Lupin III - Una storia senza fine
La sesta serie, molto deludente, viene divisa in due archi narrativi: il primo, con Sherlock Holmes, da dimenticare; il secondo, che avrebbe potuto essere veramente memorabile, se realizzato a dovere, invece di concentrarsi su Lupin ed eventuali sue stranezze sospette (possibile che nessuno si accorga che è stato programmato?) e la sua presunta madre Tomoe, non è altro che un avvicendarsi di una serie infinita di personaggi femminili, quasi tutti noiosi nonché uguali a causa di un character design non proprio dei migliori, che porta a un finale inconcludente.
Per fortuna ci sono gli episodi filler! Di tutta la serie salvo solo i due firmati da Mamoru Oshii, e i due episodi con protagonista Jigen, che è, come sempre, una garanzia.
Per fortuna ci sono gli episodi filler! Di tutta la serie salvo solo i due firmati da Mamoru Oshii, e i due episodi con protagonista Jigen, che è, come sempre, una garanzia.
Arrivato alla sesta serie, in cinquant'anni televisivi, quasi ininterrotti, di anime, Lupin III sfida, a Londra, un giovane Sherlock Holmes (praticamente la risposta nipponica ai recenti serial TV anglo-americani "Sherlock" ed "Elementary", perché il detective, pure qui, è effettivamente una versione moderna dello stesso personaggio di Sir Arthur Conan Doyle), e poi rivolge le sue attenzioni verso la misteriosa e perfida "maestra Tomoe", legata alla sua infanzia (decisamente più riuscita di Sherlock Holmes, anche se rischia di essere dimenticata presto, a causa delle sue contorte macchinazioni). Si presentano le due storie principali come se fossero dei film, o degli special TV a puntate (un po' come si faceva già nelle altre serie del 2015 e 2018), peccato che vengono interrotte, pure qui, da episodi autoconclusivi dalla qualità altalenante.
Sono lontani i tempi delle prime tre serie, con le storie semplici e verticali che hanno fatto la leggenda del "Lupin III" televisivo, perché, per quanto si cerchi qui la pulp fiction, essa non è mai troppo cattiva, inoltre, per quanto Fujiko abbia, come Jigen, dei discreti episodi personali ("Amiche", soprattutto), delude nei settori tradimento e nudo integrale, che qui non c'è mai. Il Lupin più allegro, "attizzato" e piccante è quasi del tutto assente, c'è solo quello romantico, e ciò non è sempre un pregio. L'ispettore Zenigata, però, è reso bene e seriamente, peccato venga usato meno di quanto si meriti, mentre Goemon il samurai fa solo da tappezzeria, avendo anche l'episodio meno riuscito del pacchetto. Non male la piccola Lili, figlia del dottor Watson, gli abili assistenti di Zenigata e la fioraia, che Lupin salva durante un furto andato a vuoto. L'episodio di addio al doppiatore giapponese di Jigen, che apre la serie, è un prologo che noi Italiani sentiamo poco, visto che Alessandro d'Errico è già da tempo la nuova voce del pistolero.
Tirando le somme, la serie è abbastanza vivace da meritarsi una sufficienza piena, nonostante le nuove voci italiane di Lupin, Fujiko, Goemon e Zenigata (davvero un passo falso). Sono state evitate, però, altre sigle italiane, da parte di Mediaset (che non avevano più senso da "L’incorreggibile Lupin", del 1987), e mantenute quelle originali.
Sono lontani i tempi delle prime tre serie, con le storie semplici e verticali che hanno fatto la leggenda del "Lupin III" televisivo, perché, per quanto si cerchi qui la pulp fiction, essa non è mai troppo cattiva, inoltre, per quanto Fujiko abbia, come Jigen, dei discreti episodi personali ("Amiche", soprattutto), delude nei settori tradimento e nudo integrale, che qui non c'è mai. Il Lupin più allegro, "attizzato" e piccante è quasi del tutto assente, c'è solo quello romantico, e ciò non è sempre un pregio. L'ispettore Zenigata, però, è reso bene e seriamente, peccato venga usato meno di quanto si meriti, mentre Goemon il samurai fa solo da tappezzeria, avendo anche l'episodio meno riuscito del pacchetto. Non male la piccola Lili, figlia del dottor Watson, gli abili assistenti di Zenigata e la fioraia, che Lupin salva durante un furto andato a vuoto. L'episodio di addio al doppiatore giapponese di Jigen, che apre la serie, è un prologo che noi Italiani sentiamo poco, visto che Alessandro d'Errico è già da tempo la nuova voce del pistolero.
