Star Blazers 2199
Superbo remake della leggendaria storia della corazzata spaziale Yamato, con le dovute migliorie di trama e aggiustamenti di ingenuità del plot originale. Un classico della fantascienza pop giapponese riproposto con una grafica di primo ordine (peccato per la CGI non sempre al top), una narrativa semplice ma efficace e tante vibe nostalgiche per un immaginario che non è invecchiato di un giorno.
L'odissea della Yamato alla ricerca della tecnologia perduta di Iscandar è a tratti commovente, e il ritmo è sempre alto, anche negli episodi più riflessivi. Non ho mai sentito stanchezza nel guardare l'opera, e il finale, pur avendo una evoluzione di trama piuttosto lineare, riesce nel tenerti incollato allo schermo. Inoltre, vengono sviscerati tutti gli aspetti di questo mondo sconfinato in maniera soddisfacente, anche dell'impero Garmillas, che in questa versione viene ampliato e approfondito, togliendo quella caratterizzazione stereotipata da impero del male presente nella serie originale.
Peccato per il fanservice (oppai fiesta) non necessario, ma che comunque rimane negli standard senza troppo fastidio.
L'odissea della Yamato alla ricerca della tecnologia perduta di Iscandar è a tratti commovente, e il ritmo è sempre alto, anche negli episodi più riflessivi. Non ho mai sentito stanchezza nel guardare l'opera, e il finale, pur avendo una evoluzione di trama piuttosto lineare, riesce nel tenerti incollato allo schermo. Inoltre, vengono sviscerati tutti gli aspetti di questo mondo sconfinato in maniera soddisfacente, anche dell'impero Garmillas, che in questa versione viene ampliato e approfondito, togliendo quella caratterizzazione stereotipata da impero del male presente nella serie originale.
Peccato per il fanservice (oppai fiesta) non necessario, ma che comunque rimane negli standard senza troppo fastidio.
Se dovessi fare l’avvocato del diavolo, troverei in quest’opera un mucchio di pecche, a partire dalla prima differenza che si nota con la serie originale: nella serie originale i Garmilassiani sono differenti dagli umani non soltanto per la pelle, ma anche per l’ambiente in cui sopravvivono: le radiazioni mortali per gli esseri umani erano per loro positive, ecco perché colpirono il pianeta con missili radioattivi. In questa serie anche loro vivono in pianeti simili al nostro, e dunque potrebbero semplicemente invaderci forti della loro superiorità tecnologica.
Esempi come questo ne potrei fare a decine, ma ricordo che tutte le opere vivono di una logica loro, la quale dà loro il via per vivere, e potrei fare decine di esempi di cose che non mi convincono in titoli mainstream, da “Naruto Shippuden” a “Bleach”, ma sorvoliamo e ci gustiamo le emozioni che ci danno.
E l’opera funziona ed è molto più evoluta per altri aspetti del primo “Starblazers”: non è più Kodai-centrica, i personaggi secondari sono gestiti meglio, esistono motivi ideologici e sentimentali che portano i Terrestri e i Garmillasiani ad agire, e non necessariamente il nemico è cattivo, ma spinto dall’onore e dalle situazioni.
Penetreremo nella società di Garmillas, per scoprire che non è lontana dalla nostra alla base e che i vertici sono tutti presi in congiure e lotte di potere, fino a conoscere Abelt Dessler, il capo supremo di Garmillas, il quale si ispira probabilmente ad Adolf Hitler, un fuhrer amato e carismatico del suo popolo, ma fondamentalmente corrotto dal potere e dalla follia, che lo porta a perdere l’impero e la vita per combattere la Yamato.
Poi ci sono tanti personaggi interessanti in entrambi i popoli: comandanti e soldati che sacrificano la loro vita in nome dei rispettivi pianeti, del loro onore, dei loro superiori, lasciando magari persone care a casa ad aspettarli e a piangere, quando conosceranno la sorte dei loro cari.
Ho apprezzato anche il fatto che sono stati inseriti molti personaggi femminili che non fanno da carta da parati: oltre alla storica Yuki Mori, ricordiamo Makoto, Misaki, Kaoru, Dietz ecc.
Non ho apprezzato che la serie nell’ultimo episodio finisce con un miracolo: ma non ‘spoilererò’ niente.
L’opera dunque è buona: oltre i buoni personaggi, mi convince il character design, i combattimenti intramezzati dalla vita comune, che esiste anche per le persone in guerra, dove le perdite straziano, ma vengono poi lasciate indietro, perché la vita continua.
Esempi come questo ne potrei fare a decine, ma ricordo che tutte le opere vivono di una logica loro, la quale dà loro il via per vivere, e potrei fare decine di esempi di cose che non mi convincono in titoli mainstream, da “Naruto Shippuden” a “Bleach”, ma sorvoliamo e ci gustiamo le emozioni che ci danno.
E l’opera funziona ed è molto più evoluta per altri aspetti del primo “Starblazers”: non è più Kodai-centrica, i personaggi secondari sono gestiti meglio, esistono motivi ideologici e sentimentali che portano i Terrestri e i Garmillasiani ad agire, e non necessariamente il nemico è cattivo, ma spinto dall’onore e dalle situazioni.
Penetreremo nella società di Garmillas, per scoprire che non è lontana dalla nostra alla base e che i vertici sono tutti presi in congiure e lotte di potere, fino a conoscere Abelt Dessler, il capo supremo di Garmillas, il quale si ispira probabilmente ad Adolf Hitler, un fuhrer amato e carismatico del suo popolo, ma fondamentalmente corrotto dal potere e dalla follia, che lo porta a perdere l’impero e la vita per combattere la Yamato.
Poi ci sono tanti personaggi interessanti in entrambi i popoli: comandanti e soldati che sacrificano la loro vita in nome dei rispettivi pianeti, del loro onore, dei loro superiori, lasciando magari persone care a casa ad aspettarli e a piangere, quando conosceranno la sorte dei loro cari.
Ho apprezzato anche il fatto che sono stati inseriti molti personaggi femminili che non fanno da carta da parati: oltre alla storica Yuki Mori, ricordiamo Makoto, Misaki, Kaoru, Dietz ecc.
Non ho apprezzato che la serie nell’ultimo episodio finisce con un miracolo: ma non ‘spoilererò’ niente.
L’opera dunque è buona: oltre i buoni personaggi, mi convince il character design, i combattimenti intramezzati dalla vita comune, che esiste anche per le persone in guerra, dove le perdite straziano, ma vengono poi lasciate indietro, perché la vita continua.
"Space Battleship Yamato" è il remake dell'omonima serie della seconda metà degli anni '70 arrivata in Italia come "Star Blazers"; premetto che non ho mai visto il materiale originale, manga o anime che sia, quindi questa recensione sarà totalmente basata su ciò che ho visto e null'altro.
Parto dicendo subito che le animazioni e i disegni sono bellissimi e gradevoli alla vista, non ho notato parti nelle quali la qualità calasse drasticamente. Il design dei personaggi originali è rimasto praticamente invariato da quello originale degli anni '70, avendo subito ben pochi aggiustamenti, ma questo va un po' a cozzare secondo me con il chara design dei personaggi aggiunti ad hoc per questo remake, che si nota visibilmente hanno uno stile prettamente moderno e non simile a quello degli anni '70.
Un punto di forza di questa serie sono sicuramente le musiche, con OST potenti, drammatiche e nostalgiche che riescono a riflettere impeccabilmente gli stati d'animo dell'equipaggio della Yamato in ogni momento; la opening infonde perfettamente il senso di dovere e onore dei personaggi, mentre come ending la mia preferita deve essere "Light of Memories" di KOKIA.
Quello che mi blocca dal mettere alla serie un voto più alto come 9 o anche 9,5 sono le varie interazioni e "ship" tra i personaggi (soprattutto quelli secondari) che distraggono e molte volte mettono quasi "in pausa" l'azione e la narrazione che si svolge nel mentre, per focalizzarsi su relazioni interpersonali alle quali non viene però poi data attenzione successivamente, rendendo questo de facto una perdita di tempo e una rottura del pathos incalzante.
La consiglio comunque caldamente a chi sia un fan dello sci-fi alla "Star Trek" o comunque delle avventure nello spazio profondo e sconosciuto.
Voto finale: 8,5
Parto dicendo subito che le animazioni e i disegni sono bellissimi e gradevoli alla vista, non ho notato parti nelle quali la qualità calasse drasticamente. Il design dei personaggi originali è rimasto praticamente invariato da quello originale degli anni '70, avendo subito ben pochi aggiustamenti, ma questo va un po' a cozzare secondo me con il chara design dei personaggi aggiunti ad hoc per questo remake, che si nota visibilmente hanno uno stile prettamente moderno e non simile a quello degli anni '70.
Un punto di forza di questa serie sono sicuramente le musiche, con OST potenti, drammatiche e nostalgiche che riescono a riflettere impeccabilmente gli stati d'animo dell'equipaggio della Yamato in ogni momento; la opening infonde perfettamente il senso di dovere e onore dei personaggi, mentre come ending la mia preferita deve essere "Light of Memories" di KOKIA.
Quello che mi blocca dal mettere alla serie un voto più alto come 9 o anche 9,5 sono le varie interazioni e "ship" tra i personaggi (soprattutto quelli secondari) che distraggono e molte volte mettono quasi "in pausa" l'azione e la narrazione che si svolge nel mentre, per focalizzarsi su relazioni interpersonali alle quali non viene però poi data attenzione successivamente, rendendo questo de facto una perdita di tempo e una rottura del pathos incalzante.
La consiglio comunque caldamente a chi sia un fan dello sci-fi alla "Star Trek" o comunque delle avventure nello spazio profondo e sconosciuto.
Voto finale: 8,5
Almeno secondo me, "Uchuu Senkan Yamato 2199" è bello.
Si parla di un'opera già vista in passato, ma molto migliorata; riproposta qualche anno fa, ho dovuto per forza vederla. La qualità grafica e di animazione è eccellente (tranne per la CGI), la trama, anche se più o meno rivista da qualche parte, è comunque originale, e lo sviluppo dei personaggi è molto buono.
La trama parla di questo popolo, i Garmillassiani, che invade la Terra facendo scoppiare una guerra extraplanetaria (è ambientato nel 2199). Così gli umani, per proteggersi da questi alieni, costruiscono una nave, alla quale verrà dato il nome di Yamato, con la quale esplorare il cosmo alla ricerca di un antico popolo in grado di ristabilire la pace per gli umani.
Consiglio la visione a chi si introduce nel mondo astronavi stile anime e non solo.
Si parla di un'opera già vista in passato, ma molto migliorata; riproposta qualche anno fa, ho dovuto per forza vederla. La qualità grafica e di animazione è eccellente (tranne per la CGI), la trama, anche se più o meno rivista da qualche parte, è comunque originale, e lo sviluppo dei personaggi è molto buono.
La trama parla di questo popolo, i Garmillassiani, che invade la Terra facendo scoppiare una guerra extraplanetaria (è ambientato nel 2199). Così gli umani, per proteggersi da questi alieni, costruiscono una nave, alla quale verrà dato il nome di Yamato, con la quale esplorare il cosmo alla ricerca di un antico popolo in grado di ristabilire la pace per gli umani.
Consiglio la visione a chi si introduce nel mondo astronavi stile anime e non solo.
