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Kirad

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
È un particolare film ad episodi, diretti da diversi maestri dell’animazione e tutti incentrati sul rapporto tra uomo e macchina, visto attraverso svariati generi. Sia il prologo che l’epilogo mescolano comicità e distruzione in modo discreto.

“Franken’s Gears”: chiaramente ispirato al racconto sul mostro di Frankenstein, non mi ha coinvolto per nulla. Probabilmente il tema riguarda la smania di onnipotenza dell’uomo, che arriva addirittura a cercare di creare la vita, ma tale smania porta solo alla distruzione totale (come nel racconto originale). Purtroppo questa conclusione è affidata a un finale troppo rapido e facile nello svolgimento. Si può apprezzare una certa creatività visiva con il caos ordinato che avviene nel momento in cui nasce il mostro, ma siamo comunque di fronte a un prodotto freddo e superficiale.

“Deprive”: qui il soggetto ricalca, in maniera piuttosto schematica, il classico soggetto dell’eroe che salva la bella di turno. C’è un discreto ritmo e delle passabili scene d’azione, ma come nel precedente episodio la narrazione resta troppo in superficie, specie a causa della brevità, e quindi non c’è coinvolgimento emotivo nelle vicende dei personaggi.

“Presence”: primo episodio lungo, grazie a questo abbiamo un certo approfondimento del protagonista, che avviene mediante espressioni, poche frasi e lunghi silenzi, in una trama che mescola romanticismo e dramma. Tuttavia, la storia di questo uomo gravemente provato dalla solitudine, per sfuggire alla quale crea una bambola che contrariamente alle sue aspettative si dimostra fin troppo dolcemente umana, ha una narrazione senza infamia e senza lode soltanto. Pregevoli e ricche di dettagli le animazioni, anche se spesso si affidano a un simbolismo prevedibile.

“Stra Light Angel”: come storia è una gradevole favola romantica (di fatto il soggetto è uguale a quello di “Deprive”), che riesce a coinvolgere abbastanza, ma come al solito la breve durata non permette approfondimenti che aumentino il coinvolgimento emotivo, quindi l’episodio si lascia vedere e nient’altro. Sempre buona la qualità tecnica.

“Cloud”: l’episodio più a rischio noia, ed è un peccato, perché sulla carta l’idea era davvero affascinante, ossia raccontare (quasi interamente tramite un lungo piano sequenza con gli eventi sullo sfondo) la storia di un bambino robot e il suo cammino verso l’umanità. Il problema è che pure qui non si riesce ad andare oltre la mera forma (sempre ben curata, in alcuni punti affascinante), non si riesce a provare la minima empatia per il piccolo protagonista, ed è grave, visto che in teoria la vicenda avrebbe dovuto commuovere.

“Strange Tales of Meiji”: ed ecco arrivare l’episodio più simpatico, una gustosa e leggera parodia dei cliché del genere mecha, dove il divertimento sta nel come hanno reso mosse e armi dei robottoni, utilizzando la tecnologia dell’epoca Meiji (e nell’immaginare questo c’è una buona inventiva). Certo, questo non lo rende comunque un episodio memorabile, però è piuttosto divertente.

“Chicken Man e Red Neck”: anche questo è stato un episodio simpatico, con una trama striminzita, perché lo scopo era mettere in scena un caleidoscopio di forme meccaniche, un abbastanza riuscito delirio di macchine con annesso un buffo inseguimento da film comico del muto. L’insieme sa intrattenere, anche se si tratta di un episodio senza un vero contenuto.

Terminata la visione, il film si dimostra più interessante per gli importanti nomi coinvolti che per gli effettivi risultati. Certo, la qualità tecnica è sempre alta, ci sono dei momenti riusciti, ma spesso le vicende non coinvolgono molto e la sensazione finale è quella di un freddo esercizio di stile che può conquistare l’occhio, ma lascia indifferenti per il resto.


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micheles

Episodi visti: 1/1 --- Voto 4
C'è chi si basa sulle raccomandazioni degli amici per selezionare le opere da vedere. Chi si informa, chi legge recensioni, chi fa una ricerca. E c'è chi invece, come me, semplicemente sceglie le opere da vedere a caso, fissato un anno di appartenenza. In questo periodo ho in corso un'operazione di recupero film e OVA della seconda metà degli anni ottanta e quindi sono incappato in "Robot Carnival", anno 1987. Non sapevo assolutamente nulla di questo film, quindi l'ho visto senza alcun preconcetto. A posteriori ho visto che è famoso per i nomi degli autori coinvolti, e in effetti avevo riconosciuto subito la mano di Katsuhiro Otomo, autore di opening ed ending.