Tirando le somme, la serie è abbastanza vivace da meritarsi una sufficienza piena, nonostante le nuove voci italiane di Lupin, Fujiko, Goemon e Zenigata (davvero un passo falso). Sono state evitate, però, altre sigle italiane, da parte di Mediaset (che non avevano più senso da "L’incorreggibile Lupin", del 1987), e mantenute quelle originali.
Il personaggio di Monkey Punch vive oltre l’autore, e lo fa colpendo la nostra immaginazione. Mi è piaciuta l’idea di legare una trama orizzontale a quella verticale degli episodi slegati gli uni dagli altri. In fondo, le grandi serie storiche di “Lupin” non avevano neppure una trama orizzontale: ogni episodio un colpo e ogni colpo più spettacolare del precedente.
Premetto che da bambino non ero un fan dell’inafferrabile ladro gentiluomo, come per altri cartoni animati (es. “Lalabel”), che seguivo per la sigla; in altri casi (tipo “Capitan Harlock”) la sigla non era sufficiente a invogliarmi. Oggi, a distanza di anni, ho rivalutato le serie storiche di “Lupin” e, sebbene non tutti i film e gli special sono stati di mio gradimento, sono diventato un tifoso del nostro eroe. Proprio perché ha dato vita a varie reincarnazioni (che non riguardano solo la giacca o la macchina), di fatto è un personaggio che io considero un po’ schizofrenico, e per questo il carattere non è sempre lo stesso, viene infatti spesso a sembrare persone diverse con qualcosa in comune.
Ma, alla fine, il Lupin della sesta serie mi è piaciuto?
Sì, ma anche se la qualità degli episodi è in genere alta e la qualità delle immagini e delle musiche curata come non mai, ci sono dei nei, dei buchi su cui non possiamo transigere: la serie nel complesso è bella, ma i particolari degli episodi e i rapporti fra gli episodi non sempre sono sviluppati in modo logico e obiettivo.
Non voglio fare spoiler, e dunque vi invito a guardare e ascoltare con attenzione.
Mi soffermo su un particolare: di fatto, la saga di Tomoe è collegata con tutti gli episodi, anche quelli di Holmes, ma Mediaset rende tutto più difficile, mettendo gli episodi in ordine non cronologico, seguendo l’intuito di qualche dirigente che la sa tanto lunga quanto non capisce niente. Questo modo di collegare gli episodi ha danneggiato non poco il prodotto.
Altra cosa spiacevole è stato scomodare Sherlock Holmes, per poi non arrivare da nessuna parte: il re dei detective infatti rimane solo per un pugno di episodi, senza sviluppare tutte le potenzialità del personaggio.
Passiamo dunque al voto, che non è facile: prima di me qualcuno lo ha bocciato, come se rovinasse il mitico Lupin... per me è solo una delle trasmutazioni in corso d’opera. Lupin continuerà a vivere ancora a lungo. E perciò io credo in quello che hanno fatto gli autori. Voto? Otto.
Premetto che da bambino non ero un fan dell’inafferrabile ladro gentiluomo, come per altri cartoni animati (es. “Lalabel”), che seguivo per la sigla; in altri casi (tipo “Capitan Harlock”) la sigla non era sufficiente a invogliarmi. Oggi, a distanza di anni, ho rivalutato le serie storiche di “Lupin” e, sebbene non tutti i film e gli special sono stati di mio gradimento, sono diventato un tifoso del nostro eroe. Proprio perché ha dato vita a varie reincarnazioni (che non riguardano solo la giacca o la macchina), di fatto è un personaggio che io considero un po’ schizofrenico, e per questo il carattere non è sempre lo stesso, viene infatti spesso a sembrare persone diverse con qualcosa in comune.
Ma, alla fine, il Lupin della sesta serie mi è piaciuto?
Sì, ma anche se la qualità degli episodi è in genere alta e la qualità delle immagini e delle musiche curata come non mai, ci sono dei nei, dei buchi su cui non possiamo transigere: la serie nel complesso è bella, ma i particolari degli episodi e i rapporti fra gli episodi non sempre sono sviluppati in modo logico e obiettivo.
Non voglio fare spoiler, e dunque vi invito a guardare e ascoltare con attenzione.
Mi soffermo su un particolare: di fatto, la saga di Tomoe è collegata con tutti gli episodi, anche quelli di Holmes, ma Mediaset rende tutto più difficile, mettendo gli episodi in ordine non cronologico, seguendo l’intuito di qualche dirigente che la sa tanto lunga quanto non capisce niente. Questo modo di collegare gli episodi ha danneggiato non poco il prodotto.
Altra cosa spiacevole è stato scomodare Sherlock Holmes, per poi non arrivare da nessuna parte: il re dei detective infatti rimane solo per un pugno di episodi, senza sviluppare tutte le potenzialità del personaggio.
