Inari, Konkon, Koi Iroha.
La recensione contiene spoiler
Purtroppo pecca parecchio di regia, dal mio punto di vista ci sono troppi silenzi inutili o conversazioni messe un po' a casaccio, abbinate a qualche buco di trama abbastanza fondamentale: come mai prima Inari vedeva la dea semplicemente per il fatto che la ragazza era affezionata al luogo dove viveva la dea stessa, e invece dal momento in cui le viene sottratto il pezzo di "divinità" che le era stato donato, all'improvviso non la vede più? Sembra che si siano dimenticati il motivo fondante per cui Inari aveva visto la dea in primo luogo. Errore banale, a meno che mi sia sfuggito qualcosa...
Comunque al di là di qualche pecca qua e là, i personaggi sono perlopiù simpatici:
Inari è di base il solito fiocco di neve (pura con tanti sentimenti buoni, etc...) ma ogni tanto ha dei momenti in cui sbotta ed è piuttosto simpatica quindi tutto sommato non è troppo stereotipata.
La dea invece sembra la classica entità perfetta, fino a quando non si scopre che ha una passione per i dating sim e robe simili, dando un lato più simpatico anche a lei.
Su queste due e sul gruppetto di amiche di Inari ruoteranno un po' tutte le vicende che, sintetizzando, vanno dalla nascita della strana amicizia fra la ragazza e la dea e sfociano in tante altre side-story dove ci sono i soliti amore e sentimenti a go-go.
Nulla di memorabile, ci sono anime molto più profondi e sviluppati molto meglio ma il "cast" di personaggi non è male e per la maggior parte hanno molti comportamenti plausibili, perlomeno molti più rispetto alla media dei personaggi negli anime di questo genere.
Alla fine qualche sorriso lo strappa, quindi se si cerca qualcosa di "easy" potrebbe essere la scelta giusta per voi.
Anime che si avvicina molto alla storia di "Hime chan no ribbon", ovviamente 20 anni dopo le animazioni, le ambientazioni e gli stili sono piacevolmente moderni e quindi più attraenti (nulla da togliere al vecchio anime, che comunque negli anni '90 ha dato il suo contributo).
Diciamocela tutta è sempre stato il desiderio di ognuno poter essere per qualche ora o perché no per qualche giorno qualcun altro: il nostro idolo, attore, cantante o vip chi esso sia o addirittura il ragazzo/a più amato, il benvoluto, il più bravo della classe, colui che ha sempre avuto successo con le donne, con i professori o a lavoro.
Beh quest'anime ci permette di comprendere che forse coloro i quali riteniamo inavvicinabili, perché troppo belli o soltanto perché hanno "tutto" non sono poi così insuperabili o infallibili. Forse anche loro hanno le proprie debolezze, paure e incertezze e chissà che non desidererebbero anche essi stessi essere nei panni di qualcun altro ... diciamo "normale".
Inoltre un dettaglio che mi ha colpito è stato il tema religioso affrontato.
Rispetto ad "Hime chan" che lo poneva come semplice scambio di poteri tra maghette, "Inari konkon" inserisce il tema della divinità (il regno dei cieli - come lo definisce l'autore), da sfondo c'è sempre il tempio e tutto si svolge quasi sempre lì.
E' bello il rapporto che si viene a creare tra le due protagoniste, la protezione della dea nei confronti della piccola umana, il sentimento di amicizia che si instaura tra loro, il sacrificio finale, mi piace come è stato affrontato l'aspetto spirituale della storia, in maniera anche leggera.
Molto carino e poi non molto lungo che non guasta mai
Diciamocela tutta è sempre stato il desiderio di ognuno poter essere per qualche ora o perché no per qualche giorno qualcun altro: il nostro idolo, attore, cantante o vip chi esso sia o addirittura il ragazzo/a più amato, il benvoluto, il più bravo della classe, colui che ha sempre avuto successo con le donne, con i professori o a lavoro.
Beh quest'anime ci permette di comprendere che forse coloro i quali riteniamo inavvicinabili, perché troppo belli o soltanto perché hanno "tutto" non sono poi così insuperabili o infallibili. Forse anche loro hanno le proprie debolezze, paure e incertezze e chissà che non desidererebbero anche essi stessi essere nei panni di qualcun altro ... diciamo "normale".
Inoltre un dettaglio che mi ha colpito è stato il tema religioso affrontato.
Rispetto ad "Hime chan" che lo poneva come semplice scambio di poteri tra maghette, "Inari konkon" inserisce il tema della divinità (il regno dei cieli - come lo definisce l'autore), da sfondo c'è sempre il tempio e tutto si svolge quasi sempre lì.
E' bello il rapporto che si viene a creare tra le due protagoniste, la protezione della dea nei confronti della piccola umana, il sentimento di amicizia che si instaura tra loro, il sacrificio finale, mi piace come è stato affrontato l'aspetto spirituale della storia, in maniera anche leggera.
Molto carino e poi non molto lungo che non guasta mai
"Inari, Konkon, Koi Iroha" è una serie della stagione invernale 2014, composta da dieci episodi di durata canonica e tratta dall'omonimo manga di Morohe Yoshida.
Inari Fushimi è una giovane ragazza follemente innamorata di un suo compagno di classe. Un giorno, recandosi presso il tempio situato vicino a casa sua, Inari salva una piccola volpe dalle acque del fiume. Per ringraziarla, Uka, la divinità protettrice del tempio, decide di affidarle una parte del suo potere divino, grazie al quale Inari potrà trasformarsi a suo piacimento ed assumere la forma di qualunque altra persona. Utilizzare tale potere comporta tuttavia dei rischi e, come Uka, anche le altre divinità ne sono ovviamente a conoscenza.
Una storia semplice, lineare e tutt'altro che pretenziosa. "Inari, Konkon, Koi Iroha" si presenta come una serie leggera e spensierata, ricolma di dolcezza e di buoni propositi. La trama si sviluppa bene, proponendo nel poco tempo a disposizione una buona quantità di personaggi molto simpatici, anche se caratterialmente non distanti dai classici stereotipi del genere. Il principale difetto attribuibile all'opera è sicuramente la sua eccessiva brevità: dieci puntate sono troppo poche perché la narrazione si sviluppi con i tempi giusti e, come prevedibile, la parte finale risulta un po' frettolosa e meno curata.
Tecnicamente un lavoro eccelso. Graficamente troviamo un ottimo design dei personaggi, delle ambientazioni varie, colorate e suggestive; le animazioni sono molto fluide e i fondali ben dettagliati. Il comparto sonoro propone in primis un ottimo doppiaggio e, a seguire, delle OST adeguate, dolci e melodiose. Opening e endig incarnano perfettamente lo spirito della serie e si rivelano essere molto gradevoli. Il ritmo è sempre veloce e la narrazione lineare, ad esclusione di qualche breve flashback piazzato qua e là ogni tanto. Il manga dal quale è tratta l'opera è ancora in corso in patria, motivo per il quale ci si è dovuti accontentare di un finale un po' sottotono; molte questioni sono rimaste in sospeso e bisogna sperare in una seconda stagione, anche se non vedo grosse possibilità.
In conclusione, se siete alla ricerca di una serie leggera e poco impegnativa, curata graficamente e dai toni dolci e spensierati, "Inari, Konkon, Koi Iroha" è quella che fa per voi. Opera consigliata anche a coloro che amano la cultura tradizionale giapponese, in particolare templi, divinità, leggende e quanto di più misticheggiante si possa immaginare.
Inari Fushimi è una giovane ragazza follemente innamorata di un suo compagno di classe. Un giorno, recandosi presso il tempio situato vicino a casa sua, Inari salva una piccola volpe dalle acque del fiume. Per ringraziarla, Uka, la divinità protettrice del tempio, decide di affidarle una parte del suo potere divino, grazie al quale Inari potrà trasformarsi a suo piacimento ed assumere la forma di qualunque altra persona. Utilizzare tale potere comporta tuttavia dei rischi e, come Uka, anche le altre divinità ne sono ovviamente a conoscenza.
Una storia semplice, lineare e tutt'altro che pretenziosa. "Inari, Konkon, Koi Iroha" si presenta come una serie leggera e spensierata, ricolma di dolcezza e di buoni propositi. La trama si sviluppa bene, proponendo nel poco tempo a disposizione una buona quantità di personaggi molto simpatici, anche se caratterialmente non distanti dai classici stereotipi del genere. Il principale difetto attribuibile all'opera è sicuramente la sua eccessiva brevità: dieci puntate sono troppo poche perché la narrazione si sviluppi con i tempi giusti e, come prevedibile, la parte finale risulta un po' frettolosa e meno curata.
Tecnicamente un lavoro eccelso. Graficamente troviamo un ottimo design dei personaggi, delle ambientazioni varie, colorate e suggestive; le animazioni sono molto fluide e i fondali ben dettagliati. Il comparto sonoro propone in primis un ottimo doppiaggio e, a seguire, delle OST adeguate, dolci e melodiose. Opening e endig incarnano perfettamente lo spirito della serie e si rivelano essere molto gradevoli. Il ritmo è sempre veloce e la narrazione lineare, ad esclusione di qualche breve flashback piazzato qua e là ogni tanto. Il manga dal quale è tratta l'opera è ancora in corso in patria, motivo per il quale ci si è dovuti accontentare di un finale un po' sottotono; molte questioni sono rimaste in sospeso e bisogna sperare in una seconda stagione, anche se non vedo grosse possibilità.
In conclusione, se siete alla ricerca di una serie leggera e poco impegnativa, curata graficamente e dai toni dolci e spensierati, "Inari, Konkon, Koi Iroha" è quella che fa per voi. Opera consigliata anche a coloro che amano la cultura tradizionale giapponese, in particolare templi, divinità, leggende e quanto di più misticheggiante si possa immaginare.
Non è semplicissimo recensire "Inari, Konkon, Koi Iroha". Perché non è un anime propriamente brutto, più che altro è un anime eccessivamente semplice e banale, così tanto da non poter proprio puntare a più che una sufficienza scarsa.
Mi spiego meglio: non è brutto, anzi è bellino e tenero in alcune parti, ma in generale è una storia troppo, troppo semplice. Dalla prima all'ultima puntata non ha mai suscitato il mio interesse, anzi se non fossero stati solo dieci episodi lo avrei proprio droppato.
La trama è simile a "Kamisama Kiss", una ragazza delle medie acquisisce dei poteri divini un po' a caso, e ovviamente a causa di ciò la sua vita cambia. Solo che in questo caso invece di concentrare la trama sul rapporto tra la protagonista ed il suo servitore come in Kamisama, qui si concentra sul rapporto tra Inari, la protagonista del titolo, e la dea che glieli ha concessi, Uka.
Questo incipit poi sarà solo il via per farci vedere i problemi ai quali può incorrere una qualsiasi ragazza di quattordici-quindici anni. Ed è proprio qui il problema. Sono cose troppo, troppo normali. Cioè non vale manco la pena di raccontarle, sono troppo banali secondo me per suscitare il mio interesse.
I personaggi non hanno né pregi né colpe. Non sono fastidiosi, ma nemmeno interessanti. Insomma sono lì e fanno le loro cose.
