DAN DA DAN
“Quando la provocazione è fatta bene, arriva fino al limite ma non lo travalica.” (P. Chiambretti)
Quando ho iniziato a sentire l'opening "Otonoke" dei Creepy Nuts ho capito che "Dan da dan" sarebbe stata una di quelle serie che avrei potuto droppare subito, fin dalla sigla di apertura, oppure che avrei continuato a vedere fino alla fine, per verificare fino a dove si sarebbe spinta nella sua originale e surreale "follia".
Se sono qui a scrivere una recensione di quello che ho visto al termine del primo cour di 12 episodi, si potrebbe intuire che l'opera tutto sommato mi è piaciuta tra alti e bassi: non avevo letto nessun commento nè conoscevo il manga di Yukinobu Tatsu (alla sua prima vera opera di grande successo) e mi sono immerso nella visione completamente scevro da qualsiasi (pre)giudizio altrui.
Superato il primo momento di smarrimento iniziale (premetto che ho visto anche alcuni anime "surreali" sebbene non siano il mio genere preferito), sono arrivato fino al termine della prima serie (sor)ridendo del coraggio con cui l'anime osa e provoca facendo dell'imprevedibilità (solo sotto certi aspetti) il suo tantra senza mezze misure, utilizzando la demenzialità come strumento per giocare a raccontare una storia soprannaturale e prendendosi gioco di cliché e stereotipi tipici di vari generi per regalare allo spettatore dei momenti di puro svago, ovviamente per chi li saprà apprezzare, e qualche spunto di riflessione, ma senza necessariamente prendersi per forza sul serio.
Scritta la premessa, "Dan da dan" è difficile da inquadrare in uno specifico genere e tale aspetto rappresenta proprio il suo punto di forza. Senza aver la presunzione di rivelare una verità incontrovertibile, questi primi 12 episodi si possono inquadrare in una sorta di storia comico-paranormale in cui due studenti delle superiori, il classico impacciato otaku Ken Takakura e la apparente spigliata e popolare Momo Ayase, scoprono per puro caso (e scommessa...) di essere una sorta di cultori di tutto ciò che afferisce all'occulto e "scoprono" che esistono yokai e alieni, questi ultimi con particolari predilizioni verso gli organi sessuali umani.
I due protagonisti iniziano un percorso in cui combatteranno anche furiosamente contro di tutto e scopriranno man mano che, parallelamente all'acquisizione di consapevolezza e padronanza dei loro poteri (aspetto un po' tipico dei c.d. "battle shonen"), si sviluppa anche una certa "chimica" tra i due protagonisti che sembra un po' un deja vu delle classiche rom-com ad ambientazione scolastica (con tanto di introduzione del c.d. "terzo incomodo" - alludo al classico amico di infanzia) che conferisce alla serie quel minimo di realismo umano (e confort zone per lo spettatore...) in mezzo ad una serie di accadimenti molto spesso folli e surreali di cui si stenta a comprenderne il senso e che colpiscono molto più per la sopresa che suscitano piuttosto che per la logica degli eventi cui lo spettatore assiste (anche sgomento...) senza poter minimamente intuire dove la serie voglia andare a parare...
Evidenzio che qualcuno nella visione potrebbe infastidirsi per certe scene allusive, un po' ecchi e per il linguaggio con battute volgari e sproloqui. Francamente a me hanno fatto sorridere e non hanno arrecato particolare disturbo: la assurdità che vive Ken durante tutti gli episodi alla ricerca per recuperare i propri attributi a seguito della possessione subita dallo yokai Turbononna ha un che di esilarante in alcuni passaggi, tra i quali ricordo la scena in cui la conturbante nonna di Momo, Seiko Ayase, definibile giusto per restare sullo stile del linguaggio della serie, una gran "milfona" e con quel piglio da Clint Eastwood nei film "spaghetti western" (alludo allo sguardo, torvo ma al contempo anche affascinante, e alla immancabile sigaretta accesa in bocca), controlla l'inguine del povero ragazzo incapace di rendersi conto di ciò che stava vivendo.
Quindi in "Dan da dan" si ride non tanto e solo per "quello" che si vede ma per il "come" viene narrato con trovate e accostamenti completamente folli e demenziali corroborato anche da scelte stilistiche e rappresentative piuttosto psichedeliche e fantasiose soprattutto nei combattimenti e in certi frangenti "soprannaturali", tanto da ricordarmi per certi versi lo stile del regista fondatore dello Studio di produzione della serie, Science Saru, ossia Masaaki Yuasa (giusto per memoria tra le opere più celebri: "Mind Game", "The Tatami Galaxy"; "Ping pong the animation"; "Devilman Crybaby"; "Ride your vawe"). Science Saru che, attivo solo da 2017, ha già prodotto diverse opere di Yuasa e ora sta per mettere sul mercato l'ultima fatica di una delle mie registe preferite Naoko Yamada con il film di animazione "I colori dell'anima".
"Dan Da Dan" sembra aver fatto centro, al pari dell'opera cartacea di origine, proprio perché l'anime è riuscito nella difficile impresa di riprodurre piuttosto fedelmente lo stile folle e imprevedibile del manga. Le scene di azione sono al tempo stesso molto dinamiche, quasi travolgenti, grazie alla perizia dell'animazione e dei disegni dettagliati, piacevoli e caratterizzati da colori vivaci e saturi.