La trama di "Starblazers 2199" è sostanzialmente la stessa della prima serie del 1974: un equipaggio di Terrestri, sulla Corazzata Yamato affondata nel 1945 e trasformata in astronave dopo il recupero, deve raggiungere il pianeta Iskandar per ricevere il dispositivo che renderà di nuovo abitabile la superficie della Terra, trasformata in un deserto radioattivo dai malvagi alieni del pianeta Gamilas, dai cui attacchi i protagonisti si dovranno difendere durante il viaggio. Ciò che cambia maggiormente, oltre all'aspetto tecnico di cui si parlerà successivamente, è la caratterizzazione dei personaggi. Ad esempio, Yuki non è più l'unica donna sulla Yamato; le altre controparti femminili Yuria e Hajime godono di un certo spessore.
Rispetto alla vecchia serie, i movimenti della corazzata (le cui inquadrature in buona parte coincidono), dei suoi caccia e delle altre astronavi sono molto più realistici e spettacolari, cosa resa possibile dalla grafica poligonale "rivestita" di disegni per non creare stacchi eccessivi: una soluzione che reputo migliore della computer grafica "nuda", comunque presente soprattutto per la resa dei fondali, ma in maniera abbastanza parsimoniosa.
L'aggiornamento si realizza anche nel character design. I personaggi più giovani sono tutti decisamente "kawaii", persino il dittatore gamilassiano Abelt Dressler (che a me ha ricordato un "Light Yagami" - di "Death Note" - alieno). Un ufficiale della sua stessa razza, d'altronde, sembra la versione extraterrestre di Capitan Harlock! Il fatto che Yuki per un certo periodo venga scambiata per un'iskandariana (e, a dir la verità, qualche dubbio anche a visione completata rimane) vuol forse prendere in giro il vecchio adagio "le donne di Matsumoto sembrano tutte uguali".
Sono meno chiare le ragioni per cui i Gamilassiani abbiano devastato in modo così radicale l'ambiente terrestre: se nella serie originale ciò era giustificato dalla loro diversa fisiologia rispetto a quella degli esseri umani (non potevano vivere nella nostra atmosfera e il loro scopo era modificare il nostro pianeta in modo a loro favorevole per poi immigrarvi), qui Gamilassiani e Terrestri sono assolutamente simili, a parte il colore dell'epidermide; la volontà di dominio da parte di Dressler non sembra una motivazione sufficiente, tanto più che l'Impero di Gamilas aveva sottomesso e integrato molte razze aliene.
Rispetto alla vecchia serie, i movimenti della corazzata (le cui inquadrature in buona parte coincidono), dei suoi caccia e delle altre astronavi sono molto più realistici e spettacolari, cosa resa possibile dalla grafica poligonale "rivestita" di disegni per non creare stacchi eccessivi: una soluzione che reputo migliore della computer grafica "nuda", comunque presente soprattutto per la resa dei fondali, ma in maniera abbastanza parsimoniosa.
L'aggiornamento si realizza anche nel character design. I personaggi più giovani sono tutti decisamente "kawaii", persino il dittatore gamilassiano Abelt Dressler (che a me ha ricordato un "Light Yagami" - di "Death Note" - alieno). Un ufficiale della sua stessa razza, d'altronde, sembra la versione extraterrestre di Capitan Harlock! Il fatto che Yuki per un certo periodo venga scambiata per un'iskandariana (e, a dir la verità, qualche dubbio anche a visione completata rimane) vuol forse prendere in giro il vecchio adagio "le donne di Matsumoto sembrano tutte uguali".
Sono meno chiare le ragioni per cui i Gamilassiani abbiano devastato in modo così radicale l'ambiente terrestre: se nella serie originale ciò era giustificato dalla loro diversa fisiologia rispetto a quella degli esseri umani (non potevano vivere nella nostra atmosfera e il loro scopo era modificare il nostro pianeta in modo a loro favorevole per poi immigrarvi), qui Gamilassiani e Terrestri sono assolutamente simili, a parte il colore dell'epidermide; la volontà di dominio da parte di Dressler non sembra una motivazione sufficiente, tanto più che l'Impero di Gamilas aveva sottomesso e integrato molte razze aliene.
Questo remake (o reboot, che dir si voglia) ha senso? No, come la maggior parte di essi. Ma in questo caso si va a toccare una icona che ha dato il via al definitivo anime-boom in terra nipponica e al tempo stesso tenuto incollato milioni di ragazzini davanti alle TV di tutto il mondo nei gloriosi anni '80.
La prima cosa che balza all'occhio di "Yamato 2199" è la predominanza della CGI per quanto riguarda la struttura delle astronavi e relative animazioni, adesso rielaborate con precisione ingegneristica, fluide ma fredde, con movimenti prevedibili e più adatte alla presentazione di un qualsiasi videogame. Il disegno a mano della serie originale e la lentezza (voluta) delle inquadrature mettevano in risalto tutta la mole e l'imponenza della corazzata guidata dal capitano Okita e l'intrinseca difficoltà del suo equipaggio nel manovrare una nave spaziale di tali dimensioni (la sequenza della partenza dal sottosuolo terrestre del 1974, simbolo immarcescibile della cultura anime, viene ricopiata pari pari con non poca velleità). I personaggi odierni sembrano tutti manichini inespressivi dagli occhi 'pucciosi' in scintillante stile shojo, tanto per accontentare anche la (risicata) fetta di pubblico femminile. In passato, un po' per via delle varie coproduzioni internazionali e un po' per il tratto realistico lanciato da Tatsuo Yoshida della Tatsunoko e da Kazuo Komatsubara (due artisti, entrambi affascinati e ispirati dall'universo dei comics, che hanno lasciato un vuoto incolmabile), il character design risultava involontariamente più vicino ai gusti degli spettatori occidentali. Per fortuna la trama sembra non aver riportato grosse modifiche e/o futili modernizzazioni di sorta, a parte una lieve - dettata dai tempi - moderazione nel tono dei dialoghi (e ci mancherebbe altro, gli storyboard erano già lì, belli che pronti, conservati con tanto di firma di Yoshikazu Yasuhiko!).
Essere troppo conservatori frena l'illusione e la fantasia, ma non è detto che tutto ciò che è nuovo sarà migliore e, se questa è la tanto decantata generazione dei registi quarantenni cresciuti a pane e robottoni... c'è di che preoccuparsi.
La prima cosa che balza all'occhio di "Yamato 2199" è la predominanza della CGI per quanto riguarda la struttura delle astronavi e relative animazioni, adesso rielaborate con precisione ingegneristica, fluide ma fredde, con movimenti prevedibili e più adatte alla presentazione di un qualsiasi videogame. Il disegno a mano della serie originale e la lentezza (voluta) delle inquadrature mettevano in risalto tutta la mole e l'imponenza della corazzata guidata dal capitano Okita e l'intrinseca difficoltà del suo equipaggio nel manovrare una nave spaziale di tali dimensioni (la sequenza della partenza dal sottosuolo terrestre del 1974, simbolo immarcescibile della cultura anime, viene ricopiata pari pari con non poca velleità). I personaggi odierni sembrano tutti manichini inespressivi dagli occhi 'pucciosi' in scintillante stile shojo, tanto per accontentare anche la (risicata) fetta di pubblico femminile. In passato, un po' per via delle varie coproduzioni internazionali e un po' per il tratto realistico lanciato da Tatsuo Yoshida della Tatsunoko e da Kazuo Komatsubara (due artisti, entrambi affascinati e ispirati dall'universo dei comics, che hanno lasciato un vuoto incolmabile), il character design risultava involontariamente più vicino ai gusti degli spettatori occidentali. Per fortuna la trama sembra non aver riportato grosse modifiche e/o futili modernizzazioni di sorta, a parte una lieve - dettata dai tempi - moderazione nel tono dei dialoghi (e ci mancherebbe altro, gli storyboard erano già lì, belli che pronti, conservati con tanto di firma di Yoshikazu Yasuhiko!).
Essere troppo conservatori frena l'illusione e la fantasia, ma non è detto che tutto ciò che è nuovo sarà migliore e, se questa è la tanto decantata generazione dei registi quarantenni cresciuti a pane e robottoni... c'è di che preoccuparsi.
Tutti noi, nella vita, affrontiamo un viaggio. Anzi, la nostra vita è un continuo di viaggi, sia piccoli come l'uscire di casa per andare a scuola o al lavoro sia i grandi viaggi in cui andare a esplorare il mondo.
Ma in tutti i viaggi c'è sempre una cosa, che a mio parere è il momento più bello di un viaggio: il ritorno a casa, quel luogo dove sei al sicuro insieme ai tuoi cari e alle cose che tu conosci.
Ma cosa succederebbe se ci si imbarcasse in un viaggio, in una nave, nello spazio, dal tempo limite di un anno intero, la cui destinazione è distante migliaia di anni luce dalla Terra, lontano da casa e dai tuoi cari, al fianco di persone che non conosci, e dove le probabilità di tornare vivo sono molto basse perché qualcuno ti vuole morto?
Questo è quello che ci propone "Uchuu Senkan Yamato 2199", remake della serie omonima degli anni '70 tratta da un'opera di Leiji Matsumoto (noto per serie come "Capitan Harlock" o "Galaxy Express 999"), il quale promette di proporre in salsa moderna, ma mantenendone le caratteristiche che l'hanno reso famoso all'epoca, l'affascinante ma lungo e pericoloso viaggio della Yamato alla volta del pianeta Iscandar.
Ambientato nel 2199, troviamo la Terra ridotta a un deserto, e l'umanità è costretta a vivere in città sotterrane per via della continua caduta di bombe radioattive lanciate dalla bellicosa razza aliena dei Gamilas; a causa delle radiazioni in continua profusione all'umanità rimane soltanto un anno di vita e, a complicare le cose, la flotta principale terrestre è uscita decimata a causa delle risorse militari avanzate degli alieni.
Miracolosamente, c'è una speranza: impietosita dalla sorte terrestre, la regina Starsha del pianeta Iscandar decide, tramite sua sorella Sasha, di consegnare all'umanità i progetti del motore "a onde moventi", in modo che possano costruire con esso una nave in grado di raggiungere il pianeta Iscandar e così ricevere le tecnologie necessarie a salvare il pianeta. A tal proposito viene avviato il progetto Yamato, il quale consiste nel ricostruire e convertire in una nave spaziale l'omonima corazzata da guerra affondata nella Seconda Guerra Mondiale e, dopo aver composto l'intero equipaggio, partire alla vota di Iscandar in un lunghissimo viaggio in un tempo massimo di un anno. Nel tragitto dovranno fare i conti con l'impero dei Gamilas.
Ciò che colpisce di questa opera non è soltanto la sua semplice, ma intensa, formula narrativa, ma ciò che la compone, in particolare i personaggi.
Sia nella Yamato sia, anche, nelle forze nemiche, troveremo personaggi molto caratterizzati, pronti, seppur con paura, a dare la vita nelle loro cause, sia giuste che sbagliate.
Oltre al viaggio, si parla di guerra, nella quale troveremo battaglie e vite spente. La serie non parla di una guerra di odio, ma di una battaglia di auto-difesa, dove si combatte e si uccide solo per non essere uccisi, nella quale vedi i nemici solo come carnefici perché non li vedi in volto, e solo vedendoli in volto e non facendo parlare le armi ma la propria voce puoi capire i loro ideali e i motivi che li spingono a combattere, e, forse, giungere alla comprensione reciproca e formare dei legami con essi.
Uno dei messaggi di questa serie è, infatti, quello che, nonostante siamo formati da razze e modi di pensare diversi, siamo comunque persone, esseri che vivono la propria vita, che hanno dei legami, che cercano il futuro e, sarò sincero, tutti creati da un unico creatore. E la regola non vale solo per gli esseri organici.
