Samurai Flamenco
Da quando ho scoperto che i Power Rangers erano in realtà remake di telefilm giapponesi, mi sono chiesto più volte come mai non avessero dedicato loro dei cartoni animati invece di serie con attori in carne ed ossa.
Col tempo sono arrivato ad elaborare una risposta, che "Samurai Flamenco" sembra confermare in negativo, facendomi ritrattare il mio quesito iniziale e giungere alla conclusione che è meglio tenere i telefilm piuttosto che trasportare i supereroi nipponici in animazione, se i risultati sono questi.
Inizialmente, "Samurai Flamenco" si presenta una serie carinissima e molto gradevole, una simpatica commedia incentrata sul dualismo fra il protagonista idealista e sognatore ai limiti della stupidità e il coprotagonista più concreto, disilluso e pragmatico che viene reso complice delle sue stramberie.
Nulla che non si sia già visto altrove, ma si lascia guardare, strappa qualche sorriso e fa affezionare al duo di personaggi e, in particolare, allo smodato idealismo e senso di giustizia dell'impacciatissimo ma sincero Masayoshi, molto affine a quello che ammanta i personaggi dei telefilm supereroistici giapponesi. Fa molto piacere vedere su schermo dei personaggi che, come degli eterni bambinoni, collezionano pupazzetti, hanno le camere tappezzate di poster, conoscono a memoria le puntate dei telefilm e continuano ad amare quegli eroi, dai quali traggono importanti insegnamenti di vita, anche se li metteranno in pratica in modo tragicomico con costumi fatti in casa e imprese eroiche che finiscono per trasformarsi in assurdi casini.
Ci vuole poco, però, perché "Samurai Flamenco" mostri i suoi difetti, primo fra tutti una sceneggiatura incostante che non sa minimamente dove andare a parare, cambiando scopi, reazioni dei personaggi, risvolti ogni due o tre puntate in maniera rocambolesca e spesso casuale.
Quella che era partita come una simpatica commedia urbana in salsa supereroistica si trasforma ben presto in una storia d'azione e fantascienza che ci propone supercriminali malati di mente, esperimenti genetici, animali mutanti, minacce aliene, corpi di difesa della Terra, politici malvagi che combattono con un'armatura a metà fra Iron Man e Saint Seiya, robot giganti, dimensioni parallele, alieni vari, mostri 'pupazzosi' da telefilm, bambini psicopatici, psicodrammi, violenza e un confine fra immaginazione e realtà, fra serietà e parodia, da cui i personaggi fanno avanti e indietro così tante volte da non sapere più nemmeno loro cosa stiano facendo.
Non saranno rare le volte in cui, all'ennesima volta in cui la trama viene rivoltata a casaccio, lo spettatore rimarrà con gli occhi sbarrati, incredulo, chiedendosi se non sia stato tutto un sogno: il suo, quello dei personaggi, quello degli autori che hanno realizzato la serie. Un sogno di quelli insensati, dovuti al cocktail di cocco, sushi, pizza e cioccolato che ci si è fatti la sera prima. C'è chi ha premiato questa apparente insensatezza della trama, urlando al colpo di scena e al capolavoro ad ogni risvolto della trama. Personalmente, ci ho visto solo una gran confusione nella testa degli autori, che, dovendo riempire un determinato numero di puntate e non potendo continuare all'infinito con la buona idea di base, sono andati un po' troppo fuori dal seminato cercando di accontentare un po' tutte le tipologie di pubblico e finendo, invece, per scontentare molti.
Proprio perché "Samurai Flamenco" cerca di accontentare tutti, si fa ben presto ricettacolo di tutto ciò che piace agli spettatori moderni (e che il sottoscritto, invece, generalmente, detesta).
L'iniziale duo di protagonisti, così diversi sia caratterialmente che fisicamente, di sicuro avrà immediatamente acceso le fantasie delle spettatrici amanti delle relazioni omosessuali, ed ecco che, infatti, lungo le varie puntate queste fantasie sembrano, dal nulla, prendere forma concreta, soprattutto nella parte finale della storia, distruggendo la caratterizzazione del poliziotto Goto a furia di psicodrammi patetici ed esagerati.
Anche gli spettatori di sesso maschile hanno presto la loro parte, con l'introduzione del trio di idol MMM, che incarnano vari stereotipi delle ragazze amate dagli "otaku" giapponesi. Nell'ordine, una "matura" e insignificante, una piccolina (che si chiama Moe, di nome e di fatto) e frignona, una (quella che, ahinoi, ha più spazio nella narrazione) costantemente impegnata a mostrare le sue grazie e a 'sclerare' contro tutto e tutti. Ciliegina sulla torta, le ultime due hanno anche una relazione omosessuale, fatta di baci e di molestie, completamente casuale all'interno della storia, dal momento che, poi, una delle due è anche chiaramente attratta dal sesso maschile.
