Hal
"Il lutto è solo un'autocommiserazione prolungata..."
Girare un film sull'elaborazione del lutto e gli infiniti tentativi da parte degli umani di trovare un modo per superare la perdita di una persona cara è sempre "slippery". Il rischio di (s)cadere nel melodrammatico, nell'eccesso per commuovere, strappare a tutti i costi le lacrime o nel superficiale è sempre molto alto. L'affrontare tale tema dipende sia dal contesto culturale e sociale in cui si ambienta la storia, sia dalla caratterizzazione che si vuole assegnare ai personaggi per costruire e far capire allo spettatore il percorso attraverso il quale i personaggi giungono, se riescono, a un equilibrio soddisfacente o restano impigliati nelle spire del dolore senza soluzione.
"Hal", film anime "originale" dello studio Wit, uscito nel 2013, della durata di 60 minuti ci prova a modo suo cercando di sfruttare e unire i classici elementi "sentimentali" con quelli sci-fi nel campo della robotica e degli androidi come "palliativo" per gli umani per poter di nuovo avere al proprio fianco un simulacro molto realistico della persona amata e persa per sempre. L'idea di per sè non ha nulla di particolarmente originale: il tema è stato affrontato in vari modi nella cinematografia, nel mondo dei fumetti, dei manga, degli anime, della letteratura, ecc. e non solo per la sostituzione di una persona deceduta ma anche per avere al proprio fianco la persona dei propri sogni.
Pertanto, l'unico modo per rendere interessante la trama era quello di creare una storia che in qualche modo possa colpire lo spettatore e "Hal" tenta l'azzardo concentrando il "quid novi" nella parte finale con un cliffhanger che cerca di dare un senso al film che altrimenti sarebbe stato a mio avviso solo uno dei tanti e realizzato anche in modo un po' frettoloso e superficiale ed eccessivamente "slice of life".
Da quanto ho potuto constatare, l'elemento "fantascienza" (se così lo si possa definire) è solo un mezzo per la realizzazione della storia: se ipoteticamente avessero inventato che Hal/Haru avesse avuto un "gemello" (anche se poi nel plot twist si vedrà che sarebbe stato un artifizio inutile) la storia avrebbe potuto comunque essere sviluppata perché il leit motiv non è tanto la sostituzione di una persona cara deceduta, ma l'elaborazione del lutto e l'accettazione della perdita della stessa da parte di chi resta.
Ciò di cui difetta realmente al film è uno sviluppo significativo dei due protagonisti: tutto è lasciato nella vaga indeterminatezza più per costruire il percorso del plot twist finale piuttosto che per approfondire il reale stato di disperazione e alienazione dopo la morte. Qualcuno potrebbe evidenziare che in sessanta minuti non si potevano far miracoli. Obiezione condivisibile in astratto, ma non applicabile alla fattispecie in esame.
"Hal" in tutta la parte in cui mostra il percorso in cui Kurumi pian piano cambia atteggiamento nei confronti del "robot" simulacro dell'amato Hal, si dilunga lentamente in dettagli significativi e malinconici del bel tempo che fu tra loro (con continue apparizioni di oggetti legati ai ricordi come i cubi di Kubrick, vera fissazione di entrambi, sul cibo e su una pletora di oggetti collezionati e raccolti per essere poi oggetto di attività commerciale) e in altri dettagli di vita di comunità da parte di Hal che danno un tocco appunto "slice of life"... C'è anche un minimo di accenno al passato di Hal, alle sue frequentazioni non propriamente "tranquille" e ai flashback di ricordi con Kurumi.
Tutto molto bello e struggente ma poco esplicativo ed armonico ai fini di quello che poi si rivelerà nel finale, se non per accentuare quel senso di stupore nello spettatore che si sentirà "fuorviato" e la malinconia che resta una volta realizzata la verità che il film si prefiggeva di rappresentare. Quindi, se l'idea di base di questo anime consiste nel colpo di scena finale, in linea di massima non è del tutto pessimo. Il film pecca, a mio avviso, sulla realizzazione del percorso che arriva al predetto finale a sorpresa. Il poco tempo a disposizione, speso anche male, rende la visione poco coinvolgente e in certi momenti anche un po' noiosetta.
Dal punto di vista tecnico, "Hal" si riscatta: il character design è carino. Si vede la mano di Io Sakisaka, mangaka abbastanza nota e apprezzata dal pubblico, autrice di "Ao Haru Ride" e "Strobe Edge". Anche gli sfondi sono curati, colori vividi e animazioni nella norma. In conclusione: "Hal" non è assolutamente un anime da buttare, ma mi ha lasciato una sensazione di insoddisfazione perché non genera, anche nel finale a sorpresa, il giusto coinvolgimento, anche emotivo, dello spettatore, proprio per quel del finale che apre ad uno scenario non coerente alle premesse costruite per 3/4 del film.
Girare un film sull'elaborazione del lutto e gli infiniti tentativi da parte degli umani di trovare un modo per superare la perdita di una persona cara è sempre "slippery". Il rischio di (s)cadere nel melodrammatico, nell'eccesso per commuovere, strappare a tutti i costi le lacrime o nel superficiale è sempre molto alto. L'affrontare tale tema dipende sia dal contesto culturale e sociale in cui si ambienta la storia, sia dalla caratterizzazione che si vuole assegnare ai personaggi per costruire e far capire allo spettatore il percorso attraverso il quale i personaggi giungono, se riescono, a un equilibrio soddisfacente o restano impigliati nelle spire del dolore senza soluzione.
"Hal", film anime "originale" dello studio Wit, uscito nel 2013, della durata di 60 minuti ci prova a modo suo cercando di sfruttare e unire i classici elementi "sentimentali" con quelli sci-fi nel campo della robotica e degli androidi come "palliativo" per gli umani per poter di nuovo avere al proprio fianco un simulacro molto realistico della persona amata e persa per sempre. L'idea di per sè non ha nulla di particolarmente originale: il tema è stato affrontato in vari modi nella cinematografia, nel mondo dei fumetti, dei manga, degli anime, della letteratura, ecc. e non solo per la sostituzione di una persona deceduta ma anche per avere al proprio fianco la persona dei propri sogni.
Pertanto, l'unico modo per rendere interessante la trama era quello di creare una storia che in qualche modo possa colpire lo spettatore e "Hal" tenta l'azzardo concentrando il "quid novi" nella parte finale con un cliffhanger che cerca di dare un senso al film che altrimenti sarebbe stato a mio avviso solo uno dei tanti e realizzato anche in modo un po' frettoloso e superficiale ed eccessivamente "slice of life".
Da quanto ho potuto constatare, l'elemento "fantascienza" (se così lo si possa definire) è solo un mezzo per la realizzazione della storia: se ipoteticamente avessero inventato che Hal/Haru avesse avuto un "gemello" (anche se poi nel plot twist si vedrà che sarebbe stato un artifizio inutile) la storia avrebbe potuto comunque essere sviluppata perché il leit motiv non è tanto la sostituzione di una persona cara deceduta, ma l'elaborazione del lutto e l'accettazione della perdita della stessa da parte di chi resta.
Ciò di cui difetta realmente al film è uno sviluppo significativo dei due protagonisti: tutto è lasciato nella vaga indeterminatezza più per costruire il percorso del plot twist finale piuttosto che per approfondire il reale stato di disperazione e alienazione dopo la morte. Qualcuno potrebbe evidenziare che in sessanta minuti non si potevano far miracoli. Obiezione condivisibile in astratto, ma non applicabile alla fattispecie in esame.
"Hal" in tutta la parte in cui mostra il percorso in cui Kurumi pian piano cambia atteggiamento nei confronti del "robot" simulacro dell'amato Hal, si dilunga lentamente in dettagli significativi e malinconici del bel tempo che fu tra loro (con continue apparizioni di oggetti legati ai ricordi come i cubi di Kubrick, vera fissazione di entrambi, sul cibo e su una pletora di oggetti collezionati e raccolti per essere poi oggetto di attività commerciale) e in altri dettagli di vita di comunità da parte di Hal che danno un tocco appunto "slice of life"... C'è anche un minimo di accenno al passato di Hal, alle sue frequentazioni non propriamente "tranquille" e ai flashback di ricordi con Kurumi.
Tutto molto bello e struggente ma poco esplicativo ed armonico ai fini di quello che poi si rivelerà nel finale, se non per accentuare quel senso di stupore nello spettatore che si sentirà "fuorviato" e la malinconia che resta una volta realizzata la verità che il film si prefiggeva di rappresentare. Quindi, se l'idea di base di questo anime consiste nel colpo di scena finale, in linea di massima non è del tutto pessimo. Il film pecca, a mio avviso, sulla realizzazione del percorso che arriva al predetto finale a sorpresa. Il poco tempo a disposizione, speso anche male, rende la visione poco coinvolgente e in certi momenti anche un po' noiosetta.
Dal punto di vista tecnico, "Hal" si riscatta: il character design è carino. Si vede la mano di Io Sakisaka, mangaka abbastanza nota e apprezzata dal pubblico, autrice di "Ao Haru Ride" e "Strobe Edge". Anche gli sfondi sono curati, colori vividi e animazioni nella norma. In conclusione: "Hal" non è assolutamente un anime da buttare, ma mi ha lasciato una sensazione di insoddisfazione perché non genera, anche nel finale a sorpresa, il giusto coinvolgimento, anche emotivo, dello spettatore, proprio per quel del finale che apre ad uno scenario non coerente alle premesse costruite per 3/4 del film.
Non è molto semplice recensire questo breve film senza incappare in fastidiosi spoiler, poichè, a parer mio, il pregio maggiore di questo mediometraggio si concentra soprattutto nel riuscitissimo colpo di scena finale. E già avrei detto troppo.
Questo film, della durata di un'ora circa, prodotto dalla Wit Studio nella primavera del 2013, risulta essere un prodotto tecnicamente molto buono. Il comparto grafico è davvero ben curato, con fondali dettagliati e piuttosto luminosi, animazione fluide e ambientazioni davvero suggestive. Anche il comparto sonoro propone buone musiche, in grado di esaltare i momenti più drammatici e sentimentali.
Ma veniamo ad un breve cenno della trama: "Hal" racconta il dolore per la perdita della persona amata, e all'incapacità di accettare questa morte improvvisa. La sostituzione con un robot identico alla persona scomparsa, sarà un tentativo, una sorta di terapia, per far riprendere il superstite in preda alla disperazione.