Spendo poco sulle battaglie, le quali, essendo combattute da navi, puntano molto sulla strategia, sull'armamento di ogni unità, su ciò che il campo di battaglia offre e, soprattutto, sulle capacità di comando; non ci saranno solo battaglie fra navi, ma anche fra i personaggi, principalmente in feroci e drammatiche sparatorie, sia a piedi che a bordo dei caccia.
L'anima della serie non è nelle battaglie, ma nei personaggi.
Dal lato dei Gamilas, vedremo soldati pronti a dare la vita se necessario, con fedeltà e fiducia nei confronti dei propri sovrani e superiori, gente normale che vive lontana dall'incubo della guerra e, purtroppo, intrighi politici fra alte sfere e militari pronti a pugnalarsi alle spalle per la loro vanagloria personale, a discapito degli altri; vedremo anche comandanti dotati di grande onore pronti a rispettare i propri nemici e combattere al meglio per il proprio, sincero, onore, in veri e propri episodi di eccezionale cameratismo.
Ovviamente, a spiccare su tutti è il loro leader Albelt Dessler, un antagonista molto carismatico che alterna momenti di malvagità a momenti di cameratismo e, sporadici ma intensi, momenti di umanità.
Ma ora passiamo all'equipaggio della Yamato.
Essi sono il cuore della serie, passano il tempo, oltre a combattere, a conoscersi e instaurare legami, mangiano in mensa, chiacchierano fra loro su voci o gossip ecc., donando, anche, momenti di relax alla serie. Fra essi troviamo il carismatico capitano Okita e i personaggi principali della serie, ovvero l'affascinante Yuki Mori e il giovane Susumo Kodai. Oltre a loro conosceremo altri personaggi, tutti molto caratterizzati, i quali danno un ventaglio molto variegato di personalità all'equipaggio.
Molto belle le musiche, in particolare l'opening, caratterizzata dalla stessa, affascinante, musica della omonima serie degli anni '70, e dalle scene riprodotte fedelmente, con molte aggiunte.
Se avete sentito parlare di Leiji Matsumoto e di questa famosissima opera, ma non avete avuto il modo, o il coraggio, di vedere la sua opera, ora avete la possibilità di vederla in questo bellissimo remake, con ovvie aggiunte e aggiornamenti, e assistete all'epico viaggio, che io ho concluso poche ore fa, della Yamato e del suo equipaggio.
Levate l'ancora e partite anche voi alla volta di Iscandar.
Ma in tutti i viaggi c'è sempre una cosa, che a mio parere è il momento più bello di un viaggio: il ritorno a casa, quel luogo dove sei al sicuro insieme ai tuoi cari e alle cose che tu conosci.
Ma cosa succederebbe se ci si imbarcasse in un viaggio, in una nave, nello spazio, dal tempo limite di un anno intero, la cui destinazione è distante migliaia di anni luce dalla Terra, lontano da casa e dai tuoi cari, al fianco di persone che non conosci, e dove le probabilità di tornare vivo sono molto basse perché qualcuno ti vuole morto?
Questo è quello che ci propone "Uchuu Senkan Yamato 2199", remake della serie omonima degli anni '70 tratta da un'opera di Leiji Matsumoto (noto per serie come "Capitan Harlock" o "Galaxy Express 999"), il quale promette di proporre in salsa moderna, ma mantenendone le caratteristiche che l'hanno reso famoso all'epoca, l'affascinante ma lungo e pericoloso viaggio della Yamato alla volta del pianeta Iscandar.
Ambientato nel 2199, troviamo la Terra ridotta a un deserto, e l'umanità è costretta a vivere in città sotterrane per via della continua caduta di bombe radioattive lanciate dalla bellicosa razza aliena dei Gamilas; a causa delle radiazioni in continua profusione all'umanità rimane soltanto un anno di vita e, a complicare le cose, la flotta principale terrestre è uscita decimata a causa delle risorse militari avanzate degli alieni.
Miracolosamente, c'è una speranza: impietosita dalla sorte terrestre, la regina Starsha del pianeta Iscandar decide, tramite sua sorella Sasha, di consegnare all'umanità i progetti del motore "a onde moventi", in modo che possano costruire con esso una nave in grado di raggiungere il pianeta Iscandar e così ricevere le tecnologie necessarie a salvare il pianeta. A tal proposito viene avviato il progetto Yamato, il quale consiste nel ricostruire e convertire in una nave spaziale l'omonima corazzata da guerra affondata nella Seconda Guerra Mondiale e, dopo aver composto l'intero equipaggio, partire alla vota di Iscandar in un lunghissimo viaggio in un tempo massimo di un anno. Nel tragitto dovranno fare i conti con l'impero dei Gamilas.
Ciò che colpisce di questa opera non è soltanto la sua semplice, ma intensa, formula narrativa, ma ciò che la compone, in particolare i personaggi.
Sia nella Yamato sia, anche, nelle forze nemiche, troveremo personaggi molto caratterizzati, pronti, seppur con paura, a dare la vita nelle loro cause, sia giuste che sbagliate.
Oltre al viaggio, si parla di guerra, nella quale troveremo battaglie e vite spente. La serie non parla di una guerra di odio, ma di una battaglia di auto-difesa, dove si combatte e si uccide solo per non essere uccisi, nella quale vedi i nemici solo come carnefici perché non li vedi in volto, e solo vedendoli in volto e non facendo parlare le armi ma la propria voce puoi capire i loro ideali e i motivi che li spingono a combattere, e, forse, giungere alla comprensione reciproca e formare dei legami con essi.
Uno dei messaggi di questa serie è, infatti, quello che, nonostante siamo formati da razze e modi di pensare diversi, siamo comunque persone, esseri che vivono la propria vita, che hanno dei legami, che cercano il futuro e, sarò sincero, tutti creati da un unico creatore. E la regola non vale solo per gli esseri organici.
Spendo poco sulle battaglie, le quali, essendo combattute da navi, puntano molto sulla strategia, sull'armamento di ogni unità, su ciò che il campo di battaglia offre e, soprattutto, sulle capacità di comando; non ci saranno solo battaglie fra navi, ma anche fra i personaggi, principalmente in feroci e drammatiche sparatorie, sia a piedi che a bordo dei caccia.
L'anima della serie non è nelle battaglie, ma nei personaggi.
Dal lato dei Gamilas, vedremo soldati pronti a dare la vita se necessario, con fedeltà e fiducia nei confronti dei propri sovrani e superiori, gente normale che vive lontana dall'incubo della guerra e, purtroppo, intrighi politici fra alte sfere e militari pronti a pugnalarsi alle spalle per la loro vanagloria personale, a discapito degli altri; vedremo anche comandanti dotati di grande onore pronti a rispettare i propri nemici e combattere al meglio per il proprio, sincero, onore, in veri e propri episodi di eccezionale cameratismo.
Ovviamente, a spiccare su tutti è il loro leader Albelt Dessler, un antagonista molto carismatico che alterna momenti di malvagità a momenti di cameratismo e, sporadici ma intensi, momenti di umanità.
Ma ora passiamo all'equipaggio della Yamato.
Essi sono il cuore della serie, passano il tempo, oltre a combattere, a conoscersi e instaurare legami, mangiano in mensa, chiacchierano fra loro su voci o gossip ecc., donando, anche, momenti di relax alla serie. Fra essi troviamo il carismatico capitano Okita e i personaggi principali della serie, ovvero l'affascinante Yuki Mori e il giovane Susumo Kodai. Oltre a loro conosceremo altri personaggi, tutti molto caratterizzati, i quali danno un ventaglio molto variegato di personalità all'equipaggio.
Molto belle le musiche, in particolare l'opening, caratterizzata dalla stessa, affascinante, musica della omonima serie degli anni '70, e dalle scene riprodotte fedelmente, con molte aggiunte.
Se avete sentito parlare di Leiji Matsumoto e di questa famosissima opera, ma non avete avuto il modo, o il coraggio, di vedere la sua opera, ora avete la possibilità di vederla in questo bellissimo remake, con ovvie aggiunte e aggiornamenti, e assistete all'epico viaggio, che io ho concluso poche ore fa, della Yamato e del suo equipaggio.
Levate l'ancora e partite anche voi alla volta di Iscandar.
Fare un remake è sempre un azzardo, mi è bastato vedere la prima serie di "Holly & Benji" per capirlo. Ma quando si cerca di farlo di una leggenda come "La corazzata Yamato" che succederà? E' una sfida persa in partenza? Invece Anno riesce nell'impresa, dandoci una versione della "Yamato" targata 2012, un lavoro perfetto.
La trama resta la stessa, eppure tutto è molto più ampio e articolato. Incontriamo infatti molti personaggi che nella serie classica appariranno solo nella seconda e terza stagione, come il capitano Gideon (Amm Isigata) o il lupo dello spazio comandante del famoso sottomarino, mentre la storia è molto più al femminile, perché una gran quantità di nuovi personaggi del gentil sesso vengono inseriti, sia sulla nave che tra i gamilonesi, in primis la moglie di Doomel. Tante cose vengono illustrate, mentre prima erano lasciate sul vago, tanti retroscena su come funziona l'impero gamilonese e non solo sono finalmente comprensibili. Certo, la storia non è più Kodai-centrica e anche il ruolo di Venture e dello stesso Capitano Avatar, nonché del fratello di Kodai, vengono significativamente ridotti, rendendo "La corazzata Yamato" un'opera molto più corale di quanto non fosse già la prima. La grafica è da sogno, tanto da far sembrare "Evangelion" terribilmente datato, la regia perfetta, le molte battaglie non ne parliamo. E vogliamo parlare dell'astronomia? Grazie a quarant'anni di progressi, io che sono un gran appassionato di questa scienza non ho potuto non restare ammirato dalle splendide immagini trasmesse. E' davvero incredibile quanto materiale sia stato inserito in questi ventisei episodi, eppure tutto tiene, nulla è troppo accelerato e tutto comprensibile ed equilibrato. Eppure ciò ne costituisce un neo, perché non si riesce appieno a gustare tutto, si perde qualcosa.
"Yamato 2012" è una serie da vedere e rivedere, sia perché è uno spettacolo per gli occhi, sia per la necessità di gustare tutto, e una sola visione non è sufficiente. Altro piccolo neo è il fatto che si possa restare delusi dalla perdita di peso di vari personaggi storici in favore dei nuovi. Inoltre resto convinto che, se si voglia gustare appieno "Yamato 2012", sia necessario vedere prima la vecchia versione e solo dopo questa; diversamente si perderebbe non saprei bene cosa, ma è un qualcosa che ho avvertito solo nella prima versione, non in questa. Altro piccolo neo è il finale, che ho trovato un po' cupo e mai avrei pensato che si potesse mettere sotto accusa niente meno che il cannone a onde, perché... scopritelo da voi.
Le colonne sonore sono, manco a dirlo, perfette. Uniche note stonate nel chara, a mio avviso, sono Venture disegnato troppo da dandy e Desler che ha perso il suo volto duro da antico romano per uno troppo dolce. Infine complimenti ad Anno, per aver onorato il debito che, per sua stessa ammissione, ha verso la corazzata, perché: "Senza di essa la mia carriera nell'animazione sarebbe stata molto diversa e, forse, non sarebbe nemmeno incominciata". In ogni caso "Yamato 2012" è una serie perfetta, un capolavoro di remake, a cui non posso non dare dieci.