I fan più sfegatati dei telefilm di supereroi sono invece accontentati non solo dal protagonista, ma anche dal buon Joji Kaname, incarnazione animata del classico, virile, romantico e tutto d'un pezzo, eroe dei vecchi telefilm nipponici e probabilmente unico personaggio che esce in maniera decente da tutta la storia, e dal gruppo dei Flamengers, un quartetto di eroi in tutine di spandex a cui Masayoshi si unirà a un certo punto. Questi ultimi personaggi sono buttati lì senza approfondirli più di tanto e sono assai antipatici, oltre ad essere i classici bishounen senza arte né parte e la classica ragazzina sciacquetta che vanno di moda oggi. Ma di questo, agli autori, non si può fare eccessivamente una colpa, dato che i telefilm sentai odierni pullulano di attorucoli bishounen e di ragazzine sciacquette, e dunque non sorprende trovarne gli omologhi a cartoni animati.
Ogni tanto, ha i suoi momenti, "Samurai Flamenco", soprattutto quando il confine fra il cartone animato e il telefilm di supereroi si fa più labile e la narrazione ci fa riflettere sul ruolo dell'eroe, su ciò che esso rappresenta per chi ne guarda i telefilm, per chi ci crede, per chi vorrebbe mettere in pratica quell'eroismo anche nel mondo reale. Ma proprio quest'ultimo punto è uno dei più gravi difetti della serie.
Uno dei motivi per cui i telefilm di supereroi piacciono tanto, con i loro costumi di spandex, i loro mostri con costumi di gomma, le loro esplosioni realizzate con pochi effetti speciali, è perché chi li realizza si sforza di renderli quanto più simile possibile a un cartone animato, senza pretendere che siano realistici. Per lo spettatore è facile stare al gioco, ed ecco che un gigantesco pupazzo di gomma diventa facilmente un temibile mostro, e che uno stuntman con uno spartano costume di gomma diventa facilmente un incredibile eroe per cui tifare con tutta l'anima. Un eroe che, chiaramente, non esiste davvero, ma finisce per esistere nel cuore di chi ne guarda con passione ed entusiasmo le gesta, regalandogli sogni, speranze e messaggi positivi. "Samurai Flamenco" è, invece, il contrario: è un cartone animato che tenta in vari modi (peraltro fallendo, dato che non esita a ricorrere agli stereotipi e agli elementi dei cartoni animati che tanto piacciono agli spettatori otaku) di mettere in scena la realtà.
Ecco, quindi, che le mirabolanti armi dell'eroe Samurai Flamenco si rivelano essere semplici articoli di cancelleria modificata da uno strambo inventore; che la bella maghetta guerriera Flamenco Girl non evoca cuori di luce o attacchi magici ma punisce i criminali con un poco lusinghiero calcione nei gioielli di famiglia, non usa uno scettro incantato che lancia magiche scintille ma uno fatto a mano dal quale, con la pressione di un pulsante, escon fuori spuntoni e scosse elettriche da stun gun; che i costumi degli eroici Flamengers non si materializzano sul loro corpo con una trasformazione, ma semplicemente li indossano come vestiti qualunque.
Ciò che nei telefilm è magia, sogno, fantasia, incanto, qui diventa gretto, freddo, pragmatico, violento. La serie non lesina su momenti un po' forti o violenti o sui drammi, e l'idealismo di Masayoshi non basta a risolvere questi problemi, dato che alla fine della fiera rimane l'unico a crederci, ma viene anche lui sopraffatto dall'insensatezza della trama, che non sa mai se deve essere reale, fantastica, celebrazione o parodia, vera o falsa, se deve veicolare messaggi positivi o se la serie è solo una scusa per attrarre otaku e spettatori di vario tipo.
Certo, fa piacere vedere le più disparate citazioni ai telefilm tokusatsu e sentai, agli anime robotici, alle maghette, ma vedere che i propri sogni e beniamini animati sono trasformati in personaggi violenti, amorfi, psicopatici, fastidiosi non è bello, non è bello per niente.