Non vengono dati molti dettagli sul periodo storico o sul luogo in cui si svolge la vicenda. Può essere una realtà del futuro, un mondo distopico o post apocalittico, visto che qui si parla anche di AI (Intelligenza Artificiale). Non lo sappiamo, non ci sono abbastanza elementi per dirlo. Questo, personalmente, non l'ho trovato un vero difetto, ma anzi, questa sommarietà dà un tocco di mistero, un senso del surreale e anche anacronistico, se vogliamo, soprattutto quando spunta in scena il cubo di Rubick, noto giocattolo di origine ungherese degli anni '70. L'uso che se ne fa di quest' ultimo, dà, oltretutto, un tocco di originalità (i due innamorati scrissero su di ogni facciata un loro desiderio, che veniva scoperto dall'altro solo con la risoluzione del gioco) e simboleggia il forte desiderio di rinascita, di ricostruzione della propria vita, dopo i drammi di un lutto.
La sceneggiatura è effettivamente un po' debole, e anche i personaggi non sono così ben caratterizzati, risultando un poco anonimi, tanto da spiccare di più nei brevi flashback che li riguardano.
Tuttavia il film scorre bene, non annoia, complice sicuramente la breve durata. Ecco, se il film fosse durato di più, questo poco approfondimento su ambientazione e personaggi, avrebbe pesato maggiormente. Allo stesso tempo, se si fosse dato più spazio a questi aspetti, uniti ad una durata più lunga del film, ne sarebbe risultato un prodotto di maggior valore. Ad ogni modo, per quello che gli autori si erano prefissati di fare, il film, costruito in questo modo, adempie abbastanza bene al suo dovere.
E veniamo al finale, punta di diamante di questo film. Un finale che coglie di sorpresa, in contropiede, tanto che, ripensandoci col senno di poi, tutto il percorso dei nostri personaggi e le dinamiche che convergono al botto finale... Non fanno una piega!
Concludendo, è un film senza troppe pretese, con personaggi, sì, non indimenticabili, ma indimenticabile è la sorpresa della conclusione.
Consiglierei di vederlo due volte. La seconda visione farà comprendere e apprezzare ulteriormente questo breve film dalle poche emozioni intense.
Questo film, della durata di un'ora circa, prodotto dalla Wit Studio nella primavera del 2013, risulta essere un prodotto tecnicamente molto buono. Il comparto grafico è davvero ben curato, con fondali dettagliati e piuttosto luminosi, animazione fluide e ambientazioni davvero suggestive. Anche il comparto sonoro propone buone musiche, in grado di esaltare i momenti più drammatici e sentimentali.
Ma veniamo ad un breve cenno della trama: "Hal" racconta il dolore per la perdita della persona amata, e all'incapacità di accettare questa morte improvvisa. La sostituzione con un robot identico alla persona scomparsa, sarà un tentativo, una sorta di terapia, per far riprendere il superstite in preda alla disperazione.
Non vengono dati molti dettagli sul periodo storico o sul luogo in cui si svolge la vicenda. Può essere una realtà del futuro, un mondo distopico o post apocalittico, visto che qui si parla anche di AI (Intelligenza Artificiale). Non lo sappiamo, non ci sono abbastanza elementi per dirlo. Questo, personalmente, non l'ho trovato un vero difetto, ma anzi, questa sommarietà dà un tocco di mistero, un senso del surreale e anche anacronistico, se vogliamo, soprattutto quando spunta in scena il cubo di Rubick, noto giocattolo di origine ungherese degli anni '70. L'uso che se ne fa di quest' ultimo, dà, oltretutto, un tocco di originalità (i due innamorati scrissero su di ogni facciata un loro desiderio, che veniva scoperto dall'altro solo con la risoluzione del gioco) e simboleggia il forte desiderio di rinascita, di ricostruzione della propria vita, dopo i drammi di un lutto.
La sceneggiatura è effettivamente un po' debole, e anche i personaggi non sono così ben caratterizzati, risultando un poco anonimi, tanto da spiccare di più nei brevi flashback che li riguardano.
Tuttavia il film scorre bene, non annoia, complice sicuramente la breve durata. Ecco, se il film fosse durato di più, questo poco approfondimento su ambientazione e personaggi, avrebbe pesato maggiormente. Allo stesso tempo, se si fosse dato più spazio a questi aspetti, uniti ad una durata più lunga del film, ne sarebbe risultato un prodotto di maggior valore. Ad ogni modo, per quello che gli autori si erano prefissati di fare, il film, costruito in questo modo, adempie abbastanza bene al suo dovere.
E veniamo al finale, punta di diamante di questo film. Un finale che coglie di sorpresa, in contropiede, tanto che, ripensandoci col senno di poi, tutto il percorso dei nostri personaggi e le dinamiche che convergono al botto finale... Non fanno una piega!
Concludendo, è un film senza troppe pretese, con personaggi, sì, non indimenticabili, ma indimenticabile è la sorpresa della conclusione.
Consiglierei di vederlo due volte. La seconda visione farà comprendere e apprezzare ulteriormente questo breve film dalle poche emozioni intense.
"Hal" è un film di appena sessanta minuti tratto dall’omonimo manga shoujo di Umi Ayase. L’anime, uscito nelle sale giapponesi durante la primavera del 2013, costituisce una delle prime opere animate da Wit Studio, il quale ha reso l’aspetto visivo il suo principale punto di forza, tuttavia, non si può dire lo stesso della parte narrativa.
La storia è ambientata in un prossimo futuro in cui l’uomo ha imparato a realizzare dei robot talmente sofisticati da svolgere le più disparate funzioni, compresa quella di curare la depressione delle persone interagendo con loro. In questo caso, il protagonista è Hal, un robot dall’aspetto praticamente umano, che è stato incaricato di aiutare una ragazza di nome Kurumi ad uscire dalla depressione causata dalla morte del suo ragazzo. La prassi, prevede che il robot assuma l’aspetto della persona deceduta per avvicinarsi più facilmente al paziente, in modo da esaudire i suoi desideri, allo scopo di portargli un po’ di felicità, tuttavia, non tarderanno ad arrivare i problemi a causa di alcuni tristi precedenti riguardanti la vita del giovane.
Come già ribadito poco più sopra, l’aspetto più interessante di questo film è sicuramente la parte visiva. Il film rappresenta uno dei primissimi progetti di Wit Studio, divenuto poi famoso per l’adattamento animato de “L’attacco dei giganti” e anche in questo caso ha saputo stupirci regalandoci delle animazioni molto curate con dei lineamenti morbidi e dei colori molto saturi. All’interno di questo film sono presenti anche delle parti animate in CGI che non stonano assolutamente con il resto, tuttavia, se da un lato sono rimasta molto colpita dalle animazioni, non posso dire lo stesso della storia e del modo in cui è stata raccontata. Non avendo letto il manga originale, non ho idea se siano stati eseguiti dei tagli o dei cambiamenti, tuttavia, non posso negare di essermi annoiata per gran parte del film. Nonostante il film si concentri prettamente sulla parte sentimentale, in realtà possiede anche le premesse per analizzare altri aspetti che avrebbero potuto rendere la visione più interessante. Vista la situazione dei protagonisti, avrebbe sicuramente giovato un ulteriore approfondimento sul loro passato, per non parlare del tema dell’evoluzione tecnologica. Con quest’ultima affermazione non intendo dire che "Hal" sarebbe dovuto diventare un film fantascientifico, tuttavia, considerando che era presente una minima intenzione di trattare questo argomento, avrebbero potuto spingersi un po’ oltre, evitando di limitarsi ad un semplice abbozzo fine a se stesso. Da un lato, questo argomento ha sempre fatto discutere sulla questione economica, in quanto esistono lavori che potrebbero essere effettivamente soppiantati dai robot. D’altro canto, però, c’è anche un aspetto etico da considerare, il quale potrebbe costituire un ostacolo per chi si approccerà a questo film. La possibilità di essere confortati da delle intelligenze artificiali, infatti, è un tema molto attuale che continua a creare una profonda divisione tra chi li considera utili e chi, invece, teme che potrebbero portare all’alienazione dei rapporti con le persone reali, portando come esempio la situazione degli attuali hikikomori che ormai si sta diffondendo sempre di più al di fuori del Giappone. Per quanto mi riguarda, io appartengo alla seconda categoria e per tale motivo non sono riuscita a digerire il fatto che per risolvere il problema abbiano deciso di ricorrere all’utilizzo di un robot, per di più con l’aspetto di una persona deceduta. Considerando che la durata del film è di a malapena un’ora, se avesse avuto più tempo a disposizione avrebbe potuto sicuramente sviluppare meglio questi temi secondari.
In sostanza non si tratta di un brutto film, ma per quanto possa essere interessante e sorprendente il finale, questo non può cancellare la noia della restante parte. Considerando la breve durata del film, la sua visione non pesa così tanto, tuttavia, non lo considero così interessante da consigliarlo.
La storia è ambientata in un prossimo futuro in cui l’uomo ha imparato a realizzare dei robot talmente sofisticati da svolgere le più disparate funzioni, compresa quella di curare la depressione delle persone interagendo con loro. In questo caso, il protagonista è Hal, un robot dall’aspetto praticamente umano, che è stato incaricato di aiutare una ragazza di nome Kurumi ad uscire dalla depressione causata dalla morte del suo ragazzo. La prassi, prevede che il robot assuma l’aspetto della persona deceduta per avvicinarsi più facilmente al paziente, in modo da esaudire i suoi desideri, allo scopo di portargli un po’ di felicità, tuttavia, non tarderanno ad arrivare i problemi a causa di alcuni tristi precedenti riguardanti la vita del giovane.
Come già ribadito poco più sopra, l’aspetto più interessante di questo film è sicuramente la parte visiva. Il film rappresenta uno dei primissimi progetti di Wit Studio, divenuto poi famoso per l’adattamento animato de “L’attacco dei giganti” e anche in questo caso ha saputo stupirci regalandoci delle animazioni molto curate con dei lineamenti morbidi e dei colori molto saturi. All’interno di questo film sono presenti anche delle parti animate in CGI che non stonano assolutamente con il resto, tuttavia, se da un lato sono rimasta molto colpita dalle animazioni, non posso dire lo stesso della storia e del modo in cui è stata raccontata. Non avendo letto il manga originale, non ho idea se siano stati eseguiti dei tagli o dei cambiamenti, tuttavia, non posso negare di essermi annoiata per gran parte del film. Nonostante il film si concentri prettamente sulla parte sentimentale, in realtà possiede anche le premesse per analizzare altri aspetti che avrebbero potuto rendere la visione più interessante. Vista la situazione dei protagonisti, avrebbe sicuramente giovato un ulteriore approfondimento sul loro passato, per non parlare del tema dell’evoluzione tecnologica. Con quest’ultima affermazione non intendo dire che "Hal" sarebbe dovuto diventare un film fantascientifico, tuttavia, considerando che era presente una minima intenzione di trattare questo argomento, avrebbero potuto spingersi un po’ oltre, evitando di limitarsi ad un semplice abbozzo fine a se stesso. Da un lato, questo argomento ha sempre fatto discutere sulla questione economica, in quanto esistono lavori che potrebbero essere effettivamente soppiantati dai robot. D’altro canto, però, c’è anche un aspetto etico da considerare, il quale potrebbe costituire un ostacolo per chi si approccerà a questo film. La possibilità di essere confortati da delle intelligenze artificiali, infatti, è un tema molto attuale che continua a creare una profonda divisione tra chi li considera utili e chi, invece, teme che potrebbero portare all’alienazione dei rapporti con le persone reali, portando come esempio la situazione degli attuali hikikomori che ormai si sta diffondendo sempre di più al di fuori del Giappone. Per quanto mi riguarda, io appartengo alla seconda categoria e per tale motivo non sono riuscita a digerire il fatto che per risolvere il problema abbiano deciso di ricorrere all’utilizzo di un robot, per di più con l’aspetto di una persona deceduta. Considerando che la durata del film è di a malapena un’ora, se avesse avuto più tempo a disposizione avrebbe potuto sicuramente sviluppare meglio questi temi secondari.