La trama resta la stessa, eppure tutto è molto più ampio e articolato. Incontriamo infatti molti personaggi che nella serie classica appariranno solo nella seconda e terza stagione, come il capitano Gideon (Amm Isigata) o il lupo dello spazio comandante del famoso sottomarino, mentre la storia è molto più al femminile, perché una gran quantità di nuovi personaggi del gentil sesso vengono inseriti, sia sulla nave che tra i gamilonesi, in primis la moglie di Doomel. Tante cose vengono illustrate, mentre prima erano lasciate sul vago, tanti retroscena su come funziona l'impero gamilonese e non solo sono finalmente comprensibili. Certo, la storia non è più Kodai-centrica e anche il ruolo di Venture e dello stesso Capitano Avatar, nonché del fratello di Kodai, vengono significativamente ridotti, rendendo "La corazzata Yamato" un'opera molto più corale di quanto non fosse già la prima. La grafica è da sogno, tanto da far sembrare "Evangelion" terribilmente datato, la regia perfetta, le molte battaglie non ne parliamo. E vogliamo parlare dell'astronomia? Grazie a quarant'anni di progressi, io che sono un gran appassionato di questa scienza non ho potuto non restare ammirato dalle splendide immagini trasmesse. E' davvero incredibile quanto materiale sia stato inserito in questi ventisei episodi, eppure tutto tiene, nulla è troppo accelerato e tutto comprensibile ed equilibrato. Eppure ciò ne costituisce un neo, perché non si riesce appieno a gustare tutto, si perde qualcosa.
"Yamato 2012" è una serie da vedere e rivedere, sia perché è uno spettacolo per gli occhi, sia per la necessità di gustare tutto, e una sola visione non è sufficiente. Altro piccolo neo è il fatto che si possa restare delusi dalla perdita di peso di vari personaggi storici in favore dei nuovi. Inoltre resto convinto che, se si voglia gustare appieno "Yamato 2012", sia necessario vedere prima la vecchia versione e solo dopo questa; diversamente si perderebbe non saprei bene cosa, ma è un qualcosa che ho avvertito solo nella prima versione, non in questa. Altro piccolo neo è il finale, che ho trovato un po' cupo e mai avrei pensato che si potesse mettere sotto accusa niente meno che il cannone a onde, perché... scopritelo da voi.
Le colonne sonore sono, manco a dirlo, perfette. Uniche note stonate nel chara, a mio avviso, sono Venture disegnato troppo da dandy e Desler che ha perso il suo volto duro da antico romano per uno troppo dolce. Infine complimenti ad Anno, per aver onorato il debito che, per sua stessa ammissione, ha verso la corazzata, perché: "Senza di essa la mia carriera nell'animazione sarebbe stata molto diversa e, forse, non sarebbe nemmeno incominciata". In ogni caso "Yamato 2012" è una serie perfetta, un capolavoro di remake, a cui non posso non dare dieci.
Una fantastica "space opera" sorretta da una maestosa colonna sonora, fedele a uno stile "romantico" ed eroico ben confezionato. Le battaglie spaziali sono avvincenti e il sacrificio delle forze in campo convincente. Non credo ci siano lavori di restyling con risultati ottimi come quello di "Yamato 2199". Rispetto al progetto originale sono state introdotte sfumature di trama per meglio comunicare emozioni e stati d'animo delle due fazioni avverse. Interessanti anche alcune citazioni cinematografiche, come quella di "Battle of the bulge" aka "La battaglia dei giganti", in cui un ufficiale gamilonese si vede assegnare truppe giovani e poco esperte che eseguiranno un inno di battaglia a riprova della loro adesione, anche "spirituale", all'impero.
L'atmosfera è stata resa meno "pesante", con la minore esaltazione del sacrificio e una implementazione maggiore di personaggi femminili nell'equipaggio (nell'originale solo una donna... poverina). Da vedere, anche se non si gradiscono le storie di fantascienza: il prodotto è tecnicamente e scenograficamente ineccepibile e non bisogna badare all'invincibilità della "Yamato" o ai movimenti poco convincenti di alcune unità da guerra (solo nella prima puntata).
L'atmosfera è stata resa meno "pesante", con la minore esaltazione del sacrificio e una implementazione maggiore di personaggi femminili nell'equipaggio (nell'originale solo una donna... poverina). Da vedere, anche se non si gradiscono le storie di fantascienza: il prodotto è tecnicamente e scenograficamente ineccepibile e non bisogna badare all'invincibilità della "Yamato" o ai movimenti poco convincenti di alcune unità da guerra (solo nella prima puntata).
"Uchuu Senkan Yamato 2199" è un'opera dal sapore forte, completo, uno sguardo a una fantascienza ormai dimenticata fatta di poetiche distese, immense riflessioni e battaglie strabilianti. Un remake consigliato non solo ai fan più nostalgici della vecchia serie TV, ma anche a chi voglia avvicinarsi a un Matsumoto moderno, libero dalla staticità grazie a un apporto tecnologico allo stato dell'arte. Gli episodi scorrono veloci, serrati, anche quelli più lenti sanno trasmettere la giusta dose d'inquietudine e rispetto verso tematiche fortemente umane. Alla pari con altre serie di grande spessore, la corazzata spaziale Yamato, sgraziata, grigia e blindata, è il mezzo che l'autore usa sapientemente per mostrare le atrocità della guerra, spesso attraverso gli occhi di entrambi gli schieramenti, il tutto grazie a grafiche e animazioni altamente spettacolari e pirotecniche che regalano allo spettatore un vero piacere per gli occhi che animerà anche il più annoiato.
Tecnica: "Yamato 2199", remake di una serie TV anni '70, all'estero "Starblazers", ne conserva tutte le peculiarità andando invece a limare gli eccessi dovuti allo stile dell'epoca, quali la lungaggine in questioni non essenziali alla trama in molti episodi, qui invece dipanata con buona dose di maestria attraverso un numero minore di puntate totali, senza tuttavia intaccare minimamente la solidità dell'opera, che risulta anzi epica, ferma e ben piantata su una regia veloce e moderna, con rimandi continui allo stile della prima serie (basti guardare il character design), tanto che si potrebbe dire che "Yamato 2199" sia un omaggio alla serie originale, oltre che esserne un remake molto preciso, soprattutto nella prima metà. Le variazioni infatti non vanno a ledere l'interezza dell'opera precedente, anzi, la privano di quell'ingenuità tipica dei cartoni animati destinati a un pubblico più vasto e di età più bassa, rendendola al contrario fruibile anche all'appassionato grazie a un linguaggio tecnico ricercato e più realistico, così come ad animazioni tecniche al di sopra dello standard.
Mecha: il mecha design di "Yamato 2199" è infatti sbalorditivo. La corazzata rinasce di una grafica 3D al punto da sembrare viva nelle sue evoluzioni in ogni direzioni. Vederla sparare con tutto quello che ha a bordo mentre semina il panico tra le linee nemiche è qualcosa di impagabile, e ogni nostalgico si ritroverà bambino di colpo, concentrato a tifare per i "buoni", dove "buono" non è nessuno, e i "nostri" sono tali solo perché protetti dall'invulnerabile corazzatura della nave terrestre, dove saranno continuamente messi alla prova e non solo dai loro nemici.
Chara: il character design di "Yamato 2199" è una versione abbellita dell'originale, semplicemente ammodernata, e ne conserva volutamente parte della purezza. Ogni personaggio è infatti riportato tale e quale come era all'epoca, con voluta ingenuità dei tratti, che tuttavia è ben amalgamata al resto delle ambientazioni che, al contrario, sono predominate da un mecha design d'incredibile accuratezza. Novità in fatto di cast costituiscono invece un arricchimento e questo dimostra inequivocabilmente l'occhio attento degli autori verso il panorama del cinema internazionale (per fare un esempio, la Yamato spara duro come il Galactica e, allo stesso modo del remake della celebre serie televisiva di fantascienza, anche in "Yamato 2199" molti personaggi cambiano sesso rispetto alla serie originale).
Musica: come il resto, la colonna sonora di "Yamato 2199" è attenta a non calpestare l'opera originale, mixandole sonorità aggiornate e valorizzandone i contenuti (memorabile l'inizio della terza puntata, montato in sequenza con gli avvenimenti delle precedenti) con sapienza e audacia. L'azione è invece trascinata da crescendo impetuosi, che ben si accompagnano alle immagini psichedeliche e ai paesaggi maestosi. Le sigle di coda, alcune molto piacevoli, sono sicuramente oscurate da quella d'apertura in tutte le sue variazioni sul tema, che è semplicemente esplosiva più di come lo era allora (parliamo della versione in inglese dell'epoca... non quella italiana).
Curiosità: la Yamato è stata la corazzata più grande mai realizzata, e fu persa verso la fine della guerra, senza tuttavia aver causato troppi problemi alle forze alleate. La celebrazione di Matsumoto è una vera e propria rivincita contro lo smembramento delle forze armate a seguito della resa del Giappone e questo cartone animato è diventato nel tempo una sorta di "beniamino" nel Paese del Sol Levante, e sicuramente una delle serie anime più famose e amate da tutti.
Tecnica: "Yamato 2199", remake di una serie TV anni '70, all'estero "Starblazers", ne conserva tutte le peculiarità andando invece a limare gli eccessi dovuti allo stile dell'epoca, quali la lungaggine in questioni non essenziali alla trama in molti episodi, qui invece dipanata con buona dose di maestria attraverso un numero minore di puntate totali, senza tuttavia intaccare minimamente la solidità dell'opera, che risulta anzi epica, ferma e ben piantata su una regia veloce e moderna, con rimandi continui allo stile della prima serie (basti guardare il character design), tanto che si potrebbe dire che "Yamato 2199" sia un omaggio alla serie originale, oltre che esserne un remake molto preciso, soprattutto nella prima metà. Le variazioni infatti non vanno a ledere l'interezza dell'opera precedente, anzi, la privano di quell'ingenuità tipica dei cartoni animati destinati a un pubblico più vasto e di età più bassa, rendendola al contrario fruibile anche all'appassionato grazie a un linguaggio tecnico ricercato e più realistico, così come ad animazioni tecniche al di sopra dello standard.
Mecha: il mecha design di "Yamato 2199" è infatti sbalorditivo. La corazzata rinasce di una grafica 3D al punto da sembrare viva nelle sue evoluzioni in ogni direzioni. Vederla sparare con tutto quello che ha a bordo mentre semina il panico tra le linee nemiche è qualcosa di impagabile, e ogni nostalgico si ritroverà bambino di colpo, concentrato a tifare per i "buoni", dove "buono" non è nessuno, e i "nostri" sono tali solo perché protetti dall'invulnerabile corazzatura della nave terrestre, dove saranno continuamente messi alla prova e non solo dai loro nemici.
Chara: il character design di "Yamato 2199" è una versione abbellita dell'originale, semplicemente ammodernata, e ne conserva volutamente parte della purezza. Ogni personaggio è infatti riportato tale e quale come era all'epoca, con voluta ingenuità dei tratti, che tuttavia è ben amalgamata al resto delle ambientazioni che, al contrario, sono predominate da un mecha design d'incredibile accuratezza. Novità in fatto di cast costituiscono invece un arricchimento e questo dimostra inequivocabilmente l'occhio attento degli autori verso il panorama del cinema internazionale (per fare un esempio, la Yamato spara duro come il Galactica e, allo stesso modo del remake della celebre serie televisiva di fantascienza, anche in "Yamato 2199" molti personaggi cambiano sesso rispetto alla serie originale).
Musica: come il resto, la colonna sonora di "Yamato 2199" è attenta a non calpestare l'opera originale, mixandole sonorità aggiornate e valorizzandone i contenuti (memorabile l'inizio della terza puntata, montato in sequenza con gli avvenimenti delle precedenti) con sapienza e audacia. L'azione è invece trascinata da crescendo impetuosi, che ben si accompagnano alle immagini psichedeliche e ai paesaggi maestosi. Le sigle di coda, alcune molto piacevoli, sono sicuramente oscurate da quella d'apertura in tutte le sue variazioni sul tema, che è semplicemente esplosiva più di come lo era allora (parliamo della versione in inglese dell'epoca... non quella italiana).