A livello tecnico, "Samurai Flamenco" è una serie abbastanza impersonale, che continua nel suo stereotiparsi e conformarsi alle tendenze attuali anche nel disegno e nel doppiaggio. A parte l'ormai iconico caratterista Juurouta Kosugi, che con la sua voce sempre uguale e sempre possente e calorosa ci regala un simpatico e passionale eroe d'altri tempi, il resto dei personaggi ha sempre le solite voci fighette, basse ed effeminate (se maschi) o squittisce e sbraita con voci carucce e/o irritanti (se femmine), senza rinunciare agli ormai consueti monologhi lentissimi e ammorbanti tipici dei doppiaggi moderni.
Particolarmente fastidioso, ma, ahinoi, tendenza ormai affermata un po' dovunque, è l'uso della computer grafica per creare oggetti sullo sfondo... non siete più capaci di disegnare a mano un'automobile che corre sulla strada dove camminano i personaggi?
Altalenanti le musiche, che presentano pezzi ora gradevoli (la prima sigla d'apertura, qualche canzone d'accompagnamento alle puntate), ora anonimi (la seconda sigla d'apertura), ora fastidiosissimi (le due sigle di chiusura, orribile e modaiolo connubio di vocette moe ed effetti computerizzati di sottofondo).
A chi sia rivolto "Samurai Flamenco" è un mistero di cui probabilmente nemmeno gli autori, che hanno creato la sua storia completamente a casaccio, conoscono la risoluzione. Alla fine della fiera, la delusione è tanta, perché la storia non ha granché senso e i personaggi non sono mai stati il massimo della simpatia.
Gli appassionati di telefilm supereroistici gioiranno per le molte citazioni, ma potrebbero trovare fastidioso l'uso modaiolo e gretto che "Samurai Flamenco" fa dei loro amati eroi in costume. Tutti gli altri potrebbero esasperarsi per la storia apparentemente senza senso, oppure, chissà, giudicarla una 'genialata' ricca di colpi di scena e prese in giro allo spettatore. Io, da spettatore, non amo essere preso in giro, quindi non riesco proprio a premiare questa serie, che mi ha deluso più e più volte nel corso del suo svolgimento.
Le uniche a ricevere qualcosa di positivo in cambio da "Samurai Flamenco", probabilmente, saranno le spettatrici amanti delle storie omosessuali: state tranquille, una volta tanto, gli autori della serie sono dalla vostra parte e asseconderanno le vostre fantasie e le vostre aspettative sulla trama.
Col tempo sono arrivato ad elaborare una risposta, che "Samurai Flamenco" sembra confermare in negativo, facendomi ritrattare il mio quesito iniziale e giungere alla conclusione che è meglio tenere i telefilm piuttosto che trasportare i supereroi nipponici in animazione, se i risultati sono questi.
Inizialmente, "Samurai Flamenco" si presenta una serie carinissima e molto gradevole, una simpatica commedia incentrata sul dualismo fra il protagonista idealista e sognatore ai limiti della stupidità e il coprotagonista più concreto, disilluso e pragmatico che viene reso complice delle sue stramberie.
Nulla che non si sia già visto altrove, ma si lascia guardare, strappa qualche sorriso e fa affezionare al duo di personaggi e, in particolare, allo smodato idealismo e senso di giustizia dell'impacciatissimo ma sincero Masayoshi, molto affine a quello che ammanta i personaggi dei telefilm supereroistici giapponesi. Fa molto piacere vedere su schermo dei personaggi che, come degli eterni bambinoni, collezionano pupazzetti, hanno le camere tappezzate di poster, conoscono a memoria le puntate dei telefilm e continuano ad amare quegli eroi, dai quali traggono importanti insegnamenti di vita, anche se li metteranno in pratica in modo tragicomico con costumi fatti in casa e imprese eroiche che finiscono per trasformarsi in assurdi casini.
Ci vuole poco, però, perché "Samurai Flamenco" mostri i suoi difetti, primo fra tutti una sceneggiatura incostante che non sa minimamente dove andare a parare, cambiando scopi, reazioni dei personaggi, risvolti ogni due o tre puntate in maniera rocambolesca e spesso casuale.
Quella che era partita come una simpatica commedia urbana in salsa supereroistica si trasforma ben presto in una storia d'azione e fantascienza che ci propone supercriminali malati di mente, esperimenti genetici, animali mutanti, minacce aliene, corpi di difesa della Terra, politici malvagi che combattono con un'armatura a metà fra Iron Man e Saint Seiya, robot giganti, dimensioni parallele, alieni vari, mostri 'pupazzosi' da telefilm, bambini psicopatici, psicodrammi, violenza e un confine fra immaginazione e realtà, fra serietà e parodia, da cui i personaggi fanno avanti e indietro così tante volte da non sapere più nemmeno loro cosa stiano facendo.
