Bugie d'Aprile
Sono riuscito finalmente a recuperare questa serie anime che avevo nel mirino da tempo... Al termine della visione, non posso non evidenziare a livello di concept la profonda somiglianza con la vicenda narrata in "Kimi no Suizo wo Tabetai - Voglio mangiare il tuo pancreas"... e attesi i tempi di uscita delle due serie (manga più anime per il primo e novel più manga più anime per il secondo), potrei sostenere che il secondo abbia preso ispirazione dal primo, migliorando, e di molto, il concetto di opera slice of life sentimentale scolastica con la malattia terminale di uno dei protagonisti.
Ma questa è la recensione di "Shigatsu wa Kimi no Uso" - "Your Lie in April" - sottotitolato "I Met the Girl Under Full-bloomed Cherry Blossoms and My Fate Has Begun to Change" - e posso dire che il tema della bugia è l'escamotage utilizzato dalla studentessa dell'ultimo anno delle scuole medie di primo livello (chūgakkō - scuola media) Kaori Miyazono per avvicinarsi a un ragazzo, Arima Kousei.
In realtà, l'escamotage si rivela al termine della visione, e non ne faccio ulteriore accenno per non rovinare il mistero (neanche tanto in fin dei conti...) a chi volesse accingersi a vedere questa serie anime.
Che cos'ha di speciale Kousei Arima? È un ragazzo normalissimo, studente con pochi amici (Ryota Watari e Tsubaki Sawabe), con un carattere preciso, ma molto riservato, chiuso e formale, forse definibile depresso, ma anche gentile, altruista. Vive da solo e ha come vicini di casa la famiglia dell'amica di infanzia Tsubaki, che si prende cura di lui, in quanto la madre è deceduta per una malattia anni prima e il padre non pervenuto (potrei ipotizzare assente per separazione e/o per lavoro...). Kousei fino alla morte della madre suonava il pianoforte e con grandi risultati e riconoscimenti, tanto da essere ritenuto un enfant prodige della musica.
Ma a quale prezzo aveva ottenuto la fama? Tramite lezioni al limite dell'ossessione e degli abusi anche fisici da parte della madre, che riversava in lui tutta sé stessa, inclusa la frustrazione e la paura della malattia che l'avrebbe portata alla morte, lasciando inesorabilmente in solitudine il povero Kousei. E lui, sottoposto anche a vessazioni proprio dalla persona che per antonomasia rappresenta la personificazione dell'amore filiale, attribuisce alla musica e all'ottenimento dei riconoscimenti una sorta di strumento salvifico per la vita della madre di cui aveva ormai compreso la sorte infausta.
Con il decesso della genitrice, Kousei perde la motivazione a suonare, abbandonando le lezioni di piano, e si rinchiude in sé stesso in una sorta di atarassia emozionale. Mi ha sempre colpito in tutto l'anime l'atteggiamento apparentemente freddo, rigido e privo di emozioni del ragazzo. Nessuno o pochissimi sorrisi, nessuna reazione istintiva, tanta insicurezza, senza punti di riferimento... Come si suol dire, vivacchia facendo il suo a scuola senza in apparenza altri interessi.
Chi lo sveglierà progressivamente dal suo torpore delle emozioni sarà proprio Kaori, che utilizzerà come grimaldello la comune passione per la musica classica: lei violinista virtuosa ed estrosa, con una visione della vita completamente opposta a quella di Kousei, che fin da piccolo è stato allevato come una sorta di soldatino ai comandi della madre. Lei è a suo modo eccessiva, in apparenza infantile, solare, estroversa, indipendente e coinvolgente. Pian piano Kaori fa breccia nel muro psicologico di Kousei, facendo riemergere in lui la voglia di rimettersi in gioco, suonare e cominciare a (ri)provare il piacere del produrre melodie e ad apprezzarle, sentirle non solo a livello uditivo ma anche a livello emozionale, in modo da dare a ciò che suona una sua interpretazione personale oltre la perfezione formale dell'esecuzione pedissequa e perfetta di uno spartito.
Non a caso Kousei era soprannominato il metronomo umano, un perfetto riproduttore di melodie, qualunque esse fossero... ma di suo non ci metteva nulla, anche perché la madre, pianista anche lei, inflessibile sacerdotessa della perfezione e pulizia dell'esecuzione, glielo impediva al punto di arrivare a pesanti punizioni fisiche.
"Your Lie in April" rappresenta da questo punto di vista un viaggio, malinconico e doloroso, ma comunque positivo, nell'"io" di un ragazzino che si è ritrovato senza punti di riferimento in un periodo delicatissimo della crescita come l'adolescenza, in cui generalmente si afferma, anche in modo talvolta eccessivo ed estremo, la propria personalità e si elabora la propria struttura e visione della vita: Kousei era convinto di aver perso "tutto" e non era più in grado di rialzarsi o "riemergere", come nell'immagine metaforica dell'anime in cui lui non sentiva più la musica che suonava, perché era come risucchiato in un abisso d'acqua in cui tutto era ovattato e artefatto.
Questa immagine non rappresenta solo il suo non sentire la musica, quanto la sua "soul cage" in cui si era rinchiuso per non soffrire più dopo le sofferenze patite: non solo quelle fisiche, le rinunce a vivere una vita spensierata come qualsiasi bambino della sua età per dedicarsi completamente, anche contro la sua volontà, alle lezioni di piano come unico scopo e fine della sua breve esistenza, per compiacere la madre. Paradigmatiche sono le scene ripetute in cui, ancora bambino, l'amica Tsubaki lo chiama per giocare e lui rifiuta, scusandosi che aveva le lezioni di piano e nascondendo con goffaggine i lividi che aveva sulle mani e sulle braccia.
Una visione mesta e triste della vita per un bambino che dovrebbe vivere l'esistenza in modo spensierato e che invece si ritrova ad essere a sua volta uno strumento manipolato dalla madre, che lo utilizza per compiacersi di quello che non avrebbe potuto più essere e per essere la madre di un fenomeno del pianoforte. Insomma, Kousei è una sorta di molla compressa talmente bloccata, da non riuscire più a capire ciò che lo circonda e ciò che vuole essere, rifiutando con terrore/orrore il suo passato che gli ha causato tanta sofferenza, incluso il rapporto di amore/odio nei confronti della madre.
Ma, come scriveva Alessandro Baricco in una delle sue opere più famose ("Castelli di rabbia"), "accadono cose che sono come domande, passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde", e a Kousei, senza esserne consapevole, capita il cosiddetto plot twist della sua breve esistenza: l'incontro con Kaori Miyazono.
Il tutto sembra casuale, ma alla fine comprenderemo che non lo era, e inizia un percorso magico ma anche faticoso in cui metaforicamente Kousei, bambino raggomitolato/accucciato in un angolino contro il muro a piangere perché non riesce a sbloccarsi, inizia ad alzare la testa, ad osservarsi intorno e a cercare di alzarsi nuovamente: alla fine ci riuscirà, ma la vita, al termine dei ventidue episodi suddivisi in due serie, ancora una volta gli risponderà in modo doloroso.
In questo percorso, Kaori è lo starter e la musa ispiratrice, colei che lo scrolla anche controvoglia, ma nella serie scopriremo che un po' tutte le persone che in qualche modo hanno avuto la fortuna di apprezzare il talento di Kousei si uniranno e collaboreranno a loro modo per fare in modo che lui riprenda a suonare e a manifestare il suo talento.
Da Tsubaki a Ryota, suoi inseparabili amici, a Emi e Takeshi, suoi rivali di gare musicali all'ultimo sangue, a Seto, amica della madre e insegnante di pianoforte, a Nagi, sorella di Takeshi e alunna di Kousei per migliorare la sua tecnica.
L'amore, inteso come componente romance/sentimentale e tragica, è presente in "You Lie in April", ma resta un po' in secondo piano, potenziale e inespresso: le interazioni tra Kousei e Kaori sono animate da una certa simpatia tra i due, ma l'estrosità di lei unita poi alla incipiente malattia che la renderà progressivamente incapace di poter vivere come una ragazza normale, tanto da trascorrere quasi tutta la serie in ospedale per curarsi, lasceranno Kousei ad affrontare da solo (sempre e comunque con la motivazione di tornare a suonare con Kaori) il suo percorso di catarsi dall'oscurità in cui era piombato.
In ogni caso è evidente la maturazione di lui che esce dall'ombra del ricordo dell'amore materno (amore/odio per le sofferenze subite), per finalmente spalancarsi alla luce e ai colori di quello per la musica ispirata dalla speranza di poter nuovamente suonare con Kaori al violino e godere appieno dei suoi sentimenti maturati pian piano verso di lei.
L'episodio 4 contiene a mio avviso la sequenza più significativa e paradigmatica della serie: l'esibizione davanti al pubblico in cui lui a fatica sembra superare i suoi ostacoli mentali, bloccandosi, e lei che incurante di tutto e tutti lo attende paziente per riprendere e terminare, infischiandosene del risultato della gara, per il solo gusto di poter suonare con colui che ammirava fin da piccola e poter esternare tutto il suo talento nel reinterpretare a modo suo il brano che stavano suonando, come inno all'amore per la musica e all'attaccamento alla vita... sequenza magnetica e sublime.
Il resto, fino alla fine, che purtroppo non sarà propriamente positiva per Kousei, è solo una metafora della esistenza umana sempre volta alla ricerca della felicità, che spesso risulta effimera. Ma la musica gli consentirà di addolcire l'anima e affievolire le tristezze dell'esistenza.
"Your Lie in April" da questo punto di vista rappresenta comunque non solo un messaggio di amore verso la musica ma anche e soprattutto verso sé stessi e la vita in generale... e Kaori lascia un'eredità significativa a Kousei cui la madre non era giunta.
Lo stile di narrazione è molto orientale e metaforico, forse ridondante e talvolta anche un po' filler rispetto al leit motiv. Sono presenti i soliti cliché delle gare, della assurda abnegazione allo studio e alla preparazione, alla rivalità, dell'ammirazione a chi si sacrifica di più... Dal punto di vista tecnico e grafico lo Studio A-1 ha fatto un lavoro egregio, su quale a mio avviso c'è poco o nulla da eccepire: i disegni, le animazioni, i colori tenui e realistici, il chara design sono ancora oggi incredibili per qualità e bellezza. Lo stile del disegno sembra riprendere molto bene quello del manga... in più aggiunge la componente musicale, che ovviamente il fumetto non poteva rendere. E la musica rappresenta il suo punto di forza assieme alla componente grafica: i brani di musica classica sono riprodotti e ben amalgamati con le animazioni e i disegni.
Mi sono sembrati molto belli i dettagli del pianoforte in cui vengono riprodotte le corde e i martelletti, mentre i vari musicisti suonano, ma in generale l'atmosfera, i momenti di silenzio al termine dell'esibizione, la magia e la tensione delle esecuzioni, i momenti preparatori, l'umanità delle reazioni pre e post esibizione, il continuo alternare ricordi, pensieri e parole nei momenti più difficili sempre accompagnati da una colonna sonora di effetto ed evocativa, capace di accentuare i momenti di pathos delle scene, soprattutto quelle più commoventi e strappalacrime.
Eh già, per chi è un sentimentale questa serie metterà a dura prova i dotti lacrimali e forse, in un certo modo, tende ad esagerare nei momenti commoventi: alcune scene in ospedale (quella sul tetto) e l'esibizione finale sono estremamente toccanti.
Oltre all'eccesso di momenti strappalacrime, altro difettuccio potrebbe essere rappresentato da alcune considerazioni sulla vita da parte dei personaggi: alcuni sono veramente profondi, tanto da sembrare strani se pronunciati da ragazzi di quattordici anni... ma sono aspetti venali, che, aggiunti al largo spazio alle esibizioni più che al personaggio di Kaori, conferiscono un imprinting definito alla trama della serie.
Al di là della condizione psicologica di Kousei, quasi al limite del deprimente, non di meno è quella di Kaori che solo in apparenza sembra essere il suo esatto contrario: tanto vitale, nonostante la consapevolezza della malattia senza rimedio, si aggrappa alla vita godendone tutti gli istanti... e Kousei, con la sua rinascita, le donerà il coraggio di affrontare fino in fondo la sua sfida.
A me Kaori e Kousei sono sembrati un po’ lo “Yin” e lo “Yang”: la notte e il giorno. Due poli in apparenza opposti che come tali si fonderanno “spiritualmente” in una vicenda agro/dolce di un amore mai vissuto, ma il messaggio di fondo che emerge e che entrambi soffrono a loro modo di un male che li accomuna: la solitudine.
Se per Kousei è un muro per isolarsi dal soffrire nuovamente, qualora si affezionasse a qualcuno, per Kaori è una conseguenza del suo destino, trovandosi ad affrontare la sfida più difficile: quella di restare in vita.
In ultima battuta il messaggio finale dell'opera potrebbe essere quello della speranza: in fondo la morte non è la perdita più grande della vita. La più grande perdita è ciò che muore dentro mentre si è ancora in vita.
Ma questa è la recensione di "Shigatsu wa Kimi no Uso" - "Your Lie in April" - sottotitolato "I Met the Girl Under Full-bloomed Cherry Blossoms and My Fate Has Begun to Change" - e posso dire che il tema della bugia è l'escamotage utilizzato dalla studentessa dell'ultimo anno delle scuole medie di primo livello (chūgakkō - scuola media) Kaori Miyazono per avvicinarsi a un ragazzo, Arima Kousei.
In realtà, l'escamotage si rivela al termine della visione, e non ne faccio ulteriore accenno per non rovinare il mistero (neanche tanto in fin dei conti...) a chi volesse accingersi a vedere questa serie anime.
Che cos'ha di speciale Kousei Arima? È un ragazzo normalissimo, studente con pochi amici (Ryota Watari e Tsubaki Sawabe), con un carattere preciso, ma molto riservato, chiuso e formale, forse definibile depresso, ma anche gentile, altruista. Vive da solo e ha come vicini di casa la famiglia dell'amica di infanzia Tsubaki, che si prende cura di lui, in quanto la madre è deceduta per una malattia anni prima e il padre non pervenuto (potrei ipotizzare assente per separazione e/o per lavoro...). Kousei fino alla morte della madre suonava il pianoforte e con grandi risultati e riconoscimenti, tanto da essere ritenuto un enfant prodige della musica.
Ma a quale prezzo aveva ottenuto la fama? Tramite lezioni al limite dell'ossessione e degli abusi anche fisici da parte della madre, che riversava in lui tutta sé stessa, inclusa la frustrazione e la paura della malattia che l'avrebbe portata alla morte, lasciando inesorabilmente in solitudine il povero Kousei. E lui, sottoposto anche a vessazioni proprio dalla persona che per antonomasia rappresenta la personificazione dell'amore filiale, attribuisce alla musica e all'ottenimento dei riconoscimenti una sorta di strumento salvifico per la vita della madre di cui aveva ormai compreso la sorte infausta.
Con il decesso della genitrice, Kousei perde la motivazione a suonare, abbandonando le lezioni di piano, e si rinchiude in sé stesso in una sorta di atarassia emozionale. Mi ha sempre colpito in tutto l'anime l'atteggiamento apparentemente freddo, rigido e privo di emozioni del ragazzo. Nessuno o pochissimi sorrisi, nessuna reazione istintiva, tanta insicurezza, senza punti di riferimento... Come si suol dire, vivacchia facendo il suo a scuola senza in apparenza altri interessi.
Chi lo sveglierà progressivamente dal suo torpore delle emozioni sarà proprio Kaori, che utilizzerà come grimaldello la comune passione per la musica classica: lei violinista virtuosa ed estrosa, con una visione della vita completamente opposta a quella di Kousei, che fin da piccolo è stato allevato come una sorta di soldatino ai comandi della madre. Lei è a suo modo eccessiva, in apparenza infantile, solare, estroversa, indipendente e coinvolgente. Pian piano Kaori fa breccia nel muro psicologico di Kousei, facendo riemergere in lui la voglia di rimettersi in gioco, suonare e cominciare a (ri)provare il piacere del produrre melodie e ad apprezzarle, sentirle non solo a livello uditivo ma anche a livello emozionale, in modo da dare a ciò che suona una sua interpretazione personale oltre la perfezione formale dell'esecuzione pedissequa e perfetta di uno spartito.
Non a caso Kousei era soprannominato il metronomo umano, un perfetto riproduttore di melodie, qualunque esse fossero... ma di suo non ci metteva nulla, anche perché la madre, pianista anche lei, inflessibile sacerdotessa della perfezione e pulizia dell'esecuzione, glielo impediva al punto di arrivare a pesanti punizioni fisiche.
"Your Lie in April" rappresenta da questo punto di vista un viaggio, malinconico e doloroso, ma comunque positivo, nell'"io" di un ragazzino che si è ritrovato senza punti di riferimento in un periodo delicatissimo della crescita come l'adolescenza, in cui generalmente si afferma, anche in modo talvolta eccessivo ed estremo, la propria personalità e si elabora la propria struttura e visione della vita: Kousei era convinto di aver perso "tutto" e non era più in grado di rialzarsi o "riemergere", come nell'immagine metaforica dell'anime in cui lui non sentiva più la musica che suonava, perché era come risucchiato in un abisso d'acqua in cui tutto era ovattato e artefatto.
Questa immagine non rappresenta solo il suo non sentire la musica, quanto la sua "soul cage" in cui si era rinchiuso per non soffrire più dopo le sofferenze patite: non solo quelle fisiche, le rinunce a vivere una vita spensierata come qualsiasi bambino della sua età per dedicarsi completamente, anche contro la sua volontà, alle lezioni di piano come unico scopo e fine della sua breve esistenza, per compiacere la madre. Paradigmatiche sono le scene ripetute in cui, ancora bambino, l'amica Tsubaki lo chiama per giocare e lui rifiuta, scusandosi che aveva le lezioni di piano e nascondendo con goffaggine i lividi che aveva sulle mani e sulle braccia.
Una visione mesta e triste della vita per un bambino che dovrebbe vivere l'esistenza in modo spensierato e che invece si ritrova ad essere a sua volta uno strumento manipolato dalla madre, che lo utilizza per compiacersi di quello che non avrebbe potuto più essere e per essere la madre di un fenomeno del pianoforte. Insomma, Kousei è una sorta di molla compressa talmente bloccata, da non riuscire più a capire ciò che lo circonda e ciò che vuole essere, rifiutando con terrore/orrore il suo passato che gli ha causato tanta sofferenza, incluso il rapporto di amore/odio nei confronti della madre.
Ma, come scriveva Alessandro Baricco in una delle sue opere più famose ("Castelli di rabbia"), "accadono cose che sono come domande, passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde", e a Kousei, senza esserne consapevole, capita il cosiddetto plot twist della sua breve esistenza: l'incontro con Kaori Miyazono.
Il tutto sembra casuale, ma alla fine comprenderemo che non lo era, e inizia un percorso magico ma anche faticoso in cui metaforicamente Kousei, bambino raggomitolato/accucciato in un angolino contro il muro a piangere perché non riesce a sbloccarsi, inizia ad alzare la testa, ad osservarsi intorno e a cercare di alzarsi nuovamente: alla fine ci riuscirà, ma la vita, al termine dei ventidue episodi suddivisi in due serie, ancora una volta gli risponderà in modo doloroso.
In questo percorso, Kaori è lo starter e la musa ispiratrice, colei che lo scrolla anche controvoglia, ma nella serie scopriremo che un po' tutte le persone che in qualche modo hanno avuto la fortuna di apprezzare il talento di Kousei si uniranno e collaboreranno a loro modo per fare in modo che lui riprenda a suonare e a manifestare il suo talento.
Da Tsubaki a Ryota, suoi inseparabili amici, a Emi e Takeshi, suoi rivali di gare musicali all'ultimo sangue, a Seto, amica della madre e insegnante di pianoforte, a Nagi, sorella di Takeshi e alunna di Kousei per migliorare la sua tecnica.
L'amore, inteso come componente romance/sentimentale e tragica, è presente in "You Lie in April", ma resta un po' in secondo piano, potenziale e inespresso: le interazioni tra Kousei e Kaori sono animate da una certa simpatia tra i due, ma l'estrosità di lei unita poi alla incipiente malattia che la renderà progressivamente incapace di poter vivere come una ragazza normale, tanto da trascorrere quasi tutta la serie in ospedale per curarsi, lasceranno Kousei ad affrontare da solo (sempre e comunque con la motivazione di tornare a suonare con Kaori) il suo percorso di catarsi dall'oscurità in cui era piombato.
In ogni caso è evidente la maturazione di lui che esce dall'ombra del ricordo dell'amore materno (amore/odio per le sofferenze subite), per finalmente spalancarsi alla luce e ai colori di quello per la musica ispirata dalla speranza di poter nuovamente suonare con Kaori al violino e godere appieno dei suoi sentimenti maturati pian piano verso di lei.
L'episodio 4 contiene a mio avviso la sequenza più significativa e paradigmatica della serie: l'esibizione davanti al pubblico in cui lui a fatica sembra superare i suoi ostacoli mentali, bloccandosi, e lei che incurante di tutto e tutti lo attende paziente per riprendere e terminare, infischiandosene del risultato della gara, per il solo gusto di poter suonare con colui che ammirava fin da piccola e poter esternare tutto il suo talento nel reinterpretare a modo suo il brano che stavano suonando, come inno all'amore per la musica e all'attaccamento alla vita... sequenza magnetica e sublime.
Il resto, fino alla fine, che purtroppo non sarà propriamente positiva per Kousei, è solo una metafora della esistenza umana sempre volta alla ricerca della felicità, che spesso risulta effimera. Ma la musica gli consentirà di addolcire l'anima e affievolire le tristezze dell'esistenza.
"Your Lie in April" da questo punto di vista rappresenta comunque non solo un messaggio di amore verso la musica ma anche e soprattutto verso sé stessi e la vita in generale... e Kaori lascia un'eredità significativa a Kousei cui la madre non era giunta.
Lo stile di narrazione è molto orientale e metaforico, forse ridondante e talvolta anche un po' filler rispetto al leit motiv. Sono presenti i soliti cliché delle gare, della assurda abnegazione allo studio e alla preparazione, alla rivalità, dell'ammirazione a chi si sacrifica di più... Dal punto di vista tecnico e grafico lo Studio A-1 ha fatto un lavoro egregio, su quale a mio avviso c'è poco o nulla da eccepire: i disegni, le animazioni, i colori tenui e realistici, il chara design sono ancora oggi incredibili per qualità e bellezza. Lo stile del disegno sembra riprendere molto bene quello del manga... in più aggiunge la componente musicale, che ovviamente il fumetto non poteva rendere. E la musica rappresenta il suo punto di forza assieme alla componente grafica: i brani di musica classica sono riprodotti e ben amalgamati con le animazioni e i disegni.
Mi sono sembrati molto belli i dettagli del pianoforte in cui vengono riprodotte le corde e i martelletti, mentre i vari musicisti suonano, ma in generale l'atmosfera, i momenti di silenzio al termine dell'esibizione, la magia e la tensione delle esecuzioni, i momenti preparatori, l'umanità delle reazioni pre e post esibizione, il continuo alternare ricordi, pensieri e parole nei momenti più difficili sempre accompagnati da una colonna sonora di effetto ed evocativa, capace di accentuare i momenti di pathos delle scene, soprattutto quelle più commoventi e strappalacrime.
Eh già, per chi è un sentimentale questa serie metterà a dura prova i dotti lacrimali e forse, in un certo modo, tende ad esagerare nei momenti commoventi: alcune scene in ospedale (quella sul tetto) e l'esibizione finale sono estremamente toccanti.
Oltre all'eccesso di momenti strappalacrime, altro difettuccio potrebbe essere rappresentato da alcune considerazioni sulla vita da parte dei personaggi: alcuni sono veramente profondi, tanto da sembrare strani se pronunciati da ragazzi di quattordici anni... ma sono aspetti venali, che, aggiunti al largo spazio alle esibizioni più che al personaggio di Kaori, conferiscono un imprinting definito alla trama della serie.
Al di là della condizione psicologica di Kousei, quasi al limite del deprimente, non di meno è quella di Kaori che solo in apparenza sembra essere il suo esatto contrario: tanto vitale, nonostante la consapevolezza della malattia senza rimedio, si aggrappa alla vita godendone tutti gli istanti... e Kousei, con la sua rinascita, le donerà il coraggio di affrontare fino in fondo la sua sfida.
A me Kaori e Kousei sono sembrati un po’ lo “Yin” e lo “Yang”: la notte e il giorno. Due poli in apparenza opposti che come tali si fonderanno “spiritualmente” in una vicenda agro/dolce di un amore mai vissuto, ma il messaggio di fondo che emerge e che entrambi soffrono a loro modo di un male che li accomuna: la solitudine.
Se per Kousei è un muro per isolarsi dal soffrire nuovamente, qualora si affezionasse a qualcuno, per Kaori è una conseguenza del suo destino, trovandosi ad affrontare la sfida più difficile: quella di restare in vita.
In ultima battuta il messaggio finale dell'opera potrebbe essere quello della speranza: in fondo la morte non è la perdita più grande della vita. La più grande perdita è ciò che muore dentro mentre si è ancora in vita.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Your Lie in April" è uno degli anime che più spicca tra quelli del suo stesso genere indubbiamente per il suo apparato tecnico, ma anche per la componente più tragica della serie.
Convinto di essere rimasto solo in un abisso dopo la perdita del suo unico genitore, Arima Kousei, il protagonista, non riuscirà più a udire il suono della sua musica (riferimento a Beethoven, a mio parere). Le sue però sono solo scuse per scappare dalla sofferenza dovuta al ricordo della figura materna. Prova paura per l'essere lasciato da solo in quell'oblio, e ansia perché non ha nessun altro posto dove tornare, il pianoforte per lui è tutto.
Poi però arriva Kaori Miyazono. Lei lo aiuterà a risalire da quest'abisso. Lei è lì con lui, come spesso ripetono sia Kaori che Arima. Un nuovo punto di riferimento di cui il protagonista aveva bisogno. Una persona che rappresenterà per lui anche un amore nel suo periodo di massima giovinezza. Non frenerà più le sue emozioni, a cui darà voce tramite la musica. Interessante infatti vedere come lo stile musicale del protagonista cambi continuamente a seconda delle tante emozioni che prova in quell'esatto momento (anche durante una sola esibizione). La musica rappresenta il turbine emotivo che prova Arima in quel periodo della sua vita così confusionario e altalenante chiamato adolescenza.
L'anime parla anche di Tsubaki, l'amica d'infanzia di Arima. Parla dell'incertezza dei suoi sentimenti e di quanto questi possano cambiare repentinamente, portandoti a compiere azioni di cui nemmeno tu comprendi il significato. Tipico atteggiamento adolescenziale. Anche per lei hanno riservato un degno trattamento, mai troppo banale.
Questo anime tecnicamente è eccellente: l'attenzione per i colori, le animazioni, il character design che cambia a seconda della natura comica o drammatica del momento. Bello sia quando "si muove" sia nei mosaici immobili che regala. I petali di fiore di ciliegio appena sotto le finestre delle aule, i raggi di sole, una gamba dolorante avvolta dal ghiaccio, il colorito dei personaggi che cambia a seconda del loro stato di salute. Incredibile sia nella rappresentazione degli ambienti che nell'attenzione riposta sui corpi e sui movimenti dei personaggi (dettaglio fondamentale per rappresentare le loro emozioni). Ancora oggi, dopo ben sette anni, è uno degli anime più gradevoli alla vista. L'unico punto negativo sono le riprese che contemplano la presenza di quei rastrelli di gomma che dovrebbero essere mani. Pessimo uso della CGI.
La colonna sonora è buona ma non eccellente. L'accompagnamento è molto buono, ma le tracce prese a sé non penso siano così incredibili. Solo alcune sono davvero memorabili, e per questo motivo vengono riciclate continuamente nel corso della serie.
Questo anime però ha due grossi difetti, e altri minori, che renderanno più chiaro il mio voto.
Il ritmo della serie: sebbene la sceneggiatura di questa serie si differenzi dalla mediocrità delle altre appartenenti allo stesso genere, è vero anche che nel secondo cour c'è un calo drastico nel ritmo. Oltre a eventi inutili cari al genere slice of life, assisteremo anche a un inutile approfondimento di alcuni personaggi.
Cos'è "Your Lie in April"? Un viaggio nella psicologia di Arima Kousei, un focus sulle sue emozioni e il racconto di come riuscirà a salvarsi da quell'abisso. Se il cast è formato dai personaggi che vediamo nella serie, è perché ognuno ha un suo ruolo nella vita di Arima. Proprio all'inizio dell'episodio conclusivo, durante l'esibizione finale, vedremo Arima ringraziare un personaggio dopo l'altro, perché ognuno gli ha lasciato qualcosa per formare la sua personalità e la sua musica. Quasi tutto l'anime ruota attorno a Kousei.
Il problema sorge quando vengono presentati nuovi personaggi. Emi, Hiroko, Takeshi e sua sorella Nagi vengono introdotti nella serie successivamente, e man mano verrà spiegato che ruolo avranno nell'adolescenza di Arima... però poi si passa alla background story di ognuno. Sono degli approfondimenti superflui, inutili, che tradiscono il concetto stesso della serie. Se il loro passato non ha influenza sul protagonista, allora perché parlarmene? Non sempre l'approfondimento di un personaggio è un pregio, soprattutto nel caso di Nagi, dove il ritmo viene fatto a pezzi con un noiosissimo arco di allenamento poco prima delle battute finali della serie. Mentre Kaori sta morendo in ospedale, tu sei costretto a sapere cosa fa Nagi a scuola.
Arima Saki, la madre del protagonista: perché Saki suona sempre "Pene d'amore" e non "Amore gioioso" con il pianoforte? Per abituare suo figlio al dolore. Perché è così severa con lui? Perché solo Arima può realizzare il sogno che lei non realizzerà mai... Ma più avanti nella serie si scoprirà che Saki è preoccupata per il futuro del figlio. Deve lasciargli tutto il suo patrimonio, perché è grazie a quello che riuscirà a sostentarsi dopo la sua morte.
Saki è una madre orribile che picchia il figlio e decide il futuro al posto suo. Nessuno interviene per cambiare le cose tra le persone vicine ad Arima. Hiroko Seto è abbastanza matura per capire, ma non fa niente. Sembra avere un'opinione negativa di Saki, ma allo stesso tempo se ne esce con frasi come "nessuna madre è in grado di odiare il proprio figlio". Sembra che la lasci fare solamente perché la conosce da tanto e perché (poverina) sta per morire.
Nella scena in cui Arima sanguina, piange davanti a tutti e le augura la morte, Saki sorride. Sorride perché quel gesto segna la sua crescita come pianista. Sembra che Ylia giustifichi tutta la violenza riversata sul protagonista perché quelle sofferenze lo aiuteranno a migliorare la sua arte. L'istinto materno di cui parla anche Hiroko viene completamente messo in ombra dalla volontà della madre di crescere Arima come artista, sempre per questo bene superiore che però finisce solamente per logorare il protagonista nel corpo e nell'anima.
È un anime prevalentemente per un pubblico adolescente, che tratta tematiche così complesse come la maternità e la crescita di un'artista come se fossero un qualsiasi problema da ragazzo. Queste tematiche hanno lo stesso livello di approfondimento dei problemi di Tsubaki.
"Saki è una madre orribile poiché malmena il figlio e decide il futuro al posto suo... Però è così severa con lui perché è proprio grazie ai suoi insegnamenti che lui potrà avere un futuro gioioso". Un discorso che suona come "ha fatto anche cose buone" e che cerca di far passare la madre come un eroe tragico. Mentre Saki insegna ad Arima come suonare il pianoforte, dice: "Toccalo come se stessi accarezzando la testa di un bambino". Ridicolo.
Non uso spesso l'espressione "forced drama" e non la intendo mai come una reazione esagerata di un personaggio, ma piuttosto come una soluzione di sceneggiatura che porta gli eventi a risultare eccessivamente tragici, a tal punto da non essere credibili. Penso che sia il caso di quest'opera.
Kousei trova nella madre il suo punto di riferimento, ma lei se ne va prematuramente a causa di una malattia. Dopo tanti anni si palesa davanti a lui Kaori Miyazono, un nuovo punto di riferimento per il protagonista. Kaori Miyazono se ne va prematuramente a causa di una malattia.
Possibile che la stessa identica sorte si ripeta sulla stessa persona due volte di fila?
I due paragrafi precedenti mi servono per introdurre una critica a chi elogia quest'opera per il suo realismo. Non è così! "Your Lie in April" non è una serie realistica né per gli eventi all'interno della storia né per i comportamenti dei personaggi. A dimostrarlo sono le parole che escono dalla bocca dei protagonisti quattordicenni.
"Più cerco di concentrarmi, più la mia prestazione mi logora, e i suoni che sento svaniscono dalla mia vista come grovigli di fiori portati via dal vento di primavera, per poi svanire", in particolare questa frase non è solo finta, ma proprio stupida a mio parere. Non ho nulla contro le serie che presentano comportamenti irrealistici (se funzionali), ma non diciamo fesserie, "Your Lie in April" non è realistica. Molto romanzata e metaforica anche nelle ambientazioni.
Riguardo ai comportamenti della madre, si potrebbe dire che gli esseri umani sono ipocriti e contraddittori continuamente, ma un ragionamento simile da parte di un adulto è inconcepibile, e ancora più inconcepibile è la risposta delle persone vicine ad Arima che non fanno nulla per salvarlo. È sicuramente un caso di violenza domestica che potrebbe accadere da qualche parte nel mondo, ma a renderlo irrealistico sono tutte le varie coincidenze che portano al dramma forzato di cui parlavo prima. La sfortuna di Arima non ha confini.
Un anime tanto splendido all'apparenza ma non curante di tematiche delicate. Si avvale spesso della sua potenza visiva per distogliere l'attenzione dalle sue parole.
"Your Lie in April" è uno degli anime che più spicca tra quelli del suo stesso genere indubbiamente per il suo apparato tecnico, ma anche per la componente più tragica della serie.
Convinto di essere rimasto solo in un abisso dopo la perdita del suo unico genitore, Arima Kousei, il protagonista, non riuscirà più a udire il suono della sua musica (riferimento a Beethoven, a mio parere). Le sue però sono solo scuse per scappare dalla sofferenza dovuta al ricordo della figura materna. Prova paura per l'essere lasciato da solo in quell'oblio, e ansia perché non ha nessun altro posto dove tornare, il pianoforte per lui è tutto.
Poi però arriva Kaori Miyazono. Lei lo aiuterà a risalire da quest'abisso. Lei è lì con lui, come spesso ripetono sia Kaori che Arima. Un nuovo punto di riferimento di cui il protagonista aveva bisogno. Una persona che rappresenterà per lui anche un amore nel suo periodo di massima giovinezza. Non frenerà più le sue emozioni, a cui darà voce tramite la musica. Interessante infatti vedere come lo stile musicale del protagonista cambi continuamente a seconda delle tante emozioni che prova in quell'esatto momento (anche durante una sola esibizione). La musica rappresenta il turbine emotivo che prova Arima in quel periodo della sua vita così confusionario e altalenante chiamato adolescenza.
L'anime parla anche di Tsubaki, l'amica d'infanzia di Arima. Parla dell'incertezza dei suoi sentimenti e di quanto questi possano cambiare repentinamente, portandoti a compiere azioni di cui nemmeno tu comprendi il significato. Tipico atteggiamento adolescenziale. Anche per lei hanno riservato un degno trattamento, mai troppo banale.
Questo anime tecnicamente è eccellente: l'attenzione per i colori, le animazioni, il character design che cambia a seconda della natura comica o drammatica del momento. Bello sia quando "si muove" sia nei mosaici immobili che regala. I petali di fiore di ciliegio appena sotto le finestre delle aule, i raggi di sole, una gamba dolorante avvolta dal ghiaccio, il colorito dei personaggi che cambia a seconda del loro stato di salute. Incredibile sia nella rappresentazione degli ambienti che nell'attenzione riposta sui corpi e sui movimenti dei personaggi (dettaglio fondamentale per rappresentare le loro emozioni). Ancora oggi, dopo ben sette anni, è uno degli anime più gradevoli alla vista. L'unico punto negativo sono le riprese che contemplano la presenza di quei rastrelli di gomma che dovrebbero essere mani. Pessimo uso della CGI.
La colonna sonora è buona ma non eccellente. L'accompagnamento è molto buono, ma le tracce prese a sé non penso siano così incredibili. Solo alcune sono davvero memorabili, e per questo motivo vengono riciclate continuamente nel corso della serie.
Questo anime però ha due grossi difetti, e altri minori, che renderanno più chiaro il mio voto.
Il ritmo della serie: sebbene la sceneggiatura di questa serie si differenzi dalla mediocrità delle altre appartenenti allo stesso genere, è vero anche che nel secondo cour c'è un calo drastico nel ritmo. Oltre a eventi inutili cari al genere slice of life, assisteremo anche a un inutile approfondimento di alcuni personaggi.
Cos'è "Your Lie in April"? Un viaggio nella psicologia di Arima Kousei, un focus sulle sue emozioni e il racconto di come riuscirà a salvarsi da quell'abisso. Se il cast è formato dai personaggi che vediamo nella serie, è perché ognuno ha un suo ruolo nella vita di Arima. Proprio all'inizio dell'episodio conclusivo, durante l'esibizione finale, vedremo Arima ringraziare un personaggio dopo l'altro, perché ognuno gli ha lasciato qualcosa per formare la sua personalità e la sua musica. Quasi tutto l'anime ruota attorno a Kousei.
Il problema sorge quando vengono presentati nuovi personaggi. Emi, Hiroko, Takeshi e sua sorella Nagi vengono introdotti nella serie successivamente, e man mano verrà spiegato che ruolo avranno nell'adolescenza di Arima... però poi si passa alla background story di ognuno. Sono degli approfondimenti superflui, inutili, che tradiscono il concetto stesso della serie. Se il loro passato non ha influenza sul protagonista, allora perché parlarmene? Non sempre l'approfondimento di un personaggio è un pregio, soprattutto nel caso di Nagi, dove il ritmo viene fatto a pezzi con un noiosissimo arco di allenamento poco prima delle battute finali della serie. Mentre Kaori sta morendo in ospedale, tu sei costretto a sapere cosa fa Nagi a scuola.
Arima Saki, la madre del protagonista: perché Saki suona sempre "Pene d'amore" e non "Amore gioioso" con il pianoforte? Per abituare suo figlio al dolore. Perché è così severa con lui? Perché solo Arima può realizzare il sogno che lei non realizzerà mai... Ma più avanti nella serie si scoprirà che Saki è preoccupata per il futuro del figlio. Deve lasciargli tutto il suo patrimonio, perché è grazie a quello che riuscirà a sostentarsi dopo la sua morte.
Saki è una madre orribile che picchia il figlio e decide il futuro al posto suo. Nessuno interviene per cambiare le cose tra le persone vicine ad Arima. Hiroko Seto è abbastanza matura per capire, ma non fa niente. Sembra avere un'opinione negativa di Saki, ma allo stesso tempo se ne esce con frasi come "nessuna madre è in grado di odiare il proprio figlio". Sembra che la lasci fare solamente perché la conosce da tanto e perché (poverina) sta per morire.
Nella scena in cui Arima sanguina, piange davanti a tutti e le augura la morte, Saki sorride. Sorride perché quel gesto segna la sua crescita come pianista. Sembra che Ylia giustifichi tutta la violenza riversata sul protagonista perché quelle sofferenze lo aiuteranno a migliorare la sua arte. L'istinto materno di cui parla anche Hiroko viene completamente messo in ombra dalla volontà della madre di crescere Arima come artista, sempre per questo bene superiore che però finisce solamente per logorare il protagonista nel corpo e nell'anima.
È un anime prevalentemente per un pubblico adolescente, che tratta tematiche così complesse come la maternità e la crescita di un'artista come se fossero un qualsiasi problema da ragazzo. Queste tematiche hanno lo stesso livello di approfondimento dei problemi di Tsubaki.
"Saki è una madre orribile poiché malmena il figlio e decide il futuro al posto suo... Però è così severa con lui perché è proprio grazie ai suoi insegnamenti che lui potrà avere un futuro gioioso". Un discorso che suona come "ha fatto anche cose buone" e che cerca di far passare la madre come un eroe tragico. Mentre Saki insegna ad Arima come suonare il pianoforte, dice: "Toccalo come se stessi accarezzando la testa di un bambino". Ridicolo.
Non uso spesso l'espressione "forced drama" e non la intendo mai come una reazione esagerata di un personaggio, ma piuttosto come una soluzione di sceneggiatura che porta gli eventi a risultare eccessivamente tragici, a tal punto da non essere credibili. Penso che sia il caso di quest'opera.
Kousei trova nella madre il suo punto di riferimento, ma lei se ne va prematuramente a causa di una malattia. Dopo tanti anni si palesa davanti a lui Kaori Miyazono, un nuovo punto di riferimento per il protagonista. Kaori Miyazono se ne va prematuramente a causa di una malattia.
Possibile che la stessa identica sorte si ripeta sulla stessa persona due volte di fila?
I due paragrafi precedenti mi servono per introdurre una critica a chi elogia quest'opera per il suo realismo. Non è così! "Your Lie in April" non è una serie realistica né per gli eventi all'interno della storia né per i comportamenti dei personaggi. A dimostrarlo sono le parole che escono dalla bocca dei protagonisti quattordicenni.
"Più cerco di concentrarmi, più la mia prestazione mi logora, e i suoni che sento svaniscono dalla mia vista come grovigli di fiori portati via dal vento di primavera, per poi svanire", in particolare questa frase non è solo finta, ma proprio stupida a mio parere. Non ho nulla contro le serie che presentano comportamenti irrealistici (se funzionali), ma non diciamo fesserie, "Your Lie in April" non è realistica. Molto romanzata e metaforica anche nelle ambientazioni.
Riguardo ai comportamenti della madre, si potrebbe dire che gli esseri umani sono ipocriti e contraddittori continuamente, ma un ragionamento simile da parte di un adulto è inconcepibile, e ancora più inconcepibile è la risposta delle persone vicine ad Arima che non fanno nulla per salvarlo. È sicuramente un caso di violenza domestica che potrebbe accadere da qualche parte nel mondo, ma a renderlo irrealistico sono tutte le varie coincidenze che portano al dramma forzato di cui parlavo prima. La sfortuna di Arima non ha confini.
Un anime tanto splendido all'apparenza ma non curante di tematiche delicate. Si avvale spesso della sua potenza visiva per distogliere l'attenzione dalle sue parole.
'Your Lie in April' è lo specchio del proprio protagonista. È banale, composto, triste, ritardatario. Ci sono punti in cui ti viene anche voglia di smettere di vederlo, perché tarda a farti giungere al nodo della questione e ti infila in un loop di autocommiserazione che sembra non trovare mai fine. Giunti a poco meno di metà serie, si potrebbe pure avere la sensazione di volerci dare un taglio. Eppure, nonostante gli ovvi buchi di trama e la linearità fin troppo esplicita, ci troviamo davanti ad un'opera che sa essere dolce proprio come i tanto osannati canelé che più volte vengono citati. Quando finalmente inizia il processo di crescita del protagonista, viene scostata la fastidiosa coltre grigia e piatta che quasi ti soffoca, e senza quasi accorgersene ti ritrovi con il cuore che brilla. Così di botto, senza senso. La storia, per quanto romanzata, potrebbe benissimo essere uno squarcio di vita reale. Proprio per questo probabilmente ha fatto colpo su di me, e la palese assenza di cliffhanger è estremamente in linea con l'essenza dell'opera. La storia cresce esattamente come i protagonisti ed è estremamente cruda in quanto reale. Non ha bisogno di mettersi a servizio dello spettatore e di mostrare che le cose nella vita alla fine dei conti vanno sempre bene. Nella vita si perde, anche più volte.
Se siete persone mediamente sensibili, questo è l'anime che fa per voi. Vi ritroverete anche a piangere e a sorridere, magari contemporaneamente come è successo a me negli ultimi istanti. Se siete duri a lasciarvi andare alle emozioni, probabilmente sarebbe meglio non iniziare la visione, perché potreste giudicarlo come una trama scritta ad hoc solo per scatenare la tristezza nello spettatore.
Visivamente ha un impatto notevole. I colori, i movimenti, i disegni sono affascinanti. L'opera vale la visione anche solo per il comparto tecnico, che è sicuramente di alto livello. La regia a tratti sembra cinematografica e ha il pregio di incantare. L'audio è immersivo, cosa che ovviamente non poteva non essere così, dal momento che stiamo parlando di una trama che fa della musica il perno centrale.
Avrei potuto dare anche un 10, ma la voglia di mollare che ho assaggiato in un paio di episodi (come citato nelle righe sopra) mi costringe ad abbassare il voto. La parte critica che è in me mi costringe a lasciare un 8 finale, ma vi assicuro che dopo aver finito la visione ero a pezzi ed entusiasta.
Sì Kaori, sei riuscita a toccare anche il mio cuore.
Se siete persone mediamente sensibili, questo è l'anime che fa per voi. Vi ritroverete anche a piangere e a sorridere, magari contemporaneamente come è successo a me negli ultimi istanti. Se siete duri a lasciarvi andare alle emozioni, probabilmente sarebbe meglio non iniziare la visione, perché potreste giudicarlo come una trama scritta ad hoc solo per scatenare la tristezza nello spettatore.
Visivamente ha un impatto notevole. I colori, i movimenti, i disegni sono affascinanti. L'opera vale la visione anche solo per il comparto tecnico, che è sicuramente di alto livello. La regia a tratti sembra cinematografica e ha il pregio di incantare. L'audio è immersivo, cosa che ovviamente non poteva non essere così, dal momento che stiamo parlando di una trama che fa della musica il perno centrale.
Avrei potuto dare anche un 10, ma la voglia di mollare che ho assaggiato in un paio di episodi (come citato nelle righe sopra) mi costringe ad abbassare il voto. La parte critica che è in me mi costringe a lasciare un 8 finale, ma vi assicuro che dopo aver finito la visione ero a pezzi ed entusiasta.
Sì Kaori, sei riuscita a toccare anche il mio cuore.
Spartiti, musica e ancora spartiti, ma soprattutto grandi emozioni!
Durante la visione di quest'anime ci si accorge, fin dal primo episodio, della malinconia che avvolge i personaggi e li accompagna in tutto ciò che questi fanno. Kousei, il protagonista, non riesce più a suonare il pianoforte dopo che la madre è venuta a mancare a causa di una brutta malattia; egli era definito un ragazzino prodigio, ma a causa di ciò non riuscirà più a sentire la sua stessa musica. Riuscirà a riprendersi solo dopo aver incontrato Kaori, che gli ridarà un motivo per suonare. Kaori è davvero un bel personaggio, che trabocca di personalità e forza d'animo e che, nonostante le sue condizioni, fa di tutto per andare avanti e per non far preoccupare chi le sta accanto, ed è proprio quest'aspetto che preferisco di lei. Altri personaggi sono Watani e Tsubaki, che trovo un personaggio molto interessante, ma a volte è resa un po' troppo invasiva.
Durante gli episodi si cerca sempre di far leva sulle esibizioni, sulla musica e sulle emozioni che questa suscita sia negli spettatori che negli stessi musicisti. Infatti, pur mantenendo viva la competizione, si notano le diverse emozioni che questi provano e anche cosa li spinge a suonare e a migliorarsi sempre di più.
Per la triste conclusione, abbastanza scontata, mi sarei aspettata qualcosa di diverso, qualcosa di un po' meno drastico, però comunque si lascia guardare tranquillamente. Proprio durante la fine si capisce la bugia su cui si basa l'anime, e questa è stata una delle poche spiegazioni che non mi ha convinta del tutto.
Per quel che riguarda i disegni, posso dire che sono fatti molto bene, anche se non sono tra i miei preferiti, e che i colori utilizzati rendono ancora migliore la grafica di quest'anime; anche le animazioni non sono per niente male. Tutta la musica, tra OST, opening ed ending, è sempre azzeccata per il momento, inserita nei contesti opportuni e ben realizzata: tralasciando la moltitudine di pezzi classici, che personalmente adoro, la prima opening, "Hikaru Nara di Goose House", è davvero, davvero bella, anche se fa pensare a un anime un po' più felice e spensierato...
In generale, quest'opera mi ha fatto provare emozioni di tutti i tipi (passavo dal piangere al ridere), ed è proprio questo che la caratterizza maggiormente, oltre all'interesse che i personaggi rivestono nella musica. Ne consiglio vivamente la visione e, per chi avesse già deciso di guardarla, consiglio ti tenersi pronto a versare qualche lacrima.
Voto: 8,5/10
Durante la visione di quest'anime ci si accorge, fin dal primo episodio, della malinconia che avvolge i personaggi e li accompagna in tutto ciò che questi fanno. Kousei, il protagonista, non riesce più a suonare il pianoforte dopo che la madre è venuta a mancare a causa di una brutta malattia; egli era definito un ragazzino prodigio, ma a causa di ciò non riuscirà più a sentire la sua stessa musica. Riuscirà a riprendersi solo dopo aver incontrato Kaori, che gli ridarà un motivo per suonare. Kaori è davvero un bel personaggio, che trabocca di personalità e forza d'animo e che, nonostante le sue condizioni, fa di tutto per andare avanti e per non far preoccupare chi le sta accanto, ed è proprio quest'aspetto che preferisco di lei. Altri personaggi sono Watani e Tsubaki, che trovo un personaggio molto interessante, ma a volte è resa un po' troppo invasiva.
Durante gli episodi si cerca sempre di far leva sulle esibizioni, sulla musica e sulle emozioni che questa suscita sia negli spettatori che negli stessi musicisti. Infatti, pur mantenendo viva la competizione, si notano le diverse emozioni che questi provano e anche cosa li spinge a suonare e a migliorarsi sempre di più.
Per la triste conclusione, abbastanza scontata, mi sarei aspettata qualcosa di diverso, qualcosa di un po' meno drastico, però comunque si lascia guardare tranquillamente. Proprio durante la fine si capisce la bugia su cui si basa l'anime, e questa è stata una delle poche spiegazioni che non mi ha convinta del tutto.
Per quel che riguarda i disegni, posso dire che sono fatti molto bene, anche se non sono tra i miei preferiti, e che i colori utilizzati rendono ancora migliore la grafica di quest'anime; anche le animazioni non sono per niente male. Tutta la musica, tra OST, opening ed ending, è sempre azzeccata per il momento, inserita nei contesti opportuni e ben realizzata: tralasciando la moltitudine di pezzi classici, che personalmente adoro, la prima opening, "Hikaru Nara di Goose House", è davvero, davvero bella, anche se fa pensare a un anime un po' più felice e spensierato...
In generale, quest'opera mi ha fatto provare emozioni di tutti i tipi (passavo dal piangere al ridere), ed è proprio questo che la caratterizza maggiormente, oltre all'interesse che i personaggi rivestono nella musica. Ne consiglio vivamente la visione e, per chi avesse già deciso di guardarla, consiglio ti tenersi pronto a versare qualche lacrima.
Voto: 8,5/10
È strano descrivere che cosa rappresenta per me questo anime, perché è sempre inusuale trovare un’opera che descrive la propria vita, almeno in parte.
Non vorrei soffermarmi troppo sul comparto tecnico, che comprende regia (cristallina, che inquadra spesso i personaggi al centro di scene vuote per far trasparire la solitudine, o che si sofferma sui loro volti, che traboccano di emozioni), animazioni e grafiche (perfette, sia nei momenti più ilari, che in quelli drammatici e nelle performance musicali, in cui ogni dettaglio è curato fino all’inverosimile e le movenze sono estremamente realistiche), e musiche (di rara bellezza, sia la colonna sonora, che le scelte stilistiche dei brani suonati dai personaggi della storia).
Altro aspetto molto accurato è la raffigurazione del mondo della musica classica: viene analizzata la paura di sbagliare, di deludere le aspettative, la voglia di sorprendere e di trasmettere, viene mostrato il crudele e incredibilmente complesso mondo dei concorsi, dei giudizi, dei partecipanti e della competizione che vige fra loro. Temi di cui raramente si è a conoscenza se non si è parte di questo mondo, poiché sovente associati a quello dello sport e non alla musica.
Tuttavia, ciò che più colpisce di “Shigatsu wa Kimi no Uso” è di per sé la storia; apparentemente molto semplice, quasi scontata, in cui si racconta di vicende adolescenziali, romantiche o meno, via via acquista una sfumatura sempre più originale e drammatica. I personaggi principali attorno a cui si sviluppa, molto ben caratterizzati, con tratti distintivi e realistici, contribuiscono a costituire un’opera corale, in cui è il gruppo di amici e rivali che assume significato, grazie alle relazioni tra i singoli e, soprattutto, alla musica che li unisce, ma non solo: all’interno dell’opera, ogni personaggio ha un proprio spazio e un proprio significato, che si comprende analizzando i numerosi momenti introspettivi che si alternano alle scene diegetiche. Ognuno infatti ha una propria psicologia, dei propri sentimenti, dei pensieri e delle azioni conseguenti. Tutti si trovano a dover affrontare qualche tipo di sfida, di ostacolo, di paura, di battaglia, e ognuno lo fa in modo differente, combattendo con coraggio o meno, rinnegando il proprio passato e vivendo nelle illusioni, ignorando tutto il resto per concentrarsi univocamente sulla propria guerra.
Tra tutti, tuttavia, è la perdita il mostro più temibile da affrontare: c’è chi sta perdendo la sua vita, chi il suo eroe, chi il proprio fratello, il figlio, il migliore amico, la propria madre o l’amata, chi ha perso la possibilità di diventare qualcuno, chi ha perso la capacità di sentire, chi ha perso e basta.
Ciò che è comune a Kaori, Kousei, Tsubaki, Watari, Emi, Takeshi, Nagi, Saki è l’isolamento in cui vivono, è la disincantata consapevolezza che ognuno è solo nella propria vita. Nessuno di loro, difatti, riesce a esternare le proprie sensazioni, a chiedere aiuto, a trovare una spalla su cui sorreggersi. Nessuno cerca il conforto di qualcun altro per far fronte al proprio dolore, e con il progredire della trama questo aspetto si affievolisce. Si impara ad ascoltare e a parlare, ad aiutare e a farsi aiutare.
E proprio questo viene approfondito nella trattazione della malattia di Kaori: dalla sua storia traspaiono la difficoltà di accettazione, la vergogna di mostrare la debolezza, la lotta per farvi fronte, la perdita delle speranze, il coraggio di lottare nonostante sia la fine, la sofferenza di dover abbandonare le esperienze vissute e le persone amate, la rinuncia alla propria vita.
Il tema principale dell’opera è sicuramente quello della dicotomia tra rinascita e morte, che si può ritrovare in numerosi aspetti che legano i due protagonisti (le differenti sfumature di colore dei capelli di Kaori e degli occhi di Kousei all’inizio e alla fine dell’opera, il fatto che, mentre nell’incipit è soprattutto Kaori che suona, progressivamente è Kousei a partecipare alle competizioni). Mentre Kaori si sta lentamente spegnendo a causa della sua malattia, è proprio l’incontro con Kousei che donerà nuovamente significato ai suoi ultimi mesi e le consentirà di ritrovare il coraggio e allo stesso tempo farà rinascere Kousei come musicista e come persona, nonostante l’epilogo presupponga la morte della ragazza, affrontata con una tale delicatezza ed espressività da risultare contemporaneamente realistica (poiché nella vita, spesso, anche dopo una dura lotta, non si vince) ed eterea (raffigurata come una piuma che cade dolcemente dal cielo, come i petali di ciliegio o come dei fiocchi di neve bianca).
