Handyman Saitou in Another World
“Handyman Saitou in Another World” è un anime di 12 episodi, con una fortissima vena comica, ambientato in un mondo simile ad un videogioco di avventura, con tanto di dungeon, mostri e tesori.
Il protagonista è Saito, un tuttofare che si ritrova catapultato in questo nuovo mondo dove incontra la guerriera Raelza, la fatina spilorcia Lafanpan e lo stregone smemorato Morok. Grazie alle sue abilità di tuttofare, Saito si unisce al loro party come scassinatore e insieme esplorano il labirinto della città alla ricerca di tesori.
La struttura dell’anime è abbastanza insolita.
- I primi quattro episodi sono organizzati in geniali micro-episodi, che sono difatti degli sketch comici, che oltre a far ridere (e ci riescono benissimo) presentano anche i personaggi principali e secondari, la cui storia si intreccerà più avanti.
- Gli episodi dal quinto all’undicesimo hanno una struttura più canonica per una storia di avventura, con la componente comica sempre presente intrecciata però a due storie decisamente più tragiche e intense.
- L’ultimo episodio riprende la struttura iniziale in micro-episodi, chiudendo la serie col sorriso e permettendoci di “salutare” tutti i personaggi.
I personaggi sono molto vari, abbiamo fate, elfi, stregoni, sacerdotesse, nani, demoni, e così via ciascuno con le proprie peculiarità e passioni. I personaggi principali hanno anche un discreto approfondimento e a ciascuno viene dedicato un po’ di spazio per comprenderne meglio alcuni comportamenti e motivazioni. Solo il personaggio di Raelza risulta, a mio parere, un po’ piatto in certi frangenti.
Il protagonista Saito non spicca particolarmente tra loro, ma per un motivo o per un altro riesce a stringere un legame con tutti, facendo da collante tra tutti i personaggi. Il ragazzo, sempre sottovalutato e giudicato non indispensabile nel suo mondo, si impegna al massimo per essere utile ai suoi compagni e i risultati si vedono.
Il protagonista ad honorem di questa serie è però lo stregone Morok, che è quello che fa da fulcro alla componente comica. Lo stregone, così smemorato da dimenticarsi le formule degli incantesimi mentre li sta lanciando e addirittura dei suoi compagni, è la carta vincente di questa serie.
I tempi comici sono perfetti e gli sketch, anche facendo spesso perno sulle stesse “mancanze” dei personaggi, non risultano ripetitivi.
Molto bella la ending “Hidamari no Saido”, cantata da Konoco.
Un anime divertentissimo, per il quale non avrei dato un euro e che invece si è rivelato una vera sorpresa.
Il protagonista è Saito, un tuttofare che si ritrova catapultato in questo nuovo mondo dove incontra la guerriera Raelza, la fatina spilorcia Lafanpan e lo stregone smemorato Morok. Grazie alle sue abilità di tuttofare, Saito si unisce al loro party come scassinatore e insieme esplorano il labirinto della città alla ricerca di tesori.
La struttura dell’anime è abbastanza insolita.
- I primi quattro episodi sono organizzati in geniali micro-episodi, che sono difatti degli sketch comici, che oltre a far ridere (e ci riescono benissimo) presentano anche i personaggi principali e secondari, la cui storia si intreccerà più avanti.
- Gli episodi dal quinto all’undicesimo hanno una struttura più canonica per una storia di avventura, con la componente comica sempre presente intrecciata però a due storie decisamente più tragiche e intense.
- L’ultimo episodio riprende la struttura iniziale in micro-episodi, chiudendo la serie col sorriso e permettendoci di “salutare” tutti i personaggi.
I personaggi sono molto vari, abbiamo fate, elfi, stregoni, sacerdotesse, nani, demoni, e così via ciascuno con le proprie peculiarità e passioni. I personaggi principali hanno anche un discreto approfondimento e a ciascuno viene dedicato un po’ di spazio per comprenderne meglio alcuni comportamenti e motivazioni. Solo il personaggio di Raelza risulta, a mio parere, un po’ piatto in certi frangenti.