In sostanza non si tratta di un brutto film, ma per quanto possa essere interessante e sorprendente il finale, questo non può cancellare la noia della restante parte. Considerando la breve durata del film, la sua visione non pesa così tanto, tuttavia, non lo considero così interessante da consigliarlo.
Arrivato alla fine di questo filmetto mi sono sentito come se stessi guardando qualcuno risolvere un cubo di Rubik, ma riuscirci solo in parte, completando solamente una faccia del cubo e non tutto il resto.
Nel film è ricorrente questa immagine del cubo colorato incompleto risolto solo da una parte. Questa assume un significato in qualche modo simbolico ai fini della storia che viene narrata. Ma, e questa è la mia sensazione, si accolla anche l'immagine di qualcosa di incompiuto. Di lasciato andare.
Si perchè quest'anime, pur con una bella copertina, non è mai riuscito a catturarmi. C'è una trama, una storia, catalogabile come ricalco dei grandi racconti di fantascienza, ma quello che è rimasto nei miei occhi sono solo fugaci e sgargianti fotogrammi.
Ed è un piccolo peccato perchè, a film visto, l'idea dell'intreccio sarebbe anche ambiziosa, forse troppo per l'oretta di tempo in cui è concentrata. Troppi spunti per cosi poco spazio; che finiscono sì per per essere incalzanti, ma che si non risolvono mai per davvero.
Il film si conclude e si rimane con lo sguardo un po' incredulo di chi si sta chiedendo se si è perso qualcosa da qualche parte.
A proposito, io mi sono perso tutte le info solite delle recensioni, ma quelle le leggete sulla scheda apposita, giusto?
Credo che tutto sommato, a meno che non abbiate un interesse particolare verso quest'opera, non ne consiglierei la visione. Se proprio non sapete come passare questa oretta, io vi suggerisco "Yankee Hotel Foxtrot" dei Wilco.
Nel film è ricorrente questa immagine del cubo colorato incompleto risolto solo da una parte. Questa assume un significato in qualche modo simbolico ai fini della storia che viene narrata. Ma, e questa è la mia sensazione, si accolla anche l'immagine di qualcosa di incompiuto. Di lasciato andare.
Si perchè quest'anime, pur con una bella copertina, non è mai riuscito a catturarmi. C'è una trama, una storia, catalogabile come ricalco dei grandi racconti di fantascienza, ma quello che è rimasto nei miei occhi sono solo fugaci e sgargianti fotogrammi.
Ed è un piccolo peccato perchè, a film visto, l'idea dell'intreccio sarebbe anche ambiziosa, forse troppo per l'oretta di tempo in cui è concentrata. Troppi spunti per cosi poco spazio; che finiscono sì per per essere incalzanti, ma che si non risolvono mai per davvero.
Il film si conclude e si rimane con lo sguardo un po' incredulo di chi si sta chiedendo se si è perso qualcosa da qualche parte.
A proposito, io mi sono perso tutte le info solite delle recensioni, ma quelle le leggete sulla scheda apposita, giusto?
Credo che tutto sommato, a meno che non abbiate un interesse particolare verso quest'opera, non ne consiglierei la visione. Se proprio non sapete come passare questa oretta, io vi suggerisco "Yankee Hotel Foxtrot" dei Wilco.
Se potessimo associare Il film "Hal" a uno studente, sarebbe quell'alunno che eccelle in qualche materia, avrebbe capacità di poter ottenere buoni voti contando solo sulle sue qualità, ma invece scopiazza dai compagni per superare la verifica, atteggiandosi come se fosse migliore, ma a conti fatti, nel momento dell’esame finale si dimostra un quaquaraquà.
"Hal" ha un buon comparto tecnico, una buona colonna sonora che regala brani non scontati, che riescono a enfatizzare i momenti mostrati su schermo. Un discreto comparto artistico in cui la scelta cromatica risulta azzeccata, colorata, ma non eccessivamente satura, rilassante. Sfondi pieni di dettagli, descrivono bene l’ambiente in cui si svolgono le vicende, ma sempre limitati da un campo visivo abbastanza ristretto. Animazioni piacevoli e un character design particolare, curato dalla bravissima mangaka Io Sakisaka (autrice di “A un passo da te”, “Strobe Edges” e “Amarsi, Lasciarsi”), permettono al film di avere tutte le carte in regola per poter raccontare una storia appassionante, delicata ma al tempo stesso d’impatto. Eppure fallisce a causa di una sceneggiatura fin troppo pretenziosa.
La sceneggiatura, con l'obiettivo di disorientare lo spettatore, lo accompagna per tutta la durata del film a credere una realtà diversa, così da assicurarsi l’effetto “wow” per il colpo di scena finale. Per quanto il colpo di scena sia effettivamente poco prevedibile perché ben mascherato, è causa del contraccolpo che subiscono tutti gli elementi della storia. Si parla del dolore per la scomparsa di una persona amata e come soluzione a ciò, ci viene proposta la cibernetica, senza che venga spiegato il suo funzionamento, nonostante ci venga imposta una visione di tale tecnologia, e sottolineo, una triste visione di tale tecnologia, il tutto è lasciato ad una presunta conoscenza dello spettatore.
Il prodotto manca di approfondimento proprio nei suoi elementi essenziali.
Non basta un corpo che abbia le stesse fattezze della persona amata per poter prendere il suo posto. L’amore che ci viene mostrato tra i due ragazzi è vero, è fatto di parole dolci, promesse, ma anche litigi e discussioni, perciò un corpo non basta per rendere felice chi è rimasto in vita come la serie vuole alludere, è un'illusione, una triste illusione. La simulazione della personalità può avvenire solo in presenza di elementi da cui attingere, non è possibile simulare qualcosa da pochi dati soggettivi. Siamo yin e yang allo stesso tempo e questo determina la nostra personalità.
Inoltre l’elemento cibernetico non è inserito bene nell’atmosfera della serie, eppure è predominante, è cardine negli sviluppi ma al tempo stesso non approfondito. Non chiarisce se è una società tecnologicamente molto più avanzata della nostra, in cui i robot sono parte integrante della comunità, oppure è una società predominata dai robot come vuole suggerire un breve flashback. Tuttavia in un'ora di film ci viene mostrato un unico esemplare di robot, quasi come se quella tecnologia fosse estinta.
La storia dei due ragazzi è triste, colpisce emotivamente lo spettatore, ma al tempo stesso si dimostra vuota, senza identità, a causa di troppi elementi scopiazzati da altre storie simili e nemmeno personalizzati o approfonditi, il tutto contornato da sviluppi troppo rapidi e prevedibili, ma anche se banali, avrebbero potuto regalare una conclusione più interessante. Invece tutto viene mandato alle ortiche per il colpo di scena finale, che nel sorprendere cosi prepotentemente, distrugge tutto ciò che era stato discretamente seminato nei cinquanta minuti antecedenti.
Il film si conclude quindi con un nulla di fatto, un buco nell’acqua, sembra ci sia stata una risoluzione, un passo avanti, ma questo non ci viene confermato, anzi le ultimissime scene lasciano intendere una realtà ancora più triste e solitaria di come l’avevamo conosciuta.
"Hal" ha un buon comparto tecnico, una buona colonna sonora che regala brani non scontati, che riescono a enfatizzare i momenti mostrati su schermo. Un discreto comparto artistico in cui la scelta cromatica risulta azzeccata, colorata, ma non eccessivamente satura, rilassante. Sfondi pieni di dettagli, descrivono bene l’ambiente in cui si svolgono le vicende, ma sempre limitati da un campo visivo abbastanza ristretto. Animazioni piacevoli e un character design particolare, curato dalla bravissima mangaka Io Sakisaka (autrice di “A un passo da te”, “Strobe Edges” e “Amarsi, Lasciarsi”), permettono al film di avere tutte le carte in regola per poter raccontare una storia appassionante, delicata ma al tempo stesso d’impatto. Eppure fallisce a causa di una sceneggiatura fin troppo pretenziosa.
La sceneggiatura, con l'obiettivo di disorientare lo spettatore, lo accompagna per tutta la durata del film a credere una realtà diversa, così da assicurarsi l’effetto “wow” per il colpo di scena finale. Per quanto il colpo di scena sia effettivamente poco prevedibile perché ben mascherato, è causa del contraccolpo che subiscono tutti gli elementi della storia. Si parla del dolore per la scomparsa di una persona amata e come soluzione a ciò, ci viene proposta la cibernetica, senza che venga spiegato il suo funzionamento, nonostante ci venga imposta una visione di tale tecnologia, e sottolineo, una triste visione di tale tecnologia, il tutto è lasciato ad una presunta conoscenza dello spettatore.
Il prodotto manca di approfondimento proprio nei suoi elementi essenziali.
Non basta un corpo che abbia le stesse fattezze della persona amata per poter prendere il suo posto. L’amore che ci viene mostrato tra i due ragazzi è vero, è fatto di parole dolci, promesse, ma anche litigi e discussioni, perciò un corpo non basta per rendere felice chi è rimasto in vita come la serie vuole alludere, è un'illusione, una triste illusione. La simulazione della personalità può avvenire solo in presenza di elementi da cui attingere, non è possibile simulare qualcosa da pochi dati soggettivi. Siamo yin e yang allo stesso tempo e questo determina la nostra personalità.
Inoltre l’elemento cibernetico non è inserito bene nell’atmosfera della serie, eppure è predominante, è cardine negli sviluppi ma al tempo stesso non approfondito. Non chiarisce se è una società tecnologicamente molto più avanzata della nostra, in cui i robot sono parte integrante della comunità, oppure è una società predominata dai robot come vuole suggerire un breve flashback. Tuttavia in un'ora di film ci viene mostrato un unico esemplare di robot, quasi come se quella tecnologia fosse estinta.