Altro punto di fondamentale importanza è la bugia: non solo quella più palese, detta dalla protagonista all’inizio dell’opera, che ha permesso a tutte le vicende narrate di verificarsi, ma sono comprese anche tutte quelle che ciascuno dei personaggi racconta a sé stesso o agli altri. Kaori mente riguardo la sua malattia, Kousei mente riguardo il rapporto con la madre, mente a sé stesso riguardo i suoni e ha un blocco psicologico tale da non riuscire più a udire, Tsubaki mente a sé stessa sui sentimenti che prova per il suo migliore amico. Da quelle bugie si sviluppano tutti gli intrecci narrativi e, allo stesso tempo, i personaggi imparano a crescere proprio sconfiggendole.
È di difficile interpretazione il significato di questo anime: è proprio con la morte che è possibile una rinascita. È nella perdita che si possono trovare il coraggio, la forza, la grinta di proseguire sul proprio cammino. Come se l’esistenza di un singolo assumesse significato solo una volta incontrata la sofferenza. È un concetto che si sposa perfettamente con quello di maturità musicale: una capacità espressiva che si acquisisce solamente col tempo e che rispecchia il personaggio di Kaori, come artista che non segue pedissequamente lo spartito, ma che “sente” la musica come esternazione di sensazioni profonde, come flusso di energie che poi si trasforma in note. È la maturità ciò che rende tali un musicista e una persona. Qualcosa che si acquisisce solo vivendo, tramutando le proprie esperienze, i propri dolori, le proprie paure in musica, svincolandosi dai canoni perfetti della tecnica e del ritmo. E queste esperienze, come il vivere la morte di una persona cara, sono necessarie al raggiungimento della maturità, di una consapevolezza che altrimenti risulterebbe impossibile da comprendere, di un modo di pensare che ci rende semplicemente e profondamente umani.
Non vorrei soffermarmi troppo sul comparto tecnico, che comprende regia (cristallina, che inquadra spesso i personaggi al centro di scene vuote per far trasparire la solitudine, o che si sofferma sui loro volti, che traboccano di emozioni), animazioni e grafiche (perfette, sia nei momenti più ilari, che in quelli drammatici e nelle performance musicali, in cui ogni dettaglio è curato fino all’inverosimile e le movenze sono estremamente realistiche), e musiche (di rara bellezza, sia la colonna sonora, che le scelte stilistiche dei brani suonati dai personaggi della storia).
Altro aspetto molto accurato è la raffigurazione del mondo della musica classica: viene analizzata la paura di sbagliare, di deludere le aspettative, la voglia di sorprendere e di trasmettere, viene mostrato il crudele e incredibilmente complesso mondo dei concorsi, dei giudizi, dei partecipanti e della competizione che vige fra loro. Temi di cui raramente si è a conoscenza se non si è parte di questo mondo, poiché sovente associati a quello dello sport e non alla musica.
Tuttavia, ciò che più colpisce di “Shigatsu wa Kimi no Uso” è di per sé la storia; apparentemente molto semplice, quasi scontata, in cui si racconta di vicende adolescenziali, romantiche o meno, via via acquista una sfumatura sempre più originale e drammatica. I personaggi principali attorno a cui si sviluppa, molto ben caratterizzati, con tratti distintivi e realistici, contribuiscono a costituire un’opera corale, in cui è il gruppo di amici e rivali che assume significato, grazie alle relazioni tra i singoli e, soprattutto, alla musica che li unisce, ma non solo: all’interno dell’opera, ogni personaggio ha un proprio spazio e un proprio significato, che si comprende analizzando i numerosi momenti introspettivi che si alternano alle scene diegetiche. Ognuno infatti ha una propria psicologia, dei propri sentimenti, dei pensieri e delle azioni conseguenti. Tutti si trovano a dover affrontare qualche tipo di sfida, di ostacolo, di paura, di battaglia, e ognuno lo fa in modo differente, combattendo con coraggio o meno, rinnegando il proprio passato e vivendo nelle illusioni, ignorando tutto il resto per concentrarsi univocamente sulla propria guerra.
Tra tutti, tuttavia, è la perdita il mostro più temibile da affrontare: c’è chi sta perdendo la sua vita, chi il suo eroe, chi il proprio fratello, il figlio, il migliore amico, la propria madre o l’amata, chi ha perso la possibilità di diventare qualcuno, chi ha perso la capacità di sentire, chi ha perso e basta.
Ciò che è comune a Kaori, Kousei, Tsubaki, Watari, Emi, Takeshi, Nagi, Saki è l’isolamento in cui vivono, è la disincantata consapevolezza che ognuno è solo nella propria vita. Nessuno di loro, difatti, riesce a esternare le proprie sensazioni, a chiedere aiuto, a trovare una spalla su cui sorreggersi. Nessuno cerca il conforto di qualcun altro per far fronte al proprio dolore, e con il progredire della trama questo aspetto si affievolisce. Si impara ad ascoltare e a parlare, ad aiutare e a farsi aiutare.
E proprio questo viene approfondito nella trattazione della malattia di Kaori: dalla sua storia traspaiono la difficoltà di accettazione, la vergogna di mostrare la debolezza, la lotta per farvi fronte, la perdita delle speranze, il coraggio di lottare nonostante sia la fine, la sofferenza di dover abbandonare le esperienze vissute e le persone amate, la rinuncia alla propria vita.
Il tema principale dell’opera è sicuramente quello della dicotomia tra rinascita e morte, che si può ritrovare in numerosi aspetti che legano i due protagonisti (le differenti sfumature di colore dei capelli di Kaori e degli occhi di Kousei all’inizio e alla fine dell’opera, il fatto che, mentre nell’incipit è soprattutto Kaori che suona, progressivamente è Kousei a partecipare alle competizioni). Mentre Kaori si sta lentamente spegnendo a causa della sua malattia, è proprio l’incontro con Kousei che donerà nuovamente significato ai suoi ultimi mesi e le consentirà di ritrovare il coraggio e allo stesso tempo farà rinascere Kousei come musicista e come persona, nonostante l’epilogo presupponga la morte della ragazza, affrontata con una tale delicatezza ed espressività da risultare contemporaneamente realistica (poiché nella vita, spesso, anche dopo una dura lotta, non si vince) ed eterea (raffigurata come una piuma che cade dolcemente dal cielo, come i petali di ciliegio o come dei fiocchi di neve bianca).
Altro punto di fondamentale importanza è la bugia: non solo quella più palese, detta dalla protagonista all’inizio dell’opera, che ha permesso a tutte le vicende narrate di verificarsi, ma sono comprese anche tutte quelle che ciascuno dei personaggi racconta a sé stesso o agli altri. Kaori mente riguardo la sua malattia, Kousei mente riguardo il rapporto con la madre, mente a sé stesso riguardo i suoni e ha un blocco psicologico tale da non riuscire più a udire, Tsubaki mente a sé stessa sui sentimenti che prova per il suo migliore amico. Da quelle bugie si sviluppano tutti gli intrecci narrativi e, allo stesso tempo, i personaggi imparano a crescere proprio sconfiggendole.
È di difficile interpretazione il significato di questo anime: è proprio con la morte che è possibile una rinascita. È nella perdita che si possono trovare il coraggio, la forza, la grinta di proseguire sul proprio cammino. Come se l’esistenza di un singolo assumesse significato solo una volta incontrata la sofferenza. È un concetto che si sposa perfettamente con quello di maturità musicale: una capacità espressiva che si acquisisce solamente col tempo e che rispecchia il personaggio di Kaori, come artista che non segue pedissequamente lo spartito, ma che “sente” la musica come esternazione di sensazioni profonde, come flusso di energie che poi si trasforma in note. È la maturità ciò che rende tali un musicista e una persona. Qualcosa che si acquisisce solo vivendo, tramutando le proprie esperienze, i propri dolori, le proprie paure in musica, svincolandosi dai canoni perfetti della tecnica e del ritmo. E queste esperienze, come il vivere la morte di una persona cara, sono necessarie al raggiungimento della maturità, di una consapevolezza che altrimenti risulterebbe impossibile da comprendere, di un modo di pensare che ci rende semplicemente e profondamente umani.
"Bugie d'Aprile" è tratto dall'omonimo manga del 2011. Che abbiate o meno letto il manga, consiglio vivamente la visione del suo adattamento animato, in quanto, grazie a un comparto tecnico eccezionale (A-1 Pictures), riesce a regalare atmosfere rare e ad emozionare già solo con le esperienze visive e uditive che crea ad ogni scena.
Allora, cominciamo subito con il comparto tecnico, tutto da elogiare. Personalmente, se devo pensare allo studio con le animazioni migliori, non penso ad A-1 Pictures, ma più che altro a Mappa e Ufotable, almeno per i battle shounen, ma in questo caso vengo smentito: tecnicamente è tutto giusto. Entriamo nel dettaglio, con il character design: a prima impressione nulla di ineguagliabile o di memorabile, però è incredibile come ogni emozione del personaggio venga precisamente descritta dal proprio viso, anche con solo un leggero sorriso malinconico.
Con i colori, invece, non c'è da perdere troppo tempo: sarà che le vicende si svolgono principalmente a primavera, ma le atmosfere create con i fiori di ciliegio sono incantevoli.
Sulle musiche anche c'è poco da dire: perfette! Non parlo solo degli sfondi musicali, anche delle varie canzoni di apertura e chiusura, per non parlare di quelle suonate dai protagonisti, che seguono fedelmente i vari loro stati d'animo.
Rimaniamo in tema musica. Ho letto fra le altre opinioni che spesso lo spettatore è scontento se si parla troppo di sentimenti e poco di musica. Ci tengo a precisare che la musica non è la protagonista di questa storia ma "solo" il tema principale, il filo rosso che unisce tutte le vicende, uno sfondo su cui andare a raccontare le vicende di quelli che sono i veri protagonisti, ovvero Kousei Arima e Kaori Miyazono, accompagnati dai coprotagonisti Tsubaki Sawabe e Ryōta Watari. Insomma, mettetela come vi pare, ma ciò che conta davvero in questa storia sono gli intrecci sentimentali fra i quattro personaggi elencati, che non sto ad approfondire perché incorrerei in grossi spoiler. L'incipit stesso della serie, "Conobbi una ragazza sotto un ciliegio in piena fioritura e il mio fato cominciò a cambiare.”, allude a una storia d'amore (e già dal primo episodio potremo capire fra chi) come vicenda principe.
Ciò non toglie che gli episodi completamente coperti dalle esibizioni musicali sono di gran lunga i migliori, ed è facile pensare, per questo motivo, che sia la musica l'elemento principe.
Per tali episodi ci vorrebbe una recensione a parte, mi limito solo a giudicare sublime il modo in cui si viene trasportati in un'altra dimensione e come i pensieri e i ricordi del musicista si fondano con la musica creata. Inoltre questi episodi non sono solamente un esercizio di stile, impattano profondamente sulla trama e sull'evoluzione dei personaggi.
A questo punto vorrei precisare in poche parole che, se di solito si comincia una recensione con la trama e io non l'ho fatto, è perché, come detto, le vicende ruotano attorno ai legami fra i quattro personaggi principali della storia, e qualsiasi cosa voglia dire rischierebbe con l'essere uno spoiler. Inoltre, la trama non si sviluppa molto in orizzontale, ci sarebbe anche poco da dire. Ritengo pertanto inutile aggiungere altre informazioni.
Anche sui personaggi ci sarebbe tanto da dire.
I protagonisti Kaori e Kousei sono caratterizzati in maniera ottima, ed entrambi hanno un passato ricco di elementi utili a capire meglio il presente. Una piccola critica la voglio fare al protagonista maschile, che richiama troppo spesso i ricordi della madre e ad un certo punto in maniera troppo violenta per essere reale (almeno per un anime in realtà molto realistico).
Le spalle sono ottime in quanto tali. Ovvero, come protagonisti forse sarebbero un po' poveri di sfumature, ma in qualità di coprotagonisti sono perfetti: anche se ben definiti, vivono in funzione dei personaggi principali e non li sovrastano. Qui invece una piccola critica la faccio a Tsubaki, che passa troppo tempo a piangere sulle proprie indecisioni, annoiando il pubblico.
Ma una lode speciale voglio farla per Emi Igawa e Takeshi Aiza, i rivali da una vita di Kousei, ma che si riveleranno due preziosi amici. In questo caso non mi piace tanto la loro caratterizzazione in relazione al protagonista, ma presi singolarmente come dei secondi piccoli protagonisti.
Da notare che le tre coppie di personaggi sono formate sempre da un maschio e una femmina, scelta secondo me non casuale.
Si potrebbe discorrere anche sulla madre di Kousei, sulla sua insegnante, sulla sua allieva, ma non posso dilungarmi troppo... è incredibile avere così tanti bei personaggi in appena ventidue episodi.
Siamo alle conclusioni. Anime di alto livello, consigliato a tutti (ma proprio tutti), mi ha emozionato e ho faticato a trovare difetti. Perché non prende 10? Alcuni episodi sono noiosi, ripetono certi stati d'animo o certi ricordi fino all'esasperazione, non tutti i dialoghi sono concludenti e i monologhi durante le esibizioni spesso sembrano dire tanto, e invece ne sfugge il senso.
Lo trovate su Netflix. Buona visione!
Allora, cominciamo subito con il comparto tecnico, tutto da elogiare. Personalmente, se devo pensare allo studio con le animazioni migliori, non penso ad A-1 Pictures, ma più che altro a Mappa e Ufotable, almeno per i battle shounen, ma in questo caso vengo smentito: tecnicamente è tutto giusto. Entriamo nel dettaglio, con il character design: a prima impressione nulla di ineguagliabile o di memorabile, però è incredibile come ogni emozione del personaggio venga precisamente descritta dal proprio viso, anche con solo un leggero sorriso malinconico.
Con i colori, invece, non c'è da perdere troppo tempo: sarà che le vicende si svolgono principalmente a primavera, ma le atmosfere create con i fiori di ciliegio sono incantevoli.
Sulle musiche anche c'è poco da dire: perfette! Non parlo solo degli sfondi musicali, anche delle varie canzoni di apertura e chiusura, per non parlare di quelle suonate dai protagonisti, che seguono fedelmente i vari loro stati d'animo.
Rimaniamo in tema musica. Ho letto fra le altre opinioni che spesso lo spettatore è scontento se si parla troppo di sentimenti e poco di musica. Ci tengo a precisare che la musica non è la protagonista di questa storia ma "solo" il tema principale, il filo rosso che unisce tutte le vicende, uno sfondo su cui andare a raccontare le vicende di quelli che sono i veri protagonisti, ovvero Kousei Arima e Kaori Miyazono, accompagnati dai coprotagonisti Tsubaki Sawabe e Ryōta Watari. Insomma, mettetela come vi pare, ma ciò che conta davvero in questa storia sono gli intrecci sentimentali fra i quattro personaggi elencati, che non sto ad approfondire perché incorrerei in grossi spoiler. L'incipit stesso della serie, "Conobbi una ragazza sotto un ciliegio in piena fioritura e il mio fato cominciò a cambiare.”, allude a una storia d'amore (e già dal primo episodio potremo capire fra chi) come vicenda principe.
Ciò non toglie che gli episodi completamente coperti dalle esibizioni musicali sono di gran lunga i migliori, ed è facile pensare, per questo motivo, che sia la musica l'elemento principe.
Per tali episodi ci vorrebbe una recensione a parte, mi limito solo a giudicare sublime il modo in cui si viene trasportati in un'altra dimensione e come i pensieri e i ricordi del musicista si fondano con la musica creata. Inoltre questi episodi non sono solamente un esercizio di stile, impattano profondamente sulla trama e sull'evoluzione dei personaggi.
A questo punto vorrei precisare in poche parole che, se di solito si comincia una recensione con la trama e io non l'ho fatto, è perché, come detto, le vicende ruotano attorno ai legami fra i quattro personaggi principali della storia, e qualsiasi cosa voglia dire rischierebbe con l'essere uno spoiler. Inoltre, la trama non si sviluppa molto in orizzontale, ci sarebbe anche poco da dire. Ritengo pertanto inutile aggiungere altre informazioni.
Anche sui personaggi ci sarebbe tanto da dire.
I protagonisti Kaori e Kousei sono caratterizzati in maniera ottima, ed entrambi hanno un passato ricco di elementi utili a capire meglio il presente. Una piccola critica la voglio fare al protagonista maschile, che richiama troppo spesso i ricordi della madre e ad un certo punto in maniera troppo violenta per essere reale (almeno per un anime in realtà molto realistico).
Le spalle sono ottime in quanto tali. Ovvero, come protagonisti forse sarebbero un po' poveri di sfumature, ma in qualità di coprotagonisti sono perfetti: anche se ben definiti, vivono in funzione dei personaggi principali e non li sovrastano. Qui invece una piccola critica la faccio a Tsubaki, che passa troppo tempo a piangere sulle proprie indecisioni, annoiando il pubblico.
Ma una lode speciale voglio farla per Emi Igawa e Takeshi Aiza, i rivali da una vita di Kousei, ma che si riveleranno due preziosi amici. In questo caso non mi piace tanto la loro caratterizzazione in relazione al protagonista, ma presi singolarmente come dei secondi piccoli protagonisti.
Da notare che le tre coppie di personaggi sono formate sempre da un maschio e una femmina, scelta secondo me non casuale.
Si potrebbe discorrere anche sulla madre di Kousei, sulla sua insegnante, sulla sua allieva, ma non posso dilungarmi troppo... è incredibile avere così tanti bei personaggi in appena ventidue episodi.
Siamo alle conclusioni. Anime di alto livello, consigliato a tutti (ma proprio tutti), mi ha emozionato e ho faticato a trovare difetti. Perché non prende 10? Alcuni episodi sono noiosi, ripetono certi stati d'animo o certi ricordi fino all'esasperazione, non tutti i dialoghi sono concludenti e i monologhi durante le esibizioni spesso sembrano dire tanto, e invece ne sfugge il senso.
Lo trovate su Netflix. Buona visione!
"Your Lie In April" è un anime fantastico, che a me ha preso fin da subito, con quei disegni, con quei colori... Un anime che ti prende fin da subito: la trama è fatta molto bene, qualche buco qua e là, ma niente di spaziale, che, se guardi con poco occhio analitico, non noti. Quest'anime è stato davvero pesante da finire, perché fatto fin troppo bene, e non volevo finire quella storia. Ma poi, il come è finita mi ha davvero distrutto, tanto che la volta che sono andato ad ascoltare un concerto di piano mi veniva quasi da piangere a ripensare a tutte le storie di Kaori e Kosei; ho davvero rischiato di piangere davanti a molte persone.
Però, che dire di questo anime? È davvero fatto bene, se sul finale non piangi, vuol dire che non hai voluto seguire la loro storia, perché, se l'hai seguita veramente, non puoi non piangere, poiché il dolore che senti sul finale non lo puoi chiudere solo con una faccia triste, ti serve almeno una lacrima.
Però, che dire di questo anime? È davvero fatto bene, se sul finale non piangi, vuol dire che non hai voluto seguire la loro storia, perché, se l'hai seguita veramente, non puoi non piangere, poiché il dolore che senti sul finale non lo puoi chiudere solo con una faccia triste, ti serve almeno una lacrima.
L'anime è bello, non c'è dubbio, ma credo che tutto questo hype sia ingiustificato.
L'animazione e la musica sono stupende, ma ciò non toglie che la trama è priva di colpi di scena, si sapeva dall'inizio dove si andava a parare, per non parlare del fatto che in realtà non succede molto, e gli stessi drammi vengono riproposti innumerevoli volte, così come la quantità di discorsi profondi, che ad un certo punto diventano ripetitivi, anche se comunque prendono.
In ogni caso, lo consiglio, è un anime corto e un classico nella storia degli anime più moderni.
L'animazione e la musica sono stupende, ma ciò non toglie che la trama è priva di colpi di scena, si sapeva dall'inizio dove si andava a parare, per non parlare del fatto che in realtà non succede molto, e gli stessi drammi vengono riproposti innumerevoli volte, così come la quantità di discorsi profondi, che ad un certo punto diventano ripetitivi, anche se comunque prendono.
In ogni caso, lo consiglio, è un anime corto e un classico nella storia degli anime più moderni.
"Bugie d'Aprile" è un anime del 2014 realizzato dallo studio A-1 Pictures. Ci troviamo di fronte a una commedia sentimentale a tema musicale, in cui le vite dei nostri giovani protagonisti si intrecceranno sempre più.
Kousei Arima è un ex pianista prodigio cresciuto dalla defunta madre come un "metronomo umano", impossibilitato a suonare dopo la perdita subita. A questo, ormai incapace di vedere i colori che lo circondano, si contrappone la figura di Kaori Miyazono, violinista dallo spirito libero che entrerà prepotentemente nella vita del ragazzo. Ad essi si aggiungono Tsubaki e Ryouta, i due migliori amici di Kousei.
La serie propone diverse tematiche di un certo spessore: il trovare la propria identità, il non farsi abbattere dalle difficoltà della vita e il vivere appieno ogni giorno di essa, rimanendo fedeli a noi stessi, sono solo alcune di queste, sulle quali non mi dilungherò per rimanere 'spoiler free'.
Personalmente ritengo che "Bugie d'Aprile" riesca a far immedesimare lo spettatore nei suoi personaggi in maniera egregia. Chiunque, infatti, potrà rivedersi in uno o più di essi e nelle difficoltà che dovranno affrontare, questo perché i personaggi di "Bugie d'Aprile" sono veri e propri esseri umani, persone in carne ed ossa che sapranno farvi ridere e soffrire di puntata in puntata. Se molti hanno trovato la componente drama eccessivamente enfatizzata, personalmente ritengo che questa scelta sia dovuta a un principale fattore: l'adolescenza. Quel magico e talvolta strambo periodo che tutti siamo stati costretti ad attraversare o attraversiamo tuttora, in cui le minime sciocchezze si caricano di intenso significato: dalla classica cottarella al più banale dei litigi. Questo è quello che quest'anime vuole dipingere e trasmettere e in cui riesce perfettamente, sia che voi siate quattordicenni come i nostri protagonisti sia che ricordiate quegli anni con malinconia, gioia o amarezza.
Passando ora al comparto tecnico, la serie può vantare delle ottime animazioni, il character design è morbido ed efficace, ricco di espressività facciali e facente largo uso di super deformed per enfatizzare le molte gag, i colori sono caldi e accoglienti ma capaci di farsi freddi e agghiaccianti quando necessario, l'attenta regia si dimostra in grado di avvalorare la serie in ogni sua sfaccettatura, dalle leggere scene comiche a quelle cariche di drama.
Essendo questo un anime musicale, però, bisogna soffermarsi in particolar modo sulle scene di esibizione. Le animazioni si fanno cariche di energia, in grado di trasmettere la fatica e la pressione provate dal concorrente, la regia, invece, si avvale di ogni inquadratura a sua disposizione, alternando freneticamente primissimi piani a campi lunghi o dettagli precisi del concorrente, come occhi e mani, alle espressioni di stupore del pubblico immerso nell'ombra. Soffermandoci proprio sulle mani, nelle inquadrature ravvicinate al pianoforte, queste sono realizzate in una discreta CGI, scelta probabilmente estremamente necessaria vista la complessità dell'animazione.
Infine le musiche: premesso che io non sia certo un esperto di musica classica, i brani proposti mi sono parsi tutti egregiamente eseguiti e la scelta di essi coerente con il contesto dell'episodio.
In definitiva, inutile dire che consiglio a chiunque la visione di quella che, secondo me, è una delle più belle commedie anime di sempre.
Kousei Arima è un ex pianista prodigio cresciuto dalla defunta madre come un "metronomo umano", impossibilitato a suonare dopo la perdita subita. A questo, ormai incapace di vedere i colori che lo circondano, si contrappone la figura di Kaori Miyazono, violinista dallo spirito libero che entrerà prepotentemente nella vita del ragazzo. Ad essi si aggiungono Tsubaki e Ryouta, i due migliori amici di Kousei.
La serie propone diverse tematiche di un certo spessore: il trovare la propria identità, il non farsi abbattere dalle difficoltà della vita e il vivere appieno ogni giorno di essa, rimanendo fedeli a noi stessi, sono solo alcune di queste, sulle quali non mi dilungherò per rimanere 'spoiler free'.
Personalmente ritengo che "Bugie d'Aprile" riesca a far immedesimare lo spettatore nei suoi personaggi in maniera egregia. Chiunque, infatti, potrà rivedersi in uno o più di essi e nelle difficoltà che dovranno affrontare, questo perché i personaggi di "Bugie d'Aprile" sono veri e propri esseri umani, persone in carne ed ossa che sapranno farvi ridere e soffrire di puntata in puntata. Se molti hanno trovato la componente drama eccessivamente enfatizzata, personalmente ritengo che questa scelta sia dovuta a un principale fattore: l'adolescenza. Quel magico e talvolta strambo periodo che tutti siamo stati costretti ad attraversare o attraversiamo tuttora, in cui le minime sciocchezze si caricano di intenso significato: dalla classica cottarella al più banale dei litigi. Questo è quello che quest'anime vuole dipingere e trasmettere e in cui riesce perfettamente, sia che voi siate quattordicenni come i nostri protagonisti sia che ricordiate quegli anni con malinconia, gioia o amarezza.
Passando ora al comparto tecnico, la serie può vantare delle ottime animazioni, il character design è morbido ed efficace, ricco di espressività facciali e facente largo uso di super deformed per enfatizzare le molte gag, i colori sono caldi e accoglienti ma capaci di farsi freddi e agghiaccianti quando necessario, l'attenta regia si dimostra in grado di avvalorare la serie in ogni sua sfaccettatura, dalle leggere scene comiche a quelle cariche di drama.
Essendo questo un anime musicale, però, bisogna soffermarsi in particolar modo sulle scene di esibizione. Le animazioni si fanno cariche di energia, in grado di trasmettere la fatica e la pressione provate dal concorrente, la regia, invece, si avvale di ogni inquadratura a sua disposizione, alternando freneticamente primissimi piani a campi lunghi o dettagli precisi del concorrente, come occhi e mani, alle espressioni di stupore del pubblico immerso nell'ombra. Soffermandoci proprio sulle mani, nelle inquadrature ravvicinate al pianoforte, queste sono realizzate in una discreta CGI, scelta probabilmente estremamente necessaria vista la complessità dell'animazione.
Infine le musiche: premesso che io non sia certo un esperto di musica classica, i brani proposti mi sono parsi tutti egregiamente eseguiti e la scelta di essi coerente con il contesto dell'episodio.
In definitiva, inutile dire che consiglio a chiunque la visione di quella che, secondo me, è una delle più belle commedie anime di sempre.
La menzogna è estranea all’infanzia. O ha comunque le gambe corte dei bambini che vogliono nascondere qualche innocua marachella a un genitore, a chi gli è più prossimo, a chi se ne prende cura e a chi li educa. La menzogna è estranea all’infanzia perché a questa età l’emozione si libera sempre senza l’ingombro della ragione, raggiungendo in un lampo l’apogeo del sentimento. Le bugie nell’adolescenza hanno le gambe in crescita, intrappolate nel limbo del dovrei essere e del cosa sarò, consce che il sentimento pronto a esplodere può ferire, toccare l’altro irrimediabilmente ma anche inondarlo di una luce potentissima che in nessun’altra età ha così tanti colori. I colori di “Bugie d’aprile” - il cui titolo originale, decisamente più calzante pur se apparentemente simile, è “La tua menzogna nel mese d’aprile” - originano dalle vibranti note del piano e di un anarchico violino che i due protagonisti della vicenda regalano per l’intensa e canonica durata delle ventidue puntate di cui si compone questo toccante anime. Toccante e scopertamente malinconico, ancorché non manchino intermezzi divertenti classici ad ogni shonen che si rispetti. Tutto muove dalla bugia che il titolo originale ci suggerisce senza timore di fraintendimenti, nonostante ce la sveli solo nell’ultimo episodio. Forse intuibile, ancorché celata fino all’epilogo, la menzogna da cui origina questa storia di quattordicenni alle prese con le emozioni e i sentimenti tipici dell’età, amplificati dal potere della musica, dell’arte di restituire empatia attraverso le note, è talmente priva di sovrastrutture e secondi fini da trasformarla nella semplice e pura verità che noi tutti conosciamo o abbiamo conosciuto, in particolar modo quando eravamo ragazzi: l’amore smuove le montagne, ci invita a cambiare, a vincere la solitudine, il dolore, a rinascere, a scoprire chi veramente siamo e vorremmo essere. E soprattutto, ci svela che questo sentimento è tale solo nella gioia del volerlo - a tutti i costi - restituire.
Kousei Arima è un quattordicenne che, da bambino, è stato un vero e proprio prodigio del pianoforte. In conseguenza della morte della madre, un’ex pianista oramai malata terminale che aveva riposto nel successo del figlio, sovente con modi duri e dispotici, ogni sua ragione di vita, all’età di undici anni diventa improvvisamente incapace di suonare. Non sente più le note, nonostante non abbia alcun problema d’udito, e la sua paura e la conseguente solitudine che ne derivano, amplificate dall’evidenza di un padre assente, lo portano a chiudersi sempre più in un mondo di grigiore, incertezza e diffusa incomunicabilità. Da questa sua triste condizione fanno in parte eccezione i due amici d’infanzia, Tsubaki e Watari. Tsubaki, che si distingue per la sua abilità nel softball, si è sempre presa cura di lui e dice di considerarlo una sorta di fratellino. Watari, capitano della squadra di calcio della scuola e molto popolare tra le ragazze, nonostante l’apparenza frivola e spensierata cerca di essergli sempre e comunque di supporto. Un giorno d’aprile, però, la stanca monotonia di Kousei è improvvisamente spezzata da un incontro inaspettato. Tsubaki lo ha convinto ad accompagnarla, per non essere la terza incomodo, al primo appuntamento tra Kaori, una sua compagna di classe, e Watari, sempre disponibile a conoscere nuove ragazze. Kaori è una violinista dallo spirito libero e dai modi travolgenti, che sembra donare colore ad ogni nota. Colore che restituisce d’impatto al mondo di Kousei, li quale se ne innamora quasi all’istante, cancellando progressivamente i grigiori della sua esistenza e ritrovando, inaspettatamente, quelle note che credeva di aver perduto per sempre.
Oltre non vado nel raccontarvi una storia che, come immaginerete, avrà i suoi naturali sviluppi sentimentali e che, inevitabilmente, metterà Kousei davanti alle dure prove della riappropriazione di sé e della sua musica. Quello che posso dirvi, e che non è improbabile abbiate già individuato dalla breve introduzione, è che “Bugie d’aprile” va oltre le classiche dinamiche dello slice of life, lasciando intuire da alcuni dettagli già presenti dopo sei-sette episodi, che l’epilogo sarà malinconico, doloroso, inevitabilmente commovente. Al di là della storia e dei suoi snodi, della scelta - non universalmente apprezzata, come palesato da parte degli spettatori - di non concludere con un ecumenico happy end, ciò che è veramente coinvolgente in questa serie animata è come i sentimenti in ballo si legano alla musica, e come la stessa musica sia assoluta protagonista nel dar voce e sfogo completo alle emozioni restituite dai personaggi. “Bugie d’aprile” è in effetti un incessante gioco di restituzioni a cui la musica di Mozart, Chopin e Beethoven regala un caleidoscopio di colori vivi e vibranti filtrati dallo sguardo, dai pensieri e dai sentimenti dei suoi giovani protagonisti. È un anime basato su pochi dialoghi e moltissime riflessioni sulle note. I pensieri di tutti coloro che in questa storia si trovano ad avere in mano uno strumento - non solo Kousei e Kaori, ma anche gli antagonisti del ragazzo nei concorsi musicali, i giovanissimi suoi emuli, chiunque avesse tratto ispirazione dalla sua musica - volano alti in un cielo stellato che è spesso rappresentazione dell’anima e dell’interiorità profonda di personaggi che vivono la musica principalmente come un prezioso inestimabile da donare a chi li ascolta. “Sono un musicista, e questo ciò che so (devo) fare”, si trovano spesso a confidare a sé stessi i protagonisti di questa storia. Kyohei Ishiguro, ispirato fedelmente dal manga di riferimento di Naoshi Arakawa, ha la possibilità di usufruire di ciò che il pur bravo mangaka non poteva evidentemente utilizzare, e lo fa con estrema sensibilità e delicatezza. Le arie di Mozart, Beethoven e Chopin intervengono a fortificare quell’emozione che il fumetto ci poteva solo far percepire, lasciando dunque alle note del piano (e del violino) il compito di raccontare, attraverso il talento dei suoi protagonisti animati, la vasta gamma di sentimenti che la vicenda mette in gioco. Il tutto senza tralasciare la cura per le animazioni, gradevoli e complessivamente ben riuscite; senza perdere di vista i suoi personaggi, ben caratterizzati, credibili, a loro modo e in misura al ruolo profondi e sognanti come ogni adolescente dovrebbe essere, nonostante le difficoltà e il dolore che ad ogni momento della vita, ahi noi, possono sopraggiungere. È un’adolescenza che fugge, che si lancia nel vuoto e che cade senza mai precipitare, nonostante le incertezze e le incomprensioni, i buchi neri e le voragini, le difficoltà del crescere, la fragilità dei corpi, ma con la consapevolezza della potenza dello spirito, dell’esempio, del ricordo, della memoria di ciò che significano anche i gesti apparentemente banali.
Ed ecco Aprile, tempo d’attesa dell’estate, laddove l’infanzia idealmente raggiunge l’adolescenza, periodo in cui il confine tra verità e menzogna è così sottile e indeterminabile da allontanare ogni possibile retro pensiero. Il doloroso epilogo, che svela in una lettera la bugia da cui si sviluppa il racconto, è un concentrato di emozioni e sentimenti che sovrappongono i pensieri, le riflessioni, le confessioni e le prese d’atto e di coscienza rivolte a un futuro che, per sua stessa natura, non può aver niente di certo e definitivo, alla musica del piano di Kousei che interpreta le note di Chopin. E mentre il futuro si apre alle aspettative e ai dubbi che la storia lascia sul campo, si ritorna improvvisamente ad essere bambini. Ad una foto che ritrae un ragazzino con gli occhiali e una ragazzina che lo segue a breve distanza. C’è una bimba bionda che li guarda, e sorride. Come dicevo all’inizio, la menzogna è estranea all’infanzia. E nella luce degli occhi della ragazzina bionda ci sono infiniti colori, una nuova consapevolezza, una meravigliosa epifania.
Kousei Arima è un quattordicenne che, da bambino, è stato un vero e proprio prodigio del pianoforte. In conseguenza della morte della madre, un’ex pianista oramai malata terminale che aveva riposto nel successo del figlio, sovente con modi duri e dispotici, ogni sua ragione di vita, all’età di undici anni diventa improvvisamente incapace di suonare. Non sente più le note, nonostante non abbia alcun problema d’udito, e la sua paura e la conseguente solitudine che ne derivano, amplificate dall’evidenza di un padre assente, lo portano a chiudersi sempre più in un mondo di grigiore, incertezza e diffusa incomunicabilità. Da questa sua triste condizione fanno in parte eccezione i due amici d’infanzia, Tsubaki e Watari. Tsubaki, che si distingue per la sua abilità nel softball, si è sempre presa cura di lui e dice di considerarlo una sorta di fratellino. Watari, capitano della squadra di calcio della scuola e molto popolare tra le ragazze, nonostante l’apparenza frivola e spensierata cerca di essergli sempre e comunque di supporto. Un giorno d’aprile, però, la stanca monotonia di Kousei è improvvisamente spezzata da un incontro inaspettato. Tsubaki lo ha convinto ad accompagnarla, per non essere la terza incomodo, al primo appuntamento tra Kaori, una sua compagna di classe, e Watari, sempre disponibile a conoscere nuove ragazze. Kaori è una violinista dallo spirito libero e dai modi travolgenti, che sembra donare colore ad ogni nota. Colore che restituisce d’impatto al mondo di Kousei, li quale se ne innamora quasi all’istante, cancellando progressivamente i grigiori della sua esistenza e ritrovando, inaspettatamente, quelle note che credeva di aver perduto per sempre.
Oltre non vado nel raccontarvi una storia che, come immaginerete, avrà i suoi naturali sviluppi sentimentali e che, inevitabilmente, metterà Kousei davanti alle dure prove della riappropriazione di sé e della sua musica. Quello che posso dirvi, e che non è improbabile abbiate già individuato dalla breve introduzione, è che “Bugie d’aprile” va oltre le classiche dinamiche dello slice of life, lasciando intuire da alcuni dettagli già presenti dopo sei-sette episodi, che l’epilogo sarà malinconico, doloroso, inevitabilmente commovente. Al di là della storia e dei suoi snodi, della scelta - non universalmente apprezzata, come palesato da parte degli spettatori - di non concludere con un ecumenico happy end, ciò che è veramente coinvolgente in questa serie animata è come i sentimenti in ballo si legano alla musica, e come la stessa musica sia assoluta protagonista nel dar voce e sfogo completo alle emozioni restituite dai personaggi. “Bugie d’aprile” è in effetti un incessante gioco di restituzioni a cui la musica di Mozart, Chopin e Beethoven regala un caleidoscopio di colori vivi e vibranti filtrati dallo sguardo, dai pensieri e dai sentimenti dei suoi giovani protagonisti. È un anime basato su pochi dialoghi e moltissime riflessioni sulle note. I pensieri di tutti coloro che in questa storia si trovano ad avere in mano uno strumento - non solo Kousei e Kaori, ma anche gli antagonisti del ragazzo nei concorsi musicali, i giovanissimi suoi emuli, chiunque avesse tratto ispirazione dalla sua musica - volano alti in un cielo stellato che è spesso rappresentazione dell’anima e dell’interiorità profonda di personaggi che vivono la musica principalmente come un prezioso inestimabile da donare a chi li ascolta. “Sono un musicista, e questo ciò che so (devo) fare”, si trovano spesso a confidare a sé stessi i protagonisti di questa storia. Kyohei Ishiguro, ispirato fedelmente dal manga di riferimento di Naoshi Arakawa, ha la possibilità di usufruire di ciò che il pur bravo mangaka non poteva evidentemente utilizzare, e lo fa con estrema sensibilità e delicatezza. Le arie di Mozart, Beethoven e Chopin intervengono a fortificare quell’emozione che il fumetto ci poteva solo far percepire, lasciando dunque alle note del piano (e del violino) il compito di raccontare, attraverso il talento dei suoi protagonisti animati, la vasta gamma di sentimenti che la vicenda mette in gioco. Il tutto senza tralasciare la cura per le animazioni, gradevoli e complessivamente ben riuscite; senza perdere di vista i suoi personaggi, ben caratterizzati, credibili, a loro modo e in misura al ruolo profondi e sognanti come ogni adolescente dovrebbe essere, nonostante le difficoltà e il dolore che ad ogni momento della vita, ahi noi, possono sopraggiungere. È un’adolescenza che fugge, che si lancia nel vuoto e che cade senza mai precipitare, nonostante le incertezze e le incomprensioni, i buchi neri e le voragini, le difficoltà del crescere, la fragilità dei corpi, ma con la consapevolezza della potenza dello spirito, dell’esempio, del ricordo, della memoria di ciò che significano anche i gesti apparentemente banali.
Ed ecco Aprile, tempo d’attesa dell’estate, laddove l’infanzia idealmente raggiunge l’adolescenza, periodo in cui il confine tra verità e menzogna è così sottile e indeterminabile da allontanare ogni possibile retro pensiero. Il doloroso epilogo, che svela in una lettera la bugia da cui si sviluppa il racconto, è un concentrato di emozioni e sentimenti che sovrappongono i pensieri, le riflessioni, le confessioni e le prese d’atto e di coscienza rivolte a un futuro che, per sua stessa natura, non può aver niente di certo e definitivo, alla musica del piano di Kousei che interpreta le note di Chopin. E mentre il futuro si apre alle aspettative e ai dubbi che la storia lascia sul campo, si ritorna improvvisamente ad essere bambini. Ad una foto che ritrae un ragazzino con gli occhiali e una ragazzina che lo segue a breve distanza. C’è una bimba bionda che li guarda, e sorride. Come dicevo all’inizio, la menzogna è estranea all’infanzia. E nella luce degli occhi della ragazzina bionda ci sono infiniti colori, una nuova consapevolezza, una meravigliosa epifania.
"Your Lie in April" è una serie che inizia con lo stampo classico di un semplice "slice of life" scolastico, ma riesce ad evolversi in qualcosa di molto profondo man mano che la storia si sviluppa.
Anche se la trama non è nulla di super innovativo e mai visto, riesce a raccontare le vicende in un modo davvero fantastico, ogni episodio trasuda emozioni, le quali si amplificano sempre più verso il finale, il quale lo considero uno dei più commoventi che abbia mai visto.
Sinceramente ho solo belle parole per questa serie: nonostante abbia qualche piccolo difetto, la considero speciale, è una serie che chiunque, musicista o meno, dovrebbe provare a vedere. Essendo che fa grande leva sui sentimenti, sicuramente non sarà uguale per tutti, però sono sicuro che sarà in grado di meravigliare la maggior parte di voi.
Anche se la trama non è nulla di super innovativo e mai visto, riesce a raccontare le vicende in un modo davvero fantastico, ogni episodio trasuda emozioni, le quali si amplificano sempre più verso il finale, il quale lo considero uno dei più commoventi che abbia mai visto.
Sinceramente ho solo belle parole per questa serie: nonostante abbia qualche piccolo difetto, la considero speciale, è una serie che chiunque, musicista o meno, dovrebbe provare a vedere. Essendo che fa grande leva sui sentimenti, sicuramente non sarà uguale per tutti, però sono sicuro che sarà in grado di meravigliare la maggior parte di voi.
È un anime prodotto da A-1 Pictures, diretto da Kyōhei Ishiguro e trasmesso su Fuji TV tra il 9 ottobre 2014 e il 19 marzo 2015 in Giappone. I diritti per un’edizione italiana sono stati acquistati da Netflix che l’ha resa disponibile sulla sua piattaforma in lingua originale e sottotitolata in italiano a partire da luglio 2018. L’anime, di natura drammatica e sentimentale, è stato composto da Takao Yoshioka e le musiche sono state affidate a Masaru Yokoyama. In totale si possono contare ventidue episodi della prima stagione conclusiva delle vicende dalla durata di ventitré minuti ciascuno, con l’aggiunta di un OAV autonomo della stessa durata.
L’anime si origina a partire dall’omonimo manga scritto e disegnato da Naoshi Arakawa, serializzato sulla rivista Monthly Shōnen Magazine di Kōdansha tra aprile 2011 e febbraio 2015. I diritti di traduzione italiana sono stati acquistati da Star Comics nella sezione Planet Manga, che ne ha pubblicato gli undici volumi tankōbon (con quarantaquattro capitoli totali) tra gennaio 2017 e giugno 2018. Dall’enorme successo della storia è stato realizzato anche un film live action prodotto da Toho, scritto da Yukari Tatsui e diretto da Takehiko Shinjō, uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nel settembre 2016. Tra i panni degli attori principali si possono nominare Kento Yamazaki, Suzu Hirose, Anna Ishii e Taishi Nakagawa. A differenza della storia originale che narra le vicende dei personaggi alle medie, il film è ambientato al loro secondo anno di liceo. Infine è stato prodotto un adattamento teatrale, rappresentato al teatro AiiA 2.5 di Tokyo e all’Umeda Arts Theatre di Osaka tra agosto e settembre 2017. La rappresentazione teatrale è stata diretta da Naohiro Ise e scritta da Kaori Miura, con la presenza di esibizioni musicali dal vivo, con Yuta Matsumura al pianoforte e Shuko Kobayashi al violino.
Le vicende ruotano principalmente attorno a Kousei Arima, un giovane ragazzo di quattrodici anni che non riesce più a suonare il pianoforte dopo la morte della madre, frequenta l’ultimo anno delle scuole medie insieme agli amici Tsubaki e Watari, e vive nella colpa di non essere stato in grado di salvare la madre con la propria musica. Sin da bambino la madre Saki lo ha educato alla musica come ex pianista, e da lui ha sempre cercato di ottenere il meglio, per permettergli di vincere tutti i concorsi possibili, così che, dopo la sua morte, lui avrebbe avuto i giusti strumenti per potersi trovare un posto nel mondo anche senza di lei. Un giorno però la sua premurosa amica Tsubaki gli chiede il favore di accompagnarla a un incontro, perché una compagna di classe di nome Kaori vorrebbe che le presentasse Watari, e lei non vorrebbe fare la terza incomodo. Dopo numerose resistenze si lascia convincere a partecipare all’incontro, ed è così che conosce la ragazza che gli cambierà la vita. Kaori è una musicista che pare racchiudere nel suo cuore tutta la vitalità che a Kousei è stata strappata via negli ultimi due anni e di cui lui ha bisogno per poter ricominciare a credere nella musica oltre che in sé stesso. I due infatti si troveranno spesso coinvolti in momenti insieme del tutto imprevisti e instaureranno un bel rapporto di amicizia, che per Kousei si trasformerà presto in amore e ammirazione.
Tsubaki, gelosa della nuova presenza femminile nella vita del suo secolare amico, opterà per tirarsi indietro e capire cosa realmente prova per il suo vicino di casa, Watari non si sentirà affatto minacciato dai sentimenti dell’amico per la sua “ragazza”, perché donnaiolo incapace di legarsi in maniera profonda a qualcuno, e Kousei troverà una nuova strada da percorrere per tornare ad essere quel prodigio che era una volta e che sua madre gli ha insegnato ad essere, superando il suo limite di non riuscire a sentire le note del suo piano quando suona. Quello che però nessuno pensa mai è che tutto è destinato a mutare, e mai nulla resta felice per troppo tempo. Proprio come il dolore della scomparsa della madre per Kousei è stata fonte di un’evoluzione artistica, prima di riuscire a trovare definitivamente sé stesso dovrà perdere ancora qualcuno.
Personalmente ho saputo apprezzare tutte le sfaccettature del cartone animato, la sua leggerezza inaudita nei punti di calma apparente e i profondi tormenti nei momenti più clou. Tutto all’interno dell’anime è perfettamente equilibrato in alternanze che calamitano lo spettatore allo schermo e lo coinvolgono personalmente alla storia. Ogni personaggio è perfettamente studiato nella sua integrità psicologica e lentamente evolve in sé stesso, abbassando tutte le difese iniziali e accettandosi. Mi sono affezionata a molti personaggi secondari, e mi sarebbe piaciuto poter avere più spazio per loro e la loro scoperta; probabilmente il fumetto potrebbe dare più risposte alla mia curiosità, ma nel compresso sono soddisfatta. Mentirei se dicessi che mi ha colpito intimamente, lasciando un segno, ma è stato un bel cartone animato che non mi pento di aver scelto. Pensavo di potermi commuovere di più, in realtà drammatico sì, ma non troppo, certe cose si sono capite sin da subito e non sono poi state così sconvolgenti. Avrei apprezzato una minor ripetizione del passato del protagonista che, per molte scene, è stato un susseguirsi di già visti. All’opposto avrei dato più attenzione al legame con altri personaggi che hanno un ruolo essenziale nella storia, in particolare parlo di Watari, che non viene analizzato per niente, nonostante il grande legame con il protagonista Kousei, a differenza (ovviamente) di Tsubaki, che viene ampiamente descritta e raccontata. Che dire poi del legame intimissimo che lentamente viene scoperto tra i due amici d’infanzia che finalmente si rendono conto l’uno dell’altro, ma non viene per nulla analizzato perché tutto troppo concentrato su altro? E poi Watari, donnaiolo, non finirà per essere intrigato da Nao, che sembra essere l’unica a non essere affascinata dalla sua bellezza ma con cui è costretto a passare tantissimo tempo? Ma anche il padre di Kousei, perché non appare mai nemmeno una volta? Troppe domande a cui non ho potuto dare risposta e che avrei sicuramente apprezzato approfondire.
La mia sete di emozioni non è stata completamente soddisfatta, ma nemmeno trascurata/ignorata, poteva andare meglio, ma so accontentarmi, per questo non posso fare altro che attribuire un voto di 7,5 su 10.
L’anime si origina a partire dall’omonimo manga scritto e disegnato da Naoshi Arakawa, serializzato sulla rivista Monthly Shōnen Magazine di Kōdansha tra aprile 2011 e febbraio 2015. I diritti di traduzione italiana sono stati acquistati da Star Comics nella sezione Planet Manga, che ne ha pubblicato gli undici volumi tankōbon (con quarantaquattro capitoli totali) tra gennaio 2017 e giugno 2018. Dall’enorme successo della storia è stato realizzato anche un film live action prodotto da Toho, scritto da Yukari Tatsui e diretto da Takehiko Shinjō, uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nel settembre 2016. Tra i panni degli attori principali si possono nominare Kento Yamazaki, Suzu Hirose, Anna Ishii e Taishi Nakagawa. A differenza della storia originale che narra le vicende dei personaggi alle medie, il film è ambientato al loro secondo anno di liceo. Infine è stato prodotto un adattamento teatrale, rappresentato al teatro AiiA 2.5 di Tokyo e all’Umeda Arts Theatre di Osaka tra agosto e settembre 2017. La rappresentazione teatrale è stata diretta da Naohiro Ise e scritta da Kaori Miura, con la presenza di esibizioni musicali dal vivo, con Yuta Matsumura al pianoforte e Shuko Kobayashi al violino.
Le vicende ruotano principalmente attorno a Kousei Arima, un giovane ragazzo di quattrodici anni che non riesce più a suonare il pianoforte dopo la morte della madre, frequenta l’ultimo anno delle scuole medie insieme agli amici Tsubaki e Watari, e vive nella colpa di non essere stato in grado di salvare la madre con la propria musica. Sin da bambino la madre Saki lo ha educato alla musica come ex pianista, e da lui ha sempre cercato di ottenere il meglio, per permettergli di vincere tutti i concorsi possibili, così che, dopo la sua morte, lui avrebbe avuto i giusti strumenti per potersi trovare un posto nel mondo anche senza di lei. Un giorno però la sua premurosa amica Tsubaki gli chiede il favore di accompagnarla a un incontro, perché una compagna di classe di nome Kaori vorrebbe che le presentasse Watari, e lei non vorrebbe fare la terza incomodo. Dopo numerose resistenze si lascia convincere a partecipare all’incontro, ed è così che conosce la ragazza che gli cambierà la vita. Kaori è una musicista che pare racchiudere nel suo cuore tutta la vitalità che a Kousei è stata strappata via negli ultimi due anni e di cui lui ha bisogno per poter ricominciare a credere nella musica oltre che in sé stesso. I due infatti si troveranno spesso coinvolti in momenti insieme del tutto imprevisti e instaureranno un bel rapporto di amicizia, che per Kousei si trasformerà presto in amore e ammirazione.
Tsubaki, gelosa della nuova presenza femminile nella vita del suo secolare amico, opterà per tirarsi indietro e capire cosa realmente prova per il suo vicino di casa, Watari non si sentirà affatto minacciato dai sentimenti dell’amico per la sua “ragazza”, perché donnaiolo incapace di legarsi in maniera profonda a qualcuno, e Kousei troverà una nuova strada da percorrere per tornare ad essere quel prodigio che era una volta e che sua madre gli ha insegnato ad essere, superando il suo limite di non riuscire a sentire le note del suo piano quando suona. Quello che però nessuno pensa mai è che tutto è destinato a mutare, e mai nulla resta felice per troppo tempo. Proprio come il dolore della scomparsa della madre per Kousei è stata fonte di un’evoluzione artistica, prima di riuscire a trovare definitivamente sé stesso dovrà perdere ancora qualcuno.
Personalmente ho saputo apprezzare tutte le sfaccettature del cartone animato, la sua leggerezza inaudita nei punti di calma apparente e i profondi tormenti nei momenti più clou. Tutto all’interno dell’anime è perfettamente equilibrato in alternanze che calamitano lo spettatore allo schermo e lo coinvolgono personalmente alla storia. Ogni personaggio è perfettamente studiato nella sua integrità psicologica e lentamente evolve in sé stesso, abbassando tutte le difese iniziali e accettandosi. Mi sono affezionata a molti personaggi secondari, e mi sarebbe piaciuto poter avere più spazio per loro e la loro scoperta; probabilmente il fumetto potrebbe dare più risposte alla mia curiosità, ma nel compresso sono soddisfatta. Mentirei se dicessi che mi ha colpito intimamente, lasciando un segno, ma è stato un bel cartone animato che non mi pento di aver scelto. Pensavo di potermi commuovere di più, in realtà drammatico sì, ma non troppo, certe cose si sono capite sin da subito e non sono poi state così sconvolgenti. Avrei apprezzato una minor ripetizione del passato del protagonista che, per molte scene, è stato un susseguirsi di già visti. All’opposto avrei dato più attenzione al legame con altri personaggi che hanno un ruolo essenziale nella storia, in particolare parlo di Watari, che non viene analizzato per niente, nonostante il grande legame con il protagonista Kousei, a differenza (ovviamente) di Tsubaki, che viene ampiamente descritta e raccontata. Che dire poi del legame intimissimo che lentamente viene scoperto tra i due amici d’infanzia che finalmente si rendono conto l’uno dell’altro, ma non viene per nulla analizzato perché tutto troppo concentrato su altro? E poi Watari, donnaiolo, non finirà per essere intrigato da Nao, che sembra essere l’unica a non essere affascinata dalla sua bellezza ma con cui è costretto a passare tantissimo tempo? Ma anche il padre di Kousei, perché non appare mai nemmeno una volta? Troppe domande a cui non ho potuto dare risposta e che avrei sicuramente apprezzato approfondire.
La mia sete di emozioni non è stata completamente soddisfatta, ma nemmeno trascurata/ignorata, poteva andare meglio, ma so accontentarmi, per questo non posso fare altro che attribuire un voto di 7,5 su 10.
L'incipit non promette nulla di buono, senza senso: una ragazzina (immatura?) insegue un gatto per dargli un cioccolatino. Per di più sembra sia stato messo più impegno nell'animazione del gatto che nella sua. La tentazione di smettere qua è forte... Il background si salva, continuo un altro po'.
Arriva la sigla di apertura e parte la canzoncina allegra. Da esperienze passate mi dico che forse è meglio andare avanti di un minuto e mezzo (ormai lo standard), ma esito. Una volta finita mi convinco che non è poi così male. Inaspettatamente prosegue in modo positivo, l'animazione diventa più fluida (ci mancava solo che le dita non si muovessero a tempo di musica). Strano osservare sulle facce degli spettatori varie emozioni (noia compresa), mi aspettavo di veder ritratto Kousei come il nuovo Beethoven che lascia tutti a bocca aperta. Punto a favore.
Poi si cade di nuovo in basso come nell'introduzione, e riecco l'impulso di cambiare anime. Segue una scena nonsense: Arima viene colpito alla testa, sanguina, e si vede Tsubaki che non si preoccupa minimamente per lui; pochi istanti dopo il sangue scompare come per magia, ma il vero problema è che, contrariamente a prima, Tsubaki dà di matto per paura che Arima si possa ferire alla mano, quando prova a raccogliere un pezzo di vetro. Troppo forzato questo passaggio da un atteggiamento a un altro di punto in bianco. Inoltre, come ha fatto a non riconoscerlo quando è entrata nella stanza, se sono amici d'infanzia!?
Andando avanti, noto con dispiacere che in assenza di un primo piano i dettagli dei personaggi vengono trascurati.
Questa parte di recensione l'ho scritta durante il primo episodio, precisamente durante la metà del primo episodio. Ho provato a mantenere un atteggiamento simile e criticare anche il resto degli episodi, ma è stato vano. Questo perché, nonostante la prima impressione negativa, "Your Lie in April" mi ha preso e non volevo metterlo in pausa, tantomeno fermarmi dopo un episodio.
