faranno concorrenza agli orridi cartoni animati dei testimoni di Geova.
- Persone colpite dalla medesima maledizione del protagonista. In tal caso, per trovare una soluzione, si invita a proseguire con la lettura del manga, oppure si attenda l’eventuale seconda stagione.
A tutte le altre persone si sconsiglia la visione di questa serie: è un’improbabile accozzaglia d’idee confuse, troppo noiosa per cadere nel trash, troppo disimpegnata per esser presa seriamente, troppo mal animata per esser vista con lo scopo di rifarsi gli occhi. Può però avere un senso scaricarsi la colonna sonora. È ottima per studiare, per rilassarsi. Esistono comunque delle soluzioni migliori.
Possibili effetti indesiderati
Probabile noia durante la visione, si raccomandano al massimo uno-due episodi al giorno. In caso di sbadiglio perpetuo, sospendere immediatamente l’attività e coricarsi a letto.
Come conservare questa serie
Se si appartiene a una delle categorie sopracitate, conservare negli angoli più remoti del proprio scaffale, lontano da amici e parenti. Evitare con cura di menzionare suddetta serie, o peggio ancora suggerirla. Tenere fuori dalla portata dei bambini.
Per tutti gli altri, conservare con cura nel cestino del desktop. Per coloro che avessero speso persino dei pecunia per il Blu-ray disc... potranno usufruire di un simpatico (?) posapiano. Si raccomanda comunque un uso più consapevole del denaro.
Versione Completa
Che cos’è e di che cosa parla
“Shinigami Bocchan to Kuro Maid” è una serie anime dell’estate 2021, prodotta dallo studio J.C. Staff e basata sull’omonimo manga di Koharu Inoue.
Per cominciare, si prenda un’ambientazione, la più piatta e casuale possibile; si aggiunga un pizzico di tardo Ottocento (senza dettagli o riferimenti d’alcun tipo); una spolverata di stregoneria lì, un po’ d’esoterismo che non guasta mai, si condisca poi il tutto con una leggera nota ecchi. Ecco a voi la trama...
Bocchan, il nostro protagonista, è lo sfortunato primogenito di una famiglia nobiliare. Spensierato in infanzia, viene suo malgrado maledetto da una strega e costretto a una vita da recluso. L’incanto è semplice, quanto crudele: qualsiasi creatura vivente toccata da lui andrà incontro a una rapida morte. Ripudiato dalla famiglia, in quanto inadeguato a governare/dialogare con la nobiltà, respinto dagli amici e temuto dalla popolazione, lo “shinigami” (così viene amorevolmente chiamato) vive isolato in una villa di periferia, con la compagnia di Rob, vecchio e miope maggiordomo, e di Alice, silenziosa ma audace cameriera che lo provoca costantemente con allusioni sessuali. Peccato che Bocchan, per quanto ami e sia attratto dalla ragazza, non possa far altro che limitarsi a guardare (e soffrire), ma forse c’è un modo per spezzare la maledizione... riuscirà a tornare libero?
Cosa contiene questa serie
Ben poco, in realtà. La trama, pur presentando più di uno spunto interessante, finisce per arenarsi in un battito di ciglia, con un pacing stile moviola. L’evoluzione, inoltre, è inesistente, con una gigantesca batteria d’episodi autoconclusivi che non portano nulla ai fini della storia. Ci sarebbe una maledizione, una nobile famiglia divisa, una madre severa e un padre morente. A questo poi si aggiungono streghe, occulto e non per ultima una storia d’amore impossibile tra Alice e l’impacciato Bocchan. Tutto questo rimane non solo incompiuto, ma nemmeno sviluppato. Buttato lì, quasi a voler dire “Hey, guarda che storia complessa e articolata”, salvo poi ‘trollare’ lo spettatore con dodici episodi di nulla cosmico. A prescindere da un’eventuale season 2, questi primi dodici episodi non hanno (quasi) alcun motivo d’esistere: la love story è consolidata fin dai flashback, l’unico “colpo di scena” è stato un protagonista che, dopo undici episodi, ha finalmente mandato a quel paese la madre... perché uno dovrebbe sprecare oltre duecento minuti della propria vita per una storia già consolidata in partenza?
L’ambientazione, tardo ottocentesca, è un’altra nota dolente. E lo dice uno che è grande fan delle storie ambientate in quel contesto storico. Nulla viene presentato, né tantomeno delineato. Ci sono solo tre luoghi: la tenuta di Bocchan, la tenuta della sua famiglia, il bosco delle streghe. Unica eccezione è la visita alla città, nel terzo episodio (forse, non a caso, il migliore dei dodici). Non si sa se il protagonista sia a capo di qualcuno/qualcosa, né quali siano le sue effettive proprietà. Per quanto mi riguarda, potevano ambientare questa serie in qualsiasi Paese occidentale in una qualsiasi epoca e non sarebbe cambiato un fico secco. Avrebbe quasi funzionato in un’ambientazione birmana, con le dovute correzioni. E questo non è un bene.