La storia dei due ragazzi è triste, colpisce emotivamente lo spettatore, ma al tempo stesso si dimostra vuota, senza identità, a causa di troppi elementi scopiazzati da altre storie simili e nemmeno personalizzati o approfonditi, il tutto contornato da sviluppi troppo rapidi e prevedibili, ma anche se banali, avrebbero potuto regalare una conclusione più interessante. Invece tutto viene mandato alle ortiche per il colpo di scena finale, che nel sorprendere cosi prepotentemente, distrugge tutto ciò che era stato discretamente seminato nei cinquanta minuti antecedenti.
Il film si conclude quindi con un nulla di fatto, un buco nell’acqua, sembra ci sia stata una risoluzione, un passo avanti, ma questo non ci viene confermato, anzi le ultimissime scene lasciano intendere una realtà ancora più triste e solitaria di come l’avevamo conosciuta.
“Hal” è il classico esempio di buon film parzialmente rovinato dalla voglia di ‘stravolgere’ obbligatoriamente il punto di vista di chi lo guarda; sembra un giudizio abbastanza tranchant ma è quello che ho pensato quando ho finito la visione di questo film che mi ha lasciato perplesso e, mi dispiace dirlo, in parte deluso.
I protagonisti di questo film sono una giovane coppia, Hal appunto e Kurumi, che a un primo sguardo sembrano due ragazzi normalissimi se non fosse per un piccolo dettaglio: Hal purtroppo è passato a miglior vita ed è stato sostituito da un androide umanoide chiamato Q01. La famiglia di Kurumi infatti, nel tentativo di smuovere la ragazza dallo stato di disperazione in cui è finita dopo l’improvvisa morte del fidanzato, ha fatto assumere a Q01 l’aspetto di Hal chiedendogli di farle compagnia per alleviare il suo dolore. Kurumi è inizialmente restia all’idea, consapevole di non avere a che fare davvero col suo ragazzo, ma col tempo e con gli sforzi dell’intelligenza artificiale di Hal finisce per cominciare a rompere quel guscio in cui si era rinchiusa e cominciando apparentemente ad apprezzare i benefici che questa inattesa convivenza sembra portarle.
Appare chiaro che il film si pone l’obiettivo di trattare il delicato tema dell’elaborazione del lutto attraverso il ‘filtro’ della (sempre meno) fantascienza che, nel suo mondo, permette a Kururmi di ricreare quel rapporto col compagno Hal che sembrava perso per sempre. Ma questo è pur sempre uno sguardo superficiale della situazione reale; Hal è morto e quello che Kurumi incontra, per quanto sia identico fisicamente e si sforzi continuamente di conoscerlo meglio dal punto di vista caratteriale, è pur sempre una macchina che non potrà mai sostituire realmente una persona, ma che si rivela, nonostante le difficoltà iniziali, un ottimo palliativo in grado di smuovere la ragazza da uno stato di immobilismo esistenziale apparentemente insormontabile. Dove finisce quindi la cura e subentra eventualmente l’inganno per chi si ritrova a “subire” questa convivenza? È possibile instaurare davvero un rapporto con una macchina che faccia da surrogato a quello reale? Questa coesistenza è effettivamente un beneficio o rischia solo di rimandare il momento in cui bisogna prendere coscienza inevitabilmente della scomparsa della persona amata? Questi erano gli interrogativi, a parer mio molto interessanti, che il film poteva porsi e fornire eventualmente una sua risposta, poteva appunto, perché in realtà nell’ultima parte subentra un inatteso colpo di scena, che chiaramente non sto a rivelare, che ribalta completamente la situazione vista fino a quel momento facendo perdere di vista il tema principale per concentrarsi sulla realtà dei fatti. Una scelta secondo me controproducente che ha come unico effetto rendere la visione più confusa e l’interazione vista fino a quel momento coi vari personaggi decisamente inverosimile. Personaggi che di per sé erano già un punto debole della pellicola visto che, complice anche il poco tempo dato che il film dura suppergiù un’ora, sono molto poco caratterizzati e rappresentano sostanzialmente una timida appendice della vicenda che coinvolge i due protagonisti. Come se non bastasse viene fatta intravedere anche una situazione sociale di questo mondo molto meno idilliaca di quanto appaia in superficie, ma pure questa resta una fugace impressione superficiale messa su praticamente solo per dare un po’ di background drammatico al personaggio di Hal mai veramente approfondito. Insomma, tanti elementi compongono questo film non riuscendo ad incorporarsi come dovrebbero dando la sensazione di vedere un titolo potenzialmente interessante ma talmente pieno di componenti diverse, considerato anche la durata abbastanza breve, da non riuscire a colpire davvero lo spettatore che alla fine resta più perplesso che commosso o coinvolto dalla visione come il tema principale poteva far prevedere.
In soccorso di una sceneggiatura traballante però arriva un comparto tecnico che è davvero notevole; Production I.G. e la sua costola Wit Studio hanno prodotto un film bellissimo da vedere con una cura nei disegni e nei dettagli, dagli splendidi fondali esterni agli ambienti interni come la casa di Kurumi, quasi maniacale. Ottime anche le animazioni, dirette da Katsuhiko Kitada che ha curato anche il character design dei personaggi, amalgamate dalla regia di Ryōtarō Makihara alla prima e finora unica prova registica di un lungometraggio. Le musiche di una sempre apprezzabile Michiru Ōshima fanno da ottimo complemento alle scene in atto così come l’inappuntabile doppiaggio che ha visto all’opera personaggi ormai notissimi dell’ambiente vocale giapponese come Yoshimasa Hosoya (Hal), Yoko Hikasa (Kurumi) e Mamoru Miyano (Ryu).
Cosa resta quindi alla fine della visione di “Hal” è un misto tra sorpresa per la bontà della sua componente estetica e di rammarico per come ha deciso di affrontare una premessa interessante concentrandosi più sul sensazionalismo che sull’argomento principale, non è tutto da buttare e certamente non si può definire una rappresentazione noiosa ma neanche un’opera che resti particolarmente impressa. In ogni caso penso sia meritevole di un tentativo da parte di chi è indeciso se vederlo o meno perché non è detto che chi lo guardi ne ricavi le mie stesse impressioni personali, a livello soggettivo la sensazione che prevale però è quella di un film bello da vedere ma costruito in maniera confusa e per questo non apprezzabile come il lavoro fatto per crearlo potrebbe meritare.
I protagonisti di questo film sono una giovane coppia, Hal appunto e Kurumi, che a un primo sguardo sembrano due ragazzi normalissimi se non fosse per un piccolo dettaglio: Hal purtroppo è passato a miglior vita ed è stato sostituito da un androide umanoide chiamato Q01. La famiglia di Kurumi infatti, nel tentativo di smuovere la ragazza dallo stato di disperazione in cui è finita dopo l’improvvisa morte del fidanzato, ha fatto assumere a Q01 l’aspetto di Hal chiedendogli di farle compagnia per alleviare il suo dolore. Kurumi è inizialmente restia all’idea, consapevole di non avere a che fare davvero col suo ragazzo, ma col tempo e con gli sforzi dell’intelligenza artificiale di Hal finisce per cominciare a rompere quel guscio in cui si era rinchiusa e cominciando apparentemente ad apprezzare i benefici che questa inattesa convivenza sembra portarle.
Appare chiaro che il film si pone l’obiettivo di trattare il delicato tema dell’elaborazione del lutto attraverso il ‘filtro’ della (sempre meno) fantascienza che, nel suo mondo, permette a Kururmi di ricreare quel rapporto col compagno Hal che sembrava perso per sempre. Ma questo è pur sempre uno sguardo superficiale della situazione reale; Hal è morto e quello che Kurumi incontra, per quanto sia identico fisicamente e si sforzi continuamente di conoscerlo meglio dal punto di vista caratteriale, è pur sempre una macchina che non potrà mai sostituire realmente una persona, ma che si rivela, nonostante le difficoltà iniziali, un ottimo palliativo in grado di smuovere la ragazza da uno stato di immobilismo esistenziale apparentemente insormontabile. Dove finisce quindi la cura e subentra eventualmente l’inganno per chi si ritrova a “subire” questa convivenza? È possibile instaurare davvero un rapporto con una macchina che faccia da surrogato a quello reale? Questa coesistenza è effettivamente un beneficio o rischia solo di rimandare il momento in cui bisogna prendere coscienza inevitabilmente della scomparsa della persona amata? Questi erano gli interrogativi, a parer mio molto interessanti, che il film poteva porsi e fornire eventualmente una sua risposta, poteva appunto, perché in realtà nell’ultima parte subentra un inatteso colpo di scena, che chiaramente non sto a rivelare, che ribalta completamente la situazione vista fino a quel momento facendo perdere di vista il tema principale per concentrarsi sulla realtà dei fatti. Una scelta secondo me controproducente che ha come unico effetto rendere la visione più confusa e l’interazione vista fino a quel momento coi vari personaggi decisamente inverosimile. Personaggi che di per sé erano già un punto debole della pellicola visto che, complice anche il poco tempo dato che il film dura suppergiù un’ora, sono molto poco caratterizzati e rappresentano sostanzialmente una timida appendice della vicenda che coinvolge i due protagonisti. Come se non bastasse viene fatta intravedere anche una situazione sociale di questo mondo molto meno idilliaca di quanto appaia in superficie, ma pure questa resta una fugace impressione superficiale messa su praticamente solo per dare un po’ di background drammatico al personaggio di Hal mai veramente approfondito. Insomma, tanti elementi compongono questo film non riuscendo ad incorporarsi come dovrebbero dando la sensazione di vedere un titolo potenzialmente interessante ma talmente pieno di componenti diverse, considerato anche la durata abbastanza breve, da non riuscire a colpire davvero lo spettatore che alla fine resta più perplesso che commosso o coinvolto dalla visione come il tema principale poteva far prevedere.
In soccorso di una sceneggiatura traballante però arriva un comparto tecnico che è davvero notevole; Production I.G. e la sua costola Wit Studio hanno prodotto un film bellissimo da vedere con una cura nei disegni e nei dettagli, dagli splendidi fondali esterni agli ambienti interni come la casa di Kurumi, quasi maniacale. Ottime anche le animazioni, dirette da Katsuhiko Kitada che ha curato anche il character design dei personaggi, amalgamate dalla regia di Ryōtarō Makihara alla prima e finora unica prova registica di un lungometraggio. Le musiche di una sempre apprezzabile Michiru Ōshima fanno da ottimo complemento alle scene in atto così come l’inappuntabile doppiaggio che ha visto all’opera personaggi ormai notissimi dell’ambiente vocale giapponese come Yoshimasa Hosoya (Hal), Yoko Hikasa (Kurumi) e Mamoru Miyano (Ryu).