Mi sono lamentato per i disegni, ma, quando servivano i dettagli, questi non sono mai mancati.
Mi sono lamentato per la sigla, ma questa da orecchiabile è passata a buona, e poi a fantastica. Sia la musica sia l'animazione. Peccato che a metà serie viene introdotta un'altra.
Mi sono lamentato per la caratterizzazione dei personaggi, ma ovviamente non puoi avere tutto fin dall'inizio e, nel susseguirsi degli episodi, ogni loro azione ha avuto un senso e il suo perché. Ad esempio, avevo l'impressione che Watari non venisse affatto sviluppato, ma poi la scena del bagno è stata più che sufficiente per comprenderlo. Ciò che è stato detto su ogni personaggio è bastato per inquadrarlo nella storia. Su chi si doveva dire tanto, si è detto tanto. Su chi si doveva dire poco, si è detto poco. Pensavo che Aiza fosse stata introdotta per riempire e allungare la serie, eppure non hanno divagato o cambiato trama. Le relazioni tra i protagonisti sono state sviluppate in modo adeguato, né velocemente né lentamente (poi, se un personaggio non si accorge delle emozioni di chi ha intorno, è un altro discorso).
Le scene comiche non abbondano, e dunque non diventano fastidiose, lasciano spazio ai momenti drammatici (d'altronde si rispetta la definizione di commedia drammatica).
Nonostante avessi iniziato un altro anime pochi giorni dopo aver finito "Your Lie in April", i miei pensieri erano ancora su quest'ultimo.
A chi vuole iniziarlo vorrei dire solo una cosa: il genere non è commedia.
Arriva la sigla di apertura e parte la canzoncina allegra. Da esperienze passate mi dico che forse è meglio andare avanti di un minuto e mezzo (ormai lo standard), ma esito. Una volta finita mi convinco che non è poi così male. Inaspettatamente prosegue in modo positivo, l'animazione diventa più fluida (ci mancava solo che le dita non si muovessero a tempo di musica). Strano osservare sulle facce degli spettatori varie emozioni (noia compresa), mi aspettavo di veder ritratto Kousei come il nuovo Beethoven che lascia tutti a bocca aperta. Punto a favore.
Poi si cade di nuovo in basso come nell'introduzione, e riecco l'impulso di cambiare anime. Segue una scena nonsense: Arima viene colpito alla testa, sanguina, e si vede Tsubaki che non si preoccupa minimamente per lui; pochi istanti dopo il sangue scompare come per magia, ma il vero problema è che, contrariamente a prima, Tsubaki dà di matto per paura che Arima si possa ferire alla mano, quando prova a raccogliere un pezzo di vetro. Troppo forzato questo passaggio da un atteggiamento a un altro di punto in bianco. Inoltre, come ha fatto a non riconoscerlo quando è entrata nella stanza, se sono amici d'infanzia!?
Andando avanti, noto con dispiacere che in assenza di un primo piano i dettagli dei personaggi vengono trascurati.
Questa parte di recensione l'ho scritta durante il primo episodio, precisamente durante la metà del primo episodio. Ho provato a mantenere un atteggiamento simile e criticare anche il resto degli episodi, ma è stato vano. Questo perché, nonostante la prima impressione negativa, "Your Lie in April" mi ha preso e non volevo metterlo in pausa, tantomeno fermarmi dopo un episodio.
Mi sono lamentato per i disegni, ma, quando servivano i dettagli, questi non sono mai mancati.
Mi sono lamentato per la sigla, ma questa da orecchiabile è passata a buona, e poi a fantastica. Sia la musica sia l'animazione. Peccato che a metà serie viene introdotta un'altra.
Mi sono lamentato per la caratterizzazione dei personaggi, ma ovviamente non puoi avere tutto fin dall'inizio e, nel susseguirsi degli episodi, ogni loro azione ha avuto un senso e il suo perché. Ad esempio, avevo l'impressione che Watari non venisse affatto sviluppato, ma poi la scena del bagno è stata più che sufficiente per comprenderlo. Ciò che è stato detto su ogni personaggio è bastato per inquadrarlo nella storia. Su chi si doveva dire tanto, si è detto tanto. Su chi si doveva dire poco, si è detto poco. Pensavo che Aiza fosse stata introdotta per riempire e allungare la serie, eppure non hanno divagato o cambiato trama. Le relazioni tra i protagonisti sono state sviluppate in modo adeguato, né velocemente né lentamente (poi, se un personaggio non si accorge delle emozioni di chi ha intorno, è un altro discorso).
Le scene comiche non abbondano, e dunque non diventano fastidiose, lasciano spazio ai momenti drammatici (d'altronde si rispetta la definizione di commedia drammatica).
Nonostante avessi iniziato un altro anime pochi giorni dopo aver finito "Your Lie in April", i miei pensieri erano ancora su quest'ultimo.
A chi vuole iniziarlo vorrei dire solo una cosa: il genere non è commedia.
Premesso che probabilmente sono fin troppo condizionato nell'esprimere il mio parere, ho trovato fondamentalmente sgradevole il fatto che l'anime puntasse troppo, senza sosta e troppo di frequente sul commuovere, strappare la 'lacrimuccia', senza davvero preoccuparsi di imbastire una trama solida, convincente e soprattutto dinamica, capace di evolversi e maturare in corso di svolgimento.
Il comparto tecnico pare anche buono, fin troppo forse, considerato quel velo patinato personalmente troppo insistente.
Mi sarei aspettato un'interpretazione più profonda e meditata dei protagonisti e della loro evoluzione in quanto individui, invece pare che lo scopo di fondo sia quello di raccontare la storiella d'amore che il celebre film di Arthur Hiller già aveva raccontato cinquant'anni fa! Si ha infine l'idea di assistere a un prodotto furbo intriso di semplici trucchetti per accattivarsi (prevalentemente) il pubblico femminile: di veri valori e insegnamenti, oltre a vero e proprio spettacolo, nemmeno l'ombra.
Il comparto tecnico pare anche buono, fin troppo forse, considerato quel velo patinato personalmente troppo insistente.
Mi sarei aspettato un'interpretazione più profonda e meditata dei protagonisti e della loro evoluzione in quanto individui, invece pare che lo scopo di fondo sia quello di raccontare la storiella d'amore che il celebre film di Arthur Hiller già aveva raccontato cinquant'anni fa! Si ha infine l'idea di assistere a un prodotto furbo intriso di semplici trucchetti per accattivarsi (prevalentemente) il pubblico femminile: di veri valori e insegnamenti, oltre a vero e proprio spettacolo, nemmeno l'ombra.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Sono rimasto leggermente deluso dopo la visione di questo anime: i personaggi sono ben caratterizzati, anche quelli secondari, ma non ho capito molto bene come i rapporti tra di loro si siano evoluti. Esempio è il rapporto tra il protagonista e sua madre: era partito come deleterio per il ragazzo con la madre che lo abusava fisicamente pur di renderlo perfetto, e alla fine me la volete far passare comunque come madre amorevole? Ma per piacere! Come del resto il rapporto con la maestra amica della madre (scusate, ma non ricordo praticamente nessuno dei nomi), che sparisce per due anni e si fa rivedere perché sì, perché la trama ne aveva bisogno, a quanto pare senza un vero motivo logico.
Il voto è comunque positivo grazie al comparto tecnico e alle musiche, che fanno un ottimo lavoro a trasmettere le emozioni dei personaggi durante le esibizioni e non (nelle scene dell'ospedale ingegnoso l'utilizzo di colori spenti, per donare quel senso di depressione che affligge Kaori), ma sono le uniche cose che salvano in calcio d'angolo la serie; il finale poi, almeno per me, era cristallino come si sarebbe svolto, e non sarebbe stato un problema, anzi, ma non ho approvato lo 'spiegone' finale, senza farci capire però che ne sarà del futuro del protagonista.
Per concludere, do un voto poco superiore alla sufficienza: l'idea di partenza era molto buona, ma è stata rovinata dai rapporti e dalle psicologie fasulle dei personaggi, e da un finale scontato che non pone un punto fisso sulla storia, lasciandola vaga.
Sono rimasto leggermente deluso dopo la visione di questo anime: i personaggi sono ben caratterizzati, anche quelli secondari, ma non ho capito molto bene come i rapporti tra di loro si siano evoluti. Esempio è il rapporto tra il protagonista e sua madre: era partito come deleterio per il ragazzo con la madre che lo abusava fisicamente pur di renderlo perfetto, e alla fine me la volete far passare comunque come madre amorevole? Ma per piacere! Come del resto il rapporto con la maestra amica della madre (scusate, ma non ricordo praticamente nessuno dei nomi), che sparisce per due anni e si fa rivedere perché sì, perché la trama ne aveva bisogno, a quanto pare senza un vero motivo logico.
Il voto è comunque positivo grazie al comparto tecnico e alle musiche, che fanno un ottimo lavoro a trasmettere le emozioni dei personaggi durante le esibizioni e non (nelle scene dell'ospedale ingegnoso l'utilizzo di colori spenti, per donare quel senso di depressione che affligge Kaori), ma sono le uniche cose che salvano in calcio d'angolo la serie; il finale poi, almeno per me, era cristallino come si sarebbe svolto, e non sarebbe stato un problema, anzi, ma non ho approvato lo 'spiegone' finale, senza farci capire però che ne sarà del futuro del protagonista.
Per concludere, do un voto poco superiore alla sufficienza: l'idea di partenza era molto buona, ma è stata rovinata dai rapporti e dalle psicologie fasulle dei personaggi, e da un finale scontato che non pone un punto fisso sulla storia, lasciandola vaga.
Una canzone, una melodia, un motivetto, un pezzo classico o una filastrocca. Almeno una volta nella vita, ognuno di noi è stato toccato dalla musica nel profondo. Note che sfiorano il cuore, prima di qualsiasi altra cosa. Un linguaggio sopra ogni torre di Babele, comprensibile a chiunque, e che non ha bisogno di spiegarsi. Ognuno di noi ha un momento o triste o felice legato a delle note che glielo faranno riemergere dal profondo della memoria per sempre.
“Bugie d’aprile” (“Shigatsu wa Kimi no Uso”) parla di quelle note: tutto parte da qui.
È uno di quegli anime che tratta musica classica nel migliore dei modi, senza artefare, storpiare, mistificare o iperbolizzare ciò che è l’anima vera e propria dei pezzi sacri ed eterni che propone: l’intreccio fra sceneggiatura emozionante e musiche semplicemente gloriose avviene con cura e con giusta misura, e questo rende il tutto estremamente gradevole, soprattutto agli appassionati del genere.
Visivamente eccezionale sin dai primi episodi, ecco ciò che sembra una classica storia fra alunni delle scuole medie, alle prese coi loro problemi personali e i loro percorsi di crescita: pertanto, non ci è lasciato intendere quali possano essere queste “bugie primaverili”, eppure, pian piano, ci renderemo conto che sarà proprio una di queste il cardine palpitante e delicato di tutta la vicenda.
È una storia dai colori splendidi. Le animazioni colpiscono sin da subito: ventidue episodi con rarissimi cali di qualità, una brillantezza sia nella cromatica che richiama volutamente le pastellate livree primaverili, sia nelle animazioni, sempre incisive, fluide, quantomeno sufficienti, per poi divenire eccellenti nei momenti chiave: il binomio fioritura primaverile e scenari dalle livree tenui e delicate sortiscono un effetto meraviglioso.
E’ questa (anche) la storia di Kousei Arima, quattordicenne che fu prodigio del pianoforte fino a quando, a causa di una grave malattia, la severissima madre non lo lasciò. Egli, in seguito al lutto, finì per sviluppare un vero e proprio blocco psicologico, una sorta di trauma legato a una infanzia sofferta e ricca di sentimenti contrastanti, che lo costrinse a fuggire dalla musica. Così, ora, i giorni di Kousei procedono monotoni ma apparentemente sereni, almeno fino a quando, nel bel mezzo d’un giorno di primavera, non si imbatte in una bella, vivace, euforica biondina di nome Kaori, che, inaspettatamente - in un modo o nell’altro - scuoterà l’anima del giovane ragazzo, trascinandolo in un turbinio di emozioni capaci di smuoverlo nell’intimo più di qualsiasi altra cosa. Ma Kousei non è mai stato davvero solo: è circondato da amici che lo hanno sempre sostenuto e lo sosterranno in futuro, amici che provano sincero affetto per lui, ognuno di loro in modo... differente: alcuni antagonisti di spartito, altri sinceri amici del cuore, altri ancora insospettabili estimatori.
Tuttavia, Kaori non è solo una semplice spalla né “soltanto” la protagonista femminile della storia: è probabilmente uno dei personaggi femminili migliori mai creati in un anime con questo genere di target: in alcuni episodi brilla davvero come una stella, ed è capace di prendersi l’intero palcoscenico (letteralmente e metaforicamente); dietro un carattere irascibile e una verve eccessiva nasconde una bontà d’animo incredibile, una personalità solare e una timida generosità, poiché in quelle amabili contraddizioni vi è racchiuso un amore viscerale e sfrenato per la vita, una voglia di gioire, sorridere, andare “avanti”. “Lasciare il segno nel cuore delle persone a cui vuole bene” e, soprattutto, sfiorare il cuore di chi ascolta la sua musica: è questo il suo motore, la spinta della sua anima, la sua motivazione più grande. Sì, perché Kaori è una violinista di grande talento, istintiva e sregolata, capace di interpretare brani classici in chiave personale unica e farli propri, per poi trasmetterli alla platea filtrati attraverso la sua anima colorata, scoppiettante ed esplosiva, delicata eppur vigorosa, e, soprattutto, così intensa e sincera. È uno spirito libero, capace di folgorare con frasi ad effetto (talvolta magari un po’ eccessive in determinate situazioni, ma capaci di far risaltare dialoghi altresì banali).
Ma come tutti gli adolescenti è fragile, e prova timori. Ma perché vive ogni giorno come fosse l’ultimo? E perché ha deciso di suonare il violino con tanta passione?
“Bugie d’Aprile” è un prodotto davvero molto curato.
Le esibizioni sonore dei protagonisti tengono lo spettatore col fiato sospeso; non solo narrano la vicenda tramite le note di pezzi immortali della musica classica (Chopin, Mozart, Rachmaninov, Beethoven, per fare dei nomi), ma parlano al cuore della platea, le note come parole di una lettera d’amore, o una sfuriata, o un momento triste, come lacrime o come sorrisi, in un turbine di sentimenti ed emozioni come solo la musica può plasmare o trasformare. L’episodio 4, a proposito, è, probabilmente, a livello emotivo e artistico, uno dei migliori della storia dell’animazione giapponese moderna.
V’è una magia cromatica nella correlazione fra lo spettro emotivo dei musicisti coinvolti e i colori scelti per illustrare questa dolce tragedia, quasi come se paesaggi, luoghi e momenti della vicenda possano essere raccontati tramite la musica, metro di misura e idioma universale, capace di trascendere ogni genere di comunicazione e arrivare dritta al cuore di chiunque, se espressa con nobile sincerità.
Bella e pertinente la CG utilizzata per mostrare le mani dei pianisti in azione, esaltanti le scene quando Kaori suona il violino: una cura maniacale nella fedeltà di strumenti e gestualità.
E così, con ritmo compassato ma crescente, la vicenda scivola lentamente in un dramma quasi telefonato che di sicuro non stupisce lo spettatore, ma lo prepara a un finale duro e sofferto.
C’è da dire che qualche volta le scene drammatiche eccedono di intensità, raramente appaiono forzate, ma nel complesso rimangono pertinenti e coerenti alla struttura della trama (sebbene fin troppo semplificata in alcuni punti e troppo complessa in altri, surreale per dei ragazzi così giovani).
Della colonna sonora non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne. Siamo semplicemente su un altro pianeta. Le opening e le ending sono orecchiabili, allegre le prime, malinconiche le seconde, in linea con la trama, ma, quando si tratta di pezzi classici reinterpretati o suonati alla “lettera”, allora è la magia della musica classica che prende il sopravvento e atterrisce, stupisce, eleva, colpisce e tramortisce. Emozioni inimitabili, in cui si identificano i nostri giovani eroi, che, fra sogni per il futuro e alle prese coi primi amori, costruiscono passo dopo passo il loro futuro.
Ma è per tutti così?
Fra le tristi note di Chopin, l’esaltazione di Mozart e i sentimenti complessi e intrigati di Kousei e compagni, “Bugie d’Aprile” ci ricorda in modo potente e sfacciato che ogni minuto della nostra vita è prezioso, sono minuti che non torneranno mai più, e che nessuno di noi sa esattamente quando lascerà questo mondo. Quindi vivete, vivete sorridendo, non lasciatevi sfuggire nessun momento e fate quello che volete e quel che potete, perché, come citava Lorenzo de’ Medici: “Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.”
Il finale di questa tenera e amara vicenda vi svelerà quali, di quelle bugie dette “lo scorso aprile”, sarà la più importante e toccante.
Se amate la musica classica, non perdetevi questa piccola gemma. Se non la amate o semplicemente non ci avete mai pensato, guardatela lo stesso.
La musica tocca il cuore, quando ci si esibisce con l’anima.
“Bugie d’aprile” (“Shigatsu wa Kimi no Uso”) parla di quelle note: tutto parte da qui.
È uno di quegli anime che tratta musica classica nel migliore dei modi, senza artefare, storpiare, mistificare o iperbolizzare ciò che è l’anima vera e propria dei pezzi sacri ed eterni che propone: l’intreccio fra sceneggiatura emozionante e musiche semplicemente gloriose avviene con cura e con giusta misura, e questo rende il tutto estremamente gradevole, soprattutto agli appassionati del genere.
Visivamente eccezionale sin dai primi episodi, ecco ciò che sembra una classica storia fra alunni delle scuole medie, alle prese coi loro problemi personali e i loro percorsi di crescita: pertanto, non ci è lasciato intendere quali possano essere queste “bugie primaverili”, eppure, pian piano, ci renderemo conto che sarà proprio una di queste il cardine palpitante e delicato di tutta la vicenda.
È una storia dai colori splendidi. Le animazioni colpiscono sin da subito: ventidue episodi con rarissimi cali di qualità, una brillantezza sia nella cromatica che richiama volutamente le pastellate livree primaverili, sia nelle animazioni, sempre incisive, fluide, quantomeno sufficienti, per poi divenire eccellenti nei momenti chiave: il binomio fioritura primaverile e scenari dalle livree tenui e delicate sortiscono un effetto meraviglioso.
E’ questa (anche) la storia di Kousei Arima, quattordicenne che fu prodigio del pianoforte fino a quando, a causa di una grave malattia, la severissima madre non lo lasciò. Egli, in seguito al lutto, finì per sviluppare un vero e proprio blocco psicologico, una sorta di trauma legato a una infanzia sofferta e ricca di sentimenti contrastanti, che lo costrinse a fuggire dalla musica. Così, ora, i giorni di Kousei procedono monotoni ma apparentemente sereni, almeno fino a quando, nel bel mezzo d’un giorno di primavera, non si imbatte in una bella, vivace, euforica biondina di nome Kaori, che, inaspettatamente - in un modo o nell’altro - scuoterà l’anima del giovane ragazzo, trascinandolo in un turbinio di emozioni capaci di smuoverlo nell’intimo più di qualsiasi altra cosa. Ma Kousei non è mai stato davvero solo: è circondato da amici che lo hanno sempre sostenuto e lo sosterranno in futuro, amici che provano sincero affetto per lui, ognuno di loro in modo... differente: alcuni antagonisti di spartito, altri sinceri amici del cuore, altri ancora insospettabili estimatori.
Tuttavia, Kaori non è solo una semplice spalla né “soltanto” la protagonista femminile della storia: è probabilmente uno dei personaggi femminili migliori mai creati in un anime con questo genere di target: in alcuni episodi brilla davvero come una stella, ed è capace di prendersi l’intero palcoscenico (letteralmente e metaforicamente); dietro un carattere irascibile e una verve eccessiva nasconde una bontà d’animo incredibile, una personalità solare e una timida generosità, poiché in quelle amabili contraddizioni vi è racchiuso un amore viscerale e sfrenato per la vita, una voglia di gioire, sorridere, andare “avanti”. “Lasciare il segno nel cuore delle persone a cui vuole bene” e, soprattutto, sfiorare il cuore di chi ascolta la sua musica: è questo il suo motore, la spinta della sua anima, la sua motivazione più grande. Sì, perché Kaori è una violinista di grande talento, istintiva e sregolata, capace di interpretare brani classici in chiave personale unica e farli propri, per poi trasmetterli alla platea filtrati attraverso la sua anima colorata, scoppiettante ed esplosiva, delicata eppur vigorosa, e, soprattutto, così intensa e sincera. È uno spirito libero, capace di folgorare con frasi ad effetto (talvolta magari un po’ eccessive in determinate situazioni, ma capaci di far risaltare dialoghi altresì banali).
Ma come tutti gli adolescenti è fragile, e prova timori. Ma perché vive ogni giorno come fosse l’ultimo? E perché ha deciso di suonare il violino con tanta passione?
“Bugie d’Aprile” è un prodotto davvero molto curato.
Le esibizioni sonore dei protagonisti tengono lo spettatore col fiato sospeso; non solo narrano la vicenda tramite le note di pezzi immortali della musica classica (Chopin, Mozart, Rachmaninov, Beethoven, per fare dei nomi), ma parlano al cuore della platea, le note come parole di una lettera d’amore, o una sfuriata, o un momento triste, come lacrime o come sorrisi, in un turbine di sentimenti ed emozioni come solo la musica può plasmare o trasformare. L’episodio 4, a proposito, è, probabilmente, a livello emotivo e artistico, uno dei migliori della storia dell’animazione giapponese moderna.
V’è una magia cromatica nella correlazione fra lo spettro emotivo dei musicisti coinvolti e i colori scelti per illustrare questa dolce tragedia, quasi come se paesaggi, luoghi e momenti della vicenda possano essere raccontati tramite la musica, metro di misura e idioma universale, capace di trascendere ogni genere di comunicazione e arrivare dritta al cuore di chiunque, se espressa con nobile sincerità.
Bella e pertinente la CG utilizzata per mostrare le mani dei pianisti in azione, esaltanti le scene quando Kaori suona il violino: una cura maniacale nella fedeltà di strumenti e gestualità.
E così, con ritmo compassato ma crescente, la vicenda scivola lentamente in un dramma quasi telefonato che di sicuro non stupisce lo spettatore, ma lo prepara a un finale duro e sofferto.
C’è da dire che qualche volta le scene drammatiche eccedono di intensità, raramente appaiono forzate, ma nel complesso rimangono pertinenti e coerenti alla struttura della trama (sebbene fin troppo semplificata in alcuni punti e troppo complessa in altri, surreale per dei ragazzi così giovani).
Della colonna sonora non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne. Siamo semplicemente su un altro pianeta. Le opening e le ending sono orecchiabili, allegre le prime, malinconiche le seconde, in linea con la trama, ma, quando si tratta di pezzi classici reinterpretati o suonati alla “lettera”, allora è la magia della musica classica che prende il sopravvento e atterrisce, stupisce, eleva, colpisce e tramortisce. Emozioni inimitabili, in cui si identificano i nostri giovani eroi, che, fra sogni per il futuro e alle prese coi primi amori, costruiscono passo dopo passo il loro futuro.
Ma è per tutti così?
Fra le tristi note di Chopin, l’esaltazione di Mozart e i sentimenti complessi e intrigati di Kousei e compagni, “Bugie d’Aprile” ci ricorda in modo potente e sfacciato che ogni minuto della nostra vita è prezioso, sono minuti che non torneranno mai più, e che nessuno di noi sa esattamente quando lascerà questo mondo. Quindi vivete, vivete sorridendo, non lasciatevi sfuggire nessun momento e fate quello che volete e quel che potete, perché, come citava Lorenzo de’ Medici: “Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.”
Il finale di questa tenera e amara vicenda vi svelerà quali, di quelle bugie dette “lo scorso aprile”, sarà la più importante e toccante.
Se amate la musica classica, non perdetevi questa piccola gemma. Se non la amate o semplicemente non ci avete mai pensato, guardatela lo stesso.
La musica tocca il cuore, quando ci si esibisce con l’anima.
Per scrivere una recensione, è spesso consigliato di essere il più oggettivi possibile, tuttavia, se “Shigatsu wa Kimi no Uso” vuole trasmetterci qualcosa, è che è giusto far trapelare le emozioni in tutto ciò che facciamo. La verità è che è impossibile guardare gli episodi senza avere le lacrime agli occhi: una storia appassionante, seppure scontata ogni tanto, ma che ti travolge come un fiume in piena. Le emozioni scorrono libere ogni singolo minuto; affezionarsi ai personaggi è d’obbligo, si entra a far parte delle loro vite, a far il tifo per loro e a combattere così le loro battaglie. Arima è un ragazzo problematico come potrebbe esserlo qualsiasi adolescente, cerca di affrontare le sue paure, bloccato nella prigione mentale in cui lui stesso si è rinchiuso ormai da tempo. Riuscire ad evadere da soli non è sempre facile, ed è in situazioni come queste che una persona come Kao può riuscire ad offrirci una via d’uscita. Per quanto possa sembrare banale, l’amore, raccontato anche con piccoli gesti, può essere la libertà tanto desiderata. Una singola bugia può cambiare le cose, può far tornare a sognare un ragazzo come Arima, incapace di suonare il pianoforte a cui tanto è legato. Il viaggio che intraprenderà insieme alla dolce Kao farà in modo che lui cambi completamente.
Da un punto di vista tecnico, la grafica delle animazioni è stata realizzata in modo superbo; le musiche scelte (considerando che l’anime è basato soprattutto sulla musica) sono state pressoché perfette. Unica pecca sono i personaggi leggermente stereotipati e alcune situazioni spesso scontate; per il resto un’opera indimenticabile.
Ventidue episodi che ti toccano il cuore.
Da un punto di vista tecnico, la grafica delle animazioni è stata realizzata in modo superbo; le musiche scelte (considerando che l’anime è basato soprattutto sulla musica) sono state pressoché perfette. Unica pecca sono i personaggi leggermente stereotipati e alcune situazioni spesso scontate; per il resto un’opera indimenticabile.
Ventidue episodi che ti toccano il cuore.
In aprile, Kôsei Arima incontra Kaori (in realtà si scriverebbe Kawori), una bravissima violinista un po’ fuori dagli schemi della classica. Kôsei era un pianista perfetto, un bambino prodigio, detto “il metronomo umano”, ma dopo la morte della madre purtroppo non riesce più a sentire il suono della propria musica, e quindi ha praticamente abbandonato il piano. Tuttavia Kaori gli chiede di farle da accompagnatore durante l’esibizione per un concorso ufficiale. Il concorso va male. Dopo questo primo fallimento i due non demordono, ma Kaori si ammala e viene ricoverata all’ospedale. Preoccupati, gli amici e l’insegnante di musica di Kôsei si prendono cura di lei. Nonostante lei stia uscendo con il suo migliore amico, Kôsei si innamora di Kaori.
In questo anime anche i personaggi secondari sono importanti e ben caratterizzati, e il disegno, morbido e pulito, aiuta a delinearli anche nei loro tratti psicologici.
Non è soltanto una storia sulla musica classica né soltanto una storia romantica.
Ovviamente, trattandosi di un anime “scolastico”, vediamo i famosi club del dopo-scuola. Ad esempio, Tsubaki - la migliore amica di Kôsei e sua vicina di casa - gioca a baseball, mentre Ryôta - l’amico che sta con Kaori - gioca a calcio, ma è chiaro che non si tratta assolutamente di uno spokon. È commovente ma non stucchevole - dato che non voglio fare spoiler, non dirò nulla del finale né svelerò qual è la bugia del titolo (sì, perché la bugia è una sola, al singolare!).
Dato che Kôsei Arima, per il trauma della malattia e della morte della madre, non sente più il suono del piano, forse potrei accostare quest’opera di Naoshi Arakawa al romanzo “Musica” di Yukio Mishima, proprio perché qui la protagonista sembra soffrire dello stesso disturbo, ma, dato che l’autore non si sofferma molto sui risvolti psicologici del problema, preferirei provare a leggere il saggio “Musicofilia” di Oliver Sacks, che tratta lo stesso tema.
Restando nell’ambito degli anime, vengono subito in mente due titoli: “Nodame Cantabile” e “Piano no Mori”, ma mi sono stati sconsigliati entrambi, uno per i disegni poco curati (addirittura chi me ne parlava li ha definiti “kakkô warui”, quindi “sfigati”!) e il secondo per l’animazione che mi dicono essere legnosa.
Niente a che vedere con “Bugie d’aprile”, che invece è fluido e trasmette in modo vivo sia la musica sia i sentimenti, senza mai risultare noioso. Consiglio anche la versione cartacea, in cui i brani passano in maniera dinamica anche grazie a delle brevi spiegazioni fornite alla fine di ogni capitolo da specialisti del settore (la storia dell’anime è fedelissima al manga originale).
In questo anime anche i personaggi secondari sono importanti e ben caratterizzati, e il disegno, morbido e pulito, aiuta a delinearli anche nei loro tratti psicologici.
Non è soltanto una storia sulla musica classica né soltanto una storia romantica.
Ovviamente, trattandosi di un anime “scolastico”, vediamo i famosi club del dopo-scuola. Ad esempio, Tsubaki - la migliore amica di Kôsei e sua vicina di casa - gioca a baseball, mentre Ryôta - l’amico che sta con Kaori - gioca a calcio, ma è chiaro che non si tratta assolutamente di uno spokon. È commovente ma non stucchevole - dato che non voglio fare spoiler, non dirò nulla del finale né svelerò qual è la bugia del titolo (sì, perché la bugia è una sola, al singolare!).
Dato che Kôsei Arima, per il trauma della malattia e della morte della madre, non sente più il suono del piano, forse potrei accostare quest’opera di Naoshi Arakawa al romanzo “Musica” di Yukio Mishima, proprio perché qui la protagonista sembra soffrire dello stesso disturbo, ma, dato che l’autore non si sofferma molto sui risvolti psicologici del problema, preferirei provare a leggere il saggio “Musicofilia” di Oliver Sacks, che tratta lo stesso tema.
Restando nell’ambito degli anime, vengono subito in mente due titoli: “Nodame Cantabile” e “Piano no Mori”, ma mi sono stati sconsigliati entrambi, uno per i disegni poco curati (addirittura chi me ne parlava li ha definiti “kakkô warui”, quindi “sfigati”!) e il secondo per l’animazione che mi dicono essere legnosa.
Niente a che vedere con “Bugie d’aprile”, che invece è fluido e trasmette in modo vivo sia la musica sia i sentimenti, senza mai risultare noioso. Consiglio anche la versione cartacea, in cui i brani passano in maniera dinamica anche grazie a delle brevi spiegazioni fornite alla fine di ogni capitolo da specialisti del settore (la storia dell’anime è fedelissima al manga originale).
Che dire? Sicuramente è un anime che non lascia indifferenti, è molto forte, nonostante all'apparenza sembri una semplice storia d'amore adolescenziale (o pre-adolescenziale, dato che i protagonisti sono quattordicenni) su sfondo scolastico/musicale.
Molto brevemente, la trama narra di un pianista prodigio, Kousei Arima, che, a causa di una dottrina molto severa (anzi diabolica) della madre, anche lei pianista, nel farlo diventare un musicista di fama mondiale, rimane come traumatizzato dal suonare il suo strumento. Questo a causa di una serie di avvenimenti, culminanti con la morte della madre per una malattia, che avranno una forte influenza psicologica su Kousei, facendogli perdere interesse ed entusiasmo nel suonare, definendo lui stesso questo problema come "non riuscire a sentire le note". Fino a che, un giorno, l'incontro con una violinista della sua stessa scuola, Kaori Miyazono, inizierà a scuotere il protagonista. Da qui, anche se con sua molta iniziale riluttanza, prenderà il via una tortuosa ma determinata lotta con sé stesso nel superare il trauma e riprendere in mano la sua carriera, grazie soprattutto ai palesi sentimenti che fin da subito Kousei proverà per lei. Ma anche grazie al supporto e alla vicinanza della sua stretta amica d'infanzia, del suo migliore amico di scuola, e allo stimolo che riceverà da altri pianisti, che vedono Kousei come rivale, data la sua enorme bravura.
Fin qui tutto abbastanza banale, direte.
Non fosse però che ad un certo punto l'anime prenderà una svolta drammatica che porterà a un finale sicuramente coraggioso. Un finale a mio avviso riuscitissimo nel suo chiudere un cerchio e dare un senso al comportamento di un preciso personaggio. Un finale che a me ha colpito più di tutti gli altri aspetti trattati, come l'evoluzione psicologica del musicista. Ma... un finale sicuramente non adatto a tutti. Ed è qui che questa storia narrata si differenzia da molte altre.
Parlando del lato musicale, niente da eccepire naturalmente, trattandosi di un anime incentrato molto sulla musica, con brani presi dalle opere in primis di Chopin, ma anche da altri capisaldi della musica classica. Buone anche le musiche create ad hoc per l'anime. Anche la resa grafica dei musicisti intenti a suonare è realistica e fedele, in una diteggiatura che rispecchia ciò che si suona. Ma qui ovviamente bisogna avere conoscenze in materia per scorgere questi dettagli. Il disegno e le animazioni sono di ottima fattura (anche se gli occhi così grandi non mi fanno proprio impazzire).
Ci sono cose che però non mi hanno convinto appieno.
Prima tra queste un'eccessiva drammatizzazione delle paure del protagonista, che a volte mi è sembrata forzata, perlomeno nel modo in cui è messa su schermo. Inizialmente poi avevo trovato una stereotipata e romanzata retorica in alcuni momenti, anche se il finale sicuramente darà una prospettiva diversa a questo aspetto, dando una diversa luce a certi comportamenti, ma su cui preferisco non scendere in dettagli per ovvie anticipazioni (se vedrete, capirete). Infine, la parte centrale è forse un po' lenta e forse adatta di più a chi è strettamente appassionato di musica classica.
Nulla da dire sul doppiaggio, dato che stiamo parlando dell'originale giapponese, ovviamente sottotitolato in italiano (anche se su Netflix ho notato parecchi errori di battitura).
In definitiva, quindi, un anime forse non per tutti, data l'elevata mole psicologica e drammatica (anche se frammentata dalle solite gag buffe e stilizzate, tipiche di questi anime), che sicuramente si farà ricordare in positivo o in negativo, ma che non si fa remore sul dire chiaramente come a volte va la vita.
Lo sconsiglio quindi a chi negli anime (o nelle storie in generale) predilige il divertimento e la spensieratezza.
Molto brevemente, la trama narra di un pianista prodigio, Kousei Arima, che, a causa di una dottrina molto severa (anzi diabolica) della madre, anche lei pianista, nel farlo diventare un musicista di fama mondiale, rimane come traumatizzato dal suonare il suo strumento. Questo a causa di una serie di avvenimenti, culminanti con la morte della madre per una malattia, che avranno una forte influenza psicologica su Kousei, facendogli perdere interesse ed entusiasmo nel suonare, definendo lui stesso questo problema come "non riuscire a sentire le note". Fino a che, un giorno, l'incontro con una violinista della sua stessa scuola, Kaori Miyazono, inizierà a scuotere il protagonista. Da qui, anche se con sua molta iniziale riluttanza, prenderà il via una tortuosa ma determinata lotta con sé stesso nel superare il trauma e riprendere in mano la sua carriera, grazie soprattutto ai palesi sentimenti che fin da subito Kousei proverà per lei. Ma anche grazie al supporto e alla vicinanza della sua stretta amica d'infanzia, del suo migliore amico di scuola, e allo stimolo che riceverà da altri pianisti, che vedono Kousei come rivale, data la sua enorme bravura.
Fin qui tutto abbastanza banale, direte.
Non fosse però che ad un certo punto l'anime prenderà una svolta drammatica che porterà a un finale sicuramente coraggioso. Un finale a mio avviso riuscitissimo nel suo chiudere un cerchio e dare un senso al comportamento di un preciso personaggio. Un finale che a me ha colpito più di tutti gli altri aspetti trattati, come l'evoluzione psicologica del musicista. Ma... un finale sicuramente non adatto a tutti. Ed è qui che questa storia narrata si differenzia da molte altre.
Parlando del lato musicale, niente da eccepire naturalmente, trattandosi di un anime incentrato molto sulla musica, con brani presi dalle opere in primis di Chopin, ma anche da altri capisaldi della musica classica. Buone anche le musiche create ad hoc per l'anime. Anche la resa grafica dei musicisti intenti a suonare è realistica e fedele, in una diteggiatura che rispecchia ciò che si suona. Ma qui ovviamente bisogna avere conoscenze in materia per scorgere questi dettagli. Il disegno e le animazioni sono di ottima fattura (anche se gli occhi così grandi non mi fanno proprio impazzire).
Ci sono cose che però non mi hanno convinto appieno.
Prima tra queste un'eccessiva drammatizzazione delle paure del protagonista, che a volte mi è sembrata forzata, perlomeno nel modo in cui è messa su schermo. Inizialmente poi avevo trovato una stereotipata e romanzata retorica in alcuni momenti, anche se il finale sicuramente darà una prospettiva diversa a questo aspetto, dando una diversa luce a certi comportamenti, ma su cui preferisco non scendere in dettagli per ovvie anticipazioni (se vedrete, capirete). Infine, la parte centrale è forse un po' lenta e forse adatta di più a chi è strettamente appassionato di musica classica.
Nulla da dire sul doppiaggio, dato che stiamo parlando dell'originale giapponese, ovviamente sottotitolato in italiano (anche se su Netflix ho notato parecchi errori di battitura).
In definitiva, quindi, un anime forse non per tutti, data l'elevata mole psicologica e drammatica (anche se frammentata dalle solite gag buffe e stilizzate, tipiche di questi anime), che sicuramente si farà ricordare in positivo o in negativo, ma che non si fa remore sul dire chiaramente come a volte va la vita.
Lo sconsiglio quindi a chi negli anime (o nelle storie in generale) predilige il divertimento e la spensieratezza.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Ho visto quest'anime nel giro di tre giorni, complice una storia appassionante e dei pomeriggi estivi di totale nullafacenza. La scelta era ricaduta un po' a caso, lo ammetto. Era tra i titoli consigliati di Netflix, e sono stata attirata principalmente dai disegni. Tuttavia, per quanto non possa dire di non aver gradito la visione, devo dare a "Shigatsu wa Kimi no Uso" un voto più basso di quello che mi sarei aspettata.
Senza dilungarmi sulla trama, arrivo subito al problema: il finale e il dramma a tutti i costi. Si capisce praticamente subito che Kaori sta male (al primo svenimento ti si accende immediatamente un campanello d'allarme, ormai questi colpi di scena non lo sono per niente), quindi si continua a guardare l'anime ben consci della botta di allegria finale. Questo mi sta pure bene, ma la cosa è stata gestita malissimo. Prima di tutto noi non sapremo mai che tipo di malattia ha la ragazza, e io in primis più volte ho pensato che magari non fosse qualcosa di mortale, ma solo che la rendesse immobile in un letto (notiamo che non riesce più a camminare e a suonare). Inoltre tutta la storia dell'operazione alla fine è solo stupida: a che pro dare la speranza allo spettatore, per farla morire sotto i ferri? Era davvero utile questa cosa ai fini della trama? Sì, ok, lei è stata ispirata da Kousei e quindi ora non ha più paura, ma proprio la sua morte rende il tutto a livello narrativo inutile e cattivo. Un finale con Kaori viva, magari sulla sedia a rotelle, perché non sia mai che esista l'happy ending, sarebbe stato molto più soddisfacente per il percorso che hanno compiuto i personaggi.
Un'altra cosa che non mi è piaciuta del finale è che ha riguardato, appunto, solo la morte della ragazza. Molti si sono lamentati dei "filler" in cui Kousei dà lezioni a Nagi, ma a me sono piaciuti. Non riuscivo a considerare Kaori un personaggio della storia, ma più un mezzo grazie alla quale il protagonista si è riappropriato della sua vita, e mostrarci scene in cui effettivamente riesce a suonare serenamente e approcciarsi ad altri musicisti è il tipo di maturazione che volevo vedere. Quando poi nel finale tutto questo è stato messo in secondo piano, ci sono rimasta malissimo. Volevo sapere se Kousei fosse entrato nella scuola dei suoi sogni, cosa avrebbero fatto i suoi due rivali pianisti, i progetti di Watari e Tsubaki, e questo non perché sono insensibile verso Kaori, ma semplicemente perché l'anime riguardava la vita di questi ragazzi e il loro futuro.
Per il resto ho apprezzato quasi tutto. Le musiche e i disegni sono molto belli, la storia appassionante (è praticamente uno spokon musicale) e le vicende abbastanza realistiche (se tralasciamo gli eccessivamente complicati pensieri dei personaggi). Avrei dato almeno un 8 all'anime, ma il finale mi ha davvero delusa.
Ho visto quest'anime nel giro di tre giorni, complice una storia appassionante e dei pomeriggi estivi di totale nullafacenza. La scelta era ricaduta un po' a caso, lo ammetto. Era tra i titoli consigliati di Netflix, e sono stata attirata principalmente dai disegni. Tuttavia, per quanto non possa dire di non aver gradito la visione, devo dare a "Shigatsu wa Kimi no Uso" un voto più basso di quello che mi sarei aspettata.
Senza dilungarmi sulla trama, arrivo subito al problema: il finale e il dramma a tutti i costi. Si capisce praticamente subito che Kaori sta male (al primo svenimento ti si accende immediatamente un campanello d'allarme, ormai questi colpi di scena non lo sono per niente), quindi si continua a guardare l'anime ben consci della botta di allegria finale. Questo mi sta pure bene, ma la cosa è stata gestita malissimo. Prima di tutto noi non sapremo mai che tipo di malattia ha la ragazza, e io in primis più volte ho pensato che magari non fosse qualcosa di mortale, ma solo che la rendesse immobile in un letto (notiamo che non riesce più a camminare e a suonare). Inoltre tutta la storia dell'operazione alla fine è solo stupida: a che pro dare la speranza allo spettatore, per farla morire sotto i ferri? Era davvero utile questa cosa ai fini della trama? Sì, ok, lei è stata ispirata da Kousei e quindi ora non ha più paura, ma proprio la sua morte rende il tutto a livello narrativo inutile e cattivo. Un finale con Kaori viva, magari sulla sedia a rotelle, perché non sia mai che esista l'happy ending, sarebbe stato molto più soddisfacente per il percorso che hanno compiuto i personaggi.
Un'altra cosa che non mi è piaciuta del finale è che ha riguardato, appunto, solo la morte della ragazza. Molti si sono lamentati dei "filler" in cui Kousei dà lezioni a Nagi, ma a me sono piaciuti. Non riuscivo a considerare Kaori un personaggio della storia, ma più un mezzo grazie alla quale il protagonista si è riappropriato della sua vita, e mostrarci scene in cui effettivamente riesce a suonare serenamente e approcciarsi ad altri musicisti è il tipo di maturazione che volevo vedere. Quando poi nel finale tutto questo è stato messo in secondo piano, ci sono rimasta malissimo. Volevo sapere se Kousei fosse entrato nella scuola dei suoi sogni, cosa avrebbero fatto i suoi due rivali pianisti, i progetti di Watari e Tsubaki, e questo non perché sono insensibile verso Kaori, ma semplicemente perché l'anime riguardava la vita di questi ragazzi e il loro futuro.
Per il resto ho apprezzato quasi tutto. Le musiche e i disegni sono molto belli, la storia appassionante (è praticamente uno spokon musicale) e le vicende abbastanza realistiche (se tralasciamo gli eccessivamente complicati pensieri dei personaggi). Avrei dato almeno un 8 all'anime, ma il finale mi ha davvero delusa.
La ‘grande bellezza’ di “Shigatsu wa Kimi no Uso” è in quell’ultima sonata: Chopin, la figura sudata e piegata sui tasti del pianista, i colori di un cielo in transizione e l’immagine vivida al centro della scena della protagonista, che muove il suo archetto sulle corde del violino. Quella figura, conosciuta e poi amata nel corso delle ventidue puntate, compare e, infine, scompare nel crepuscolo alla stregua di un angelo custode dopo aver assolto al suo compito. Un cambio di status che ti sradica dalla libertà connessa all’essere un semplice spettatore, costringendoti a vivere emozioni e sentimenti in prima persona.
Nel commiato all’altro protagonista della storia, un semplice liceale giapponese che ha il pregio o la sfortuna di essere un genio della musica, ma ha bisogno delle dure prove della vita per comprenderne a fondo l’essenza, non c’è struggimento, ma solo sana e viva commozione. La metafora di quel destino d’artista, seppur vicina ad alcuni classici cliché romantici, che resta essenziale per comprendere la natura più intima di qualsiasi opera d'arte. Il tutto è poi condito da una sapiente gestione della componente musicale, che strizza un po’ l’occhio a archetipi di grande prestigio del genere come “Nodame Cantabile”. La musica è protagonista e analizzata finemente sia dal punto di vista tecnico che nella sua componente psicologica, ponendola in equilibrio con gli aspetti più intimistici e romantici della storia.
È proprio l’equilibrio tra queste forze che convergono verso un fine comune senza fagocitarsi a rappresentare, a mio parere, il tripudio della resa filmica di questo shounen romantico.
Il mio voto è giustificato anche da una buona resa grafica e da una buona gestione della componente tecnica della produzione. Gli effetti già citati nell’ultimo episodio ne sono un chiaro esempio.
Nel commiato all’altro protagonista della storia, un semplice liceale giapponese che ha il pregio o la sfortuna di essere un genio della musica, ma ha bisogno delle dure prove della vita per comprenderne a fondo l’essenza, non c’è struggimento, ma solo sana e viva commozione. La metafora di quel destino d’artista, seppur vicina ad alcuni classici cliché romantici, che resta essenziale per comprendere la natura più intima di qualsiasi opera d'arte. Il tutto è poi condito da una sapiente gestione della componente musicale, che strizza un po’ l’occhio a archetipi di grande prestigio del genere come “Nodame Cantabile”. La musica è protagonista e analizzata finemente sia dal punto di vista tecnico che nella sua componente psicologica, ponendola in equilibrio con gli aspetti più intimistici e romantici della storia.
È proprio l’equilibrio tra queste forze che convergono verso un fine comune senza fagocitarsi a rappresentare, a mio parere, il tripudio della resa filmica di questo shounen romantico.
Il mio voto è giustificato anche da una buona resa grafica e da una buona gestione della componente tecnica della produzione. Gli effetti già citati nell’ultimo episodio ne sono un chiaro esempio.
Non mi presto a fare recensioni generalmente, ma questo "Shigatsu wa Kimi no Uso" è stato forse una delle più grandi delusioni da quando ho iniziato a vedere anime. Chi lo ha visto può immaginare grossomodo quale sia il motivo.
Per quanto riguarda il comparto tecnico e le scelte stilistiche in generale, non ho nulla da dire, sono elementi che possono o meno piacere a seconda dei gusti, ma in generale si percepisce un livello molto alto.
L'incipit della trama è abbastanza interessante e cattura rapidamente l'attenzione di chi guarda, niente di troppo originale comunque. L'evolversi degli eventi invece è una lenta e inesorabile marcia verso un finale vuoto, che tenta di mascherarsi attraverso un overdrama di proporzioni bibliche.
Parliamoci chiaro, non ho nulla contro la trasposizione di storie piene di sofferenza, niente è più reale del dolore su questa terra. Ma la domanda che mi pongo è una: "Questa storia meritava di essere raccontata?" Le sensazioni che trasmette sono perlopiù negative, e sfido chiunque a non soffrire insieme al protagonista durante l'intera visione. Quindi, ci sarà forse un insegnamento, un messaggio, un'evoluzione del personaggio che potrà ispirarci o qualsiasi cosa che possa farci esclamare "N'è valsa la pena!"? Niente di tutto questo, a mio modesto parere. Mi è sembrato che l'unico scopo dell'autore fosse quello di colpire, nel bene o nel male e con qualunque mezzo. Poco importa se, infine, non avesse trasmesso nulla, se non forse una irresistibile voglia di piangere nel pubblico più sensibile.
Dal punto di vista emozionale, per come la vedo io, questo anime è un fuoco di paglia: brucia molto e si spegne rapidamente, non lasciandoti nulla.
Avrei voluto premiare il comparto tecnico e le splendide musiche, ma mi sento troppo preso in giro dopo ventidue episodi per dare più di 3. Non ne consiglio la visione, ma posso capire i motivi per i quali abbia avuto grande successo.
Per quanto riguarda il comparto tecnico e le scelte stilistiche in generale, non ho nulla da dire, sono elementi che possono o meno piacere a seconda dei gusti, ma in generale si percepisce un livello molto alto.
L'incipit della trama è abbastanza interessante e cattura rapidamente l'attenzione di chi guarda, niente di troppo originale comunque. L'evolversi degli eventi invece è una lenta e inesorabile marcia verso un finale vuoto, che tenta di mascherarsi attraverso un overdrama di proporzioni bibliche.
Parliamoci chiaro, non ho nulla contro la trasposizione di storie piene di sofferenza, niente è più reale del dolore su questa terra. Ma la domanda che mi pongo è una: "Questa storia meritava di essere raccontata?" Le sensazioni che trasmette sono perlopiù negative, e sfido chiunque a non soffrire insieme al protagonista durante l'intera visione. Quindi, ci sarà forse un insegnamento, un messaggio, un'evoluzione del personaggio che potrà ispirarci o qualsiasi cosa che possa farci esclamare "N'è valsa la pena!"? Niente di tutto questo, a mio modesto parere. Mi è sembrato che l'unico scopo dell'autore fosse quello di colpire, nel bene o nel male e con qualunque mezzo. Poco importa se, infine, non avesse trasmesso nulla, se non forse una irresistibile voglia di piangere nel pubblico più sensibile.
Dal punto di vista emozionale, per come la vedo io, questo anime è un fuoco di paglia: brucia molto e si spegne rapidamente, non lasciandoti nulla.
Avrei voluto premiare il comparto tecnico e le splendide musiche, ma mi sento troppo preso in giro dopo ventidue episodi per dare più di 3. Non ne consiglio la visione, ma posso capire i motivi per i quali abbia avuto grande successo.
La musica è ciò che costituisce la particolarità della specie umana. Qualunque sia la sua forma, il modo in cui viene presentata, quale messaggio, emozione, sensazione vuole trasmettere, una cosa è certa e innegabile: la musica è sempre esistita da quando esiste l'umanità e non esiste umano che possa vivere senza musica. Sia essa un coro gregoriano, una danza indiana in stile Bollywood, gran rumore "rock" o della melodiosa musica classica.
Questa idea viene espressa in modo molto chiaro e "scenico" in "Shigatsu wa Kimi no Uso", anime del 2014 e adattamento dell'omonimo manga. La musica, l'importanza che una serie d'individui le dà, la gioia che essa porta ma anche la sofferenza. Soprattutto la sofferenza, se ci soffermiamo sulla vita di quei musicisti che passano le loro intere giornate solo accompagnati dal suono emesso dal loro strumento, note che a volte possono essere melodiose, allora avvenimento gioioso, a volte stonate, quindi causa di sofferenza: è il tema che quest'opera si pone lo scopo di raccontare, riuscendoci, secondo me, in modo sorprendente.
Quando s'immagina la storia di un giovane tormentato musicista e la sua arte, di solito si ha l'immagine di un Mozart morente. Quando s'immagina la storia di un compositore che non sente più la sua musica, ci s'immagina un Beethoven che comprende la vera origine di tale meraviglia, non avendo più il bisogno di sentirlo con le orecchie ma con il "cuore". Non di certo un ragazzino giapponese che, peraltro, non è nemmeno sordo, ma soffre solo di un disturbo causato da un avvenimento del passato. Eppure è proprio questa rottura dell'immagine tradizionale che rende l'opera originale e interessante, offrendoci un ritratto colorato e musicale, con anche tutte le sue stonature, del mondo dei giovani musicisti, mondo impegnativo, rigido, tradizionalista e che, sembra, non lascia spazio alle giovani promesse che vogliono dare anche il loro ritmo alla storia, andando oltre alle opere dei vecchi maestri.
In "Shigatsu wa Kimi no Uso" vedremo in varie forme la competitività dei Giapponesi applicata al mondo dello spettacolo musicale; dubbi, complessi, paure saranno i principali tratti della maggior parte dei personaggi, rappresentati in modo così realistico da immedesimarci noi stessi nella loro tensione.
E' una storia per molti versi drammatica e tormentata, il cui unico difetto che le trovo è il fatto che si presta al tempo dello spettatore in modo lento, risultando, in certi brevi tratti, noiosa. Ciò, comunque, non toglie che l'opera è un anime di prim'ordine.
Ne consiglio la visione a tutti, specie a coloro che fanno, o vogliono far parte di questo mondo, in modo tale da ricordare a loro stessi che non sono soli in questa realtà selvaggia, che dà più importanza all'impressione e alla forma che a ciò che è davvero la musica, e in guisa tale, forse, da trovare il modo per cambiarla usando il proprio strumento.
Questa idea viene espressa in modo molto chiaro e "scenico" in "Shigatsu wa Kimi no Uso", anime del 2014 e adattamento dell'omonimo manga. La musica, l'importanza che una serie d'individui le dà, la gioia che essa porta ma anche la sofferenza. Soprattutto la sofferenza, se ci soffermiamo sulla vita di quei musicisti che passano le loro intere giornate solo accompagnati dal suono emesso dal loro strumento, note che a volte possono essere melodiose, allora avvenimento gioioso, a volte stonate, quindi causa di sofferenza: è il tema che quest'opera si pone lo scopo di raccontare, riuscendoci, secondo me, in modo sorprendente.
Quando s'immagina la storia di un giovane tormentato musicista e la sua arte, di solito si ha l'immagine di un Mozart morente. Quando s'immagina la storia di un compositore che non sente più la sua musica, ci s'immagina un Beethoven che comprende la vera origine di tale meraviglia, non avendo più il bisogno di sentirlo con le orecchie ma con il "cuore". Non di certo un ragazzino giapponese che, peraltro, non è nemmeno sordo, ma soffre solo di un disturbo causato da un avvenimento del passato. Eppure è proprio questa rottura dell'immagine tradizionale che rende l'opera originale e interessante, offrendoci un ritratto colorato e musicale, con anche tutte le sue stonature, del mondo dei giovani musicisti, mondo impegnativo, rigido, tradizionalista e che, sembra, non lascia spazio alle giovani promesse che vogliono dare anche il loro ritmo alla storia, andando oltre alle opere dei vecchi maestri.
In "Shigatsu wa Kimi no Uso" vedremo in varie forme la competitività dei Giapponesi applicata al mondo dello spettacolo musicale; dubbi, complessi, paure saranno i principali tratti della maggior parte dei personaggi, rappresentati in modo così realistico da immedesimarci noi stessi nella loro tensione.
E' una storia per molti versi drammatica e tormentata, il cui unico difetto che le trovo è il fatto che si presta al tempo dello spettatore in modo lento, risultando, in certi brevi tratti, noiosa. Ciò, comunque, non toglie che l'opera è un anime di prim'ordine.
Ne consiglio la visione a tutti, specie a coloro che fanno, o vogliono far parte di questo mondo, in modo tale da ricordare a loro stessi che non sono soli in questa realtà selvaggia, che dà più importanza all'impressione e alla forma che a ciò che è davvero la musica, e in guisa tale, forse, da trovare il modo per cambiarla usando il proprio strumento.