Non saranno rare le volte in cui, all'ennesima volta in cui la trama viene rivoltata a casaccio, lo spettatore rimarrà con gli occhi sbarrati, incredulo, chiedendosi se non sia stato tutto un sogno: il suo, quello dei personaggi, quello degli autori che hanno realizzato la serie. Un sogno di quelli insensati, dovuti al cocktail di cocco, sushi, pizza e cioccolato che ci si è fatti la sera prima. C'è chi ha premiato questa apparente insensatezza della trama, urlando al colpo di scena e al capolavoro ad ogni risvolto della trama. Personalmente, ci ho visto solo una gran confusione nella testa degli autori, che, dovendo riempire un determinato numero di puntate e non potendo continuare all'infinito con la buona idea di base, sono andati un po' troppo fuori dal seminato cercando di accontentare un po' tutte le tipologie di pubblico e finendo, invece, per scontentare molti.
Proprio perché "Samurai Flamenco" cerca di accontentare tutti, si fa ben presto ricettacolo di tutto ciò che piace agli spettatori moderni (e che il sottoscritto, invece, generalmente, detesta).
L'iniziale duo di protagonisti, così diversi sia caratterialmente che fisicamente, di sicuro avrà immediatamente acceso le fantasie delle spettatrici amanti delle relazioni omosessuali, ed ecco che, infatti, lungo le varie puntate queste fantasie sembrano, dal nulla, prendere forma concreta, soprattutto nella parte finale della storia, distruggendo la caratterizzazione del poliziotto Goto a furia di psicodrammi patetici ed esagerati.
Anche gli spettatori di sesso maschile hanno presto la loro parte, con l'introduzione del trio di idol MMM, che incarnano vari stereotipi delle ragazze amate dagli "otaku" giapponesi. Nell'ordine, una "matura" e insignificante, una piccolina (che si chiama Moe, di nome e di fatto) e frignona, una (quella che, ahinoi, ha più spazio nella narrazione) costantemente impegnata a mostrare le sue grazie e a 'sclerare' contro tutto e tutti. Ciliegina sulla torta, le ultime due hanno anche una relazione omosessuale, fatta di baci e di molestie, completamente casuale all'interno della storia, dal momento che, poi, una delle due è anche chiaramente attratta dal sesso maschile.
I fan più sfegatati dei telefilm di supereroi sono invece accontentati non solo dal protagonista, ma anche dal buon Joji Kaname, incarnazione animata del classico, virile, romantico e tutto d'un pezzo, eroe dei vecchi telefilm nipponici e probabilmente unico personaggio che esce in maniera decente da tutta la storia, e dal gruppo dei Flamengers, un quartetto di eroi in tutine di spandex a cui Masayoshi si unirà a un certo punto. Questi ultimi personaggi sono buttati lì senza approfondirli più di tanto e sono assai antipatici, oltre ad essere i classici bishounen senza arte né parte e la classica ragazzina sciacquetta che vanno di moda oggi. Ma di questo, agli autori, non si può fare eccessivamente una colpa, dato che i telefilm sentai odierni pullulano di attorucoli bishounen e di ragazzine sciacquette, e dunque non sorprende trovarne gli omologhi a cartoni animati.
Ogni tanto, ha i suoi momenti, "Samurai Flamenco", soprattutto quando il confine fra il cartone animato e il telefilm di supereroi si fa più labile e la narrazione ci fa riflettere sul ruolo dell'eroe, su ciò che esso rappresenta per chi ne guarda i telefilm, per chi ci crede, per chi vorrebbe mettere in pratica quell'eroismo anche nel mondo reale. Ma proprio quest'ultimo punto è uno dei più gravi difetti della serie.
Uno dei motivi per cui i telefilm di supereroi piacciono tanto, con i loro costumi di spandex, i loro mostri con costumi di gomma, le loro esplosioni realizzate con pochi effetti speciali, è perché chi li realizza si sforza di renderli quanto più simile possibile a un cartone animato, senza pretendere che siano realistici. Per lo spettatore è facile stare al gioco, ed ecco che un gigantesco pupazzo di gomma diventa facilmente un temibile mostro, e che uno stuntman con uno spartano costume di gomma diventa facilmente un incredibile eroe per cui tifare con tutta l'anima. Un eroe che, chiaramente, non esiste davvero, ma finisce per esistere nel cuore di chi ne guarda con passione ed entusiasmo le gesta, regalandogli sogni, speranze e messaggi positivi. "Samurai Flamenco" è, invece, il contrario: è un cartone animato che tenta in vari modi (peraltro fallendo, dato che non esita a ricorrere agli stereotipi e agli elementi dei cartoni animati che tanto piacciono agli spettatori otaku) di mettere in scena la realtà.