Curiosità: la Yamato è stata la corazzata più grande mai realizzata, e fu persa verso la fine della guerra, senza tuttavia aver causato troppi problemi alle forze alleate. La celebrazione di Matsumoto è una vera e propria rivincita contro lo smembramento delle forze armate a seguito della resa del Giappone e questo cartone animato è diventato nel tempo una sorta di "beniamino" nel Paese del Sol Levante, e sicuramente una delle serie anime più famose e amate da tutti.
Ultimamente mi risulta sempre più difficile trovare un'opera di animazione giapponese che susciti il mio interesse: sarà l'età o magari il semplice fatto che sono diventato molto più esigente con il passare del tempo. Ciò nonostante e al di là di ogni aspettativa, i ventisei OAV di Uchū Senkan Yamato 2199 hanno soddisfatto appieno i miei gusti: la serie fantascientifica in questione rappresenta il remake e parziale "retelling" (questo lo spiegherò meglio più avanti) dell'omonimo classico matsumotiano datato 1974 e conosciuto in Occidente come Star Blazers. Tale opera fu ideata dapprima come manga, proprio dalla penna e dalla mente di Leiji Matsumoto, per poi essere trasposta in animazione lungo tre serie televisive (una delle caratteristiche di Matsumoto è proprio quella di aver agito contemporaneamente sia nel campo dei manga che in quello degli anime, un po' come il coevo Gō Nagai). Dal canto suo, Yamato 2199 (d'ora in poi, per pura comodità, mi riferirò al "remake" in tal modo) ricopre le vicende della prima serie storica ed è stato concepito per essere distribuito nel corso del biennio 2012-2013 nei cinema giapponesi sotto forma di sette film, ciascuno dei quali racchiudeva all'incirca tre o quattro OAV: di conseguenza, il budget a disposizione della produzione è stato più consistente rispetto a quanto normalmente previsto per un prodotto televisivo standard, risultando nell'elevata qualità del comparto tecnico. Dal momento che non ho visionato l'opera originale, ho ritenuto opportuno documentarmi per poter fare qualche confronto tra le due serie e quindi fornire un quadro più completo.
Come quasi tutte le opere più celebri di Matsumoto, la storia di Yamato 2199 ha luogo nella Terra di un futuro non troppo lontano: è il 2199 quando il nostro pianeta, bombardato per anni dalla civiltà aliena dei Gamilonesi, versa ormai in condizioni catastrofiche. Il conseguente inaridimento della superficie terrestre causato dalle radiazioni nucleari costringe gli esseri umani a rifugiarsi nel sottosuolo, ma nel giro di un anno anche i rifugi sotterranei saranno contaminati, decretando così la fine della razza umana. Tuttavia, dal lontano pianeta Iscandar giunge una flebile speranza: la regina Starsha offre agli umani il Cosmo DNA, una misteriosa risorsa che assicurerà la rinascita della Terra, a patto però che siano loro stessi ad andare a prenderla. Grazie a un'altra tecnologia fornita da Iscandar, i Terrestri sviluppano un motore che permetterà loro di viaggiare attraverso le stelle e lo collocano nella portentosa nave spaziale Yamato, nata dalle ceneri dell'omonima corazzata giapponese abbattuta durante il secondo conflitto mondiale. Guidati dall'integerrimo capitano Okita, un gruppo di valorosi salpa alla volta del cosmo per la salvezza dell'umanità, ma il loro viaggio sarà ostacolato dall'Impero gamilonese e dal suo efferato leader Abelt Dessler. In questo contesto, si muovono personaggi umanissimi le cui vite sono state stravolte dal conflitto intergalattico: tra di essi spiccano Susumu Kodai, Yuki Mori, Akira Yamamoto e lo stesso Okita, un personaggio a dir poco iconico e leggendario. Tra una battaglia feroce e l'altra, scopriremo che non è tutto come sembra e che il potere della scienza può essere letale...
A livello di trama, la narrazione può essere divisa in due filoni perfettamente equilibrati: nel primo possiamo includere tutte le scene che portano avanti la storia e in cui vengono approfonditi sia i rapporti tra i membri dell'equipaggio e il loro background, sia le motivazioni e gli intrighi dei Gamilonesi (un notevole valore aggiunto, senza dubbio); nel secondo annoveriamo invece le spettacolari sequenze di battaglia tra i nostri protagonisti e gli avversari (i quali sfoggeranno mezzi di tutti i tipi, anche uno strabiliante sottomarino dimensionale); a condire il tutto, un crescendo di situazioni sempre più estreme che condurranno al commovente e memorabile finale. Nei suoi elementi di base, la storia ricalca piuttosto fedelmente l'originale apportando qua e là modifiche più o meno rilevanti, "rinarrando" alcuni eventi (gli alieni insettoidi che producevano miele per i Gamilonesi sono estinti nella nuova serie - a mio avviso un tocco di classe) e inventandone altri (l'ammutinamento), introducendo nuovi personaggi (l'ufficiale scientifico Niimi e le "streghe" al soldo di Dessler, per esempio), rinnovandone altri (Akira Yamamoto e Melda Ditz qui sono ragazze) e ampliando alcune "storylines" (come quella di Domel, di Mamoru Kodai e della stessa Ditz). La variazione che salta subito all'occhio è comunque la presenza di molte ragazze nell'equipaggio della Yamato, giacché nella serie originale l'unica figura femminile era rappresentata dalla sopraccitata Yuki Mori. Sono rimasto molto sorpreso da parecchi elementi che hanno ispirato numerosissime opere successive, tra cui quelle di Hideaki Anno, uno dei miei registi preferiti (giusto per fare un paio di esempi, la divisa di Okita viene ripresa nel Capitano Nemo di Fushigi no umi no Nadia, così come il design e il sonoro dell'astronave Exxelion ricalca proprio quelli della Yamato). Seppur sotto forma di remake, questa serie ha insomma anche il merito di far gettare uno sguardo al passato della storia dell'animazione giapponese.
Per quanto riguarda il lato tecnico, come accennavo poc'anzi ci troviamo di fronte a un lavoro di prim'ordine: la Computer Graphic viene sfruttata per alcuni fondali (pianeti, galassie et similia), esplosioni ed effetti di vario genere, alieni e robot (l'insetto gigante di Beemela e il simpatico Analyzer) e in maniera massiccia per la Yamato stessa, i suoi caccia Zero e tutte le astronavi gamilonesi. Per il resto, colorazione e illuminazione al top e animazioni particolarmente fluide contribuiscono a rendere la visione una vera e propria festa per gli occhi. Pur variando lievemente rispetto all'originale, il character design del grande Nobuteru Yūki (che si è occupato del design dei personaggi di Lodoss War e The Vision of Escaflowne, giusto per dirne un paio) vi resta comunque fedele, dando vita a un connubio perfetto tra vecchio e nuovo. Il comparto sonoro è anch'esso di grande qualità e sfoggia una ricca sequela di spari, esplosioni, strumentazioni e quant'altro fa l'occhiolino all'originale e sarà senz'altro in grado di fare tremare il vostro impianto audio. Il doppiaggio originale si attesta su ottimi livelli: speriamo che qualcuno qui in Italia (magari la Dynit) ne acquisti i diritti. Le splendide musiche sono curate da Akira Miyagawa, figlio dello storico compositore della serie originale Hiroshi Miyagawa, e non potevano essere più efficaci di così: non solo hanno uno graditissimo sapore anni Settanta, ma anche un retrogusto classico (in particolare, alcuni brani si ispirano palesemente alle melodie immortali di Brahms e Dvořák) capace di amplificare le emozioni trasmesse dai personaggi in parecchi momenti clou della serie. Non mancano brani malinconici, inni militari di entrambe le parti, musiche che esprimono tensione, brani leggeri per momenti di calma e così via. Infine, le sigle: eccettuate quelle dei cartoni con cui sono cresciuto e casi eccezionali come Nadia, Evangelion e Cowboy Bebop, di norma non vi presto particolare attenzione e quasi nessuna mi resta in mente, ma non è il caso di Yamato 2199. Da alcuni giorni, infatti, mi frullano continuamente in testa sia l'esaltante opening che ricalca perfettamente quella originale cantata da Isao Sasaki (e anche per questo remake gli autori si sono affidati alla sua voce) sia il coro maschile da brividi che la introduce: "Saraba chikyuu yo tabidatsu fune wa/uchū senkan Yamato".
Sebbene Yamato 2199 sia una serie praticamente eccellente sotto tutti i punti vista, non è comunque esente da piccoli difetti: in primo luogo, alcuni episodi risultano oberati da una tale quantità di eventi che a una prima visione lo spettatore potrebbe uscirne disorientato; in secondo luogo, una dose talvolta esagerata di fanservice tende a distrarre un po' troppo l'attenzione da cose più importanti. Nulla di trascendentale, comunque. A questo punto ringrazio chi ha letto fin qui e, in definitiva, non posso che consigliare Uchū Senkan Yamato 2199 a ogni amante della fantascienza tout court e a chi cerca una storia classica ricca di colpi di scena, speranza, personaggi sfaccettati ed epiche battaglie. A mio avviso, una delle migliori serie degli ultimi anni, nonché un remake che gli altri a venire dovrebbero prendere a esempio in termini di innovazione che guarda al passato e maestria tecnica allo stato puro.
Come quasi tutte le opere più celebri di Matsumoto, la storia di Yamato 2199 ha luogo nella Terra di un futuro non troppo lontano: è il 2199 quando il nostro pianeta, bombardato per anni dalla civiltà aliena dei Gamilonesi, versa ormai in condizioni catastrofiche. Il conseguente inaridimento della superficie terrestre causato dalle radiazioni nucleari costringe gli esseri umani a rifugiarsi nel sottosuolo, ma nel giro di un anno anche i rifugi sotterranei saranno contaminati, decretando così la fine della razza umana. Tuttavia, dal lontano pianeta Iscandar giunge una flebile speranza: la regina Starsha offre agli umani il Cosmo DNA, una misteriosa risorsa che assicurerà la rinascita della Terra, a patto però che siano loro stessi ad andare a prenderla. Grazie a un'altra tecnologia fornita da Iscandar, i Terrestri sviluppano un motore che permetterà loro di viaggiare attraverso le stelle e lo collocano nella portentosa nave spaziale Yamato, nata dalle ceneri dell'omonima corazzata giapponese abbattuta durante il secondo conflitto mondiale. Guidati dall'integerrimo capitano Okita, un gruppo di valorosi salpa alla volta del cosmo per la salvezza dell'umanità, ma il loro viaggio sarà ostacolato dall'Impero gamilonese e dal suo efferato leader Abelt Dessler. In questo contesto, si muovono personaggi umanissimi le cui vite sono state stravolte dal conflitto intergalattico: tra di essi spiccano Susumu Kodai, Yuki Mori, Akira Yamamoto e lo stesso Okita, un personaggio a dir poco iconico e leggendario. Tra una battaglia feroce e l'altra, scopriremo che non è tutto come sembra e che il potere della scienza può essere letale...