Conosciuto anche con il titolo inglese “Your Lie in April”, “Shigatsu wa Kimi no Uso” (“La tua menzogna nel mese di aprile”) approda sugli schermi televisivi nipponici nella stagione autunnale del 2014. Prodotto dallo studio A-1 Pictures e basato sull’omonimo manga scritto e illustrato da Naoshi Arakawa, l’anime consta di ventidue episodi, a cui si aggiunge l’OAV “Moments”.
Protagonista della storia è Kousei Arima, uno studente all’ultimo anno delle medie. Il ragazzo un tempo era un pianista prodigio, tant’è che veniva soprannominato “il metronomo umano”; tuttavia, in seguito alla morte della madre, egli ha perso la capacità di sentire la propria musica e ha interrotto bruscamente la sua carriera. Una nuova possibilità di rinascere e di tornare a vedere il mondo a colori gli è però offerta dall’incontro con Kaori Miyazono, una vivace e intraprendente violinista.
Un turbinio di emozioni, una variopinta e travolgente melodia: così potrebbe essere descritto l’episodio iniziale di “Shigatsu wa Kimi no Uso”, un anime in grado di colpire quasi tutto il pubblico fin dai primi minuti. Ugualmente appassionanti si rivelano le puntate successive, capaci di prendere lo spettatore e di fargli desiderare di vedere subito l’episodio seguente. Gli elementi vincenti che portano a tali risultati sono pochi e semplici. Innanzitutto una visione tutta particolare della musica, non dissimile da quella presentataci nel film d’animazione “Piano Forest”: non un mero spartito da riprodurre meccanicamente, ma un potente mezzo di espressione di sé stessi, grazie al quale comunicare con gli altri e lasciare la propria immagine impressa nella mente degli ascoltatori. L’opera, tuttavia, non mancherà di esporre altre concezioni di tale arte, differenti in base al personaggio che se ne fa portatore.
Sebbene le puntate siano principalmente occupate da esibizioni, largo spazio sarà dedicato anche ad altre tematiche, quali il rapporto madre-figlio o la perdita di una persona cara, che tanto può influire sulla vita di chi resta. In tale contesto non sfigurano neanche le questioni più “spensierate” e più diffuse nelle opere dedicate a un pubblico giovane: sovente ricorreranno flashback di un’infanzia non tanto lontana, pronti a illustrarci il tenero rapporto d’amicizia che lega Kousei e la vispa Tsubaki; l’innamoramento, dal canto suo, non possiederà la profondità del sentimento che unisce due adulti, ma dimostrerà che anche la più innocente cotta adolescenziale può cambiare radicalmente la propria visione del mondo.
In quest’ottica non si può certo affermare che i personaggi godano di una blanda caratterizzazione. Tante, infatti, sono le scene spese per fornire allo spettatore un’immagine il più completa possibile del protagonista, grazie all’utilizzo di semplici ma efficaci metafore (di cui, però, si abusa parecchio). Sviscerata a sufficienza, nei suoi pregi e nei suoi difetti, anche la figura di Tsubaki e di altri personaggi secondari, quali Takeshi, Emi e Nagi. Sopraggiunge una sorta di vuoto quando invece si pensa a Watari, adombrato da “attori” che, decisamente, sembravano svolgere un ruolo meno importante del suo. La vera luce di “Shigatsu wa Kimi no Uso” è però rappresentata dalla splendente Kaori, protagonista femminile che ha rubato il cuore di personaggi e spettatori: una personalità che potrebbe risultare alquanto scontata, ma che si riesce a decifrare del tutto solo nell’ultimo episodio.
Fin qui sembra che l’anime sia privo di punti deboli, o che, al massimo, ne abbia veramente pochi. Bisogna constatare, invece, che l’atmosfera iniziale che tanto aveva intrigato nelle prime battute inizia ad affievolirsi nella parte centrale, dove il coinvolgimento dell’audience appare decisamente in diminuzione. Il motivo, a mio parere, risiede nella continua reiterazione dei medesimi argomenti, che alla lunga stanca sfociando in una fastidiosa ridondanza. Complice, oltretutto, è la palese volontà di commuovere lo spettatore con pianti tragici ed esagerati. La drammaticità forzata, per fortuna, si astiene dall’infettare lo splendido ultimo episodio, di una bellezza triste ma pacata. Ultimo appunto da fare riguarda il modo di esprimersi dei ragazzi, troppo poetico e adulto per degli studenti delle medie.
Altra nota positiva è da ricercarsi nel comparto tecnico. Quello visivo può fregiarsi di un character design dai tratti dettagliati e molto gradevoli, il quale non perde mai un colpo nelle ottime animazioni. Suggestivi i fondali, densi di colori brillanti che rendono la visione una gioia per gli occhi. Il lato sonoro, invece, presenta tracce che svolgono bene il proprio compito, talora accompagnando le esibizioni dei musicisti. Il brano originale che rimane più impresso è sicuramente “Yuujin A-kun wo Watashi no Bansousha ni Ninmeishimasu”, proposto (forse un po’ troppo) spesso. Molto orecchiabili tutte le sigle, in particolare l’energica opening “Hikaru Nara” dei Goose House.
Tirando le somme, “Shigatsu wa Kimi no Uso” è un’opera che di certo non lascia indifferenti, grazie ai suoi personaggi ben caratterizzati, alle travolgenti esibizioni, ai temi non di poco conto e all’ottimo comparto tecnico. Tali numerosi pregi, tuttavia, si accompagnano a qualche difetto, quali evidenti forzature o un’eccessiva ripetitività. Voto: 8,5.
Protagonista della storia è Kousei Arima, uno studente all’ultimo anno delle medie. Il ragazzo un tempo era un pianista prodigio, tant’è che veniva soprannominato “il metronomo umano”; tuttavia, in seguito alla morte della madre, egli ha perso la capacità di sentire la propria musica e ha interrotto bruscamente la sua carriera. Una nuova possibilità di rinascere e di tornare a vedere il mondo a colori gli è però offerta dall’incontro con Kaori Miyazono, una vivace e intraprendente violinista.
Un turbinio di emozioni, una variopinta e travolgente melodia: così potrebbe essere descritto l’episodio iniziale di “Shigatsu wa Kimi no Uso”, un anime in grado di colpire quasi tutto il pubblico fin dai primi minuti. Ugualmente appassionanti si rivelano le puntate successive, capaci di prendere lo spettatore e di fargli desiderare di vedere subito l’episodio seguente. Gli elementi vincenti che portano a tali risultati sono pochi e semplici. Innanzitutto una visione tutta particolare della musica, non dissimile da quella presentataci nel film d’animazione “Piano Forest”: non un mero spartito da riprodurre meccanicamente, ma un potente mezzo di espressione di sé stessi, grazie al quale comunicare con gli altri e lasciare la propria immagine impressa nella mente degli ascoltatori. L’opera, tuttavia, non mancherà di esporre altre concezioni di tale arte, differenti in base al personaggio che se ne fa portatore.
Sebbene le puntate siano principalmente occupate da esibizioni, largo spazio sarà dedicato anche ad altre tematiche, quali il rapporto madre-figlio o la perdita di una persona cara, che tanto può influire sulla vita di chi resta. In tale contesto non sfigurano neanche le questioni più “spensierate” e più diffuse nelle opere dedicate a un pubblico giovane: sovente ricorreranno flashback di un’infanzia non tanto lontana, pronti a illustrarci il tenero rapporto d’amicizia che lega Kousei e la vispa Tsubaki; l’innamoramento, dal canto suo, non possiederà la profondità del sentimento che unisce due adulti, ma dimostrerà che anche la più innocente cotta adolescenziale può cambiare radicalmente la propria visione del mondo.
In quest’ottica non si può certo affermare che i personaggi godano di una blanda caratterizzazione. Tante, infatti, sono le scene spese per fornire allo spettatore un’immagine il più completa possibile del protagonista, grazie all’utilizzo di semplici ma efficaci metafore (di cui, però, si abusa parecchio). Sviscerata a sufficienza, nei suoi pregi e nei suoi difetti, anche la figura di Tsubaki e di altri personaggi secondari, quali Takeshi, Emi e Nagi. Sopraggiunge una sorta di vuoto quando invece si pensa a Watari, adombrato da “attori” che, decisamente, sembravano svolgere un ruolo meno importante del suo. La vera luce di “Shigatsu wa Kimi no Uso” è però rappresentata dalla splendente Kaori, protagonista femminile che ha rubato il cuore di personaggi e spettatori: una personalità che potrebbe risultare alquanto scontata, ma che si riesce a decifrare del tutto solo nell’ultimo episodio.
Fin qui sembra che l’anime sia privo di punti deboli, o che, al massimo, ne abbia veramente pochi. Bisogna constatare, invece, che l’atmosfera iniziale che tanto aveva intrigato nelle prime battute inizia ad affievolirsi nella parte centrale, dove il coinvolgimento dell’audience appare decisamente in diminuzione. Il motivo, a mio parere, risiede nella continua reiterazione dei medesimi argomenti, che alla lunga stanca sfociando in una fastidiosa ridondanza. Complice, oltretutto, è la palese volontà di commuovere lo spettatore con pianti tragici ed esagerati. La drammaticità forzata, per fortuna, si astiene dall’infettare lo splendido ultimo episodio, di una bellezza triste ma pacata. Ultimo appunto da fare riguarda il modo di esprimersi dei ragazzi, troppo poetico e adulto per degli studenti delle medie.
Altra nota positiva è da ricercarsi nel comparto tecnico. Quello visivo può fregiarsi di un character design dai tratti dettagliati e molto gradevoli, il quale non perde mai un colpo nelle ottime animazioni. Suggestivi i fondali, densi di colori brillanti che rendono la visione una gioia per gli occhi. Il lato sonoro, invece, presenta tracce che svolgono bene il proprio compito, talora accompagnando le esibizioni dei musicisti. Il brano originale che rimane più impresso è sicuramente “Yuujin A-kun wo Watashi no Bansousha ni Ninmeishimasu”, proposto (forse un po’ troppo) spesso. Molto orecchiabili tutte le sigle, in particolare l’energica opening “Hikaru Nara” dei Goose House.
Tirando le somme, “Shigatsu wa Kimi no Uso” è un’opera che di certo non lascia indifferenti, grazie ai suoi personaggi ben caratterizzati, alle travolgenti esibizioni, ai temi non di poco conto e all’ottimo comparto tecnico. Tali numerosi pregi, tuttavia, si accompagnano a qualche difetto, quali evidenti forzature o un’eccessiva ripetitività. Voto: 8,5.
Avresti mai detto che un musicista è simile a un calciatore? Che, come un bomber ma senza compagni di squadra, suda, ha paura di sbagliare il calcio di rigore, e trova nell'agonismo una forza inimmaginabile?
Ecco, questa è la musica vista da dentro, con gli occhi di ci lotta quotidianamente, perché, infine, sembri solo istinto e cultura, quando invece è fatica e manovalanza.
E poi c'è tutto quello che la musica trasporta, che non è solo nelle orecchie di chi ascolta o nella penna di chi l'ha scritta, ma è anche nelle dita di chi la suona. E, se chi la suona è pieno di dolore o d'amore, quel dolore e quell'amore diventano parte della musica.
La musica è un luogo, proprio come un romanzo o un film. In quel luogo Kousei Arima si è perso, perché ogni volta che prova a suonare da che è morta sua madre, la ritrova ed è troppo doloroso. Per questo la musica svanisce e il luogo del loro incontro diventa il fondo scuro e immobile di un mare in cui Kousei affonda. Era per sua madre che suonava, per assecondarla, per lenirne il dolore di una carriera ormai naufragata. Ora lei è morta e lo guarda con un sorriso crudele attraverso l'oscurità fluttuante della solitudine in cui Kousei muove le dita su una tastiera muta.
Quando arriva la violinista Kaori Miyazono, Kousei vede comparire una mano che cerca di tirarlo fuori dal fondale in cui si è rinchiuso. Li aspetta un tempo da condividere breve come la fioritura dei ciliegi, eppure altrettanto splendido e curativo.
Ecco, questa è la musica vista da dentro, con gli occhi di ci lotta quotidianamente, perché, infine, sembri solo istinto e cultura, quando invece è fatica e manovalanza.
E poi c'è tutto quello che la musica trasporta, che non è solo nelle orecchie di chi ascolta o nella penna di chi l'ha scritta, ma è anche nelle dita di chi la suona. E, se chi la suona è pieno di dolore o d'amore, quel dolore e quell'amore diventano parte della musica.
La musica è un luogo, proprio come un romanzo o un film. In quel luogo Kousei Arima si è perso, perché ogni volta che prova a suonare da che è morta sua madre, la ritrova ed è troppo doloroso. Per questo la musica svanisce e il luogo del loro incontro diventa il fondo scuro e immobile di un mare in cui Kousei affonda. Era per sua madre che suonava, per assecondarla, per lenirne il dolore di una carriera ormai naufragata. Ora lei è morta e lo guarda con un sorriso crudele attraverso l'oscurità fluttuante della solitudine in cui Kousei muove le dita su una tastiera muta.
Quando arriva la violinista Kaori Miyazono, Kousei vede comparire una mano che cerca di tirarlo fuori dal fondale in cui si è rinchiuso. Li aspetta un tempo da condividere breve come la fioritura dei ciliegi, eppure altrettanto splendido e curativo.
Ho finito di vedere questo anime un mese fa... e ancora ci sto pensando! Definirlo drammatico è dir poco, quindi ve lo consiglio solo se vi piace il genere strappalacrime. Per quanto mi riguarda, solitamente evito questo genere, ma per qualche motivo mi sono imbattuta in questo anime: leggendo la trama ho pensato che potesse essere interessante e ho iniziato a vederlo. Dico subito che mi è piaciuto molto, anche se mi sto riprendendo solo ora dalla seconda parte dell'anime (che chiaramente non vi 'spoilero'). Il filo portante della trama è la musica. Tutto si svolge attorno e in funzione di essa.
E partiamo subito dalla colonna sonora, che definirei spettacolare. Quasi ad ogni puntata è possibile ascoltare brani classici sempre diversi tra loro e suonati molto bene. Se vi piace la musica classica e in particolare il pianoforte, allora vi stra-consiglio questo anime. Poi, chiaramente, visto che in Giappone non puoi salvare il mondo o avere un talento fuori dalla norma se hai più di quattordici anni, ecco che i nostri protagonisti sono, appunto, dei quattordicenni geni della musica. Del resto nella loro scuola media hanno a disposizione un pianoforte a coda della Steinway & Sons che io manco nella mia scuola di musica ho mai visto...
Nulla da dire sui disegni, che mi sono piaciuti molto, e sull'animazione. Mi hanno colpito in particolare le scene in cui i protagonisti suonano il piano e il violino, molto dettagliate e ben fatte.
E arriviamo ai protagonisti. Abbiamo un protagonista maschile, Kōsei Arima, e una protagonista femminile, Kaori Miyazono. Lui suona il piano, lei il violino. O meglio, lui suonava il piano. Soprannominato "il metronomo umano", Arima era un bambino prodigio che suonava il pianoforte con una precisione senza eguali, vincendo svariati concorsi, ma dalla morte della madre aveva smesso di suonare. Da allora Arima vive le sue giornate in maniera piatta, senza particolari sogni o emozioni. Sarà proprio l'incontro con l'energica e prorompente personalità di Kaori a farlo ricominciare a suonare, e soprattutto a farlo ricominciare a vivere. I due protagonisti hanno caratteri molto ben delineati, e nel complesso mi sono piaciuti e mi ci sono affezionata. Ad affiancare i due protagonisti, troviamo Tsubaki Sawabe, amica di infanzia di Arima, e Ryōta Watari, amico di Arima. Tsubaki è la classica ragazza-maschiaccio, personaggio abbastanza standard negli anime, ma nel complesso non mi dispiace. A lasciarmi perplessa è Watari. Non ho ancora ben capito il suo ruolo: è un personaggio piatto che non aggiunge assolutamente nulla alla trama. Come del resto tutti gli altri personaggi che sembrano fatti con lo stampino: si distinguono solo per nome e sesso, ma a mio parere hanno tutti lo stesso carattere.
Questo anime è un inno alla vita, un invito a godersela minuto per minuto. E sicuramente lo consiglio se vi piace il genere drammatico.
E partiamo subito dalla colonna sonora, che definirei spettacolare. Quasi ad ogni puntata è possibile ascoltare brani classici sempre diversi tra loro e suonati molto bene. Se vi piace la musica classica e in particolare il pianoforte, allora vi stra-consiglio questo anime. Poi, chiaramente, visto che in Giappone non puoi salvare il mondo o avere un talento fuori dalla norma se hai più di quattordici anni, ecco che i nostri protagonisti sono, appunto, dei quattordicenni geni della musica. Del resto nella loro scuola media hanno a disposizione un pianoforte a coda della Steinway & Sons che io manco nella mia scuola di musica ho mai visto...
Nulla da dire sui disegni, che mi sono piaciuti molto, e sull'animazione. Mi hanno colpito in particolare le scene in cui i protagonisti suonano il piano e il violino, molto dettagliate e ben fatte.
E arriviamo ai protagonisti. Abbiamo un protagonista maschile, Kōsei Arima, e una protagonista femminile, Kaori Miyazono. Lui suona il piano, lei il violino. O meglio, lui suonava il piano. Soprannominato "il metronomo umano", Arima era un bambino prodigio che suonava il pianoforte con una precisione senza eguali, vincendo svariati concorsi, ma dalla morte della madre aveva smesso di suonare. Da allora Arima vive le sue giornate in maniera piatta, senza particolari sogni o emozioni. Sarà proprio l'incontro con l'energica e prorompente personalità di Kaori a farlo ricominciare a suonare, e soprattutto a farlo ricominciare a vivere. I due protagonisti hanno caratteri molto ben delineati, e nel complesso mi sono piaciuti e mi ci sono affezionata. Ad affiancare i due protagonisti, troviamo Tsubaki Sawabe, amica di infanzia di Arima, e Ryōta Watari, amico di Arima. Tsubaki è la classica ragazza-maschiaccio, personaggio abbastanza standard negli anime, ma nel complesso non mi dispiace. A lasciarmi perplessa è Watari. Non ho ancora ben capito il suo ruolo: è un personaggio piatto che non aggiunge assolutamente nulla alla trama. Come del resto tutti gli altri personaggi che sembrano fatti con lo stampino: si distinguono solo per nome e sesso, ma a mio parere hanno tutti lo stesso carattere.
Questo anime è un inno alla vita, un invito a godersela minuto per minuto. E sicuramente lo consiglio se vi piace il genere drammatico.
Fatico molto più del solito a trovare le parole per descrivere "Shigatsu wa Kimi no Uso"; non perché non sappia costruire frasi e sentenze coerenti, e neanche perché non sia in possesso di un buon lessico: d'altronde scrivere è una mia passione e, modestia a parte, penso di essere anche decentemente dotato, grazie anche ad anni di applicazione. Fatico a trovare le parole, semplicemente perché tutto quello che potrei utilizzare per descrivere la serie risulterebbe sminuirla, non farle giustizia, svalorizzarla, quasi ridicolizzarla e minimizzarla. Questo perché, nel mio animo di appassionato di animazione giapponese, "Shigatsu wa Kimi no Uso" è la cosa più vicina alla perfezione che ho avuto il privilegio di poter vedere, e la perfezione trascende sempre i mezzi della parola e della scrittura.
Scrivere e analizzare i personaggi e la loro caratterizzazione, le vicende e la trama, il comparto visivo e quello musicale, ma anche il pacchetto emozionale che viene donato allo spettatore, sarebbe quindi superficiale e velleitario, evitabile e irragionevole. Non penso di esagerare, se dico che tentare di scrivere una recensione su questa serie sarebbe come sforzarsi di descrivere una sinfonia a un non udente, giusto per rimanere nell'ambito musicale: si può provare, certo, ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma l'esperienza personale trova successo laddove le parole non riescono appieno.
Mi limito quindi a dare un voto, ovviamente 10, con la speranza che possa spronare chiunque si imbatta in questa mia recensione a cercare i motivi di tale giudizio e delle mie parole; che per alcuni possono sembrare poco eloquenti, ma che invece mirano, con giustezza, a far giustizia a una serie che fatica ad essere descritta propriamente e degnamente a parole.
Scrivere e analizzare i personaggi e la loro caratterizzazione, le vicende e la trama, il comparto visivo e quello musicale, ma anche il pacchetto emozionale che viene donato allo spettatore, sarebbe quindi superficiale e velleitario, evitabile e irragionevole. Non penso di esagerare, se dico che tentare di scrivere una recensione su questa serie sarebbe come sforzarsi di descrivere una sinfonia a un non udente, giusto per rimanere nell'ambito musicale: si può provare, certo, ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma l'esperienza personale trova successo laddove le parole non riescono appieno.
Mi limito quindi a dare un voto, ovviamente 10, con la speranza che possa spronare chiunque si imbatta in questa mia recensione a cercare i motivi di tale giudizio e delle mie parole; che per alcuni possono sembrare poco eloquenti, ma che invece mirano, con giustezza, a far giustizia a una serie che fatica ad essere descritta propriamente e degnamente a parole.
Di tutti gli anime che ho visto "Shigatsu wa Kimi no Uso" è quello che mi ha lasciato un segno più forte, l'ho visto per intero almeno tre volte e l'ho amato ogni volta, da qui il mio 10 convinto.
Non riporto la trama, spiegata bene da molti altri, e mi limito agli aspetti che secondo me ne fanno un assoluto capolavoro.
I personaggi sono ben tratteggiati, profondi e con ricche relazioni tra loro. Oltre al rapporto tra Kousei e la violinista Kaori e tra Kousei e l'amica d'infanzia Tsubaki, a una seconda visione spiccano le relazioni di ammirazione-emulazione-sfida con i colleghi-avversari Emi e Takeshi, che non sono dei semplici antagonisti, ma dei personaggi a tutto tondo, trascinati al pianoforte dal talento di Arima Kousei.
Un altro elemento fondante della storia è la relazione di amore-odio con Arima Saki, la madre di Kousei, proseguita poi con Seto Hiroko, vera seconda madre. La commovente metamorfosi attraverso l'amore filiale incondizionato, il rifiuto e la riconciliazione tolgono il fiato.
Al centro di tutta la vicenda c'è naturalmente la burrascosa relazione con Kaori, vera artefice della rinascita di Kousei. Il loro amore, manifestato tutto tramite la musica, esprime una dolcezza sognante, evitando tanti luoghi comuni delle storie romantiche.
E la musica... non solo il repertorio classico portato in scena, molto Chopin, poi Mozart, Beethoven e altre perle soliste è entusiasmante, ma ciò che mi ha più colpito è come le interpretazioni di Tomoki Sakata, vero alter ego di Arima Kousei, siano state in grado di rappresentare in maniera perfetta le emozioni dei diversi atti della vicenda, accompagnate da animazioni luminose e immaginifiche.
Si piange, sì, si piange di commozione e volentieri, perché è una storia che esalta la bellezza della vita in mezzo a tutte le avversità, e lo fa in maniera meravigliosa, e non vedo come si possa restare indifferenti.
Le uniche pecche che ci trovo, assolutamente trascurabili, sono la presenza di alcuni stereotipi classici degli anime, ma non pesano sul giudizio, anzi un pochino alleggeriscono la vicenda che a volte raggiunge toni profondamente drammatici.
P.S. Un enorme valore aggiunto, almeno per me, è che vedere quest'opera mi ha fatto riscoprire il mondo della musica classica, mia vecchia passione persa per strada negli anni; anche solo per questo sarò eternamente grato a Kaori e Kousei.
Non riporto la trama, spiegata bene da molti altri, e mi limito agli aspetti che secondo me ne fanno un assoluto capolavoro.
I personaggi sono ben tratteggiati, profondi e con ricche relazioni tra loro. Oltre al rapporto tra Kousei e la violinista Kaori e tra Kousei e l'amica d'infanzia Tsubaki, a una seconda visione spiccano le relazioni di ammirazione-emulazione-sfida con i colleghi-avversari Emi e Takeshi, che non sono dei semplici antagonisti, ma dei personaggi a tutto tondo, trascinati al pianoforte dal talento di Arima Kousei.
Un altro elemento fondante della storia è la relazione di amore-odio con Arima Saki, la madre di Kousei, proseguita poi con Seto Hiroko, vera seconda madre. La commovente metamorfosi attraverso l'amore filiale incondizionato, il rifiuto e la riconciliazione tolgono il fiato.
Al centro di tutta la vicenda c'è naturalmente la burrascosa relazione con Kaori, vera artefice della rinascita di Kousei. Il loro amore, manifestato tutto tramite la musica, esprime una dolcezza sognante, evitando tanti luoghi comuni delle storie romantiche.
E la musica... non solo il repertorio classico portato in scena, molto Chopin, poi Mozart, Beethoven e altre perle soliste è entusiasmante, ma ciò che mi ha più colpito è come le interpretazioni di Tomoki Sakata, vero alter ego di Arima Kousei, siano state in grado di rappresentare in maniera perfetta le emozioni dei diversi atti della vicenda, accompagnate da animazioni luminose e immaginifiche.
Si piange, sì, si piange di commozione e volentieri, perché è una storia che esalta la bellezza della vita in mezzo a tutte le avversità, e lo fa in maniera meravigliosa, e non vedo come si possa restare indifferenti.
Le uniche pecche che ci trovo, assolutamente trascurabili, sono la presenza di alcuni stereotipi classici degli anime, ma non pesano sul giudizio, anzi un pochino alleggeriscono la vicenda che a volte raggiunge toni profondamente drammatici.
P.S. Un enorme valore aggiunto, almeno per me, è che vedere quest'opera mi ha fatto riscoprire il mondo della musica classica, mia vecchia passione persa per strada negli anni; anche solo per questo sarò eternamente grato a Kaori e Kousei.
E' un anime consigliatissimo a un pubblico e maschile e femminile.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un fumetto giapponese di genere shounen e sottogeneri scolastico, musicale e (seppure solo in accenno) sentimentale. Il suo successo, tanto in patria quanto all'estero, è dovuto alla delicatezza e al tempo stesso al modo diretto con cui viene affrontato il dramma nella vita di una giovanissima ex promessa del panorama classico; la serie - così come il manga che ad essa corrisponde - riesce nell'impresa di affrontare la realtà con pochi giri di parole - e senza pseudo-poesia -, per lasciare il posto alla musica, unica vera espressione e parte poetica nella trama. Non si sprecano parole nei dialoghi, non si cerca né d'ideare forzatamente una scena che possa essere particolarmente inaspettata né di rimanere fedeli ad alcun cliché per compiacere il pubblico: "Shigatsu wa Kimi no Uso" va per la propria strada, come a dire "racconto la storia così com'è, perché nelle cose non particolarmente straordinarie di ogni giorno si riceve la straordinarietà della vita", e sarà proprio uno di quei momenti che il protagonista non credeva potessero avere eco alcuna nella sua inabilità interiore (legata al suo lasciare il pianoforte tempo prima) a diventare la premessa per la sua liberazione. Se la musica l'aveva legato e reso inabile, ora la musica potrà mostrargli che la chiave del lucchetto è in realtà a un millimetro da lui: troppo vicino perché il suo sguardo potesse cadervi senza l'incoraggiamento dello sguardo altrui, quello della giovane violinista incontrata nel venticello leggero di aprile.
I disegni sono semplici e ben colorati, i movimenti dei personaggi ben realizzati, fluidi. La colonna sonora, a parte la parte classica straordinaria e ben scelta nei diversi momenti della serie come espressione d'interiorità, è azzeccata e tenera, perfetta per la storia presentata.
Non merita meno di 10/10, ma non è da escludere che qualcuno possa far inizialmente fatica ad abituarsi al ritmo, un po' lento per chi non ama i cartoni animati introspettivi (continuo è infatti il monologo interiore, che in realtà avviene parallelamente a pensieri e attraverso la musica suonata dai personaggi principali).
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un fumetto giapponese di genere shounen e sottogeneri scolastico, musicale e (seppure solo in accenno) sentimentale. Il suo successo, tanto in patria quanto all'estero, è dovuto alla delicatezza e al tempo stesso al modo diretto con cui viene affrontato il dramma nella vita di una giovanissima ex promessa del panorama classico; la serie - così come il manga che ad essa corrisponde - riesce nell'impresa di affrontare la realtà con pochi giri di parole - e senza pseudo-poesia -, per lasciare il posto alla musica, unica vera espressione e parte poetica nella trama. Non si sprecano parole nei dialoghi, non si cerca né d'ideare forzatamente una scena che possa essere particolarmente inaspettata né di rimanere fedeli ad alcun cliché per compiacere il pubblico: "Shigatsu wa Kimi no Uso" va per la propria strada, come a dire "racconto la storia così com'è, perché nelle cose non particolarmente straordinarie di ogni giorno si riceve la straordinarietà della vita", e sarà proprio uno di quei momenti che il protagonista non credeva potessero avere eco alcuna nella sua inabilità interiore (legata al suo lasciare il pianoforte tempo prima) a diventare la premessa per la sua liberazione. Se la musica l'aveva legato e reso inabile, ora la musica potrà mostrargli che la chiave del lucchetto è in realtà a un millimetro da lui: troppo vicino perché il suo sguardo potesse cadervi senza l'incoraggiamento dello sguardo altrui, quello della giovane violinista incontrata nel venticello leggero di aprile.
I disegni sono semplici e ben colorati, i movimenti dei personaggi ben realizzati, fluidi. La colonna sonora, a parte la parte classica straordinaria e ben scelta nei diversi momenti della serie come espressione d'interiorità, è azzeccata e tenera, perfetta per la storia presentata.
Non merita meno di 10/10, ma non è da escludere che qualcuno possa far inizialmente fatica ad abituarsi al ritmo, un po' lento per chi non ama i cartoni animati introspettivi (continuo è infatti il monologo interiore, che in realtà avviene parallelamente a pensieri e attraverso la musica suonata dai personaggi principali).
Ho approfittato delle ferie natalizie per vedermi questo anime. Da solo, sul mio PC, pur sapendo già, più o meno, come andava a finire fin da subito, l’ho guardato sei volte consecutive, dall’inizio alla fine.
Credo che si intuisca che mi è piaciuto. Molto.
Mi ha lasciato pieno di immagini, di suoni, di frasi, di musica. L’impatto emotivo è stato travolgente, quello visivo ancora di più. L’ho amato (e lo amo) profondamente, adoro l’atmosfera, la delicatezza e il coraggio con cui sono state affrontate determinate tematiche (senza mai cadere nel morboso), le infinite situazioni ad alto contenuto romantico (ma mai sdolcinate). Anche i dialoghi, pur talvolta un po’ pesanti, non sono mai banali e ti lasciano sempre qualcosa.
Perché non dare il massimo voto, allora?
Non ho letto il manga (lo farò tra poco, spero), ma si è detto ripetutamente che questo anime ne sia una fedele trasposizione: allora credo che l’anime ‘erediti’ direttamente dal manga (e ingigantisca, forse) tutta una serie di problemi. L’autore del manga, Arakawa, si rivela un maestro nel costruire e gestire sapientemente scene fortemente emotive, ma, forse, non è (ancora) in grado di ‘collegare’ tra loro queste scene in un flusso narrativo che abbia una sua coerenza e, soprattutto, un tono e una intensità uniforme.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Mi sento di poter dire che la trama risulta fragilissima, quasi inesistente; per lunghi tratti non succede quasi nulla (soprattutto nella seconda parte). Ma, ancor peggio, presenta un enorme numero di incongruenze, contraddizioni e ingenuità. Avevo in mente di farne, in qualche modo, una lista, ma mi sono reso conto che, in pochi minuti, ne avevo trovate talmente tante da rendere l’operazione assai improba.
Mancano del tutto i personaggi negativi (Arakawa fa i salti mortali per redimere persino la madre di Kousei, arrivando a dare qualche perversa giustificazione, in un modo o nell’altro, agli abusi che ha commesso), manca (e si sente) un antagonista vero e credibile. Persino la famosa ‘bugia’ di Kaori ha motivazioni assolutamente campate in aria. Gli unici sprazzi di cattiveria vengono da Tsubaki, persa nel suo innamoramento possessivo ed egoista, quando sorride sentendo dire a Kousei che potrebbe fallire l’ammissione al liceo, oppure quando si dichiara con un discorso che suona tipo “Sei un idiota, quella ha in mente Watari. Figurati se molla Watari per uno sfigato come te. Contro Watari non ce la puoi fare. Alla fine sarai solo, a te non rimarrà che metterti con me!”. (Detto a un amico di infanzia di cui non può non conoscere i gravi problemi di autostima…) Comunque troppo poco.
Altro grosso problema è che i personaggi evolvono pochissimo. Watari rimane uguale a sé stesso, dall’inizio alla fine. Tsubaki impiega un’eternità solo a capire di essere innamorata (a modo suo) e, dopo averlo capito, non è che cambi chissà cosa. In Kaori sarebbe stato interessante osservare il passaggio dall’ammirazione per il pianista all’amore per la persona, ma di questo, al di fuori della lettera finale, non c’è proprio traccia o, se c’è, è impercettibile. Kousei-pianista torna ad occupare il suo ruolo, sconfiggendo i suoi demoni grazie a Kaori e ai sentimenti per lei. Ma Kousei-persona cambia pochissimo, quasi niente. Fino all’ultimo, è ancora tormentato dalla mancanza di autostima (e di coraggio) e schiacciato dalla personalità esuberante di Watari (“Ogni volta che mi paragono a Watari, vorrei sprofondare” - fine episodio 20!) e, nell’ultima scena, da quella dominante di Tsubaki, che gli assesta l’ennesimo calcione, quasi a sottolineare che, per lui, la ricreazione è finita.
Una nota divertente. Nella sua lettera di addio Kaori si rivolge a Kousei come ‘tonto’ e ‘bradipo’. Difficile darle torto: lui, in fondo, è l’unico che, nonostante tutto, ha creduto davvero alla bugia di Kaori, e la sorpresa che mostra leggendo la verità è assurdamente comica.
Per quanto riguarda il bradipo... Ragazzo mio! Ragazzo mio! Ma cosa doveva fare di più la povera Kaori? Mettersi addosso un’insegna luminosa?
Questo anime mi lascia dentro un grande senso di ‘perdita’, del tipo che provano tutti quelli che, nella vita, vengono abbandonati all’improvviso dalla persona amata (non necessariamente per motivi drammatici), il pugno nello stomaco al vedere i corrimani installati a casa di Kaori, l’angoscia tremenda di quel triplo, drammatico, “Kowai yo!” urlato sul tetto dell’ospedale, il rimpianto profondissimo per il finale “Kimi daisuki desu! Suki desu! Suki desu!” nella lettera di Kaori.
Bellissimo, emozionante, commovente. Ma poteva sicuramente essere migliore.
Credo che si intuisca che mi è piaciuto. Molto.
Mi ha lasciato pieno di immagini, di suoni, di frasi, di musica. L’impatto emotivo è stato travolgente, quello visivo ancora di più. L’ho amato (e lo amo) profondamente, adoro l’atmosfera, la delicatezza e il coraggio con cui sono state affrontate determinate tematiche (senza mai cadere nel morboso), le infinite situazioni ad alto contenuto romantico (ma mai sdolcinate). Anche i dialoghi, pur talvolta un po’ pesanti, non sono mai banali e ti lasciano sempre qualcosa.
Perché non dare il massimo voto, allora?
Non ho letto il manga (lo farò tra poco, spero), ma si è detto ripetutamente che questo anime ne sia una fedele trasposizione: allora credo che l’anime ‘erediti’ direttamente dal manga (e ingigantisca, forse) tutta una serie di problemi. L’autore del manga, Arakawa, si rivela un maestro nel costruire e gestire sapientemente scene fortemente emotive, ma, forse, non è (ancora) in grado di ‘collegare’ tra loro queste scene in un flusso narrativo che abbia una sua coerenza e, soprattutto, un tono e una intensità uniforme.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Mi sento di poter dire che la trama risulta fragilissima, quasi inesistente; per lunghi tratti non succede quasi nulla (soprattutto nella seconda parte). Ma, ancor peggio, presenta un enorme numero di incongruenze, contraddizioni e ingenuità. Avevo in mente di farne, in qualche modo, una lista, ma mi sono reso conto che, in pochi minuti, ne avevo trovate talmente tante da rendere l’operazione assai improba.
Mancano del tutto i personaggi negativi (Arakawa fa i salti mortali per redimere persino la madre di Kousei, arrivando a dare qualche perversa giustificazione, in un modo o nell’altro, agli abusi che ha commesso), manca (e si sente) un antagonista vero e credibile. Persino la famosa ‘bugia’ di Kaori ha motivazioni assolutamente campate in aria. Gli unici sprazzi di cattiveria vengono da Tsubaki, persa nel suo innamoramento possessivo ed egoista, quando sorride sentendo dire a Kousei che potrebbe fallire l’ammissione al liceo, oppure quando si dichiara con un discorso che suona tipo “Sei un idiota, quella ha in mente Watari. Figurati se molla Watari per uno sfigato come te. Contro Watari non ce la puoi fare. Alla fine sarai solo, a te non rimarrà che metterti con me!”. (Detto a un amico di infanzia di cui non può non conoscere i gravi problemi di autostima…) Comunque troppo poco.
Altro grosso problema è che i personaggi evolvono pochissimo. Watari rimane uguale a sé stesso, dall’inizio alla fine. Tsubaki impiega un’eternità solo a capire di essere innamorata (a modo suo) e, dopo averlo capito, non è che cambi chissà cosa. In Kaori sarebbe stato interessante osservare il passaggio dall’ammirazione per il pianista all’amore per la persona, ma di questo, al di fuori della lettera finale, non c’è proprio traccia o, se c’è, è impercettibile. Kousei-pianista torna ad occupare il suo ruolo, sconfiggendo i suoi demoni grazie a Kaori e ai sentimenti per lei. Ma Kousei-persona cambia pochissimo, quasi niente. Fino all’ultimo, è ancora tormentato dalla mancanza di autostima (e di coraggio) e schiacciato dalla personalità esuberante di Watari (“Ogni volta che mi paragono a Watari, vorrei sprofondare” - fine episodio 20!) e, nell’ultima scena, da quella dominante di Tsubaki, che gli assesta l’ennesimo calcione, quasi a sottolineare che, per lui, la ricreazione è finita.
Una nota divertente. Nella sua lettera di addio Kaori si rivolge a Kousei come ‘tonto’ e ‘bradipo’. Difficile darle torto: lui, in fondo, è l’unico che, nonostante tutto, ha creduto davvero alla bugia di Kaori, e la sorpresa che mostra leggendo la verità è assurdamente comica.
Per quanto riguarda il bradipo... Ragazzo mio! Ragazzo mio! Ma cosa doveva fare di più la povera Kaori? Mettersi addosso un’insegna luminosa?
Questo anime mi lascia dentro un grande senso di ‘perdita’, del tipo che provano tutti quelli che, nella vita, vengono abbandonati all’improvviso dalla persona amata (non necessariamente per motivi drammatici), il pugno nello stomaco al vedere i corrimani installati a casa di Kaori, l’angoscia tremenda di quel triplo, drammatico, “Kowai yo!” urlato sul tetto dell’ospedale, il rimpianto profondissimo per il finale “Kimi daisuki desu! Suki desu! Suki desu!” nella lettera di Kaori.
Bellissimo, emozionante, commovente. Ma poteva sicuramente essere migliore.
Gli anime incentrati sulla musica li ho sempre snobbati e mi sono avvicinato a "Shigatsu wa Kimi no Uso" proprio per la necessità di "staccare", cambiando drasticamente tema rispetto a quelli guardati abitualmente.
Tuttavia, parafrasando il sottotitolo dell'opera, dopo aver "incontrato" quella ragazza sotto i boccioli di ciliegio fioriti, il mio rapporto con gli anime ha cominciato a cambiare.
Per evitare inutili spoiler, non voglio parlare di trama e personaggi, sono informazioni che si reperiscono ovunque, ma vorrei provare a descrivere quello che mi ha dato questo anime.
Non sono più un giovincello e, nonostante abbia vagonate di anime sulle spalle (anche "lacrimosi"), nessuno prima d'ora era riuscito a farmi emozionare come "Shigatsu wa Kimi no Uso". E' stato amore a prima vista, già dal primo episodio sono rimasto ammaliato dai personaggi e da quanto ruota intorno ad essi, ed è poi stato un crescendo fino alla conclusione.
L'anime tocca sicuramente temi importanti e con tinte abbastanza drammatiche, ma oltre alla storia in sé ad emozionarmi è stata la perfetta alchimia tra la splendida musica, le immagini mozzafiato e le parole usate dai protagonisti… un mix in grado di farmi venire la pelle d'oca e/o di commuovermi in continuazione. Il finale inoltre, senza scivolare in spoiler, regala le chiavi per un'interpretazione completamente diversa dell'intera storia, stimolando a riguardarla, se non tutta come ho fatto io, almeno nei passaggi chiave.
Proprio queste forti emozioni che ha saputo regalarmi sin dal primo episodio sono il motivo che mi ha spinto a dare il massimo dei voti all'opera di Naoshi Arakawa. Qualcuno storcerà sicuramente il naso, perché l'anime non è sicuramente esente da difetti e cose da migliorare/cambiare ce ne sarebbero diverse, ma, in fondo, perché guardiamo anime? Personalmente lo faccio per staccarmi dalla realtà in cerca di situazioni ed emozioni uniche e fantastiche, e "Shigatsu wa Kimi no Uso" ha saputo farlo alla grande, come nessun altro prima!
"Sarò riuscita a raggiungerli?", si domanda Kaori nel corso dell'anime. Beh, nel mio caso direi proprio di sì... raggiunto e centrato in pieno!
Tuttavia, parafrasando il sottotitolo dell'opera, dopo aver "incontrato" quella ragazza sotto i boccioli di ciliegio fioriti, il mio rapporto con gli anime ha cominciato a cambiare.
Per evitare inutili spoiler, non voglio parlare di trama e personaggi, sono informazioni che si reperiscono ovunque, ma vorrei provare a descrivere quello che mi ha dato questo anime.
Non sono più un giovincello e, nonostante abbia vagonate di anime sulle spalle (anche "lacrimosi"), nessuno prima d'ora era riuscito a farmi emozionare come "Shigatsu wa Kimi no Uso". E' stato amore a prima vista, già dal primo episodio sono rimasto ammaliato dai personaggi e da quanto ruota intorno ad essi, ed è poi stato un crescendo fino alla conclusione.
L'anime tocca sicuramente temi importanti e con tinte abbastanza drammatiche, ma oltre alla storia in sé ad emozionarmi è stata la perfetta alchimia tra la splendida musica, le immagini mozzafiato e le parole usate dai protagonisti… un mix in grado di farmi venire la pelle d'oca e/o di commuovermi in continuazione. Il finale inoltre, senza scivolare in spoiler, regala le chiavi per un'interpretazione completamente diversa dell'intera storia, stimolando a riguardarla, se non tutta come ho fatto io, almeno nei passaggi chiave.
Proprio queste forti emozioni che ha saputo regalarmi sin dal primo episodio sono il motivo che mi ha spinto a dare il massimo dei voti all'opera di Naoshi Arakawa. Qualcuno storcerà sicuramente il naso, perché l'anime non è sicuramente esente da difetti e cose da migliorare/cambiare ce ne sarebbero diverse, ma, in fondo, perché guardiamo anime? Personalmente lo faccio per staccarmi dalla realtà in cerca di situazioni ed emozioni uniche e fantastiche, e "Shigatsu wa Kimi no Uso" ha saputo farlo alla grande, come nessun altro prima!
"Sarò riuscita a raggiungerli?", si domanda Kaori nel corso dell'anime. Beh, nel mio caso direi proprio di sì... raggiunto e centrato in pieno!
Finora non mi ero mai imbattuto in un anime che avesse come uno dei temi principali la musica classica; una volta completata la visione della serie, devo dire che non mi è dispiaciuto affatto. Come (presumo) gran parte degli spettatori, di musica ne capisco poco o niente, non so distinguere un sol da un fa e l'ultimo spartito che sono riuscito a decifrare risale alle scuole medie... ed è per questo che non posso giudicare l'opera da un punto di vista strettamente tecnico (secondo me sarebbe sbagliato farlo, visto che non si può ridurre la complessità della musica in due brani di Chopin).
Detto questo, passiamo a discorsi concreti; posso sicuramente affermare che questo anime mi è piaciuto per tre ragioni: la prima è il comparto grafico e (probabilmente scontato) musicale, che è veramente di alto livello; soprattutto nel primo ho trovato il disegno ottimo e molto caratteristico, l'animazione fluida, con uno sforzo maggiore nella caratterizzazione e nei particolari dei personaggi (con un distacco abbastanza netto dal classico, obsoleto e iper-sfruttato disegno schematico giapponese tipico delle primissime opere ma ricalcato nella sostanza anche ai giorni nostri), mentre il secondo è molto godibile, anche se di originale c'è poco, visto che si tratta di riprodurre composizioni di piano o violino.
In secondo luogo la storia, che ha una evoluzione lineare e un buon ritmo anche in ogni singolo episodio e riesce d interessare e coinvolgere lo spettatore (unica nota stonata, è il caso di dirlo, il ricorso troppo insistito ai flashback, che in alcuni casi risultano veramente fastidiosi).
Terzo, il finale, che contravviene alle regole classiche e lascia l'amaro in bocca ai romantici, ma è una cruda e reale riflessione sulla inoppugnabilità delle cose e una visione realistica della vita, che tanto può dare e altrettanto togliere.
Da vedere senz'altro. Voto: 8
Detto questo, passiamo a discorsi concreti; posso sicuramente affermare che questo anime mi è piaciuto per tre ragioni: la prima è il comparto grafico e (probabilmente scontato) musicale, che è veramente di alto livello; soprattutto nel primo ho trovato il disegno ottimo e molto caratteristico, l'animazione fluida, con uno sforzo maggiore nella caratterizzazione e nei particolari dei personaggi (con un distacco abbastanza netto dal classico, obsoleto e iper-sfruttato disegno schematico giapponese tipico delle primissime opere ma ricalcato nella sostanza anche ai giorni nostri), mentre il secondo è molto godibile, anche se di originale c'è poco, visto che si tratta di riprodurre composizioni di piano o violino.
In secondo luogo la storia, che ha una evoluzione lineare e un buon ritmo anche in ogni singolo episodio e riesce d interessare e coinvolgere lo spettatore (unica nota stonata, è il caso di dirlo, il ricorso troppo insistito ai flashback, che in alcuni casi risultano veramente fastidiosi).
Terzo, il finale, che contravviene alle regole classiche e lascia l'amaro in bocca ai romantici, ma è una cruda e reale riflessione sulla inoppugnabilità delle cose e una visione realistica della vita, che tanto può dare e altrettanto togliere.
Da vedere senz'altro. Voto: 8
Irritante: su due piedi non mi viene in mente un aggettivo che possa descriver meglio questo anime.
Pregi: OST atipica e piacevole, alle volte ridondante. Graficamente bellino.
Difetti: tutto il resto.
I personaggi sono noiosi: non hanno nulla di speciale, nulla di nuovo, nulla di sorprendente. La trama idem: "Ragazzo prodigio perde X e Y lo aiuta a rimettersi in sesto insegnandogli cose nuove". Dove ho già sentito questa trama? Diciamo... ovunque.
Poi c'è veramente da urlare quando se ne escono con: "La musica è libertà!". Io credo che nessuno di tutti coloro che hanno dato più di 5 a questo anime abbia mai solo letto uno spartito, altrimenti non si spiega. È veramente assurdo che una mocciosa come Kaori si metta a improvvisare come preferisce sullo spartito, ma passi comunque il contest musicale "perché, ehi! Non sapevate che vale anche la preferenza del pubblico?". Mi è sembrato quasi lo stereotipo di un battle shonen, dove il protagonista sfodera una super mossa a caso e ribalta le sorti del combattimento.
Commovente? Commovente quanto potrebbe esserlo un "Kingdom Hearts", ovvero molto poco, a meno che tu non abbia l'emotività di un undicenne.
Penoso, fastidioso, irritante.
Pregi: OST atipica e piacevole, alle volte ridondante. Graficamente bellino.
Difetti: tutto il resto.
I personaggi sono noiosi: non hanno nulla di speciale, nulla di nuovo, nulla di sorprendente. La trama idem: "Ragazzo prodigio perde X e Y lo aiuta a rimettersi in sesto insegnandogli cose nuove". Dove ho già sentito questa trama? Diciamo... ovunque.
Poi c'è veramente da urlare quando se ne escono con: "La musica è libertà!". Io credo che nessuno di tutti coloro che hanno dato più di 5 a questo anime abbia mai solo letto uno spartito, altrimenti non si spiega. È veramente assurdo che una mocciosa come Kaori si metta a improvvisare come preferisce sullo spartito, ma passi comunque il contest musicale "perché, ehi! Non sapevate che vale anche la preferenza del pubblico?". Mi è sembrato quasi lo stereotipo di un battle shonen, dove il protagonista sfodera una super mossa a caso e ribalta le sorti del combattimento.
Commovente? Commovente quanto potrebbe esserlo un "Kingdom Hearts", ovvero molto poco, a meno che tu non abbia l'emotività di un undicenne.
Penoso, fastidioso, irritante.
E' un anime davvero emozionante, non sono mancate le lacrime.
La musica è un aspetto importantissimo della mia vita, per questo ho pescato tra tutti questo anime, mi incuriosiva proprio per il tema musicale (tant'è vero che, subito dopo aver concluso l'ultimo episodio, mi sono procurata la soundtrack).
I personaggi sono ben caratterizzati, anzi, per l'età che hanno, sono fin troppo maturi.
La storia a volte tocca temi forse troppo duri e difficili, ma il messaggio finale arriva dritto al cuore... non arrendersi mai nella vita e portare avanti i propri sogni e le proprie passioni, combattere anche per le persone che per loro sfortuna non possono farlo, perché la vita ci si mette di mezzo.
Racconta storie di amicizia e intrecci amorosi tra i vari personaggi, dove la musica sovrasta incondizionata e dona la forza necessaria per superare gli ostacoli.
La musica è un aspetto importantissimo della mia vita, per questo ho pescato tra tutti questo anime, mi incuriosiva proprio per il tema musicale (tant'è vero che, subito dopo aver concluso l'ultimo episodio, mi sono procurata la soundtrack).
I personaggi sono ben caratterizzati, anzi, per l'età che hanno, sono fin troppo maturi.
La storia a volte tocca temi forse troppo duri e difficili, ma il messaggio finale arriva dritto al cuore... non arrendersi mai nella vita e portare avanti i propri sogni e le proprie passioni, combattere anche per le persone che per loro sfortuna non possono farlo, perché la vita ci si mette di mezzo.
Racconta storie di amicizia e intrecci amorosi tra i vari personaggi, dove la musica sovrasta incondizionata e dona la forza necessaria per superare gli ostacoli.
Allora, che dire riguardo a questo anime? Sicuramente è uno dei più emozionanti che mi sia capitato di veder in questo periodo.
Partiamo dalla trama: Kousei Arima è un ragazzo delle medie e prodigio nel pianoforte che, a causa di un trauma infantile familiare, smetterà di suonare. Il ragazzo quindi continuerà la sua vita da studente, impaurito dal suo strumento, fino quando, un giorno di aprile, incontrerà una giovane violinista, Kaori Miyazono, che, grazie al suo forte carattere e la forte passione per la musica, riuscirà a reintegrarlo in quel mondo.
La trama, durante tutto il suo percorso, ha un andamento molto lineare, anche se alcune fasi e concetti risultano leggermente lacunosi, ma, nonostante queste imprecisioni, riesce a coinvolgere, divertire e commuovere lo spettatore in maniera magistrale.
Per quanto riguarda il lato tecnico, è qualcosa di sorprendente. Le animazioni e i movimenti sono realissimi e naturalissimi, soprattutto per quanto riguarda le fasi al pianoforte, caratterizzate da un realismo assurdo nei movimenti delle dita e nelle mani, che seguono fedelmente le note suonate.
Le musiche, invece, sono fantastiche, studiate perfettamente per accompagnare le scene dell'anime, dalla più commovente alla più divertente.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Parliamo un attimo degli aspetti che non mi sono piaciuti.
La mia votazione si ferma al 9, perché ci sono stati due fattori che mi hanno fatto storcere il naso.
Il primo è che non si sa nulla della malattia di Kaori Miyazono, si vedono solo i sintomi che provoca e basta.
L'altro è la stupidità del protagonista. Kaori praticamente durante tutto l'anime ha avuto un atteggiamento quando era con Kousei non paragonabile alla semplice amicizia, ormai era palese a tutti l'amore che era nell'aria tra i due. Ma Kousei è stupido e per lui lei era innamorata di Watari... va beh...
P.S. Io speravo nella coppia Kousei-Tsubaki.
Fine parte contenente spoiler
Consiglio quindi l'anime? Ovviamente sì, riuscirà a coinvolgervi come pochi anime sanno fare, e inoltre, se siete musicisti, lo apprezzerete con una sfumatura in più, perché quello che ha passato Kousei lo ha provato ogni musicista almeno una volta.
Partiamo dalla trama: Kousei Arima è un ragazzo delle medie e prodigio nel pianoforte che, a causa di un trauma infantile familiare, smetterà di suonare. Il ragazzo quindi continuerà la sua vita da studente, impaurito dal suo strumento, fino quando, un giorno di aprile, incontrerà una giovane violinista, Kaori Miyazono, che, grazie al suo forte carattere e la forte passione per la musica, riuscirà a reintegrarlo in quel mondo.
La trama, durante tutto il suo percorso, ha un andamento molto lineare, anche se alcune fasi e concetti risultano leggermente lacunosi, ma, nonostante queste imprecisioni, riesce a coinvolgere, divertire e commuovere lo spettatore in maniera magistrale.
Per quanto riguarda il lato tecnico, è qualcosa di sorprendente. Le animazioni e i movimenti sono realissimi e naturalissimi, soprattutto per quanto riguarda le fasi al pianoforte, caratterizzate da un realismo assurdo nei movimenti delle dita e nelle mani, che seguono fedelmente le note suonate.
Le musiche, invece, sono fantastiche, studiate perfettamente per accompagnare le scene dell'anime, dalla più commovente alla più divertente.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Parliamo un attimo degli aspetti che non mi sono piaciuti.
La mia votazione si ferma al 9, perché ci sono stati due fattori che mi hanno fatto storcere il naso.
Il primo è che non si sa nulla della malattia di Kaori Miyazono, si vedono solo i sintomi che provoca e basta.
L'altro è la stupidità del protagonista. Kaori praticamente durante tutto l'anime ha avuto un atteggiamento quando era con Kousei non paragonabile alla semplice amicizia, ormai era palese a tutti l'amore che era nell'aria tra i due. Ma Kousei è stupido e per lui lei era innamorata di Watari... va beh...
P.S. Io speravo nella coppia Kousei-Tsubaki.
Fine parte contenente spoiler
Consiglio quindi l'anime? Ovviamente sì, riuscirà a coinvolgervi come pochi anime sanno fare, e inoltre, se siete musicisti, lo apprezzerete con una sfumatura in più, perché quello che ha passato Kousei lo ha provato ogni musicista almeno una volta.
Un anime quasi perfetto, coinvolgente, drammatico e delle volte anche abbastanza divertente; per gli amanti del genere dramedy (serie drammatica e comica) è sicuramente un must watch.
Parlando dell'aspetto tecnico dell'anime, si può notare l'ottimo lavoro fatto dalla A-1 Pictures: la fluidità dei movimenti è qualcosa di veramente spettacolare e lo si può notare specialmente nelle scene dove i nostri personaggi suoneranno. La grafica è unica e particolare, gli sfondi ad acquerello rendono tutto più piacevole, ma la vera perla di questo anime sono gli occhi, descrivono tutto quanto, si può capire il senso di una conversazione solamente guardando i personaggi negli occhi. Aggiungerei anche l'ottimo cambio di tonalità quando si passa da un momento triste a uno felice, cambiamento per nulla forzato, ma che anzi riuscirà a farci vivere ancora di più il momento.