Il maggior pregio del titolo è il comparto tecnico. Belle le animazioni, graziosi disegno e colori e molto azzeccate le musiche. Da questo punto di vista è davvero godibile.
Per concludere, lo consiglio? Non saprei, penso di no, è davvero troppo lento e poco coinvolgente, l'ho finito per inerzia e non per vera e propria passione, ma forse se avete tanta pazienza e volete rilassarvi potrebbe anche avere senso guardarlo.
Mi spiego meglio: non è brutto, anzi è bellino e tenero in alcune parti, ma in generale è una storia troppo, troppo semplice. Dalla prima all'ultima puntata non ha mai suscitato il mio interesse, anzi se non fossero stati solo dieci episodi lo avrei proprio droppato.
La trama è simile a "Kamisama Kiss", una ragazza delle medie acquisisce dei poteri divini un po' a caso, e ovviamente a causa di ciò la sua vita cambia. Solo che in questo caso invece di concentrare la trama sul rapporto tra la protagonista ed il suo servitore come in Kamisama, qui si concentra sul rapporto tra Inari, la protagonista del titolo, e la dea che glieli ha concessi, Uka.
Questo incipit poi sarà solo il via per farci vedere i problemi ai quali può incorrere una qualsiasi ragazza di quattordici-quindici anni. Ed è proprio qui il problema. Sono cose troppo, troppo normali. Cioè non vale manco la pena di raccontarle, sono troppo banali secondo me per suscitare il mio interesse.
I personaggi non hanno né pregi né colpe. Non sono fastidiosi, ma nemmeno interessanti. Insomma sono lì e fanno le loro cose.
Il maggior pregio del titolo è il comparto tecnico. Belle le animazioni, graziosi disegno e colori e molto azzeccate le musiche. Da questo punto di vista è davvero godibile.
Per concludere, lo consiglio? Non saprei, penso di no, è davvero troppo lento e poco coinvolgente, l'ho finito per inerzia e non per vera e propria passione, ma forse se avete tanta pazienza e volete rilassarvi potrebbe anche avere senso guardarlo.
"Inari, Konkon, Koi Iroha" è un anime composto da sole 10 puntate, uscito nel 2014.
Bene, una volta fatta questa stringata e, lo ammetto, alquanto deludente "tessera d'identità" del suddetto anime, non mi rimane che aggiungere tutto il resto…e cioè che si tratta di una commedia sentimentale, ambientata in ambito scolastico, in cui sono presenti forti elementi soprannaturali. Insomma, un coacervo di generi che, se mal accostati, può portare solamente scompiglio e confusione.
Per quanto mi riguarda, credo proprio che "Inari, Konkon, Koi Iroha" riesca invece a mantenere sempre un certo spirito di semplicità, leggerezza e allegria, capace così di mescolare nel migliore dei modi tutta la sfilza di qualità sopra citate.
Tutto incomincia con Inari, una ragazzina timida, ma piena di vita ed energia, follemente innamorata di Tanbabashi, un suo compagno di classe. Durante l'ora di educazione fisica, però, Inari provoca, inavvertitamente, un imbarazzante episodio, in cui, di fatto, cala i pantaloni del povero ragazzo, mettendolo così in ridicolo davanti a tutta la classe.
La sua vita sentimentale sembra rovinata, fallita, da buttare. Tanbabashi non le rivolge più la parola e, per aggravare le cose, Inari, finalmente decisasi a scusarsi con il giovane amore, vede Sumizome consegnare una misteriosa lettera (d'amore?) proprio a Tanbabashi che, dall'espressione, sembra tutt'altro che triste.
Insomma, le cose si fanno alquanto dolore e il povero cuore di Inari non riesce a reggere la pressione, tabto che, delusa e sconsolata, si dirige al tempio Inari (il nome è lo stesso di quello della protagonista), dove incontra la divinità lì risiedente: Uka, una Dea dalle belle fattezze e dai capelli color perla.
Quest'ultima, per ringraziare la fanciulla di aver salvato una sua volpe, decide di concedergli un desiderio, un'unica possibilità per poter cambiare così la sua vita. E Inari cosa sceglie? Semplice, chiede di essere trasformata in Sumizome.
Sembra sciocco chiarire che, da questa decisione azzardata, ne conseguiranno conseguenze tutt'altro che tranquille che, nel bene e nel male, cambieranno la vita di Inari.
La trama segue un corso chiaro e preciso, anche se alcuni sviluppi riusciranno comunque a sorprendere. Non ci saranno fatidici colpi di scena o capovolgimenti inaspettati, anche perché, di fatto, si tratta di una commedia sentimentale. Si potrà invece osservare il lento processo di crescita della giovane protagonista e dei vari personaggi che l'accompagneranno nel corso di questa avventura.
Inari è allegra, solare e piena di vita, ma non per questa priva di un animo profondo e per nulla banale. Stesso discorso per Uka che, isolata nel suo santuario, potrà essere vista solamente da Inari e, insolitamente, anche dal fratello di quest'ultima: Touka.
E proprio qui volevo arrivare, perché, ahimè, Il "fattore Touka" costituisce una piccola delusione per il sottoscritto. Se la storia d'amore tra Inari e Tanbabashi, seppur bella, risulta alquanto scontata, molto più intrigante è il possibile legame tra Uka e Touka. I due s'incontrano e, almeno inizialmente, il ragazzo sembra provare astio nei confronti della divinità. Tuttavia incominceranno a incontrarsi e a conoscersi meglio, trasformando così il loro rapporto.
Uka mostra chiaramente i sintomi dell'innamoramento e anche Touka manifesta un certo affetto verso la ragazza. Eppure , nonostante queste ottime premesse, il loro amore non fiorirà, o meglio, non ha il tempo di fiorire, visto forse l'eccessiva brevità della serie.
Tralasciando tuttavia questi dettagli, non si può comunque considerare "Inari, Konkon, Koi Iroha" una semplice commedia volta al mero divertimento, visto che, nel corso della stagione, verrando analizzati molto bene i legami tra i vari personaggi, evidenziando così i problemi nel creare una nuova amicizia, la timidezza verso la persona amata o, in alcuni casi, la scoperta di nuovi sentimenti…prima assenti.
La Grafica è buona, anche se il mio giudizio rimane ancora in bilico per quanto riguarda la "tecnica a pastello" utilizzata nel corso della serie. I colori sono vivaci e limpidi, accentuando così lo spirito di commedia dell'anime.
Belle le musiche, abbastanza nella norma, e buono il doppiaggio.
Come già detto l'anime dovrà fare i conti con il problema del numero di episodi che, inevitabilmente, porterà ad una leggera accelerazione verso la fine.
Proprio della fine vorrei parlarvi, così da poter concludere (manco a farlo apposta) questa mia recensione: il finale è piuttosto ambiguo, in quanto lascia un leggero sapore agrodolce in bocca. Sinceramente non ho ancora ben capito se si tratta di una vera e propria fine (spero di no, visto che sono rimaste in sospeso alcune cosucce) oppure di un vago arrivederci, sperando poi di poter concludere il tutto con una seconda stagione.
Boh…non lo so. Eppure sono comunque certo che, nonostante questo malinconico mezzo-addio, "Inari, Konkon, Koi Iroha" sia comunque un buon anime, degno di essere visto e apprezzato.
Voto finale: 7
Bene, una volta fatta questa stringata e, lo ammetto, alquanto deludente "tessera d'identità" del suddetto anime, non mi rimane che aggiungere tutto il resto…e cioè che si tratta di una commedia sentimentale, ambientata in ambito scolastico, in cui sono presenti forti elementi soprannaturali. Insomma, un coacervo di generi che, se mal accostati, può portare solamente scompiglio e confusione.
Per quanto mi riguarda, credo proprio che "Inari, Konkon, Koi Iroha" riesca invece a mantenere sempre un certo spirito di semplicità, leggerezza e allegria, capace così di mescolare nel migliore dei modi tutta la sfilza di qualità sopra citate.
Tutto incomincia con Inari, una ragazzina timida, ma piena di vita ed energia, follemente innamorata di Tanbabashi, un suo compagno di classe. Durante l'ora di educazione fisica, però, Inari provoca, inavvertitamente, un imbarazzante episodio, in cui, di fatto, cala i pantaloni del povero ragazzo, mettendolo così in ridicolo davanti a tutta la classe.
La sua vita sentimentale sembra rovinata, fallita, da buttare. Tanbabashi non le rivolge più la parola e, per aggravare le cose, Inari, finalmente decisasi a scusarsi con il giovane amore, vede Sumizome consegnare una misteriosa lettera (d'amore?) proprio a Tanbabashi che, dall'espressione, sembra tutt'altro che triste.
Insomma, le cose si fanno alquanto dolore e il povero cuore di Inari non riesce a reggere la pressione, tabto che, delusa e sconsolata, si dirige al tempio Inari (il nome è lo stesso di quello della protagonista), dove incontra la divinità lì risiedente: Uka, una Dea dalle belle fattezze e dai capelli color perla.
Quest'ultima, per ringraziare la fanciulla di aver salvato una sua volpe, decide di concedergli un desiderio, un'unica possibilità per poter cambiare così la sua vita. E Inari cosa sceglie? Semplice, chiede di essere trasformata in Sumizome.
Sembra sciocco chiarire che, da questa decisione azzardata, ne conseguiranno conseguenze tutt'altro che tranquille che, nel bene e nel male, cambieranno la vita di Inari.
La trama segue un corso chiaro e preciso, anche se alcuni sviluppi riusciranno comunque a sorprendere. Non ci saranno fatidici colpi di scena o capovolgimenti inaspettati, anche perché, di fatto, si tratta di una commedia sentimentale. Si potrà invece osservare il lento processo di crescita della giovane protagonista e dei vari personaggi che l'accompagneranno nel corso di questa avventura.
Inari è allegra, solare e piena di vita, ma non per questa priva di un animo profondo e per nulla banale. Stesso discorso per Uka che, isolata nel suo santuario, potrà essere vista solamente da Inari e, insolitamente, anche dal fratello di quest'ultima: Touka.
E proprio qui volevo arrivare, perché, ahimè, Il "fattore Touka" costituisce una piccola delusione per il sottoscritto. Se la storia d'amore tra Inari e Tanbabashi, seppur bella, risulta alquanto scontata, molto più intrigante è il possibile legame tra Uka e Touka. I due s'incontrano e, almeno inizialmente, il ragazzo sembra provare astio nei confronti della divinità. Tuttavia incominceranno a incontrarsi e a conoscersi meglio, trasformando così il loro rapporto.
Uka mostra chiaramente i sintomi dell'innamoramento e anche Touka manifesta un certo affetto verso la ragazza. Eppure , nonostante queste ottime premesse, il loro amore non fiorirà, o meglio, non ha il tempo di fiorire, visto forse l'eccessiva brevità della serie.
Tralasciando tuttavia questi dettagli, non si può comunque considerare "Inari, Konkon, Koi Iroha" una semplice commedia volta al mero divertimento, visto che, nel corso della stagione, verrando analizzati molto bene i legami tra i vari personaggi, evidenziando così i problemi nel creare una nuova amicizia, la timidezza verso la persona amata o, in alcuni casi, la scoperta di nuovi sentimenti…prima assenti.