Si tratta di un film sperimentale a episodi; ogni episodio è opera di autori diversi ed è completamente diverso dagli altri, anche se tutti condividono un forte mood sperimentale, una trama ridotta ai minimi termini o inesistente, e infine un'assenza di dialoghi, totale tranne in due episodi, ma anche in quei due episodi si sarebbero potuti eliminare i dialoghi senza gran danno. Altro tema unificante è la colonna sonora: ogni episodio ha musiche diverse, ma sono tutte composte dallo stesso autore, Joe Hisaishi, che indubbiamente sa il fatto suo. Tuttavia "Robot Carnival" è un film, non un CD musicale, quindi non importa quanto sia bravo Hisaishi, il valore del film dipende dal valore dei singoli episodi. E qui il film si divide in due: da una parte c'è l'episodio "Presence" di Yasuomi Umetsu (quella del giocattolaio che costruisce una bambola/androide dotata di autocoscienza), dall'altra c'è il nulla più assoluto. "Presence" è un buon episodio che riesce a comunicare il suo messaggio, evocativo, interessante, con un ottimo chara design per quanto riguarda la bambola, e che tiene desta l'attenzione nell'arco della sua (breve) durata. Tutti gli altri episodi sono di una noia mortale, tra le cose più brutte che abbia mai visto. Inutile sprecare tempo a descriverli, visto che sono tutti caratterizzati da una trama non-sense e che sono più che altro una serie di immagini in libertà con un buon supporto musicale. Alcuni sono animati bene, altri (in particolare "Clowd") non sono neppure animati, sono poco più di uno slide show. Impossibile descriverli, riporto solo la lista dei titoli con il mio voto tra parentesi, per chi è interessato: "Franken's Gear" (2), "Deprive" (5), "Starlight Angel" (5), "Cloud" (2), "A Tale of Two Robots" (2), "Chicken Man and Red Neck in Tokyo" (1). Le media matematica dei voti per questi episodi è 3 e, anche se "Presence" è buono (7,5), può alzare la media solo fino a 4.
Il mio consiglio è di vedere solo "Presence" e di saltare tutto il resto. È stato difficilissimo resistere alla tentazione di premere il tasto "avanti veloce" del videoregistratore; e, anche se non l'ho premuto, la mia testa ha divagato per quasi tutta la durata del film, tanto che a volte sono dovuto tornare indietro per vedere cos'era successo alla fine di un episodio. E la risposta era sempre: "Nulla".


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God87

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Tanto spettacolare nelle premesse, tra le più ambiziose degli eighties, "Robot Carnival" è una delle più grandi delusioni del periodo. Prendiamo alcuni tra i più caratteristici animatori, registi e chara designer, e mettiamoli a scrivere e a dirigere, uno a testa, brevi segmenti animati incentrati sul tema comune dei robot: nel 1987 APPP e il produttore Kauzufumi Nomura hanno le idee chiare in proposito e mettono insieme una task force di tutto rispetto, ma quello che poteva essere un memorabile manifesto dell'amore nipponico per il genere si risolverà in un OVA sperimentale troppo autoriale e compiaciuto, pesante, che tenta di fare ridere o commuovere senza riuscirci neanche per sbaglio.

Il suo problema, lampante, è che le varie star dietro la sua realizzazione erano vistosamente a corto di idee, così che la loro unica strada percorribile sembra essere stata quella di premere l'acceleratore su raffinatezze registiche (il minimalismo sonoro e comune a quasi tutti gli episodi), su ritmi narrativi dilatati e storie completamente visionarie e nonsense, precludendosi l'inserimento di vere e proprie trame: alcuni ci riusciranno con risultati apprezzabili, altri deluderanno, ma nell'insieme il tutto risulterà così lungo, ripetitivo e senza particolare fantasia che i 90 minuti saranno di semplice tedio. Senza contare l'assenza, A Tale of Two Robots escluso, di veri e propri mecha di "mazinghiana" definizione come ci si attenderebbe: tutti i protagonisti sono cyborg o androidi dalle fattezze umane, ed è bizzarro notare che a parlarci di loro sia uno stuolo di artisti che nei curriculum ha "Megazone 23" e "Gundam ZZ". Nonostante questo l'originalità dell'idea è indubbia e, se anche i singoli cortometraggi si risolveranno in nulla di memorabile, i variegati stili di disegno, le animazioni epocali - 24 frame al secondo, e parliamo del 1987 - e lo splendido accompagnamento musicale di Joe Hisaishi sono motivi sufficienti per non perdersi una gratificazione dei sensi che non farà rimpiangere troppo il tempo speso.