Ottime anche le musiche dell'anime, ma non c'è da stupirsi, dato che parla proprio di questo. Le due opening, pur non essendo di un genere a me gradito, devo dire che con l'anime ci vanno veramente a braccetto, soprattutto la prima. Le ending sono carine, ma niente di che.
Ma la parte migliore dell'anime secondo me è il realismo di come viene raccontato il tutto: tutti i personaggi (tranne Kaori) risultano realistici e ci possiamo rispecchiare perfettamente in essi. La storia dietro di essi è raccontata in modo veramente fantastico.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Il realismo della storia di Tsubaki è qualcosa di fantastico, ci si può rispecchiare perfettamente, tutti quanti abbiamo amato e rincorso qualcuno che non ci notava e che non ci trattava nel migliore dei modi. Altri personaggi che ho adorato sono stati i genitori di Kaori, per nulla invasivi e sempre fantastici nelle loro entrate in scena. Poi ovviamente potremmo parlare del finale... Quanto è bello il finale! E' crudo, è tosto da digerire, ma è reale. La morte di Kaori è stata qualcosa di distruttivo a livello emotivo, soprattutto quando nella parte finale si vede Arima leggere la lettera; certo, era scontato che alla fine anche lei gli avrebbe rivelato i suoi sentimenti, ma è stato fatto veramente tutto molto bene.
Fine parte contenente spoiler
Il finale, a mio avviso, è semplice e genuino, non è troppo elaborato, ed è meglio così, è toccante e soprattutto è reale.
Non riesco a dargli il 10 per due motivi: per come sono disegnate e animate le bocche, ma questo è un aspetto completamente soggettivo, possono piacere come non possono piacere; non è stata una di quelle serie "guardo la prossima e poi smetto.. Ok, dopo questa basta..." La storia infatti presenta alcuni punti morti e certe puntate faticano a ingranare, ma per il resto è una serie fantastica. Il 10 è la perfezione e questa serie non l'ho trovata perfetta, aveva qualche piccola pecca che per me la rende da 9.5.
In conclusione posso dire solamente una cosa: guardate assolutamente questa serie.
Parlando dell'aspetto tecnico dell'anime, si può notare l'ottimo lavoro fatto dalla A-1 Pictures: la fluidità dei movimenti è qualcosa di veramente spettacolare e lo si può notare specialmente nelle scene dove i nostri personaggi suoneranno. La grafica è unica e particolare, gli sfondi ad acquerello rendono tutto più piacevole, ma la vera perla di questo anime sono gli occhi, descrivono tutto quanto, si può capire il senso di una conversazione solamente guardando i personaggi negli occhi. Aggiungerei anche l'ottimo cambio di tonalità quando si passa da un momento triste a uno felice, cambiamento per nulla forzato, ma che anzi riuscirà a farci vivere ancora di più il momento.
Ottime anche le musiche dell'anime, ma non c'è da stupirsi, dato che parla proprio di questo. Le due opening, pur non essendo di un genere a me gradito, devo dire che con l'anime ci vanno veramente a braccetto, soprattutto la prima. Le ending sono carine, ma niente di che.
Ma la parte migliore dell'anime secondo me è il realismo di come viene raccontato il tutto: tutti i personaggi (tranne Kaori) risultano realistici e ci possiamo rispecchiare perfettamente in essi. La storia dietro di essi è raccontata in modo veramente fantastico.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Il realismo della storia di Tsubaki è qualcosa di fantastico, ci si può rispecchiare perfettamente, tutti quanti abbiamo amato e rincorso qualcuno che non ci notava e che non ci trattava nel migliore dei modi. Altri personaggi che ho adorato sono stati i genitori di Kaori, per nulla invasivi e sempre fantastici nelle loro entrate in scena. Poi ovviamente potremmo parlare del finale... Quanto è bello il finale! E' crudo, è tosto da digerire, ma è reale. La morte di Kaori è stata qualcosa di distruttivo a livello emotivo, soprattutto quando nella parte finale si vede Arima leggere la lettera; certo, era scontato che alla fine anche lei gli avrebbe rivelato i suoi sentimenti, ma è stato fatto veramente tutto molto bene.
Fine parte contenente spoiler
Il finale, a mio avviso, è semplice e genuino, non è troppo elaborato, ed è meglio così, è toccante e soprattutto è reale.
Non riesco a dargli il 10 per due motivi: per come sono disegnate e animate le bocche, ma questo è un aspetto completamente soggettivo, possono piacere come non possono piacere; non è stata una di quelle serie "guardo la prossima e poi smetto.. Ok, dopo questa basta..." La storia infatti presenta alcuni punti morti e certe puntate faticano a ingranare, ma per il resto è una serie fantastica. Il 10 è la perfezione e questa serie non l'ho trovata perfetta, aveva qualche piccola pecca che per me la rende da 9.5.
In conclusione posso dire solamente una cosa: guardate assolutamente questa serie.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" (o "Your Lie in April") è la trasposizione cinematografica dell'opera cartacea omonima di Naoshi Arakawa. Devo dire che il colore dell'animazione migliora le immagini rispetto al manga, sebbene anche i disegni originali siano da me apprezzati in quanto in grado di trasmettere quello che senza dubbio risulta essere l'elemento più importante della storia narrata: l'ambito dell'animo e della psiche umana, o meglio del cuore dell'uomo, e della bellezza dell'essere in vita. Il massimo dei voti va ovviamente alla colonna sonora, perché per la maggior parte costituita da brani di musica classica. È vero che le analessi sono forse riproposte qui con troppa fedeltà e rallentano la narrazione visiva, ma danno il senso di ciò che prova il personaggio (trattasi di un'opera molto introspettiva). È presente una parte comica molto pulita e non troppo esasperante in modo che non distragga, fortunatamente, dal tema centrale, ma renda meno pesante la tematica della perdita. Alla fine si spiega il significato del titolo e si ricarica il cuore.
Anime leggermente differente dai soliti, musica e poeticità si combinano a dovere e trasmettono un miscuglio di emozioni. Ottima è stata la scelta dell'autore di far proseguire l'anime in quel modo, almeno a mio modo di vedere, ed è questa la peculiarità che rende unica quest'opera. La trama si svolge in modo molto lineare e abbastanza semplice da capire; qualche pecca però ce l'ha: molti flashback ripetitivi e abbastanza inutili, avrei anche saltato la parte della sorella di Aiza e, onestamente, i personaggi potevano essere caratterizzati un po' meglio. A parte Arima, i personaggi "secondari" non sono un gran che, e su Kaori poteva essere fatto qualcosa in più. Comunque questo genere di anime credo possa essere destinato a persone un po' più mature che possono capire meglio alcuni concetti sentimentali e psicologici.
Le colonne sonore sono piacevoli, per non parlare della seconda ending.
Alla grafica va un bel 9, negli ultimi tempi si intravedono grafiche degne di nota.
Ad ogni modo non capisco perché, come "Toradora!", sia classificato come shonen. Ma andiamo avanti...
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Per quanto riguarda il genere dell'anime, credo che l'autore sia abbastanza macabro, sono molte le morti e molti i momenti difficili di ciascun personaggio. Addirittura far morire il gatto (capisco che funge da metafora per Kaori, credo) per un incidente stradale appare inusuale.
Il finale secondo me è il pezzo forte dell'opera, la lettera finale di Kaori è molto commovente e spiega finalmente anche il motivo del titolo dell'opera; quel pezzo ti fa rimanere un'emozione dentro che pochi anime trasmettono. Un finale delicato, raffinato e triste, anche perché probabilmente (io no) tutti si aspettavano la solita happy ending, ma l'autore si è divertito a contraddirli.
Fine parte contenente spoiler
Alla fine un voto alto, 8. L'intera opera ha saputo intrattenermi alla grande, ne consiglio vivamente la visione.
Le colonne sonore sono piacevoli, per non parlare della seconda ending.
Alla grafica va un bel 9, negli ultimi tempi si intravedono grafiche degne di nota.
Ad ogni modo non capisco perché, come "Toradora!", sia classificato come shonen. Ma andiamo avanti...
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Per quanto riguarda il genere dell'anime, credo che l'autore sia abbastanza macabro, sono molte le morti e molti i momenti difficili di ciascun personaggio. Addirittura far morire il gatto (capisco che funge da metafora per Kaori, credo) per un incidente stradale appare inusuale.
Il finale secondo me è il pezzo forte dell'opera, la lettera finale di Kaori è molto commovente e spiega finalmente anche il motivo del titolo dell'opera; quel pezzo ti fa rimanere un'emozione dentro che pochi anime trasmettono. Un finale delicato, raffinato e triste, anche perché probabilmente (io no) tutti si aspettavano la solita happy ending, ma l'autore si è divertito a contraddirli.
Fine parte contenente spoiler
Alla fine un voto alto, 8. L'intera opera ha saputo intrattenermi alla grande, ne consiglio vivamente la visione.
Non credo di aver pianto mai così tanto per un anime in vita mia. Anche adesso, mentre sto scrivendo, guardo lo schermo e vedo le parole sfocarsi mentre singhiozzo di continuo e mi sento straziata.
"Shigatsu wa Kimi no Uso": sì, questo è il titolo dell'anime che mi ha fatto più emozionare tra tutti. Questo è il titolo dell'anime che mi ha cambiato la vita. Io, una pianista che non suona da un anno, ho riscoperto cosa sia l'amore per la musica. Ho riscoperto la bellezza di una melodia, ho riiniziato a suonare come mai avevo fatto.
Tutto, tutto di quest'anime è meraviglioso. Ogni singola scena, ogni singolo sguardo, ogni singola parola. Le frasi che i personaggi pronunciano, le loro storie, le loro decisioni sono di una profondità incredibile. Ti toccano letteralmente il cuore, ti scuotono l'anima, ti fanno vibrare il corpo. Non avrei mai pensato che un anime potesse essere così incredibile, così vero, così potente, così pieno di insegnamenti.
Il nostro protagonista, Arima Kousei, ci fa vedere come la vita possa essere crudele, provandolo fino in fondo sulla sua pelle. E la nostra protagonista, Kaori Miyazono, ci mostra come renderla meravigliosa nonostante tutto. Ci mostra come sorridere, sempre. Ci mostra come non ci si debba far sconfiggere dal dolore, come poterci rialzare, come poter ricominciare, come poter vivere facendo proprie le negatività per poterci rafforzare.
E poter guardare, sempre, verso l'alto e mai verso il basso. Per poterci rendere conto che il mondo è un luogo meraviglioso.
"Shigatsu wa Kimi no Uso": sì, questo è il titolo dell'anime che mi ha fatto più emozionare tra tutti. Questo è il titolo dell'anime che mi ha cambiato la vita. Io, una pianista che non suona da un anno, ho riscoperto cosa sia l'amore per la musica. Ho riscoperto la bellezza di una melodia, ho riiniziato a suonare come mai avevo fatto.
Tutto, tutto di quest'anime è meraviglioso. Ogni singola scena, ogni singolo sguardo, ogni singola parola. Le frasi che i personaggi pronunciano, le loro storie, le loro decisioni sono di una profondità incredibile. Ti toccano letteralmente il cuore, ti scuotono l'anima, ti fanno vibrare il corpo. Non avrei mai pensato che un anime potesse essere così incredibile, così vero, così potente, così pieno di insegnamenti.
Il nostro protagonista, Arima Kousei, ci fa vedere come la vita possa essere crudele, provandolo fino in fondo sulla sua pelle. E la nostra protagonista, Kaori Miyazono, ci mostra come renderla meravigliosa nonostante tutto. Ci mostra come sorridere, sempre. Ci mostra come non ci si debba far sconfiggere dal dolore, come poterci rialzare, come poter ricominciare, come poter vivere facendo proprie le negatività per poterci rafforzare.
E poter guardare, sempre, verso l'alto e mai verso il basso. Per poterci rendere conto che il mondo è un luogo meraviglioso.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è sicuramente uno dei più begli anime che io abbia mai visto! Francamente non ricordo una sceneggiatura migliore di questa: la narrazione si svolge con linearità e coinvolgimento in un lessico completo a volte spiazzante, proponendo sentimenti sempre nuovi verso i personaggi ben caratterizzati e delineati. Il capolavoro è sicuramente la colonna sonora, non solo per le bellissime musiche per la maggior parte di Chopin, ma anche nelle meno "alte" musiche d'atmosfera, per non parlare poi delle piacevolissime opening ed ending. A me è piaciuta anche la grafica, che ho scoperto in seguito essere stata ispirata da luoghi realmente esistenti. Il finale è degno di una grande storia che non può non far commuovere: a mio modesto parere è un anime destinato a persone anche un po' mature, in grado di fare proprio il sussulto dell'anima che inevitabilmente questo capolavoro regala.
L'aprile giapponese, coronato da bellissimi, svolazzanti, petali di ciliegio, simboleggia il rinnovamento, la primavera, una nuova vita, insieme all'inizio dell'anno fiscale e scolastico. Non stupisce, dunque, che sia proprio aprile a dare il via a questa storia, che rappresenta una svolta importantissima nella vita del giovane protagonista Kousei: ex bambino prodigio, genio del pianoforte, ha smesso da tempo di suonare in seguito a un trauma infantile ed è ora uno studente passivo e silenzioso, che si porta dietro gravi sofferenze.
L'incontro con Kaori, compagna di scuola e abile violinista che di fatto lo "obbliga" ad accompagnarla al piano nelle sue esibizioni, darà una nuova luce alla sua grigia e triste esistenza.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una di quelle storie toccanti e ricche di emozioni che, di tanto in tanto, fanno capolino nel mondo dell'intrattenimento giapponese, diventando dei best seller o degli "one hit wonder" che ottengono un grandissimo successo passando in breve tempo sulla bocca di tutti, anche se poi magari non riescono a mantenerlo nel tempo (si pensi al successone "Gridare amore dal centro del mondo" di qualche anno fa, che commosse milioni di persone ma che oggi nessuno ricorda più). In effetti, dopo aver raggiunto una grande popolarità, a quasi un anno dalla sua conclusione "Shigatsu wa Kimi no Uso" è stato quasi dimenticato al giorno d'oggi, soppiantato dai rituali, nuovi, successi del momento.
Forse non sarà una di quelle storie immortali che si ricorderanno per sempre, ma, ogni tanto, un pensiero a "Shigatsu wa Kimi no Uso" lo si rivolge, e allora si finisce investiti da un misto di gioia e tristezza, da una piacevolissima malinconia dal gusto primaverile, dal ricordo dolceamaro di una storia che siamo grati di aver ascoltato, in un modo o nell'altro.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una storia di adolescenza alla giapponese, in cui è assai facile identificarsi, per certi versi. Il Giappone è pieno di tanti, piccoli, silenziosi e tristi Kousei, e ognuno di loro sogna, nel suo cuore, di incontrare e innamorarsi di una bella Kaori: allegra, solare, sorridente, espansiva al limite dell'invadente, eppure proprio per questo deliziosa, incantevole, amabile, perfetto contraltare al musone protagonista. Impossibile, per qualsiasi spettatore di sesso maschile, non sentire i battiti del proprio cuore e il rossore delle proprie guance che si allargano in un sorriso sciocco e imbarazzato ogni volta che la ragazza appare in scena.
Kaori è senza dubbio il personaggio più azzeccato e amabile della serie, ma, del resto, gioca facile, dato che, al contrario, Kousei risulta spesso pesante nel suo essere schiavo dei suoi traumi, ripetuti ossessivamente in continui flashback e fallimenti: un personaggio in cui è molto facile identificarsi, ma si sa, i propri difetti, se visti negli altri, ci esasperano, specie se la narrazione stessa porta a ingigantirli ed esasperarli a sua volta.
Dal suo allegro inizio fatto di assolate giornate di primavera e petali rosa svolazzanti, "Shigatsu wa Kimi no Uso" scivola poi, via via, nel drammatico, non risparmiandosi scene molto forti a livello psicologico, drammi e colpi di scena che rendono la narrazione pesante, a volte ridondante e cupa, forzando l'atmosfera in modo da portare assolutamente lo spettatore alle lacrime, ma bisogna ammettere che non deve fare molta fatica per riuscirci, poiché le lacrime giungeranno comunque, in un modo o nell'altro, tingendosi di una malinconia ambigua e piacevole.
L'alchimia tra i personaggi emoziona, coinvolge e riesce persino, in alcuni casi, a sdrammatizzare l'atmosfera quando questa si fa troppo pesante, inserendo qua e là siparietti comici ben riusciti.
La storia viaggia dunque su due binari: quello dell'adolescenza e del sentimento, fatto di amici d'infanzia, batticuori e primi amori, e quello più strettamente "agonistico" delle esibizioni musicali. Entrambi esprimono la crescita professionale e interiore di Kousei, che pian piano, grazie al supporto degli amici, dei maestri, dei rivali e soprattutto al sentimento che lo lega a Kaori, riesce a superare i suoi ammorbanti traumi e a spiccare il volo.
Dispiace che il finale della storia, seppur bellissimo nel suo essere insieme triste e speranzoso, non mostri appieno i risultati di questa crescita. Un ulteriore episodio che mostrasse il "dopo" forse era necessario, ma avrebbe probabilmente smorzato la bellezza del finale vero e proprio.
La serie colpisce sin dall'inizio non soltanto grazie alla sua storia ricca di emozioni, ma anche grazie a un comparto grafico molto particolare, con colori accesi, una grande attenzione ai dettagli, una grande spettacolarità nel creare esibizioni musicali che si fanno metafora di un viaggio interiore e quindi mettono in scena i sentimenti in mille modi differenti. Ovviamente, il calore e la luce che tanto colpiscono nelle prime puntate si fanno da parte, diventando spenti, grigi e tristi nelle parti più drammatiche, ma tornano poi a brillare e incantare, seguendo sapientemente l'umore e i sentimenti dei personaggi.
Degna di nota è, ovviamente, anche la colonna sonora, un po' ripetitiva nel reiterato utilizzo di alcuni brani chiave, ma sicuramente di grande atmosfera, grazie anche all'uso di diversi pezzi di musica classica.
La prima coppia di sigle, che accompagnano la prima metà della serie, sono allegre, frizzanti e gioiose. In particolare, colpisce la scanzonata ma toccante "Hikaru nara" dei Goose House, gran successo di pubblico al tempo della programmazione della serie, al punto che poteva capitarti di passeggiare per Tokyo e sentirla sparata a tutto volume da qualche locale.
La seconda coppia di sigle risulta, dopo una opening così caratterizzante, per forza di cose meno incisiva, ma si fa ascoltare.
Buono il doppiaggio della serie, anche se anche in questo caso si segue perfettamente il carattere dei due protagonisti e, dunque, tanto la voce di Kaori è allegra e dolce, quanto quella di Kousei è pesante e noiosa.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una serie forte e ricca di pathos, che in un modo o nell'altro non lascia indifferenti. Una bella rappresentazione dell'adolescenza forse caricata da un po' troppi drammi, ma probabilmente non sarebbe così bella senza di essi. In fondo, quanto più è freddo l'inverno, tanto più ci si gode la primavera, che, col suo caldo sole e il vento fresco che fa svolazzare i petali di ciliegio, inevitabilmente porta con sé tante nuove speranze, come quella di incontrare anche noi un angelo sorridente e allegro che ci costringa a uscire dal nostro guscio e a superare i nostri difetti e traumi.
Cosa resterà di questa storia fra qualche anno, ora che sia il manga originale che la serie animata sono terminati, lo vedremo a suo tempo, ma di sicuro è una delle più belle fra quelle uscite negli ultimi anni. Anche se in un modo un po' ruffiano e con una narrazione non sempre perfetta, "Shigatsu wa Kimi no Uso" è riuscito ad emozionarci, a farci piangere, a farci innamorare come solo gli shounen sentimentali riescono a fare, e di questo gliene siamo grati.
L'incontro con Kaori, compagna di scuola e abile violinista che di fatto lo "obbliga" ad accompagnarla al piano nelle sue esibizioni, darà una nuova luce alla sua grigia e triste esistenza.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una di quelle storie toccanti e ricche di emozioni che, di tanto in tanto, fanno capolino nel mondo dell'intrattenimento giapponese, diventando dei best seller o degli "one hit wonder" che ottengono un grandissimo successo passando in breve tempo sulla bocca di tutti, anche se poi magari non riescono a mantenerlo nel tempo (si pensi al successone "Gridare amore dal centro del mondo" di qualche anno fa, che commosse milioni di persone ma che oggi nessuno ricorda più). In effetti, dopo aver raggiunto una grande popolarità, a quasi un anno dalla sua conclusione "Shigatsu wa Kimi no Uso" è stato quasi dimenticato al giorno d'oggi, soppiantato dai rituali, nuovi, successi del momento.
Forse non sarà una di quelle storie immortali che si ricorderanno per sempre, ma, ogni tanto, un pensiero a "Shigatsu wa Kimi no Uso" lo si rivolge, e allora si finisce investiti da un misto di gioia e tristezza, da una piacevolissima malinconia dal gusto primaverile, dal ricordo dolceamaro di una storia che siamo grati di aver ascoltato, in un modo o nell'altro.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una storia di adolescenza alla giapponese, in cui è assai facile identificarsi, per certi versi. Il Giappone è pieno di tanti, piccoli, silenziosi e tristi Kousei, e ognuno di loro sogna, nel suo cuore, di incontrare e innamorarsi di una bella Kaori: allegra, solare, sorridente, espansiva al limite dell'invadente, eppure proprio per questo deliziosa, incantevole, amabile, perfetto contraltare al musone protagonista. Impossibile, per qualsiasi spettatore di sesso maschile, non sentire i battiti del proprio cuore e il rossore delle proprie guance che si allargano in un sorriso sciocco e imbarazzato ogni volta che la ragazza appare in scena.
Kaori è senza dubbio il personaggio più azzeccato e amabile della serie, ma, del resto, gioca facile, dato che, al contrario, Kousei risulta spesso pesante nel suo essere schiavo dei suoi traumi, ripetuti ossessivamente in continui flashback e fallimenti: un personaggio in cui è molto facile identificarsi, ma si sa, i propri difetti, se visti negli altri, ci esasperano, specie se la narrazione stessa porta a ingigantirli ed esasperarli a sua volta.
Dal suo allegro inizio fatto di assolate giornate di primavera e petali rosa svolazzanti, "Shigatsu wa Kimi no Uso" scivola poi, via via, nel drammatico, non risparmiandosi scene molto forti a livello psicologico, drammi e colpi di scena che rendono la narrazione pesante, a volte ridondante e cupa, forzando l'atmosfera in modo da portare assolutamente lo spettatore alle lacrime, ma bisogna ammettere che non deve fare molta fatica per riuscirci, poiché le lacrime giungeranno comunque, in un modo o nell'altro, tingendosi di una malinconia ambigua e piacevole.
L'alchimia tra i personaggi emoziona, coinvolge e riesce persino, in alcuni casi, a sdrammatizzare l'atmosfera quando questa si fa troppo pesante, inserendo qua e là siparietti comici ben riusciti.
La storia viaggia dunque su due binari: quello dell'adolescenza e del sentimento, fatto di amici d'infanzia, batticuori e primi amori, e quello più strettamente "agonistico" delle esibizioni musicali. Entrambi esprimono la crescita professionale e interiore di Kousei, che pian piano, grazie al supporto degli amici, dei maestri, dei rivali e soprattutto al sentimento che lo lega a Kaori, riesce a superare i suoi ammorbanti traumi e a spiccare il volo.
Dispiace che il finale della storia, seppur bellissimo nel suo essere insieme triste e speranzoso, non mostri appieno i risultati di questa crescita. Un ulteriore episodio che mostrasse il "dopo" forse era necessario, ma avrebbe probabilmente smorzato la bellezza del finale vero e proprio.
La serie colpisce sin dall'inizio non soltanto grazie alla sua storia ricca di emozioni, ma anche grazie a un comparto grafico molto particolare, con colori accesi, una grande attenzione ai dettagli, una grande spettacolarità nel creare esibizioni musicali che si fanno metafora di un viaggio interiore e quindi mettono in scena i sentimenti in mille modi differenti. Ovviamente, il calore e la luce che tanto colpiscono nelle prime puntate si fanno da parte, diventando spenti, grigi e tristi nelle parti più drammatiche, ma tornano poi a brillare e incantare, seguendo sapientemente l'umore e i sentimenti dei personaggi.
Degna di nota è, ovviamente, anche la colonna sonora, un po' ripetitiva nel reiterato utilizzo di alcuni brani chiave, ma sicuramente di grande atmosfera, grazie anche all'uso di diversi pezzi di musica classica.
La prima coppia di sigle, che accompagnano la prima metà della serie, sono allegre, frizzanti e gioiose. In particolare, colpisce la scanzonata ma toccante "Hikaru nara" dei Goose House, gran successo di pubblico al tempo della programmazione della serie, al punto che poteva capitarti di passeggiare per Tokyo e sentirla sparata a tutto volume da qualche locale.
La seconda coppia di sigle risulta, dopo una opening così caratterizzante, per forza di cose meno incisiva, ma si fa ascoltare.
Buono il doppiaggio della serie, anche se anche in questo caso si segue perfettamente il carattere dei due protagonisti e, dunque, tanto la voce di Kaori è allegra e dolce, quanto quella di Kousei è pesante e noiosa.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una serie forte e ricca di pathos, che in un modo o nell'altro non lascia indifferenti. Una bella rappresentazione dell'adolescenza forse caricata da un po' troppi drammi, ma probabilmente non sarebbe così bella senza di essi. In fondo, quanto più è freddo l'inverno, tanto più ci si gode la primavera, che, col suo caldo sole e il vento fresco che fa svolazzare i petali di ciliegio, inevitabilmente porta con sé tante nuove speranze, come quella di incontrare anche noi un angelo sorridente e allegro che ci costringa a uscire dal nostro guscio e a superare i nostri difetti e traumi.
Cosa resterà di questa storia fra qualche anno, ora che sia il manga originale che la serie animata sono terminati, lo vedremo a suo tempo, ma di sicuro è una delle più belle fra quelle uscite negli ultimi anni. Anche se in un modo un po' ruffiano e con una narrazione non sempre perfetta, "Shigatsu wa Kimi no Uso" è riuscito ad emozionarci, a farci piangere, a farci innamorare come solo gli shounen sentimentali riescono a fare, e di questo gliene siamo grati.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è uno dei più drammatici e appassionanti anime che abbia mai visto fin ad ora, e sicuramente merita il premio di secondo miglior anime del 2014, oltre agli altri ottenuti per comparto visivo, migliore storia e miglior sonoro; quindi, tanti premi per quest'opera che lascia il segno.
La trama vede protagonista un giovane pianista, Kosei Arima, molto bravo, che, dopo la morte di sua madre, nonché sua severa insegnante, smette di suonare o, meglio, non riesce a suonare per via di un trauma. Quindi il problema è psicologico e, anche dopo due anni, mentre suona non riesce addirittura a sentire le proprie note, e questo lo porta nell'abisso. Arima passa le sue giornate con i suoi amici Tsubaki e Watari e un giorno incontra una ragazza molto carina che gli stravolge la vita. Questa ragazza, Kaori Miyazono, è una bella violinista che riesce a far tornare il protagonista nel mondo della musica grazie al suo carattere travolgente.
I personaggi principali sono favolosi, ovvero riescono a trasmetterti quello che è il loro momento di gioia o di dolore, in pratica i loro sentimenti. Ci riescono talmente bene che, non lo nascondo, mi è scappata una lacrima in certe situazioni. La giovane violinista ha un carattere travolgente che ti trascina nella propria corrente senza farti male, solo dandoti ciò che ti serve e che non riesci ad ottenere, prendendo come esempio il ritorno al piano del protagonista. Lei è una violinista che suona per riflettere la propria anima nella musica e non per vincere qualcosa, il suo obiettivo è trasmettere. Il giovane pianista invece è il solito tipo diffidente e chiuso in sé stesso con le proprie preoccupazioni, non vuole affrontare il suo problema principale, ovvero quello di non sentire le note mentre suona il piano, perché ha paura di amplificarlo.
Lo sviluppo della storia è molto tirato, le vicende sono talmente forzate che chiunque riesce a capire il passo successivo della storia, forse il termine giusto è scontato. Questo si può dire anche del finale, prevedibile ma che lascia il segno.
L'ambientazione è giusta, non esiste un termine esatto, ma altri tipi di ambienti possibili non sarebbero andati bene, quindi quello creato è il più appropriato, nulla da ridire.
Il comparto visivo è spettacolare, con ottimi disegni e ottime animazioni, e con ottimi colori usati, allegri e vitali; il sonoro invece non potrei giudicarlo appieno, visto che non me ne intendo di musica classica, quindi mi limito a dare un buon giudizio alla prima opening della serie.
In conclusione, l'anime è da vedere, lo consiglio a tutti; soprattutto non tormentatevi, se pensate che il finale è scontato e che usa la drammaticità per conquistare il pubblico, perché, se il genere è anche drammatico, è giusto non giudicarlo male, visto che non è uscito dagli schemi.
Voto sicuramente molto alto.
La trama vede protagonista un giovane pianista, Kosei Arima, molto bravo, che, dopo la morte di sua madre, nonché sua severa insegnante, smette di suonare o, meglio, non riesce a suonare per via di un trauma. Quindi il problema è psicologico e, anche dopo due anni, mentre suona non riesce addirittura a sentire le proprie note, e questo lo porta nell'abisso. Arima passa le sue giornate con i suoi amici Tsubaki e Watari e un giorno incontra una ragazza molto carina che gli stravolge la vita. Questa ragazza, Kaori Miyazono, è una bella violinista che riesce a far tornare il protagonista nel mondo della musica grazie al suo carattere travolgente.
I personaggi principali sono favolosi, ovvero riescono a trasmetterti quello che è il loro momento di gioia o di dolore, in pratica i loro sentimenti. Ci riescono talmente bene che, non lo nascondo, mi è scappata una lacrima in certe situazioni. La giovane violinista ha un carattere travolgente che ti trascina nella propria corrente senza farti male, solo dandoti ciò che ti serve e che non riesci ad ottenere, prendendo come esempio il ritorno al piano del protagonista. Lei è una violinista che suona per riflettere la propria anima nella musica e non per vincere qualcosa, il suo obiettivo è trasmettere. Il giovane pianista invece è il solito tipo diffidente e chiuso in sé stesso con le proprie preoccupazioni, non vuole affrontare il suo problema principale, ovvero quello di non sentire le note mentre suona il piano, perché ha paura di amplificarlo.
Lo sviluppo della storia è molto tirato, le vicende sono talmente forzate che chiunque riesce a capire il passo successivo della storia, forse il termine giusto è scontato. Questo si può dire anche del finale, prevedibile ma che lascia il segno.
L'ambientazione è giusta, non esiste un termine esatto, ma altri tipi di ambienti possibili non sarebbero andati bene, quindi quello creato è il più appropriato, nulla da ridire.
Il comparto visivo è spettacolare, con ottimi disegni e ottime animazioni, e con ottimi colori usati, allegri e vitali; il sonoro invece non potrei giudicarlo appieno, visto che non me ne intendo di musica classica, quindi mi limito a dare un buon giudizio alla prima opening della serie.
In conclusione, l'anime è da vedere, lo consiglio a tutti; soprattutto non tormentatevi, se pensate che il finale è scontato e che usa la drammaticità per conquistare il pubblico, perché, se il genere è anche drammatico, è giusto non giudicarlo male, visto che non è uscito dagli schemi.
Voto sicuramente molto alto.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" (a forza di suggerirlo ho imparato il titolo a memoria! Cosa molto rara, dato che a volte fatico anche a pronunciare nomi di calciatori stranieri...) è una fantastica opera, sicuramente tra le mie preferite, che ha molto da insegnare e da raccontare.
Vorrei partire da quelli che sono i punti deboli dell'opera, così da toglierceli subito e iniziare a parlare del "bello".
Sono punti negativi forse i dialoghi a volte troppo forzati, tanto per cercare di inserire le parole "primavera" e "musica", rendendo a volte banale tutta la struttura discorsiva. A volte invece sono troppo complessi, e non aiuta di certo l'intreccio della trama, a volte anche incomprensibile. Diciamo che ho visto "Shigatsu wa Kimi no Uso" due volte, e la seconda volta mi ha aiutato a capire meglio un po' tutto. E' inoltre insopportabile vedere un episodio intero con qualcuno che suona e si gode i suoi flashback allegramente, cioè... venti minuti interi!
Arrivati a questo punto non credo ci siano altri difetti così tanto marcati da dover essere citati (e comunque non me ne vengono altri in mente).
La Trama di "Shigatsu wa Kimi no Uso" è molto intrigante e particolare.
Seppur può suonare molto strano alle orecchie di qualcuno che uno shock infantile faccia perdere "l'udito alla propria musica", il pretesto è un'ottima rampa di lancio per l'intera trama, nonché uno dei principali "estrattori di lacrime" dell'anime intero. "Lacrime" credo che sia un'ottima parola che può riassumere l'intera storia. Per chi ama questo genere di trame, molto triste, di sicuro sarà preso dal guardare l'intera serie in poco tempo (io per esempio ho impiegato una notte).
Personaggi molto giovanili procurano un'ottima cornice alla trama. La storia di quasi tutti i personaggi principali verrà svelata nel corso della storia, grazie ai frequenti (forse pure troppo) flashback. Peccato che la storia si concentri troppo sul passato di alcuni personaggi (es. Aiza Takeshi), quando magari avrei voluto tanto "saperne di più" del suo presente. Da notare come non esista un personaggio realmente "maligno" nell'intera vicenda.
Il comparto tecnico è un punto focale dell'intero anime: le animazioni sono fluide, i disegni ottimi (con qualche imprecisione, come gli "occhiali volanti" di Arima, che ancora fatico a comprendere).
Ma la parte più bella è quella delle musiche. Musiche classiche (di sottofondo o non) danno un tocco piacevole, intonandosi in modo a dir poco divino alla situazione descritta.
Mi sento di dare a "Shigatsu wa Kimi no Uso" un (esagerato?) 10, poiché, anche se non è perfetto, ha saputo tenermi incollato una nottata intera al PC, nonostante il giorno dopo avessi un esame e nonostante mi abbia fatto piangere come un deficiente pressappoco ad ogni episodio.
Cosa darei per un seguito che purtroppo non ha modo di esistere!
Vorrei partire da quelli che sono i punti deboli dell'opera, così da toglierceli subito e iniziare a parlare del "bello".
Sono punti negativi forse i dialoghi a volte troppo forzati, tanto per cercare di inserire le parole "primavera" e "musica", rendendo a volte banale tutta la struttura discorsiva. A volte invece sono troppo complessi, e non aiuta di certo l'intreccio della trama, a volte anche incomprensibile. Diciamo che ho visto "Shigatsu wa Kimi no Uso" due volte, e la seconda volta mi ha aiutato a capire meglio un po' tutto. E' inoltre insopportabile vedere un episodio intero con qualcuno che suona e si gode i suoi flashback allegramente, cioè... venti minuti interi!
Arrivati a questo punto non credo ci siano altri difetti così tanto marcati da dover essere citati (e comunque non me ne vengono altri in mente).
La Trama di "Shigatsu wa Kimi no Uso" è molto intrigante e particolare.
Seppur può suonare molto strano alle orecchie di qualcuno che uno shock infantile faccia perdere "l'udito alla propria musica", il pretesto è un'ottima rampa di lancio per l'intera trama, nonché uno dei principali "estrattori di lacrime" dell'anime intero. "Lacrime" credo che sia un'ottima parola che può riassumere l'intera storia. Per chi ama questo genere di trame, molto triste, di sicuro sarà preso dal guardare l'intera serie in poco tempo (io per esempio ho impiegato una notte).
Personaggi molto giovanili procurano un'ottima cornice alla trama. La storia di quasi tutti i personaggi principali verrà svelata nel corso della storia, grazie ai frequenti (forse pure troppo) flashback. Peccato che la storia si concentri troppo sul passato di alcuni personaggi (es. Aiza Takeshi), quando magari avrei voluto tanto "saperne di più" del suo presente. Da notare come non esista un personaggio realmente "maligno" nell'intera vicenda.
Il comparto tecnico è un punto focale dell'intero anime: le animazioni sono fluide, i disegni ottimi (con qualche imprecisione, come gli "occhiali volanti" di Arima, che ancora fatico a comprendere).
Ma la parte più bella è quella delle musiche. Musiche classiche (di sottofondo o non) danno un tocco piacevole, intonandosi in modo a dir poco divino alla situazione descritta.
Mi sento di dare a "Shigatsu wa Kimi no Uso" un (esagerato?) 10, poiché, anche se non è perfetto, ha saputo tenermi incollato una nottata intera al PC, nonostante il giorno dopo avessi un esame e nonostante mi abbia fatto piangere come un deficiente pressappoco ad ogni episodio.
Cosa darei per un seguito che purtroppo non ha modo di esistere!
Voto: 6
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un'opera da 6, anche se per ammetterlo ho dovuto cambiare il modo con cui guardavo questo anime, ma ciò non è per niente grave, in quanto non è colpa dell'anime (anzi, è stata l'opera stessa a indirizzarmi sulla giusta via). Quindi, se avete intenzione di guardare l'anime in questione, partite dal presupposto che non state guardando un anime "scolastico", "drammatico" e "psicologico"; questo vi farà evitare di pensare, dopo aver visto i ventidue episodi, di aver sprecato parte della vostra vita per guardare ciò.
Ora partiamo con i vari aspetti che salvano questo anime e quelli che abbassano la sua qualità. Preciso fin da subito che eviterò di inserire tutti quei difetti effimeri che solo io noto o che sono comuni in tutti gli anime, ed eviterò di parlare della coerenza di quest'opera (mentre elencherò i dettagli che mi sono piaciuti, ma che sono totalmente inutili).
Pregi (non è il termine corretto, ma è l'unico a cui ho pensato)
- Trama: la trama è normale, esattamente quello che ti aspetti, pochi colpi di scena e gran parte di quello che succede viene rilevato molto prima che accade, direttamente dai discorsi dei personaggi. Non ha mai momenti rilevanti né cali, la trama sembra fatta apposta per essere votata 6.
- Grafica: la grafica è tendenzialmente bella, le animazioni mediamente sono decenti (beh, a parte i violinisti che non si muovono e i protagonisti che sono immuni agli effetti ambientali... perché diavolo animare ogni singolo lenzuolo su un tetto se poi non ti degni di animare i capelli o i vestiti dei personaggi? Toglievi il vento ed era fatta, no?). Dopo, beh, ci sono scelte discutibili, come gli occhiali che fluttuano e le recinzioni che scompaiono per vedere i volti dei personaggi, ma tutto ciò è influente per un anime moderno, e infatti far scomparire elementi dello scenario è più conveniente che studiare inquadrature decenti (o forse no?).
- La prima illusione: una delle tre parti belle dell'opera. La prima illusione che vediamo quando il protagonista suona per la prima volta il piano è fantastica, e rende in modo impeccabile quello che sta succedendo.
- Musica: la musica classica, le opening e una OST sono magnifiche (non so dire se la musica è fedele, ma ciò non toglie la sua bellezza).
- L'amica di infanzia: personalmente insopportabile, ma ben caratterizzata, l'amica di infanzia ruberà parecchio screen-time al protagonista, personaggio stereotipato, ma che funziona e che mantiene la sua coerenza (il solo personaggio con queste caratteristiche).
- Gli arci-nemici: la vetta dell'anime, il punto che mi ha fatto capire il mio errore di valutazione, la comparsa degli "arci-nemici", presentati a noi come verrebbero presentati nel battle shonen più ignorante di sempre, vetta dell'opera che con la sua bellezza non può che danneggiare l'opera in sé, in quanto mostra a tutti un'occasione sprecata, una possibilità che non si potrà mai realizzare. Questa presentazione poteva condurre questo anime ridicolo a un traguardo inoppugnabile, un vero e proprio battle shonen con il piano e il violino al posto delle kamehameha e degli Stand, purtroppo però l'anime ritorna nei suoi binari di mediocrità in poco più una puntata. L'amaro in bocca è forte, ma almeno questa parte "ignorante" (nel senso buono) continuerà a fare la sua comparsa durante l'opera (portando a una vera battaglia in cui si concentra tutto il buono dell'anime).
- Citazioni: la bionda spesso e volentieri citerà altre opere di ben altra caratura ("Peanuts"). Questi passaggi compongono i dialoghi meglio riusciti dell'anime e rappresentano un bel modo di esportare valide opere in posti dove sono meno conosciute (far conoscere opere belle è più facile che creare opere belle, ma è comunque nobile).
- Dettagli: il cambio di colore dei capelli della bionda e il fatto che la madre del protagonista cantasse "brilla la stellina" in giapponese mentre i protagonista cantano la versione inglese sono dettagli molto curati.
Difetti
- Illusioni/visioni et similia: dopo la prima illusione già descritta, le altre sono davvero fatte controvoglia, non si sono nemmeno impegnati a dar loro un senso.
- Discorsi: per i discorsi hanno pescato a caso le parole da un cappello. Tentare in tutti i modi possibili di infilare nella stessa farse parole come "autunno", "primavera", "stelle" e ripetere le frasi già dette (tecnica che adoro, ma in 'sto anime si raggiunge la ridondanza) per rendere i discorsi "drammatici, profondi e maturi" è una tecnica vile usata per opere che tentano di attratte i bambini e gli adolescenti che si sentono troppo maturi per la loro età (questa è tecnica è un chiaro identificatore di opere scadenti).
- Musica: a parte quanto ho scritto sopra, le OST sono totalmente disgustose, e per di più non c'entrano nulla con le varie scene proposte a video. Per fortuna nella seconda metà dell'anime si sentirà sempre più musica classica e verrà iterata sempre di più l'unica OST bella (davvero bella). Come se non bastasse, alcune volte la musica classica viene interrotta da flashback e illusioni, sancendo in modo definitivo il fatto che se ti piace la musica è meglio che stai lontano da "Shigatsu wa Kimi no Uso" (solo se la componi, puoi guardarlo).
- Flashback: come tutte le brutte opere drammatiche che si rispettino, anche in questo anime il dramma è solo al passato, e gli onnipresenti flashback verranno sventolati qua e là, quando meno te lo aspetti, dove meno te lo aspetti e (questo invece te lo aspetti), o non avranno la minima utilità o saranno farciti di "drammaticità" spicciola (chi ha bisogno delle interazioni tra i personaggi e la coerenza quando basta un flashback per delineare ogni essere vivente in modo prefetto?)
- La fine: esattamente sul più bello, boom! Finisce con un monologo di quaranta minuti con relativo 'spiegone' della faccenda (tipo quelli nelle puntate di "Detective Conan"), lasciando questioni in sospeso e saltando tutta la parte decente (il superamento di ciò che è appena successo e la nuova vita). È da qui che l'anime dovrebbe entrare nel suo vivo, non può finire così! Su questo punto devo fare alcune precisazioni:
1. I finali che lasciano domande in sospeso sono incantevoli, solo le l'opera è matura o solo se non ci sono state ventuno puntate di inutilità e cambi di stile. 2. Davvero qualcuno pensa che un "dramma" seguito dallo 'spiegone' del perché 'sto "dramma" è "drammatico" sia una cosa minimamente sensata? 3. Il finale in sé non è malvagio.
Conclusione
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è il nulla, troppo ridicolo per essere un'opera matura, troppo altezzoso per essere un comico, troppe buone idee per essere ridicolo, e ciò mi dispiace. Le idee per un bel dramma c'erano, la realizzazione no, mentre, concentrandosi sullo "shonen", dalla puntata 6 in poi ho sperato per un cambiamento, per vedere quest'opera liberarsi dai limiti che si è imposta per diventare finalmente un anime di combattimento, non fisico, non mentale, ma fatto di suoni e di galà; cambiamento mai avvenuto. Avrebbe potuto osare e vincere, ma ha preferito diventare un altro specchietto per le allodole, e ciò mi rende triste...
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un'opera da 6, anche se per ammetterlo ho dovuto cambiare il modo con cui guardavo questo anime, ma ciò non è per niente grave, in quanto non è colpa dell'anime (anzi, è stata l'opera stessa a indirizzarmi sulla giusta via). Quindi, se avete intenzione di guardare l'anime in questione, partite dal presupposto che non state guardando un anime "scolastico", "drammatico" e "psicologico"; questo vi farà evitare di pensare, dopo aver visto i ventidue episodi, di aver sprecato parte della vostra vita per guardare ciò.
Ora partiamo con i vari aspetti che salvano questo anime e quelli che abbassano la sua qualità. Preciso fin da subito che eviterò di inserire tutti quei difetti effimeri che solo io noto o che sono comuni in tutti gli anime, ed eviterò di parlare della coerenza di quest'opera (mentre elencherò i dettagli che mi sono piaciuti, ma che sono totalmente inutili).
Pregi (non è il termine corretto, ma è l'unico a cui ho pensato)
- Trama: la trama è normale, esattamente quello che ti aspetti, pochi colpi di scena e gran parte di quello che succede viene rilevato molto prima che accade, direttamente dai discorsi dei personaggi. Non ha mai momenti rilevanti né cali, la trama sembra fatta apposta per essere votata 6.
- Grafica: la grafica è tendenzialmente bella, le animazioni mediamente sono decenti (beh, a parte i violinisti che non si muovono e i protagonisti che sono immuni agli effetti ambientali... perché diavolo animare ogni singolo lenzuolo su un tetto se poi non ti degni di animare i capelli o i vestiti dei personaggi? Toglievi il vento ed era fatta, no?). Dopo, beh, ci sono scelte discutibili, come gli occhiali che fluttuano e le recinzioni che scompaiono per vedere i volti dei personaggi, ma tutto ciò è influente per un anime moderno, e infatti far scomparire elementi dello scenario è più conveniente che studiare inquadrature decenti (o forse no?).
- La prima illusione: una delle tre parti belle dell'opera. La prima illusione che vediamo quando il protagonista suona per la prima volta il piano è fantastica, e rende in modo impeccabile quello che sta succedendo.
- Musica: la musica classica, le opening e una OST sono magnifiche (non so dire se la musica è fedele, ma ciò non toglie la sua bellezza).
- L'amica di infanzia: personalmente insopportabile, ma ben caratterizzata, l'amica di infanzia ruberà parecchio screen-time al protagonista, personaggio stereotipato, ma che funziona e che mantiene la sua coerenza (il solo personaggio con queste caratteristiche).
- Gli arci-nemici: la vetta dell'anime, il punto che mi ha fatto capire il mio errore di valutazione, la comparsa degli "arci-nemici", presentati a noi come verrebbero presentati nel battle shonen più ignorante di sempre, vetta dell'opera che con la sua bellezza non può che danneggiare l'opera in sé, in quanto mostra a tutti un'occasione sprecata, una possibilità che non si potrà mai realizzare. Questa presentazione poteva condurre questo anime ridicolo a un traguardo inoppugnabile, un vero e proprio battle shonen con il piano e il violino al posto delle kamehameha e degli Stand, purtroppo però l'anime ritorna nei suoi binari di mediocrità in poco più una puntata. L'amaro in bocca è forte, ma almeno questa parte "ignorante" (nel senso buono) continuerà a fare la sua comparsa durante l'opera (portando a una vera battaglia in cui si concentra tutto il buono dell'anime).
- Citazioni: la bionda spesso e volentieri citerà altre opere di ben altra caratura ("Peanuts"). Questi passaggi compongono i dialoghi meglio riusciti dell'anime e rappresentano un bel modo di esportare valide opere in posti dove sono meno conosciute (far conoscere opere belle è più facile che creare opere belle, ma è comunque nobile).
- Dettagli: il cambio di colore dei capelli della bionda e il fatto che la madre del protagonista cantasse "brilla la stellina" in giapponese mentre i protagonista cantano la versione inglese sono dettagli molto curati.
Difetti
- Illusioni/visioni et similia: dopo la prima illusione già descritta, le altre sono davvero fatte controvoglia, non si sono nemmeno impegnati a dar loro un senso.
- Discorsi: per i discorsi hanno pescato a caso le parole da un cappello. Tentare in tutti i modi possibili di infilare nella stessa farse parole come "autunno", "primavera", "stelle" e ripetere le frasi già dette (tecnica che adoro, ma in 'sto anime si raggiunge la ridondanza) per rendere i discorsi "drammatici, profondi e maturi" è una tecnica vile usata per opere che tentano di attratte i bambini e gli adolescenti che si sentono troppo maturi per la loro età (questa è tecnica è un chiaro identificatore di opere scadenti).
- Musica: a parte quanto ho scritto sopra, le OST sono totalmente disgustose, e per di più non c'entrano nulla con le varie scene proposte a video. Per fortuna nella seconda metà dell'anime si sentirà sempre più musica classica e verrà iterata sempre di più l'unica OST bella (davvero bella). Come se non bastasse, alcune volte la musica classica viene interrotta da flashback e illusioni, sancendo in modo definitivo il fatto che se ti piace la musica è meglio che stai lontano da "Shigatsu wa Kimi no Uso" (solo se la componi, puoi guardarlo).
- Flashback: come tutte le brutte opere drammatiche che si rispettino, anche in questo anime il dramma è solo al passato, e gli onnipresenti flashback verranno sventolati qua e là, quando meno te lo aspetti, dove meno te lo aspetti e (questo invece te lo aspetti), o non avranno la minima utilità o saranno farciti di "drammaticità" spicciola (chi ha bisogno delle interazioni tra i personaggi e la coerenza quando basta un flashback per delineare ogni essere vivente in modo prefetto?)
- La fine: esattamente sul più bello, boom! Finisce con un monologo di quaranta minuti con relativo 'spiegone' della faccenda (tipo quelli nelle puntate di "Detective Conan"), lasciando questioni in sospeso e saltando tutta la parte decente (il superamento di ciò che è appena successo e la nuova vita). È da qui che l'anime dovrebbe entrare nel suo vivo, non può finire così! Su questo punto devo fare alcune precisazioni:
1. I finali che lasciano domande in sospeso sono incantevoli, solo le l'opera è matura o solo se non ci sono state ventuno puntate di inutilità e cambi di stile. 2. Davvero qualcuno pensa che un "dramma" seguito dallo 'spiegone' del perché 'sto "dramma" è "drammatico" sia una cosa minimamente sensata? 3. Il finale in sé non è malvagio.
Conclusione
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è il nulla, troppo ridicolo per essere un'opera matura, troppo altezzoso per essere un comico, troppe buone idee per essere ridicolo, e ciò mi dispiace. Le idee per un bel dramma c'erano, la realizzazione no, mentre, concentrandosi sullo "shonen", dalla puntata 6 in poi ho sperato per un cambiamento, per vedere quest'opera liberarsi dai limiti che si è imposta per diventare finalmente un anime di combattimento, non fisico, non mentale, ma fatto di suoni e di galà; cambiamento mai avvenuto. Avrebbe potuto osare e vincere, ma ha preferito diventare un altro specchietto per le allodole, e ciò mi rende triste...
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è, a mio parere, un anime, definibile con una parola: capolavoro.
Ebbene sì, questo anime, nonostante tutte le critiche, per me è stato uno degli anime più belli tra quelli usciti recentemente. L'anime parla di Arima Kousei, ragazzo prodigio del pianoforte, che con la morte della madre non è stato più in grado di suonare il piano. Egli ricomincia il percorso musicale, e non solo, grazie all'incontro di Miyazono Kaori, violinista con più di qualche problema fisico. Proprio grazie a lei Kousei inizia nuovamente a suonare il piano e dedica inizialmente la sua musica a lei, e le si affeziona particolarmente. Purtroppo, a causa dei problemi di salute di Kaori, il mondo di Kousei gli crolla addosso, come durante la morte della madre, ma è proprio in questo momento che avviene la completa maturazione di Kousei, il quale comincia a dedicare la musica non solo a una persona sola, ma a tutti i suoi cari, finalmente rendendosi conto che lui nella vita non era solo, cominciando il suo definitivo viaggio per diventare un grande artista.
A mio parere durante lo svolgersi dell'anime si è capito subito dove vuole andar a parare l'anime, ma devo dire che mi sarei aspettato un finale completamente diverso, triste e doloroso, invece l'autore è riuscito a volgere un dramma triste in un lieto fine.
Riguardo i personaggi non ho proprio nulla da dire, tutti i personaggi della serie hanno una propria storia sviluppata e matura, e proprio per questo motivo mi sono davvero piaciuti tutti i personaggi della serie. Essendo il manga un'opera a sfondo musicale, ovviamente con l'anime si è esaltato molto questo genere, attraverso grandi classici arrangiati in modo sublime. Sublime come la qualità tecnica dell'anime da parte di A-1 Pictures. Le OST sono tantissime e vengono utilizzate in modo perfetto, creando giuste atmosfere durante le scene dell'anime, e sono uno dei punti forti di questo anime. Anche per le sigle si è fatto un grandissimo lavoro.
A mio parere l'eccellenza è più che meritata per questo anime: nonostante alcuni momenti non proprio esaltanti, questo anime raffigura il viaggio non solo del musicista Arima Kousei, ma anche di tutto il resto dei personaggi, e potrei dire anche il nostro viaggio, dato che sono riuscito a rispecchiare nella crescita e nella maturazione di Kousei le mie.
Serie consigliatissima.
Ebbene sì, questo anime, nonostante tutte le critiche, per me è stato uno degli anime più belli tra quelli usciti recentemente. L'anime parla di Arima Kousei, ragazzo prodigio del pianoforte, che con la morte della madre non è stato più in grado di suonare il piano. Egli ricomincia il percorso musicale, e non solo, grazie all'incontro di Miyazono Kaori, violinista con più di qualche problema fisico. Proprio grazie a lei Kousei inizia nuovamente a suonare il piano e dedica inizialmente la sua musica a lei, e le si affeziona particolarmente. Purtroppo, a causa dei problemi di salute di Kaori, il mondo di Kousei gli crolla addosso, come durante la morte della madre, ma è proprio in questo momento che avviene la completa maturazione di Kousei, il quale comincia a dedicare la musica non solo a una persona sola, ma a tutti i suoi cari, finalmente rendendosi conto che lui nella vita non era solo, cominciando il suo definitivo viaggio per diventare un grande artista.
A mio parere durante lo svolgersi dell'anime si è capito subito dove vuole andar a parare l'anime, ma devo dire che mi sarei aspettato un finale completamente diverso, triste e doloroso, invece l'autore è riuscito a volgere un dramma triste in un lieto fine.
Riguardo i personaggi non ho proprio nulla da dire, tutti i personaggi della serie hanno una propria storia sviluppata e matura, e proprio per questo motivo mi sono davvero piaciuti tutti i personaggi della serie. Essendo il manga un'opera a sfondo musicale, ovviamente con l'anime si è esaltato molto questo genere, attraverso grandi classici arrangiati in modo sublime. Sublime come la qualità tecnica dell'anime da parte di A-1 Pictures. Le OST sono tantissime e vengono utilizzate in modo perfetto, creando giuste atmosfere durante le scene dell'anime, e sono uno dei punti forti di questo anime. Anche per le sigle si è fatto un grandissimo lavoro.
A mio parere l'eccellenza è più che meritata per questo anime: nonostante alcuni momenti non proprio esaltanti, questo anime raffigura il viaggio non solo del musicista Arima Kousei, ma anche di tutto il resto dei personaggi, e potrei dire anche il nostro viaggio, dato che sono riuscito a rispecchiare nella crescita e nella maturazione di Kousei le mie.
Serie consigliatissima.