Cosa resta quindi alla fine della visione di “Hal” è un misto tra sorpresa per la bontà della sua componente estetica e di rammarico per come ha deciso di affrontare una premessa interessante concentrandosi più sul sensazionalismo che sull’argomento principale, non è tutto da buttare e certamente non si può definire una rappresentazione noiosa ma neanche un’opera che resti particolarmente impressa. In ogni caso penso sia meritevole di un tentativo da parte di chi è indeciso se vederlo o meno perché non è detto che chi lo guardi ne ricavi le mie stesse impressioni personali, a livello soggettivo la sensazione che prevale però è quella di un film bello da vedere ma costruito in maniera confusa e per questo non apprezzabile come il lavoro fatto per crearlo potrebbe meritare.
Ambientato in un futuro a pochi passi dalla nostra contemporaneità, permeato da un senso criptico di poche parole e molti sguardi da decifrare, “Hal” è un cameo visionario a metà fra un cortometraggio ed un film animato, una sorta di OAV vestito di buoni propositi che, tirando le somme, non andranno tutti a nozze.
Si viene gettati all’interno della vicenda tramite una scena molto forte, un evento drammatico che coinvolge diverse persone in modo letale, fra cui, appunto, un giovane di nome Hal, ragazzo dalla vita spericolata, dal passato travagliato e dal tragico destino. Egli incontra una prematura morte a bordo di un aereo che esplode nei cieli dopo pochi chilometri dal decollo, lasciando vari amici e soprattutto la sua “quasi-fidanzata” Kurumi. La ragazza viene sconvolta dal lutto, e per superare il trauma della perdita, seguendo un iter ispirato ai più classici canoni cyberpunk inevitabilmente figli dei “Bastioni di Orione in fiamme”, vedrà comparire a casa sua niente poco di meno che “Robo Hal”, un surrogato cibernetico identico d’aspetto all’omonima buonanima, inviato in tale sede con il compito di agevolare la giovane ad attraversare questo periodo psicologicamente devastante fino ad una nuova serenità: una sorta di lenitivo che pare avere il sapore di una triste illusione camuffata da falsa cura, o, almeno, così si viene portati ad immaginare inizialmente.
Sebbene il racconto sia compatto – forse troppo, e questo influisce negativamente sullo sviluppo introspettivo dei personaggi e sulle molteplici risposte che probabilmente molti spettatori avrebbero voluto ricevere prima della fine, – un’ora risulta insufficiente sotto vari aspetti, per valorizzare appieno l’idea narrativa messa in atto.
Artisticamente si tratta di un lavoro suggestivo, brillante, incredibilmente curato: l’impatto iniziale è decisamente piacevole, le animazioni sono fluide, eccezionali sotto ogni punto di vista, quasi innaturali nella loro morbida armoniosità. I colori decisi e i contrasti studiati creano fragranze dinamiche davvero pregevoli; il tutto risulta perfettamente amalgamato ad una CG che non stona affatto. Le scale cromatiche si bilanciano fra toni freddi e caldi, sapientemente sfoggiati a seconda delle emozioni che gli autori desiderano comunicare, una trafila di primi e secondi piani che si stagliano su sfondi curati e al tempo stesso elegantemente approssimativi, piacevoli tinte che sconfinano in un post impressionismo suscettibile ad un cyber-futurismo improvvisato, in cui le immagini stesse si concretizzano e animano armoniosamente, una dopo l’altra.
È su questa solida base artistica che la struttura della trama ammalia ma non convince del tutto. Apprendiamo che il vero protagonista della vicenda è Q01, il robot che dovrà sostituire Hal, e che ci riporta alle memorie le membrane delicate ed emotivamente vibranti del dolce ed indifeso ET – l’extraterrestre, l’alieno dal cuore pulsante di un rosso intenso creato da Rambaldi e messo in scena da Spielberg, trasposizione di sentimenti puri e impossibili da negare o nascondere; il suo approccio alla vita rimembra tuttavia le sfumature di “Artificial Intelligence”, sempre di matrice spielberghiana, ma pendente più verso l’idea di un “Pinocchio” futuristico, metafora dell’oggetto che desidera divenire essere umano a tutti i costi, valicando il concetto stesso di coscienza. E in “Hal”, addirittura, siamo ben oltre, poiché i robot posseggono un’intelligenza pari a quella umana, percepiscono e comprendono i sentimenti e le sfumature dell’animo umano tanto da poterle gestire e replicare. Ed infine il nome stesso, “Hal”: probabile citazione al sommo capolavoro del Maestro Kubrick, “Odissea 2001 nello Spazio”, dove l’occhio rosso, fermo, fisso, indagatore, giudice e boia, per l’appunto Hal 9000, si rivela ben più che una semplice macchina dal cibernetico, acutissimo ed inquietante intelletto (omonomia voluta? Incredibile coincidenza? Riferimenti non troppo velati? Chi lo sa…)
Fortunatamente per Kurumi, Robo-Hal si rivela affabile e fin troppo accondiscendente, nonostante la palese, evidente attitudine asettica propria di un robot che sa di non essere umano e pare accettarlo in quanto tale.
È un cortometraggio pervaso da una malinconia insistente e crescente. Man mano che si svelano i particolari e la forma della struttura finale prende forma, la drammaticità cresce di pari passo, portando lo spettatore ad immedesimarsi nei protagonisti, anche se con qualche evidente difficoltà a causa di alcuni passaggi farraginosi e troppo criptici, dove frasi ad effetto, citazioni trasversali e sguardi tanto silenziosi quanto fuorvianti rendono complessa la lettura dell’opera.
Nell’oretta scarsa in cui il film prepara una sconvolgente rivelazione, i pochi indizi sparsi non permettono di prevederne l’esito: il breve ed incisivo epilogo smarrisce qualsiasi punto di riferimento apparentemente saldo fino a quel momento, ed ogni percezione muta nel giro di pochi istanti: ci aspetta un colpo di scena inaspettato, stravolgente e per certi versi forse poco fluido, ponendo al centro dell’attenzione il peso di una verità tenuta celata con grande – forse troppa - perizia.
Così come nel celebre "Sesto senso" dove uno straordinario Bruce Willis veniva posto di fronte ad una verità dalla potenza rovesciante e sconvolgente, così il finale di Hal pone i due protagonisti sotto una nuova luce: si uniscono i puntini di un disegno enigmatico e a tratti stridente causa la mancanza di particolari che avrebbero arricchito il senso di coerenza, traendone un quadro generale che ne risulta, tuttavia, piacevole e appagante. Il climax improvviso trasforma quindi questo corto in un viaggio mentale a ritroso, e ogni tassello del mosaico di Hal si scompone per riassemblarsi nuovamente, dando forma ad una immagine differente seppur speculare, con un significato opposto ma identico.
In definitiva, potremmo dire che si tratta di un buonissimo lavoro a livello artistico, ma troppo frettoloso per ciò che aveva apparecchiato: si ha l’impressione, che, con una visione più introspettiva, approfondita e ricercata, il risultato sarebbe potuto essere decisamente più soddisfacente.
Si viene gettati all’interno della vicenda tramite una scena molto forte, un evento drammatico che coinvolge diverse persone in modo letale, fra cui, appunto, un giovane di nome Hal, ragazzo dalla vita spericolata, dal passato travagliato e dal tragico destino. Egli incontra una prematura morte a bordo di un aereo che esplode nei cieli dopo pochi chilometri dal decollo, lasciando vari amici e soprattutto la sua “quasi-fidanzata” Kurumi. La ragazza viene sconvolta dal lutto, e per superare il trauma della perdita, seguendo un iter ispirato ai più classici canoni cyberpunk inevitabilmente figli dei “Bastioni di Orione in fiamme”, vedrà comparire a casa sua niente poco di meno che “Robo Hal”, un surrogato cibernetico identico d’aspetto all’omonima buonanima, inviato in tale sede con il compito di agevolare la giovane ad attraversare questo periodo psicologicamente devastante fino ad una nuova serenità: una sorta di lenitivo che pare avere il sapore di una triste illusione camuffata da falsa cura, o, almeno, così si viene portati ad immaginare inizialmente.
Sebbene il racconto sia compatto – forse troppo, e questo influisce negativamente sullo sviluppo introspettivo dei personaggi e sulle molteplici risposte che probabilmente molti spettatori avrebbero voluto ricevere prima della fine, – un’ora risulta insufficiente sotto vari aspetti, per valorizzare appieno l’idea narrativa messa in atto.
Artisticamente si tratta di un lavoro suggestivo, brillante, incredibilmente curato: l’impatto iniziale è decisamente piacevole, le animazioni sono fluide, eccezionali sotto ogni punto di vista, quasi innaturali nella loro morbida armoniosità. I colori decisi e i contrasti studiati creano fragranze dinamiche davvero pregevoli; il tutto risulta perfettamente amalgamato ad una CG che non stona affatto. Le scale cromatiche si bilanciano fra toni freddi e caldi, sapientemente sfoggiati a seconda delle emozioni che gli autori desiderano comunicare, una trafila di primi e secondi piani che si stagliano su sfondi curati e al tempo stesso elegantemente approssimativi, piacevoli tinte che sconfinano in un post impressionismo suscettibile ad un cyber-futurismo improvvisato, in cui le immagini stesse si concretizzano e animano armoniosamente, una dopo l’altra.
È su questa solida base artistica che la struttura della trama ammalia ma non convince del tutto. Apprendiamo che il vero protagonista della vicenda è Q01, il robot che dovrà sostituire Hal, e che ci riporta alle memorie le membrane delicate ed emotivamente vibranti del dolce ed indifeso ET – l’extraterrestre, l’alieno dal cuore pulsante di un rosso intenso creato da Rambaldi e messo in scena da Spielberg, trasposizione di sentimenti puri e impossibili da negare o nascondere; il suo approccio alla vita rimembra tuttavia le sfumature di “Artificial Intelligence”, sempre di matrice spielberghiana, ma pendente più verso l’idea di un “Pinocchio” futuristico, metafora dell’oggetto che desidera divenire essere umano a tutti i costi, valicando il concetto stesso di coscienza. E in “Hal”, addirittura, siamo ben oltre, poiché i robot posseggono un’intelligenza pari a quella umana, percepiscono e comprendono i sentimenti e le sfumature dell’animo umano tanto da poterle gestire e replicare. Ed infine il nome stesso, “Hal”: probabile citazione al sommo capolavoro del Maestro Kubrick, “Odissea 2001 nello Spazio”, dove l’occhio rosso, fermo, fisso, indagatore, giudice e boia, per l’appunto Hal 9000, si rivela ben più che una semplice macchina dal cibernetico, acutissimo ed inquietante intelletto (omonomia voluta? Incredibile coincidenza? Riferimenti non troppo velati? Chi lo sa…)
Fortunatamente per Kurumi, Robo-Hal si rivela affabile e fin troppo accondiscendente, nonostante la palese, evidente attitudine asettica propria di un robot che sa di non essere umano e pare accettarlo in quanto tale.