Se la trama fa dell'imprevedibilità il suo leit motiv, la realizzazione tecnica (in cui includo anche il comparto musicale con l'opening fuori di testa dei Creepy Nuts) riesce a renderla al meglio. Forse tale fantasia surreale potrebbe rappresentare per alcuni un eccesso di creatività e virtuosismo, ma ripesando ad alcune opere di Yuasa citate in precedenza, "Dan da dan" si inserisce in quel tipo di filone di opere, una sorta di "flipper" delle immagini che è il c.d. marchio di fabbrica del fondatore dello Studio.
Pertanto, se si fosse patiti di storie sull’occulto, spiriti, entità ultraterrene e alieni bizzarri, credo che questo primo cour della serie non possa non piacere, tanto più che riesce a mixare in una sorta di "meltin' pot" un po' di tutto, inclusa la parte romance con i due giovani protagonisti e anche alcune citazioni ad altre opere ("Slam dunk") o ad attori reali (rimando all'articolo comparso su AC tempo fa: https://www.animeclick.it/news/105580-dandadan-spiegata-la-citazione-a-hiroshi-abe-nellepisodio-10) in un modo tanto originale quanto anche poco lineare e troppo imprevedibile ed estremizzato. Insomma, piacevole ma probabilmente non per tutti.
Quando ho iniziato a sentire l'opening "Otonoke" dei Creepy Nuts ho capito che "Dan da dan" sarebbe stata una di quelle serie che avrei potuto droppare subito, fin dalla sigla di apertura, oppure che avrei continuato a vedere fino alla fine, per verificare fino a dove si sarebbe spinta nella sua originale e surreale "follia".
Se sono qui a scrivere una recensione di quello che ho visto al termine del primo cour di 12 episodi, si potrebbe intuire che l'opera tutto sommato mi è piaciuta tra alti e bassi: non avevo letto nessun commento nè conoscevo il manga di Yukinobu Tatsu (alla sua prima vera opera di grande successo) e mi sono immerso nella visione completamente scevro da qualsiasi (pre)giudizio altrui.
Superato il primo momento di smarrimento iniziale (premetto che ho visto anche alcuni anime "surreali" sebbene non siano il mio genere preferito), sono arrivato fino al termine della prima serie (sor)ridendo del coraggio con cui l'anime osa e provoca facendo dell'imprevedibilità (solo sotto certi aspetti) il suo tantra senza mezze misure, utilizzando la demenzialità come strumento per giocare a raccontare una storia soprannaturale e prendendosi gioco di cliché e stereotipi tipici di vari generi per regalare allo spettatore dei momenti di puro svago, ovviamente per chi li saprà apprezzare, e qualche spunto di riflessione, ma senza necessariamente prendersi per forza sul serio.
Scritta la premessa, "Dan da dan" è difficile da inquadrare in uno specifico genere e tale aspetto rappresenta proprio il suo punto di forza. Senza aver la presunzione di rivelare una verità incontrovertibile, questi primi 12 episodi si possono inquadrare in una sorta di storia comico-paranormale in cui due studenti delle superiori, il classico impacciato otaku Ken Takakura e la apparente spigliata e popolare Momo Ayase, scoprono per puro caso (e scommessa...) di essere una sorta di cultori di tutto ciò che afferisce all'occulto e "scoprono" che esistono yokai e alieni, questi ultimi con particolari predilizioni verso gli organi sessuali umani.
I due protagonisti iniziano un percorso in cui combatteranno anche furiosamente contro di tutto e scopriranno man mano che, parallelamente all'acquisizione di consapevolezza e padronanza dei loro poteri (aspetto un po' tipico dei c.d. "battle shonen"), si sviluppa anche una certa "chimica" tra i due protagonisti che sembra un po' un deja vu delle classiche rom-com ad ambientazione scolastica (con tanto di introduzione del c.d. "terzo incomodo" - alludo al classico amico di infanzia) che conferisce alla serie quel minimo di realismo umano (e confort zone per lo spettatore...) in mezzo ad una serie di accadimenti molto spesso folli e surreali di cui si stenta a comprenderne il senso e che colpiscono molto più per la sopresa che suscitano piuttosto che per la logica degli eventi cui lo spettatore assiste (anche sgomento...) senza poter minimamente intuire dove la serie voglia andare a parare...
Evidenzio che qualcuno nella visione potrebbe infastidirsi per certe scene allusive, un po' ecchi e per il linguaggio con battute volgari e sproloqui. Francamente a me hanno fatto sorridere e non hanno arrecato particolare disturbo: la assurdità che vive Ken durante tutti gli episodi alla ricerca per recuperare i propri attributi a seguito della possessione subita dallo yokai Turbononna ha un che di esilarante in alcuni passaggi, tra i quali ricordo la scena in cui la conturbante nonna di Momo, Seiko Ayase, definibile giusto per restare sullo stile del linguaggio della serie, una gran "milfona" e con quel piglio da Clint Eastwood nei film "spaghetti western" (alludo allo sguardo, torvo ma al contempo anche affascinante, e alla immancabile sigaretta accesa in bocca), controlla l'inguine del povero ragazzo incapace di rendersi conto di ciò che stava vivendo.