Passiamo dunque al voto, che non è facile: prima di me qualcuno lo ha bocciato, come se rovinasse il mitico Lupin... per me è solo una delle trasmutazioni in corso d’opera. Lupin continuerà a vivere ancora a lungo. E perciò io credo in quello che hanno fatto gli autori. Voto? Otto.
Dopo i fasti della quarta e della quinta stagione mi sono avvicinato alla sesta pieno di speranze. Il tema della lotta tra Lupin e Holmes giustificava bene le mie attese, dato “Moriarty the Patriot” e, perché no, “Death Note”. Anche il tema di Daisuke Jigen che vuole lasciare il gruppo era interessante. E Lupin che sembra un assassino.
Ma ben presto è stata solo una delusione. Non si capisce dove la storia vada a parare, dato che il rapporto con Holmes non sarà quello che ci aspetteremmo, Moriarty non sarà ciò che ci aspetteremmo e poi... a metà serie butteremo via tutto per iniziare un secondo arco narrativo spiazzante, che prima prometterà di mostrarci le vere origini della madre di Lupin ma poi... Il finale inconcludente e tutto il resto, oltre all’obbligo di non ‘spoilerare’, mi portano alla conclusione che la serie sia non male, ma comunque fallimentare rispetto alla stupenda quinta stagione. Sarebbe stato meglio chiudere in una dozzina di episodi, chiudendo l’arco di Holmes ma con più profondità, e poi fare una settima serie di ritorno al Giappone e alle origini.
La grafica è buona, la personalità di Lupin indecifrabile, perché alterna il cinismo della prima serie a una maggiore giocosità, ma, comunque, non mi convince. Come la sua giacca, d’un colore strano, perché ricorda la giacca verde, ma, allo stesso tempo, non lo è. Personalmente, ho trovato interessante il dilemma posto negli ultimi episodi dalla serial killer: piena d’odio per la maestra che le ha rovinato la vita, sta cercando d’ucciderla per averla derubata. Ma se vuoi ucciderla non significa forse che un po' di quanto ti ha insegnato ti è rimasto dentro e quindi non hai il diritto di farlo?
La grafica e la regia sono davvero buone, le sigle carine. Molto gradevole Fujiko, che si rivela più dolce e meno opportunista, cosa che ho gradito molto. Zenigata rimane un poliziotto tutto d’un pezzo e i suoi due aiutanti si rivelano molto abili.
Come voto sarei tentato di dare 5 per la delusione, ma, con obiettività, assegno 6.
Ma ben presto è stata solo una delusione. Non si capisce dove la storia vada a parare, dato che il rapporto con Holmes non sarà quello che ci aspetteremmo, Moriarty non sarà ciò che ci aspetteremmo e poi... a metà serie butteremo via tutto per iniziare un secondo arco narrativo spiazzante, che prima prometterà di mostrarci le vere origini della madre di Lupin ma poi... Il finale inconcludente e tutto il resto, oltre all’obbligo di non ‘spoilerare’, mi portano alla conclusione che la serie sia non male, ma comunque fallimentare rispetto alla stupenda quinta stagione. Sarebbe stato meglio chiudere in una dozzina di episodi, chiudendo l’arco di Holmes ma con più profondità, e poi fare una settima serie di ritorno al Giappone e alle origini.
La grafica è buona, la personalità di Lupin indecifrabile, perché alterna il cinismo della prima serie a una maggiore giocosità, ma, comunque, non mi convince. Come la sua giacca, d’un colore strano, perché ricorda la giacca verde, ma, allo stesso tempo, non lo è. Personalmente, ho trovato interessante il dilemma posto negli ultimi episodi dalla serial killer: piena d’odio per la maestra che le ha rovinato la vita, sta cercando d’ucciderla per averla derubata. Ma se vuoi ucciderla non significa forse che un po' di quanto ti ha insegnato ti è rimasto dentro e quindi non hai il diritto di farlo?
La grafica e la regia sono davvero buone, le sigle carine. Molto gradevole Fujiko, che si rivela più dolce e meno opportunista, cosa che ho gradito molto. Zenigata rimane un poliziotto tutto d’un pezzo e i suoi due aiutanti si rivelano molto abili.
Come voto sarei tentato di dare 5 per la delusione, ma, con obiettività, assegno 6.
Questa sesta serie di “Lupin III” è stata una delusione. Le premesse non erano le migliori, e ammetto che l’idea di un’avventura inglese con Sherlock Holmes non mi ha mai scaldato il cuore, fin dalle prime informazioni che trapelarono sulla serie. Tuttavia, mi chiesi, perché essere troppo pessimisti? Negli ultimi anni di prodotti buoni sul franchise ne abbiamo avuti diversi, dallo spin-off con Fujiko, alla quinta e alla sesta serie. Per non parlare di alcune uscite cinematografiche davvero degne di nota. Ammetto di essermi perso qualche special TV, ma, nel complesso, la sensazione era che Lupin e Co. fossero ancora in ottima forma. Purtroppo, però, qui qualcosa è andato storto.