Ecco, quindi, che le mirabolanti armi dell'eroe Samurai Flamenco si rivelano essere semplici articoli di cancelleria modificata da uno strambo inventore; che la bella maghetta guerriera Flamenco Girl non evoca cuori di luce o attacchi magici ma punisce i criminali con un poco lusinghiero calcione nei gioielli di famiglia, non usa uno scettro incantato che lancia magiche scintille ma uno fatto a mano dal quale, con la pressione di un pulsante, escon fuori spuntoni e scosse elettriche da stun gun; che i costumi degli eroici Flamengers non si materializzano sul loro corpo con una trasformazione, ma semplicemente li indossano come vestiti qualunque.
Ciò che nei telefilm è magia, sogno, fantasia, incanto, qui diventa gretto, freddo, pragmatico, violento. La serie non lesina su momenti un po' forti o violenti o sui drammi, e l'idealismo di Masayoshi non basta a risolvere questi problemi, dato che alla fine della fiera rimane l'unico a crederci, ma viene anche lui sopraffatto dall'insensatezza della trama, che non sa mai se deve essere reale, fantastica, celebrazione o parodia, vera o falsa, se deve veicolare messaggi positivi o se la serie è solo una scusa per attrarre otaku e spettatori di vario tipo.
Certo, fa piacere vedere le più disparate citazioni ai telefilm tokusatsu e sentai, agli anime robotici, alle maghette, ma vedere che i propri sogni e beniamini animati sono trasformati in personaggi violenti, amorfi, psicopatici, fastidiosi non è bello, non è bello per niente.
A livello tecnico, "Samurai Flamenco" è una serie abbastanza impersonale, che continua nel suo stereotiparsi e conformarsi alle tendenze attuali anche nel disegno e nel doppiaggio. A parte l'ormai iconico caratterista Juurouta Kosugi, che con la sua voce sempre uguale e sempre possente e calorosa ci regala un simpatico e passionale eroe d'altri tempi, il resto dei personaggi ha sempre le solite voci fighette, basse ed effeminate (se maschi) o squittisce e sbraita con voci carucce e/o irritanti (se femmine), senza rinunciare agli ormai consueti monologhi lentissimi e ammorbanti tipici dei doppiaggi moderni.
Particolarmente fastidioso, ma, ahinoi, tendenza ormai affermata un po' dovunque, è l'uso della computer grafica per creare oggetti sullo sfondo... non siete più capaci di disegnare a mano un'automobile che corre sulla strada dove camminano i personaggi?
Altalenanti le musiche, che presentano pezzi ora gradevoli (la prima sigla d'apertura, qualche canzone d'accompagnamento alle puntate), ora anonimi (la seconda sigla d'apertura), ora fastidiosissimi (le due sigle di chiusura, orribile e modaiolo connubio di vocette moe ed effetti computerizzati di sottofondo).
A chi sia rivolto "Samurai Flamenco" è un mistero di cui probabilmente nemmeno gli autori, che hanno creato la sua storia completamente a casaccio, conoscono la risoluzione. Alla fine della fiera, la delusione è tanta, perché la storia non ha granché senso e i personaggi non sono mai stati il massimo della simpatia.
Gli appassionati di telefilm supereroistici gioiranno per le molte citazioni, ma potrebbero trovare fastidioso l'uso modaiolo e gretto che "Samurai Flamenco" fa dei loro amati eroi in costume. Tutti gli altri potrebbero esasperarsi per la storia apparentemente senza senso, oppure, chissà, giudicarla una 'genialata' ricca di colpi di scena e prese in giro allo spettatore. Io, da spettatore, non amo essere preso in giro, quindi non riesco proprio a premiare questa serie, che mi ha deluso più e più volte nel corso del suo svolgimento.
Le uniche a ricevere qualcosa di positivo in cambio da "Samurai Flamenco", probabilmente, saranno le spettatrici amanti delle storie omosessuali: state tranquille, una volta tanto, gli autori della serie sono dalla vostra parte e asseconderanno le vostre fantasie e le vostre aspettative sulla trama.