Quindi in "Dan da dan" si ride non tanto e solo per "quello" che si vede ma per il "come" viene narrato con trovate e accostamenti completamente folli e demenziali corroborato anche da scelte stilistiche e rappresentative piuttosto psichedeliche e fantasiose soprattutto nei combattimenti e in certi frangenti "soprannaturali", tanto da ricordarmi per certi versi lo stile del regista fondatore dello Studio di produzione della serie, Science Saru, ossia Masaaki Yuasa (giusto per memoria tra le opere più celebri: "Mind Game", "The Tatami Galaxy"; "Ping pong the animation"; "Devilman Crybaby"; "Ride your vawe"). Science Saru che, attivo solo da 2017, ha già prodotto diverse opere di Yuasa e ora sta per mettere sul mercato l'ultima fatica di una delle mie registe preferite Naoko Yamada con il film di animazione "I colori dell'anima".
"Dan Da Dan" sembra aver fatto centro, al pari dell'opera cartacea di origine, proprio perché l'anime è riuscito nella difficile impresa di riprodurre piuttosto fedelmente lo stile folle e imprevedibile del manga. Le scene di azione sono al tempo stesso molto dinamiche, quasi travolgenti, grazie alla perizia dell'animazione e dei disegni dettagliati, piacevoli e caratterizzati da colori vivaci e saturi.
Se la trama fa dell'imprevedibilità il suo leit motiv, la realizzazione tecnica (in cui includo anche il comparto musicale con l'opening fuori di testa dei Creepy Nuts) riesce a renderla al meglio. Forse tale fantasia surreale potrebbe rappresentare per alcuni un eccesso di creatività e virtuosismo, ma ripesando ad alcune opere di Yuasa citate in precedenza, "Dan da dan" si inserisce in quel tipo di filone di opere, una sorta di "flipper" delle immagini che è il c.d. marchio di fabbrica del fondatore dello Studio.
Pertanto, se si fosse patiti di storie sull’occulto, spiriti, entità ultraterrene e alieni bizzarri, credo che questo primo cour della serie non possa non piacere, tanto più che riesce a mixare in una sorta di "meltin' pot" un po' di tutto, inclusa la parte romance con i due giovani protagonisti e anche alcune citazioni ad altre opere ("Slam dunk") o ad attori reali (rimando all'articolo comparso su AC tempo fa: https://www.animeclick.it/news/105580-dandadan-spiegata-la-citazione-a-hiroshi-abe-nellepisodio-10) in un modo tanto originale quanto anche poco lineare e troppo imprevedibile ed estremizzato. Insomma, piacevole ma probabilmente non per tutti.
Anata dake mitsumeteru /
deatta hi kara ima demo zutto
(Okarun)
Kimi ga suki da to sakebitai /
ashita wo kaete miyo
(Jiji)
Okarun, dopo un momento di sconforto davanti alla minaccia dell’amico d’infanzia di Momo (Jiji) decide di non darsi per vinto e in gesto di sfida comincia a cantare l’ending di Slam Dunk. Così, de botto senza senso. Jiji gli risponde con l’opening. E Momo in mezzo a loro due che non capisce cosa diavolo stia succedendo. Una scena totalmente assurda eppure fantastica, di quelle che finita la stagione ti ricorderai a distanza di tempo e citerai con gli amici. Sorprendente e illuminante, come Dandadan.
Sorprendente, perchè Dandadan è un’opera che ti stupisce continuamente per come riesca a passare con una disinvoltura assoluta da un timbro all’altro e fare centro ogni volta. Gli riesce davvero tutto. Nelle parti battle è sintetica e spettacolare, quando vira sul romance è tenera ed emozionante, quando passa al demenziale fa spaccare dalle risate e persino quando si azzarda a tentare il drammatico ti spara l’episodio migliore di tutto l’anno.
Illuminante, perchè quella scena mi ha improvvisamente donato un’epifania, facendo luce su un dubbio che, in mezzo al divertimento, mi ha lasciato pensieroso per tutta la stagione:
qual è il genere di Dandadan?
Di primo acchito si pone come un battle shonen demenziale.
Momo è una bella ragazza che, essendo nipote di una famosa medium, crede negli spiriti. “Okarun” è un ragazzo emarginato che non ha mai avuto un amico, appassionato di alieni. Passando casualmente davanti alla classe di Okarun, Momo lo vede bullizzato dai compagni e decide di aiutarlo. Ha inizio così la loro conoscenza che li getterà ben presto in mezzo a numerose avventure: scopriranno di avere ragione entrambi, infatti esistono davvero sia gli alieni che gli spiriti e si troveranno ad affrontarli in combattimenti tanto mirabolanti quanto divertenti. Le scene battle sono molto belle: visivamente spettacolari, frenetiche, con una colonna sonora perfetta che tocca anche punte di eccellenza quando va a riprendere temi di musica classica.
In chiave battle shonen tuttavia manca una vera tensione durante i combattimenti perchè la componente demenziale, seppur da me apprezzata in quanto molto divertente, smorza del tutto il senso di pericolo: i protagonisti mentre combattono stanno li a scherzare, punzecchiarsi, lanciarsi frecciatine, non dandoci mai l’impressione di prendere sul serio la minaccia.
Manca anche una trama orizzontale rispetto ai nemici: sono tutti cani sciolti, non sembrano esserci connessioni tra di loro o gerarchie nè è emerso finora alcun villain.