Quando termino un anime in genere cerco di passare immediatamente alla sua recensione, in quanto col passar del tempo buona parte delle emozioni, positive o negative, che esso mi ha trasferito tendono a sfumare; a questo va aggiunto che l'età avanza e con essa diminuisce in modo direttamente proporzionale la mia capacità di memoria, e tutto ciò, ovviamente, diminuisce la mia capacità di esprimere correttamente le mie sensazioni. Per "Shigatsu wa Kimi no Uso", però, ho ritenuto fosse più opportuno fare un'eccezione e far passare almeno una giornata per cercare di fare un po' di ordine fra i miei pensieri, cosa necessaria anche perchè questo anime si gioca molto sul finale e necessitavo di un po' di tempo per rimettere a posto tutti i pezzi del puzzle.
Cominciamo con qualche cenno sulla trama: Kousei Arima è un giovanissimo pianista che tutti considerano un genio per la sua capacità di eseguire lo spartito senza sbagliare mai una nota. In realtà Kousei non ha una vita facile: oltre al suo talento naturale la sua bravura si basa anche su ore e ore di allenamento sotto la guida della terribile madre che non esita a picchiare il bambino quando commette qualche errore. Nonostante questo, Kousei è legatissimo a sua madre e quando questa muore egli perde la capacità di sentire la musica e quindi di suonare. Negli anni successivi Kousei continuerà a rifiutarsi di suonare ancora il piano, almeno fino all'incontro con Kaori Miyazono, una violinista di grandissimo talento e dal carattere impetuoso e invadente. L'effetto di Kaori è quello di un uragano nella vita del ragazzo che, nonostante le sue difficoltà, si riavvicinerà al mondo della musica e ricomincerà a suonare il piano.
Dunque, abbiamo: un ragazzo dal passato difficile e tormentato; un incontro voluto dal fato; una serie di equivoci; tanti concerti di musica classica; un finale controverso. Quindi, riassumendo, che cos'è che ho visto? Un piccolo capolavoro o solo un anime che cerca di far leva su strumenti capaci di favorirne la popolarità ma senza un reale spessore? Devo dire che ci ho pensato molto, sebbene a caldo l'impressione fosse già stata molto positiva. Poi quel qualcosa che proprio non mi andava giù sono riuscito a identificarlo, ma non ha cambiato molto, nella sostanza, la mia opinione finale. Che è decisamente positiva.
E allora partiamo proprio da ciò che non mi è piaciuto in questo anime: so che qualcuno strabuzzerà gli occhi a leggere questo, e io stesso so di andare in controtendenza. Ma a mio avviso quello che proprio non va in questo anime è proprio la musica.
Diciamoci la verità: quando un mangaka decide di rappresentare un qualsiasi tipo di competizione, tende sempre ad esagerare. Non importa che si tratti di calcio, basket, karuta o musica classica: chi entra in gara prima si spara una dose potentissima di LSD e poi comincia ad avere delle visioni. Ora io non so a cosa pensa un musicista quando esegue il suo pezzo: non ho mai avuto alcuna aspirazione musicale e alle medie suonavo il flauto come se fosse un fischietto. Confesso quindi la mia impreparazione in materia, ma credo che comunque sia molto difficile suonare uno strumento (specie davanti a un pubblico) e ripercorrere con la mente tutta la propria esistenza, compresi i dettagli insignificanti. Certo si può suonare col cuore, preso da qualcuno o da qualcosa, e ciò può spingerci a fare meglio; ma tra questo e quello che ci viene proposto ce ne passa! Non so cosa ne pensiate voi, ma secondo me quest'impostazione ha appesantito molto la visione di questo anime. Voglio però precisare che quanto detto non comprende l'ultima esibizione di Kousei: qui è Kaori a mantenere la promessa di suonare di nuovo con lui e lo fa nell'unico modo possibile. Triste e meraviglioso allo stesso tempo.
C'è però un aspetto positivo: finalmente qualcuno che dà il giusto peso al talento pur non rinunciando al necessario allenamento. Kousei da bambino suonava il pianoforte con lo stesso modo in cui un ginnasta esegue i suoi esercizi: aderenza assoluta allo spartito e personalità zero. Poi però l'incontro con Kaori gli fa scoprire che l'artista deve metterci del suo se no diventa uguale a un giradischi. In particolare mi è piaciuto molto quando Kousei dice: "Diventerò un pianista un po' strano". Era ora che qualcuno uscisse un po' dai canoni tradizionali.
Per quanto riguarda la parte slice of life sono tutte lodi. Ottima la trama, era da molto tempo che non vedevo qualcosa del genere (era ora!) e devo dire che mi ha conquistato completamente sia quando diventa commedia sia quando diventa drammatica. Veramente superbi i personaggi, rappresentano la combriccola a cui tutti vorrebbero appartenere quando si ha quell'età (per quanto mi riguarda, secoli fa). Ci sarebbe molto da discutere sul finale, ma non ho intenzione di spoilerare, per cui mi fermo qui; dico solo che mi è piaciuto molto.
Insomma, se proprio devo scegliere, dico che "Shigatsu wa Kimi no Uso" è un piccolo capolavoro: spero di vedere più anime così intensi ed emozionanti in futuro. Mi è dispiaciuto leggere in giro delle critiche che ho trovato un po' campate in aria; ma vabbè, il mondo è bello perché è vario. E va bene così.
Cominciamo con qualche cenno sulla trama: Kousei Arima è un giovanissimo pianista che tutti considerano un genio per la sua capacità di eseguire lo spartito senza sbagliare mai una nota. In realtà Kousei non ha una vita facile: oltre al suo talento naturale la sua bravura si basa anche su ore e ore di allenamento sotto la guida della terribile madre che non esita a picchiare il bambino quando commette qualche errore. Nonostante questo, Kousei è legatissimo a sua madre e quando questa muore egli perde la capacità di sentire la musica e quindi di suonare. Negli anni successivi Kousei continuerà a rifiutarsi di suonare ancora il piano, almeno fino all'incontro con Kaori Miyazono, una violinista di grandissimo talento e dal carattere impetuoso e invadente. L'effetto di Kaori è quello di un uragano nella vita del ragazzo che, nonostante le sue difficoltà, si riavvicinerà al mondo della musica e ricomincerà a suonare il piano.
Dunque, abbiamo: un ragazzo dal passato difficile e tormentato; un incontro voluto dal fato; una serie di equivoci; tanti concerti di musica classica; un finale controverso. Quindi, riassumendo, che cos'è che ho visto? Un piccolo capolavoro o solo un anime che cerca di far leva su strumenti capaci di favorirne la popolarità ma senza un reale spessore? Devo dire che ci ho pensato molto, sebbene a caldo l'impressione fosse già stata molto positiva. Poi quel qualcosa che proprio non mi andava giù sono riuscito a identificarlo, ma non ha cambiato molto, nella sostanza, la mia opinione finale. Che è decisamente positiva.
E allora partiamo proprio da ciò che non mi è piaciuto in questo anime: so che qualcuno strabuzzerà gli occhi a leggere questo, e io stesso so di andare in controtendenza. Ma a mio avviso quello che proprio non va in questo anime è proprio la musica.
Diciamoci la verità: quando un mangaka decide di rappresentare un qualsiasi tipo di competizione, tende sempre ad esagerare. Non importa che si tratti di calcio, basket, karuta o musica classica: chi entra in gara prima si spara una dose potentissima di LSD e poi comincia ad avere delle visioni. Ora io non so a cosa pensa un musicista quando esegue il suo pezzo: non ho mai avuto alcuna aspirazione musicale e alle medie suonavo il flauto come se fosse un fischietto. Confesso quindi la mia impreparazione in materia, ma credo che comunque sia molto difficile suonare uno strumento (specie davanti a un pubblico) e ripercorrere con la mente tutta la propria esistenza, compresi i dettagli insignificanti. Certo si può suonare col cuore, preso da qualcuno o da qualcosa, e ciò può spingerci a fare meglio; ma tra questo e quello che ci viene proposto ce ne passa! Non so cosa ne pensiate voi, ma secondo me quest'impostazione ha appesantito molto la visione di questo anime. Voglio però precisare che quanto detto non comprende l'ultima esibizione di Kousei: qui è Kaori a mantenere la promessa di suonare di nuovo con lui e lo fa nell'unico modo possibile. Triste e meraviglioso allo stesso tempo.
C'è però un aspetto positivo: finalmente qualcuno che dà il giusto peso al talento pur non rinunciando al necessario allenamento. Kousei da bambino suonava il pianoforte con lo stesso modo in cui un ginnasta esegue i suoi esercizi: aderenza assoluta allo spartito e personalità zero. Poi però l'incontro con Kaori gli fa scoprire che l'artista deve metterci del suo se no diventa uguale a un giradischi. In particolare mi è piaciuto molto quando Kousei dice: "Diventerò un pianista un po' strano". Era ora che qualcuno uscisse un po' dai canoni tradizionali.
Per quanto riguarda la parte slice of life sono tutte lodi. Ottima la trama, era da molto tempo che non vedevo qualcosa del genere (era ora!) e devo dire che mi ha conquistato completamente sia quando diventa commedia sia quando diventa drammatica. Veramente superbi i personaggi, rappresentano la combriccola a cui tutti vorrebbero appartenere quando si ha quell'età (per quanto mi riguarda, secoli fa). Ci sarebbe molto da discutere sul finale, ma non ho intenzione di spoilerare, per cui mi fermo qui; dico solo che mi è piaciuto molto.
Insomma, se proprio devo scegliere, dico che "Shigatsu wa Kimi no Uso" è un piccolo capolavoro: spero di vedere più anime così intensi ed emozionanti in futuro. Mi è dispiaciuto leggere in giro delle critiche che ho trovato un po' campate in aria; ma vabbè, il mondo è bello perché è vario. E va bene così.
Attenzione: la recensione contiene lievi spoiler
"Shigatsu wa kimi no Uso" è un anime molto bello, intenso e delicato allo stesso tempo, tuttavia tocca taluni argomenti e li banalizza per arrivare alla risoluzione finale che mi fanno abbassare la valutazione a un 7, quando di fatto per la media del periodo mi rendo conto che potrebbe portarsi a casa un 8 pieno.
La trama è un classico per la tipologia: il genio tragico, traumatizzato, dall'infanzia rubata, e un secondo genio con la voglia di vivere e annessi vuole salvare il buon protagonista dalle tenebre. E' un plot che funziona, si è già visto in passato in altri anime di questo tipo; il come farlo funzionare, però, fa la differenza tra una buona serie, uno schifo e un capolavoro. "Your Lie in April" poteva essere un capolavoro, soprattutto perché sostenuto da un comparto tecnico non da poco; si è comportato da buon anime, e ha concluso con un voto nettamente positivo, ma non è il capolavoro di cui onestamente ho sentito tanto parlare e per cui mi sono messa a guardare la serie in questione.
Kousei Arima, il genio di cui dicevo prima, ha un passato di pianista prodigio sotto gli artigli di una madre malata terminale che commette abusi, un argomento pesante da gestire, un argomento difficile perché Saki (la madre) è stata descritta in modo da manuale: il malato terminale che usa il figlio per creare una sorta di permanenza, assicurazione di lasciarsi indietro qualcosa. E' violenta, è irrazionale, alterna momenti di ira e crudeltà gratuite e, scelta tattica degli autori, non viene compensata dall'altra figura genitoriale; inseriscono invece un'amica come cuscinetto disfunzionale, incapace di placare la violenza della donna che per ragioni di narrazione si sveglia solo a due anni di distanza, quando la scintilla nel prodigio l'ha fatta saltare qualcun altro, e a quel punto per onore al buonismo gratuito e ridicolo si spaccia come madre sostituta. Onestamente è una scelta debole, anche un po' patetica, che sminuisce il problema e trasforma il dramma di questo ragazzino in qualcosa di risolvibile con un colpo di spugna, cosa che non dovrebbe essere; anche inventarsi ragioni ridicole per Saki, sul perché di tanta violenza, e buttare queste scuse un po' a caso quando fa comodo per fare lo switch narrativo sulla ragazzina prodigio che sta salvando Arima con però una data di scadenza prossima, è quasi irritante.
Kaori è la vitalità travolgente e molesta che serve a Kousei per uscire dalle tenebre, tuttavia con lei introducono anche un nuovo dramma, la voglia di vivere di chi ha poco tempo rimasto, quindi la salvatrice potrebbe ferire drammaticamente il protagonista, ed è così che gli autori pensano bene di reintrodurre il surrogato materno che, quando poteva fare la differenza, salvare il bambino dagli abusi, ha fallito. Da che mondo e mondo questo gli avrebbe dovuto pregiudicare la possibilità di diventare la mamma 2.0 quando fa comodo e la situazione non è difficile (visto che la 1.0 è sotto due metri di terra), invece uno "Scusami" e tutto si sistema. Troppo banale, levate il problema dell'abuso allora, lasciate il dramma della perdita della madre, è sufficiente, ma invece no, è scenografico inserire una seconda cosa, pesantissima, e trattarla in modo banale e superficiale come i cancer movie che vanno tanto di moda.
Il finale è triste, ma è un happy ending ad essere onesti: nella tragedia l'eroe si salva, Kousei è pronto a vivere e a sfruttare al massimo il suo genio, non è più nelle tenebre, mission accomplished. Tuttavia da un anime così intenso, una storia così tragica e così agrodolce, scandita da Chopin e Mozart, e amalgamata da un violino arrogante che vuole che il mondo si ricordi di lei, vogliamo davvero accontentarci? Il come si arriva all'happy ending secondo me ha un peso notevole negli eventi.
Questo anime è notevole, e voglio ribadirlo perché mi rendo conto di essere stata affossante nelle argomentazioni; merita davvero, anche se non voglio dargli il titolo di capolavoro, e a livello tecnico è spettacolare: musiche e colori si amalgamano e non si dimenticano mai di sottolinearci con tratto sicuro e pulito che i protagonisti sono ragazzini, sono infantili, sono spaventati, come è giusto che sia, e che per un adolescente affrontare i propri mostri non è esattamente una cavolata.
Geniale l'uso di colori e musica in un duetto davvero vincente, saggio l'uso dei colori spenti e cupi per l'ospedale e annessi, per influenzare le emozioni dello spettatore.
Consiglio questo anime, nonostante la mia pesante critica, dovuta penso alla delusione che ho provato nel vedere minimizzato quella che sembrava un'avanzata e profonda analisi di un dramma umano, senza rendere il tutto come "Esci dal tunnel solo se sei un genio, altrimenti muori solo e ignorato", cosa che di fatto alla fine viene fuori ad essere. Un 9 mancato e un 8 che non si merita, quindi 7.
"Shigatsu wa kimi no Uso" è un anime molto bello, intenso e delicato allo stesso tempo, tuttavia tocca taluni argomenti e li banalizza per arrivare alla risoluzione finale che mi fanno abbassare la valutazione a un 7, quando di fatto per la media del periodo mi rendo conto che potrebbe portarsi a casa un 8 pieno.
La trama è un classico per la tipologia: il genio tragico, traumatizzato, dall'infanzia rubata, e un secondo genio con la voglia di vivere e annessi vuole salvare il buon protagonista dalle tenebre. E' un plot che funziona, si è già visto in passato in altri anime di questo tipo; il come farlo funzionare, però, fa la differenza tra una buona serie, uno schifo e un capolavoro. "Your Lie in April" poteva essere un capolavoro, soprattutto perché sostenuto da un comparto tecnico non da poco; si è comportato da buon anime, e ha concluso con un voto nettamente positivo, ma non è il capolavoro di cui onestamente ho sentito tanto parlare e per cui mi sono messa a guardare la serie in questione.
Kousei Arima, il genio di cui dicevo prima, ha un passato di pianista prodigio sotto gli artigli di una madre malata terminale che commette abusi, un argomento pesante da gestire, un argomento difficile perché Saki (la madre) è stata descritta in modo da manuale: il malato terminale che usa il figlio per creare una sorta di permanenza, assicurazione di lasciarsi indietro qualcosa. E' violenta, è irrazionale, alterna momenti di ira e crudeltà gratuite e, scelta tattica degli autori, non viene compensata dall'altra figura genitoriale; inseriscono invece un'amica come cuscinetto disfunzionale, incapace di placare la violenza della donna che per ragioni di narrazione si sveglia solo a due anni di distanza, quando la scintilla nel prodigio l'ha fatta saltare qualcun altro, e a quel punto per onore al buonismo gratuito e ridicolo si spaccia come madre sostituta. Onestamente è una scelta debole, anche un po' patetica, che sminuisce il problema e trasforma il dramma di questo ragazzino in qualcosa di risolvibile con un colpo di spugna, cosa che non dovrebbe essere; anche inventarsi ragioni ridicole per Saki, sul perché di tanta violenza, e buttare queste scuse un po' a caso quando fa comodo per fare lo switch narrativo sulla ragazzina prodigio che sta salvando Arima con però una data di scadenza prossima, è quasi irritante.
Kaori è la vitalità travolgente e molesta che serve a Kousei per uscire dalle tenebre, tuttavia con lei introducono anche un nuovo dramma, la voglia di vivere di chi ha poco tempo rimasto, quindi la salvatrice potrebbe ferire drammaticamente il protagonista, ed è così che gli autori pensano bene di reintrodurre il surrogato materno che, quando poteva fare la differenza, salvare il bambino dagli abusi, ha fallito. Da che mondo e mondo questo gli avrebbe dovuto pregiudicare la possibilità di diventare la mamma 2.0 quando fa comodo e la situazione non è difficile (visto che la 1.0 è sotto due metri di terra), invece uno "Scusami" e tutto si sistema. Troppo banale, levate il problema dell'abuso allora, lasciate il dramma della perdita della madre, è sufficiente, ma invece no, è scenografico inserire una seconda cosa, pesantissima, e trattarla in modo banale e superficiale come i cancer movie che vanno tanto di moda.
Il finale è triste, ma è un happy ending ad essere onesti: nella tragedia l'eroe si salva, Kousei è pronto a vivere e a sfruttare al massimo il suo genio, non è più nelle tenebre, mission accomplished. Tuttavia da un anime così intenso, una storia così tragica e così agrodolce, scandita da Chopin e Mozart, e amalgamata da un violino arrogante che vuole che il mondo si ricordi di lei, vogliamo davvero accontentarci? Il come si arriva all'happy ending secondo me ha un peso notevole negli eventi.
Questo anime è notevole, e voglio ribadirlo perché mi rendo conto di essere stata affossante nelle argomentazioni; merita davvero, anche se non voglio dargli il titolo di capolavoro, e a livello tecnico è spettacolare: musiche e colori si amalgamano e non si dimenticano mai di sottolinearci con tratto sicuro e pulito che i protagonisti sono ragazzini, sono infantili, sono spaventati, come è giusto che sia, e che per un adolescente affrontare i propri mostri non è esattamente una cavolata.
Geniale l'uso di colori e musica in un duetto davvero vincente, saggio l'uso dei colori spenti e cupi per l'ospedale e annessi, per influenzare le emozioni dello spettatore.
Consiglio questo anime, nonostante la mia pesante critica, dovuta penso alla delusione che ho provato nel vedere minimizzato quella che sembrava un'avanzata e profonda analisi di un dramma umano, senza rendere il tutto come "Esci dal tunnel solo se sei un genio, altrimenti muori solo e ignorato", cosa che di fatto alla fine viene fuori ad essere. Un 9 mancato e un 8 che non si merita, quindi 7.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un anime che racconta la storia di due ragazzi accomunati dalla passione per la musica. Kousei è un pianista che a causa di un trauma avvenuto qualche anno prima non riesce più a sentire la musica e quindi chiude con la sua carriera che si prospettava più che brillante. Kaori invece è una violinista che ama la musica alla follia e che cercherà di riaccendere la fiamma anche in Kousei, spingendolo nuovamente ad esibirsi in pubblico.
La storia è semplice, tuttavia presenta molti elementi di riflessione; la regia è riuscita ad alternare ai quasi onnipresenti momenti drammatici anche delle scene comiche riuscite piuttosto bene. Tutte le scene sono accompagnate da delle colonne sonore molto dolci e rilassanti che riescono a coinvolgere emotivamente lo spettatore, il quale non potrà non simpatizzare per i protagonisti.
Anche dal punto di vista grafico è stato svolto un buon lavoro, anche se ci sono dei momenti in cui la qualità cala notevolmente, per poi riprendere la scena successiva.
La cosa che rende "Shigatsu wa Kimi no Uso" eccezionale è la sua capacità di coinvolgere ed emozionare lo spettatore in maniera incredibile. Un'opera triste, dolce e romantica allo stesso tempo, che racconta di un amore puro e sincero come è raro vedere negli ultimi tempi.
Non credo, come pensano in molti, che la trama sia forzatamente o eccessivamente drammatica; in fondo è una storia, e come tale deve avere qualcosa che la rende particolare e speciale perché sia degna di essere raccontata: sarebbe nella maggior parte dei casi noioso raccontare qualcosa che rientra nell'ordinaria vita di tutti i giorni senza nessuna particolarità.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" rientra in quella categoria di anime che poteri riguardare, nel corso del tempo, più e più volte senza mai annoiarmi, ed è anche per questo motivo che gli assegno il massimo dei voti. Guardatelo, non ve ne pentirete.
La storia è semplice, tuttavia presenta molti elementi di riflessione; la regia è riuscita ad alternare ai quasi onnipresenti momenti drammatici anche delle scene comiche riuscite piuttosto bene. Tutte le scene sono accompagnate da delle colonne sonore molto dolci e rilassanti che riescono a coinvolgere emotivamente lo spettatore, il quale non potrà non simpatizzare per i protagonisti.
Anche dal punto di vista grafico è stato svolto un buon lavoro, anche se ci sono dei momenti in cui la qualità cala notevolmente, per poi riprendere la scena successiva.
La cosa che rende "Shigatsu wa Kimi no Uso" eccezionale è la sua capacità di coinvolgere ed emozionare lo spettatore in maniera incredibile. Un'opera triste, dolce e romantica allo stesso tempo, che racconta di un amore puro e sincero come è raro vedere negli ultimi tempi.
Non credo, come pensano in molti, che la trama sia forzatamente o eccessivamente drammatica; in fondo è una storia, e come tale deve avere qualcosa che la rende particolare e speciale perché sia degna di essere raccontata: sarebbe nella maggior parte dei casi noioso raccontare qualcosa che rientra nell'ordinaria vita di tutti i giorni senza nessuna particolarità.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" rientra in quella categoria di anime che poteri riguardare, nel corso del tempo, più e più volte senza mai annoiarmi, ed è anche per questo motivo che gli assegno il massimo dei voti. Guardatelo, non ve ne pentirete.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una serie della stagione autunnale 2014 composta da ventidue episodi di durata canonica, tratta dall'omonimo manga di Naoshi Arakawa e prodotta dalla A-1 pictures.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" racconta la tragica storia di Kousei Arima, ragazzo di quattordici anni nonché giovane promessa del pianoforte; Kousei fin dalla tenera età è stato duramente addestrato dalla madre per diventare un pianista di successo a livello internazionale, e sin dai suoi inizi il ragazzo ha mostrato una grande attitudine e un grande talento nel campo della musica, a tal punto da meritarsi il soprannome di "metronomo umano" e da vincere tutte le competizioni in cui si è cimentato. Purtroppo, a causa di una malattia, la madre di Kousei è costretta ad abbandonare il figlio all'età di dodici anni; da quel momento Kousei, attanagliato dai sensi di colpa per un precedente litigio, diventa incapace di suonare e decide di abbandonare la carriera da pianista. Ormai abituatosi all'assenza del pianoforte, Kousei vive come un normale ragazzo delle medie, finché non incontra Kaori Miyazono, una violinista che cercherà di risvegliare la sua passione per la musica sopita ormai da troppo tempo.
La trama di per sé appare abbastanza semplice, ma in realtà non si limita solamente ad approfondire il rapporto che si andrà a creare fra i due protagonisti, bensì coinvolge un gran numero di personaggi analizzandoli ottimamente e presentandoci diversi tipi di approcci nei confronti della musica.
Kousei è sicuramente quello che fra tutti subisce una maggiore crescita nel corso delle puntate, riuscendo grazie all'aiuto di Kaori, dei suoi amici e della sua insegnante, a tirare fuori pian piano la sua vera personalità, e riuscendo infine ad esprimerla attraverso il pianoforte. Kaori si presenta invece come una ragazza forte e sicura di sé, ma è evidente sin dalle prime puntate che sotto questa facciata si nasconde in realtà una personalità ben diversa, più fragile e indifesa, che alla fine sarà necessaria per dare un senso ancora più profondo a questa già bellissima serie.
Tsubaki Sawabe è l'amica d'infanzia del protagonista, segretamente e inconsciamente innamorata di lui, grazie alla quale ha inizio la storia; a completare il quartetto di amici troviamo Ryouta Watari, giovane promessa del calcio e sciupafemmine della scuola, sempre disposto ad aiutare Kousei, per quanto possibile.
L'opera tuttavia non si limita all'introspezione e all'analisi del quartetto principale, ma si impone di fare lo stesso anche per quelli che potremmo definire gli "antagonisti" della serie, raccontandoci le loro storie e le loro motivazioni in maniera precisa e soprattutto credibile.
Tecnicamente non c'è molto da dire: un capolavoro sotto tutti gli aspetti. Graficamente un ottimo design dei personaggi, animazioni fluide e naturali, e degli sfondi iperdettagliati, ricchi di colori dolci e delicati che riescono sempre a ricreare l'atmosfera richiesta.
Come è lecito aspettarsi da una serie a sfondo musicale, il comparto sonoro è da 10 e lode, e questo si poteva facilmente intuire sin dai primi secondi del primissimo episodio, grazie a una delle opening più belle e melodiose che mi sia capitato di ascoltare ultimamente. Le OST sono moltissime, una più bella dell'altra, e ci propongono sempre dei brani di fama mondiale, pilastri della musica classica. Anche il doppiaggio è stato reso alla perfezione e questo è un aspetto che in una serie di questo tipo, dove i dialoghi costituiscono una parte fondamentale, non poteva essere lasciato al caso.
Nonostante i numerosi e longevi flashback, che si svolgeranno principalmente nella testa del protagonista, assieme a numerose riflessioni e paranoie, la trama scorre in maniera fluida ed efficace, riuscendo coinvolgere lo spettatore e a mantenerlo sempre attento.
La ciliegina sulla torta della serie è sicuramente il finale, che riesce ad elevare ancora maggiormente quest'opera rendendola un vero capolavoro. Per coloro che accusano "Shigatsu wa Kimi no Uso" di essere forzatamente drammatico ce ne sono altrettanti che ne avrebbero disprezzato l'happy ending; purtroppo quando si produce una serie di così alto livello e lo spettatore viene coinvolto in maniera significativa è impossibile riuscire ad accontentare tutti.
Quello che è innegabile è che alla fine tutto prende un significato ancora più profondo e l'ultimo episodio è uno dei più emozionanti che mi sia mai capitato di visionare.
Tirando le somme, siamo di fronte a un'opera dalla trama interessante, popolata da dei personaggi simpatici e caratterizzati a pennello, arricchita da un comparto tecnico che eccelle in ogni ambito e sfaccettatura, e ultimo ma non meno importante che presenta delle tematiche interessanti su cui poter riflettere. Un'opera coinvolgente ed emozionante, dai toni sempre dolci quanto malinconici. Consigliata la visione, il voto non può essere che un 10.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" racconta la tragica storia di Kousei Arima, ragazzo di quattordici anni nonché giovane promessa del pianoforte; Kousei fin dalla tenera età è stato duramente addestrato dalla madre per diventare un pianista di successo a livello internazionale, e sin dai suoi inizi il ragazzo ha mostrato una grande attitudine e un grande talento nel campo della musica, a tal punto da meritarsi il soprannome di "metronomo umano" e da vincere tutte le competizioni in cui si è cimentato. Purtroppo, a causa di una malattia, la madre di Kousei è costretta ad abbandonare il figlio all'età di dodici anni; da quel momento Kousei, attanagliato dai sensi di colpa per un precedente litigio, diventa incapace di suonare e decide di abbandonare la carriera da pianista. Ormai abituatosi all'assenza del pianoforte, Kousei vive come un normale ragazzo delle medie, finché non incontra Kaori Miyazono, una violinista che cercherà di risvegliare la sua passione per la musica sopita ormai da troppo tempo.
La trama di per sé appare abbastanza semplice, ma in realtà non si limita solamente ad approfondire il rapporto che si andrà a creare fra i due protagonisti, bensì coinvolge un gran numero di personaggi analizzandoli ottimamente e presentandoci diversi tipi di approcci nei confronti della musica.
Kousei è sicuramente quello che fra tutti subisce una maggiore crescita nel corso delle puntate, riuscendo grazie all'aiuto di Kaori, dei suoi amici e della sua insegnante, a tirare fuori pian piano la sua vera personalità, e riuscendo infine ad esprimerla attraverso il pianoforte. Kaori si presenta invece come una ragazza forte e sicura di sé, ma è evidente sin dalle prime puntate che sotto questa facciata si nasconde in realtà una personalità ben diversa, più fragile e indifesa, che alla fine sarà necessaria per dare un senso ancora più profondo a questa già bellissima serie.
Tsubaki Sawabe è l'amica d'infanzia del protagonista, segretamente e inconsciamente innamorata di lui, grazie alla quale ha inizio la storia; a completare il quartetto di amici troviamo Ryouta Watari, giovane promessa del calcio e sciupafemmine della scuola, sempre disposto ad aiutare Kousei, per quanto possibile.
L'opera tuttavia non si limita all'introspezione e all'analisi del quartetto principale, ma si impone di fare lo stesso anche per quelli che potremmo definire gli "antagonisti" della serie, raccontandoci le loro storie e le loro motivazioni in maniera precisa e soprattutto credibile.
Tecnicamente non c'è molto da dire: un capolavoro sotto tutti gli aspetti. Graficamente un ottimo design dei personaggi, animazioni fluide e naturali, e degli sfondi iperdettagliati, ricchi di colori dolci e delicati che riescono sempre a ricreare l'atmosfera richiesta.
Come è lecito aspettarsi da una serie a sfondo musicale, il comparto sonoro è da 10 e lode, e questo si poteva facilmente intuire sin dai primi secondi del primissimo episodio, grazie a una delle opening più belle e melodiose che mi sia capitato di ascoltare ultimamente. Le OST sono moltissime, una più bella dell'altra, e ci propongono sempre dei brani di fama mondiale, pilastri della musica classica. Anche il doppiaggio è stato reso alla perfezione e questo è un aspetto che in una serie di questo tipo, dove i dialoghi costituiscono una parte fondamentale, non poteva essere lasciato al caso.
Nonostante i numerosi e longevi flashback, che si svolgeranno principalmente nella testa del protagonista, assieme a numerose riflessioni e paranoie, la trama scorre in maniera fluida ed efficace, riuscendo coinvolgere lo spettatore e a mantenerlo sempre attento.
La ciliegina sulla torta della serie è sicuramente il finale, che riesce ad elevare ancora maggiormente quest'opera rendendola un vero capolavoro. Per coloro che accusano "Shigatsu wa Kimi no Uso" di essere forzatamente drammatico ce ne sono altrettanti che ne avrebbero disprezzato l'happy ending; purtroppo quando si produce una serie di così alto livello e lo spettatore viene coinvolto in maniera significativa è impossibile riuscire ad accontentare tutti.
Quello che è innegabile è che alla fine tutto prende un significato ancora più profondo e l'ultimo episodio è uno dei più emozionanti che mi sia mai capitato di visionare.
Tirando le somme, siamo di fronte a un'opera dalla trama interessante, popolata da dei personaggi simpatici e caratterizzati a pennello, arricchita da un comparto tecnico che eccelle in ogni ambito e sfaccettatura, e ultimo ma non meno importante che presenta delle tematiche interessanti su cui poter riflettere. Un'opera coinvolgente ed emozionante, dai toni sempre dolci quanto malinconici. Consigliata la visione, il voto non può essere che un 10.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un anime che raccoglie in sé una buona tecnica realizzativa e una storia abbastanza profonda e interessante da analizzare; e che può mettere d'accordo chi ama la musica, grazie alla possibilità di ascoltare brani di musica classica, chi predilige storie a sfondo psicologico, poiché i traumi subiti da Arima genereranno alcune sequenze abbastanza interessanti, e anche chi apprezza e predilige le tematiche romantiche, grazie a una storia d'amore presentata in modo molto particolare. Inoltre, l'alternanza di momenti intensi a momenti di grande distrazione rende l'anime appetibile anche a un pubblico medio.
In conclusione non posso non consigliare la visione, è un anime da vedere e a me ha fatto molto emozionare.
In conclusione non posso non consigliare la visione, è un anime da vedere e a me ha fatto molto emozionare.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una serie anime di ventidue episodi completata tratta dall'omonimo manga.
Trama: Kousei è un giovane virtuoso del pianoforte, a causa di un trauma ha smesso di suonare da due anni. La storia avrà inizio con l'incontro di Kaori, la quale spingerà il nostro protagonista a riprendere a suonare; vivremo così le vicende di un gruppo di quattro amici e compagni di scuola.
Dal punto di vista tecnico siamo davanti a un anime fantastico; graficamente abbiamo un uso dei colori ottimo, i quali cambieranno di intensità in base allo stato d'animo della situazione e dei personaggi; le animazioni sono buone e c'è da fare un ulteriore elogio alla computer grafica usata in maniera intelligente e che riesce a non farsi notare, senza stonare con il resto e dando un'efficiente sensazione di precisione nei momenti musicali.
La colonna sonora è senza dubbio ottima, in quanto abbiamo per buona parte dell'anime musiche classiche; sono contento di aver visto una versione sottotitolata, altrimenti non penso che sarei riuscito a concentrarmi a dovere sui dialoghi e mi sarei perso ad ascoltare la musica.
La parte più difficile da recensire sta nella trama e nella narrazione: quest'ultima durante la visione mi faceva storcere un po' il naso, in quanto non si capisce se voglia essere in prima persona (Kousei) oppure onnisciente, tuttavia si spiega tutto vedendo l'opera per intero. La trama può essere vista in due modi, secondo me: il primo vi potrebbe far pensare che le cose siano eccessivamente incastrate e forzate, il secondo invece che sia stato fatto un lavoro certosino incastrando le trame dei personaggi principali e secondari.
Nel mio momento di riflessione alla ricerca di difetti ho pensato allo spazio dato ai personaggi che non siano Kousei o Koari: all'inizio credevo che non fosse stato dato abbastanza spazio ad essi ma a una più approfondita analisi trovo che quanto detto nei piccoli flashback sia più che sufficiente, in quanto "Shigatsu wa Kimi no Uso" racconta la storia di Kousei.
Consigliato a qualsiasi persona, un livello tecnico altissimo e una storia ben realizzata, e non ho trovato difetti (se proprio voglio essere infame, posso dire che non mi è piaciuta la gestione della famiglia di Kousei); anche per chi odia il genere sentimentale trovo che sia comunque una serie più che degna di nota.
Voto personale: 10
Voto oggettivo (per quanto possibile) nel genere: 9
Trama: Kousei è un giovane virtuoso del pianoforte, a causa di un trauma ha smesso di suonare da due anni. La storia avrà inizio con l'incontro di Kaori, la quale spingerà il nostro protagonista a riprendere a suonare; vivremo così le vicende di un gruppo di quattro amici e compagni di scuola.
Dal punto di vista tecnico siamo davanti a un anime fantastico; graficamente abbiamo un uso dei colori ottimo, i quali cambieranno di intensità in base allo stato d'animo della situazione e dei personaggi; le animazioni sono buone e c'è da fare un ulteriore elogio alla computer grafica usata in maniera intelligente e che riesce a non farsi notare, senza stonare con il resto e dando un'efficiente sensazione di precisione nei momenti musicali.
La colonna sonora è senza dubbio ottima, in quanto abbiamo per buona parte dell'anime musiche classiche; sono contento di aver visto una versione sottotitolata, altrimenti non penso che sarei riuscito a concentrarmi a dovere sui dialoghi e mi sarei perso ad ascoltare la musica.
La parte più difficile da recensire sta nella trama e nella narrazione: quest'ultima durante la visione mi faceva storcere un po' il naso, in quanto non si capisce se voglia essere in prima persona (Kousei) oppure onnisciente, tuttavia si spiega tutto vedendo l'opera per intero. La trama può essere vista in due modi, secondo me: il primo vi potrebbe far pensare che le cose siano eccessivamente incastrate e forzate, il secondo invece che sia stato fatto un lavoro certosino incastrando le trame dei personaggi principali e secondari.
Nel mio momento di riflessione alla ricerca di difetti ho pensato allo spazio dato ai personaggi che non siano Kousei o Koari: all'inizio credevo che non fosse stato dato abbastanza spazio ad essi ma a una più approfondita analisi trovo che quanto detto nei piccoli flashback sia più che sufficiente, in quanto "Shigatsu wa Kimi no Uso" racconta la storia di Kousei.
Consigliato a qualsiasi persona, un livello tecnico altissimo e una storia ben realizzata, e non ho trovato difetti (se proprio voglio essere infame, posso dire che non mi è piaciuta la gestione della famiglia di Kousei); anche per chi odia il genere sentimentale trovo che sia comunque una serie più che degna di nota.
Voto personale: 10
Voto oggettivo (per quanto possibile) nel genere: 9
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un'opera alquanto ben riuscita per trama e animazione.
Kousei Arima è un bambino prodigio, talentuoso nel piano ma che vede la sua infanzia afflitta da una figura materna ossessiva e predominante. Tsubaki è l'amica d'infanzia, innamorata di lui da sempre, ma conscia dei suoi sentimenti solo dopo molto tempo. Watari è il tipico ragazzo bravo negli sport e ammirato dalle ragazzine. Infine Kawori, che il nostro protagonista Arima incontra "per caso" e che è una violinista dal carattere forte e travolgente. La storia ruota attorno a questi personaggi che tra delicate vicende amorose che si intrecciano in modo più o meno prevedibile, si feriscono e si sostengono a vicenda nell'affrontare prove che la vita pone loro davanti. Per quanto possano essere riscontrabili caratteri abbastanza stereotipati in diversi aspetti, l'anime risulta piacevolmente curato, sia nella grafica che nelle opening ed ending (elementi che considero non sempre fondamentali ma comunque di una certa importanza).
Il finale non lascia delusi, in quanto incline al sapore un po' malinconico e agrodolce dell'opera. Consigliato.
Kousei Arima è un bambino prodigio, talentuoso nel piano ma che vede la sua infanzia afflitta da una figura materna ossessiva e predominante. Tsubaki è l'amica d'infanzia, innamorata di lui da sempre, ma conscia dei suoi sentimenti solo dopo molto tempo. Watari è il tipico ragazzo bravo negli sport e ammirato dalle ragazzine. Infine Kawori, che il nostro protagonista Arima incontra "per caso" e che è una violinista dal carattere forte e travolgente. La storia ruota attorno a questi personaggi che tra delicate vicende amorose che si intrecciano in modo più o meno prevedibile, si feriscono e si sostengono a vicenda nell'affrontare prove che la vita pone loro davanti. Per quanto possano essere riscontrabili caratteri abbastanza stereotipati in diversi aspetti, l'anime risulta piacevolmente curato, sia nella grafica che nelle opening ed ending (elementi che considero non sempre fondamentali ma comunque di una certa importanza).
Il finale non lascia delusi, in quanto incline al sapore un po' malinconico e agrodolce dell'opera. Consigliato.
Alle volte ci si innamora a prima vista, in altre occasioni invece è un crescendo di emozioni e sensazioni che, alla lunga, ti portano ad ammirare come non mai una determinata opera. Credo che, almeno per il sottoscritto, "Shigatsu wa Kimi no Uso" rientri in questa seconda categoria. L'anime, composto da ventidue episodi, è incominciato nella stagione invernale 2014 e può essere considerato all'interno della categoria di commedia musicale, sentimentale e drammatica. Un'opera completa, che riesce a conquistare lo spettatore, costretto quest'ultimo a sorbirsi, con estremo piacere, tutte e ventidue le puntate di fila, senza smettere di fissare lo schermo. Veramente bello.
La storia è molto coinvolgente e riesce a mescolare alla perfezione il gusto della commedia con piacevoli intermezzi musicali. I personaggi parlano, vivono e soffrono a suon di musica classica. Sono le note che, danzando nel cielo, illuminano la scena con le loro melodie.
Ma non è sempre così, la musica si evolve nel corso della serie, proprio come i vari protagonisti. Kousei Arima è un grande musicista, anzi, lo era. Vincitore di una serie incredibile di gare per pianoforte, tutto questo alla tenera età di soli undici anni. Veniva chiamato il "metronomo umano", grazie alla sua incredibile capacità di interpretare alla perfezione lo spartito, senza però inculcarvi le proprie passioni. L'esercizio assiduo e quasi perpetuo, a cui lo sottopone la madre, lo porta ben presto sulla strada per un glorioso futuro da pianista. Ma qualcosa va storto. La madre, severa, implacabile e bacchettona, lo costringeva a suonare, così da poter compensare la sua menomazione. Lei, grandissima pianista e stella nascente del firmamento musicale, costretta a stare su una sedia a rotelle, con neanche la forza di suonare. Cosa fare se non affidarsi al proprio figlio? Peccato però che la vita ben presto l'abbandona e Kousei si ritrova solo, disperso in un mondo oscuro privo di note. Non riesce più a suonare, non sente la musica e, per certi versi, i tasti neri e bianchi del pianoforte lo spaventano. Da undici a quattordici anni, una crescita notevole, che però non allevia questo suo dolore per la musica. I suoi due amici d'infanzia, Tsubaki e Watari, cercano di alleviare il più possibile i suoi tormenti, ma sarà un altro incontro a far riavviare lo scorrere del tempo: quello con la bella violinista Kaori Miyazono.
"La ragazza che piace al mio migliore amico." Ecco come Kousei la descriverà, perché, in effetti, a Kaori sembra proprio piacere quel bel giovanotto di Watari. I cuori si smuovono e sussultano in quella fresca primavera e, mentre i petali di ciliegio danzano nell'aria, anche i nostri protagonisti imparano ad amare. È così per Kousei che, come ben presto comprenderà, non riesce più a staccarsi da quella biondina così energica e vitale. Combattuto però dai suoi sentimenti e dal rispetto verso Watari. Aggiungiamo a tutto ciò l'esplosiva Tsubaki che, sebbene in un primo momento consideri Kousei come un fratellino goffo e impacciato, si sentirà sempre più esclusa dal profondo rapporto che si instaurerà tra i due musicisti. Un esclusione che non potrà far altro che metterla di fronte ai propri veri sentimenti.
Insomma, "Shigatsu wa Kimi no Uso" è principalmente una commedia sentimentale, che, tuttavia, non dimentica l'importanza del fattore musicale. I personaggi sono fatti veramente bene, soprattutto a livello caratteriale. Ognuno ha delle emozioni ben precise e non si limita alla semplice apparenza. Così come i personaggi principali, anche quelli secondari hanno qualcosa da dire e comunicare. Basti pensare alla rilevanza che hanno Emi Igawa e Takeshi Aiza, due pianisti e rivali di Arima, nella maturazione dell'anime e, in particolare, di quest'ultimo.
Ancora più importante è appunto la crescita dei protagonisti, che non rimangono fermi in statiche convinzioni e, soprattutto, non si accontentano dei soliti cliché o delle classiche dinamiche, tipiche di questo genere sentimentale. La protagonista, Kaori, non è la classica biondina allegra e vivace che, alla lunga, diventa odiosa (vedi "Toradora!"), ma nemmeno l'impacciata e inaffidabile fanciulla, che conquista il protagonista solo con lo sguardo (vedi "Sakurasou no Pet na Kanojo"). Qui Kaori si fa amare, apprezzare, e mostra un carattere energico, ma al tempo stesso riflessivo.
La grafica è abbastanza interessante, in quanto, almeno per i disegni, sembra rifarsi allo stile degli shoujo, senza però acquisirlo appieno. I colori, chiari e vitali, brillano come stelle nella notte e colpiscono in maniera ammirevole lo spettatore. Molto bello anche il gioco di effetti e la tecnica con cui vengono descritti i momenti in cui Kousei e gli altri suonano. Coinvolgente a appassionante come non mai.
Eppure sono le musiche il vero punto forte, e come dargli torto. Un anime musicale, che appassiona e coinvolge con brani di Chopin, Bach, Mozart... insomma, la vera musica! Per quanto riguarda il doppiaggio, non posso che levarmi il cappello di fronte ai nomi eccelsi che rientrano nel cast. E la qualità si vede, e si sente.
Bella anche la regia che, come già detto precedentemente, ha ammaestrato diligentemente sia la trama che le varie gare musicali. Alla lunga le continue suonate avrebbero certamente stancato, se non accompagnate da un ottima organizzazione tecnica. Belli gli effetti, belli i giochi di luci e colori, e ancor più bello il pathos cha ha saputo donare a tutta la vicenda.
Raccontare ora il finale sarebbe come amputare il braccio al David di Michelangelo, un peccato contro l'umanità. Molto meglio lasciarvi così, a brancolare nel buio, in attesa del tanto fatidico colpo di scena. Perché questo ci sarà. Quando tutti speravano in qualcosa, ecco che questa flebile certezza vacilla dietro i colpi sordi di una storia ricca e commovente.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" all'inizio mi ricordava molto "Sakurasou no Pet na Kanojo", ma con il passare delle puntate ha saputo impadronirsi di una posizione propria e assolutamente originale. I personaggi brillano e, soprattutto, lasciano l'amaro in bocca, poiché, in questa tormenta sentimentale, riescono tutti a conquistare un piccola parte del cuore dello spettatore.
Voto finale: 9 più
La storia è molto coinvolgente e riesce a mescolare alla perfezione il gusto della commedia con piacevoli intermezzi musicali. I personaggi parlano, vivono e soffrono a suon di musica classica. Sono le note che, danzando nel cielo, illuminano la scena con le loro melodie.
Ma non è sempre così, la musica si evolve nel corso della serie, proprio come i vari protagonisti. Kousei Arima è un grande musicista, anzi, lo era. Vincitore di una serie incredibile di gare per pianoforte, tutto questo alla tenera età di soli undici anni. Veniva chiamato il "metronomo umano", grazie alla sua incredibile capacità di interpretare alla perfezione lo spartito, senza però inculcarvi le proprie passioni. L'esercizio assiduo e quasi perpetuo, a cui lo sottopone la madre, lo porta ben presto sulla strada per un glorioso futuro da pianista. Ma qualcosa va storto. La madre, severa, implacabile e bacchettona, lo costringeva a suonare, così da poter compensare la sua menomazione. Lei, grandissima pianista e stella nascente del firmamento musicale, costretta a stare su una sedia a rotelle, con neanche la forza di suonare. Cosa fare se non affidarsi al proprio figlio? Peccato però che la vita ben presto l'abbandona e Kousei si ritrova solo, disperso in un mondo oscuro privo di note. Non riesce più a suonare, non sente la musica e, per certi versi, i tasti neri e bianchi del pianoforte lo spaventano. Da undici a quattordici anni, una crescita notevole, che però non allevia questo suo dolore per la musica. I suoi due amici d'infanzia, Tsubaki e Watari, cercano di alleviare il più possibile i suoi tormenti, ma sarà un altro incontro a far riavviare lo scorrere del tempo: quello con la bella violinista Kaori Miyazono.
"La ragazza che piace al mio migliore amico." Ecco come Kousei la descriverà, perché, in effetti, a Kaori sembra proprio piacere quel bel giovanotto di Watari. I cuori si smuovono e sussultano in quella fresca primavera e, mentre i petali di ciliegio danzano nell'aria, anche i nostri protagonisti imparano ad amare. È così per Kousei che, come ben presto comprenderà, non riesce più a staccarsi da quella biondina così energica e vitale. Combattuto però dai suoi sentimenti e dal rispetto verso Watari. Aggiungiamo a tutto ciò l'esplosiva Tsubaki che, sebbene in un primo momento consideri Kousei come un fratellino goffo e impacciato, si sentirà sempre più esclusa dal profondo rapporto che si instaurerà tra i due musicisti. Un esclusione che non potrà far altro che metterla di fronte ai propri veri sentimenti.
Insomma, "Shigatsu wa Kimi no Uso" è principalmente una commedia sentimentale, che, tuttavia, non dimentica l'importanza del fattore musicale. I personaggi sono fatti veramente bene, soprattutto a livello caratteriale. Ognuno ha delle emozioni ben precise e non si limita alla semplice apparenza. Così come i personaggi principali, anche quelli secondari hanno qualcosa da dire e comunicare. Basti pensare alla rilevanza che hanno Emi Igawa e Takeshi Aiza, due pianisti e rivali di Arima, nella maturazione dell'anime e, in particolare, di quest'ultimo.
Ancora più importante è appunto la crescita dei protagonisti, che non rimangono fermi in statiche convinzioni e, soprattutto, non si accontentano dei soliti cliché o delle classiche dinamiche, tipiche di questo genere sentimentale. La protagonista, Kaori, non è la classica biondina allegra e vivace che, alla lunga, diventa odiosa (vedi "Toradora!"), ma nemmeno l'impacciata e inaffidabile fanciulla, che conquista il protagonista solo con lo sguardo (vedi "Sakurasou no Pet na Kanojo"). Qui Kaori si fa amare, apprezzare, e mostra un carattere energico, ma al tempo stesso riflessivo.
La grafica è abbastanza interessante, in quanto, almeno per i disegni, sembra rifarsi allo stile degli shoujo, senza però acquisirlo appieno. I colori, chiari e vitali, brillano come stelle nella notte e colpiscono in maniera ammirevole lo spettatore. Molto bello anche il gioco di effetti e la tecnica con cui vengono descritti i momenti in cui Kousei e gli altri suonano. Coinvolgente a appassionante come non mai.
Eppure sono le musiche il vero punto forte, e come dargli torto. Un anime musicale, che appassiona e coinvolge con brani di Chopin, Bach, Mozart... insomma, la vera musica! Per quanto riguarda il doppiaggio, non posso che levarmi il cappello di fronte ai nomi eccelsi che rientrano nel cast. E la qualità si vede, e si sente.
Bella anche la regia che, come già detto precedentemente, ha ammaestrato diligentemente sia la trama che le varie gare musicali. Alla lunga le continue suonate avrebbero certamente stancato, se non accompagnate da un ottima organizzazione tecnica. Belli gli effetti, belli i giochi di luci e colori, e ancor più bello il pathos cha ha saputo donare a tutta la vicenda.
Raccontare ora il finale sarebbe come amputare il braccio al David di Michelangelo, un peccato contro l'umanità. Molto meglio lasciarvi così, a brancolare nel buio, in attesa del tanto fatidico colpo di scena. Perché questo ci sarà. Quando tutti speravano in qualcosa, ecco che questa flebile certezza vacilla dietro i colpi sordi di una storia ricca e commovente.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" all'inizio mi ricordava molto "Sakurasou no Pet na Kanojo", ma con il passare delle puntate ha saputo impadronirsi di una posizione propria e assolutamente originale. I personaggi brillano e, soprattutto, lasciano l'amaro in bocca, poiché, in questa tormenta sentimentale, riescono tutti a conquistare un piccola parte del cuore dello spettatore.
Voto finale: 9 più
Non sono solita a mettere voti così alti a un anime, ma qua sto facendo un'eccezione.
Si parla di "Shigatsu wa Kimi no Uso", un anime dell'autunno 2014 di genere drammatico sentimentale, sicuramente il migliore della stagione. La storia è molto originale, parla di Kousei, un prodigio a suonare il piano, fino alla morte della madre; ciò gli ha creato un tale shock da non permettergli più di sentire il suono emesso dal pianoforte quando lui stesso suona.
Devo dire che il charachter design è stupendo. Colori brillantissimi, paesaggi stupendi.
Le opening e le ending sono meravigliose, le OST sono molto carine e si adattano perfettamente ai vari momenti della puntata.
I personaggi a parer mio sono stati sviluppati benissimo. I sentimenti e i pensieri dei vari personaggi sono molto profondi. Si può notare il cambiamento di Kousei, che grazie a Kaori riscopre il senso della vita. Kaori, sicuramente il personaggio meglio riuscito e più elaborato di tutti, una violinista estroversa piena di voglia di vivere, esprime tutta sé stessa quando suona, tanto da non seguire neanche lo spartito. Tsubaki è il mio personaggio preferito sicuramente, migliore amica di Kousei, si conoscono fin da piccoli e lei lo considera come un fratellino; molto estroversa ed energica, pratica il softball. Durante la serie si nota come i sentimenti della ragazza si elaborano ulteriormente, rendendo il personaggio ancora più interessante. Infine Watari, migliore amico di Tsubaki e Kousei, un ragazzo sportivo e simpatico. Corteggia un gran numero di ragazze, considerandosi un farfallone. Mi sarebbe piaciuto vedere un suo sviluppo durante il corso della storia, ma purtroppo si parla di lui poco e niente. Poi ci sono anche Emi e Takeshi, personaggi secondari, entrambi pianisti con l'intento di superare Kousei in gara.
Infine posso dire che la serie è sviluppata in modo eccellente. Anime molto profondo, che sa far provare grandi emozioni. Episodi tutti molto interessanti, il finale è molto bello a mio parere e mi ha molto emozionato. Un 10 se lo merita tutto.
Si parla di "Shigatsu wa Kimi no Uso", un anime dell'autunno 2014 di genere drammatico sentimentale, sicuramente il migliore della stagione. La storia è molto originale, parla di Kousei, un prodigio a suonare il piano, fino alla morte della madre; ciò gli ha creato un tale shock da non permettergli più di sentire il suono emesso dal pianoforte quando lui stesso suona.
Devo dire che il charachter design è stupendo. Colori brillantissimi, paesaggi stupendi.
Le opening e le ending sono meravigliose, le OST sono molto carine e si adattano perfettamente ai vari momenti della puntata.
I personaggi a parer mio sono stati sviluppati benissimo. I sentimenti e i pensieri dei vari personaggi sono molto profondi. Si può notare il cambiamento di Kousei, che grazie a Kaori riscopre il senso della vita. Kaori, sicuramente il personaggio meglio riuscito e più elaborato di tutti, una violinista estroversa piena di voglia di vivere, esprime tutta sé stessa quando suona, tanto da non seguire neanche lo spartito. Tsubaki è il mio personaggio preferito sicuramente, migliore amica di Kousei, si conoscono fin da piccoli e lei lo considera come un fratellino; molto estroversa ed energica, pratica il softball. Durante la serie si nota come i sentimenti della ragazza si elaborano ulteriormente, rendendo il personaggio ancora più interessante. Infine Watari, migliore amico di Tsubaki e Kousei, un ragazzo sportivo e simpatico. Corteggia un gran numero di ragazze, considerandosi un farfallone. Mi sarebbe piaciuto vedere un suo sviluppo durante il corso della storia, ma purtroppo si parla di lui poco e niente. Poi ci sono anche Emi e Takeshi, personaggi secondari, entrambi pianisti con l'intento di superare Kousei in gara.
Infine posso dire che la serie è sviluppata in modo eccellente. Anime molto profondo, che sa far provare grandi emozioni. Episodi tutti molto interessanti, il finale è molto bello a mio parere e mi ha molto emozionato. Un 10 se lo merita tutto.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" narra le vicende di Kousei Arima, talentuoso pianista caduto in "disgrazia", e di Kawori Miyazono, violinista completamente "fuori dagli schemi". Non è mia intenzione scrivere una recensione specifica per questo anime, ne sono già state fatte diverse, ma dare il mio personale parere su un'opera con tanti pregi ma anche tanti difetti.