Talvolta è veramente sottile il confine che delimita la genialità dallo squallore. Lo si è visto in serie come "Robitics;Notes", in cui fino all'ultimo lo spettatore non sa se giudicare la serie grandiosa o pessima (e, alla fine, tutto è naufragato nel peggiore degli scenari). In "Samurai Flamenco" (il solo nome mi fa ridere) più volte si è colti dall'atroce terrore che tutto finisca in malora per carenza d'idee o perché tutto sembra buttato a caso senz'alcuna logica o senza un filo conduttore che consenta di fornire qualche indizio su un possibile "recupero" in termini qualitativi. Ebbene, non nascondo che spesso l'opera mi è sembrata sul punto di collassare su sé stessa, andando a tradire lo splendido incipit, ma la pazienza ha premiato, e posso affermare che "Samurai Flamenco" è riuscita a ballare sul filo dell'affilatissimo rasoio dell'assurda follia, uscendone vincente e mostrando la sua pericolosa genialità.
"Samurai Flamenco" è un'opera della stagione autunnale 2013 composta da ventidue episodi di durata canonica. L'opera nasce come serie animata.
Trama: Masayoshi Hazama è un ragazzo diciannovenne che perse entrambi i genitori in tenera età. Suo nonno lo crebbe e gli trasmise la passione per i supereroi delle serie TV. Masayoshi sviluppò un enorme senso della giustizia al punto da sognare di poter divenire un supereroe egli stesso. La sua vita è divisa tra il lavoro di modello (è un bel ragazzo) e la sua vita notturna nelle vesti di Samurai Flamenco, il paladino della giustizia (peccato le prenda anche dai ragazzini delle medie...)! Riuscirà il nostro eroe a non prenderle più dai bimbetti e a far trionfare la sua giustizia in questo mondo così marcio e corrotto? E come si rapporterà la giustizia con la legge (in una dicotomia in continuo crescendo), rappresentata dall'amico poliziotto Goto, incontrato quasi per caso?
Grafica: non malvagia, anche se migliorabile. Le ambientazioni, pur essendo mediamente varie, sono sì ben realizzate, ma spesso non col dovuto grado di precisione e dettaglio. Le animazioni sono senz'altro buone. Bello il character design, come pure il mecha design e i vari monster design. Occorre segnalare una serie di cali grafici che ne precludono la qualità.
Sonoro: ottimo in ogni sua parte. Le opening sono piuttosto evocative e coinvolgenti, belle le sonorità. Le ending sono più J-Pop, ugualmente orecchiabili. Molto evocative le musiche. Buoni gli effetti sonori. Gran bel doppiaggio.
Personaggi: se non ci fossero bisognerebbe inventarli! Simpatici, atipici, irriverenti e splendidamente caratterizzati, questo è il mix vincente di "Samurai Flamenco". Non si trascura nulla, dall'enorme fattore evolutivo fino agli incredibili viaggi (anche reali!) psicologici. L'interazione è a dir poco esplosiva.
Sceneggiatura: "Samurai Flamenco" è un'opera imprevedibile, in grado di lasciare lo spettatore a bocca aperta con certe uscite di follia gratuita. La gestione temporale non è il massimo della linearità (occorre una certa attenzione da parte dello spettatore) ma, fortunatamente, l'opera non risulta criptica. Il ritmo è altalenante, dal lento fino al frenetico, in relazione alla natura dell'episodio. L'azione non manca mai, così come non manca la violenza (e nemmeno la morte). È presente un modesto quantitativo di fanservice. I dialoghi sono una perla.
Finale: meraviglioso nella sua assurdità. Un signor finale che sa chiudere magnificamente una serie a dir poco impensabile, e che fa tirare un sospiro di sollievo a chi temeva che "Samurai Flamenco" fosse una 'ciofeca' assurda, tenuto sempre in bilico dall'imprevedibilità dell'intera serie.
In sintesi, mi si perdoni la ripetitività, ma come non si può reputare geniale un'opera del genere? Sicuramente occorrono una gran fede nell'opera e una grande pazienza per arrivare fino alla fine, ma, a mio avviso, il risultato ripaga ampiamente le aspettative. Lo spettatore si prepari a tutto, poiché vedrà di tutto quando meno se lo potrà aspettare in un crescendo di colpi di scena e cambi di rotta che potrebbero apparire fuori da ogni logica, ma che, se si ha la volontà di proseguire fino alla fine, tutto troverà un senso. "Samurai Flamenco" è il colpo di scena incarnato in una serie d'animazione, l'imprevedibile concretizzato, il distruttore di schemi, il logicamente assurdo, l'ossimoro dell'animazione giapponese per antonomasia. In altre parole, la folle genialità libera da ogni giogo che dispiega sé stessa e si rivela con una comicità vincente e con una sua coerenza strampalata. Consigliato agli amanti dell'imprevisto, della commedia, dell'assurdo, del folle e del geniale.