Inoltre i combattimenti non sono così frequenti, al contrario ci sono vari episodi con semplice slice of life a tema romance, molto teneri o simpatici, in cui vediamo i protagonisti (ai quali si aggiungeranno Aira - una compagna di scuola - e Jiji - amico d’infanzia di Momo) interagire e approfondire il loro rapporto. La parte sentimentale è trattata con grande cura dei dettagli, attenzione per il non verbale (gesti, sguardi) e un timing perfetto nella gestione dei momenti di evoluzione del rapporto, tra incomprensioni, gelosie, preoccupazioni adolescenziali, ma pur sempre sdrammatizzati da successive uscite comiche.
E’ romantico ma anche divertente. C’è romance e anche comedy.
Romance/comedy.
Aspettate un momento…
Anata dake mitsumeteru deatta hi kara ima demo zutto
Una volta avevo letto un articolo interessantissimo sulla genesi di Slam Dunk e sul motivo per cui il fumetto di Inoue ci metteva un bel po’ prima di entrare nel vivo dell’azione sportiva. Il sensei Inoue era un grande appassionato di basket e voleva tanto realizzare un manga sul tema, tuttavia in quel periodo storico vari tentativi di creare spokon su questo sport erano falliti per cui il basket era visto quasi come un tabù nel mondo dei manga. Pertanto il sensei decise, furbescamente, di “sviare” lettori e case editrici impostando inizialmente il manga come se fosse di tutt’altro genere: una tipica commedia scolastica, a base di sentimenti e scontri tra teppisti. Insomma il genere manga più popolare e di maggior ritorno di pubblico che esistesse a quei tempi. Dopo di che, una volta avviata la storia e col pubblico fidelizzato, spostò gradualmente il focus verso quello che gli interessava di più. E così ci ha regalato quello che è probabilmente il miglior spokon di sempre.
L’avesse fatto oggi, come depistaggio avrebbe scelto un battle shonen, ormai da tempo affermatosi come genere con maggiori incassi al mondo.
Quando Okarun si è messo a cantare la sigla di Slam Dunk improvvisamente mi è sembrato tutto chiaro.
Non ho letto il manga dunque non ho idea di come continui la storia ma, per quel che ho visto in questa prima stagione, Dandadan non è un battle shonen, con parentesi romance.
Dandadan è una romcom, con parentesi battle.
E vi dirò di più, come romcom è davvero eccezionale.
Riavvolgiamo il nastro.
Momo è una bella ragazza che, essendo nipote di una famosa medium, crede negli spiriti. “Okarun” è un ragazzo emarginato che non ha mai avuto un amico, appassionato di alieni.
Passando casualmente davanti alla classe di Okarun, Momo lo vede bullizzato dai compagni e decide di aiutarlo. Ha inizio così la loro conoscenza che, grazie alla passione comune per l’occulto e varie avventure e combattimenti contro spiriti e alieni, diventerà sempre più stretta evolvendosi da una iniziale semplice amicizia a qualcosa di molto di più. Nel corso della storia entreranno in scena degli antagonisti, dalla sciroccata Aira (che si prenderà una cotta per Okarun) al demente Jiji (amico d’infanzia di Momo e innamorato da sempre di lei), tutti praticamente accomunati dall’essere fuori di testa e che creeranno uno spassosissimo quadrangolo amoroso.
Dandadan risolve abilmente uno dei grandi problemi delle romcom: perchè mai la ragazza bella e popolare della scuola si innamora del ragazzo bruttarello, sfigato ed emarginato? E’ una cosa che nella realtà non accade mai, fantascienza pura, ma che negli anime solitamente siamo costretti ad accettare come una cosa che cala dall’alto senza alcuna spiegazione plausibile. Succede e basta.
In Dandadan invece questo fenomeno apparentemente miracoloso ha una sua precisa spiegazione: sono proprio le fasi battle a creare la magia. All’inizio tra Momo e Okarun c’è infatti solo amicizia ma proprio grazie alle loro avventure, rischiando la vita assieme, salvandosi a vicenda, i due si avvicinano progressivamente, cominciano a fidarsi e a tenerci l’uno all’altra, a sentire quanto l’altro sia presente e faccia di tutto per proteggerlo, a ritenersi importanti, ad essere gelosi, ecc.
In questo modo non si avverte nessuna forzatura, il sentimento di entrambi appare una naturale evoluzione delle esperienze che vivono intensamente insieme.
Inoltre le fasi battle permettono anche di eludere la tendenza a focalizzarsi esclusivamente sullo sviluppo sentimentale dei due, che qui diventa una linea parallela, anzichè l’unica, della storia.
I personaggi sono un altro punto di forza.
Momo Ayase non è la classica bella ragazza fragile o kawai: sin dalla prima puntata si dimostra invece cazzuta e con grande senso di giustizia, andando disinteressatamente a proteggere Okarun che per lei, ai tempi, era un semplice sconosciuto. Ha grinta e carisma, ma in certi frangenti sa essere anche molto dolce.
Dal canto suo Okarun è un ragazzo puro: fa tenerezza il fatto che inizialmente fosse così felice di aver trovato un’amica che non si era nemmeno accorto che lei fosse anche una bella ragazza. Nonostante di base sia insicuro, è molto schietto e diretto con Momo rispetto a quello che pensa e quando c’è da proteggerla lo fa a sprezzo della propria vita.
Le interazioni tra loro due sono al contempo divertenti ma anche di grande tenerezza e delicatezza.