Reputo gli episodi meno dimenticabili "Deprive", "Presence" e "Chicken Man and Red Neck in Tokyo".
Il primo è l'unico che rappresenta per davvero lo spirito degli OVA di quegli anni: sintesi estrema, in soli 7 minuti, della storia di una bella rapita da un malvagio uomo(donna?)-carciofo, e dell'odissea, irta di combattimenti contro scagnozzi vari, del suo ragazzo-cyborg per salvarla. Banale, ma ben coreografato nei sui 420 secondi di mazzate, coadiuvato da uno sgargiante aspetto grafico action e dalla ritmata colonna sonora di Hisaishi, quella tanto caratteristica di quegli anni data da assoli di chitarra misti a ossessive galoppate di tastiera. Scritto, disegnato e diretto da Hidetoshi Omori.

"Presence" di Yasuomi "A-Kite" Umetsu è notoriamente uno dei pezzi più amati di "Robot Carnival", l'insolita storia di un costruttore di giocattoli che, per rifugiarsi dalla solitudine, dà vita a una bambola meccanica: quest'ultima, sviluppata un'autocoscienza, si innamorerà di lui con tragiche conseguenze. La delicatezza dell'accompagnamento musicale, dato da fugaci note di pianoforte, e la regia intensa e particolareggiata di Umetsu garantiscono una riuscita atmosfera malinconica, ma l'eccessiva durata (20 minuti) di questa tirata storiella non depone a sua favore, sembrando quasi ruffiana nel cercare di sembrare più pesante possibile per sembrare impegnata e artistica. Curiosamente, questo è uno dei due corti dove sono presenti dialoghi.

"Chicken Man and Red Neck in Tokyo" è un inno al nonsense più sfrenato: una divinità meccanica invade la capitale del Giappone con i rovi (a "La bella addormentata nel bosco") e devolve a un suo seguace, un robot rosso (il Red Neck del titolo), il compito di risvegliare un esercito di androidi. Fatto questo, Red Neck se la prenderà con un barbone che, rimediata una moto, fuggirà per tutto l'episodio cercando infine riparo in una fabbrica colma di robot. Finale incomprensibile, ma l'interesse del corto sta nella sua messa in scena, un mondo assurdo di viti, bulloni e ingranaggi in perenne movimento e distruzione che ammaliano per magnificenza visiva e animazioni. L'episodio è di Takashi Nakamura, che cura anche i semplicistici ma espressivi disegni. Musiche cupe e ossessive, 10 minuti.

La follia non manca neppure a "Star Light Angel" di Kitazume: la protagonista scopre al luna park che il fidanzato (un clone di Char Aznable) la tradisce con la migliore amica, e allora che fa? Se ne va per conto suo per le giostre, salvo poi venire tirata su di morale da un automa che successivamente la porterà a volare in aria (?) dove affronteranno un malefico robottone sbucato da chissà dove (??). E' una storia su cui stendere un velo pietoso, meno male che i disegni definiti e saturi di Kitazume sono favolosi come sempre, la colonna sonora j-pop è orecchiabile e la durata non esagerata (9 minuti).

Il resto è da dimenticare in toto.
"Franken's Gear" è una rilettura del Prometeo moderno di 9 minuti che è anche troppo lunga. La OST spettrale ci accompagna nel laboratorio del castello di Franken, dove lo scienziato folle cerca di infondere la vita a un robot da lui stesso costruito. Dopo interminabili minuti in cui non succede niente, se non l'armeggiare all'infinito con i macchinari, riuscirà finalmente nel suo intento, e il "mostro", appena svegliato, inizierà a mimare tutte le pose del suo creatore salvo, nel finale... E' una storia grottesca semplicemente insignificante, tra le peggiori, e il suo finale non fa ridere. Di Koji Morimoto.