È un cortometraggio pervaso da una malinconia insistente e crescente. Man mano che si svelano i particolari e la forma della struttura finale prende forma, la drammaticità cresce di pari passo, portando lo spettatore ad immedesimarsi nei protagonisti, anche se con qualche evidente difficoltà a causa di alcuni passaggi farraginosi e troppo criptici, dove frasi ad effetto, citazioni trasversali e sguardi tanto silenziosi quanto fuorvianti rendono complessa la lettura dell’opera.
Nell’oretta scarsa in cui il film prepara una sconvolgente rivelazione, i pochi indizi sparsi non permettono di prevederne l’esito: il breve ed incisivo epilogo smarrisce qualsiasi punto di riferimento apparentemente saldo fino a quel momento, ed ogni percezione muta nel giro di pochi istanti: ci aspetta un colpo di scena inaspettato, stravolgente e per certi versi forse poco fluido, ponendo al centro dell’attenzione il peso di una verità tenuta celata con grande – forse troppa - perizia.
Così come nel celebre "Sesto senso" dove uno straordinario Bruce Willis veniva posto di fronte ad una verità dalla potenza rovesciante e sconvolgente, così il finale di Hal pone i due protagonisti sotto una nuova luce: si uniscono i puntini di un disegno enigmatico e a tratti stridente causa la mancanza di particolari che avrebbero arricchito il senso di coerenza, traendone un quadro generale che ne risulta, tuttavia, piacevole e appagante. Il climax improvviso trasforma quindi questo corto in un viaggio mentale a ritroso, e ogni tassello del mosaico di Hal si scompone per riassemblarsi nuovamente, dando forma ad una immagine differente seppur speculare, con un significato opposto ma identico.
In definitiva, potremmo dire che si tratta di un buonissimo lavoro a livello artistico, ma troppo frettoloso per ciò che aveva apparecchiato: si ha l’impressione, che, con una visione più introspettiva, approfondita e ricercata, il risultato sarebbe potuto essere decisamente più soddisfacente.
Per quanto mi riguarda HAL si è rivelato un prodotto per certi versi positivamente sorprendente e per altri assai deludente, la trama di base di quest'opera animata è ben poco originale, si poggia su di uno spunto narrativo già usato (anche se in modo diverso) in molteplici altre storie ma che (solitamente) riesce sempre a far presa e così sarebbe stato anche in questa occasione se non fosse per lo stile narrativo che pare a tratti caotico e vagamente sconclusionato; con delle soluzioni diverse, più semplici e al contempo profonde, si sarebbe senz'altro potuto creare qualcosa di tutt'altro livello, qualcosa in grado di colpire emozionalmente molto più di quanto HAL non sia proprio riuscito a fare (perlomeno col sottoscritto). Alcune sfaccettature della trama mi sono piaciute parecchio altre molto meno come ad esempio la comparsa di un vecchio amico del protagonista, un personaggio che riveste un ruolo fondamentale ma che non son proprio riuscito a trovare "simpatico", un soggetto che incunea la storia verso sviluppi che avrei preferito fossero stati trattati in altro modo; è tuttavia il colpo di scena finale a dare un altro tipo di spessore al tutto... solo avrei preferito ci si fosse arrivato in modo diverso.
Si tratta di un film della durata di 60 minuti e in parte si deve anche a questo limite la troppo flebile caratterizzazione dei personaggi che non riescono ad entrare nel cuore e non riescono a colpirci così come avremmo potuto sperare.
Il comparto grafico è ciò che mi ha colpito maggiormente, luci, sfondi e colori risultano di una bellezza fuori dal comune e altrettanto bene potrei parlare del disegno dei personaggi, semplice e pulito, fresco ma al tempo stesso curato ed espressivo.
Hal è un anime che mi sentirei di consigliare a chi è in cerca di una storia che parla di amore in un modo non propriamente convenzionale, a chi è in cerca di un anime che possa trasmettere emozioni legate a questo tipo di sentimento con una venatura di triste nostalgia e rassegnazione.
Come già scritto in precedenza ritengo HAL un'opera con del potenziale non ottimamente sfruttato ma che non mi sento di bocciare senza riserve
Si tratta di un film della durata di 60 minuti e in parte si deve anche a questo limite la troppo flebile caratterizzazione dei personaggi che non riescono ad entrare nel cuore e non riescono a colpirci così come avremmo potuto sperare.
Il comparto grafico è ciò che mi ha colpito maggiormente, luci, sfondi e colori risultano di una bellezza fuori dal comune e altrettanto bene potrei parlare del disegno dei personaggi, semplice e pulito, fresco ma al tempo stesso curato ed espressivo.
Hal è un anime che mi sentirei di consigliare a chi è in cerca di una storia che parla di amore in un modo non propriamente convenzionale, a chi è in cerca di un anime che possa trasmettere emozioni legate a questo tipo di sentimento con una venatura di triste nostalgia e rassegnazione.
Come già scritto in precedenza ritengo HAL un'opera con del potenziale non ottimamente sfruttato ma che non mi sento di bocciare senza riserve
"HAL" è un film della durata di circa sessanta minuti, prodotto da Wit Studio nella primavera del 2013, e diretto da Ryōtarō Makihara.
Hal e Kurumi sono due giovani innamorati e vivono una vita tranquilla e spensierata, sino al momento in cui il ragazzo rimane vittima di un incidente aereo. Per aiutare Kurumi a ritrovare la voglia e la forza di andare avanti, un robot prenderà le sembianze del defunto Hal, ma la missione sarà più ardua del previsto.
Una storia estremamente semplice e delicata, che gode di una trama poco sviluppata ma di grande impatto, soprattutto nella fase finale dove non mancheranno inattesi colpi di scena in grado di permettere una completa rivalutazione dell'opera stessa. La narrazione è fluida e procede con ritmi piuttosto lenti, tuttavia l'attenzione dello spettatore viene sempre mantenuta attiva, e la noia fortunatamente non farà in tempo a sopraggiungere, complice anche la breve durata. I personaggi sono pochissimi, l'intero film si concentra unicamente su i due protagonisti e sulla loro complicata situazione, e sotto questo aspetto troviamo purtroppo una caratterizzazione un po' carente, e sicuramente al di sotto delle aspettative.
Tecnicamente un prodotto eccellente sotto ogni aspetto. Sicuramente la prima cosa che salta all'occhio è un comparto grafico curato nei minimi dettagli, dal design dei personaggi, alle animazione fluide, sino alle ambientazioni variegate e suggestive. I fondali sono estremamente dettagliati, arricchiti con giochi di luce degni di nota. Anche il comparto sonoro si difende ottimamente, proponendo delle musiche in grado di esaltare la drammaticità e la dolcezza delle atmosfere ricreate, e un doppiaggio più che adeguato.
Come precedentemente accennato, il finale è il vero punto forte dell'opera, semplicemente perfetto.
In conclusione, "HAL" è un buon prodotto, meritevole di visione. Un'opera breve ma intensa, in grado di emozionare e di proporre ed analizzare accuratamente una tematica di forte impatto. Certamente non un capolavoro, ma comunque un discreto film, tutt'altro che esente da difetti.
Hal e Kurumi sono due giovani innamorati e vivono una vita tranquilla e spensierata, sino al momento in cui il ragazzo rimane vittima di un incidente aereo. Per aiutare Kurumi a ritrovare la voglia e la forza di andare avanti, un robot prenderà le sembianze del defunto Hal, ma la missione sarà più ardua del previsto.
Una storia estremamente semplice e delicata, che gode di una trama poco sviluppata ma di grande impatto, soprattutto nella fase finale dove non mancheranno inattesi colpi di scena in grado di permettere una completa rivalutazione dell'opera stessa. La narrazione è fluida e procede con ritmi piuttosto lenti, tuttavia l'attenzione dello spettatore viene sempre mantenuta attiva, e la noia fortunatamente non farà in tempo a sopraggiungere, complice anche la breve durata. I personaggi sono pochissimi, l'intero film si concentra unicamente su i due protagonisti e sulla loro complicata situazione, e sotto questo aspetto troviamo purtroppo una caratterizzazione un po' carente, e sicuramente al di sotto delle aspettative.
Tecnicamente un prodotto eccellente sotto ogni aspetto. Sicuramente la prima cosa che salta all'occhio è un comparto grafico curato nei minimi dettagli, dal design dei personaggi, alle animazione fluide, sino alle ambientazioni variegate e suggestive. I fondali sono estremamente dettagliati, arricchiti con giochi di luce degni di nota. Anche il comparto sonoro si difende ottimamente, proponendo delle musiche in grado di esaltare la drammaticità e la dolcezza delle atmosfere ricreate, e un doppiaggio più che adeguato.
Come precedentemente accennato, il finale è il vero punto forte dell'opera, semplicemente perfetto.
In conclusione, "HAL" è un buon prodotto, meritevole di visione. Un'opera breve ma intensa, in grado di emozionare e di proporre ed analizzare accuratamente una tematica di forte impatto. Certamente non un capolavoro, ma comunque un discreto film, tutt'altro che esente da difetti.
Francamente io sono rimasta parecchio delusa da questo film che era osannatissimo, si porta sicuramente a casa la sufficienza, ma non siamo davanti ad un capolavoro e anzi la trama fa parecchia acqua.
La storia si incentra sull'elaborazione del lutto per la perdita della persona amata e sulla tragicità del non conoscersi tipico degli esseri umani. Elemento di spicco su cui gira tutta la faccenda: la robo-terapia, un robot sostituisce una persona in tutto e per tutto permettendogli l'elaborazione del dolore. Ora non vorrei spoilerare il trucchetto da salotto venduto come grande colpo di scena, perché di fatto è l'unica cosa non piatta della faccenda, ma la triste verità è che il tanto decantato punto di svolta che rovescia la prospettiva allo spettatore era molto prevedibile, perché i punti di incoerenza sono il 90% della storia quindi il povero osservatore esterno qualche domandina se la fa e ad un certo punto viene anche svelato prima del momento clue (quando i due sono nell'armadio e "non lo so mi è stato detto che era così").
In generale tutti i personaggi sono trattati marginalmente, non c'è approfondimento degno di nota, cosa che per carità aiuta a rimarcare il concetto del "non ci conosciamo anche se stiamo insieme", però c'è modo e modo di passare un concetto, non dire niente in tuto e buttare lo spettatore in un'ambientazione non spiegata dove presumibilmente c'è un avanzamento tecnologico tale per cui si riescono ad avere AI di notevole capacità, ma senza chiarire il come e il dove e il che succede è abbastanza fastidioso.
La banalità dei due protagonisti da quasi fastidio, perché di fatto tanto Kurumi quanto Haru non sono sviluppati e per certi versi alcuni aspetti troppo ridicoli del loro carattere influenzano un po' eccessivamente il facile esito finale e la magica elaborazione del lutto.