I personaggi sono una delle poche note positive (nel senso che non fanno pietà). Sono abbozzati, ma tutti discretamente originali: il protagonista è un simpatico connubio tra goffaggine e determinazione, peccato che la sua evoluzione psicologica si completi entro il terzo episodio, restando poi statica; Alice, fredda e pungente, possiede un lato molto dolce; Rob, l’anziano maggiordomo, è un bizzarro gentleman d’altri tempi; Viola, la sorellina del protagonista, è una loli con la passione per i vecchietti (Rob su tutti, suo sogno e desiderio proibito); Walter è il fratello minore del protagonista, a tratti patetico ma alla fine un bravo ragazzo; Caph è la strega tonta, mentre Zain è il suo bislacco (e un po’ pervertito) compagno. Gli unici personaggi ad avermi deluso sono i “villain” o, meglio, quella strega insipida che sembra conoscere qualcosa, ma poi... nulla di fatto. Un’antagonista del genere ha veramente poco senso, anche perché in dodici episodi lo spettatore verrà solo a conoscere che: odia il protagonista; ha il seno grosso (cit. Zain); non fa mai vedere il proprio volto. Ma in generale è il contesto della cabala, sulla carta la nota più interessante dell’opera, a deludere su tutti i fronti: buttata lì, a caso, senza un perché o un per come. Anche qui, potevano sostituirla con i Sette Nani, con il Leprecauno o col Ciciarampa e non sarebbe cambiato niente.
La comicità è... divertente, almeno all’inizio. Poi però, come uno disco rotto, ripete le stesse battute all’infinito, ammorbando lo spettatore. Mettiamola così: al primo episodio le provocazioni di Alice strapperanno qualche sorriso, al dodicesimo otterranno lo stesso effetto del farsi il solletico da soli.
Grafica/audio e altre informazioni utili
Le intenzioni sono “buone”, almeno sulla carta, poiché c’è un tentativo di conciliare il 3D con il 2D, ma il risultato è alquanto deludente. Le animazioni sono legnose, a tratti irritanti. Il mood “moviola” non aiuta a superare i (tanti) momenti morti, e le scene d’azione (poche, grazie al cielo) sono così goffe/innaturali da ricordare le demo dei giochi della prima Play Station (e forse, a confronto, perderebbero pure).
Le OST sono l’unica nota positiva dell’intero anime: limitate, ma efficaci, sono per la maggiore pezzi di musica classica, dal piano al violino. Carine le scene di Bocchan al pianoforte, che conferiscono atmosfera ad un background altrimenti vuoto. Complessivamente, si potrebbe definire la colonna sonora come la pezza che tenta di tappare, invano, i crateri di uno scafo avviato inesorabilmente agli abissi. Opening così così, l’ending l’ho trovata orecchiabile, ma qui son gusti personali.
Come visionare questa serie
Visionare quest’anime può essere difficile. Può tuttavia trovare impiego nei seguenti casi:
- Fan d’anime romantici alla ricerca di qualcosa di fiabesco e (molto) disimpegnato.
- Insonnia galoppante. In tal caso somministrare il suddetto anime prima di coricarsi. Attenzione: gli effetti soporiferi possono essere immediati.
- Feticisti delle brutte animazioni. In tal caso si raccomanda una bella maratona di questa serie, i cui frame faranno concorrenza agli orridi cartoni animati dei testimoni di Geova.
- Persone colpite dalla medesima maledizione del protagonista. In tal caso, per trovare una soluzione, si invita a proseguire con la lettura del manga, oppure si attenda l’eventuale seconda stagione.
A tutte le altre persone si sconsiglia la visione di questa serie: è un’improbabile accozzaglia d’idee confuse, troppo noiosa per cadere nel trash, troppo disimpegnata per esser presa seriamente, troppo mal animata per esser vista con lo scopo di rifarsi gli occhi. Può però avere un senso scaricarsi la colonna sonora. È ottima per studiare, per rilassarsi. Esistono comunque delle soluzioni migliori.
Possibili effetti indesiderati
Probabile noia durante la visione, si raccomandano al massimo uno-due episodi al giorno. In caso di sbadiglio perpetuo, sospendere immediatamente l’attività e coricarsi a letto.
Come conservare questa serie
Se si appartiene a una delle categorie sopracitate, conservare negli angoli più remoti del proprio scaffale, lontano da amici e parenti. Evitare con cura di menzionare suddetta serie, o peggio ancora suggerirla. Tenere fuori dalla portata dei bambini.
Per tutti gli altri, conservare con cura nel cestino del desktop. Per coloro che avessero speso persino dei pecunia per il Blu-ray disc... potranno usufruire di un simpatico (?) posapiano. Si raccomanda comunque un uso più consapevole del denaro.