Pesante come un macigno e forse, proprio per questo, tra i più amati della critica, è "Cloud" di Mao Lamdo, storia di un ragazzino-cyborg (da molti accostato a Tetsuwan Atom) che inizia un solitario cammino per chissà dove, con sullo sfondo, ad accompagnare la sua marcia, immagini disegnate e animate a mano che ripercorrono, sembra, la storia dell'evoluzione umana. E' il più ambizioso tra i corti, fonte di chissà quante chiavi di lettura, ma mortalmente noioso: l'eroe cammina per 10 interminabili minuti sempre con la stessa animazione, disegnato in modo minimale dentro a un riquadro. Originale? Sicuramente. Artistico? Probabile. Emozionante? Ehm...

Il più brutto di tutti è "A Tale of Two Robots", secondo e ultimo episodio dialogato. Steampunk a piene mani in quest'era Meiji teatro di combattimenti tra giganteschi (e ridicoli) robottoni, e anche l'unico spiccatamente comico seppur con pessimi risultati. Disegnato in modo semplicistico e buffo da un acerbo (ma sempre piacevole) Yoshiyuki Sadamoto e scritto e diretto da Hiroyuki Kitakubo, è la storia della lotta in città tra uno schizzato scienziato americano (con tanto di pronuncia inglese orribile), alla guida del gigantesco automa e intenzionato a conquistare il Giappone, e del gruppo di amici che difende la città con un altro mecha. L'occasione di tediare lo spettatore con facce buffe è ovunque, ma come avrete immaginato leggendo non comunica assolutamente nulla risultando solo freddo. Altri 11 minuti autopunitivi.

L'apertura e chiusura del film, infine, sono affidate a Katsuhiro Otomo - ancora in attesa di entrare nella Storia con Akira, lo farà l'anno dopo - e il collaboratore Atsuko Fukushima, che in un primitivo mondo desertico muovono la gigantesca fortezza mobile che dà il titolo al film, la Robot Carnival, colosso metallico riempito di ogni genere di bambole meccaniche che, nella miglior tradizione, intrattengono spettatori e primitivi di quel mondo con un pirotecnico show di danze, fuochi d'artificio e distruzioni. Steampunk at his finest, e pur in assenza della benché minima trama il gioco regge a sufficienza.

"Robot Carnival" nonostante le (grosse) pecche rimane comunque un originalissimo esperimento. Non esprime il suo potenziale, ma le star coinvolte, i diversi artwork, la grande perizia tecnica e la maestosa OST di Hisaishi, che riversa tutte le caratteristiche sonorità eighties in otto variegate tracce che abbracciano ogni genere di tema, sono meriti intoccabili che valgono, decisamente, la visione. Noioso e mai veramente coinvolgente, grazie a questi elementi un perché ce l'ha e mi permetto ugualmente di consigliarlo per una piacevole estasi sensoriale.


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M3talD3v!lG3ar

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Il film Robot Carnival, del 1987, è composto da diversi cortometraggi incentrati, come si arguisce dal titolo, sul tema portante dei robot: vi è una vera e propria "sfilata" di automi, ognuno dei quali appartenente a una tipologia particolare di robot, ed avente un ruolo fondamentale nella storia d'appartenenza.
La rassegna si apre con una sigla animata, diretta da Katsuhiro Otomo, probabilmente il nome più illustre del cast, già allora. In questa introduzione un vero e proprio circo di androidi irrompe in una città con risultati divertenti e talvolta distruttivi, ma sempre spettacolari dal punto di vista dell'animazione; seguono storie come "Franken´s Gear", sorta di "Frankenstein" robotico che espone uno sguardo divertito sui limiti della scienza; "Starlight Angel" e "Deprive", in cui si suggerisce la possibilità di una relazione sentimentale tra un umano e un robot. Nel caso di "Presence", a mio parere il cortometraggio più bello e toccante della raccolta, viene invece esemplificato esattamente il contrario, vale a dire l´amore mancato tra uno scienziato e la sua creatura. Il titolo senza dubbio più appariscente, per quanto riguarda lo stile d'animazione, è "Cloud", ossia la storia di un piccolo robot solitario in viaggio, che, a passo stremato, "incede" su di uno sfondo costantemente mobile del mondo che lo circonda: letteralmente ammalianti sono i picchi di sperimentalismo raggiunto da questo gioiello, sia visivamente che musicalmente parlando. Completano la collana il divertente "A Tale of Two Robots" e l´alquanto arcano "Nightmare".

Ogni cortometraggio è affidato a un importante regista e, in quasi tutti, viene fatto uno scarsissimo uso dei dialoghi, preferendo puntare su ottime sequenze animate mute e, soprattutto, su grandissimi temi musicali. Il risultato è un piccolo compendio di grande animazione, che esplora i vari aspetti delle forme di vita artificiali e delle varie implicazioni emergenti dall'esistenza delle stesse.