Nota positiva che mi sento di citare: molto grazioso il trucchetto del cubo di rubik per i messaggi tra i due amanti, anche se da un indizio un po' eccessivo sul "colpo di scena" e seconda cosa il concetto di 0 yen = priceless, non senza valore, ma inteso come valore inestimabile ed il concetto a questo associato come metro di valuta delle emozioni umane.
Il comparto tecnico è molto buono, le animazioni sono fluide ed il tratto è pulito, i fondali piacevoli da vedersi. Le musiche sono graziose, niente di spettacolare comunque.
Poteva dare molto di più questo film, ma purtroppo hanno puntato tutto sul sopracitato colpo di scena che non è così sconcertante e soprattutto si sono dimenticati di trascinare lo spettatore nell'ambientazione in cui il tutto si muove.
La storia si incentra sull'elaborazione del lutto per la perdita della persona amata e sulla tragicità del non conoscersi tipico degli esseri umani. Elemento di spicco su cui gira tutta la faccenda: la robo-terapia, un robot sostituisce una persona in tutto e per tutto permettendogli l'elaborazione del dolore. Ora non vorrei spoilerare il trucchetto da salotto venduto come grande colpo di scena, perché di fatto è l'unica cosa non piatta della faccenda, ma la triste verità è che il tanto decantato punto di svolta che rovescia la prospettiva allo spettatore era molto prevedibile, perché i punti di incoerenza sono il 90% della storia quindi il povero osservatore esterno qualche domandina se la fa e ad un certo punto viene anche svelato prima del momento clue (quando i due sono nell'armadio e "non lo so mi è stato detto che era così").
In generale tutti i personaggi sono trattati marginalmente, non c'è approfondimento degno di nota, cosa che per carità aiuta a rimarcare il concetto del "non ci conosciamo anche se stiamo insieme", però c'è modo e modo di passare un concetto, non dire niente in tuto e buttare lo spettatore in un'ambientazione non spiegata dove presumibilmente c'è un avanzamento tecnologico tale per cui si riescono ad avere AI di notevole capacità, ma senza chiarire il come e il dove e il che succede è abbastanza fastidioso.
La banalità dei due protagonisti da quasi fastidio, perché di fatto tanto Kurumi quanto Haru non sono sviluppati e per certi versi alcuni aspetti troppo ridicoli del loro carattere influenzano un po' eccessivamente il facile esito finale e la magica elaborazione del lutto.
Nota positiva che mi sento di citare: molto grazioso il trucchetto del cubo di rubik per i messaggi tra i due amanti, anche se da un indizio un po' eccessivo sul "colpo di scena" e seconda cosa il concetto di 0 yen = priceless, non senza valore, ma inteso come valore inestimabile ed il concetto a questo associato come metro di valuta delle emozioni umane.
Il comparto tecnico è molto buono, le animazioni sono fluide ed il tratto è pulito, i fondali piacevoli da vedersi. Le musiche sono graziose, niente di spettacolare comunque.
Poteva dare molto di più questo film, ma purtroppo hanno puntato tutto sul sopracitato colpo di scena che non è così sconcertante e soprattutto si sono dimenticati di trascinare lo spettatore nell'ambientazione in cui il tutto si muove.
Trama: l'anime segue le vicende di una ragazza di nome Kurumi, che ha subito la perdita di Hal, il ragazzo che amava, a causa di un disastro aereo. I familiari decidono di contattare una società che crea robot umanoidi e di utilizzare questa tecnologia come terapia per aiutare Kurumi a superare il trauma che la imprigiona. Un robot soprannominato "Robo Haru" diventerà dunque il sostituto del suo amato Haru.
Commento: ho molto apprezzato questo film. Inizialmente ero molto critico su quest'opera dato che per essere un robot sembrava decisamente troppo umano, e quando avviene il pestaggio da parte dell'amico ho pensato "ecco, hanno fatto la cappellata. hanno rovinato definitivamente il film".
Fortunatamente però ho deciso di non interrompere qui la visione e ho continuato a guardarlo... una volta giunti al termine tutto avrà un senso.
Che dire... Ho apprezzato veramente tantissimo il colpo di scena finale e mi sono dato più volte dello stupido per non aver colto tutti i segnali che erano sparsi in tutto il film. Infatti una volta terminato l'ho riniziato per controllare se effettivamente ci fossero state delle parole o delle scene che potessero aver detto qualcosa per depistare, ma così non è stato.
La forza di questo film non è nel conoscere il passato di questi due ragazzi o vederne la storia sentimentale che hanno vissuto, bensì vedere gli sforzi di Robot Haru intento a farsi accettare da Kurumi e a cercare di aiutarla a superare il trauma.
La caratterizzazione dei personaggi è poco approfondita, ma essendo uno in stato di shock e l'altro un robot credo che conti veramente poco.
La grafica non mi è piaciuta moltissimo, o meglio.... è bella ma solo su alcuni personaggi. Infatti un grosso problema è che i protagonisti ad esempio vengono rappresentati in modo realistico, mentre personaggi più secondari sono disegnati in modo molto caricaturale, vedi ad esempio le vecchiette della clinica.
Questo contrasto grafico tra personaggi della stessa opera mi ha fatto storcere il naso.
Consiglio in ogni caso la visione di questo film, può essere apprezzato molto come no, ma rimane comunque un opera interessante e godibile. Sicuramente non sarà un ora buttata dietro a un pessimo film ;)
Voto: 8,5
Commento: ho molto apprezzato questo film. Inizialmente ero molto critico su quest'opera dato che per essere un robot sembrava decisamente troppo umano, e quando avviene il pestaggio da parte dell'amico ho pensato "ecco, hanno fatto la cappellata. hanno rovinato definitivamente il film".
Fortunatamente però ho deciso di non interrompere qui la visione e ho continuato a guardarlo... una volta giunti al termine tutto avrà un senso.
Che dire... Ho apprezzato veramente tantissimo il colpo di scena finale e mi sono dato più volte dello stupido per non aver colto tutti i segnali che erano sparsi in tutto il film. Infatti una volta terminato l'ho riniziato per controllare se effettivamente ci fossero state delle parole o delle scene che potessero aver detto qualcosa per depistare, ma così non è stato.
La forza di questo film non è nel conoscere il passato di questi due ragazzi o vederne la storia sentimentale che hanno vissuto, bensì vedere gli sforzi di Robot Haru intento a farsi accettare da Kurumi e a cercare di aiutarla a superare il trauma.
La caratterizzazione dei personaggi è poco approfondita, ma essendo uno in stato di shock e l'altro un robot credo che conti veramente poco.
La grafica non mi è piaciuta moltissimo, o meglio.... è bella ma solo su alcuni personaggi. Infatti un grosso problema è che i protagonisti ad esempio vengono rappresentati in modo realistico, mentre personaggi più secondari sono disegnati in modo molto caricaturale, vedi ad esempio le vecchiette della clinica.
Questo contrasto grafico tra personaggi della stessa opera mi ha fatto storcere il naso.
Consiglio in ogni caso la visione di questo film, può essere apprezzato molto come no, ma rimane comunque un opera interessante e godibile. Sicuramente non sarà un ora buttata dietro a un pessimo film ;)
Voto: 8,5
Hal è un film del 2014 della durata di un ora circa prodotto dalla Wit studio.
Raccontarne la storia senza spoilerarne il finale è un'impresa piuttosto ardua in quanto il suo filo conduttore cambia diametralmente con il colpo di scena finale; quest'ultimo, in particolare, stravolge l'intera trama e rende difficile fare delle affermazioni senza dire cose che poi si riveleranno essere false.
Proviamoci lo stesso: Hal racconta la disperazione per la perdita della persona amata, morta a seguito di un incidente aereo. Incapace di riprendersi dal duro colpo, il superstite verrà sottoposto ad una terapia di cura basata sulla sostituzione con un robot identico in tutto e per tutto alla persona scomparsa. Dire una sola parola in più porterebbe inevitabilmente allo spoiler per cui mi fermo qui.
Hal è un anime che fa del romanticismo e della tragicità del destino le sue ragioni d'essere. Ho trovato molto bello l'uso dei cubi di rubik fatto dai due innamorati: prima di mescolare le tessere, ognuno dei due scriveva su ogni lato un desiderio e solo ricostruendo ogni facciata l'altro sarebbe stato in grado di scoprire cosa nascondeva il cuore dell'altro; dopo l'evento tragico il cubo simboleggia la necessità di ricostruire la propria vita ridotta in pezzi dall'evento luttuoso.
I personaggi non spiccano particolarmente ma, ancora una volta, il loro anonimato va rivalutato tenendo conto di quello che è il fine ultimo di quest'opera. Non a caso le parti in cui appaiono più vivi sono quelle che introducono dei flashback sul passato, diviso fra amore ed incomprensioni, della coppia; per il resto domina la passività, risultato dell'interazione tra un robot ed una persona in preda allo shock.
Il colpo di scena finale è riuscitissimo, mi ha colto completamente di sorpresa; come al solito, quando vengo colto alla sprovvista, ho ricominciato a pensare se la costruzione dell'anime reggeva anche in questo modo e a ripensare a tutto quello che avevo visto: ho dovuto ammettere che la soluzione finale era del tutto logica.
La parte grafica è eccellente: le animazioni del robot, in particolare, mi sono piaciute molto. Nulla da segnalare per quanto riguarda il comparto auto.
Ho fatto una fatica enorme a parlare di questo anime cercando di non far trapelare nulla sul finale; spero vivamente di esserci riuscito. Il mio giudizio complessivo, senza esagerare, è comunque buono: il film si lascia guardare e riesce a trasmettere qualche piccola emozione.
Raccontarne la storia senza spoilerarne il finale è un'impresa piuttosto ardua in quanto il suo filo conduttore cambia diametralmente con il colpo di scena finale; quest'ultimo, in particolare, stravolge l'intera trama e rende difficile fare delle affermazioni senza dire cose che poi si riveleranno essere false.
Proviamoci lo stesso: Hal racconta la disperazione per la perdita della persona amata, morta a seguito di un incidente aereo. Incapace di riprendersi dal duro colpo, il superstite verrà sottoposto ad una terapia di cura basata sulla sostituzione con un robot identico in tutto e per tutto alla persona scomparsa. Dire una sola parola in più porterebbe inevitabilmente allo spoiler per cui mi fermo qui.
Hal è un anime che fa del romanticismo e della tragicità del destino le sue ragioni d'essere. Ho trovato molto bello l'uso dei cubi di rubik fatto dai due innamorati: prima di mescolare le tessere, ognuno dei due scriveva su ogni lato un desiderio e solo ricostruendo ogni facciata l'altro sarebbe stato in grado di scoprire cosa nascondeva il cuore dell'altro; dopo l'evento tragico il cubo simboleggia la necessità di ricostruire la propria vita ridotta in pezzi dall'evento luttuoso.