La Grafica è buona, anche se il mio giudizio rimane ancora in bilico per quanto riguarda la "tecnica a pastello" utilizzata nel corso della serie. I colori sono vivaci e limpidi, accentuando così lo spirito di commedia dell'anime.
Belle le musiche, abbastanza nella norma, e buono il doppiaggio.
Come già detto l'anime dovrà fare i conti con il problema del numero di episodi che, inevitabilmente, porterà ad una leggera accelerazione verso la fine.
Proprio della fine vorrei parlarvi, così da poter concludere (manco a farlo apposta) questa mia recensione: il finale è piuttosto ambiguo, in quanto lascia un leggero sapore agrodolce in bocca. Sinceramente non ho ancora ben capito se si tratta di una vera e propria fine (spero di no, visto che sono rimaste in sospeso alcune cosucce) oppure di un vago arrivederci, sperando poi di poter concludere il tutto con una seconda stagione.
Boh…non lo so. Eppure sono comunque certo che, nonostante questo malinconico mezzo-addio, "Inari, Konkon, Koi Iroha" sia comunque un buon anime, degno di essere visto e apprezzato.
Voto finale: 7
Il grande amore per i templi e per le divinità locali ha da sempre avuto grandissimo spazio all'interno di manga ed anime e questo Inari, Konkon, Koi Iroha può essere considerato solo come l'ultimo esempio di questa lunga tradizione. Da buon occidentale non sono mai riuscito ad apprezzare pienamente questi titoli in quanto, se si esclude la grande ammirazione verso la bellezza architettonica dei templi, non trovo molto appassionanti le storie sui miti e sul folclore religioso nipponico. Premesso questo, devo però dire che questo anime in fondo non mi è affatto dispiaciuto poichè, nato senza troppe pretese, si dimostra sufficientemente leggero e adattissimo per chi cerca qualche ora di puro svago senza troppi pensieri.
Inari, Konkon, Koi Iroha adotta un inedito formato basato su solo dieci episodi invece dei canonici dodici. La trama racconta le vicende di Fushimi Inari una studentessa allegra e molto goffa allo stesso tempo, innamoratissima di Tanbabashi un suo compagno di classe. A seguito di un incidente in cui la ragazza mette il suo innamorato in grande imbarazzo, Inari chiede ad Uka, una divinità locale, di trasformarla in Sumizome, una sua compagna di classe che le appare perfetta in ogni suo aspetto. La dea decide di accontentarla ma subito Inari si rende conto dell'errore commesso e chiede alla dea di revocare il suo desiderio; l'unico modo per farlo, però, è quello di trasferire una parte del potere della dea in Inari che così ottiene il potere di trasformarsi in chiunque voglia. Ogni volta che Inari usa il suo potere, però, indebolisce la divinità e la bella Uka alla lunga rischierà di scomparire.
Inari, Konkon, Koi Iroha è uno slice of life che strizza l'occhio al genere majokko. I personaggi sono piuttosto semplici e ordinari; le loro avventure si seguono volentieri per tutti e dieci gli episodi per poi dimenticarsi della loro esistenza nel giro di dieci minuti dal termine dell'ultima puntata. Allo stesso modo le vicende in cui questi vengono coinvolti sono quelli classici delle commedie scolastiche, con qualche punta di grande interesse qua e là ma anche molti momenti in cui a regnare è la noia.
Il livello grafico è nella media e non c'è granchè da segnalare per quanto riguarda il comparto audio.
Insomma in questo Inari, Konkon, Koi Iroha un pò tutto è nella media: storia, personaggi, grafica ed audio. Ed è questo un motivo valido per assegnare all'intero anime la sufficienza: si tratta di un prodotto che si lascerà guardare con grande piacevolezza ma che lascerà poco o niente nell'immaginario dello spettatore.
Inari, Konkon, Koi Iroha adotta un inedito formato basato su solo dieci episodi invece dei canonici dodici. La trama racconta le vicende di Fushimi Inari una studentessa allegra e molto goffa allo stesso tempo, innamoratissima di Tanbabashi un suo compagno di classe. A seguito di un incidente in cui la ragazza mette il suo innamorato in grande imbarazzo, Inari chiede ad Uka, una divinità locale, di trasformarla in Sumizome, una sua compagna di classe che le appare perfetta in ogni suo aspetto. La dea decide di accontentarla ma subito Inari si rende conto dell'errore commesso e chiede alla dea di revocare il suo desiderio; l'unico modo per farlo, però, è quello di trasferire una parte del potere della dea in Inari che così ottiene il potere di trasformarsi in chiunque voglia. Ogni volta che Inari usa il suo potere, però, indebolisce la divinità e la bella Uka alla lunga rischierà di scomparire.
Inari, Konkon, Koi Iroha è uno slice of life che strizza l'occhio al genere majokko. I personaggi sono piuttosto semplici e ordinari; le loro avventure si seguono volentieri per tutti e dieci gli episodi per poi dimenticarsi della loro esistenza nel giro di dieci minuti dal termine dell'ultima puntata. Allo stesso modo le vicende in cui questi vengono coinvolti sono quelli classici delle commedie scolastiche, con qualche punta di grande interesse qua e là ma anche molti momenti in cui a regnare è la noia.
Il livello grafico è nella media e non c'è granchè da segnalare per quanto riguarda il comparto audio.
Insomma in questo Inari, Konkon, Koi Iroha un pò tutto è nella media: storia, personaggi, grafica ed audio. Ed è questo un motivo valido per assegnare all'intero anime la sufficienza: si tratta di un prodotto che si lascerà guardare con grande piacevolezza ma che lascerà poco o niente nell'immaginario dello spettatore.
"Inari, konkon, koi iroha" è una serie anime andata in onda nel 2014 composta di 10 episodi, è una piccola serie anime che riesce a far sorridere.
La storia risulta essere semplice, senza troppi preamboli o situazioni particolari che non permettono di confondersi o di essere depistati, tutto è chiaro e semplice fin dall'inizio. Inari è un' adolescente, imbranata e impacciata, si innamora di un suo compagno, che è uno dei ragazzi più carini della scuola. Un giorno però lo umilia pubblicamente nell'ora di ginnastica e dal giorno non riesce più a parlargli. Inari mentre attraversa il complesso templare vicino a casa sua, salva dall'annegamento una delle volpi spirituali, appartenenti alla dea Uka, che è la divinità del tempio, in cui, si rifugia sempre ogni qual volta ha un problema. Uka che è profondamente affezionata a Inari, per ringraziarla gli dona l'avverarsi di un suo desiderio. Inari senza nemmeno pensarci chiede di potersi trasformare nella più carina della scuola. Decisione questa che risulterà sbagliata per lei, al punto che la stessa divinità deciderà poi di donarle parte dei suoi poteri, i quali prevedono di potersi trasformare in chiunque lei desideri. Questo potere però non sempre si rivelerà utile ad Inari e comporterà molti sacrifici anche per la stessa divinità. Chiaro che da questo momento in poi ci saranno tutta una serie di situazioni che saranno utili ad far divertire il telespettatore.
La caratterizzazione data ai personaggi è un po banale ma questo non permette che gli stessi siano noiosi. Infatti sia la protagonista che tutti i personaggi di contorno si lasciano capire molto facilmente e saranno coinvolti in situazioni in cui la loro caratterizzazione così semplice permetterà invece di arrivare ad ottenere circostanze inaspettate e comiche. Punto di forza della serie è proprio l'aspetto fisico che viene dato ai personaggi che rispecchiano in qualche modo anche il loro carattere. Inari ad esempio è una ragazza imbranata e sbadata e fisicamente ha un aspetto normale, al punto che sembra essere ancora una bambina rispetto alle sue coetanee. Anche i personaggi di contorno sono molto particolari, le amiche di Inari sono diverse, e si va dalla spilungona un po maschiaccio, alla otaku paffutella e più in forma. Non ci sono molti fisici formosi e scultorei, a eccezione per la bellissima dea Uka, ma credo che gli abbino donato proprio quel fisico perfetto, in funzione del fatto di essere una divinità.
Graficamente è ricco di bellissimi sfondi e ho gradito il modo particolare il modo in cui sono stati rappresentate alcune divinità, in quanto non tutte erano di fattezza umana. Bellissimi i disegni del complesso templare. Per quel che riguarda il sonoro sia l' opening che l'ending erano abbastanza orecchiabili.
"Inari, konkon, koi iroha", permette un po di sbirciare nella cultura orientale, e mostra parte della tradizione e del folklore. Così anche il viaggio verso la piana celeste risulta affascinante, soprattutto per un occidentale.
In generale è un'anime adatto a un pubblico di età adolescenziale, divertente e in alcuni punti anche comico, il romanticismo gli fa da padrona ma vi sono anche ulteriori sentimenti, come l'amicizia e la famiglia. Per tutta la serie pervade quella sensazione di misticità e credenze popolari che ho particolarmente gradito. Nota dolente è che alcune puntate sono state auto-conclusive dando l'impressione che fossero state messe per aumentarne il numero, inoltre non mi è piaciuto il finale. Malgrado tutto ciò, gli il mio parere è sulla sufficienza, ma non oltre, perché un volta concluso non regala nulla e non accenna nemmeno a riflessioni proprie.
La storia risulta essere semplice, senza troppi preamboli o situazioni particolari che non permettono di confondersi o di essere depistati, tutto è chiaro e semplice fin dall'inizio. Inari è un' adolescente, imbranata e impacciata, si innamora di un suo compagno, che è uno dei ragazzi più carini della scuola. Un giorno però lo umilia pubblicamente nell'ora di ginnastica e dal giorno non riesce più a parlargli. Inari mentre attraversa il complesso templare vicino a casa sua, salva dall'annegamento una delle volpi spirituali, appartenenti alla dea Uka, che è la divinità del tempio, in cui, si rifugia sempre ogni qual volta ha un problema. Uka che è profondamente affezionata a Inari, per ringraziarla gli dona l'avverarsi di un suo desiderio. Inari senza nemmeno pensarci chiede di potersi trasformare nella più carina della scuola. Decisione questa che risulterà sbagliata per lei, al punto che la stessa divinità deciderà poi di donarle parte dei suoi poteri, i quali prevedono di potersi trasformare in chiunque lei desideri. Questo potere però non sempre si rivelerà utile ad Inari e comporterà molti sacrifici anche per la stessa divinità. Chiaro che da questo momento in poi ci saranno tutta una serie di situazioni che saranno utili ad far divertire il telespettatore.
La caratterizzazione data ai personaggi è un po banale ma questo non permette che gli stessi siano noiosi. Infatti sia la protagonista che tutti i personaggi di contorno si lasciano capire molto facilmente e saranno coinvolti in situazioni in cui la loro caratterizzazione così semplice permetterà invece di arrivare ad ottenere circostanze inaspettate e comiche. Punto di forza della serie è proprio l'aspetto fisico che viene dato ai personaggi che rispecchiano in qualche modo anche il loro carattere. Inari ad esempio è una ragazza imbranata e sbadata e fisicamente ha un aspetto normale, al punto che sembra essere ancora una bambina rispetto alle sue coetanee. Anche i personaggi di contorno sono molto particolari, le amiche di Inari sono diverse, e si va dalla spilungona un po maschiaccio, alla otaku paffutella e più in forma. Non ci sono molti fisici formosi e scultorei, a eccezione per la bellissima dea Uka, ma credo che gli abbino donato proprio quel fisico perfetto, in funzione del fatto di essere una divinità.