A livello di trama, la narrazione può essere divisa in due filoni perfettamente equilibrati: nel primo possiamo includere tutte le scene che portano avanti la storia e in cui vengono approfonditi sia i rapporti tra i membri dell'equipaggio e il loro background, sia le motivazioni e gli intrighi dei Gamilonesi (un notevole valore aggiunto, senza dubbio); nel secondo annoveriamo invece le spettacolari sequenze di battaglia tra i nostri protagonisti e gli avversari (i quali sfoggeranno mezzi di tutti i tipi, anche uno strabiliante sottomarino dimensionale); a condire il tutto, un crescendo di situazioni sempre più estreme che condurranno al commovente e memorabile finale. Nei suoi elementi di base, la storia ricalca piuttosto fedelmente l'originale apportando qua e là modifiche più o meno rilevanti, "rinarrando" alcuni eventi (gli alieni insettoidi che producevano miele per i Gamilonesi sono estinti nella nuova serie - a mio avviso un tocco di classe) e inventandone altri (l'ammutinamento), introducendo nuovi personaggi (l'ufficiale scientifico Niimi e le "streghe" al soldo di Dessler, per esempio), rinnovandone altri (Akira Yamamoto e Melda Ditz qui sono ragazze) e ampliando alcune "storylines" (come quella di Domel, di Mamoru Kodai e della stessa Ditz). La variazione che salta subito all'occhio è comunque la presenza di molte ragazze nell'equipaggio della Yamato, giacché nella serie originale l'unica figura femminile era rappresentata dalla sopraccitata Yuki Mori. Sono rimasto molto sorpreso da parecchi elementi che hanno ispirato numerosissime opere successive, tra cui quelle di Hideaki Anno, uno dei miei registi preferiti (giusto per fare un paio di esempi, la divisa di Okita viene ripresa nel Capitano Nemo di Fushigi no umi no Nadia, così come il design e il sonoro dell'astronave Exxelion ricalca proprio quelli della Yamato). Seppur sotto forma di remake, questa serie ha insomma anche il merito di far gettare uno sguardo al passato della storia dell'animazione giapponese.
Per quanto riguarda il lato tecnico, come accennavo poc'anzi ci troviamo di fronte a un lavoro di prim'ordine: la Computer Graphic viene sfruttata per alcuni fondali (pianeti, galassie et similia), esplosioni ed effetti di vario genere, alieni e robot (l'insetto gigante di Beemela e il simpatico Analyzer) e in maniera massiccia per la Yamato stessa, i suoi caccia Zero e tutte le astronavi gamilonesi. Per il resto, colorazione e illuminazione al top e animazioni particolarmente fluide contribuiscono a rendere la visione una vera e propria festa per gli occhi. Pur variando lievemente rispetto all'originale, il character design del grande Nobuteru Yūki (che si è occupato del design dei personaggi di Lodoss War e The Vision of Escaflowne, giusto per dirne un paio) vi resta comunque fedele, dando vita a un connubio perfetto tra vecchio e nuovo. Il comparto sonoro è anch'esso di grande qualità e sfoggia una ricca sequela di spari, esplosioni, strumentazioni e quant'altro fa l'occhiolino all'originale e sarà senz'altro in grado di fare tremare il vostro impianto audio. Il doppiaggio originale si attesta su ottimi livelli: speriamo che qualcuno qui in Italia (magari la Dynit) ne acquisti i diritti. Le splendide musiche sono curate da Akira Miyagawa, figlio dello storico compositore della serie originale Hiroshi Miyagawa, e non potevano essere più efficaci di così: non solo hanno uno graditissimo sapore anni Settanta, ma anche un retrogusto classico (in particolare, alcuni brani si ispirano palesemente alle melodie immortali di Brahms e Dvořák) capace di amplificare le emozioni trasmesse dai personaggi in parecchi momenti clou della serie. Non mancano brani malinconici, inni militari di entrambe le parti, musiche che esprimono tensione, brani leggeri per momenti di calma e così via. Infine, le sigle: eccettuate quelle dei cartoni con cui sono cresciuto e casi eccezionali come Nadia, Evangelion e Cowboy Bebop, di norma non vi presto particolare attenzione e quasi nessuna mi resta in mente, ma non è il caso di Yamato 2199. Da alcuni giorni, infatti, mi frullano continuamente in testa sia l'esaltante opening che ricalca perfettamente quella originale cantata da Isao Sasaki (e anche per questo remake gli autori si sono affidati alla sua voce) sia il coro maschile da brividi che la introduce: "Saraba chikyuu yo tabidatsu fune wa/uchū senkan Yamato".
Sebbene Yamato 2199 sia una serie praticamente eccellente sotto tutti i punti vista, non è comunque esente da piccoli difetti: in primo luogo, alcuni episodi risultano oberati da una tale quantità di eventi che a una prima visione lo spettatore potrebbe uscirne disorientato; in secondo luogo, una dose talvolta esagerata di fanservice tende a distrarre un po' troppo l'attenzione da cose più importanti. Nulla di trascendentale, comunque. A questo punto ringrazio chi ha letto fin qui e, in definitiva, non posso che consigliare Uchū Senkan Yamato 2199 a ogni amante della fantascienza tout court e a chi cerca una storia classica ricca di colpi di scena, speranza, personaggi sfaccettati ed epiche battaglie. A mio avviso, una delle migliori serie degli ultimi anni, nonché un remake che gli altri a venire dovrebbero prendere a esempio in termini di innovazione che guarda al passato e maestria tecnica allo stato puro.
Talvolta ci si domanda: "È possibile coniugare la tradizione e l'innovazione senza dover scendere a compromessi o imbattersi in orrende chimere che non sono né carne né pesce?" È possibile, e quest'opera ne è forse il testimone più illustre. Un meraviglioso incontro tra la gloria del passato unita all'esperienza e alle più moderne tecnologie del presente.
"Uchuu Senkan Yamato 2199" è una serie OAV della stagione primaverile 2012 conclusasi nella stagione autunnale 2013, composta da ventisei episodi di durata canonica. L'opera è il remake dell'omonima serie TV del 1974.
Trama: nell'anno 2199 il pianeta Terra giace in condizioni pietose. I Gamilonesi, una potente civiltà aliena, hanno iniziato a bombardare la Terra tramite l'utilizzo delle "bombe planetarie", temibili ordigni che hanno reso l'intero pianeta un deserto radioattivo inadatto a conservare la vita. La razza umana è pertanto costretta a vivere nel sottosuolo, in costante balia degli attacchi dei Gamilonesi. È stato stimato un anno di vita prima che l'intero pianeta si contamini irrimediabilmente e avvenga l'estinzione della razza umana. L'unica speranza dell'umanità è un dispositivo, il Cosmo Reverse System, posseduto da Starsha, sovrana del lontanissimo pianeta Iscandar. Starsha invia la sorella Yurisha per consegnare ai Terrestri la tecnologia a dislocazione di onde (o ad onde moventi), affinché possano costruire un'astronave adatta a raggiungere il pianeta Iscandar. A tale scopo è utilizzato il relitto della Yamato, la più grande e potente nave corazzata mai costruita dall'umanità. La nuova Yamato, ammodernata e ricostruita con le tecnologie umane e iscandariane più avanzate, e il suo equipaggio, affronteranno un viaggio intergalattico per portare il Cosmo Reverse System sulla Terra. Riusciranno i nostri eroi, che come Argonauti si spingeranno fino ai confini di sistemi solari, ad affrontare la flotta dell'impero di Gamilas (guidata da Dessler), a ottenere il tanto agognato dispositivo e a ritornare sulla Terra entro l'anno?
Grafica: che cosa chiedere di più quando viene offerto il massimo? Se inizialmente si può essere disorientati per l'utilizzo della computer graphic per la Yamato, non solo ci si abitua ben presto, ma l'intero comparto grafico subisce ulteriori miglioramenti in corso d'opera. Le ambientazioni sono estremamente variegate, deliziano la vista per l'incredibile qualità grafica e la cura maniacale per i dettagli. Le animazioni sono semplicemente perfette. Fluide, frenetiche, dinamiche, elaboratissime, infondono un'enfasi assoluta a ogni scena d'azione e combattimento. Il character design è un omaggio a Matsumoto per rispetto dell'estetica dei protagonisti, ciononostante è stato notevolmente abbellito. Il mecha design è semplicemente grandioso, splendido per bellezza, con rispetto al "vecchio stile" nonostante la cospicua dose di ammodernamento. Ottimo l'alien design.
Sonoro: probabilmente il comparto sonoro è quanto più evidente ci sia per ciò che concerne la perfetta fusione tra innovazione e tradizione che questa serie può offrire. L'opening è semplicemente gloriosa, con una splendida rivisitazione in chiave moderna delle antiche sigle del passato. Si può affermare lo stesso delle varie ending, una più bella dell'altra. L'OST non tradisce la tradizione, sono presenti molte sonorità tipiche degli anni '70 opportunamente modernizzate. Da menzionare gli splendidi effetti sonori (soprattutto delle armi), estremamente fedeli agli originali. Il doppiaggio è eccelso.
Personaggi: i grandi protagonisti della prima serie della Yamato rivivono! Nonostante il gran numero di personaggi presenti in questi ventisei OAV, la caratterizzazione non ne risente minimamente. Ciascuno di loro è più che degnamente approfondito, sia sul piano umano e caratteriale, sia sul piano militare; ne deriva una straordinaria interazione di gruppo e individuale. Il fattore evolutivo è straordinariamente vivo, così come grande attenzione introspettiva e psicologica è stata dedicata a ciascun personaggio, sia esso umano, alieno o robotico.
Sceneggiatura: è possibile apprezzare un lavoro magistrale anche in questo comparto. La gestione temporale è perfetta: chiara, fluida e lineare, gli eventi si susseguono con chiarezza e precisione. Il ritmo s'attesta a livelli medi, consentendo notevoli approfondimenti di trama, analisi introspettive e lasciando lo spazio all'azione quando serve. Sono presenti notevoli quantitativi di scene d'azione con combattimenti a dir poco spettacolari per coinvolgimento emotivo, strategie adottate e qualità d'azione. La violenza, la tragedia e la morte non mancano, così come non manca mai la dignità in queste scene. È presente un moderato quantitativo di fanservice. I dialoghi sono eccellenti per profondità e contenuto. Sono presenti due note di merito: una è relativa alla presenza di nuovi episodi che trattano di argomenti inediti alla serie del 1974, la seconda va al Bowling Ball fansub per l'ottima resa dei dialoghi.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Finale: si potrebbe sintetizzare con una parola, epico. I momenti finali del viaggio della Yamato sono intrisi di sentimenti commoventi. Il sacrificio di molti eroi di guerra ha permesso alla Yamato di tornare e al pianeta Terra di potersi salvare. Cali il sipario.
Fine parte contenente spoiler
In sintesi, "La corazzata spaziale Yamato 2199" è, con ogni probabilità, il migliore remake mai realizzato finora. Un'opera incredibile, piena di speranza, tristezza, onore, eroismo, cameratismo, nobili valori morali, azione e combattimenti spettacolari, capace di saper ricreare ed esaltare le grandi atmosfere dell'opera originale con un comparto tecnico d'altissima qualità, oltre a regalare delle piacevolissime novità che esaltano e arricchiscono oltremodo le vicende dell'equipaggio della Yamato.
Chiunque può apprezzare la maestosità di quest'opera, dall'appassionato nostalgico di "Star Blazers" fino al neofita che magari ha sentito nominare Leiji Matsumoto ma non ha mai avuto l'occasione di poter ammirare una sua opera. Entrambi potranno (ri)vedere una leggenda dell'animazione giapponese che rivive in una versione semplicemente magistrale, curatissima in ogni dettaglio, capace di far emozionare come e più di prima. Consigliata ai grandi cultori dell'animazione di ieri e di oggi.