Chiedo immediatamente scusa ai lettori per la presenza più o meno voluta di spoiler, ma, come si potrà capire, è difficile spiegare un voto così basso per un anime che mi ha emozionato dall'inizio alla fine, senza "indicare" la propria chiave di lettura. Magnifico, ecco il termine più adeguato, sia a livello tecnico che a livello di trama. Pesante e ripetitiva la parte introspettiva del protagonista. Capiamo immediatamente che Arima è un bambino prodigio che ha purtroppo, nel corso della sua breve vita, vissuto una sorta di amore/odio nei confronti della madre, fino alla morte di quest'ultima. Assurda l'idea del maleficio a cui viene sottoposto fin da piccolo dalla sua genitrice: "Tu non sentirai più la musica", come se fosse possibile, e ugualmente assurdo come Kawori si avvicina a lui e i suoi amici.
"Non è importante che sia bene o male, l'importante è che se ne parli", questa è in soldoni l'idea dell'autore. Il dramma attira, il dramma fa discutere e il finale ne è la diretta conseguenza. A me non è dispiaciuto, nonostante l'epilogo volutamente e forzatamente melodrammatico, ma non può esistere una tale tristezza senza un insegnamento finale. E che cosa abbiamo imparato dall'opera? Chi l'ha visionata che cosa ha potuto portarsi dentro al cuore come "ricompensa" dopo aver sofferto insieme ai protagonisti? Un bel nulla. Ma l'aspetto peggiore è che tutto ciò è voluto. L'autore si diverte a infierire su Arima dall'inizio alla fine, senza dedicare neppure una riga al suo futuro. Dopo tanta sofferenza, plausibile nel mondo attuale, non lo mettiamo di certo in dubbio, il protagonista dovrebbe aver scoperto un valore assoluto e un nuovo modo di vivere la propria esistenza: un nuovo futuro. In realtà non è così, solo dolore e sofferenza. Tutto ciò porta inevitabilmente all'autodistruzione.
Era un 10 pieno, scaduto in un 4 solo per le emozioni che sa donarti... altro non mi sento di scrivere.
Chiedo immediatamente scusa ai lettori per la presenza più o meno voluta di spoiler, ma, come si potrà capire, è difficile spiegare un voto così basso per un anime che mi ha emozionato dall'inizio alla fine, senza "indicare" la propria chiave di lettura. Magnifico, ecco il termine più adeguato, sia a livello tecnico che a livello di trama. Pesante e ripetitiva la parte introspettiva del protagonista. Capiamo immediatamente che Arima è un bambino prodigio che ha purtroppo, nel corso della sua breve vita, vissuto una sorta di amore/odio nei confronti della madre, fino alla morte di quest'ultima. Assurda l'idea del maleficio a cui viene sottoposto fin da piccolo dalla sua genitrice: "Tu non sentirai più la musica", come se fosse possibile, e ugualmente assurdo come Kawori si avvicina a lui e i suoi amici.
"Non è importante che sia bene o male, l'importante è che se ne parli", questa è in soldoni l'idea dell'autore. Il dramma attira, il dramma fa discutere e il finale ne è la diretta conseguenza. A me non è dispiaciuto, nonostante l'epilogo volutamente e forzatamente melodrammatico, ma non può esistere una tale tristezza senza un insegnamento finale. E che cosa abbiamo imparato dall'opera? Chi l'ha visionata che cosa ha potuto portarsi dentro al cuore come "ricompensa" dopo aver sofferto insieme ai protagonisti? Un bel nulla. Ma l'aspetto peggiore è che tutto ciò è voluto. L'autore si diverte a infierire su Arima dall'inizio alla fine, senza dedicare neppure una riga al suo futuro. Dopo tanta sofferenza, plausibile nel mondo attuale, non lo mettiamo di certo in dubbio, il protagonista dovrebbe aver scoperto un valore assoluto e un nuovo modo di vivere la propria esistenza: un nuovo futuro. In realtà non è così, solo dolore e sofferenza. Tutto ciò porta inevitabilmente all'autodistruzione.
Era un 10 pieno, scaduto in un 4 solo per le emozioni che sa donarti... altro non mi sento di scrivere.
Difficile, difficilissimo, esprimere un giudizio su questo lavoro della A-1 pictures.
Raramente mi sono trovato davanti una produzione che presentasse difetti e pregi così numerosi e così evidenti al tempo stesso, cosa che, inesorabilmente, mi ha spinto ad assegnare il voto medio per eccellenza, seppur con la triste consapevolezza che siamo di fronte a una serie che poteva aspirare a diventare una vera e propria pietra miliare.
Partiamo subito dagli aspetti che sicuramente impreziosiscono questo "Shigatsu wa Kimi no Uso".
In un anime che fonda la propria ambientazione e la propria storia nel mondo della musica, il comparto audio non può che essere di ineccepibile qualità. Ebbene questo accade senz'ombra di dubbio per la serie in questione, che sfoggia momenti di indiscutibile bellezza ogniqualvolta gli strumenti musicali conquistano la scena. Non è un caso che i momenti, e più in generale gli episodi, migliori siano proprio quelli in cui i vari protagonisti si esibiscono in spericolati e tecnicissimi arpeggi su violino e pianoforte, eseguendo pezzi classici di sopraffina bellezza. Chi come me adora la musica classica non potrà non trovarsi rapito ed emozionato fino quasi alle lacrime di fronte a momenti di questo tipo. Sicuramente l'esempio più calzante e riuscito di queste fasi dell'anime è rappresentato del duetto composto dal violino di Kaori e dal piano di Kousei, negli episodi iniziali, che anche visti a sé stante credo possano emozionare quasi fossero degli episodi a sé stante.
Anche la componente visiva è sicuramente degna compagna di tanta magnificenza, prendendo a braccetto le splendide musiche e accompagnandole con disegni belli e raffinati, a rappresentare ora i musicisti all'opera, ora ciò che la musica cerca di instillare nelle menti degli ascoltatori. Il comparto grafico si rivela comunque all'altezza anche al di fuori dei momenti legati alle esibizioni musicali. Nelle stesse scene quotidiane, infatti, i colori sono sempre freschi, vivaci, come a voler sottolineare le lenti attraverso le quali gli occhi dei musicisti in erba riescono a vedere il mondo intorno a loro.
Fin qui tutto perfetto, dicevamo. Purtroppo però "Shigatsu wa Kimi no Uso" finisce per perdersi in alcuni aspetti che sono la vera e propria colonna portante di un prodotto del genere, ovvero i personaggi e la trama.
Se i personaggi presi singolarmente non peccano di particolari difetti o scarsa caratterizzazione, il problema sembra risiedere nei loro rapporti interpersonali. Molte volte durante la visione dei ventidue episodi si ha l'impressione di vedere la mano del "deus ex machina" che fa funzionare le cose solo perché lui vuole che sia così, facendoci inesorabilmente percepire che alla fine stiamo soltanto assistendo a un anime. Capirete anche voi che, per un prodotto di questo tipo che intende mirare dritto al cuore dello spettatore, una lacuna di questo tipo si rivela essere una vera e propria zavorra. Per spiegare al meglio cosa intendo, posso citare il rapporto di amore-odio tra Kousei e i suoi due rivali, o tra lo stesso protagonista e la piccola Nagi, farciti di riflessioni e dialoghi che risultano terribilmente improbabili in bocca a ragazzi del liceo o delle medie, per quanto maturi possano essere.
E non parliamo delle dinamiche che si muovono negli episodi finali, intorno a Kaori e alla sua situazione, così mal gestite da rendere paradossalmente quasi ridicole delle scene che al contrario avrebbero dovuto commuovere lo spettatore.
Analogamente la trama presenta le stesse problematiche con frequentissime sensazioni di "forzature" che stonano terribilmente più di una nota sbagliata da un apprendista musicante... Al di là dell'improbabilità di trovare nella stessa zona di una città quattro o cinque veri talenti geniali della musica (perché così ci vengono tratteggiati) della stessa età e nello stesso momento, molti altri eventi a cui assistiamo ci danno sempre quella fastidiosa sensazione di forzatura di cui parlavo poc'anzi.
Se a tutto ciò aggiungiamo la lentezza con cui la trama procede, i continui monologhi profondamente (ma spesso sterilmente) introspettivi in cui i protagonisti si immergono, si capisce dove i punti che mancano all'eccellenza, per questo anime, siano stati "bruciati".
In conclusione, una serie dannatamente complessa, decisamente di nicchia, sconsigliata alla maggior parte di consumatori di anime "leggeri". Ottimo, viceversa, per chi adora sentirsi deliziare le orecchie da musiche sublimi, ama l'introspezione più estrema dei personaggi e chi apprezza struggersi di lacrime di fronte a storie davvero tristi.
Raramente mi sono trovato davanti una produzione che presentasse difetti e pregi così numerosi e così evidenti al tempo stesso, cosa che, inesorabilmente, mi ha spinto ad assegnare il voto medio per eccellenza, seppur con la triste consapevolezza che siamo di fronte a una serie che poteva aspirare a diventare una vera e propria pietra miliare.
Partiamo subito dagli aspetti che sicuramente impreziosiscono questo "Shigatsu wa Kimi no Uso".
In un anime che fonda la propria ambientazione e la propria storia nel mondo della musica, il comparto audio non può che essere di ineccepibile qualità. Ebbene questo accade senz'ombra di dubbio per la serie in questione, che sfoggia momenti di indiscutibile bellezza ogniqualvolta gli strumenti musicali conquistano la scena. Non è un caso che i momenti, e più in generale gli episodi, migliori siano proprio quelli in cui i vari protagonisti si esibiscono in spericolati e tecnicissimi arpeggi su violino e pianoforte, eseguendo pezzi classici di sopraffina bellezza. Chi come me adora la musica classica non potrà non trovarsi rapito ed emozionato fino quasi alle lacrime di fronte a momenti di questo tipo. Sicuramente l'esempio più calzante e riuscito di queste fasi dell'anime è rappresentato del duetto composto dal violino di Kaori e dal piano di Kousei, negli episodi iniziali, che anche visti a sé stante credo possano emozionare quasi fossero degli episodi a sé stante.
Anche la componente visiva è sicuramente degna compagna di tanta magnificenza, prendendo a braccetto le splendide musiche e accompagnandole con disegni belli e raffinati, a rappresentare ora i musicisti all'opera, ora ciò che la musica cerca di instillare nelle menti degli ascoltatori. Il comparto grafico si rivela comunque all'altezza anche al di fuori dei momenti legati alle esibizioni musicali. Nelle stesse scene quotidiane, infatti, i colori sono sempre freschi, vivaci, come a voler sottolineare le lenti attraverso le quali gli occhi dei musicisti in erba riescono a vedere il mondo intorno a loro.
Fin qui tutto perfetto, dicevamo. Purtroppo però "Shigatsu wa Kimi no Uso" finisce per perdersi in alcuni aspetti che sono la vera e propria colonna portante di un prodotto del genere, ovvero i personaggi e la trama.
Se i personaggi presi singolarmente non peccano di particolari difetti o scarsa caratterizzazione, il problema sembra risiedere nei loro rapporti interpersonali. Molte volte durante la visione dei ventidue episodi si ha l'impressione di vedere la mano del "deus ex machina" che fa funzionare le cose solo perché lui vuole che sia così, facendoci inesorabilmente percepire che alla fine stiamo soltanto assistendo a un anime. Capirete anche voi che, per un prodotto di questo tipo che intende mirare dritto al cuore dello spettatore, una lacuna di questo tipo si rivela essere una vera e propria zavorra. Per spiegare al meglio cosa intendo, posso citare il rapporto di amore-odio tra Kousei e i suoi due rivali, o tra lo stesso protagonista e la piccola Nagi, farciti di riflessioni e dialoghi che risultano terribilmente improbabili in bocca a ragazzi del liceo o delle medie, per quanto maturi possano essere.
E non parliamo delle dinamiche che si muovono negli episodi finali, intorno a Kaori e alla sua situazione, così mal gestite da rendere paradossalmente quasi ridicole delle scene che al contrario avrebbero dovuto commuovere lo spettatore.
Analogamente la trama presenta le stesse problematiche con frequentissime sensazioni di "forzature" che stonano terribilmente più di una nota sbagliata da un apprendista musicante... Al di là dell'improbabilità di trovare nella stessa zona di una città quattro o cinque veri talenti geniali della musica (perché così ci vengono tratteggiati) della stessa età e nello stesso momento, molti altri eventi a cui assistiamo ci danno sempre quella fastidiosa sensazione di forzatura di cui parlavo poc'anzi.
Se a tutto ciò aggiungiamo la lentezza con cui la trama procede, i continui monologhi profondamente (ma spesso sterilmente) introspettivi in cui i protagonisti si immergono, si capisce dove i punti che mancano all'eccellenza, per questo anime, siano stati "bruciati".
In conclusione, una serie dannatamente complessa, decisamente di nicchia, sconsigliata alla maggior parte di consumatori di anime "leggeri". Ottimo, viceversa, per chi adora sentirsi deliziare le orecchie da musiche sublimi, ama l'introspezione più estrema dei personaggi e chi apprezza struggersi di lacrime di fronte a storie davvero tristi.
Non credo di essere il tipo da "recensioni a caldo", ma penso che un titolo come "Shigatsu wa Kimi no Uso", che a pochi giorni dalla sua conclusione inizia già a riempirsi di recensioni che lo idolatrano e che lo demoliscono, meriti questo genere di commento.
Che cos'è quest'opera? Un anime musicale? Non proprio, direi "in parte sì".
Una commedia scolastica? Come sopra.
Un dramma adolescenziale? Ecco, su questo non ho dubbi.
"Aprile è la tua bugia" è un riuscito mix di generi: partendo con spiccati elementi di commedia musicale approda ben presto nel genere del dramma adolescenziale con contorno di musica classica.
Il nostro protagonista è infatti Arima Kousei: un ex-pianista che, con la perdita della madre, ha subito un trauma che lo ha allontanato dai palchi della musica classica. Dopo aver conosciuto un'esuberante violinista, spinto dagli amici, tenterà di ributtarsi in quel magnifico mondo che è quello della musica.
L'opera in questione presenta un cast abbastanza ampio (tredici personaggi tra quelli almeno minimamente caratterizzati, di cui sei con ruoli rilevanti) e vario. Il grosso problema di questo anime è però proprio la disomogeneità della caratterizzazione: tolti Kaori e Arima tutti i personaggi vengono "spiegati" in un apposito blocco di due-tre episodi che porta a un effetto flash: prima il personaggio ci sembra centrale e poi lo vedremo comparire qualche volta con ruoli di poco spessore.
Arima ha una caratterizzazione omogenea, ma spesso ridondante in alcuni aspetti che portano alla lacrima facile, Kao-chan è il personaggio più riuscito.
Le animazioni sono senza dubbio all'avanguardia su ogni fronte: dalla CG (usata giusto per le mani che suonano, "Eva 4.0" docet) ai fotogrammi più curati nel colore che abbia mai visto. I movimenti sono fluidi e gli sfondi ben curati. Il character desing tondeggiante e tenero si adatta perfettamente alla storia.
La seconda, e più grande debolezza del titolo, è la presenza di una drammaticità a tratti spicciola, quasi da manuale, che si ritrova nel terzo quarto dell'opera. Assistiamo infatti in quel frangente a un vertiginoso calo della qualità narrativa che risolve alcune problematiche troppo facilmente, giusto per passare ad altro. L'alternarsi dei due drammi che sorreggono la trama è poi troppo subitaneo, portando quasi a un effetto "saga" alla fight-manga.
Le musiche (anche se non sono la persona più adatta a giudicarle, ci provo) mi paiono ben selezionate: si tratta di brani relativamente semplici da ascoltare che trasmettono con una certa immediatezza una buona dose di sentimento, il tutto aiutato dal solito monologo del musicista che ci rende edotti di quali sentimenti si vogliono far giungere allo spettatore. Va assolutamente rimarcato il fatto che la gran parte dei brani che sentiremo saranno per solo piano. Non bisogna farsi ingannare dalla locandina: "Shigatsu wa Kimi no Uso" ha come protagonista un pianista e le vicende musicali saranno perlopiù le sue e quelle dei suoi rivali.
Un plauso va fatto assolutamente al finale: per la prima volta nella mia vita mi trovo faccia a faccia con il finale che mai avrei voluto veder realizzato e che tramite una superba regia e a una gestione mirabile mi è comunque sembrato pefetto.
Ed è questo "Aprile è la tua bugia": un anime fatto di alti e bassi che lascia una storia intrisa di sentimenti e voglia di vivere.
Vi mancavano le lacrime di "AnoHana"? Vi mancava l'energia di "Toradora!"? Qui potrete trovare un titolo di vostro gusto con una regia ottima, musiche stupende e animazioni all'ultimo grido.
Un anime che parla a ragazzi e ragazze, a musicisti e non, ma che soprattutto parla ai giovani: a chi vuole una storia semplice e immediata, che colpisca e che lasci il segno, ma senza essere profonda e adulta.
Che cos'è quest'opera? Un anime musicale? Non proprio, direi "in parte sì".
Una commedia scolastica? Come sopra.
Un dramma adolescenziale? Ecco, su questo non ho dubbi.
"Aprile è la tua bugia" è un riuscito mix di generi: partendo con spiccati elementi di commedia musicale approda ben presto nel genere del dramma adolescenziale con contorno di musica classica.
Il nostro protagonista è infatti Arima Kousei: un ex-pianista che, con la perdita della madre, ha subito un trauma che lo ha allontanato dai palchi della musica classica. Dopo aver conosciuto un'esuberante violinista, spinto dagli amici, tenterà di ributtarsi in quel magnifico mondo che è quello della musica.
L'opera in questione presenta un cast abbastanza ampio (tredici personaggi tra quelli almeno minimamente caratterizzati, di cui sei con ruoli rilevanti) e vario. Il grosso problema di questo anime è però proprio la disomogeneità della caratterizzazione: tolti Kaori e Arima tutti i personaggi vengono "spiegati" in un apposito blocco di due-tre episodi che porta a un effetto flash: prima il personaggio ci sembra centrale e poi lo vedremo comparire qualche volta con ruoli di poco spessore.
Arima ha una caratterizzazione omogenea, ma spesso ridondante in alcuni aspetti che portano alla lacrima facile, Kao-chan è il personaggio più riuscito.
Le animazioni sono senza dubbio all'avanguardia su ogni fronte: dalla CG (usata giusto per le mani che suonano, "Eva 4.0" docet) ai fotogrammi più curati nel colore che abbia mai visto. I movimenti sono fluidi e gli sfondi ben curati. Il character desing tondeggiante e tenero si adatta perfettamente alla storia.
La seconda, e più grande debolezza del titolo, è la presenza di una drammaticità a tratti spicciola, quasi da manuale, che si ritrova nel terzo quarto dell'opera. Assistiamo infatti in quel frangente a un vertiginoso calo della qualità narrativa che risolve alcune problematiche troppo facilmente, giusto per passare ad altro. L'alternarsi dei due drammi che sorreggono la trama è poi troppo subitaneo, portando quasi a un effetto "saga" alla fight-manga.
Le musiche (anche se non sono la persona più adatta a giudicarle, ci provo) mi paiono ben selezionate: si tratta di brani relativamente semplici da ascoltare che trasmettono con una certa immediatezza una buona dose di sentimento, il tutto aiutato dal solito monologo del musicista che ci rende edotti di quali sentimenti si vogliono far giungere allo spettatore. Va assolutamente rimarcato il fatto che la gran parte dei brani che sentiremo saranno per solo piano. Non bisogna farsi ingannare dalla locandina: "Shigatsu wa Kimi no Uso" ha come protagonista un pianista e le vicende musicali saranno perlopiù le sue e quelle dei suoi rivali.
Un plauso va fatto assolutamente al finale: per la prima volta nella mia vita mi trovo faccia a faccia con il finale che mai avrei voluto veder realizzato e che tramite una superba regia e a una gestione mirabile mi è comunque sembrato pefetto.
Ed è questo "Aprile è la tua bugia": un anime fatto di alti e bassi che lascia una storia intrisa di sentimenti e voglia di vivere.
Vi mancavano le lacrime di "AnoHana"? Vi mancava l'energia di "Toradora!"? Qui potrete trovare un titolo di vostro gusto con una regia ottima, musiche stupende e animazioni all'ultimo grido.
Un anime che parla a ragazzi e ragazze, a musicisti e non, ma che soprattutto parla ai giovani: a chi vuole una storia semplice e immediata, che colpisca e che lasci il segno, ma senza essere profonda e adulta.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un anime che mi ha colpito particolarmente. Di solito non scrivo molte recensioni, ma questa volta sento di doverlo fare. Scrivo queste righe cinque minuti dopo aver rivisto per la seconda volta, a mente più fredda, l'episodio finale. E non posso che confermare tutte le mie precedenti conclusioni.
Andiamo con ordine: premetto che nella mia recensione saranno presenti spoiler. Lettore avvisato, mezzo salvato.
La storia parla di Arima Kousei, ragazzo prodigio del pianoforte, che a causa di un trauma infantile piuttosto importante si è allontanato dalla musica, vivendo una vita triste e vuota. Tutto cambia il giorno in cui incontra la vivace e prorompente violinista Miyazono Kawori, tanto bella quanto stravagante. Nonostante Kawori sia dichiaratamente innamorata del migliore amico di Kousei, quest'ultimo ne rimane rapito e, grazie alla musica, legame speciale che accomuna i due ragazzi, piano piano la vita di Kousei è destinata a cambiare.
La storia di "Shigatsu wa Kimi no Uso" si basa fondamentalmente su un unico grande pilastro: l'evoluzione di Kousei. All'inizio della storia, Kousei è assolutamente incapace di suonare a causa del terribile ricordo degli insegnamenti ossessivi e severi della madre. I motivi dell'ossessione della madre di Kousei diventano drammaticamente evidenti nell'episodio 13: ella, malata terminale e madre di un bambino piccolo, è disperata all'idea di lasciare il figlio da solo e vuole vederlo forte e capace di camminare sulle sue gambe, soprattutto in un mondo spietato come quello della musica. Ho letto in rete e anche su questo sito pareri poco lusinghieri su questo risvolto narrativo, definendolo poco credibile. Ci tenevo a smentirli: è drammaticamente vero, poiché io stesso ho vissuto un'esperienza simile. Proprio questo rapporto con la madre è il primo ostacolo che Kousei deve superare per maturare, ma non l'ultimo purtroppo. La prima metà della serie si incentra sull'elaborazione dei ricordi della madre, tutto grazie al sostegno dei suoi amici e soprattutto di Kawori, di cui il ragazzo è sempre più infatuato.
Nella seconda metà però ci troviamo di fronte alla necessità da parte di Kousei di evolvere ulteriormente e, come tristemente profetizzato da Ochiai-sensei e Hiroko alla fine dell'episodio 13, ciò dovrà avvenire a costo di perdere qualcun altro: Kawori, la cui malattia, dapprima solo sospettata dagli spettatori, diventa conclamata. Nella seconda metà della serie Kawori è bloccata in ospedale, la sua malattia le impedisce progressivamente di muoversi, di suonare il violino, di vedere Arima. Assistiamo a un lento scambio dei ruoli: dapprima era Kawori a spronare un lento e insicuro Kousei, e in una prima parte di questo nuovo arco narrativo sarà ancora così, tuttavia alla lunga sarà Arima a sostenere Kawori. Anche in questo caso la cosa avviene per gradi. Il tutto grazie a un personaggio da molti criticato (e anche da me non molto apprezzato, lo ammetto), Nagi Aiza. L'arco narrativo a lei dedicato segna come Kousei sia diventato abbastanza sicuro da sostenere a sua volta qualcuno e guidarlo. A molti (me compreso) è dispiaciuto che Kawori venisse messa da parte per alcuni episodi, soprattutto a causa della sua situazione, ma era un passaggio necessario.
Nell'ultima parte dell'opera ci troviamo di fronte alla drammaticità della malattia di Kawori, la quale ormai trova sostegno solo nelle visite di Kousei. Il ragazzo a sua volta è sconvolto dal dolore nel vedere la ragazza che ama completamente prostrata dalla malattia (toccante e drammatico il finale dell'episodio 20). I due ragazzi arrivano al punto di non ritorno, entrambi si trovano di fronte a una dura prova: Kawori decide di sottoporsi a un'operazione che potrebbe migliorarle la qualità della vita, ma al contempo è molto pericolosa, e Kousei nel frattempo, spronato dall'amore che prova per Kawori, decide di dare tutto sé stesso e provare la sua bravura in un'esibizione finale che potrebbe garantirgli l'accesso a una prestigiosa accademia di musica. Entrambi i ragazzi si sostengono l'un l'altro un'ultima volta, in un bellissimo colloquio sul tetto dell'ospedale, dove Kawori lascia intendere a Kousei che fra loro due c'è più che una semplice amicizia.
Arriviamo quindi all'episodio finale, uno dei più belli e incredibili che abbia mai visto. Oserei dire magistrale. La prima parte viene completamente dedicata all'esibizione onirica di Kousei, durante la quale finalmente assistiamo nuovamente al tanto atteso (per quanto immaginario) duetto fra Arima e Kawori. Purtroppo però Kousei comprende perfettamente perché Kawori gli è apparsa: è il suo addio. Kawori non ce l'ha fatta e la disperazione di Kousei traspare dalla gioia e dall'impegno con cui duetta con Kawori per l'ultima volta e infine dal dolore nei suoi occhi quando pronuncia un unico, laconico "Sayonara" al termine dell'esibizione. Ed è proprio nell'episodio finale che apprezziamo la grandezza dell'opera. Personalmente, alla fine del penultimo episodio temevo due possibili finali:
1. Un happy ending molto forzato in cui magicamente Kawori sarebbe guarita (ammetto che una parte di me avrebbe voluto vederlo!).
2. Un finale triste e malinconico pieno di lacrime e patemi.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" invece mi regala uno dei più bei finali che io abbia visto in un anime. Non l'avrei mai immaginato, l'ho trovato sconvolgente. L'idea di dare un'ultima volta voce a Kawori, attraverso una lettera postuma consegnata ad Arima dai genitori della nostra violinista, l'ho da subito molto gradita. Con la lettera Kawori fornisce a Kousei una lunga, delicata e toccante spiegazione degli eventi che l'hanno condotta da Kousei. Assistiamo anche alla rivelazione della vera natura di Kawori, una ragazza dolcissima e amorevole, a tratti anche timida, che ha sempre ammirato da lontano Kousei, che conosceva dall'età di cinque anni e che l'ha pesantemente influenzata nella scelta della vita da musicista (controllate nell'episodio 8, nella prima scena... di chi sarà quella chioma bionda accanto alla piccola Emi?). La ragazza ha avuto la possibilità di rivedere Arima, ma, conscia del fatto che le restava poco tempo da vivere, ha deciso di palesarsi a Kousei... con una bugia detta nel mese di aprile. Ella non ha mai amato Watari, il migliore amico di Kousei. Voleva solo un pretesto per avvicinarsi a lui in maniera indiretta. La musica ha fatto il resto. Nella lettera Kawori confessa a Kousei di averlo sempre amato, ma dato che sapeva di avere poco tempo rimasto, e per rispetto di Kousei e dell'amica Tsubaki, innamorata di Kousei, ha deciso di optare per questo approccio indiretto.
La lettera si conclude con un dialogo immaginario fra Kawori e Kousei, in cui lei confessa il suo amore e chiede a Kousei se mai si dimenticherà di lei. Kousei, ormai diventato maturo, conferma che non la dimenticherà mai. Una primavera senza Kawori si sta avvicinando, una primavera che Kousei dovrà vivere senza la ragazza che lo ha amato.
Dal punto di vista tecnico non ho nulla da dire: tecnicamente l'anime è di altissimo livello. Le immagini, soprattutto nei punti chiave, sono eccelse, così come la qualità delle animazioni, che comunque anche in momenti meno importanti sono di buon livello. Le OST sono spesso molto belle e ben azzeccate. Purtroppo, per quanto mi renda conto che è un aspetto chiave, io non ne capisco veramente nulla di musica. Pertanto, non posso dare un giudizio sulle esibizioni dei personaggi in ambito musicale. Posso solo dire che a me sono comunque piaciute. Mettiamola così, se anche un plebeo come me ne ha potuto trarre divertimento e commozione, sicuramente qualche merito lo avranno, no?
I seiyuu sono a mio avviso ben azzeccati per i vari personaggi e hanno saputo trasmettere molto bene le emozioni dei vari personaggi.
Unica nota dolente: alcuni dei comprimari. Purtroppo mi è dispiaciuto che si sia lasciato poco spazio ad alcuni personaggi, come Emi e Takeshi, che avrei voluto vedere interagire di più con Arima e gli altri amici. Anche Watari purtroppo soffre di questo problema, che risulta tristemente evidente nella sua ultima scena. Fortunatamente Tsubaki riesce, grazie ad alcuni episodi dedicati e a degli ottimi interventi nelle ultime puntate, a sfuggire a questo destino.
In sostanza, cos'è "Shigatsu wa Kimi no Uso"?
Si tratta di una storia d'amore, di un viaggio di due ragazzi per maturare e crescere. Si tratta di un duetto di pianoforte e violino, della nausea prima di salire sul palcoscenico, di un pacco di candele da dividere con la persona amata, di un tuffo da un ponte, di una corsa in bicicletta dietro un treno, di una notte stellata piena di lucciole. "Shigatsu wa Kimi no Uso" è un sentimento, una melodia che ti permea episodio dopo episodio. Una melodia iniziata in primavera.
Consiglio quest'anime davvero a tutti. E' diventato uno dei miei preferiti e non dimenticherò mai Kousei e Kawori.
Voglio dire ancora due cose che mi hanno reso contento: la prima è che ho visto l'ultimo episodio il primo giorno di primavera; la seconda è che adesso sono un po' più contento che il mio compleanno cada ad aprile.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è un anime che mi ha colpito particolarmente. Di solito non scrivo molte recensioni, ma questa volta sento di doverlo fare. Scrivo queste righe cinque minuti dopo aver rivisto per la seconda volta, a mente più fredda, l'episodio finale. E non posso che confermare tutte le mie precedenti conclusioni.
Andiamo con ordine: premetto che nella mia recensione saranno presenti spoiler. Lettore avvisato, mezzo salvato.
La storia parla di Arima Kousei, ragazzo prodigio del pianoforte, che a causa di un trauma infantile piuttosto importante si è allontanato dalla musica, vivendo una vita triste e vuota. Tutto cambia il giorno in cui incontra la vivace e prorompente violinista Miyazono Kawori, tanto bella quanto stravagante. Nonostante Kawori sia dichiaratamente innamorata del migliore amico di Kousei, quest'ultimo ne rimane rapito e, grazie alla musica, legame speciale che accomuna i due ragazzi, piano piano la vita di Kousei è destinata a cambiare.
La storia di "Shigatsu wa Kimi no Uso" si basa fondamentalmente su un unico grande pilastro: l'evoluzione di Kousei. All'inizio della storia, Kousei è assolutamente incapace di suonare a causa del terribile ricordo degli insegnamenti ossessivi e severi della madre. I motivi dell'ossessione della madre di Kousei diventano drammaticamente evidenti nell'episodio 13: ella, malata terminale e madre di un bambino piccolo, è disperata all'idea di lasciare il figlio da solo e vuole vederlo forte e capace di camminare sulle sue gambe, soprattutto in un mondo spietato come quello della musica. Ho letto in rete e anche su questo sito pareri poco lusinghieri su questo risvolto narrativo, definendolo poco credibile. Ci tenevo a smentirli: è drammaticamente vero, poiché io stesso ho vissuto un'esperienza simile. Proprio questo rapporto con la madre è il primo ostacolo che Kousei deve superare per maturare, ma non l'ultimo purtroppo. La prima metà della serie si incentra sull'elaborazione dei ricordi della madre, tutto grazie al sostegno dei suoi amici e soprattutto di Kawori, di cui il ragazzo è sempre più infatuato.
Nella seconda metà però ci troviamo di fronte alla necessità da parte di Kousei di evolvere ulteriormente e, come tristemente profetizzato da Ochiai-sensei e Hiroko alla fine dell'episodio 13, ciò dovrà avvenire a costo di perdere qualcun altro: Kawori, la cui malattia, dapprima solo sospettata dagli spettatori, diventa conclamata. Nella seconda metà della serie Kawori è bloccata in ospedale, la sua malattia le impedisce progressivamente di muoversi, di suonare il violino, di vedere Arima. Assistiamo a un lento scambio dei ruoli: dapprima era Kawori a spronare un lento e insicuro Kousei, e in una prima parte di questo nuovo arco narrativo sarà ancora così, tuttavia alla lunga sarà Arima a sostenere Kawori. Anche in questo caso la cosa avviene per gradi. Il tutto grazie a un personaggio da molti criticato (e anche da me non molto apprezzato, lo ammetto), Nagi Aiza. L'arco narrativo a lei dedicato segna come Kousei sia diventato abbastanza sicuro da sostenere a sua volta qualcuno e guidarlo. A molti (me compreso) è dispiaciuto che Kawori venisse messa da parte per alcuni episodi, soprattutto a causa della sua situazione, ma era un passaggio necessario.
Nell'ultima parte dell'opera ci troviamo di fronte alla drammaticità della malattia di Kawori, la quale ormai trova sostegno solo nelle visite di Kousei. Il ragazzo a sua volta è sconvolto dal dolore nel vedere la ragazza che ama completamente prostrata dalla malattia (toccante e drammatico il finale dell'episodio 20). I due ragazzi arrivano al punto di non ritorno, entrambi si trovano di fronte a una dura prova: Kawori decide di sottoporsi a un'operazione che potrebbe migliorarle la qualità della vita, ma al contempo è molto pericolosa, e Kousei nel frattempo, spronato dall'amore che prova per Kawori, decide di dare tutto sé stesso e provare la sua bravura in un'esibizione finale che potrebbe garantirgli l'accesso a una prestigiosa accademia di musica. Entrambi i ragazzi si sostengono l'un l'altro un'ultima volta, in un bellissimo colloquio sul tetto dell'ospedale, dove Kawori lascia intendere a Kousei che fra loro due c'è più che una semplice amicizia.
Arriviamo quindi all'episodio finale, uno dei più belli e incredibili che abbia mai visto. Oserei dire magistrale. La prima parte viene completamente dedicata all'esibizione onirica di Kousei, durante la quale finalmente assistiamo nuovamente al tanto atteso (per quanto immaginario) duetto fra Arima e Kawori. Purtroppo però Kousei comprende perfettamente perché Kawori gli è apparsa: è il suo addio. Kawori non ce l'ha fatta e la disperazione di Kousei traspare dalla gioia e dall'impegno con cui duetta con Kawori per l'ultima volta e infine dal dolore nei suoi occhi quando pronuncia un unico, laconico "Sayonara" al termine dell'esibizione. Ed è proprio nell'episodio finale che apprezziamo la grandezza dell'opera. Personalmente, alla fine del penultimo episodio temevo due possibili finali:
1. Un happy ending molto forzato in cui magicamente Kawori sarebbe guarita (ammetto che una parte di me avrebbe voluto vederlo!).
2. Un finale triste e malinconico pieno di lacrime e patemi.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" invece mi regala uno dei più bei finali che io abbia visto in un anime. Non l'avrei mai immaginato, l'ho trovato sconvolgente. L'idea di dare un'ultima volta voce a Kawori, attraverso una lettera postuma consegnata ad Arima dai genitori della nostra violinista, l'ho da subito molto gradita. Con la lettera Kawori fornisce a Kousei una lunga, delicata e toccante spiegazione degli eventi che l'hanno condotta da Kousei. Assistiamo anche alla rivelazione della vera natura di Kawori, una ragazza dolcissima e amorevole, a tratti anche timida, che ha sempre ammirato da lontano Kousei, che conosceva dall'età di cinque anni e che l'ha pesantemente influenzata nella scelta della vita da musicista (controllate nell'episodio 8, nella prima scena... di chi sarà quella chioma bionda accanto alla piccola Emi?). La ragazza ha avuto la possibilità di rivedere Arima, ma, conscia del fatto che le restava poco tempo da vivere, ha deciso di palesarsi a Kousei... con una bugia detta nel mese di aprile. Ella non ha mai amato Watari, il migliore amico di Kousei. Voleva solo un pretesto per avvicinarsi a lui in maniera indiretta. La musica ha fatto il resto. Nella lettera Kawori confessa a Kousei di averlo sempre amato, ma dato che sapeva di avere poco tempo rimasto, e per rispetto di Kousei e dell'amica Tsubaki, innamorata di Kousei, ha deciso di optare per questo approccio indiretto.
La lettera si conclude con un dialogo immaginario fra Kawori e Kousei, in cui lei confessa il suo amore e chiede a Kousei se mai si dimenticherà di lei. Kousei, ormai diventato maturo, conferma che non la dimenticherà mai. Una primavera senza Kawori si sta avvicinando, una primavera che Kousei dovrà vivere senza la ragazza che lo ha amato.
Dal punto di vista tecnico non ho nulla da dire: tecnicamente l'anime è di altissimo livello. Le immagini, soprattutto nei punti chiave, sono eccelse, così come la qualità delle animazioni, che comunque anche in momenti meno importanti sono di buon livello. Le OST sono spesso molto belle e ben azzeccate. Purtroppo, per quanto mi renda conto che è un aspetto chiave, io non ne capisco veramente nulla di musica. Pertanto, non posso dare un giudizio sulle esibizioni dei personaggi in ambito musicale. Posso solo dire che a me sono comunque piaciute. Mettiamola così, se anche un plebeo come me ne ha potuto trarre divertimento e commozione, sicuramente qualche merito lo avranno, no?
I seiyuu sono a mio avviso ben azzeccati per i vari personaggi e hanno saputo trasmettere molto bene le emozioni dei vari personaggi.
Unica nota dolente: alcuni dei comprimari. Purtroppo mi è dispiaciuto che si sia lasciato poco spazio ad alcuni personaggi, come Emi e Takeshi, che avrei voluto vedere interagire di più con Arima e gli altri amici. Anche Watari purtroppo soffre di questo problema, che risulta tristemente evidente nella sua ultima scena. Fortunatamente Tsubaki riesce, grazie ad alcuni episodi dedicati e a degli ottimi interventi nelle ultime puntate, a sfuggire a questo destino.
In sostanza, cos'è "Shigatsu wa Kimi no Uso"?
Si tratta di una storia d'amore, di un viaggio di due ragazzi per maturare e crescere. Si tratta di un duetto di pianoforte e violino, della nausea prima di salire sul palcoscenico, di un pacco di candele da dividere con la persona amata, di un tuffo da un ponte, di una corsa in bicicletta dietro un treno, di una notte stellata piena di lucciole. "Shigatsu wa Kimi no Uso" è un sentimento, una melodia che ti permea episodio dopo episodio. Una melodia iniziata in primavera.
Consiglio quest'anime davvero a tutti. E' diventato uno dei miei preferiti e non dimenticherò mai Kousei e Kawori.
Voglio dire ancora due cose che mi hanno reso contento: la prima è che ho visto l'ultimo episodio il primo giorno di primavera; la seconda è che adesso sono un po' più contento che il mio compleanno cada ad aprile.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è una serie speciale per me, una di quelle che non dimenticherò e, anche se magari il suo ricordo sbiadirà, sarà una di quelle storie che non smetteranno di essere nel mio cuore, perché mi hanno toccato e, in qualche modo, cambiato.
La trama narra del rincontro con la musica di Arima Kousei, un ragazzo incredibilmente dotato per il pianoforte, che però, per traumi infantili, si era allontanato dal mondo della musica. Il suo ritorno alla musica, però, avviene tramite l'energia di una giovane violinista, Kaori Miyazono, una ragazza bionda che sconvolge i suoi canoni di vita.
In una normale recensione, forse, avrei parlato dei personaggi, il ritmo di trama ecc., ma non in questo caso. Perché per quanto fosse tutto ben costruito, ciò che mi ha fatto innamorare di questo titolo sono le emozioni che è riuscito a trasmettermi, in maniera travolgente, ma con un tocco delicato, come un sorriso splendente alla fine di un lungo pianto.
La storia si sviluppa proprio tramite l'amore e il rapporto di Arima con la musica, proprio con i suoi brani. Anche io, come Kousei, mi ero allontanato dalla musica classica, ma, banalmente forse, questo titolo mi ha aiutato a riavvicinarmici. Questo anime trasmette tutto il turbinio di sensazioni che solo la musica classica, e più in particolare il pianoforte per me, può trasmettere. Quelle emozioni che sono trasmesse solo tramite dei suoni, quelle emozioni che non sarebbero esistite se qualcuno non avesse appoggiato le mani su quella tastiera.
Durante la visione mi sono sentito vicino a tutti i personaggi, per quanto probabilmente Kousei non sia il protagonista meglio caratterizzato di sempre; ognuno di loro, partendo da lui e passando per Kaori, Watari, Tsubaki, la piccola Aiza, arrivando fino alla sensei di Kousei, ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa. In particolare Watari e Tsubaki erano tanto interessanti, quanto poco scontati.
Altra perla del titolo è davvero il comparto tecnico. Colori e disegni sono intensi, trasmettono profondamente i sentimenti dei personaggi, così come le scelte di regia, in alcuni casi inusuali, ma sempre capaci di coinvolgere emotivamente.
Ma ciò che davvero mi ha fatto amare il tutto è la colonna sonora. Sia i brani proposti da Arima e gli altri, sia la vera e propria musica di sottofondo alle scene. Perfetta e bellissima, rende ogni episodio un'esperienza.
Per finire, la componente drammatica del titolo: si sa, io sono uno dalla lacrima facile, ma il fatto che non riesca a smettere di piangere dopo aver finito da venti minuti l'ultimo episodio la dice lunga... Non posso fare a meno di consigliarlo con tutto il cuore. E' un titolo di una delicatezza indescrivibile.
La trama narra del rincontro con la musica di Arima Kousei, un ragazzo incredibilmente dotato per il pianoforte, che però, per traumi infantili, si era allontanato dal mondo della musica. Il suo ritorno alla musica, però, avviene tramite l'energia di una giovane violinista, Kaori Miyazono, una ragazza bionda che sconvolge i suoi canoni di vita.
In una normale recensione, forse, avrei parlato dei personaggi, il ritmo di trama ecc., ma non in questo caso. Perché per quanto fosse tutto ben costruito, ciò che mi ha fatto innamorare di questo titolo sono le emozioni che è riuscito a trasmettermi, in maniera travolgente, ma con un tocco delicato, come un sorriso splendente alla fine di un lungo pianto.
La storia si sviluppa proprio tramite l'amore e il rapporto di Arima con la musica, proprio con i suoi brani. Anche io, come Kousei, mi ero allontanato dalla musica classica, ma, banalmente forse, questo titolo mi ha aiutato a riavvicinarmici. Questo anime trasmette tutto il turbinio di sensazioni che solo la musica classica, e più in particolare il pianoforte per me, può trasmettere. Quelle emozioni che sono trasmesse solo tramite dei suoni, quelle emozioni che non sarebbero esistite se qualcuno non avesse appoggiato le mani su quella tastiera.
Durante la visione mi sono sentito vicino a tutti i personaggi, per quanto probabilmente Kousei non sia il protagonista meglio caratterizzato di sempre; ognuno di loro, partendo da lui e passando per Kaori, Watari, Tsubaki, la piccola Aiza, arrivando fino alla sensei di Kousei, ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa. In particolare Watari e Tsubaki erano tanto interessanti, quanto poco scontati.
Altra perla del titolo è davvero il comparto tecnico. Colori e disegni sono intensi, trasmettono profondamente i sentimenti dei personaggi, così come le scelte di regia, in alcuni casi inusuali, ma sempre capaci di coinvolgere emotivamente.
Ma ciò che davvero mi ha fatto amare il tutto è la colonna sonora. Sia i brani proposti da Arima e gli altri, sia la vera e propria musica di sottofondo alle scene. Perfetta e bellissima, rende ogni episodio un'esperienza.
Per finire, la componente drammatica del titolo: si sa, io sono uno dalla lacrima facile, ma il fatto che non riesca a smettere di piangere dopo aver finito da venti minuti l'ultimo episodio la dice lunga... Non posso fare a meno di consigliarlo con tutto il cuore. E' un titolo di una delicatezza indescrivibile.
"Stare con lei è come andare sulle montagne russe", così il protagonista maschile Kousei Arima parla della protagonista femminile, Kaori Miyazono. Un po' quel che ho provato guardando questo anime: come andare sulle montagne russe. Una scena riesce a essere sublime, una subito dopo può farti cadere le braccia. Ma andiamo con ordine.
La trama, piuttosto banale, gira intorno ai drammi dei due protagonisti: nella prima metà dovremo sviscerare quello di Kousei, nella seconda ci immergeremo in quello di Kaori. Quando un anime, come in questo caso, non porta nella sua storia niente di nuovo, ha il compito di colpire lo spettatore tramite il modo di affrontare certe tematiche, situazioni, episodi che altrimenti saprebbero di già visto e stravisto. Purtroppo, "Shigatsu wa Kimi no Uso" non ci riesce. Quasi tutto in questo anime è una riproduzione di quel che troviamo abbondantemente in altri, anzi, si va anche oltre: lo stesso "Shigatsu wa Kimi no Uso" si ripete, autocitandosi continuamente. Determinate frasi e scene vengono ripetute fino alla nausea sotto forma di flashback e voce interiore; anche certe situazioni (come le esibizioni sul palco) si presentano molto simili tra loro, come se seguissero tutte lo stesso copione. In particolare il dramma di Kousei mette a dura prova la pazienza di qualsiasi spettatore, insistendo sempre sugli stessi punti nel tentativo di far coincidere faticosamente la risoluzione con la metà della serie. Quello di Kaori, al contrario, è tratteggiato in maniera talmente vaga da risultare poco credibile e da far finire lo stesso personaggio, così preponderante nella prima parte, sullo sfondo in attesa del finale.
Tra gli altri personaggi, il più approfondito è probabilmente quello di Tsubaki, seppur non presenti nulla di nuovo; altri, come i rivali di Kousei, Watari e la sorellina di Takeshi sembrano messi lì al solo scopo di servire alla "trama" o fare da riempitivo. Per mantenere questa recensione spoiler-free, eviterò di scendere in maggiori dettagli.
Dal punto di vista grafico, nulla da dire: anche se non amo lo stile originale dell'autore con queste labbra marcate e l'onnipresente ombra ai lati del naso, i colori, l'animazione e il disegno in generale sono fatti molto bene e non hanno praticamente mai cali.
Lo stesso si può dire della colonna sonora: d'altronde, inserendo capolavori della musica classica quali Chopin o Mozart difficilmente ci si può lamentare; tuttavia, in questo caso anche opening ed ending fanno bella figura, in particolare la bellissima "Hikaru nara" dei Goose house e "Orange" dei 7!!.
Purtroppo però, pur essendo un'amante del genere drama, l'anime non è riuscito a commuovermi o emozionarmi come avrebbe dovuto, a causa dei motivi sopra esposti e anche alla sensazione che le situazioni tragiche siano state forzate di proposito dall'autore allo scopo di suscitare facili lacrimoni nei lettori/spettatori meno abituati: una tecnica molto usata ultimamente. Eppure, qua e là ci sono scene meravigliose, dimostrazione che l'anime poteva dare molto di più. Occasione sprecata.
La trama, piuttosto banale, gira intorno ai drammi dei due protagonisti: nella prima metà dovremo sviscerare quello di Kousei, nella seconda ci immergeremo in quello di Kaori. Quando un anime, come in questo caso, non porta nella sua storia niente di nuovo, ha il compito di colpire lo spettatore tramite il modo di affrontare certe tematiche, situazioni, episodi che altrimenti saprebbero di già visto e stravisto. Purtroppo, "Shigatsu wa Kimi no Uso" non ci riesce. Quasi tutto in questo anime è una riproduzione di quel che troviamo abbondantemente in altri, anzi, si va anche oltre: lo stesso "Shigatsu wa Kimi no Uso" si ripete, autocitandosi continuamente. Determinate frasi e scene vengono ripetute fino alla nausea sotto forma di flashback e voce interiore; anche certe situazioni (come le esibizioni sul palco) si presentano molto simili tra loro, come se seguissero tutte lo stesso copione. In particolare il dramma di Kousei mette a dura prova la pazienza di qualsiasi spettatore, insistendo sempre sugli stessi punti nel tentativo di far coincidere faticosamente la risoluzione con la metà della serie. Quello di Kaori, al contrario, è tratteggiato in maniera talmente vaga da risultare poco credibile e da far finire lo stesso personaggio, così preponderante nella prima parte, sullo sfondo in attesa del finale.
Tra gli altri personaggi, il più approfondito è probabilmente quello di Tsubaki, seppur non presenti nulla di nuovo; altri, come i rivali di Kousei, Watari e la sorellina di Takeshi sembrano messi lì al solo scopo di servire alla "trama" o fare da riempitivo. Per mantenere questa recensione spoiler-free, eviterò di scendere in maggiori dettagli.
Dal punto di vista grafico, nulla da dire: anche se non amo lo stile originale dell'autore con queste labbra marcate e l'onnipresente ombra ai lati del naso, i colori, l'animazione e il disegno in generale sono fatti molto bene e non hanno praticamente mai cali.
Lo stesso si può dire della colonna sonora: d'altronde, inserendo capolavori della musica classica quali Chopin o Mozart difficilmente ci si può lamentare; tuttavia, in questo caso anche opening ed ending fanno bella figura, in particolare la bellissima "Hikaru nara" dei Goose house e "Orange" dei 7!!.
Purtroppo però, pur essendo un'amante del genere drama, l'anime non è riuscito a commuovermi o emozionarmi come avrebbe dovuto, a causa dei motivi sopra esposti e anche alla sensazione che le situazioni tragiche siano state forzate di proposito dall'autore allo scopo di suscitare facili lacrimoni nei lettori/spettatori meno abituati: una tecnica molto usata ultimamente. Eppure, qua e là ci sono scene meravigliose, dimostrazione che l'anime poteva dare molto di più. Occasione sprecata.
Bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi. (F.W.Nietzsche)
La gioia e il dolore. L'euforia e la depressione. Tutte emozioni contrapposte che almeno una volta nella nostra vita abbiamo provato ascoltando una canzone o semplicemente un tema musicale tratto da qualche film. Ma cosa vuol dire essere un musicista? Cosa succede quando è la musica stessa ad abbandonare il proprio esecutore lasciandolo solo con sé stesso e nessun altro? Su questo interrogativo nasce questo superbo capolavoro animato in ventidue episodi chiamato Shigatsu wa Kimi no Uso.
Kuosei Arima è un giovane e talentuoso pianista, enfant prodige destinato a raccogliere fama e successo in tutto il mondo grazie alla sua innata capacità di eseguire alla perfezione ogni spartito. A dodici anni Kousei perde la madre, sua maestra e punto di riferimento nella vita, e preso dalla disperazione comincia ad allontanarsi sempre di più dalla musica, riducendosi così l'ombra di sé stesso. Del tutto depresso e sfiduciato, la vita di Kousei sembrerà prendere finalmente una direzione diversa grazie all'incontro con la giovane ed estroversa violinista Kaori Miyazono, vero peperino con una visione della musica del tutto sua.
Nato dalle chine di Naoshi Arakawa, Shigatsu wa Kimi no Uso è una serie che parla sì di musica, ma lo fa con una sensibilità del tutto sua e, a differenza di tante altre opere simili, pone da subito un interrogativo allo spettatore con la certezza quasi matematica di non ottenere una risposta soddisfacente: ma voi, sapete realmente cosa vuol dire essere un musicista?
La musica è innanzitutto la voce dell'anima, l'unico modo in cui un musicista riesce ad esprimere totalmente le proprie emozioni, gioie e angosce al mondo che lo circonda. La musica è sì vita, ma è soprattutto introspezione, un viaggio simbolico nel cuore dell'artista che, attraverso le note, mette a nudo la propria anima donandola così agli altri. Tutto in Shigatsu wa Kimi no Uso ruota attorno a questo concetto e alla disperata ricerca della propria dimensione umana attraverso l'arte (perché per un artista non vi è l'una senza l'altra).
Una disperazione che caratterizza la vita di Kousei, un ragazzo di appena quattordici anni abbandonato a sé stesso e incapace di aprire di nuovo il suo cuore al mondo che lo circonda, un uccello il cui lutto ne ha tarpato le ali, relegandolo così a una mesta e vuota vita sulla terra ferma. La vita di Kousei è difatti paragonabile a una fuga, una codarda corsa lontano da tutto ciò che vuol dire affrontare sé stessi e il doloroso passato che segna l'apatico presente. A tanta negatività si contrappone la figura di Kaori, brillante come il sole e capace di cogliere le corde più intime dell'animo del giovane pianista. La ragazza è difatti l'opposto di tutto ciò che Kousei credeva volesse dire essere un musicista. Kaori è ribelle, passionale, indifferente alla mera esecuzione pedissequa e del tutto incentrata all'interpretazione personale del brano. Kousei e Kaori sono due opposti che irrimediabilmente si attraggono, come Yin e Yang che non possono esistere l'uno senza l'altro, ma non possono essere un'unica entità. Kaori è difatti destinata a vivere una vita breve, e nel poco tempo che le rimane decide di far tornare la gioia di suonare a colui che l'aveva portata da piccola a imbracciare uno strumento. Su questo dualismo si gioca il grosso dell'economia di questa serie, un amore sottinteso raccontato dalla passione delle esecuzioni e dalla travolgente filosofia dei due ragazzi su ciò che significa essere un musicista.
Un racconto sulla crescita attraverso l'arte, questo è Shigatsu wa Kimi no Uso, una sublime metafora dell'essere musicisti e di tutto ciò che vuol dire parlare attraverso le note. Nonostante stenti un po' nelle battute iniziali, il racconto di Arakawa aumenta d'intensità puntata dopo puntata, come un crescendo di ravelliana memoria, fino allo splendido finale che riesce a unire magistralmente tragedia e sentimento. Ottime anche le caratterizzazioni dei due personaggi secondari di maggior risalto, l'energica amica di infanzia di Kousei, Tsubaki, e il rivale in amore, Watari, entrambi capaci di trasmettere emozioni e colori a 360° lungo tutta la durata della serie, ritagliandosi così un ruolo importante nella storia.
Personalmente ho trovato emozionanti i discorsi di Kaori sulla vera essenza dell'essere musicisti (esprimere sé stessi fondendosi con la musica che si suona), così come sono state un tuffo al cuore le riflessioni di Kousei sull'inesorabile destino di un musicista che tanto mi ha fatto tornare in mente i versi de Il suonatore Jones di Fabrizio De André (E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare.): impossibile non immedesimarsi in essi se si è realmente musicisti.
Tecnicamente la serie è quanto di meglio si possa trovare in giro al momento, le superbe animazioni si alternano a brevi sequenze di CG usate per rendere le esecuzioni dal vivo quanto più realistiche possibile (perché che ci vogliate credere o meno, così è). La regia segue abbastanza fedelmente il susseguirsi degli eventi narrati nel manga creando, grazie anche alle sublimi musiche del maestro Masaru Yokoyama, delle atmosfere semplicemente uniche fra il surreale e l'onirico. Un plauso anche al doppiaggio, dannatamente azzeccato, e alle sigle di apertura e chiusura, con un occhio di riguardo alla stupenda Orange dei Seven Oops.
Cos'è che non funziona in Shigatsu wa Kimi no Uso? Per quanto mi riguarda questa è una serie semplicemente perfetta, ma c'è da ammettere che se non si è musicisti certe sfumature non le si riesce a capire, perdendo così il vero senso dell'intera opera. Nonostante questo piccolo e soggettivo neo, Shigatsu wa Kimi no Uso è una serie superba, forse la migliore del suo genere, che vale l'intero prezzo del biglietto anche solo per godersi il magnifico compartimento tecnico.