Si tratta, in definitiva, di un´opera complessa, difficilmente digeribile oggigiorno, ma assolutamente degna di essere visionata. Lo spettacolo memorabile proposto da "Presence" e "Cloud", insieme alla colonna sonora e ai disegni complessivamente raffinati, bastano da soli a conferire a "Robot Carnival" una valutazione eccellente.


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daniel

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Quest'opera, formata da autori vari, (tra cui Otomo) trovo sia una piacevole compilation di storie a sfondo robotico.
"LA NUVOLA" è la storia che ho preferito in assoluto.
Sicuramente, come nel caso di Manie Manie, Memories e animatrix, questa compilation di corti potrebbe non essere apprezzata da tutti, anzi, penso che piacerà solo a coloro che, come il sottoscritto, amino le opere sperimentali e i lungometraggi formati da vari tipi di storie (in questo caso il tema predominante sono i robot).
Dal punto di vista tecnico, i disegni sono per la maggior parte piacevoli, variegati e nella media anche per oggi (non tutti pero!!), anche se allo stesso tempo risultano incostanti, causa appunto la varietà di registi e di animatori che vi hanno preso parte.
Invece le musiche le ho trovate d'atmosfera, anche se un po' anonime.
Sinceramente, se mai uscirà, consiglierei la visione a coloro che amano i lavori sperimentali.
NON PER TUTTI COMUNQUE.

The_Angel_Of_Light

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The_Angel_Of_Light

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Questo film, una sorta di "opera collettiva" di più registi coordinati da Otomo (quello di "Akira", per intenderci), ruota intorno al concetto di "robot", che tanta importanza ha avuto nella fantascienza e non.

Si susseguono vari episodi dal tipo, dall'ambientazione e dallo stile diverso : si va dall'orrorifico (Frankestein !), ad episodi puramente fantascientifici, ad uno delizioso in stile steam-punk (ovvero una sorta di fantascienza ambientata in era pre-elettronica), al quasi surrealismo dell'episodio "Cloud" (che ha anche alcune reminescenze di "Pinocchio").

Il livello medio delle varie sezioni è molto alto, sia come design / animazione (per gli anni '80, s'intende) sia come storia vera e propria, anche se gli episodi puramente "fantascientifici" hanno trame un pò troppo superficiali.

Come gusto personale, ho davvero apprezzato l'episodio finale, una sorta di rilettura (ovviamente in chiave "robotica") dell'episodio di "Fantasia" di Disney ispirato dal brano "Una notte sul monte Calvo" ed il comico / disastroso episodio steampunk, che vede due robottoni (uno giapponese ed uno americano) ante litteram combattere per l'onore delle rispettive nazioni e quasi radere al suolo una città giapponese.

In conclusione, il film è davvero godibile e ben fatto, per quanto niente affatto immediato in diversi episodi.
Se nel cinema d'animazione cercate originalità e contenuti "adulti" questo film fa decisamente per voi.

Ultimo commento sulla reperibilità : ad oggi (Giugno 2006) non è mai uscito in lingua italiana, ma si può trovare sottotitolato in inglese. Comunque, se anche lo trovaste solo in giapponese senza sottotitoli non sarebbe un problema gravissimo, visto che nella maggior parte degli episodi i protagonisti non parlano e c´è solo una (deliziosa) colonna sonora e gli effetti sonori di sfondo.

D.F.

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D.F.

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
"Mah!"

Che cos'è Robot Carnival? Mah, non è che l'abbia molto capito!

Diciamo che è un film composto da diverse parti realizzate da autori e con stili decisamente differenti (credo siano 6, ma non ricordo esattamente) con un tema unificante: i robot.

Sinceramente non voglio sprecare troppo tempo facendo un'analisi molto dettagliata perchè credo non ne valga la pena. Difatti, come già si evince dal voto, non mi è piaciuto molto.

In particolare alcune parti le ho trovate, seppur tecnicamente valide (considerando l'età!), decisamente banali (per esempio la parte con il robot bianco che si vede negli screenshot mi è sembrata avere un target esclusivamente per bambini).

L'ho visto con piacere (o quasi) e di sicuro, prima o poi, ne rivedrò almeno un pezzo (certamente quello in bianco e nero che si vede negli screen, molto sperimentale e "strano"), ma, pur meritando ampiamente la sufficienza, questo film non mi ha lasciato praticamente nulla.