My Oni Girl
"Mi chiedi qual è stato il mio più grande progresso? Ho cominciato a essere amico di me stesso" (L. A. Seneca)
Mannaggia, sono incappato nuovamente in un'opera che mixa l'elemento fantasy (possibilmente anche legato al folklore nipponico) e il coming of age, in questo caso poco tormentato ma anche un po' banale.
"My Oni Girl" è un'opera originale dello Studio Colorido del 2024 ("Penguin Highway", "Miyo - Un amore felino", "La casa tra le onde"), e da quanto ho potuto capire, è del tutto coerente con le precedenti opere prodotte dallo Studio con, in questo caso, un occhio di particolare riguardo verso il pubblico più giovane.
Ed ecco che, per sviluppare una trama (un po' debolina e anche un po' deja-vu) che possa andare sul sicuro per colpire l'interesse dei ragazzi, viene introdotto un doppio coming of age, maschile e femminile, ma anche tra mondo reale e quello fantastico dei demoni (oni).
Un mix già visto in diverse opere (Miyazaki e Shinkai?), che non sembra innovare un granché e che al termine della visione lascia una sensazione di incompiutezza, sebbene ben realizzato a livello tecnico.
I protagonisti sono Yatsuse Hiiragi e Tsumugi. Il primo è il solito studente delle superiori riservato, tanto che sia a scuola sia a casa non riesce ad affermarsi e farsi valere. La sua esistenza svolta con un incontro quasi magico con Tsumugi, una ragazza molto originale (e speciale, vista la sua natura di demone - oni) al limite dello strambo a cui offre ospitalità per la notte.
Questo incontro li porterà a intraprendere un viaggio in autonomia verso il tempio dove Tsumugi era diretta per ritrovare i suoi genitori.
Il viaggio è un po' il leit motiv del film animato, come metafora della crescita, che i due inizieranno ad affrontare e in cui comprenderanno i lori sentimenti, le loro aspirazioni, e prenderanno consapevolezza di sé e di ciò che scopriranno di provare l'uno per l'altra.
Di recente mi è capitato di vedere un altro film, ben più famoso, con una impostazione simile: "Suzume". Lungi da me qualsiasi forma di confronto, ma, sebbene "My Oni girl" abbia un comparto tecnico buono, non è assolutamente paragonabile alla magnificenza immaginifica di M. Shinkai, al netto di una trama parzialmente sovrapponibile, che mi costringe a pensare che il mondo dell'animazione giapponese non stia vivendo un momento particolarmente positivo in termini di creatività, probabilmente soggiogata a logiche esclusivamente "commerciali".
Sono probabilmente molti i temi affrontati dal film: oltre a quelli citati anche la commistione tra universi/mondi diversi, le relazioni tra genitori e figli, il riuscire ad esprimere le proprie idee e riuscire a viverle anche nell'errore, il non sentirsi adeguati nella realtà in cui si vive, ecc. Peccato che sono pennellati in modo esile e troppo superficiale e quasi fanciullesco, tanto da far sembrare la storia una sorta di fiabetta classica che al termine della visione lascia poco o nulla su cui meditare... E i personaggi, soprattutto i protagonisti, restano in cerca di una caratterizzazione che li renda tridimensionali e realistici e non una sequela di cliché del genere, con i soliti genitori di contorno che si limitano a prendere atto delle "intemperanze" dei figli senza intervenire in modo credibile, ottusamente autoritari o assenti cronici e giustificatori seriali.
Se "My Oni Girl" pecca di una sceneggiatura troppo improntata ai buoni sentimenti e che non riesce a colpire neppure nel finale, in cui tutti i temi sembrano risolversi in modo "happy ending", l'animazione, chara-design e fondali, tra colori accesi e saturi con una cura non comune al world building e ai dettagli di ambienti, e un character design piuttosto piacevole, rendono ancor più stridente il contrasto con la sceneggiatura non definibile entusiasmante.
Un vero peccato per un prodotto che avrebbe potuto ritagliarsi ben altra considerazione e non finire nel mucchio dei soliti "replicanti", un po' andando anche in contraddizione con il messaggio che vorrebbe trasmettere: essere sé stesso e originale e non quello che impone il mainstream.
Mannaggia, sono incappato nuovamente in un'opera che mixa l'elemento fantasy (possibilmente anche legato al folklore nipponico) e il coming of age, in questo caso poco tormentato ma anche un po' banale.
"My Oni Girl" è un'opera originale dello Studio Colorido del 2024 ("Penguin Highway", "Miyo - Un amore felino", "La casa tra le onde"), e da quanto ho potuto capire, è del tutto coerente con le precedenti opere prodotte dallo Studio con, in questo caso, un occhio di particolare riguardo verso il pubblico più giovane.
Ed ecco che, per sviluppare una trama (un po' debolina e anche un po' deja-vu) che possa andare sul sicuro per colpire l'interesse dei ragazzi, viene introdotto un doppio coming of age, maschile e femminile, ma anche tra mondo reale e quello fantastico dei demoni (oni).
Un mix già visto in diverse opere (Miyazaki e Shinkai?), che non sembra innovare un granché e che al termine della visione lascia una sensazione di incompiutezza, sebbene ben realizzato a livello tecnico.
I protagonisti sono Yatsuse Hiiragi e Tsumugi. Il primo è il solito studente delle superiori riservato, tanto che sia a scuola sia a casa non riesce ad affermarsi e farsi valere. La sua esistenza svolta con un incontro quasi magico con Tsumugi, una ragazza molto originale (e speciale, vista la sua natura di demone - oni) al limite dello strambo a cui offre ospitalità per la notte.