Graficamente è ricco di bellissimi sfondi e ho gradito il modo particolare il modo in cui sono stati rappresentate alcune divinità, in quanto non tutte erano di fattezza umana. Bellissimi i disegni del complesso templare. Per quel che riguarda il sonoro sia l' opening che l'ending erano abbastanza orecchiabili.
"Inari, konkon, koi iroha", permette un po di sbirciare nella cultura orientale, e mostra parte della tradizione e del folklore. Così anche il viaggio verso la piana celeste risulta affascinante, soprattutto per un occidentale.
In generale è un'anime adatto a un pubblico di età adolescenziale, divertente e in alcuni punti anche comico, il romanticismo gli fa da padrona ma vi sono anche ulteriori sentimenti, come l'amicizia e la famiglia. Per tutta la serie pervade quella sensazione di misticità e credenze popolari che ho particolarmente gradito. Nota dolente è che alcune puntate sono state auto-conclusive dando l'impressione che fossero state messe per aumentarne il numero, inoltre non mi è piaciuto il finale. Malgrado tutto ciò, gli il mio parere è sulla sufficienza, ma non oltre, perché un volta concluso non regala nulla e non accenna nemmeno a riflessioni proprie.
Questa è una delle tante serie che ci troviamo davanti quasi casualmente e anche se non hanno grandi pretese riescono comunque ad intrattenerci ed è per questo che sono chiamati da molti "piccoli capolavori", perché riescono a farsi apprezzare con poco,e questo è il caso di Inari, Konkon, Koi Iroha, serie della stagione invernale 2014 composta da 10 episodi. In questa recensione non mi dilungherò più di tanto perché questa serie presenta dei fattori abbastanza comuni ma usati con molta maestria, e questo lo possiamo già vedere nella trama:
La protagonista di questa piccola opera è Inari, una ragazza che abita nelle vicinanze di un santuario al quale si reca quotidianamente prima di andare a scuola. Questa ragazza sta avendo la sua prima cotta per un compagno di classe, Kouji, ma sembrerebbe che a questo ragazzo piaccia una ragazza molto più bella di lei. La sera, la povera Inari piange per il suo amore che a quanto pare non è ricambiato, e viene ascoltata dalla divinità del santuario la quale una delle sue volpi era stata salvata proprio dalla nostra protagonista, perciò la fa condurre da lei e decide di esaudire un suo desiderio, Inari decide di volersi trasformare nella ragazza che invidia. Questa scelta si presenterà subito sbagliata e allora la divinità decide di dare a Inari una parte del suo potere con la quale può trasformarsi nella persona che vuole, e la storia si sviluppa tutta intorno a questo suo nuovo potere.
Il grande dono concesso a Inari può sembrare un lusso davvero "divino" e sicuramente utile per molte occasioni, ma con questo potere tra le mani potrà andare tutto liscio ? Probabilmente penserete di no, anche perché molti di voi avranno già sentito storie come queste, ovvero dove una divinità si presenta ad un umano e le concede un aiuto per qualche suo buon gesto. Da qui si deduce che la trama sia abbastanza banale, ma questo aspetto viene subito messo in secondo piano, perché le avventure qua presenti saranno un buon intrattenimento per quei minuti che dedicheremo a questa serie e quei piccoli tocchi originali sapranno farci apprezzare questa serie che di sicuro è una delle poche che si salva della stagione invernale 2014 che scarseggia di serie discrete come questa.
I disegni e le animazioni sono abbastanza piacevoli e tutti i personaggi sono simpatici già alla sola vista e anche dal punto di vista del sonoro siamo sulla piena sufficienza, e questi sono aspetti da tenere bene in considerazione quando si va a fare una serie che non punta molto sull'originalità della storia.
Anche il finale sarà nella regola e sarà facilmente prevedibile seguendo l'andamento della storia nella quale i problemi dati dalle continue trasformazioni di Inari si faranno sentire e avranno ripercussioni assolutamente non indifferenti.
Insomma, "Inari, Konkon, Koi Iroha" è una buona serie che consiglio a tutti perché è leggera e saprà tenervi attaccati allo schermo con estrema facilità attraverso i suoi valori magari basilari ma comunque importanti che vuole trasmettere, ed è giusto farlo ogni tanto con una serie come questa.
La protagonista di questa piccola opera è Inari, una ragazza che abita nelle vicinanze di un santuario al quale si reca quotidianamente prima di andare a scuola. Questa ragazza sta avendo la sua prima cotta per un compagno di classe, Kouji, ma sembrerebbe che a questo ragazzo piaccia una ragazza molto più bella di lei. La sera, la povera Inari piange per il suo amore che a quanto pare non è ricambiato, e viene ascoltata dalla divinità del santuario la quale una delle sue volpi era stata salvata proprio dalla nostra protagonista, perciò la fa condurre da lei e decide di esaudire un suo desiderio, Inari decide di volersi trasformare nella ragazza che invidia. Questa scelta si presenterà subito sbagliata e allora la divinità decide di dare a Inari una parte del suo potere con la quale può trasformarsi nella persona che vuole, e la storia si sviluppa tutta intorno a questo suo nuovo potere.
Il grande dono concesso a Inari può sembrare un lusso davvero "divino" e sicuramente utile per molte occasioni, ma con questo potere tra le mani potrà andare tutto liscio ? Probabilmente penserete di no, anche perché molti di voi avranno già sentito storie come queste, ovvero dove una divinità si presenta ad un umano e le concede un aiuto per qualche suo buon gesto. Da qui si deduce che la trama sia abbastanza banale, ma questo aspetto viene subito messo in secondo piano, perché le avventure qua presenti saranno un buon intrattenimento per quei minuti che dedicheremo a questa serie e quei piccoli tocchi originali sapranno farci apprezzare questa serie che di sicuro è una delle poche che si salva della stagione invernale 2014 che scarseggia di serie discrete come questa.
I disegni e le animazioni sono abbastanza piacevoli e tutti i personaggi sono simpatici già alla sola vista e anche dal punto di vista del sonoro siamo sulla piena sufficienza, e questi sono aspetti da tenere bene in considerazione quando si va a fare una serie che non punta molto sull'originalità della storia.
Anche il finale sarà nella regola e sarà facilmente prevedibile seguendo l'andamento della storia nella quale i problemi dati dalle continue trasformazioni di Inari si faranno sentire e avranno ripercussioni assolutamente non indifferenti.
Insomma, "Inari, Konkon, Koi Iroha" è una buona serie che consiglio a tutti perché è leggera e saprà tenervi attaccati allo schermo con estrema facilità attraverso i suoi valori magari basilari ma comunque importanti che vuole trasmettere, ed è giusto farlo ogni tanto con una serie come questa.
Questa serie si è rivelata una piccola e gradevole sorpresa, capace di aumentare l'esiguo numero di opere meritevoli della modesta stagione invernale 2014. Una commedia con risvolti sovrannaturali e sentimentali, senza troppe pretese e con molto divertimento da offrire.
Inari Konkon è una serie della stagione invernale 2014 composta da 10 episodi di durata canonica. Sono previsto un OAV e uno Spin-off dedicati a Kon in sembianze umane. L'opera deriva dall'omonimo manga del 2010.
Trama: Inari Fushimi è la classica studentessa liceale imbranatella che ha una cotta per il suo compagno di classe Kōji Tanbabashi. Un giorno Inari, recatasi presso il tempio ove dimora la divinità locale, salva una piccola volpe dalla caduta in un fiume. La divinità, Uka, per esprimere la sua gratitudine nei confronti della ragazza, si manifesta rendendosi visibile, e le concede parte del suo potere divino, il quale le consentirà di poter assumere le sembianze di altre persone. Hanno qui inizio le vicende della piccola Inari e del suo splendido rapporto con la dea Uka.
Grafica: il comparto grafico è buono. Buone le ambientazioni, che seppur presentando una discreta varietà, non offrono un grado di dettaglio molto alto (soprattutto nel mondo divino). Buone le animazioni, più che appropriate per il compito che devono svolgere. Buono il character design, sicuramente molto gradevole (ma forse il manga offre qualcosa in più).
Sonoro: nulla di malvagio da segnalare. L'opening è molto delicato e suggestivo, ottimo il piano. L'ending è più dolce, comunque molto gradevole acusticamente. Ottimi OST ed effetti sonori. Doppiaggio molto bello.
Personaggi: di una simpatia contagiosa e dall'ottimo impatto. Una nota positiva della serie è che non abbonda di bellocci/e e spesso si cimenta con persone "non sexy" utilizzandole al meglio come protagonisti. La stessa Inari, una tappetta piatterella e imbranatella, sa catturare l'attenzione dello spettatore con un'ottima caratterizzazione (si può affermare lo stesso degli altri personaggi) di contraltare Uka, una divinità affascinante e apparentemente solenne, ma sotto sotto si diletta con le visual novel per fanciulle! Il fattore psicologico è presente e mai invasivo, lo stesso dicasi per il fattore evolutivo. L'interazione è perfetta.
Sceneggiatura: l'opera è strutturata in modo molto semplice. La gestione temporale è lineare e piuttosto fluida, qualche accenno di flashback fa capolino di tanto in tanto. Il ritmo si mantiene su livelli medio veloci, le scene d'azione sono presenti e realizzate piuttosto bene, sebbene sia più corretto definire "d'avventura". Il fanservice è quasi del tutto inesistente. I dialoghi sono mediamente buoni.
Finale: sicuramente migliorabile (manca quasi del tutto il risvolto sentimentale), tuttavia si presenta come risolutivo, piuttosto completo e godibile, anche considerando il formato a 10 episodi che l'intera serie soffre.
In sintesi: Inari Konkon è stata una sorpresa molto piacevole, capace di tirar su la media ad una stagione assai parca di titoli interessanti. La serie si presenta come fresca, allegra, molto piacevole da seguire, dotata di una comicità molto buona e pochi difetti. Data la natura dell'opera mi sento di poterla consigliare a chiunque.
Inari Konkon è una serie della stagione invernale 2014 composta da 10 episodi di durata canonica. Sono previsto un OAV e uno Spin-off dedicati a Kon in sembianze umane. L'opera deriva dall'omonimo manga del 2010.
Trama: Inari Fushimi è la classica studentessa liceale imbranatella che ha una cotta per il suo compagno di classe Kōji Tanbabashi. Un giorno Inari, recatasi presso il tempio ove dimora la divinità locale, salva una piccola volpe dalla caduta in un fiume. La divinità, Uka, per esprimere la sua gratitudine nei confronti della ragazza, si manifesta rendendosi visibile, e le concede parte del suo potere divino, il quale le consentirà di poter assumere le sembianze di altre persone. Hanno qui inizio le vicende della piccola Inari e del suo splendido rapporto con la dea Uka.
Grafica: il comparto grafico è buono. Buone le ambientazioni, che seppur presentando una discreta varietà, non offrono un grado di dettaglio molto alto (soprattutto nel mondo divino). Buone le animazioni, più che appropriate per il compito che devono svolgere. Buono il character design, sicuramente molto gradevole (ma forse il manga offre qualcosa in più).