I personaggi secondari sono anch’essi molto ben caratterizzati.
La sciroccata Aira, ragazza bella e popolare ma presuntuosa, convinta, che tende a equivocare ogni cosa e che inizierà una rivalità esasperata con Momo diventando uno dei principali motori di comicità di tutta la serie (sono passato da odiarla a adorarla).
Il demente Jiji, una delle ultime entrate e che dobbiamo ancora conoscere meglio, figaccione ma infantile abbestia. Confido che ci darà molte gioie in futuro.
Ma anche la iper-giovanile nonna di Momo, le compagne di classe, la yokai turbononna: ogni personaggio ha la sua bella caratterizzazione e i suoi momenti di comicità.
Dal lato tecnico, l’anime è notevole: i fondali sono molto curati, così come il character design dei personaggi e l’attenzione per i dettagli, i gesti e la comunicazione non verbale. Durante le scene battle le animazioni sono ottime e riescono a rendere comprensibili anche scene estremamente caotiche. Ci sono anche scelte piuttosto azzardate di colori e di musiche che personalmente ho apprezzato ogni volta. Ost molto carina. Le sigle poi sono stupende, specialmente la opening mette un sacco allegria, una hit da ascoltare pure in macchina.
Se vogliamo trovargli un difetto, le prime due puntate sono fin troppo sboccate, tanto che inizialmente pur divertendomi mi aveva dato l’impressione di una roba super-trash per ragazzini. E il finale di stagione rimane talmente in aria da dare sui nervi (ma credo che sia stato fatto appostra, considerando che appena finito è stato immediatamente annunciato il secondo cour che uscirà tra qualche mese).
Personalmente mi ha davvero divertito tantissimo, a tratti entusiasmato, aspettavo ogni settimana con trepidazione la puntata nuova e non mi capita così spesso. Per me, anime dell’anno.
deatta hi kara ima demo zutto
(Okarun)
Kimi ga suki da to sakebitai /
ashita wo kaete miyo
(Jiji)
Okarun, dopo un momento di sconforto davanti alla minaccia dell’amico d’infanzia di Momo (Jiji) decide di non darsi per vinto e in gesto di sfida comincia a cantare l’ending di Slam Dunk. Così, de botto senza senso. Jiji gli risponde con l’opening. E Momo in mezzo a loro due che non capisce cosa diavolo stia succedendo. Una scena totalmente assurda eppure fantastica, di quelle che finita la stagione ti ricorderai a distanza di tempo e citerai con gli amici. Sorprendente e illuminante, come Dandadan.
Sorprendente, perchè Dandadan è un’opera che ti stupisce continuamente per come riesca a passare con una disinvoltura assoluta da un timbro all’altro e fare centro ogni volta. Gli riesce davvero tutto. Nelle parti battle è sintetica e spettacolare, quando vira sul romance è tenera ed emozionante, quando passa al demenziale fa spaccare dalle risate e persino quando si azzarda a tentare il drammatico ti spara l’episodio migliore di tutto l’anno.
Illuminante, perchè quella scena mi ha improvvisamente donato un’epifania, facendo luce su un dubbio che, in mezzo al divertimento, mi ha lasciato pensieroso per tutta la stagione:
qual è il genere di Dandadan?
Di primo acchito si pone come un battle shonen demenziale.
Momo è una bella ragazza che, essendo nipote di una famosa medium, crede negli spiriti. “Okarun” è un ragazzo emarginato che non ha mai avuto un amico, appassionato di alieni. Passando casualmente davanti alla classe di Okarun, Momo lo vede bullizzato dai compagni e decide di aiutarlo. Ha inizio così la loro conoscenza che li getterà ben presto in mezzo a numerose avventure: scopriranno di avere ragione entrambi, infatti esistono davvero sia gli alieni che gli spiriti e si troveranno ad affrontarli in combattimenti tanto mirabolanti quanto divertenti. Le scene battle sono molto belle: visivamente spettacolari, frenetiche, con una colonna sonora perfetta che tocca anche punte di eccellenza quando va a riprendere temi di musica classica.
In chiave battle shonen tuttavia manca una vera tensione durante i combattimenti perchè la componente demenziale, seppur da me apprezzata in quanto molto divertente, smorza del tutto il senso di pericolo: i protagonisti mentre combattono stanno li a scherzare, punzecchiarsi, lanciarsi frecciatine, non dandoci mai l’impressione di prendere sul serio la minaccia.
Manca anche una trama orizzontale rispetto ai nemici: sono tutti cani sciolti, non sembrano esserci connessioni tra di loro o gerarchie nè è emerso finora alcun villain.
Inoltre i combattimenti non sono così frequenti, al contrario ci sono vari episodi con semplice slice of life a tema romance, molto teneri o simpatici, in cui vediamo i protagonisti (ai quali si aggiungeranno Aira - una compagna di scuola - e Jiji - amico d’infanzia di Momo) interagire e approfondire il loro rapporto. La parte sentimentale è trattata con grande cura dei dettagli, attenzione per il non verbale (gesti, sguardi) e un timing perfetto nella gestione dei momenti di evoluzione del rapporto, tra incomprensioni, gelosie, preoccupazioni adolescenziali, ma pur sempre sdrammatizzati da successive uscite comiche.
E’ romantico ma anche divertente. C’è romance e anche comedy.
Romance/comedy.