Per palati fini.
La gioia e il dolore. L'euforia e la depressione. Tutte emozioni contrapposte che almeno una volta nella nostra vita abbiamo provato ascoltando una canzone o semplicemente un tema musicale tratto da qualche film. Ma cosa vuol dire essere un musicista? Cosa succede quando è la musica stessa ad abbandonare il proprio esecutore lasciandolo solo con sé stesso e nessun altro? Su questo interrogativo nasce questo superbo capolavoro animato in ventidue episodi chiamato Shigatsu wa Kimi no Uso.
Kuosei Arima è un giovane e talentuoso pianista, enfant prodige destinato a raccogliere fama e successo in tutto il mondo grazie alla sua innata capacità di eseguire alla perfezione ogni spartito. A dodici anni Kousei perde la madre, sua maestra e punto di riferimento nella vita, e preso dalla disperazione comincia ad allontanarsi sempre di più dalla musica, riducendosi così l'ombra di sé stesso. Del tutto depresso e sfiduciato, la vita di Kousei sembrerà prendere finalmente una direzione diversa grazie all'incontro con la giovane ed estroversa violinista Kaori Miyazono, vero peperino con una visione della musica del tutto sua.
Nato dalle chine di Naoshi Arakawa, Shigatsu wa Kimi no Uso è una serie che parla sì di musica, ma lo fa con una sensibilità del tutto sua e, a differenza di tante altre opere simili, pone da subito un interrogativo allo spettatore con la certezza quasi matematica di non ottenere una risposta soddisfacente: ma voi, sapete realmente cosa vuol dire essere un musicista?
La musica è innanzitutto la voce dell'anima, l'unico modo in cui un musicista riesce ad esprimere totalmente le proprie emozioni, gioie e angosce al mondo che lo circonda. La musica è sì vita, ma è soprattutto introspezione, un viaggio simbolico nel cuore dell'artista che, attraverso le note, mette a nudo la propria anima donandola così agli altri. Tutto in Shigatsu wa Kimi no Uso ruota attorno a questo concetto e alla disperata ricerca della propria dimensione umana attraverso l'arte (perché per un artista non vi è l'una senza l'altra).
Una disperazione che caratterizza la vita di Kousei, un ragazzo di appena quattordici anni abbandonato a sé stesso e incapace di aprire di nuovo il suo cuore al mondo che lo circonda, un uccello il cui lutto ne ha tarpato le ali, relegandolo così a una mesta e vuota vita sulla terra ferma. La vita di Kousei è difatti paragonabile a una fuga, una codarda corsa lontano da tutto ciò che vuol dire affrontare sé stessi e il doloroso passato che segna l'apatico presente. A tanta negatività si contrappone la figura di Kaori, brillante come il sole e capace di cogliere le corde più intime dell'animo del giovane pianista. La ragazza è difatti l'opposto di tutto ciò che Kousei credeva volesse dire essere un musicista. Kaori è ribelle, passionale, indifferente alla mera esecuzione pedissequa e del tutto incentrata all'interpretazione personale del brano. Kousei e Kaori sono due opposti che irrimediabilmente si attraggono, come Yin e Yang che non possono esistere l'uno senza l'altro, ma non possono essere un'unica entità. Kaori è difatti destinata a vivere una vita breve, e nel poco tempo che le rimane decide di far tornare la gioia di suonare a colui che l'aveva portata da piccola a imbracciare uno strumento. Su questo dualismo si gioca il grosso dell'economia di questa serie, un amore sottinteso raccontato dalla passione delle esecuzioni e dalla travolgente filosofia dei due ragazzi su ciò che significa essere un musicista.
Un racconto sulla crescita attraverso l'arte, questo è Shigatsu wa Kimi no Uso, una sublime metafora dell'essere musicisti e di tutto ciò che vuol dire parlare attraverso le note. Nonostante stenti un po' nelle battute iniziali, il racconto di Arakawa aumenta d'intensità puntata dopo puntata, come un crescendo di ravelliana memoria, fino allo splendido finale che riesce a unire magistralmente tragedia e sentimento. Ottime anche le caratterizzazioni dei due personaggi secondari di maggior risalto, l'energica amica di infanzia di Kousei, Tsubaki, e il rivale in amore, Watari, entrambi capaci di trasmettere emozioni e colori a 360° lungo tutta la durata della serie, ritagliandosi così un ruolo importante nella storia.
Personalmente ho trovato emozionanti i discorsi di Kaori sulla vera essenza dell'essere musicisti (esprimere sé stessi fondendosi con la musica che si suona), così come sono state un tuffo al cuore le riflessioni di Kousei sull'inesorabile destino di un musicista che tanto mi ha fatto tornare in mente i versi de Il suonatore Jones di Fabrizio De André (E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare.): impossibile non immedesimarsi in essi se si è realmente musicisti.
Tecnicamente la serie è quanto di meglio si possa trovare in giro al momento, le superbe animazioni si alternano a brevi sequenze di CG usate per rendere le esecuzioni dal vivo quanto più realistiche possibile (perché che ci vogliate credere o meno, così è). La regia segue abbastanza fedelmente il susseguirsi degli eventi narrati nel manga creando, grazie anche alle sublimi musiche del maestro Masaru Yokoyama, delle atmosfere semplicemente uniche fra il surreale e l'onirico. Un plauso anche al doppiaggio, dannatamente azzeccato, e alle sigle di apertura e chiusura, con un occhio di riguardo alla stupenda Orange dei Seven Oops.
Cos'è che non funziona in Shigatsu wa Kimi no Uso? Per quanto mi riguarda questa è una serie semplicemente perfetta, ma c'è da ammettere che se non si è musicisti certe sfumature non le si riesce a capire, perdendo così il vero senso dell'intera opera. Nonostante questo piccolo e soggettivo neo, Shigatsu wa Kimi no Uso è una serie superba, forse la migliore del suo genere, che vale l'intero prezzo del biglietto anche solo per godersi il magnifico compartimento tecnico.
Per palati fini.
Esasperante.
Per gran parte della serie, lo show è intriso di dramma e morbosità. In genere non amo partire subito dai difetti, però stavolta vorrei prima elencare questi per poi passare alle qualità che salvano il prodotto dall'insufficienza, poiché sono più i contro che i pro, sebbene molti non concorderanno con la recensione... ma ahimè, dal canto mio non concordo con le loro opinioni esageratamente positive.
I protagonisti sono un quartetto di ragazzi adolescenti sui quattordici anni, tra i quali spiccano principalmente il duo di musicisti, ovvero il passivo Kousei e l'esuberante Kaori. Il primo suona il pianoforte fin da bambino per volere della madre malata, mentre l'altra è appassionata di violino. Incontrandosi in una piena giornata primaverile, i due, nonostante il carattere opposto, hanno in realtà molto in comune grazie alla musica.
Anzitutto, il fatto che il protagonista maschile sia idolatrato a destra e manca da tutti, ma dico tutti, i personaggi del cast, lo fa risultare un po' antipatico, soprattutto perché neanche ama suonare, lo fa per gli altri fin dall'inizio e ciò non va bene. L'occhialuto ha dei rivali, ma onestamente parlando non sono niente di speciale, talvolta nella loro ossessione nel raggiungere e competere con lui li fanno apparire oltremodo patetici. Sarebbe stato più saggio introdurre un nemico all'altezza del talento di Kousei. Inoltre, l'inserimento di un nuovo personaggio verso la fine dell'anime non è il massimo della bellezza... perlomeno a qualcosa serve, anche se la sua presenza ce la saremmo risparmiati volentieri.
Passiamo alla figura della madre di Kousei: giuro che questa donna tanto fissata quanto incoerente ha suscitato in me un'ira indescrivibile, odiando molte, ma moltissime puntate dedicate a lei. Ok che nell'universo possono esistere mamme simili, e che il Telefono Azzurro non lo chiama mai nessuno, però a tutto c'è un limite. Non so se di preciso si tratta di ira o se invece è semplice noia, fatto sta che a dare più fastidio, tuttavia, sono le situazioni cupe, deprimenti e lente che la riguardano, e che inevitabilmente toccano anche al figlio complessato - ohibò -, rallentando così la narrazione con scene ripetitive, inutili, prolisse. La parte centrale della serie, difatti, è uno strazio.
Ah, il padre sappiamo che è vivo, ma non è chiaro cosa faccia e dove diamine sia, quindi tanto vale non accennarlo affatto.
Positivi i comprimari Watari e Tsubaki, gli amici d'infanzia di Kousei, che sono assai apprezzati. Purtroppo succede spesso che costoro hanno decisamente meno spazio di ciò che meritano, rimanendo così un po' nell'anonimato rispetto alle vicende dominanti.
Altra cosa che fa storcere il naso è il fatto che alcuni monologhi e i dialoghi dei ragazzi sono troppo adulti per la loro età, ma tutto sommato meglio tali che tutti puerili, altrimenti sì che ci sarebbe da strozzarsi. In ogni caso, dai piagnistei non si scappa!
La storia di Kaori è percepita di meno, anche se pareva concentrarsi su di lei l'intera trama; nel complesso la sceneggiatura è orientata verso la controparte maschile.
Il pregio maggiore della serie è indubbiamente l'animazione, con colori affascinanti che richiamano appunto la primavera, con fondali accurati e un chara tondeggiante ma abbastanza efficace. Le musiche contribuiscono a creare particolare pathos durante le esibizioni, chi è amante della musica classica si divertirà a riconoscere i vari brani suonati.
L'inizio promette bene, quella freschezza e gioventù rapisce e appassiona, diversamente dagli sviluppi che portano a tutt'altra direzione. Per fortuna, il finale non delude, sia perché è il vero finale, dato che è il medesimo del manga concluso da cui è tratto, e sia perché termina ciò che era aperto con una certa maturità, priva di forzature e melodrammi.
In sintesi, l'incipit e l'epilogo sono le parti migliori, alternanti le parti centrali che fanno abbassare di molto il voto totale.
Per gran parte della serie, lo show è intriso di dramma e morbosità. In genere non amo partire subito dai difetti, però stavolta vorrei prima elencare questi per poi passare alle qualità che salvano il prodotto dall'insufficienza, poiché sono più i contro che i pro, sebbene molti non concorderanno con la recensione... ma ahimè, dal canto mio non concordo con le loro opinioni esageratamente positive.
I protagonisti sono un quartetto di ragazzi adolescenti sui quattordici anni, tra i quali spiccano principalmente il duo di musicisti, ovvero il passivo Kousei e l'esuberante Kaori. Il primo suona il pianoforte fin da bambino per volere della madre malata, mentre l'altra è appassionata di violino. Incontrandosi in una piena giornata primaverile, i due, nonostante il carattere opposto, hanno in realtà molto in comune grazie alla musica.
Anzitutto, il fatto che il protagonista maschile sia idolatrato a destra e manca da tutti, ma dico tutti, i personaggi del cast, lo fa risultare un po' antipatico, soprattutto perché neanche ama suonare, lo fa per gli altri fin dall'inizio e ciò non va bene. L'occhialuto ha dei rivali, ma onestamente parlando non sono niente di speciale, talvolta nella loro ossessione nel raggiungere e competere con lui li fanno apparire oltremodo patetici. Sarebbe stato più saggio introdurre un nemico all'altezza del talento di Kousei. Inoltre, l'inserimento di un nuovo personaggio verso la fine dell'anime non è il massimo della bellezza... perlomeno a qualcosa serve, anche se la sua presenza ce la saremmo risparmiati volentieri.
Passiamo alla figura della madre di Kousei: giuro che questa donna tanto fissata quanto incoerente ha suscitato in me un'ira indescrivibile, odiando molte, ma moltissime puntate dedicate a lei. Ok che nell'universo possono esistere mamme simili, e che il Telefono Azzurro non lo chiama mai nessuno, però a tutto c'è un limite. Non so se di preciso si tratta di ira o se invece è semplice noia, fatto sta che a dare più fastidio, tuttavia, sono le situazioni cupe, deprimenti e lente che la riguardano, e che inevitabilmente toccano anche al figlio complessato - ohibò -, rallentando così la narrazione con scene ripetitive, inutili, prolisse. La parte centrale della serie, difatti, è uno strazio.
Ah, il padre sappiamo che è vivo, ma non è chiaro cosa faccia e dove diamine sia, quindi tanto vale non accennarlo affatto.
Positivi i comprimari Watari e Tsubaki, gli amici d'infanzia di Kousei, che sono assai apprezzati. Purtroppo succede spesso che costoro hanno decisamente meno spazio di ciò che meritano, rimanendo così un po' nell'anonimato rispetto alle vicende dominanti.
Altra cosa che fa storcere il naso è il fatto che alcuni monologhi e i dialoghi dei ragazzi sono troppo adulti per la loro età, ma tutto sommato meglio tali che tutti puerili, altrimenti sì che ci sarebbe da strozzarsi. In ogni caso, dai piagnistei non si scappa!
La storia di Kaori è percepita di meno, anche se pareva concentrarsi su di lei l'intera trama; nel complesso la sceneggiatura è orientata verso la controparte maschile.
Il pregio maggiore della serie è indubbiamente l'animazione, con colori affascinanti che richiamano appunto la primavera, con fondali accurati e un chara tondeggiante ma abbastanza efficace. Le musiche contribuiscono a creare particolare pathos durante le esibizioni, chi è amante della musica classica si divertirà a riconoscere i vari brani suonati.
L'inizio promette bene, quella freschezza e gioventù rapisce e appassiona, diversamente dagli sviluppi che portano a tutt'altra direzione. Per fortuna, il finale non delude, sia perché è il vero finale, dato che è il medesimo del manga concluso da cui è tratto, e sia perché termina ciò che era aperto con una certa maturità, priva di forzature e melodrammi.
In sintesi, l'incipit e l'epilogo sono le parti migliori, alternanti le parti centrali che fanno abbassare di molto il voto totale.
Serializzato su Kodansha a partire dal 2011 e vincitore, due anni dopo, dell'omonimo premio per la categoria shonen manga, Shigatsu wa Kimi no Uso, del poco più che debuttante Naoshi Arakawa, ottiene per conto di Fuji TV un proprio adattamento televisivo, andandosi a collocare in uno degli slot autunnali di noitaminA del 2014. Lo studio A-1 Pictures non bada a spese e confeziona un lavoro senza macchia sotto il profilo tecnico, non altrettanto perfetto sotto quello narrativo, ma quanto mai vincente, se si tiene conto del target di riferimento, e di un abbinamento tematico che affianca, ai comuni espedienti da teen drama, la messa in risalto della funzione diegetica, e insieme extradiegetica, della musica, come già si era fatto in passato, e con successo.
L'accostamento a Nodame Cantabile, ad esempio, viene naturale per una serie di coincidenze, anche se il paragone va a stroncarsi sul nascere, per una basilare differenza di targetizzazione, quest'ultima che, di fatto, impedisce a KimiUso di evolvere verso lidi più maturi: esso resta fondamentalmente un prodotto per ragazzi, che si arrangia a modo suo nel garantire, sul piano psicologico, qualcosa di più elaborato - vedasi l'insistenza su un tema, quello della perdita, da sempre ricorrente anche nella cinematografia giapponese - e che spesso - e volentieri (per esigenza di una certa fetta di pubblico) - corre il rischio di tramutare il tutto nell'ennesimo forced drama.
Fortunatamente l'epilogo scampa in parte questo pericolo, rinunciando al consueto impiego di lacrimogeni per calare il sipario in modo ugualmente drammatico e altrettanto dignitoso, anche se la strada verso la maturazione finale resta impervia di ostacoli e forse più lunga del necessario. È nella parte centrale che la serie inizia a inciampare in forzature (alcune delle quali perdonabili sempre per via del discorso sul target, ma altre decisamente un po' troppo sfrontate), ma soprattutto ad accusare un riciclaggio quasi meccanico di idee che investe insieme regia e sceneggiatura. La ridondante riproposizione dei medesimi flashsback, dei monologhi interiori impregnati di retorica, dei pianti inopportuni, delle metafore visive che accompagnano le esibizioni musicali, dell'ubicazione stessa di certi elementi all'interno di svariati episodi (perfino l'avvio di alcune soundtrack diventa "pronosticabile"): tutte queste cadute di stile scalfiscono lo spessore di un'opera che avrebbe potuto sfruttare le proprie premesse in maniera più sobria e distintiva, per tutta la sua durata, magari facendo a meno di qualche puntata superflua, o almeno dedicando maggior tempo ai personaggi che ne necessitavano davvero (Watari, Tsubaki), piuttosto che ad altri, utili fino a un certo punto (Nagi, Takeshi ed Emi).
L'accostamento a Nodame Cantabile, ad esempio, viene naturale per una serie di coincidenze, anche se il paragone va a stroncarsi sul nascere, per una basilare differenza di targetizzazione, quest'ultima che, di fatto, impedisce a KimiUso di evolvere verso lidi più maturi: esso resta fondamentalmente un prodotto per ragazzi, che si arrangia a modo suo nel garantire, sul piano psicologico, qualcosa di più elaborato - vedasi l'insistenza su un tema, quello della perdita, da sempre ricorrente anche nella cinematografia giapponese - e che spesso - e volentieri (per esigenza di una certa fetta di pubblico) - corre il rischio di tramutare il tutto nell'ennesimo forced drama.
Fortunatamente l'epilogo scampa in parte questo pericolo, rinunciando al consueto impiego di lacrimogeni per calare il sipario in modo ugualmente drammatico e altrettanto dignitoso, anche se la strada verso la maturazione finale resta impervia di ostacoli e forse più lunga del necessario. È nella parte centrale che la serie inizia a inciampare in forzature (alcune delle quali perdonabili sempre per via del discorso sul target, ma altre decisamente un po' troppo sfrontate), ma soprattutto ad accusare un riciclaggio quasi meccanico di idee che investe insieme regia e sceneggiatura. La ridondante riproposizione dei medesimi flashsback, dei monologhi interiori impregnati di retorica, dei pianti inopportuni, delle metafore visive che accompagnano le esibizioni musicali, dell'ubicazione stessa di certi elementi all'interno di svariati episodi (perfino l'avvio di alcune soundtrack diventa "pronosticabile"): tutte queste cadute di stile scalfiscono lo spessore di un'opera che avrebbe potuto sfruttare le proprie premesse in maniera più sobria e distintiva, per tutta la sua durata, magari facendo a meno di qualche puntata superflua, o almeno dedicando maggior tempo ai personaggi che ne necessitavano davvero (Watari, Tsubaki), piuttosto che ad altri, utili fino a un certo punto (Nagi, Takeshi ed Emi).
Qual è lo scopo della musica? Semplice svago? Passione mista a talento? Ci si potrebbe dilungare parecchio a voler essere sincero, ma ciò che è certo è che molti vivono per essa anche se solo ascoltandola. "Shigatsu wa Kimi no Uso" vive su questo pensiero e cerca fino alla fine, e proprio lì non riuscendoci, di dare una risposta chiara e soddisfacente.
Arima Kousei è uno studente delle medie, una volta pianista prodigio e definito "metronomo umano" a causa della mancanza di sentimenti nel suonare, che dopo la morte della madre non riesce più a sentire le note del piano e di conseguenza a suonarlo. Per quello che inizialmente sembra un incontro del tutto casuale farà la conoscenza di una ragazza della stessa età di nome Kawori Miyazono, una violinista che per una serie di motivazioni lo trascinerà, letteralmente a volte, nella musica ancora una volta. L'energia della ragazza entra nel cuore di Arima, che un passo alla volta riesce a dare di nuovo colore alla sua vita, pur non sapendo che sta facendo altrettanto.
Fino a metà serie gli episodi scorrono fluidi e senza perdersi in troppi fronzoli, lasciando sempre almeno un'informazione utile allo spettatore. Va annotato che l'introspezione psicologica di Arima è a volte troppo pesante e ripetitiva, risultando forse troppo abusata e marcata già dopo le prime "crisi" del protagonista stesso. Naturalmente la storia non parla solo di Arima ma anche dei suoi due amici, ovvero Watari, giovane appassionato di calcio, e Tsubaki, ragazza da sempre amica e vicina di Kousei, pur dando maggiore importanza a quest'ultima. Kawori apparirà quasi "la terza incomoda", ma presto non ci si penserà più. I siparietti comici che spesso troviamo sono infilati tra i momenti drammatici, tentando, invano, di addolcire e alleggerire il tutto.
Tecnicamente l'opera risulta eccellente sotto ogni aspetto. Colori, animazioni, cura per i dettagli, varietà nel design dei personaggi sono tutte caratteristiche che rafforzano un anime che di primo impatto sembra perfetto e che molti già idolatrano ad anime dell'anno. La OST è composta da brani di musica classica stupendi e che difficilmente non piaceranno; opening ed ending orecchiabili, ma nella norma.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
E' la prima volta che mi vedo costretto ad aggiungere una sezione con spoiler volontari, ma dato il mio basso voto credo sia mio dovere dare delle spiegazioni a riguardo. Chiedo scusa in anticipo, ma non v'è altro.
Con gli anni ho imparato poco alla volta a non affezionarmi a nulla, non solo negli anime... ma è inutile. Quando mi cimento nella visione di un'opera vicina alla perfezione che poi però ti dà un calcio laddove non batte il sole, è come aver perso qualcosa di importante senza riuscire a ricordare cosa.
Dopo "Akame ga Kill!" ho capito che nel mondo dell'animazione giapponese sta entrando in campo una nuova metodologia di creazione, ovvero il dramma perpetuo depressivo. Kousei Arima è un ragazzo sfortunato che ha perso la madre che tanto amava, nonostante questa lo picchiasse per permettere il suo perfezionamento al pianoforte. La sua infanzia è stata segnata da frustate vere e dalla mancanza di momenti felici con i suoi unici due amici, tra cui Tsubaki. La mia visione personale sugli autori è quella di demoni senza cuore che trovano immenso godimento nel far soffrire non solo il povero protagonista fino alla fine, ma anche lo spettatore che sul finale si vede distruggere ogni speranza e ogni sogno di nuovo inizio.
Kawori Miyazono è malata, lo scopriamo dopo una manciata di episodi. Da metà serie in poi l'anime prende una piega eccessivamente drammatica, che tuttavia trasuda speranza per Kawori, senz'altro, ma anche per Arima, che si è innamorato di lei. L'autore con cruda spietatezza annienta ogni speranza nostra e di Arima, uccidendo, perché io la vedo in questa maniera, Kawori tra lacrime e paura di morire. La giovane spiega tutte le sue motivazioni in una lettera che lascia post-mortem ad Arima con come ultima frase: "Ti amo". Quell'ultima affermazione è qualcosa che porterebbe, nella realtà, una persona al suicidio.
La rabbia del sottoscritto sta sì nella scelta dell'autore ma soprattutto nelle motivazioni di tale scelta. Sono assolutamente certo che la scelta di un finale cosi tremendamente ricolmo di tristezza è semplicemente la diretta conseguenza di ricerca di "notizia". Perché il dramma fa notizia, fa scena e piace alla critica. Non c'è spazio per la pietà e per un dolce sollievo finale (attenzione, questa frase è diretta allo spettatore come per il protagonista Arima Kousei). Tsubaki che ha sempre amato Kousei rimarrà la seconda scelta, Kousei penserà fino alla morte a Kawori e, nonostante tutto ciò che ha passato, dovrà continuare a vivere con un moralistico "la vita è bella".
Fine parte contenente spoiler
Molti parlano di anime dell'anno, opera stupenda, toccante e indimenticabile. Io vorrei... dimenticarla, perché giocare a fare Dio in un'opera, sia questa un libro o un anime, è segno, a mio modo di vedere, di depravazione e soffusa cattiveria. Credo che il pubblico si dividerà nel giudicare "Shigatsu wa Kimi no Uso"; sicuramente la critica lo acclamerà gridando al capolavoro, io no. La leggerezza con la quale l'autore si è divertito, giocando con il futuro e i sentimenti del protagonista dell'opera, è la massima espressione di demenza umana. Qualcuno dirà: "E' solo un'opera di fantasia"; e io risponderò: "E' solo una questione di notorietà e affari".
Arima Kousei è uno studente delle medie, una volta pianista prodigio e definito "metronomo umano" a causa della mancanza di sentimenti nel suonare, che dopo la morte della madre non riesce più a sentire le note del piano e di conseguenza a suonarlo. Per quello che inizialmente sembra un incontro del tutto casuale farà la conoscenza di una ragazza della stessa età di nome Kawori Miyazono, una violinista che per una serie di motivazioni lo trascinerà, letteralmente a volte, nella musica ancora una volta. L'energia della ragazza entra nel cuore di Arima, che un passo alla volta riesce a dare di nuovo colore alla sua vita, pur non sapendo che sta facendo altrettanto.
Fino a metà serie gli episodi scorrono fluidi e senza perdersi in troppi fronzoli, lasciando sempre almeno un'informazione utile allo spettatore. Va annotato che l'introspezione psicologica di Arima è a volte troppo pesante e ripetitiva, risultando forse troppo abusata e marcata già dopo le prime "crisi" del protagonista stesso. Naturalmente la storia non parla solo di Arima ma anche dei suoi due amici, ovvero Watari, giovane appassionato di calcio, e Tsubaki, ragazza da sempre amica e vicina di Kousei, pur dando maggiore importanza a quest'ultima. Kawori apparirà quasi "la terza incomoda", ma presto non ci si penserà più. I siparietti comici che spesso troviamo sono infilati tra i momenti drammatici, tentando, invano, di addolcire e alleggerire il tutto.
Tecnicamente l'opera risulta eccellente sotto ogni aspetto. Colori, animazioni, cura per i dettagli, varietà nel design dei personaggi sono tutte caratteristiche che rafforzano un anime che di primo impatto sembra perfetto e che molti già idolatrano ad anime dell'anno. La OST è composta da brani di musica classica stupendi e che difficilmente non piaceranno; opening ed ending orecchiabili, ma nella norma.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
E' la prima volta che mi vedo costretto ad aggiungere una sezione con spoiler volontari, ma dato il mio basso voto credo sia mio dovere dare delle spiegazioni a riguardo. Chiedo scusa in anticipo, ma non v'è altro.
Con gli anni ho imparato poco alla volta a non affezionarmi a nulla, non solo negli anime... ma è inutile. Quando mi cimento nella visione di un'opera vicina alla perfezione che poi però ti dà un calcio laddove non batte il sole, è come aver perso qualcosa di importante senza riuscire a ricordare cosa.
Dopo "Akame ga Kill!" ho capito che nel mondo dell'animazione giapponese sta entrando in campo una nuova metodologia di creazione, ovvero il dramma perpetuo depressivo. Kousei Arima è un ragazzo sfortunato che ha perso la madre che tanto amava, nonostante questa lo picchiasse per permettere il suo perfezionamento al pianoforte. La sua infanzia è stata segnata da frustate vere e dalla mancanza di momenti felici con i suoi unici due amici, tra cui Tsubaki. La mia visione personale sugli autori è quella di demoni senza cuore che trovano immenso godimento nel far soffrire non solo il povero protagonista fino alla fine, ma anche lo spettatore che sul finale si vede distruggere ogni speranza e ogni sogno di nuovo inizio.
Kawori Miyazono è malata, lo scopriamo dopo una manciata di episodi. Da metà serie in poi l'anime prende una piega eccessivamente drammatica, che tuttavia trasuda speranza per Kawori, senz'altro, ma anche per Arima, che si è innamorato di lei. L'autore con cruda spietatezza annienta ogni speranza nostra e di Arima, uccidendo, perché io la vedo in questa maniera, Kawori tra lacrime e paura di morire. La giovane spiega tutte le sue motivazioni in una lettera che lascia post-mortem ad Arima con come ultima frase: "Ti amo". Quell'ultima affermazione è qualcosa che porterebbe, nella realtà, una persona al suicidio.
La rabbia del sottoscritto sta sì nella scelta dell'autore ma soprattutto nelle motivazioni di tale scelta. Sono assolutamente certo che la scelta di un finale cosi tremendamente ricolmo di tristezza è semplicemente la diretta conseguenza di ricerca di "notizia". Perché il dramma fa notizia, fa scena e piace alla critica. Non c'è spazio per la pietà e per un dolce sollievo finale (attenzione, questa frase è diretta allo spettatore come per il protagonista Arima Kousei). Tsubaki che ha sempre amato Kousei rimarrà la seconda scelta, Kousei penserà fino alla morte a Kawori e, nonostante tutto ciò che ha passato, dovrà continuare a vivere con un moralistico "la vita è bella".
Fine parte contenente spoiler
Molti parlano di anime dell'anno, opera stupenda, toccante e indimenticabile. Io vorrei... dimenticarla, perché giocare a fare Dio in un'opera, sia questa un libro o un anime, è segno, a mio modo di vedere, di depravazione e soffusa cattiveria. Credo che il pubblico si dividerà nel giudicare "Shigatsu wa Kimi no Uso"; sicuramente la critica lo acclamerà gridando al capolavoro, io no. La leggerezza con la quale l'autore si è divertito, giocando con il futuro e i sentimenti del protagonista dell'opera, è la massima espressione di demenza umana. Qualcuno dirà: "E' solo un'opera di fantasia"; e io risponderò: "E' solo una questione di notorietà e affari".
Musica e poesia, interiorità e quotidianità, gioia e dolore, vita e morte, amore e odio, facce della stessa medaglia che si sovrappongono e danno vita a un capolavoro animato di ventidue episodi, "Shigatsu wa Kimi no Uso".
La storia narra di un giovane ragazzo, Kousei Arima, un pianista prodigio che però, dopo la morte di sua madre, ha smesso di suonare. Ella gli aveva impartito un'educazione severa, lui non poteva uscire di casa e giocare con gli amici perché il suo obbligo era premere quei tasti che portavano a una musica vuota, senza sentimento ed emozioni. La madre infatti, allieva di un noto maestro, gli aveva insegnato a suonare seguendo lo spartito alla lettera, "perché così era giusto fare". Questo però avrà gravi conseguenze sul giovane protagonista, che subirà gli echi di una madre dispotica e violenta. Egli non riuscirà più a sentire le note del suo piano, e ciò lo porterà ad abbandonare la musica. Sin dal primo episodio, Kousei conoscerà una ragazza, una violinista, che cercherà di indirizzarlo verso un nuovo concetto di musica: non eseguire alla lettera quel mero foglio di carta, ma farlo proprio, personalizzarlo ed eseguirlo per qualcuno, in modo da permettere alla musica di trascendere le parole, e farle esprimere tutti i propri sentimenti.
Molto interessante è il concetto di musica che ritengo importante ribadire. Altri anime simili hanno provato a dare un senso a questa espressione poetica. In "Sakamichi no Apollon" ad esempio si paragonava il jazz alla vita, in "Nodame Cantabile" la musica era vista in vari modi in base a quale personaggio si analizzava: impegno, dovere o svago e libera espressività. Qui, in "Shigatsu wa Kimi no Uso", la musica assume una concezione forse più "egoistica", che però, da pianista anche io, comprendo e appoggio.
Perchè si suona? In ogni attività che va oltre la semplice quotidianità, durante un gesto atletico o la creazione di un'opera d'arte, esistono momenti in cui ci si sente eterni, si raggiunge uno stato emotivo senza pari, in cui il proprio io è stampato nei cuori/occhi/orecchie altrui. È il caso della musica: mesi di sacrificio, sofferenza e dolore per gli allenamenti, che però verranno ripagati in quel momento magico... l'accordo finale, il silenzio del pubblico, il cuore che batte forte, la consapevolezza di aver compiuto un'impresa, tu che, da seduto davanti al pianoforte, ti alzi e ti dirigi verso la fine del palco per inchinarti davanti a quelle persone che hanno creduto in te e ora ti osservano; con ancora quelle note impresse nella loro mente tu li guardi compiaciuto e pensi: "Eccomi, sono io. Non dimenticatemi".
La musica è anche legame, trovare le motivazioni giuste e suonare per qualcuno, esprimere l'amore o l'ammirazione per una persona attraverso un mezzo più potente delle parole, in grado di raggiungere il suo cuore. Il duo piano-violino, che è metafora di un legame tra due persone, rappresenta l'influenzarsi vicendevolmente, sostenersi l'un l'altro, trovarsi sulla stessa linea di pensiero per rendere migliore questo accoppiamento di suoni e sentimenti per creare momenti indimenticabili.
Questo è "Shigatsu wa Kimi no Uso": amore per la musica, amore per chi ci sostiene, la voglia di non mollare mai, di raggiungere un obbiettivo grazie all'esistenza di un eroe/rivale, le pene d'amore adolescenziali, i drammi della vita come la perdita di persone care, vivere e combattere fino alla fine ma anche scendere a patti, perché a volte, dinanzi alla realtà, non si può far altro che accettare ciò che non si vuole.
L'apparato tecnico è di alto livello, la regia e le OST sono meravigliose, il character design è ok; se proprio dovessi trovare il pelo nell'uovo "oserei dire" che lo stile con cui vengono disegnate quelle labbra non mi piace.
Unico difetto a mio parere è la presenza a volte eccessiva di flashback già fatti vedere più volte; tutto ciò comprendo bene che è stato fatto per rafforzare alcuni concetti chiave della storia, come l'odio di Kousei per la madre, però che dire, a volte è stata troppo "martellante" questa scelta.
Un'opera molto poetica dove, alla ricerca di sé stessi, sono adolescenti alle prese con i primi amori e le difficoltà nel capire i propri sentimenti; momenti profondi, alternati da pause comiche che alleggeriranno spesso l'aria tesa che permea quest'anime. Ben gestito il tempo che hanno avuto a disposizione le varie esibizioni musicali.
Consigliato a tutti, anche se è alto il rischio noia per chi non riesce a trovare la giusta "chiave di lettura" con cui visionare quest'opera, ovvero dare particolare attenzione ai vari pensieri/ragionamenti, alla psicologia dei personaggi ed entrare in sintonia con quest'anime, lasciandosi trasportare dalle OST che non ci lasceranno mai soli.
La storia narra di un giovane ragazzo, Kousei Arima, un pianista prodigio che però, dopo la morte di sua madre, ha smesso di suonare. Ella gli aveva impartito un'educazione severa, lui non poteva uscire di casa e giocare con gli amici perché il suo obbligo era premere quei tasti che portavano a una musica vuota, senza sentimento ed emozioni. La madre infatti, allieva di un noto maestro, gli aveva insegnato a suonare seguendo lo spartito alla lettera, "perché così era giusto fare". Questo però avrà gravi conseguenze sul giovane protagonista, che subirà gli echi di una madre dispotica e violenta. Egli non riuscirà più a sentire le note del suo piano, e ciò lo porterà ad abbandonare la musica. Sin dal primo episodio, Kousei conoscerà una ragazza, una violinista, che cercherà di indirizzarlo verso un nuovo concetto di musica: non eseguire alla lettera quel mero foglio di carta, ma farlo proprio, personalizzarlo ed eseguirlo per qualcuno, in modo da permettere alla musica di trascendere le parole, e farle esprimere tutti i propri sentimenti.
Molto interessante è il concetto di musica che ritengo importante ribadire. Altri anime simili hanno provato a dare un senso a questa espressione poetica. In "Sakamichi no Apollon" ad esempio si paragonava il jazz alla vita, in "Nodame Cantabile" la musica era vista in vari modi in base a quale personaggio si analizzava: impegno, dovere o svago e libera espressività. Qui, in "Shigatsu wa Kimi no Uso", la musica assume una concezione forse più "egoistica", che però, da pianista anche io, comprendo e appoggio.
Perchè si suona? In ogni attività che va oltre la semplice quotidianità, durante un gesto atletico o la creazione di un'opera d'arte, esistono momenti in cui ci si sente eterni, si raggiunge uno stato emotivo senza pari, in cui il proprio io è stampato nei cuori/occhi/orecchie altrui. È il caso della musica: mesi di sacrificio, sofferenza e dolore per gli allenamenti, che però verranno ripagati in quel momento magico... l'accordo finale, il silenzio del pubblico, il cuore che batte forte, la consapevolezza di aver compiuto un'impresa, tu che, da seduto davanti al pianoforte, ti alzi e ti dirigi verso la fine del palco per inchinarti davanti a quelle persone che hanno creduto in te e ora ti osservano; con ancora quelle note impresse nella loro mente tu li guardi compiaciuto e pensi: "Eccomi, sono io. Non dimenticatemi".
La musica è anche legame, trovare le motivazioni giuste e suonare per qualcuno, esprimere l'amore o l'ammirazione per una persona attraverso un mezzo più potente delle parole, in grado di raggiungere il suo cuore. Il duo piano-violino, che è metafora di un legame tra due persone, rappresenta l'influenzarsi vicendevolmente, sostenersi l'un l'altro, trovarsi sulla stessa linea di pensiero per rendere migliore questo accoppiamento di suoni e sentimenti per creare momenti indimenticabili.
Questo è "Shigatsu wa Kimi no Uso": amore per la musica, amore per chi ci sostiene, la voglia di non mollare mai, di raggiungere un obbiettivo grazie all'esistenza di un eroe/rivale, le pene d'amore adolescenziali, i drammi della vita come la perdita di persone care, vivere e combattere fino alla fine ma anche scendere a patti, perché a volte, dinanzi alla realtà, non si può far altro che accettare ciò che non si vuole.
L'apparato tecnico è di alto livello, la regia e le OST sono meravigliose, il character design è ok; se proprio dovessi trovare il pelo nell'uovo "oserei dire" che lo stile con cui vengono disegnate quelle labbra non mi piace.
Unico difetto a mio parere è la presenza a volte eccessiva di flashback già fatti vedere più volte; tutto ciò comprendo bene che è stato fatto per rafforzare alcuni concetti chiave della storia, come l'odio di Kousei per la madre, però che dire, a volte è stata troppo "martellante" questa scelta.
Un'opera molto poetica dove, alla ricerca di sé stessi, sono adolescenti alle prese con i primi amori e le difficoltà nel capire i propri sentimenti; momenti profondi, alternati da pause comiche che alleggeriranno spesso l'aria tesa che permea quest'anime. Ben gestito il tempo che hanno avuto a disposizione le varie esibizioni musicali.
Consigliato a tutti, anche se è alto il rischio noia per chi non riesce a trovare la giusta "chiave di lettura" con cui visionare quest'opera, ovvero dare particolare attenzione ai vari pensieri/ragionamenti, alla psicologia dei personaggi ed entrare in sintonia con quest'anime, lasciandosi trasportare dalle OST che non ci lasceranno mai soli.
"Shigatsu wa Kimi no Uso" è l'adattamento in anime del famoso manga di Naoshi Arakawa, già vincitore del premio 37th Kodansha Manga Awards e nominato per 5th Manga Taisho nel 2013, quando il manga era ancora in corso.
La realizzazione tecnica è decisamente sopra la media, come siamo abituati dalla A-1 Pictures, inoltre, a differenza del manga, è possibile, in una realizzazione animata di un'opera che ha come sfondo principale il mondo della musica, sentire tutte le opere suonate e apprezzare anche meglio alcune metafore dell'opera, come l'aspetto di suonare aderente allo spartito o interpretare la musica secondo una propria intima visione. Al momento è ancora in trasmissione in Giappone, siamo arrivati al diciassettesimo episodio, e quindi sta entrando nel vivo dell'opera. Il manga, invece, è già terminato in Giappone la scorsa settimana e purtroppo questo cambia totalmente tutte le aspettative.
Che tale opera non fosse soltanto una romance o slice of life era ben presente fin dalle prime puntate, non solo per i traumi subiti da Arima, il protagonista genio della musica, picchiato dalla madre, che di fatto perde l'infanzia per diventare quel bambino prodigio che è, ma anche e soprattutto per la successiva morte della madre stessa e l'impossibilita di Arima di continuare a suonare. Tutto questo finché non incontra Kaori, la main heroine della storia stessa, una ragazza apparentemente solare e spensierata che trascina Arima fuori dal suo attuale mondo monocromatico e lo fa passo passo riavvicinare al mondo della musica, anche grazie al sentimento di amore che giorno dopo giorno si sviluppa nel cuore di Arima per Kaori stessa. Nel proseguo delle puntate però si scopre che anche Kaori, se non bastasse il dramma già vissuto da Arima, è ammalata, e la sua presenza nella vita di Arima con ottima probabilità ha i giorni contati.
Chiaramente, per valutare un'opera la si deve conoscere tutta, per questo quello che scrivo per completare la recensione si basa su quanto accade nel manga ormai terminato e di cui l'anime è la pedissequa trasposizione, molto fedele anche nelle linee di dialogo.
Da qui in poi faccio grandi spoiler sulla fine dell'opera, quindi per favore non scorrete sotto e non leggete se non volete rovinarvi il finale della serie stessa.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Kaori deve subire un intervento chirurgico che le permetterà di allungarle la vita, ma muore sotto i ferri. L'autore nel corso dell'opera semina moltissime "death flag"; se lo scopo sia fare abituare il lettore alla morte di Kaori o invogliarlo a credere che avverrà un colpo di scena, che non avviene, laddove faceva pensare che tutto ormai volgesse per il peggio, è impossibile saperlo.
Dopo la morte di Kaori, ad Arima giunge una lettera da Kaori stessa, in cui spiega la 'Uso' (bugia, da cui prende il titolo l'opera) che gli aveva detto il precedente aprile: conosceva Arima da quando, a cinque anni, l'aveva visto suonare, l'aveva sempre osservato da lontano e vederlo così diverso dopo la morte della madre l'aveva spronata, nonostante la sua malattia, a cercare di aiutarlo a recuperare il feeling con la musica che aveva ormai perso; non le piaceva il suo amico Watari, ma era una semplice scusa per avvicinarsi a lui, anche per frapporre distanza tra lei e Arima, sapendo che da lì a poco sarebbe morta. La lettera termina, infine, con la confessione di Kaori di avere sempre amato Arima. Fine della storia, con Arima che pensa al "prossimo aprile che sta ormai arrivando senza Kaori", dopo che il gatto nero, spesso metafora per Kaori stessa, scompare al di là di un passaggio a livello dietro un treno che passa. In buona sostanza, un trainwreck di dimensioni colossali.
Ora, ovviamente, aspettarsi un happy ending visto il tenore soprattutto degli ultimi episodi, era abbastanza pretestuoso, ma un overdrama di queste dimensioni banalizza molto l'opera, che sembrava ottimamente scritta e ottimamente svolta, con l'unica eccezione dell'arco riguardante la sorellina di Aiza, che sembra più un filler che altro, lasciando invece alla fine un senso di deprimente e angosciante tristezza. Il lettore tende a sperare in un risvolto almeno bittersweet, anche grazie al dualismo che si percepisce nell'opera tra Kaori e la madre dello stesso Arima, spesso metaforicamente reso con la presenza, tra le opere di Kreisler, non solo di Liebesleid (love's sorrow), opera preferita e suonata frequentemente dalla madre, ma anche dello spartito di Liebesfreud (love's joy), sempre di Kreisler: tristezza una e gioia l'altra quindi, ma nulla di ciò avviene. C'è solo la tristezza. Anche questo porta alla sensazione di essere stati portati a credere in qualcosa che non avviene, e la sensazione di essere stati fortemente fuorviati dall'autore.
Un dramma eccessivamente cercato per suscitare nel lettore empatia con la tragedia del personaggio e, lasciatemelo dire, anche la sfortuna di proporzioni immani di un protagonista di un'opera così "sfigato" difficilmente l'avevo visto: Arima lascia una scia di cadaveri e tristezza su tutto quello che gli ruota intorno, al punto da distruggere la suspension of disbelief in un'opera di finzione... è mai possibile che tutto vada storto e che debba esserci tutta questa angoscia per il solo scopo finale che lui torni a suonare il piano?
All'atto pratico, anche il senso della stessa opera diviene banale, con un semplice "shit happens" o, per meglio dire, con il fatto che si deve andare avanti nonostante tutte le perdite e tragedie che la vita ci fa affrontare. Alla fine della storia cosa resta?
Al di là di un incoerente comportamento di Kaori stessa, che per tutta l'opera mantiene la "bugia" per non fare soffrire Arima e alla fine invece la svela - ripeto, a mio avviso per generare l'overdrama -, rivelando anche che l'amore a senso unico che provava il protagonista era invece corrisposto: cosa può mai ottenere se non deprimerlo ulteriormente?
Ma la depressione o la somma tristezza è proprio il filo conduttore di tutta l'opera, basti pensare anche agli altri personaggi: da ogni punto di vista li si veda è tutta tristezza, eccessiva al punto da sembrare eccessivamente ricercata e appunto forzata.
Watari, a cui sembra che Kaori piaccia sul serio, viene usato da Kaori stessa per avvicinarsi ad Arima e al contempo usato per essere muro tra Arima e Kaori stessa.
Tsubaki, probabilmente nella mente di molti futuro interesse romantico di Arima, sarà sempre una seconda scelta: non è riuscita mai ad aiutare Arima fin da quando erano bambini, non ha mai fatto ciò che ha fatto Kaori in meno di un anno, anche perché odia la musica che l'ha sempre allontanata da Arima; a metà dell'opera si rende poi conto di amare Arima, ma Arima non ne è innamorato.
Kaori è morta soffrendo come un cane.
Arima è, come ripeto, il personaggio più sfigato mai visto in un anime/manga, picchiato dalla madre da bambino per diventare un pianista, non vivendo mai una vera infanzia; la madre muore, ne rimane shockato e ha il rifiuto per la musica, diventa quindi un ameba con la vita "monocromatica". In seguito incontra una ragazza e inizia nuovamente a vivere, la sua vita "prende colore", inizia nuovamente a suonare, si innamora, ma quella ragazza si comporta come se le piacesse un suo amico, perché sa di stare per morire e non vuole fare soffrire Arima. Ma alla fine Kaori cambia idea e gli confessa tutto con una lettera, dopo la sua morte, che probabilmente non fa altro che fare soffrire ancora di più Arima, perché gli spiega che l'amore che provava, nella sua testa a senso unico, era invece corrisposto. Permettetemi la battuta di cattivo gusto: una persona che passa tutti questi traumi, dopo essere diventato tossicodipendente, si impicca. E potrebbe veramente essere questo il contenuto dell'OVA che uscirà ad aprile con l'ultimo tankobon, dall'autore ormai non mi aspetto molto di più.
Sinceramente è un peccato, viste le aspettative, che l'autore l'abbia finito in modo così banale, a mio avviso, semplicemente per suscitare empatia e tristezza: le premesse facevano presagire a un capolavoro, ma un eccessiva drammatizzazione distrugge tutto, in quello che potrebbe essere sintetizzato come un "disgraziometro" di fantozziana memoria.
A pensar male, dato che nel mercato attuale si "deve" far parlare di sé, una storia così deprimente ed eccessivamente strappalacrime sicuramente fa parlare di più di una con toni meno drammatici. E infatti in molte comunità giapponesi e cinesi il malcontento è tale che addirittura alcuni pazzi hanno anche minacciato di morte l'autore stesso, cosa ancora più triste dell'opera stessa e che purtroppo non è nemmeno cosa nuova.
Un vero peccato per un'opera che si preannunciava come vero capolavoro, non solo dell'anno; il tutto si riflette nel mio voto finale che da un 9, almeno fino a metà della serie, arriva a un triste, come tutta l'opera, 3.
La realizzazione tecnica è decisamente sopra la media, come siamo abituati dalla A-1 Pictures, inoltre, a differenza del manga, è possibile, in una realizzazione animata di un'opera che ha come sfondo principale il mondo della musica, sentire tutte le opere suonate e apprezzare anche meglio alcune metafore dell'opera, come l'aspetto di suonare aderente allo spartito o interpretare la musica secondo una propria intima visione. Al momento è ancora in trasmissione in Giappone, siamo arrivati al diciassettesimo episodio, e quindi sta entrando nel vivo dell'opera. Il manga, invece, è già terminato in Giappone la scorsa settimana e purtroppo questo cambia totalmente tutte le aspettative.
Che tale opera non fosse soltanto una romance o slice of life era ben presente fin dalle prime puntate, non solo per i traumi subiti da Arima, il protagonista genio della musica, picchiato dalla madre, che di fatto perde l'infanzia per diventare quel bambino prodigio che è, ma anche e soprattutto per la successiva morte della madre stessa e l'impossibilita di Arima di continuare a suonare. Tutto questo finché non incontra Kaori, la main heroine della storia stessa, una ragazza apparentemente solare e spensierata che trascina Arima fuori dal suo attuale mondo monocromatico e lo fa passo passo riavvicinare al mondo della musica, anche grazie al sentimento di amore che giorno dopo giorno si sviluppa nel cuore di Arima per Kaori stessa. Nel proseguo delle puntate però si scopre che anche Kaori, se non bastasse il dramma già vissuto da Arima, è ammalata, e la sua presenza nella vita di Arima con ottima probabilità ha i giorni contati.
Chiaramente, per valutare un'opera la si deve conoscere tutta, per questo quello che scrivo per completare la recensione si basa su quanto accade nel manga ormai terminato e di cui l'anime è la pedissequa trasposizione, molto fedele anche nelle linee di dialogo.
Da qui in poi faccio grandi spoiler sulla fine dell'opera, quindi per favore non scorrete sotto e non leggete se non volete rovinarvi il finale della serie stessa.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Kaori deve subire un intervento chirurgico che le permetterà di allungarle la vita, ma muore sotto i ferri. L'autore nel corso dell'opera semina moltissime "death flag"; se lo scopo sia fare abituare il lettore alla morte di Kaori o invogliarlo a credere che avverrà un colpo di scena, che non avviene, laddove faceva pensare che tutto ormai volgesse per il peggio, è impossibile saperlo.
Dopo la morte di Kaori, ad Arima giunge una lettera da Kaori stessa, in cui spiega la 'Uso' (bugia, da cui prende il titolo l'opera) che gli aveva detto il precedente aprile: conosceva Arima da quando, a cinque anni, l'aveva visto suonare, l'aveva sempre osservato da lontano e vederlo così diverso dopo la morte della madre l'aveva spronata, nonostante la sua malattia, a cercare di aiutarlo a recuperare il feeling con la musica che aveva ormai perso; non le piaceva il suo amico Watari, ma era una semplice scusa per avvicinarsi a lui, anche per frapporre distanza tra lei e Arima, sapendo che da lì a poco sarebbe morta. La lettera termina, infine, con la confessione di Kaori di avere sempre amato Arima. Fine della storia, con Arima che pensa al "prossimo aprile che sta ormai arrivando senza Kaori", dopo che il gatto nero, spesso metafora per Kaori stessa, scompare al di là di un passaggio a livello dietro un treno che passa. In buona sostanza, un trainwreck di dimensioni colossali.
Ora, ovviamente, aspettarsi un happy ending visto il tenore soprattutto degli ultimi episodi, era abbastanza pretestuoso, ma un overdrama di queste dimensioni banalizza molto l'opera, che sembrava ottimamente scritta e ottimamente svolta, con l'unica eccezione dell'arco riguardante la sorellina di Aiza, che sembra più un filler che altro, lasciando invece alla fine un senso di deprimente e angosciante tristezza. Il lettore tende a sperare in un risvolto almeno bittersweet, anche grazie al dualismo che si percepisce nell'opera tra Kaori e la madre dello stesso Arima, spesso metaforicamente reso con la presenza, tra le opere di Kreisler, non solo di Liebesleid (love's sorrow), opera preferita e suonata frequentemente dalla madre, ma anche dello spartito di Liebesfreud (love's joy), sempre di Kreisler: tristezza una e gioia l'altra quindi, ma nulla di ciò avviene. C'è solo la tristezza. Anche questo porta alla sensazione di essere stati portati a credere in qualcosa che non avviene, e la sensazione di essere stati fortemente fuorviati dall'autore.
Un dramma eccessivamente cercato per suscitare nel lettore empatia con la tragedia del personaggio e, lasciatemelo dire, anche la sfortuna di proporzioni immani di un protagonista di un'opera così "sfigato" difficilmente l'avevo visto: Arima lascia una scia di cadaveri e tristezza su tutto quello che gli ruota intorno, al punto da distruggere la suspension of disbelief in un'opera di finzione... è mai possibile che tutto vada storto e che debba esserci tutta questa angoscia per il solo scopo finale che lui torni a suonare il piano?
All'atto pratico, anche il senso della stessa opera diviene banale, con un semplice "shit happens" o, per meglio dire, con il fatto che si deve andare avanti nonostante tutte le perdite e tragedie che la vita ci fa affrontare. Alla fine della storia cosa resta?
Al di là di un incoerente comportamento di Kaori stessa, che per tutta l'opera mantiene la "bugia" per non fare soffrire Arima e alla fine invece la svela - ripeto, a mio avviso per generare l'overdrama -, rivelando anche che l'amore a senso unico che provava il protagonista era invece corrisposto: cosa può mai ottenere se non deprimerlo ulteriormente?
Ma la depressione o la somma tristezza è proprio il filo conduttore di tutta l'opera, basti pensare anche agli altri personaggi: da ogni punto di vista li si veda è tutta tristezza, eccessiva al punto da sembrare eccessivamente ricercata e appunto forzata.
Watari, a cui sembra che Kaori piaccia sul serio, viene usato da Kaori stessa per avvicinarsi ad Arima e al contempo usato per essere muro tra Arima e Kaori stessa.
Tsubaki, probabilmente nella mente di molti futuro interesse romantico di Arima, sarà sempre una seconda scelta: non è riuscita mai ad aiutare Arima fin da quando erano bambini, non ha mai fatto ciò che ha fatto Kaori in meno di un anno, anche perché odia la musica che l'ha sempre allontanata da Arima; a metà dell'opera si rende poi conto di amare Arima, ma Arima non ne è innamorato.
Kaori è morta soffrendo come un cane.
Arima è, come ripeto, il personaggio più sfigato mai visto in un anime/manga, picchiato dalla madre da bambino per diventare un pianista, non vivendo mai una vera infanzia; la madre muore, ne rimane shockato e ha il rifiuto per la musica, diventa quindi un ameba con la vita "monocromatica". In seguito incontra una ragazza e inizia nuovamente a vivere, la sua vita "prende colore", inizia nuovamente a suonare, si innamora, ma quella ragazza si comporta come se le piacesse un suo amico, perché sa di stare per morire e non vuole fare soffrire Arima. Ma alla fine Kaori cambia idea e gli confessa tutto con una lettera, dopo la sua morte, che probabilmente non fa altro che fare soffrire ancora di più Arima, perché gli spiega che l'amore che provava, nella sua testa a senso unico, era invece corrisposto. Permettetemi la battuta di cattivo gusto: una persona che passa tutti questi traumi, dopo essere diventato tossicodipendente, si impicca. E potrebbe veramente essere questo il contenuto dell'OVA che uscirà ad aprile con l'ultimo tankobon, dall'autore ormai non mi aspetto molto di più.
Sinceramente è un peccato, viste le aspettative, che l'autore l'abbia finito in modo così banale, a mio avviso, semplicemente per suscitare empatia e tristezza: le premesse facevano presagire a un capolavoro, ma un eccessiva drammatizzazione distrugge tutto, in quello che potrebbe essere sintetizzato come un "disgraziometro" di fantozziana memoria.
A pensar male, dato che nel mercato attuale si "deve" far parlare di sé, una storia così deprimente ed eccessivamente strappalacrime sicuramente fa parlare di più di una con toni meno drammatici. E infatti in molte comunità giapponesi e cinesi il malcontento è tale che addirittura alcuni pazzi hanno anche minacciato di morte l'autore stesso, cosa ancora più triste dell'opera stessa e che purtroppo non è nemmeno cosa nuova.
Un vero peccato per un'opera che si preannunciava come vero capolavoro, non solo dell'anno; il tutto si riflette nel mio voto finale che da un 9, almeno fino a metà della serie, arriva a un triste, come tutta l'opera, 3.