Sonoro: nulla di malvagio da segnalare. L'opening è molto delicato e suggestivo, ottimo il piano. L'ending è più dolce, comunque molto gradevole acusticamente. Ottimi OST ed effetti sonori. Doppiaggio molto bello.
Personaggi: di una simpatia contagiosa e dall'ottimo impatto. Una nota positiva della serie è che non abbonda di bellocci/e e spesso si cimenta con persone "non sexy" utilizzandole al meglio come protagonisti. La stessa Inari, una tappetta piatterella e imbranatella, sa catturare l'attenzione dello spettatore con un'ottima caratterizzazione (si può affermare lo stesso degli altri personaggi) di contraltare Uka, una divinità affascinante e apparentemente solenne, ma sotto sotto si diletta con le visual novel per fanciulle! Il fattore psicologico è presente e mai invasivo, lo stesso dicasi per il fattore evolutivo. L'interazione è perfetta.
Sceneggiatura: l'opera è strutturata in modo molto semplice. La gestione temporale è lineare e piuttosto fluida, qualche accenno di flashback fa capolino di tanto in tanto. Il ritmo si mantiene su livelli medio veloci, le scene d'azione sono presenti e realizzate piuttosto bene, sebbene sia più corretto definire "d'avventura". Il fanservice è quasi del tutto inesistente. I dialoghi sono mediamente buoni.
Finale: sicuramente migliorabile (manca quasi del tutto il risvolto sentimentale), tuttavia si presenta come risolutivo, piuttosto completo e godibile, anche considerando il formato a 10 episodi che l'intera serie soffre.
In sintesi: Inari Konkon è stata una sorpresa molto piacevole, capace di tirar su la media ad una stagione assai parca di titoli interessanti. La serie si presenta come fresca, allegra, molto piacevole da seguire, dotata di una comicità molto buona e pochi difetti. Data la natura dell'opera mi sento di poterla consigliare a chiunque.
"Hime-chan no ribbon in salsa shinto".
Così dicevano i primi giudizi su questa serie e con queste parole sono stato coinvolto nel cominciarne la visione. Giudizi che, a ben pensarci, non hanno poi così torto, perché, di base, "Inari, konkon, koi iroha" questo è, un "Hime-chan no ribbon in salsa shinto".
Al regno magico della serie di Megumi Mizusawa si sostituisce la piana celeste dove, secondo le credenze shinto, vivono le divinità; alla principessa Erika si sostituisce, nel ruolo di contraltare magico che dona i poteri alla protagonista, la dea Uka-no-mitama-no-kami; al leoncino Pokota si sostituisce il bianco volpino Kon, ma la trama di base rimane la stessa: la giovane Inari otterrà il potere di trasformarsi in chiunque voglia tramite una formula magica, potere che, ovviamente, le porterà diversi guai.
Esattamente come Hime-chan, anche Inari è innamorata e invidia chi invece è più femminile, più bella, più spigliata di lei, al punto da volersi trasformare nella sua rivale in amore: la prima di una (non poi così lunga) serie di trasformazioni.
"Inari, konkon, koi iroha" lascia, tramite il gioco delle trasformazioni, un bel messaggio di fondo, ossia che nessuno è perfetto, ognuno ha i suoi problemi e dunque, piuttosto che desiderare di essere altro da sé, è meglio impegnarsi a valorizzare i propri pregi.
L'elemento magico delle trasformazioni, però, è sfruttato poco e in maniera differente dai vecchi majokko di cui si respira in più punti l'atmosfera.
Inari, infatti, non ha scettri, fiocchi, specchi o qualsivoglia oggetto magico pieno di luci e colori, ma si trasforma semplicemente pronunciando una formula, con una trasformazione neanche troppo spettacolare, priva di particolari balletti o effetti speciali.
Le trasformazioni di Inari si contano sulle dita di una mano, visto anche il ridotto numero di episodi (in più della metà delle puntate non si trasforma) e, più che scatenare gags o divertenti pasticci, contribuiscono a metterla nei guai, a farla piangere o a far soffrire chi le sta intorno.
"Inari, konkon, koi iroha" cerca di replicare la semplicità e l'allegria dei vecchi majokko, presentando sin da subito una coppia di protagonisti semplice e normalissima, forse anche troppo, al punto che Inari e l'amato Tanbabashi sono due persone talmente comuni, sia dal lato grafico che da quello caratteriale, da non offrire nulla di particolarmente interessante.
Semplicità e allegria, però, al giorno d'oggi sembrano non pagare più, ed ecco quindi che già da subito arrivano problemi, drammi e lagne, e il rapporto che lega Inari e Uka, anche qui come in "Hime-chan no ribbon" fulcro della storia, si tinge di dramma, col fatto che il reiterato uso dei poteri da parte di Inari li toglie progressivamente a Uka, capovolgendo lo status di entrambe. Una tematica ammorbante che percorre tutti e dieci gli episodi, donando pesantezza a quella che sulle prime pareva essere una storia carina, leggera e graziosa.
Come se non bastasse, si cerca di sfruttare ogni occasione possibile per inserire drammi e pianti: Inari bloccata nel corpo della sua rivale, il gruppo di amiche che litigano perché sono timide e non riescono ad accettare una nuova conoscenza che rovinerebbe la loro armonia, gelosie e dispetti da scuola elementare, oltre all'ombra del duplice destino di Inari e Uka che sempre aleggia sulla trama.
I personaggi umani sono decisamente poco interessanti. Inari è una piagnona pavida e lagnosa, mentre il suo amato Tanbabashi è un personaggio tanto normale quanto anonimo. Le amiche di Inari, cui viene concesso largo spazio nella narrazione, sono un concentrato di macchiette di poco interesse.
Dispiace poi che si siano dovuti inserire per forza quegli stereotipi che tanto piacciono ai giapponesi di oggi: le ragazzine frignone e un po' moe, le implicazioni lesbiche abbastanza inutili ai fini della trama. Tutte cose che minano la naturalezza e la semplicità che il racconto voleva avere all'inizio.
Unico personaggio umano che si salva, strappa qualche sorriso e diventa ben presto uno dei pochi di cui agli spettatori realmente importa, è il fratello della protagonista, apparentemente liceale brusco, belloccio e dal cuore d'oro in stile "Cardcaptor Sakura", la cui immagine perfettina viene immediatamente rovinata quando si scopre essere un nerd appassionato di videogiochi con la testa perennemente immersa in un mondo fantastico tutto suo.
A fargli da degno contraltare femminile, la dea Uka, sicuramente il personaggio più riuscito dell'intera serie: una donna stupenda, di una bellezza, giustamente, divina, che si scopre in realtà essere una patita dei videogiochi, soprattutto di quelli del genere simulatori di appuntamenti per ragazze.
I momenti in cui battibecca col fratello di Inari mentre entrambi giocano a "Mario Kart" sul Wii, lasciando intendere un malcelato coinvolgimento romantico, sono le vere perle della serie.
Decisamente simpatiche e ben riuscite, anche se purtroppo restano solo personaggi di sfondo, anche le altre divinità del pantheon shinto, qui reinterpretate attraverso un gusto folle, che porta la dea del sole Amaterasu a diventare un'inflessibile signora e padrona con le orecchie allungate da Buddha, suo fratello Susanoo, l'eroe della mitologia nipponica, a diventare un teppista coi capelli a banana tinti di biondo, gli occhiali da sole e la sigaretta, e Toshigami a diventare un divertentissimo fighetto col complesso della sorella a cui non ne va mai bene una.
A livello d'atmosfera, "Inari, konkon, koi iroha" è molto ben riuscito.
La cittadina dov'è ambientato e descritta con un grande realismo e con inquadrature da cartolina assai spettacolari che permettono di godere di ciliegi, strade, palazzine e, soprattutto, dello splendido complesso templare, con i suoi rossi colonnati, dove vive la dea Uka: uno splendido tripudio di rosso e bianco, decisamente suggestivo. Anche la rappresentazione della Piana Celeste è assai fantasiosa e ricca di rimandi all'arte giapponese.
Molto gradevole il fatto che si sia scelto di chiamare la protagonista "Inari Fushimi", creando un rimando al tempio di Fushimi, a Kyoto, dedicato a Inari, divinità shinto della fertilità che viene chiamata proprio Uka in alcuni frangenti.
A livello grafico, i personaggi umani non hanno granché di particolare, sono assai anonimi e anche un po' stereotipati, soprattutto quelli femminili, disegnati e caratterizzati con uno stile moderno un po' molesto, che li rende ragazzine come tante, poco degne di essere ricordate.
Decisamente più accattivanti i vari kami della Piana Celeste, tutti diversi da loro, con capigliature bizzarre, orecchie allungate, capelli colorati. Fra loro spicca, ovviamente, la bellissima Uka, disegnata in maniera classica, sobria e adulta, quasi una bellezza d'altri tempi.
Molto buoni i colori, che creano un'atmosfera mistica molto piacevole, ma dispiace per alcuni innesti in computer grafica, soprattutto nell'ultimo episodio, che rompono la magia, riportandoci in un certo senso alla realtà dal viaggio onirico fra templi e déi che stavamo compiendo.
Il doppiaggio è piuttosto anonimo (e irritante, nel caso delle ragazzine), salvo la sobria interpretazione di Uka, e si lascia ricordare principalmente perché i personaggi umani parlano nel dialetto del Kansai, rendendo un pelo più difficile la comprensione dei dialoghi a chi è abituato al giapponese "neutro" del Kanto.
Decisamente poco incisiva la colonna sonora, che fa il suo lavoro senza eccellere troppo e viene dimenticata poco dopo.
"Inari, konkon, koi iroha" è dunque, sulla carta, un bel viaggio nel Giappone dei templi e dei kami, dei bianchi spiriti volpe e dei matsuri estivi.
Peccato che i personaggi non siano granché simpatici o interessanti e che la storia si concentri troppo su drammi eccessivi e schermaglie fra ragazzine, per poi concludersi troppo bruscamente dopo soli 10 episodi.
L'ultimo episodio, più o meno, risolve tutte le questioni, ma è narrato in maniera lenta, lagnosa e perditempo, e lascia inevitabilmente un po' di amaro in bocca negli spettatori, rendendo inutile e dimenticabile la visione della serie.
L'idea di fare un revival dei vecchi majokko condendoli con una piacevolissima salsa shinto era indubbiamente buona, ma bisognava lavorare con più cura sui personaggi e le situazioni, abbandonando qualche molesto stereotipo e ritrovando una freschezza che pare ormai irrimediabilmente persa, utilizzando in maniera maggiore e più allegra l'elemento magico, dando più spazio ai vari kami, la cui caratterizzazione è un po' risicata.
Sarebbe stato un "Inari, konkon, koi iroha" decisamente meno pesante, più vivace, più godibile e più memorabile, mentre invece ciò che è stato poi effettivamente realizzato è un esperimento interessante che tutto sommato si fa guardare, ma che alla fine della fiera lascia ben poco ai suoi spettatori, aldilà di qualche bella suggestione.
Così dicevano i primi giudizi su questa serie e con queste parole sono stato coinvolto nel cominciarne la visione. Giudizi che, a ben pensarci, non hanno poi così torto, perché, di base, "Inari, konkon, koi iroha" questo è, un "Hime-chan no ribbon in salsa shinto".