I personaggi non spiccano particolarmente ma, ancora una volta, il loro anonimato va rivalutato tenendo conto di quello che è il fine ultimo di quest'opera. Non a caso le parti in cui appaiono più vivi sono quelle che introducono dei flashback sul passato, diviso fra amore ed incomprensioni, della coppia; per il resto domina la passività, risultato dell'interazione tra un robot ed una persona in preda allo shock.
Il colpo di scena finale è riuscitissimo, mi ha colto completamente di sorpresa; come al solito, quando vengo colto alla sprovvista, ho ricominciato a pensare se la costruzione dell'anime reggeva anche in questo modo e a ripensare a tutto quello che avevo visto: ho dovuto ammettere che la soluzione finale era del tutto logica.
La parte grafica è eccellente: le animazioni del robot, in particolare, mi sono piaciute molto. Nulla da segnalare per quanto riguarda il comparto auto.
Ho fatto una fatica enorme a parlare di questo anime cercando di non far trapelare nulla sul finale; spero vivamente di esserci riuscito. Il mio giudizio complessivo, senza esagerare, è comunque buono: il film si lascia guardare e riesce a trasmettere qualche piccola emozione.
Hal è un film breve di durata ma intenso di sentimenti ed emozioni. Tutto ruota attorno alla perdita della persona amata e all'incapacità di accettare questa realtà e farsene una ragione.
TRAMA: Protagonisti sono due ragazzi che si amano e uno dei due perisce in un incidente. Per l'altro inizia un calvario al termine del quale sembra non esserci luce... Nella città dove si svolge tutta la vicenda, si trova un centro di assistenza che gestisce dei robot umanoidi, uno dei quali prenderà le sembianze del defunto e aiuterà l'altro ad accettare questa situazione. Da qui in poi il robot si impegnerà per farsi accettare fino al colpo di scena finale, che non spoilererò assolutamente per non togliere il piacere della sorpresa. La vicenda è drammatica e molto sentimentale, e ci sono scene molto romantiche (vedasi la giraffa). Parallelamente alla vicenda principale, si snoda il passato di Hal che rischia di procurargli ulteriori guai. Due cose in particolare hanno attirato la mia attenzione: il cubo di Rubik utilizzato dai due ragazzi a mo' di sistema di comunicazione, e l'accostamento tra la vita tradizionale giapponese e la tecnologia robotica di un futuro ancora utopico. Riguardo a quest'ultimo particolare, il film inizia con scene di vita lavorativa che richiamano a un passato ormai andato (non ho ben capito, ma sembrano scene di tessitura) per poi terminare, nelle battute finali, con un tradizionale matsuri ottimamente animato.
PERSONAGGI: La forza di questo film sta più nella trama che nei personaggi in sé. Hal e Kurumi, i due protagonisti, sono ben caratterizzati ma sono abbastanza "ordinari". Hal in particolare porta con sé un passato di sofferenza e soprusi da cui stenta ad affrancarsi. Più che le loro beghe amorose, sono interessanti gli sforzi del robot nell'intento di svolgere il compito assegnatogli dal centro d'assistenza. Oltre loro, i vecchi amici di Hal, i dottori del centro e le simpatiche vecchiette di quello che sembra un centro anziani. Comunque sono un po' tutti caratterizzati alla buona considerando la durata del film.
COMPARTO GRAFICO: E' senz'altro la parte migliore del film. Prodotto dalla Production I. G., non presenta difetti: il chara è molto gradevole e ben definito nonostante i grandi occhioni che fa tanto shoujo, animazioni fluide, ma soprattutto fondali e ambienti da favola (in particolare meraviglioso lo scorrere dell'acqua del fiume che attraversa la città). Regia buona.
COMPARTO SONORO: Carina ed orecchiabile l'ending, Owaranai Uta. Per quanto riguarda la colonna sonora è classica. Risalta abbastanza sia i momenti dolci che di tensione.
In definitiva, trovo che questo film sia veramente romantico e melanconico. La sofferenza dei protagonisti, nonché la speranza in un futuro migliore, viene mostrata molto bene e coinvolge abbastanza lo spettatore. Tecnicamente, soprattutto per quanto riguarda il comparto grafico/animato, è ineccepibile. Gli assegno un 8 ritenendomi soddisfatta della visione.
TRAMA: Protagonisti sono due ragazzi che si amano e uno dei due perisce in un incidente. Per l'altro inizia un calvario al termine del quale sembra non esserci luce... Nella città dove si svolge tutta la vicenda, si trova un centro di assistenza che gestisce dei robot umanoidi, uno dei quali prenderà le sembianze del defunto e aiuterà l'altro ad accettare questa situazione. Da qui in poi il robot si impegnerà per farsi accettare fino al colpo di scena finale, che non spoilererò assolutamente per non togliere il piacere della sorpresa. La vicenda è drammatica e molto sentimentale, e ci sono scene molto romantiche (vedasi la giraffa). Parallelamente alla vicenda principale, si snoda il passato di Hal che rischia di procurargli ulteriori guai. Due cose in particolare hanno attirato la mia attenzione: il cubo di Rubik utilizzato dai due ragazzi a mo' di sistema di comunicazione, e l'accostamento tra la vita tradizionale giapponese e la tecnologia robotica di un futuro ancora utopico. Riguardo a quest'ultimo particolare, il film inizia con scene di vita lavorativa che richiamano a un passato ormai andato (non ho ben capito, ma sembrano scene di tessitura) per poi terminare, nelle battute finali, con un tradizionale matsuri ottimamente animato.
PERSONAGGI: La forza di questo film sta più nella trama che nei personaggi in sé. Hal e Kurumi, i due protagonisti, sono ben caratterizzati ma sono abbastanza "ordinari". Hal in particolare porta con sé un passato di sofferenza e soprusi da cui stenta ad affrancarsi. Più che le loro beghe amorose, sono interessanti gli sforzi del robot nell'intento di svolgere il compito assegnatogli dal centro d'assistenza. Oltre loro, i vecchi amici di Hal, i dottori del centro e le simpatiche vecchiette di quello che sembra un centro anziani. Comunque sono un po' tutti caratterizzati alla buona considerando la durata del film.
COMPARTO GRAFICO: E' senz'altro la parte migliore del film. Prodotto dalla Production I. G., non presenta difetti: il chara è molto gradevole e ben definito nonostante i grandi occhioni che fa tanto shoujo, animazioni fluide, ma soprattutto fondali e ambienti da favola (in particolare meraviglioso lo scorrere dell'acqua del fiume che attraversa la città). Regia buona.
COMPARTO SONORO: Carina ed orecchiabile l'ending, Owaranai Uta. Per quanto riguarda la colonna sonora è classica. Risalta abbastanza sia i momenti dolci che di tensione.
In definitiva, trovo che questo film sia veramente romantico e melanconico. La sofferenza dei protagonisti, nonché la speranza in un futuro migliore, viene mostrata molto bene e coinvolge abbastanza lo spettatore. Tecnicamente, soprattutto per quanto riguarda il comparto grafico/animato, è ineccepibile. Gli assegno un 8 ritenendomi soddisfatta della visione.
Ho iniziato a scrivere questa recensione nel momento stesso in cui ho smesso di vedere il film, per dare a tutti i lettori le mie impressioni a caldo. In questo film d'animazione incontreremo Q01, robot mandato dal "centro assistenza", che ha come compito quello di far tornare la voglia di vivere a Kurumi. Questa ragazza, in lutto per la morte del suo ragazzo, ormai senza più sorrisi né lacrime, sarà il motivo per cui Q01 attraverso una tecnologia futuristica prenderà le sembianze di Hal, esaudendo i desideri scritti da lei stessa in dei cubi di rubick prima che il suo ragazzo morisse.
Passando alle considerazioni, posso dire che questo film è un buon modo per passare un'oretta, nonostante una cosa che non mi è piaciuta per niente: l'assenza di spiegazioni. Mi spiego meglio (a differenza di questo anime ahah), sin dall'inizio del film saremo trasportati in un mondo tecnologicamente più avanzato del nostro, con invenzioni a noi sconosciute di cui non ci si da alcuna descrizione e con una sorta di convivenza tra robot e umani, non sapremo nemmeno se in realtà convivono o si combattono gli uni con gli altri, poiché ci saranno si robot che collaborano, ma anche robot che senza alcuno scrupolo usano bambini indebitati fino al collo come schiavi. Tralasciando questi aspetti però ci troviamo in presenza di un film con un buon comparto visivo, con sfondi e animazioni piacevoli. Inoltre, anche se era una cosa che mi aspettavo, è stato bello vedere come i robot possano provare emozioni, diventare grazie ad esse più umani di certe persone, senza contare che il colpo di scena finale, anche se sapeva un po di già visto (credo di averlo visto almeno altre 2 volte in dei film non d'animazione), è stato tutto sommato piacevole.
Concludendo, per via di diversi cliché e per l'assenza di una qualsiasi descrizione su quel mondo non posso dare oltre il 7, nonostante il colpo di scena carino, la colonna sonora azzeccata ma non destinata a rimanere impressa nella mente e la storia del protagonista alquanto particolare. Spendete un'ora a guardarlo, non ve ne pentirete, non aspettatevi un capolavoro però, non credo che questo film vi lascerà qualcosa alla fine della visione, come non ha lasciato nulla a me.
Passando alle considerazioni, posso dire che questo film è un buon modo per passare un'oretta, nonostante una cosa che non mi è piaciuta per niente: l'assenza di spiegazioni. Mi spiego meglio (a differenza di questo anime ahah), sin dall'inizio del film saremo trasportati in un mondo tecnologicamente più avanzato del nostro, con invenzioni a noi sconosciute di cui non ci si da alcuna descrizione e con una sorta di convivenza tra robot e umani, non sapremo nemmeno se in realtà convivono o si combattono gli uni con gli altri, poiché ci saranno si robot che collaborano, ma anche robot che senza alcuno scrupolo usano bambini indebitati fino al collo come schiavi. Tralasciando questi aspetti però ci troviamo in presenza di un film con un buon comparto visivo, con sfondi e animazioni piacevoli. Inoltre, anche se era una cosa che mi aspettavo, è stato bello vedere come i robot possano provare emozioni, diventare grazie ad esse più umani di certe persone, senza contare che il colpo di scena finale, anche se sapeva un po di già visto (credo di averlo visto almeno altre 2 volte in dei film non d'animazione), è stato tutto sommato piacevole.
Concludendo, per via di diversi cliché e per l'assenza di una qualsiasi descrizione su quel mondo non posso dare oltre il 7, nonostante il colpo di scena carino, la colonna sonora azzeccata ma non destinata a rimanere impressa nella mente e la storia del protagonista alquanto particolare. Spendete un'ora a guardarlo, non ve ne pentirete, non aspettatevi un capolavoro però, non credo che questo film vi lascerà qualcosa alla fine della visione, come non ha lasciato nulla a me.