Aspettate un momento…
Anata dake mitsumeteru deatta hi kara ima demo zutto
Una volta avevo letto un articolo interessantissimo sulla genesi di Slam Dunk e sul motivo per cui il fumetto di Inoue ci metteva un bel po’ prima di entrare nel vivo dell’azione sportiva. Il sensei Inoue era un grande appassionato di basket e voleva tanto realizzare un manga sul tema, tuttavia in quel periodo storico vari tentativi di creare spokon su questo sport erano falliti per cui il basket era visto quasi come un tabù nel mondo dei manga. Pertanto il sensei decise, furbescamente, di “sviare” lettori e case editrici impostando inizialmente il manga come se fosse di tutt’altro genere: una tipica commedia scolastica, a base di sentimenti e scontri tra teppisti. Insomma il genere manga più popolare e di maggior ritorno di pubblico che esistesse a quei tempi. Dopo di che, una volta avviata la storia e col pubblico fidelizzato, spostò gradualmente il focus verso quello che gli interessava di più. E così ci ha regalato quello che è probabilmente il miglior spokon di sempre.
L’avesse fatto oggi, come depistaggio avrebbe scelto un battle shonen, ormai da tempo affermatosi come genere con maggiori incassi al mondo.
Quando Okarun si è messo a cantare la sigla di Slam Dunk improvvisamente mi è sembrato tutto chiaro.
Non ho letto il manga dunque non ho idea di come continui la storia ma, per quel che ho visto in questa prima stagione, Dandadan non è un battle shonen, con parentesi romance.
Dandadan è una romcom, con parentesi battle.
E vi dirò di più, come romcom è davvero eccezionale.
Riavvolgiamo il nastro.
Momo è una bella ragazza che, essendo nipote di una famosa medium, crede negli spiriti. “Okarun” è un ragazzo emarginato che non ha mai avuto un amico, appassionato di alieni.
Passando casualmente davanti alla classe di Okarun, Momo lo vede bullizzato dai compagni e decide di aiutarlo. Ha inizio così la loro conoscenza che, grazie alla passione comune per l’occulto e varie avventure e combattimenti contro spiriti e alieni, diventerà sempre più stretta evolvendosi da una iniziale semplice amicizia a qualcosa di molto di più. Nel corso della storia entreranno in scena degli antagonisti, dalla sciroccata Aira (che si prenderà una cotta per Okarun) al demente Jiji (amico d’infanzia di Momo e innamorato da sempre di lei), tutti praticamente accomunati dall’essere fuori di testa e che creeranno uno spassosissimo quadrangolo amoroso.
Dandadan risolve abilmente uno dei grandi problemi delle romcom: perchè mai la ragazza bella e popolare della scuola si innamora del ragazzo bruttarello, sfigato ed emarginato? E’ una cosa che nella realtà non accade mai, fantascienza pura, ma che negli anime solitamente siamo costretti ad accettare come una cosa che cala dall’alto senza alcuna spiegazione plausibile. Succede e basta.
In Dandadan invece questo fenomeno apparentemente miracoloso ha una sua precisa spiegazione: sono proprio le fasi battle a creare la magia. All’inizio tra Momo e Okarun c’è infatti solo amicizia ma proprio grazie alle loro avventure, rischiando la vita assieme, salvandosi a vicenda, i due si avvicinano progressivamente, cominciano a fidarsi e a tenerci l’uno all’altra, a sentire quanto l’altro sia presente e faccia di tutto per proteggerlo, a ritenersi importanti, ad essere gelosi, ecc.
In questo modo non si avverte nessuna forzatura, il sentimento di entrambi appare una naturale evoluzione delle esperienze che vivono intensamente insieme.
Inoltre le fasi battle permettono anche di eludere la tendenza a focalizzarsi esclusivamente sullo sviluppo sentimentale dei due, che qui diventa una linea parallela, anzichè l’unica, della storia.
I personaggi sono un altro punto di forza.
Momo Ayase non è la classica bella ragazza fragile o kawai: sin dalla prima puntata si dimostra invece cazzuta e con grande senso di giustizia, andando disinteressatamente a proteggere Okarun che per lei, ai tempi, era un semplice sconosciuto. Ha grinta e carisma, ma in certi frangenti sa essere anche molto dolce.
Dal canto suo Okarun è un ragazzo puro: fa tenerezza il fatto che inizialmente fosse così felice di aver trovato un’amica che non si era nemmeno accorto che lei fosse anche una bella ragazza. Nonostante di base sia insicuro, è molto schietto e diretto con Momo rispetto a quello che pensa e quando c’è da proteggerla lo fa a sprezzo della propria vita.
Le interazioni tra loro due sono al contempo divertenti ma anche di grande tenerezza e delicatezza.
I personaggi secondari sono anch’essi molto ben caratterizzati.
La sciroccata Aira, ragazza bella e popolare ma presuntuosa, convinta, che tende a equivocare ogni cosa e che inizierà una rivalità esasperata con Momo diventando uno dei principali motori di comicità di tutta la serie (sono passato da odiarla a adorarla).
Il demente Jiji, una delle ultime entrate e che dobbiamo ancora conoscere meglio, figaccione ma infantile abbestia. Confido che ci darà molte gioie in futuro.
Ma anche la iper-giovanile nonna di Momo, le compagne di classe, la yokai turbononna: ogni personaggio ha la sua bella caratterizzazione e i suoi momenti di comicità.