"Samurai Flamenco" è un'opera della stagione autunnale 2013 composta da ventidue episodi di durata canonica. L'opera nasce come serie animata.
Trama: Masayoshi Hazama è un ragazzo diciannovenne che perse entrambi i genitori in tenera età. Suo nonno lo crebbe e gli trasmise la passione per i supereroi delle serie TV. Masayoshi sviluppò un enorme senso della giustizia al punto da sognare di poter divenire un supereroe egli stesso. La sua vita è divisa tra il lavoro di modello (è un bel ragazzo) e la sua vita notturna nelle vesti di Samurai Flamenco, il paladino della giustizia (peccato le prenda anche dai ragazzini delle medie...)! Riuscirà il nostro eroe a non prenderle più dai bimbetti e a far trionfare la sua giustizia in questo mondo così marcio e corrotto? E come si rapporterà la giustizia con la legge (in una dicotomia in continuo crescendo), rappresentata dall'amico poliziotto Goto, incontrato quasi per caso?
Grafica: non malvagia, anche se migliorabile. Le ambientazioni, pur essendo mediamente varie, sono sì ben realizzate, ma spesso non col dovuto grado di precisione e dettaglio. Le animazioni sono senz'altro buone. Bello il character design, come pure il mecha design e i vari monster design. Occorre segnalare una serie di cali grafici che ne precludono la qualità.
Sonoro: ottimo in ogni sua parte. Le opening sono piuttosto evocative e coinvolgenti, belle le sonorità. Le ending sono più J-Pop, ugualmente orecchiabili. Molto evocative le musiche. Buoni gli effetti sonori. Gran bel doppiaggio.
Personaggi: se non ci fossero bisognerebbe inventarli! Simpatici, atipici, irriverenti e splendidamente caratterizzati, questo è il mix vincente di "Samurai Flamenco". Non si trascura nulla, dall'enorme fattore evolutivo fino agli incredibili viaggi (anche reali!) psicologici. L'interazione è a dir poco esplosiva.
Sceneggiatura: "Samurai Flamenco" è un'opera imprevedibile, in grado di lasciare lo spettatore a bocca aperta con certe uscite di follia gratuita. La gestione temporale non è il massimo della linearità (occorre una certa attenzione da parte dello spettatore) ma, fortunatamente, l'opera non risulta criptica. Il ritmo è altalenante, dal lento fino al frenetico, in relazione alla natura dell'episodio. L'azione non manca mai, così come non manca la violenza (e nemmeno la morte). È presente un modesto quantitativo di fanservice. I dialoghi sono una perla.
Finale: meraviglioso nella sua assurdità. Un signor finale che sa chiudere magnificamente una serie a dir poco impensabile, e che fa tirare un sospiro di sollievo a chi temeva che "Samurai Flamenco" fosse una 'ciofeca' assurda, tenuto sempre in bilico dall'imprevedibilità dell'intera serie.
In sintesi, mi si perdoni la ripetitività, ma come non si può reputare geniale un'opera del genere? Sicuramente occorrono una gran fede nell'opera e una grande pazienza per arrivare fino alla fine, ma, a mio avviso, il risultato ripaga ampiamente le aspettative. Lo spettatore si prepari a tutto, poiché vedrà di tutto quando meno se lo potrà aspettare in un crescendo di colpi di scena e cambi di rotta che potrebbero apparire fuori da ogni logica, ma che, se si ha la volontà di proseguire fino alla fine, tutto troverà un senso. "Samurai Flamenco" è il colpo di scena incarnato in una serie d'animazione, l'imprevedibile concretizzato, il distruttore di schemi, il logicamente assurdo, l'ossimoro dell'animazione giapponese per antonomasia. In altre parole, la folle genialità libera da ogni giogo che dispiega sé stessa e si rivela con una comicità vincente e con una sua coerenza strampalata. Consigliato agli amanti dell'imprevisto, della commedia, dell'assurdo, del folle e del geniale.
Mi sono avvicinata a questo anime senza troppe aspettative, anche a causa dei pochi dettagli rivelati sulla serie prima della messa in onda del primo episodio. Mi aspettavo qualcosa di completamente diverso, e quello che ho visto mi ha stupita nel senso positivo della parola.