Al regno magico della serie di Megumi Mizusawa si sostituisce la piana celeste dove, secondo le credenze shinto, vivono le divinità; alla principessa Erika si sostituisce, nel ruolo di contraltare magico che dona i poteri alla protagonista, la dea Uka-no-mitama-no-kami; al leoncino Pokota si sostituisce il bianco volpino Kon, ma la trama di base rimane la stessa: la giovane Inari otterrà il potere di trasformarsi in chiunque voglia tramite una formula magica, potere che, ovviamente, le porterà diversi guai.
Esattamente come Hime-chan, anche Inari è innamorata e invidia chi invece è più femminile, più bella, più spigliata di lei, al punto da volersi trasformare nella sua rivale in amore: la prima di una (non poi così lunga) serie di trasformazioni.
"Inari, konkon, koi iroha" lascia, tramite il gioco delle trasformazioni, un bel messaggio di fondo, ossia che nessuno è perfetto, ognuno ha i suoi problemi e dunque, piuttosto che desiderare di essere altro da sé, è meglio impegnarsi a valorizzare i propri pregi.
L'elemento magico delle trasformazioni, però, è sfruttato poco e in maniera differente dai vecchi majokko di cui si respira in più punti l'atmosfera.
Inari, infatti, non ha scettri, fiocchi, specchi o qualsivoglia oggetto magico pieno di luci e colori, ma si trasforma semplicemente pronunciando una formula, con una trasformazione neanche troppo spettacolare, priva di particolari balletti o effetti speciali.
Le trasformazioni di Inari si contano sulle dita di una mano, visto anche il ridotto numero di episodi (in più della metà delle puntate non si trasforma) e, più che scatenare gags o divertenti pasticci, contribuiscono a metterla nei guai, a farla piangere o a far soffrire chi le sta intorno.
"Inari, konkon, koi iroha" cerca di replicare la semplicità e l'allegria dei vecchi majokko, presentando sin da subito una coppia di protagonisti semplice e normalissima, forse anche troppo, al punto che Inari e l'amato Tanbabashi sono due persone talmente comuni, sia dal lato grafico che da quello caratteriale, da non offrire nulla di particolarmente interessante.
Semplicità e allegria, però, al giorno d'oggi sembrano non pagare più, ed ecco quindi che già da subito arrivano problemi, drammi e lagne, e il rapporto che lega Inari e Uka, anche qui come in "Hime-chan no ribbon" fulcro della storia, si tinge di dramma, col fatto che il reiterato uso dei poteri da parte di Inari li toglie progressivamente a Uka, capovolgendo lo status di entrambe. Una tematica ammorbante che percorre tutti e dieci gli episodi, donando pesantezza a quella che sulle prime pareva essere una storia carina, leggera e graziosa.
Come se non bastasse, si cerca di sfruttare ogni occasione possibile per inserire drammi e pianti: Inari bloccata nel corpo della sua rivale, il gruppo di amiche che litigano perché sono timide e non riescono ad accettare una nuova conoscenza che rovinerebbe la loro armonia, gelosie e dispetti da scuola elementare, oltre all'ombra del duplice destino di Inari e Uka che sempre aleggia sulla trama.
I personaggi umani sono decisamente poco interessanti. Inari è una piagnona pavida e lagnosa, mentre il suo amato Tanbabashi è un personaggio tanto normale quanto anonimo. Le amiche di Inari, cui viene concesso largo spazio nella narrazione, sono un concentrato di macchiette di poco interesse.
Dispiace poi che si siano dovuti inserire per forza quegli stereotipi che tanto piacciono ai giapponesi di oggi: le ragazzine frignone e un po' moe, le implicazioni lesbiche abbastanza inutili ai fini della trama. Tutte cose che minano la naturalezza e la semplicità che il racconto voleva avere all'inizio.
Unico personaggio umano che si salva, strappa qualche sorriso e diventa ben presto uno dei pochi di cui agli spettatori realmente importa, è il fratello della protagonista, apparentemente liceale brusco, belloccio e dal cuore d'oro in stile "Cardcaptor Sakura", la cui immagine perfettina viene immediatamente rovinata quando si scopre essere un nerd appassionato di videogiochi con la testa perennemente immersa in un mondo fantastico tutto suo.
A fargli da degno contraltare femminile, la dea Uka, sicuramente il personaggio più riuscito dell'intera serie: una donna stupenda, di una bellezza, giustamente, divina, che si scopre in realtà essere una patita dei videogiochi, soprattutto di quelli del genere simulatori di appuntamenti per ragazze.
I momenti in cui battibecca col fratello di Inari mentre entrambi giocano a "Mario Kart" sul Wii, lasciando intendere un malcelato coinvolgimento romantico, sono le vere perle della serie.
Decisamente simpatiche e ben riuscite, anche se purtroppo restano solo personaggi di sfondo, anche le altre divinità del pantheon shinto, qui reinterpretate attraverso un gusto folle, che porta la dea del sole Amaterasu a diventare un'inflessibile signora e padrona con le orecchie allungate da Buddha, suo fratello Susanoo, l'eroe della mitologia nipponica, a diventare un teppista coi capelli a banana tinti di biondo, gli occhiali da sole e la sigaretta, e Toshigami a diventare un divertentissimo fighetto col complesso della sorella a cui non ne va mai bene una.
A livello d'atmosfera, "Inari, konkon, koi iroha" è molto ben riuscito.
La cittadina dov'è ambientato e descritta con un grande realismo e con inquadrature da cartolina assai spettacolari che permettono di godere di ciliegi, strade, palazzine e, soprattutto, dello splendido complesso templare, con i suoi rossi colonnati, dove vive la dea Uka: uno splendido tripudio di rosso e bianco, decisamente suggestivo. Anche la rappresentazione della Piana Celeste è assai fantasiosa e ricca di rimandi all'arte giapponese.
Molto gradevole il fatto che si sia scelto di chiamare la protagonista "Inari Fushimi", creando un rimando al tempio di Fushimi, a Kyoto, dedicato a Inari, divinità shinto della fertilità che viene chiamata proprio Uka in alcuni frangenti.
A livello grafico, i personaggi umani non hanno granché di particolare, sono assai anonimi e anche un po' stereotipati, soprattutto quelli femminili, disegnati e caratterizzati con uno stile moderno un po' molesto, che li rende ragazzine come tante, poco degne di essere ricordate.
Decisamente più accattivanti i vari kami della Piana Celeste, tutti diversi da loro, con capigliature bizzarre, orecchie allungate, capelli colorati. Fra loro spicca, ovviamente, la bellissima Uka, disegnata in maniera classica, sobria e adulta, quasi una bellezza d'altri tempi.
Molto buoni i colori, che creano un'atmosfera mistica molto piacevole, ma dispiace per alcuni innesti in computer grafica, soprattutto nell'ultimo episodio, che rompono la magia, riportandoci in un certo senso alla realtà dal viaggio onirico fra templi e déi che stavamo compiendo.
Il doppiaggio è piuttosto anonimo (e irritante, nel caso delle ragazzine), salvo la sobria interpretazione di Uka, e si lascia ricordare principalmente perché i personaggi umani parlano nel dialetto del Kansai, rendendo un pelo più difficile la comprensione dei dialoghi a chi è abituato al giapponese "neutro" del Kanto.
Decisamente poco incisiva la colonna sonora, che fa il suo lavoro senza eccellere troppo e viene dimenticata poco dopo.
"Inari, konkon, koi iroha" è dunque, sulla carta, un bel viaggio nel Giappone dei templi e dei kami, dei bianchi spiriti volpe e dei matsuri estivi.
Peccato che i personaggi non siano granché simpatici o interessanti e che la storia si concentri troppo su drammi eccessivi e schermaglie fra ragazzine, per poi concludersi troppo bruscamente dopo soli 10 episodi.
L'ultimo episodio, più o meno, risolve tutte le questioni, ma è narrato in maniera lenta, lagnosa e perditempo, e lascia inevitabilmente un po' di amaro in bocca negli spettatori, rendendo inutile e dimenticabile la visione della serie.
L'idea di fare un revival dei vecchi majokko condendoli con una piacevolissima salsa shinto era indubbiamente buona, ma bisognava lavorare con più cura sui personaggi e le situazioni, abbandonando qualche molesto stereotipo e ritrovando una freschezza che pare ormai irrimediabilmente persa, utilizzando in maniera maggiore e più allegra l'elemento magico, dando più spazio ai vari kami, la cui caratterizzazione è un po' risicata.
Sarebbe stato un "Inari, konkon, koi iroha" decisamente meno pesante, più vivace, più godibile e più memorabile, mentre invece ciò che è stato poi effettivamente realizzato è un esperimento interessante che tutto sommato si fa guardare, ma che alla fine della fiera lascia ben poco ai suoi spettatori, aldilà di qualche bella suggestione.
Inari, Konkon, Koi Iroha è una commedia romantica soprannaturale tratta dall'omonimo manga seisen di Morohe Yoshida. Il progetto viene animato dallo studio Production IMS.
Spesso negli anime di genere sopranaturale ci viene presentata l'amicizia tra un essere umano ed una divinità; che questo venga dal desiderio comune di essere amati, protetti, speciali... che le preghiere vengano accolte e che addirittura possano toccare il cuore di chi in teoria dovrebbe essere subissato da richieste simili, da chi dovrebbe rimanere neutro perché se la storia (seppur inventata) insegna, è luogo comune pensare che gli dei non si debbano immischiare nelle questioni degli umani; anche se, spesso e volentieri, lo fanno, con effetti più o meno piacevoli.
In questa storia avremmo la tipica divinità che decide di voler stringere amicizia con l'umana di turno, in questo caso la giovane ed incasinata Inari.
Tempo addietro Inari salvò un famiglio appartenente alla dea Uka; quest'ultima pensa bene, come ringraziamento, di esaudire un suo desiderio: cambiare sembianze e prendere quelle della compagna Sumizome, ragazza di cui crede sia invaghito Tanbabashi. E perché tutto questo? Semplicemente perché Inari ha una cotta per Tanbabashi! Ovvio, no? Peccato che poco dopo Inari capisca quanto sia sbagliato e chiede di poter tornare indietro, quindi, sempre furbescamente, Uka le dona i suoi poteri di muta-forma.
Errare è umano, perseverare è diabolico; cosa farà, quindi, la piccola Inari? Questi poteri sono una tentazione troppo grande infondo... e poi che male c'è?
Senza spoilerare, trovavo già l'incipit poco promettente; qual'è la dea con un po' di cervello che esaudisce un desiderio tanto egoistico e per nulla rispettoso nei confronti degli altri!
La trama, poi, prenderà a svilupparsi nella storiella che tutti immaginano, piena di ovvi cliché, di una banalità esagerata e con situazioni che mi fanno un po' storcere il naso... Innanzitutto la protagonista non mi è piaciuta granché, salvo rari casi in cui mostrava un po' di buon senso, nei restanti l'ho sempre trovata abbastanza egoista e con una grave tendenza a cadere nel buonismo, tranne quando è lei presa di mira, allora diventa cattiva. Uka invece è un pg alquanto gradevole, e accompagnata da un altro personaggio, darà un tocco di maturità all'opera.