"Uchuu Senkan Yamato 2199" è una serie OAV della stagione primaverile 2012 conclusasi nella stagione autunnale 2013, composta da ventisei episodi di durata canonica. L'opera è il remake dell'omonima serie TV del 1974.
Trama: nell'anno 2199 il pianeta Terra giace in condizioni pietose. I Gamilonesi, una potente civiltà aliena, hanno iniziato a bombardare la Terra tramite l'utilizzo delle "bombe planetarie", temibili ordigni che hanno reso l'intero pianeta un deserto radioattivo inadatto a conservare la vita. La razza umana è pertanto costretta a vivere nel sottosuolo, in costante balia degli attacchi dei Gamilonesi. È stato stimato un anno di vita prima che l'intero pianeta si contamini irrimediabilmente e avvenga l'estinzione della razza umana. L'unica speranza dell'umanità è un dispositivo, il Cosmo Reverse System, posseduto da Starsha, sovrana del lontanissimo pianeta Iscandar. Starsha invia la sorella Yurisha per consegnare ai Terrestri la tecnologia a dislocazione di onde (o ad onde moventi), affinché possano costruire un'astronave adatta a raggiungere il pianeta Iscandar. A tale scopo è utilizzato il relitto della Yamato, la più grande e potente nave corazzata mai costruita dall'umanità. La nuova Yamato, ammodernata e ricostruita con le tecnologie umane e iscandariane più avanzate, e il suo equipaggio, affronteranno un viaggio intergalattico per portare il Cosmo Reverse System sulla Terra. Riusciranno i nostri eroi, che come Argonauti si spingeranno fino ai confini di sistemi solari, ad affrontare la flotta dell'impero di Gamilas (guidata da Dessler), a ottenere il tanto agognato dispositivo e a ritornare sulla Terra entro l'anno?
Grafica: che cosa chiedere di più quando viene offerto il massimo? Se inizialmente si può essere disorientati per l'utilizzo della computer graphic per la Yamato, non solo ci si abitua ben presto, ma l'intero comparto grafico subisce ulteriori miglioramenti in corso d'opera. Le ambientazioni sono estremamente variegate, deliziano la vista per l'incredibile qualità grafica e la cura maniacale per i dettagli. Le animazioni sono semplicemente perfette. Fluide, frenetiche, dinamiche, elaboratissime, infondono un'enfasi assoluta a ogni scena d'azione e combattimento. Il character design è un omaggio a Matsumoto per rispetto dell'estetica dei protagonisti, ciononostante è stato notevolmente abbellito. Il mecha design è semplicemente grandioso, splendido per bellezza, con rispetto al "vecchio stile" nonostante la cospicua dose di ammodernamento. Ottimo l'alien design.
Sonoro: probabilmente il comparto sonoro è quanto più evidente ci sia per ciò che concerne la perfetta fusione tra innovazione e tradizione che questa serie può offrire. L'opening è semplicemente gloriosa, con una splendida rivisitazione in chiave moderna delle antiche sigle del passato. Si può affermare lo stesso delle varie ending, una più bella dell'altra. L'OST non tradisce la tradizione, sono presenti molte sonorità tipiche degli anni '70 opportunamente modernizzate. Da menzionare gli splendidi effetti sonori (soprattutto delle armi), estremamente fedeli agli originali. Il doppiaggio è eccelso.
Personaggi: i grandi protagonisti della prima serie della Yamato rivivono! Nonostante il gran numero di personaggi presenti in questi ventisei OAV, la caratterizzazione non ne risente minimamente. Ciascuno di loro è più che degnamente approfondito, sia sul piano umano e caratteriale, sia sul piano militare; ne deriva una straordinaria interazione di gruppo e individuale. Il fattore evolutivo è straordinariamente vivo, così come grande attenzione introspettiva e psicologica è stata dedicata a ciascun personaggio, sia esso umano, alieno o robotico.
Sceneggiatura: è possibile apprezzare un lavoro magistrale anche in questo comparto. La gestione temporale è perfetta: chiara, fluida e lineare, gli eventi si susseguono con chiarezza e precisione. Il ritmo s'attesta a livelli medi, consentendo notevoli approfondimenti di trama, analisi introspettive e lasciando lo spazio all'azione quando serve. Sono presenti notevoli quantitativi di scene d'azione con combattimenti a dir poco spettacolari per coinvolgimento emotivo, strategie adottate e qualità d'azione. La violenza, la tragedia e la morte non mancano, così come non manca mai la dignità in queste scene. È presente un moderato quantitativo di fanservice. I dialoghi sono eccellenti per profondità e contenuto. Sono presenti due note di merito: una è relativa alla presenza di nuovi episodi che trattano di argomenti inediti alla serie del 1974, la seconda va al Bowling Ball fansub per l'ottima resa dei dialoghi.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Finale: si potrebbe sintetizzare con una parola, epico. I momenti finali del viaggio della Yamato sono intrisi di sentimenti commoventi. Il sacrificio di molti eroi di guerra ha permesso alla Yamato di tornare e al pianeta Terra di potersi salvare. Cali il sipario.
Fine parte contenente spoiler
In sintesi, "La corazzata spaziale Yamato 2199" è, con ogni probabilità, il migliore remake mai realizzato finora. Un'opera incredibile, piena di speranza, tristezza, onore, eroismo, cameratismo, nobili valori morali, azione e combattimenti spettacolari, capace di saper ricreare ed esaltare le grandi atmosfere dell'opera originale con un comparto tecnico d'altissima qualità, oltre a regalare delle piacevolissime novità che esaltano e arricchiscono oltremodo le vicende dell'equipaggio della Yamato.
Chiunque può apprezzare la maestosità di quest'opera, dall'appassionato nostalgico di "Star Blazers" fino al neofita che magari ha sentito nominare Leiji Matsumoto ma non ha mai avuto l'occasione di poter ammirare una sua opera. Entrambi potranno (ri)vedere una leggenda dell'animazione giapponese che rivive in una versione semplicemente magistrale, curatissima in ogni dettaglio, capace di far emozionare come e più di prima. Consigliata ai grandi cultori dell'animazione di ieri e di oggi.
"Uchuu Senkan Yamato 2199" è la riedizione moderna in una serie di OAV della storica prima serie di vicende della Space Battleship Yamato, disegnate e immaginate dalla mente di Leiji Matsumoto, uno dei padri del genere fantascientifico nel fumetto e di conseguenza nell'animazione giapponese.
I valori etici, la carica emotiva ed epica di questa storia passano forte e chiaro attraverso questa travagliata avventura spaziale alla ricerca di un barlume di speranza per la salvezza dell'umanità. La fervida immaginazione di Matsumoto produce epiche battaglie spaziali nel cosmo più profondo ancora prima della creazione del colosso "Star Wars", il che la dice lunga!
Ma, se volessimo scavare nei riferimenti culturali ancora più remoti, forse potremmo arrivare fino ai poemi epici omerici, in cui vi era la rassegna degli eroi che partecipavano alla battaglia, e non ci poteva essere la pace, ma solo vinti e vincitori. E poi ricordiamo il fatto che il Giappone è stato stoicamente l'ultimo Paese ad arrendersi durante la Seconda Guerra Mondiale, evento che nei fatti pose la parola fine alla guerra stessa.
E' con questo stesso spirito strenuo e combattivo che la corazzata Spaziale Yamato parte dalla Terra carica di speranza per i suoi abitanti, sapendo però di poter andare incontro anche a un eventuale punto di non ritorno. "Yamato" una volta era proprio il nome antico del Giappone e demarca simbolicamente tutta la caparbietà del genere umano in questa ultima disperata impresa kamikaze alla ricerca della salvezza.
Siamo nel 2199, e l'umanità è stata costretta a vivere sottoterra in rifugi antiatomici dopo il confronto con un'altra razza aliena, quella dei Gamilonesi, che al primo contatto con la razza umana sembra abbiano incondizionatamente cercato la guerra. Gli attacchi gamilonesi tramite armi nucleari hanno reso la superficie terrestre impraticabile e il pianeta inquinato dalla radioattività a tal punto, che è possibile vivere solo nel sottosuolo; oltretutto le risorse per il sostentamento umano stanno finendo e quindi l'uomo è alla ricerca di un nuovo Eden. C'è poi un punto fondamentale: la principessa Starsha, del remoto pianeta Iscandar, riesce a mandare sua sorella sulla Terra con un messaggio di pace e la speranza di poter guarire la Terra attraverso uno strumento chiamato "Cosmo Reverse", capace di donare una seconda vita alla Terra stessa. Per recuperare il Cosmo Reverse però sarà necessario raggiungere il pianeta Iscandar, lontano migliaia di anni luce, ma, grazie alla tecnologia a onde moventi inviata da Starsha, i terrestri saranno capaci di andare ben oltre la velocità della luce. Perciò, con un equipaggio sceltissimo, la corazzata Yamato parte per la volta di Iscandar, con un nemico insidioso e capillarmente diffuso nella galassia quale l'impero di Gamilon, che ha le sue armate già al confine del sistema solare. L'ultimatum per la Terra e le sue condizioni vitali è fissato convenzionalmente al termine dei 365 giorni dalla partenza della Yamato...
Durante questo viaggio ai confini della galassia l'equipaggio va incontro a un vero e proprio percorso di formazione, verrà a conoscenza di verità dolorose riguardo le prime battaglie tra Terrestri e Gamilonesi, e sarà messo a dura prova riguardo l'effettiva necessità di utilizzare a scopo bellico la modernissima tecnologia a sua disposizione - il motore atomico della Yamato stessa - elaborato a partire dalla gentile concessione tecnologica di Iscandar.
Durante il viaggio sono tante le domande che tormentano i protagonisti, che in pratica si inabissano sempre più nell'ignoto, e devono sempre sperare che Starsha giudichi l'umanità degna di poter ricevere il Cosmo Reverse.
Al termine di ogni puntata, il capitano della nave fa un rapporto dettagliato sugli eventi succedutisi, e come un orologio svizzero sentenzia il tempo rimasto prima che la Terra fermi le sue lancette.
Le battaglie spaziali con questa grafica 3D sono veramente epiche, e non danno un momento di respiro: il più delle volte la corazzata Yamato si trova circondata da un'enormità di nemici, ma, grazie alle grandi capacità intellettuali e strategiche del suo capitano, riuscirà a eludere gli attacchi del nemico e con grande coraggio penetrerà "letteralmente" nel cuore dell'impero gamilonese. Tuttavia, l'impero gamilonese, nella sua intenzione di sottomettere tutte le genti dell'universo alla sua volontà, non ha una voglia malsana di dominio, ma crede di adempiere a un alto dovere morale, l'unico possibile per ottenere la pace nel cosmo, un po' come se la "ragione di stato" giustificasse anche la perdita di un numero indecifrabile di vite.
La caratterizzazione dei personaggi il più delle volte lascia spazio alle vicende corali dei vari popoli che si confrontano in questo universo, ma delle volte ci si confronta anche con i loro sentimenti personali e con gli sviluppi sentimentali, senza scendere mai nello stucchevole, donando anche un sotto-filone sentimentale alla storia. Il chara design dei personaggi ha cercato di ammodernare i volti, pur nel rispetto delle sembianze originali dei personaggi, e secondo me in questo senso è stato fatto un ottimo lavoro.
Nel complesso sono rimasto molto soddisfatto di questa storia ottimamente congegnata, e mi sono avvicinato con grande piacere per la prima volta all'universo di Leiji Matsumoto, i cui disegni su carta non mi hanno mai fatto brillare gli occhi (sia ben chiaro, parliamo sempre di disegni di quarant'anni fa!), ma le cui storie mi hanno fatto letteralmente innamorare, per quanto imperniate di epica e ideali positivi. Ora vedremo se aspettarci o meno un seguito agli eventi di questi ventisei episodi, come nella serie originale.