Partirei da quello che considero il difetto più grande di questa sesta serie: la struttura narrativa. Nella serie precedente, avevamo una traccia principale che veniva sviluppata molto spesso, salvo qualche episodio filler, magari anche abbastanza discutibile, ma tutto sommato ignorabile, visto che la serie rimaneva perlopiù concentrata sulla storia principale. Qui le cose sono andate in modo decisamente diverso. La traccia narrativa principale si sviluppa di rado e gli episodi autoconclusivi sono aumentati considerevolmente. La trama così strutturata ha finito per dare vita a delle vicende ben poco interessanti, e se, come era prevedibile, gli episodi autoconclusivi non fanno quasi mai centro, anche le puntate legate alla traccia principale hanno finito per perdere mordente, nonostante avessero del potenziale.
Un altro passo indietro riguarda l’ambientazione. La quinta serie era, almeno in parte, riuscita a valorizzare l’ambientazione francese, riprendendo alcuni aspetti della società e politica transalpina. Qui non si è riusciti a fare lo stesso. Questa volta, l’ambientazione principale era l’Inghilterra, ma, tolto il pretesto di Holmes, non ho mai sentito la specificità di questa scelta.
Infine, un appunto molto più soggettivo. Capisco il capriccio di voler creare anche a livello simbolico una sfida Lupin-Holmes, e per certi aspetti la cosa funziona, almeno all’inizio. Ma personalmente ne ho fin sopra i capelli di interpretazioni contemporanee di Sherlock Holmes e personaggi affini, soprattutto se i risultati poi sono modesti come questi.
In conclusione, credo che questa sesta serie sia stata un bel buco nell’acqua. La struttura narrativa non funziona, l’ambientazione non è stata sfruttata come si deve, e anche tecnicamente, pur non raggiungendo livelli mediocri, la serie fa un deciso passo indietro rispetto alle precedenti. Naturalmente non è tutto da buttare. I personaggi rimangono sempre apprezzabili e almeno inizialmente la traccia narrativa principale sembrava poter dire qualcosa. Ma gli sviluppi della storia, uniti a un buon numero di episodi autoconclusivi totalmente anonimi non hanno aiutato quella che per me è finora la serie meno riuscita del franchise.
Partirei da quello che considero il difetto più grande di questa sesta serie: la struttura narrativa. Nella serie precedente, avevamo una traccia principale che veniva sviluppata molto spesso, salvo qualche episodio filler, magari anche abbastanza discutibile, ma tutto sommato ignorabile, visto che la serie rimaneva perlopiù concentrata sulla storia principale. Qui le cose sono andate in modo decisamente diverso. La traccia narrativa principale si sviluppa di rado e gli episodi autoconclusivi sono aumentati considerevolmente. La trama così strutturata ha finito per dare vita a delle vicende ben poco interessanti, e se, come era prevedibile, gli episodi autoconclusivi non fanno quasi mai centro, anche le puntate legate alla traccia principale hanno finito per perdere mordente, nonostante avessero del potenziale.
Un altro passo indietro riguarda l’ambientazione. La quinta serie era, almeno in parte, riuscita a valorizzare l’ambientazione francese, riprendendo alcuni aspetti della società e politica transalpina. Qui non si è riusciti a fare lo stesso. Questa volta, l’ambientazione principale era l’Inghilterra, ma, tolto il pretesto di Holmes, non ho mai sentito la specificità di questa scelta.
Infine, un appunto molto più soggettivo. Capisco il capriccio di voler creare anche a livello simbolico una sfida Lupin-Holmes, e per certi aspetti la cosa funziona, almeno all’inizio. Ma personalmente ne ho fin sopra i capelli di interpretazioni contemporanee di Sherlock Holmes e personaggi affini, soprattutto se i risultati poi sono modesti come questi.
In conclusione, credo che questa sesta serie sia stata un bel buco nell’acqua. La struttura narrativa non funziona, l’ambientazione non è stata sfruttata come si deve, e anche tecnicamente, pur non raggiungendo livelli mediocri, la serie fa un deciso passo indietro rispetto alle precedenti. Naturalmente non è tutto da buttare. I personaggi rimangono sempre apprezzabili e almeno inizialmente la traccia narrativa principale sembrava poter dire qualcosa. Ma gli sviluppi della storia, uniti a un buon numero di episodi autoconclusivi totalmente anonimi non hanno aiutato quella che per me è finora la serie meno riuscita del franchise.