Questa serie è sicuramente rivolta ad un pubblico adolescenziale, date le tipiche situazioni che affrontano i ragazzi: innamoramenti, amicizie, gelosie, invidie, litigi e tanta immaturità. Infatti si concentra molto su queste situazioni infantili che ho trovato non solo noiose ma gestite in maniera molto banale. Per fortuna la dea Uka, in quei pochi episodi dove può interagire con pg un tantino più maturi di Inari, porterà avanti da sola una storiellina scialba e poco interessante che spesso butta alle ortiche spunti relativamente buoni. Difatti uno dei pochi motivi per cui ho proseguito la visione è dato, appunto, dalla storia che nasce parallelamente; il resto è noia.
La grafica è buona, le sound anche; May'n canterà l'opening "Kyou ni Koiiro"; mentre Maaya Sakamoto canterà l'ending "Saved"; molto dolci entrambe. Il chara è piacevole e per fortuna non tutti i pg sono disegnati con lo stampino (parlo di Chika).
Il finale è davvero pessimo; a quanto ho potuto capire è stato totalmente inventato giusto per porre fine all'opera, cosa tipica... ma qui hanno azzardato la dicitura "fine" come se fosse davvero la conclusione della storia, per cui, io che non ho letto il manga, dovrei basarmi su questo che, purtroppo, risulta assolutamente inadeguato ed inconcludente. Tutto quello per cui avevo seguito la storia è rimasto senza una risposta.
So di aver elencato i peggiori difetti, ma non voglio scoraggiare in partenza chi si vuole porre alla visione quindi posso dirvi che, se cercate una storiella adolescenziale ergo immatura, con tanto di amicizia e amore, ricca di dolcezza e con una vena comica discreta questo è ciò che fa per voi, non rimarrete certo delusi, sempre se non vi spaventano una valanga di cliché... perciò mi limito a dargli una quasi sufficienza molto larga avendo capito che, forse, non è un anime nelle mie corde.
Spesso negli anime di genere sopranaturale ci viene presentata l'amicizia tra un essere umano ed una divinità; che questo venga dal desiderio comune di essere amati, protetti, speciali... che le preghiere vengano accolte e che addirittura possano toccare il cuore di chi in teoria dovrebbe essere subissato da richieste simili, da chi dovrebbe rimanere neutro perché se la storia (seppur inventata) insegna, è luogo comune pensare che gli dei non si debbano immischiare nelle questioni degli umani; anche se, spesso e volentieri, lo fanno, con effetti più o meno piacevoli.
In questa storia avremmo la tipica divinità che decide di voler stringere amicizia con l'umana di turno, in questo caso la giovane ed incasinata Inari.
Tempo addietro Inari salvò un famiglio appartenente alla dea Uka; quest'ultima pensa bene, come ringraziamento, di esaudire un suo desiderio: cambiare sembianze e prendere quelle della compagna Sumizome, ragazza di cui crede sia invaghito Tanbabashi. E perché tutto questo? Semplicemente perché Inari ha una cotta per Tanbabashi! Ovvio, no? Peccato che poco dopo Inari capisca quanto sia sbagliato e chiede di poter tornare indietro, quindi, sempre furbescamente, Uka le dona i suoi poteri di muta-forma.
Errare è umano, perseverare è diabolico; cosa farà, quindi, la piccola Inari? Questi poteri sono una tentazione troppo grande infondo... e poi che male c'è?
Senza spoilerare, trovavo già l'incipit poco promettente; qual'è la dea con un po' di cervello che esaudisce un desiderio tanto egoistico e per nulla rispettoso nei confronti degli altri!
La trama, poi, prenderà a svilupparsi nella storiella che tutti immaginano, piena di ovvi cliché, di una banalità esagerata e con situazioni che mi fanno un po' storcere il naso... Innanzitutto la protagonista non mi è piaciuta granché, salvo rari casi in cui mostrava un po' di buon senso, nei restanti l'ho sempre trovata abbastanza egoista e con una grave tendenza a cadere nel buonismo, tranne quando è lei presa di mira, allora diventa cattiva. Uka invece è un pg alquanto gradevole, e accompagnata da un altro personaggio, darà un tocco di maturità all'opera.
Questa serie è sicuramente rivolta ad un pubblico adolescenziale, date le tipiche situazioni che affrontano i ragazzi: innamoramenti, amicizie, gelosie, invidie, litigi e tanta immaturità. Infatti si concentra molto su queste situazioni infantili che ho trovato non solo noiose ma gestite in maniera molto banale. Per fortuna la dea Uka, in quei pochi episodi dove può interagire con pg un tantino più maturi di Inari, porterà avanti da sola una storiellina scialba e poco interessante che spesso butta alle ortiche spunti relativamente buoni. Difatti uno dei pochi motivi per cui ho proseguito la visione è dato, appunto, dalla storia che nasce parallelamente; il resto è noia.
La grafica è buona, le sound anche; May'n canterà l'opening "Kyou ni Koiiro"; mentre Maaya Sakamoto canterà l'ending "Saved"; molto dolci entrambe. Il chara è piacevole e per fortuna non tutti i pg sono disegnati con lo stampino (parlo di Chika).
Il finale è davvero pessimo; a quanto ho potuto capire è stato totalmente inventato giusto per porre fine all'opera, cosa tipica... ma qui hanno azzardato la dicitura "fine" come se fosse davvero la conclusione della storia, per cui, io che non ho letto il manga, dovrei basarmi su questo che, purtroppo, risulta assolutamente inadeguato ed inconcludente. Tutto quello per cui avevo seguito la storia è rimasto senza una risposta.
So di aver elencato i peggiori difetti, ma non voglio scoraggiare in partenza chi si vuole porre alla visione quindi posso dirvi che, se cercate una storiella adolescenziale ergo immatura, con tanto di amicizia e amore, ricca di dolcezza e con una vena comica discreta questo è ciò che fa per voi, non rimarrete certo delusi, sempre se non vi spaventano una valanga di cliché... perciò mi limito a dargli una quasi sufficienza molto larga avendo capito che, forse, non è un anime nelle mie corde.
Personalmente, al di là dei difetti oggettivi, "Inari, Konkon, Koi Iroha" è stata per me una deliziosa sorpresa e l'ho seguito con grande piacere.
La trama è molto semplice, lineare e non spicca certo per originalità, ma non per questo si rivela noiosa o scontata; anzi, a me ha interessato e divertito, lasciandomi sempre - a fine puntata - con un bel sorriso ebete stampato in fronte. Meno il finale, ma tralasciamo.
"Inakon" parla di una ragazza, Inari Fushimi, una normale studentessa che frequenta le scuole medie nella città di Kyoto. Un giorno, durante una sua visita al tempio di Inari (con il quale condivide il nome), com'è solita fare per arrivare prima a scuola, trova una volpe che rischia di affogare e la salva.
La sua situazione scolastica è delle più normali, ed è innamorata di Kōji Tanbabashi (nome complicato, ammettiamolo candidamente), che però pare essere innamorato a sua volta della bella e popolare Akemi Sumizome. Oltretutto, dopo uno spiacevole incidente durante l'ora di ginnastica, lui non le vuole più rivolgere la parola.
Inari quindi, amareggiata da tutto ciò, comincia ad invidiare Sumizome, tanto da desiderare di diventare lei.
Successivamente, quando torna a casa attraversando il tempio, vede due volpi bianche che la invitano a seguirle. Scopre quindi che il salvataggio del piccolo volpino le ha fruttato l'opportunità di vedere esaudito un proprio desiderio da parte della divinità locale, Uka-no-Mitama-no-Kami (Uka-sama).
Che cosa desidererà mai? Di divenire Sumizone, ovviamente!
Questa scelta si rivelerà - ovviamente - sbagliata e chiederà alla dea se è possibile revocare il desiderio. Uka-sama, allora, decide di conferirle l'abilità di cambiare forma in ogni persona che conosce - purché umana -.
Trama semplice, che lascia spazio a svolgimenti lineari e improntati sulla comicità, che comunque non diventa noiosa, né stanca per via dei contenuti leggeri e spassosi.
I personaggi sono piuttosto semplici. Graficamente tutti gradevoli, a partire dalla protagonista, che è molto carina e incarna quasi lo stile "kawaii", senza però esagerare.
Inari è un personaggio dal carattere semplice, molto emotiva e leale nei confronti delle persone che conosce, oltre ad essere una gran pasticciona, nonostante non sia né stupida, né ritardata - cosa oggigiorno non più scontata -. Ha diverse amiche, ma l'amicizia che la legherà con Uka-sama è di certo quella più forte.
Uka-sama è una divinità. Bellissima, formosa e pura. Pura, bellissima e formosa. Personalmente non l'ho gradita più di tanto, ma è comunque un discreto personaggio. Continuamente torchiata dalla madre perché si sposi, si è rifugiata sulla Terra in compagnia dei suoi amati otome games (giochi in cui la protagonista è circondata da un harem di splendidi fanciuli) ed è un'appassionata di videogiochi in generale.
Poi ci sono le amiche di Inari e Tanbabashi-kun, tutti ben caratterizzati e che non rimangono anonimi dietro le loro figure. Tutti molto simpatici, ma talvolta un po' troppo frignoni.
Ci sono anche numerose divinità, tra le quali spicca la figura di Amaterasu, la cui raffigurazione è semplicemente geniale.
E infine Touka, fratello di Inari, studente delle superiori malato di Chuunibyou. Un personaggio che non mi piace e la sua malcelata relazione con la dea è un po' fastidiosa, a mio dire - il che è ovviamente una mia impressione -, ma comunque non mi ha disturbato, anzi.
Le animazioni sono ben concepite, fluide e gli sfondi sono davvero belli. I personaggi sono tutti ben realizzati e non ho visto cali troppo palesi. L'opening è carina e ben animata, l'ending mi è piaciuta di meno.
Il doppiaggio è nella norma, anche se spicca perché tutti i personaggi hanno (spesso) un forte accento del Kansai (in particolare di Kyoto), cosa che apprezzo davvero molto.
Un anime di primo acchito banale, ma che possiede in sé numerosi spunti di riflessione. Uno su tutti - e anche il più facile da captare - è quello che le persone che invidiamo, le cui vite appaiono ai nostri occhi come da sogno, sono esattamente come noi, con pregi e difetti, e che in realtà non sono felici come crediamo e che potrebbero addirittura invidiarci.
Il lato romantico è a mio dire ben sviluppato, in particolare mi è piaciuto il rapporto molto ingenuo fra Inari e Tanbabashi, ma ci sono anche altri amori, come quello tra Uka-sama e Touka (e addirittura un amore - non corrisposto - da parte di Toshi nei confronti della sorella Uka).
Insomma, c'è di tutto e di più e tutti i presupposti per una piacevolissima serie. Il rammarico c'è, perché il finale è tutto meno che un finale, ma è comunque carino se lo si vede dalla giusta prospettiva.
Il mio voto è un 8, molto soggettivo, che poteva essere anche qualcosa di più. Spero in una seconda stagione, ma per ora mi accontenterò dell'OVA ^^
La trama è molto semplice, lineare e non spicca certo per originalità, ma non per questo si rivela noiosa o scontata; anzi, a me ha interessato e divertito, lasciandomi sempre - a fine puntata - con un bel sorriso ebete stampato in fronte. Meno il finale, ma tralasciamo.