Il protagonista Saito non spicca particolarmente tra loro, ma per un motivo o per un altro riesce a stringere un legame con tutti, facendo da collante tra tutti i personaggi. Il ragazzo, sempre sottovalutato e giudicato non indispensabile nel suo mondo, si impegna al massimo per essere utile ai suoi compagni e i risultati si vedono.
Il protagonista ad honorem di questa serie è però lo stregone Morok, che è quello che fa da fulcro alla componente comica. Lo stregone, così smemorato da dimenticarsi le formule degli incantesimi mentre li sta lanciando e addirittura dei suoi compagni, è la carta vincente di questa serie.
I tempi comici sono perfetti e gli sketch, anche facendo spesso perno sulle stesse “mancanze” dei personaggi, non risultano ripetitivi.
Molto bella la ending “Hidamari no Saido”, cantata da Konoco.
Un anime divertentissimo, per il quale non avrei dato un euro e che invece si è rivelato una vera sorpresa.
Un ragazzo tutto fare dei giorni nostri viene evocato, per errore, in un altro mondo fantasy. Qui fa la conoscenza di Raelza, Morok e Lafanpan ai quali si aggiunge per andare all'avventura.
La trama è semplicissima e molto scarna, a conti fatti anche molto lineare; ciò che però complica le cose allo spettatore è il modo, a mio avviso, insopportabile e sconclusionato di narrare le vicende. Vengono narrati fatti quasi slegati tra loro che non hanno un gran che di senso anche con più soggetti protagonisti e spezzoni nello stesso episodio, frammentando all'inverosimile la narrazione che risulta così ancor più raffazzonata. Poi però per alcuni episodi di file, per almeno due volte, la narrazione si stabilizza, a quella che potremmo chiamare come narrazione standard, così finalmente si riesce a seguire bene l'opera per un paio di episodi e capendo che le micro vicende narrate a caso qua e là sono in realtà, secondo me malamente, collegate tra loro, per poi riprendere la narrazione frammentaria. Molte cose succedono a caso senza senso.
L'ambientazione è sterile e per nulla ispirata o particolarmente originale e interessante.
La maggior parte delle gag sono poco ispirate e ovvie, cadono spesso nella banalità più assoluta, anche se qualche sorriso lo strappano comunque.
I personaggi in sé hanno un design ok, la caratterizzazione è quasi inesistente e particolarmente stereotipata, il protagonista fa leggera eccezione con un po' di background quasi decente, per gli altri storie dimenticabili e irrilevanti narrate pure male.
Lato tecnico più o meno sufficiente, comparto audio visivo passabile.
Secondo me non vale la pena vedere quest'opera, a meno che non vi piaccia il genere sia chiaro; alla fine dei conti qualcosa c'è per quanto poco e fatto male.
La trama è semplicissima e molto scarna, a conti fatti anche molto lineare; ciò che però complica le cose allo spettatore è il modo, a mio avviso, insopportabile e sconclusionato di narrare le vicende. Vengono narrati fatti quasi slegati tra loro che non hanno un gran che di senso anche con più soggetti protagonisti e spezzoni nello stesso episodio, frammentando all'inverosimile la narrazione che risulta così ancor più raffazzonata. Poi però per alcuni episodi di file, per almeno due volte, la narrazione si stabilizza, a quella che potremmo chiamare come narrazione standard, così finalmente si riesce a seguire bene l'opera per un paio di episodi e capendo che le micro vicende narrate a caso qua e là sono in realtà, secondo me malamente, collegate tra loro, per poi riprendere la narrazione frammentaria. Molte cose succedono a caso senza senso.
L'ambientazione è sterile e per nulla ispirata o particolarmente originale e interessante.
La maggior parte delle gag sono poco ispirate e ovvie, cadono spesso nella banalità più assoluta, anche se qualche sorriso lo strappano comunque.
I personaggi in sé hanno un design ok, la caratterizzazione è quasi inesistente e particolarmente stereotipata, il protagonista fa leggera eccezione con un po' di background quasi decente, per gli altri storie dimenticabili e irrilevanti narrate pure male.
Lato tecnico più o meno sufficiente, comparto audio visivo passabile.
Secondo me non vale la pena vedere quest'opera, a meno che non vi piaccia il genere sia chiaro; alla fine dei conti qualcosa c'è per quanto poco e fatto male.