Dal lato tecnico, l’anime è notevole: i fondali sono molto curati, così come il character design dei personaggi e l’attenzione per i dettagli, i gesti e la comunicazione non verbale. Durante le scene battle le animazioni sono ottime e riescono a rendere comprensibili anche scene estremamente caotiche. Ci sono anche scelte piuttosto azzardate di colori e di musiche che personalmente ho apprezzato ogni volta. Ost molto carina. Le sigle poi sono stupende, specialmente la opening mette un sacco allegria, una hit da ascoltare pure in macchina.
Se vogliamo trovargli un difetto, le prime due puntate sono fin troppo sboccate, tanto che inizialmente pur divertendomi mi aveva dato l’impressione di una roba super-trash per ragazzini. E il finale di stagione rimane talmente in aria da dare sui nervi (ma credo che sia stato fatto appostra, considerando che appena finito è stato immediatamente annunciato il secondo cour che uscirà tra qualche mese).
Personalmente mi ha davvero divertito tantissimo, a tratti entusiasmato, aspettavo ogni settimana con trepidazione la puntata nuova e non mi capita così spesso. Per me, anime dell’anno.
"Dan da dan" è, senza dubbio, l'opera del momento (siamo ad inizio 2025).
Avevo già sentito recensioni entusiaste del fumetto e c'era un certo hype alla notizia che sarebbe stato trasposto in anime. Devo dire che sono totalmente d'accordo!
"Dan da dan" è un'opera bellissima!
Se siete stanchi dei soliti stagionali tutti uguali o vivete un periodo di stanca come fruitori di anime, questo titolo vi rimetterà in pace col mondo.
È il classico prodotto che conferma con orgoglio quanto straordinaria e originale sappia essere l'animazione giapponese, pur toccando a volte temi triti e ritriti.
"Dan da dan" sarebbe di base uno school che sfocia nello shonen, con tanto supernatural, fantascienza e tanta, tanta ironia. Ma la cosa stupefacente è che tocca momenti di intimità emotiva e profondità da lacrimuccia vera. Riesce a raggiungere una profondità inaspettata soprattutto quando affronta il vissuto dei protagonisti negativi.
Non vi ammorberò con la storia e il breve riassunto che è reperibile ovunque, ne tantomeno voglio rovinarvi la visione con spoiler fuoriluogo.
I due protagonisti Ken e Momo sono assolutamente divini. Una strana coppia di inaspettati amici con background diversi che si trovano e si piacciono sin da subito e ci portano all'interno di una trama surreale, ma inaspettatamente profonda.
Il comparto tecnico è fenomenale... opening ed ending sono da gustare ad ogni episodio! Le animazioni molto ben fatte e passano dal reale al surreale creando un gioco di colori divertente e molto figo.
Un eccessivo che piace senza mezze misure. La diversità di animazione legata al momento, aiuta a comprendere il reale e il surreale a seconda della situazione, diventando esso stesso trama.
Molto ben fatti i dialoghi e gli approfondimenti dei personaggi che non sono mai scontati.
La prima serie di 12 episodi si districa in una macrotrana ed una serie di eventi con puntate non autoconclusive ma sequenziali.
Questa prima stagione non ha una conclusione, anzi rimane a metà di una microsaga, lasciando intendere che la seconda stagione sarà una seconda parte della prima in realtà.
I 12 episodi volano... non è possibile centellinarli, una volta iniziata la visione di un episodio è impossibile fare a meno di voler passare subito al successivo.
Consigliatissimo per un pubblico medio/adulto. Nella serie sono presenti molte parolacce (anche se mai particolarmente volgari) e tanti doppi sensi o riferimenti sessuali piuttosto espliciti.
Correte a guardarlo... non riuscirete a farne a meno!
Avevo già sentito recensioni entusiaste del fumetto e c'era un certo hype alla notizia che sarebbe stato trasposto in anime. Devo dire che sono totalmente d'accordo!
"Dan da dan" è un'opera bellissima!
Se siete stanchi dei soliti stagionali tutti uguali o vivete un periodo di stanca come fruitori di anime, questo titolo vi rimetterà in pace col mondo.
È il classico prodotto che conferma con orgoglio quanto straordinaria e originale sappia essere l'animazione giapponese, pur toccando a volte temi triti e ritriti.
"Dan da dan" sarebbe di base uno school che sfocia nello shonen, con tanto supernatural, fantascienza e tanta, tanta ironia. Ma la cosa stupefacente è che tocca momenti di intimità emotiva e profondità da lacrimuccia vera. Riesce a raggiungere una profondità inaspettata soprattutto quando affronta il vissuto dei protagonisti negativi.
Non vi ammorberò con la storia e il breve riassunto che è reperibile ovunque, ne tantomeno voglio rovinarvi la visione con spoiler fuoriluogo.
I due protagonisti Ken e Momo sono assolutamente divini. Una strana coppia di inaspettati amici con background diversi che si trovano e si piacciono sin da subito e ci portano all'interno di una trama surreale, ma inaspettatamente profonda.
Il comparto tecnico è fenomenale... opening ed ending sono da gustare ad ogni episodio! Le animazioni molto ben fatte e passano dal reale al surreale creando un gioco di colori divertente e molto figo.
Un eccessivo che piace senza mezze misure. La diversità di animazione legata al momento, aiuta a comprendere il reale e il surreale a seconda della situazione, diventando esso stesso trama.