I valori etici, la carica emotiva ed epica di questa storia passano forte e chiaro attraverso questa travagliata avventura spaziale alla ricerca di un barlume di speranza per la salvezza dell'umanità. La fervida immaginazione di Matsumoto produce epiche battaglie spaziali nel cosmo più profondo ancora prima della creazione del colosso "Star Wars", il che la dice lunga!
Ma, se volessimo scavare nei riferimenti culturali ancora più remoti, forse potremmo arrivare fino ai poemi epici omerici, in cui vi era la rassegna degli eroi che partecipavano alla battaglia, e non ci poteva essere la pace, ma solo vinti e vincitori. E poi ricordiamo il fatto che il Giappone è stato stoicamente l'ultimo Paese ad arrendersi durante la Seconda Guerra Mondiale, evento che nei fatti pose la parola fine alla guerra stessa.
E' con questo stesso spirito strenuo e combattivo che la corazzata Spaziale Yamato parte dalla Terra carica di speranza per i suoi abitanti, sapendo però di poter andare incontro anche a un eventuale punto di non ritorno. "Yamato" una volta era proprio il nome antico del Giappone e demarca simbolicamente tutta la caparbietà del genere umano in questa ultima disperata impresa kamikaze alla ricerca della salvezza.
Siamo nel 2199, e l'umanità è stata costretta a vivere sottoterra in rifugi antiatomici dopo il confronto con un'altra razza aliena, quella dei Gamilonesi, che al primo contatto con la razza umana sembra abbiano incondizionatamente cercato la guerra. Gli attacchi gamilonesi tramite armi nucleari hanno reso la superficie terrestre impraticabile e il pianeta inquinato dalla radioattività a tal punto, che è possibile vivere solo nel sottosuolo; oltretutto le risorse per il sostentamento umano stanno finendo e quindi l'uomo è alla ricerca di un nuovo Eden. C'è poi un punto fondamentale: la principessa Starsha, del remoto pianeta Iscandar, riesce a mandare sua sorella sulla Terra con un messaggio di pace e la speranza di poter guarire la Terra attraverso uno strumento chiamato "Cosmo Reverse", capace di donare una seconda vita alla Terra stessa. Per recuperare il Cosmo Reverse però sarà necessario raggiungere il pianeta Iscandar, lontano migliaia di anni luce, ma, grazie alla tecnologia a onde moventi inviata da Starsha, i terrestri saranno capaci di andare ben oltre la velocità della luce. Perciò, con un equipaggio sceltissimo, la corazzata Yamato parte per la volta di Iscandar, con un nemico insidioso e capillarmente diffuso nella galassia quale l'impero di Gamilon, che ha le sue armate già al confine del sistema solare. L'ultimatum per la Terra e le sue condizioni vitali è fissato convenzionalmente al termine dei 365 giorni dalla partenza della Yamato...
Durante questo viaggio ai confini della galassia l'equipaggio va incontro a un vero e proprio percorso di formazione, verrà a conoscenza di verità dolorose riguardo le prime battaglie tra Terrestri e Gamilonesi, e sarà messo a dura prova riguardo l'effettiva necessità di utilizzare a scopo bellico la modernissima tecnologia a sua disposizione - il motore atomico della Yamato stessa - elaborato a partire dalla gentile concessione tecnologica di Iscandar.
Durante il viaggio sono tante le domande che tormentano i protagonisti, che in pratica si inabissano sempre più nell'ignoto, e devono sempre sperare che Starsha giudichi l'umanità degna di poter ricevere il Cosmo Reverse.
Al termine di ogni puntata, il capitano della nave fa un rapporto dettagliato sugli eventi succedutisi, e come un orologio svizzero sentenzia il tempo rimasto prima che la Terra fermi le sue lancette.
Le battaglie spaziali con questa grafica 3D sono veramente epiche, e non danno un momento di respiro: il più delle volte la corazzata Yamato si trova circondata da un'enormità di nemici, ma, grazie alle grandi capacità intellettuali e strategiche del suo capitano, riuscirà a eludere gli attacchi del nemico e con grande coraggio penetrerà "letteralmente" nel cuore dell'impero gamilonese. Tuttavia, l'impero gamilonese, nella sua intenzione di sottomettere tutte le genti dell'universo alla sua volontà, non ha una voglia malsana di dominio, ma crede di adempiere a un alto dovere morale, l'unico possibile per ottenere la pace nel cosmo, un po' come se la "ragione di stato" giustificasse anche la perdita di un numero indecifrabile di vite.
La caratterizzazione dei personaggi il più delle volte lascia spazio alle vicende corali dei vari popoli che si confrontano in questo universo, ma delle volte ci si confronta anche con i loro sentimenti personali e con gli sviluppi sentimentali, senza scendere mai nello stucchevole, donando anche un sotto-filone sentimentale alla storia. Il chara design dei personaggi ha cercato di ammodernare i volti, pur nel rispetto delle sembianze originali dei personaggi, e secondo me in questo senso è stato fatto un ottimo lavoro.
Nel complesso sono rimasto molto soddisfatto di questa storia ottimamente congegnata, e mi sono avvicinato con grande piacere per la prima volta all'universo di Leiji Matsumoto, i cui disegni su carta non mi hanno mai fatto brillare gli occhi (sia ben chiaro, parliamo sempre di disegni di quarant'anni fa!), ma le cui storie mi hanno fatto letteralmente innamorare, per quanto imperniate di epica e ideali positivi. Ora vedremo se aspettarci o meno un seguito agli eventi di questi ventisei episodi, come nella serie originale.
Questo remake dà una forte ringiovanita a un prodotto che nei suoi anni ebbe su di me un discreto ascendente. La veste grafica rinnovata lo ricolloca tra i prodotti di tutto rispetto, anche se il connubio CGI/disegno non è sempre così elegante (molto indietro ad esempio a "Ghost in the Shell"), mentre la linearità della storia ne ha sicuramente giovato, senza buchi di trama o deus ex machina che nella serie originale appiattivano un po' il prodotto.
Lo consiglio a coloro a cui piace la fantascienza alla vecchia maniera; in questa serie viene fatto un lavoro certosino anche nella caratterizzazione dei "cattivi", rendendoli personaggi e non solo odiose comparse. Non lo consiglio a tutti quelli che non digeriscono il 3D/CGI; va detto che all'inizio è difficile (io sono del 1979, capisco bene questa diffidenza), ma con le puntate ci si fa l'occhio, e alla fine si riescono ad apprezzare anche le evoluzioni delle astronavi. Concludo consigliando a tutti almeno i primi tre episodi, che sono sufficienti a capirne il senso e la grafica.
Lo consiglio a coloro a cui piace la fantascienza alla vecchia maniera; in questa serie viene fatto un lavoro certosino anche nella caratterizzazione dei "cattivi", rendendoli personaggi e non solo odiose comparse. Non lo consiglio a tutti quelli che non digeriscono il 3D/CGI; va detto che all'inizio è difficile (io sono del 1979, capisco bene questa diffidenza), ma con le puntate ci si fa l'occhio, e alla fine si riescono ad apprezzare anche le evoluzioni delle astronavi. Concludo consigliando a tutti almeno i primi tre episodi, che sono sufficienti a capirne il senso e la grafica.
"Uchuu Senkan Yamato 2199" è un remake della famosa serie del 1974 di Leiji Matsumoto, nota in Italia e all'estero come "Starblazers".
La trama è la stessa dell'originale, ovviamente: siamo nell'anno 2199 e l'umanità rischia l'estinzione. La Terra è stata ridotta a un deserto, privata dei suoi oceani e di tutte le forme di vita. Gli umani si sono rifugiati in città costruite sottoterra, per sopravvivere alle radiazioni della superficie. Tutto ciò è stato causato dai Gamilonesi, una razza aliena che ha trovato il sistema solare e che ha attaccato la Terra con "meteoriti atomici", riducendola, appunto, a un deserto radioattivo. Gli umani, però, hanno ricevuto aiuto tecnologico da un'altra razza di alieni, gli iscandariani (di cui si conosce solo la regina). Subito, in Giappone, è stata costruita una nave capace di viaggi intergalattici: la Yamato (Argo, per chi avesse visto la serie italiana). Così, l'equipaggio dell'antica corazzata giapponese affondata nel 1945 e riadattata a nave spaziale si dirige verso Iscandar, il pianeta che custodisce un sistema in grado di far tornare la Tterra com'era un tempo.
Questa è la trama a grandi linee; per quanto riguarda la canonicità con la serie del '74, beh, fino all'uscita dal Sistema Solare le vicende sono le stesse, poi le avventure cambiano. Le vicende che legano l'equipaggio della Yamato sono diverse dalle puntate originali, però più veritiere e forse quasi più realistiche. Non solo: all'equipaggio si sono aggiunte molte donne oltre a Yuki (Nova) e in questo remake gli autori hanno puntato molto sull'approfondimento dei Gamilonesi e del loro impero, dimostrando che, da che mondo è mondo, anche nel governo alieno ci sono degli approfittatori. Rispetto ad altre opere moderne come "Yamato Resurrection", qua la computer grafica si mescola bene con il tratto dei personaggi e degli ambienti, anche se in certi casi si vede che le astronavi sono fatte al computer.
In definitiva, oserei dire che questo remake è quasi migliore dell'originale e, malgrado non sia ancora finito, spero di vedere presto anche le stagioni due e tre.
La trama è la stessa dell'originale, ovviamente: siamo nell'anno 2199 e l'umanità rischia l'estinzione. La Terra è stata ridotta a un deserto, privata dei suoi oceani e di tutte le forme di vita. Gli umani si sono rifugiati in città costruite sottoterra, per sopravvivere alle radiazioni della superficie. Tutto ciò è stato causato dai Gamilonesi, una razza aliena che ha trovato il sistema solare e che ha attaccato la Terra con "meteoriti atomici", riducendola, appunto, a un deserto radioattivo. Gli umani, però, hanno ricevuto aiuto tecnologico da un'altra razza di alieni, gli iscandariani (di cui si conosce solo la regina). Subito, in Giappone, è stata costruita una nave capace di viaggi intergalattici: la Yamato (Argo, per chi avesse visto la serie italiana). Così, l'equipaggio dell'antica corazzata giapponese affondata nel 1945 e riadattata a nave spaziale si dirige verso Iscandar, il pianeta che custodisce un sistema in grado di far tornare la Tterra com'era un tempo.
Questa è la trama a grandi linee; per quanto riguarda la canonicità con la serie del '74, beh, fino all'uscita dal Sistema Solare le vicende sono le stesse, poi le avventure cambiano. Le vicende che legano l'equipaggio della Yamato sono diverse dalle puntate originali, però più veritiere e forse quasi più realistiche. Non solo: all'equipaggio si sono aggiunte molte donne oltre a Yuki (Nova) e in questo remake gli autori hanno puntato molto sull'approfondimento dei Gamilonesi e del loro impero, dimostrando che, da che mondo è mondo, anche nel governo alieno ci sono degli approfittatori. Rispetto ad altre opere moderne come "Yamato Resurrection", qua la computer grafica si mescola bene con il tratto dei personaggi e degli ambienti, anche se in certi casi si vede che le astronavi sono fatte al computer.
In definitiva, oserei dire che questo remake è quasi migliore dell'originale e, malgrado non sia ancora finito, spero di vedere presto anche le stagioni due e tre.