"Inakon" parla di una ragazza, Inari Fushimi, una normale studentessa che frequenta le scuole medie nella città di Kyoto. Un giorno, durante una sua visita al tempio di Inari (con il quale condivide il nome), com'è solita fare per arrivare prima a scuola, trova una volpe che rischia di affogare e la salva.
La sua situazione scolastica è delle più normali, ed è innamorata di Kōji Tanbabashi (nome complicato, ammettiamolo candidamente), che però pare essere innamorato a sua volta della bella e popolare Akemi Sumizome. Oltretutto, dopo uno spiacevole incidente durante l'ora di ginnastica, lui non le vuole più rivolgere la parola.
Inari quindi, amareggiata da tutto ciò, comincia ad invidiare Sumizome, tanto da desiderare di diventare lei.
Successivamente, quando torna a casa attraversando il tempio, vede due volpi bianche che la invitano a seguirle. Scopre quindi che il salvataggio del piccolo volpino le ha fruttato l'opportunità di vedere esaudito un proprio desiderio da parte della divinità locale, Uka-no-Mitama-no-Kami (Uka-sama).
Che cosa desidererà mai? Di divenire Sumizone, ovviamente!
Questa scelta si rivelerà - ovviamente - sbagliata e chiederà alla dea se è possibile revocare il desiderio. Uka-sama, allora, decide di conferirle l'abilità di cambiare forma in ogni persona che conosce - purché umana -.
Trama semplice, che lascia spazio a svolgimenti lineari e improntati sulla comicità, che comunque non diventa noiosa, né stanca per via dei contenuti leggeri e spassosi.
I personaggi sono piuttosto semplici. Graficamente tutti gradevoli, a partire dalla protagonista, che è molto carina e incarna quasi lo stile "kawaii", senza però esagerare.
Inari è un personaggio dal carattere semplice, molto emotiva e leale nei confronti delle persone che conosce, oltre ad essere una gran pasticciona, nonostante non sia né stupida, né ritardata - cosa oggigiorno non più scontata -. Ha diverse amiche, ma l'amicizia che la legherà con Uka-sama è di certo quella più forte.
Uka-sama è una divinità. Bellissima, formosa e pura. Pura, bellissima e formosa. Personalmente non l'ho gradita più di tanto, ma è comunque un discreto personaggio. Continuamente torchiata dalla madre perché si sposi, si è rifugiata sulla Terra in compagnia dei suoi amati otome games (giochi in cui la protagonista è circondata da un harem di splendidi fanciuli) ed è un'appassionata di videogiochi in generale.
Poi ci sono le amiche di Inari e Tanbabashi-kun, tutti ben caratterizzati e che non rimangono anonimi dietro le loro figure. Tutti molto simpatici, ma talvolta un po' troppo frignoni.
Ci sono anche numerose divinità, tra le quali spicca la figura di Amaterasu, la cui raffigurazione è semplicemente geniale.
E infine Touka, fratello di Inari, studente delle superiori malato di Chuunibyou. Un personaggio che non mi piace e la sua malcelata relazione con la dea è un po' fastidiosa, a mio dire - il che è ovviamente una mia impressione -, ma comunque non mi ha disturbato, anzi.
Le animazioni sono ben concepite, fluide e gli sfondi sono davvero belli. I personaggi sono tutti ben realizzati e non ho visto cali troppo palesi. L'opening è carina e ben animata, l'ending mi è piaciuta di meno.
Il doppiaggio è nella norma, anche se spicca perché tutti i personaggi hanno (spesso) un forte accento del Kansai (in particolare di Kyoto), cosa che apprezzo davvero molto.
Un anime di primo acchito banale, ma che possiede in sé numerosi spunti di riflessione. Uno su tutti - e anche il più facile da captare - è quello che le persone che invidiamo, le cui vite appaiono ai nostri occhi come da sogno, sono esattamente come noi, con pregi e difetti, e che in realtà non sono felici come crediamo e che potrebbero addirittura invidiarci.
Il lato romantico è a mio dire ben sviluppato, in particolare mi è piaciuto il rapporto molto ingenuo fra Inari e Tanbabashi, ma ci sono anche altri amori, come quello tra Uka-sama e Touka (e addirittura un amore - non corrisposto - da parte di Toshi nei confronti della sorella Uka).
Insomma, c'è di tutto e di più e tutti i presupposti per una piacevolissima serie. Il rammarico c'è, perché il finale è tutto meno che un finale, ma è comunque carino se lo si vede dalla giusta prospettiva.
Il mio voto è un 8, molto soggettivo, che poteva essere anche qualcosa di più. Spero in una seconda stagione, ma per ora mi accontenterò dell'OVA ^^
Un anime molto semplice, delicato e zuccheroso, graficamente gradevole e con una bella colonna sonora...e la mia recensione di Inari Konkon Koi Iroha potrebbe anche finire qui.
La trama è molto lineare: Inari, una liceale un po' svampita e un po' ingenua, per averlo umiliato pubblicamente si ritrova ad essere evitata da Tanbabashi, il compagno di classe di cui è innamorata e che -sfiga delle sfighe- pare essere interessato alla perfetta Sumizome. Un aiuto inaspettato in questa situazione apparentemente senza speranza viene dalla dea Uka la quale per ripagarla per aver aiutato un suo familio, le offre la possibilità di veder esaudito un proprio desiderio. Ingenuamente Inari chiede di essere trasformata in Sumizome ma ciò servirà solo a complicare tutto, costringendo la dea a donarle parte dei propri poteri per permetterle di riassumere le proprie sembianze.
Quello che mi ha colpita è che pur restando estremamente semplice e sostanzialmente statico, questo anime non scade nella banalità ed offre con leggerezza (ma senza superficialità) alcuni spunti notevoli sull'accettarsi e sullo scoprire che i famosi "altri", con cui costantemente ci si paragona durante l'adolescenza, non sono poi così diversi da noi nelle proprie insicurezze e paure. A questo si aggiunge un'atmosfera rilassata con sprizzi di simpatica commedia che rende il tutto utile per passare una mezz'ora senza pensieri.
Per me è un anime troppo "buono", nel senso che tutti i personaggi possono essere descritti con tre aggettivi: bravi-belli-puri (e dalla lacrima facile) e non c'è una sfumatura neanche grigina sul loro modo di essere, ma questo può essere considerato un punto di forza o debolezza a seconda dei gusti ed è senz'altro coerente con la struttura narrativa.
Per quanto riguarda i personaggi ci si concentra prevalentemente sul rapporto Inari-Uka, calcando forse un po' troppo sull'emotività della prima, entrambe sono dolci e con tratti divertenti. Attorno a questa affiatata coppia di amiche si muovono i personaggi secondari, quali le amiche di Inari, il fratello Touka e le varie divinità shinto (rappresentate graficamente in modo davvero spassoso), tutti abbastanza ben caratterizzati. In generale ho apprezzato la scelta di privilegiare i rapporti affettivi in senso lato senza cadere nel baratro dell'innamoramento trito e ritrito.
Ciò che invece mi sembra oggettivamente un punto a sfavore è il finale. Trattandosi di una serie breve non mi aspettavo certo grandi sorprese, ma l'ultima puntata mi sembra concepita davvero male sia per i contenuti (esigui e che non voglio spoilerare) sia per la struttura intrinseca con lunghe panoramiche inutili e dialoghi ai limiti dell'insensato.
Graficamente siamo difronte ad un disegno sobrio, dal tratto anonimo ma con un'animazione ben fatta. Molto bella la colonna sonora, soprattutto l'opening.
È un prodotto adatto ad un pubblico giovane che ha in sé un po' dello shojo classico e un po' dello slice of life con appena un pizzico di magia (che per fortuna non incappa nel revival delle maghette di fine anni '80 come avevo temuto nella prima puntata). Tendenzialmente l'associazione delle etichette "sentimentale" e "scolastico" è per me una ragione sufficiente per evitare una serie, ma stavolta sento di poter consigliare questo titolo anche a chi come me non è un grande amante del genere proprio in virtù della sua leggerezza e particolarità.
La trama è molto lineare: Inari, una liceale un po' svampita e un po' ingenua, per averlo umiliato pubblicamente si ritrova ad essere evitata da Tanbabashi, il compagno di classe di cui è innamorata e che -sfiga delle sfighe- pare essere interessato alla perfetta Sumizome. Un aiuto inaspettato in questa situazione apparentemente senza speranza viene dalla dea Uka la quale per ripagarla per aver aiutato un suo familio, le offre la possibilità di veder esaudito un proprio desiderio. Ingenuamente Inari chiede di essere trasformata in Sumizome ma ciò servirà solo a complicare tutto, costringendo la dea a donarle parte dei propri poteri per permetterle di riassumere le proprie sembianze.
Quello che mi ha colpita è che pur restando estremamente semplice e sostanzialmente statico, questo anime non scade nella banalità ed offre con leggerezza (ma senza superficialità) alcuni spunti notevoli sull'accettarsi e sullo scoprire che i famosi "altri", con cui costantemente ci si paragona durante l'adolescenza, non sono poi così diversi da noi nelle proprie insicurezze e paure. A questo si aggiunge un'atmosfera rilassata con sprizzi di simpatica commedia che rende il tutto utile per passare una mezz'ora senza pensieri.
Per me è un anime troppo "buono", nel senso che tutti i personaggi possono essere descritti con tre aggettivi: bravi-belli-puri (e dalla lacrima facile) e non c'è una sfumatura neanche grigina sul loro modo di essere, ma questo può essere considerato un punto di forza o debolezza a seconda dei gusti ed è senz'altro coerente con la struttura narrativa.
Per quanto riguarda i personaggi ci si concentra prevalentemente sul rapporto Inari-Uka, calcando forse un po' troppo sull'emotività della prima, entrambe sono dolci e con tratti divertenti. Attorno a questa affiatata coppia di amiche si muovono i personaggi secondari, quali le amiche di Inari, il fratello Touka e le varie divinità shinto (rappresentate graficamente in modo davvero spassoso), tutti abbastanza ben caratterizzati. In generale ho apprezzato la scelta di privilegiare i rapporti affettivi in senso lato senza cadere nel baratro dell'innamoramento trito e ritrito.
Ciò che invece mi sembra oggettivamente un punto a sfavore è il finale. Trattandosi di una serie breve non mi aspettavo certo grandi sorprese, ma l'ultima puntata mi sembra concepita davvero male sia per i contenuti (esigui e che non voglio spoilerare) sia per la struttura intrinseca con lunghe panoramiche inutili e dialoghi ai limiti dell'insensato.
Graficamente siamo difronte ad un disegno sobrio, dal tratto anonimo ma con un'animazione ben fatta. Molto bella la colonna sonora, soprattutto l'opening.
È un prodotto adatto ad un pubblico giovane che ha in sé un po' dello shojo classico e un po' dello slice of life con appena un pizzico di magia (che per fortuna non incappa nel revival delle maghette di fine anni '80 come avevo temuto nella prima puntata). Tendenzialmente l'associazione delle etichette "sentimentale" e "scolastico" è per me una ragione sufficiente per evitare una serie, ma stavolta sento di poter consigliare questo titolo anche a chi come me non è un grande amante del genere proprio in virtù della sua leggerezza e particolarità.