Molto ben fatti i dialoghi e gli approfondimenti dei personaggi che non sono mai scontati.
La prima serie di 12 episodi si districa in una macrotrana ed una serie di eventi con puntate non autoconclusive ma sequenziali.
Questa prima stagione non ha una conclusione, anzi rimane a metà di una microsaga, lasciando intendere che la seconda stagione sarà una seconda parte della prima in realtà.
I 12 episodi volano... non è possibile centellinarli, una volta iniziata la visione di un episodio è impossibile fare a meno di voler passare subito al successivo.
Consigliatissimo per un pubblico medio/adulto. Nella serie sono presenti molte parolacce (anche se mai particolarmente volgari) e tanti doppi sensi o riferimenti sessuali piuttosto espliciti.
Correte a guardarlo... non riuscirete a farne a meno!
Lo studio Scienze SARU è uno studio giovane, ma è uno studio che si sta molto mettendo in mostra in questi pochi anni di esistenza puntando su artisti che hanno preso piede da poco tipo l’autore del soggetto originale Yokinobu Tatsu o lo sceneggiatore Hiroshi Seko.
Pongo l’accento su questi due e non ad esempio sul regista (il novellino Fuga Yamashiro) perché il successo di questa serie non dipende dalla maestria tecnica del regista, da musiche incredibili, fotografia impeccabile... no tutto deriva dalla follia delle scene, dall’inventiva del testo che si tramuta in immagini.
I personaggi sono assurdi, uno più dell’altro e mi chiedo come si riesca a mantenere questa freschezza e originalità in un periodo come il nostro in cui tutto sembra essere già sondato.
Se guardo il chara dei personaggi o dei mostri direi addirittura che ne sarebbe venuto fuori un prodotto sotto la media, il linguaggio poi è spesso volgare tanto è vero che di solito quando succede penso che l’autore abbia voluto nascondere la sua incapacità di creare dialoghi affascinanti. Probabilmente è così anche in questo caso ma essi si dimostrano comunque potenti, creano scenette che non interrompono il ritmo della narrazione, ritmo che in alcuni momenti è particolarmente incalzante, soprattutto negli scontri. Negli scontri? Sì perché a dir il vero io dalla sinossi non avevo capito che anche in questo manga ci sono scontri demenziali.
Ma d'altronde qualcosa doveva rendere interessanti gli spiriti e gli extraterrestri che i due protagonisti incontrano sul loro cammino.
I personaggi che più mi piacciono, oltre i protagonisti si intende, sono la nonna di Momo Ayase, una medium fuori dal comune in tutti i sensi, e la turbononna un tremendo yokai che diventerà la mascotte del gruppo.
Non mi è piaciuta invece la storia triste legata a un altro yokai che ha interrotto il flusso di pazzo divertimento e mancanza di argomenti seri che c’era stato fino a quel punto. A questo si aggiunge il finale interrotto di questo cour: quanto dovrò aspettare per capire come Momo si libererà dei “coccodrilli?” e il mistero della stanza nascosta qual è?
Se dunque per alcuni attimi ho pensato di dare come voto dieci credo che sia più adatto limitarmi ad un nove e a consigliarlo a chi ama non tanto il paranormale quanto le storie divertenti.
Pongo l’accento su questi due e non ad esempio sul regista (il novellino Fuga Yamashiro) perché il successo di questa serie non dipende dalla maestria tecnica del regista, da musiche incredibili, fotografia impeccabile... no tutto deriva dalla follia delle scene, dall’inventiva del testo che si tramuta in immagini.
I personaggi sono assurdi, uno più dell’altro e mi chiedo come si riesca a mantenere questa freschezza e originalità in un periodo come il nostro in cui tutto sembra essere già sondato.
Se guardo il chara dei personaggi o dei mostri direi addirittura che ne sarebbe venuto fuori un prodotto sotto la media, il linguaggio poi è spesso volgare tanto è vero che di solito quando succede penso che l’autore abbia voluto nascondere la sua incapacità di creare dialoghi affascinanti. Probabilmente è così anche in questo caso ma essi si dimostrano comunque potenti, creano scenette che non interrompono il ritmo della narrazione, ritmo che in alcuni momenti è particolarmente incalzante, soprattutto negli scontri. Negli scontri? Sì perché a dir il vero io dalla sinossi non avevo capito che anche in questo manga ci sono scontri demenziali.
Ma d'altronde qualcosa doveva rendere interessanti gli spiriti e gli extraterrestri che i due protagonisti incontrano sul loro cammino.
I personaggi che più mi piacciono, oltre i protagonisti si intende, sono la nonna di Momo Ayase, una medium fuori dal comune in tutti i sensi, e la turbononna un tremendo yokai che diventerà la mascotte del gruppo.
Non mi è piaciuta invece la storia triste legata a un altro yokai che ha interrotto il flusso di pazzo divertimento e mancanza di argomenti seri che c’era stato fino a quel punto. A questo si aggiunge il finale interrotto di questo cour: quanto dovrò aspettare per capire come Momo si libererà dei “coccodrilli?” e il mistero della stanza nascosta qual è?
Se dunque per alcuni attimi ho pensato di dare come voto dieci credo che sia più adatto limitarmi ad un nove e a consigliarlo a chi ama non tanto il paranormale quanto le storie divertenti.