Il protagonista della vicenda è il giovane Masayoshi, un modello emergente che tiene nascosta la sua grande passione per i supereroi per non incorrere nelle ire della severa manager Ishihara. Il destino vorrà che Masayoshi incontri, in circostanze non proprio normali, il poliziotto Goto e gli riveli il suo segreto: lui è un supereroe, Samurai Flamenco! Come tale si assicura che la legge venga rispettata nella sua città, ma avendo un senso di giustizia che rasenta l'assurdo ed essendo impreparato, non di rado fallisce, come viene riportato più volte alla polizia locale. Dall'incontro dei due protagonisti e dalle imprese di "Samumenco" si snoderà una trama semplice ma inaspettatamente avvincente, senza particolari colpi di scena ma con trovate astute.
I punti forti di questo anime sono la regia e la sua leggerezza, dovuta più all'atmosfera che sa volutamente di ridicolo che ai siparietti comici. E' proprio questo uno degli aspetti che preferisco della serie e trovo geniale il modo di rappresentare gli ideali di Masayoshi, che vengono ridicolizzati dalla gente, ma prima ancora da lui stesso nella sua esagerazione. Nonostante questo credo che si voglia comunque trasmettere un messaggio positivo: cambiare il mondo inizia da noi e si fa con le piccole cose. Gli aspetti negativi sono la qualità della grafica, piuttosto bassa (ma c'è da dire che non è il mio stile) e le troppe libertà della sceneggiatura. Sì, si tratta di un anime ai limiti del demenziale, ma non per questo ci si può permettere di trascurare dei dettagli che ti fanno chiedere: "E a questo come ci siamo arrivati?". In linea di massima però non ci sono buchi esagerati nella trama. La colonna sonora non è niente di che, l'opening non mi piace proprio mentre l'ending è più carina e orecchiabile.
E' un anime con del potenziale, non del tutto sfruttato ma comunque molto buono; definirlo originale è un po' troppo, ma si può dire che non sa eccessivamente di già visto. E' presente del fanservice sia per ragazze che ragazzi, nel primo caso dalle ambiguità nel rapporto dei due protagonisti rigorosamente bishonen, nel secondo per gli stessi motivi ma riguarda le tre Mineral Miracle Muse.
"Samurai Flamenco" è ben lungi dall'essere un capolavoro, ma è un anime piacevole che si lascia guardare e che consiglio sia agli amanti del genere che non.
Il protagonista della vicenda è il giovane Masayoshi, un modello emergente che tiene nascosta la sua grande passione per i supereroi per non incorrere nelle ire della severa manager Ishihara. Il destino vorrà che Masayoshi incontri, in circostanze non proprio normali, il poliziotto Goto e gli riveli il suo segreto: lui è un supereroe, Samurai Flamenco! Come tale si assicura che la legge venga rispettata nella sua città, ma avendo un senso di giustizia che rasenta l'assurdo ed essendo impreparato, non di rado fallisce, come viene riportato più volte alla polizia locale. Dall'incontro dei due protagonisti e dalle imprese di "Samumenco" si snoderà una trama semplice ma inaspettatamente avvincente, senza particolari colpi di scena ma con trovate astute.
I punti forti di questo anime sono la regia e la sua leggerezza, dovuta più all'atmosfera che sa volutamente di ridicolo che ai siparietti comici. E' proprio questo uno degli aspetti che preferisco della serie e trovo geniale il modo di rappresentare gli ideali di Masayoshi, che vengono ridicolizzati dalla gente, ma prima ancora da lui stesso nella sua esagerazione. Nonostante questo credo che si voglia comunque trasmettere un messaggio positivo: cambiare il mondo inizia da noi e si fa con le piccole cose. Gli aspetti negativi sono la qualità della grafica, piuttosto bassa (ma c'è da dire che non è il mio stile) e le troppe libertà della sceneggiatura. Sì, si tratta di un anime ai limiti del demenziale, ma non per questo ci si può permettere di trascurare dei dettagli che ti fanno chiedere: "E a questo come ci siamo arrivati?". In linea di massima però non ci sono buchi esagerati nella trama. La colonna sonora non è niente di che, l'opening non mi piace proprio mentre l'ending è più carina e orecchiabile.
E' un anime con del potenziale, non del tutto sfruttato ma comunque molto buono; definirlo originale è un po' troppo, ma si può dire che non sa eccessivamente di già visto. E' presente del fanservice sia per ragazze che ragazzi, nel primo caso dalle ambiguità nel rapporto dei due protagonisti rigorosamente bishonen, nel secondo per gli stessi motivi ma riguarda le tre Mineral Miracle Muse.
"Samurai Flamenco" è ben lungi dall'essere un capolavoro, ma è un anime piacevole che si lascia guardare e che consiglio sia agli amanti del genere che non.