Questo incontro li porterà a intraprendere un viaggio in autonomia verso il tempio dove Tsumugi era diretta per ritrovare i suoi genitori.
Il viaggio è un po' il leit motiv del film animato, come metafora della crescita, che i due inizieranno ad affrontare e in cui comprenderanno i lori sentimenti, le loro aspirazioni, e prenderanno consapevolezza di sé e di ciò che scopriranno di provare l'uno per l'altra.
Di recente mi è capitato di vedere un altro film, ben più famoso, con una impostazione simile: "Suzume". Lungi da me qualsiasi forma di confronto, ma, sebbene "My Oni girl" abbia un comparto tecnico buono, non è assolutamente paragonabile alla magnificenza immaginifica di M. Shinkai, al netto di una trama parzialmente sovrapponibile, che mi costringe a pensare che il mondo dell'animazione giapponese non stia vivendo un momento particolarmente positivo in termini di creatività, probabilmente soggiogata a logiche esclusivamente "commerciali".
Sono probabilmente molti i temi affrontati dal film: oltre a quelli citati anche la commistione tra universi/mondi diversi, le relazioni tra genitori e figli, il riuscire ad esprimere le proprie idee e riuscire a viverle anche nell'errore, il non sentirsi adeguati nella realtà in cui si vive, ecc. Peccato che sono pennellati in modo esile e troppo superficiale e quasi fanciullesco, tanto da far sembrare la storia una sorta di fiabetta classica che al termine della visione lascia poco o nulla su cui meditare... E i personaggi, soprattutto i protagonisti, restano in cerca di una caratterizzazione che li renda tridimensionali e realistici e non una sequela di cliché del genere, con i soliti genitori di contorno che si limitano a prendere atto delle "intemperanze" dei figli senza intervenire in modo credibile, ottusamente autoritari o assenti cronici e giustificatori seriali.
Se "My Oni Girl" pecca di una sceneggiatura troppo improntata ai buoni sentimenti e che non riesce a colpire neppure nel finale, in cui tutti i temi sembrano risolversi in modo "happy ending", l'animazione, chara-design e fondali, tra colori accesi e saturi con una cura non comune al world building e ai dettagli di ambienti, e un character design piuttosto piacevole, rendono ancor più stridente il contrasto con la sceneggiatura non definibile entusiasmante.
Un vero peccato per un prodotto che avrebbe potuto ritagliarsi ben altra considerazione e non finire nel mucchio dei soliti "replicanti", un po' andando anche in contraddizione con il messaggio che vorrebbe trasmettere: essere sé stesso e originale e non quello che impone il mainstream.
Premetto che il film mi è piaciuto, anche se senza esagerare, ho purtroppo poco da dire a riguardo: la trama risente del fatto di essere abbastanza esile, tutto viene risolto con dei colpi scena - forzature in genere fantastiche che servono per colpire, e con tale effetto coprire la mancanza di idee logiche.
C’è chi dice che ormai film così ne spuntano in continuazione, film che hanno poco da dire e che vengono fatti con lo stampino: secondo me un film deve innanzitutto intrattenere, poi, se lo staff ci riesce, può anche essere portatore di un messaggio. Il messaggio è lo spettatore che lo legge, un regista può mettere mille messaggi, ma se non vengono capiti, è inutile, invece un altro regista può non metterne nessuno e per le leggi del caso sembrare profondo.
Io di Tomotaka Shibayama non ho visto niente, e dunque mi sono avvicinato a questa sua opera senza pregiudizi: non è come Miyazaki o Shinkai, che tutti considerano mostri sacri, e quindi ci sono grandi aspettative. Questo regista ha fatto un buon lavoro dal punto di vista tecnico, lo studio Colorido ha fatto un buon lavoro con i disegni. Di questo studio ho già visto molti film, e devo ammettere che ci mette molto fantastico nei suoi film, evitando le spiegazioni o disincagliandosi da situazioni che non sa risolvere diversamente. In sé la cosa non è del tutto un male, ma ciò fa alla lunga pensare che non abbia sceneggiatori all’altezza.
La storia parla di un liceale, Hiiragi, che tenta di sembrare sicuro di sé, ma in realtà è introverso e timido, onde per cui non riesce a dire di no a nessuno, fino al giorno in cui incontra una ragazza oni chiamata Tsumugi in cerca della madre, di qui una storia di crescita e d’amore.
Comunque, se a “La casa fra le onde” ho dato sei e mezzo, a questo posso dare anche un voto in più. Vada per il sette e mezzo.
C’è chi dice che ormai film così ne spuntano in continuazione, film che hanno poco da dire e che vengono fatti con lo stampino: secondo me un film deve innanzitutto intrattenere, poi, se lo staff ci riesce, può anche essere portatore di un messaggio. Il messaggio è lo spettatore che lo legge, un regista può mettere mille messaggi, ma se non vengono capiti, è inutile, invece un altro regista può non metterne nessuno e per le leggi del caso sembrare profondo.
Io di Tomotaka Shibayama non ho visto niente, e dunque mi sono avvicinato a questa sua opera senza pregiudizi: non è come Miyazaki o Shinkai, che tutti considerano mostri sacri, e quindi ci sono grandi aspettative. Questo regista ha fatto un buon lavoro dal punto di vista tecnico, lo studio Colorido ha fatto un buon lavoro con i disegni. Di questo studio ho già visto molti film, e devo ammettere che ci mette molto fantastico nei suoi film, evitando le spiegazioni o disincagliandosi da situazioni che non sa risolvere diversamente. In sé la cosa non è del tutto un male, ma ciò fa alla lunga pensare che non abbia sceneggiatori all’altezza.
La storia parla di un liceale, Hiiragi, che tenta di sembrare sicuro di sé, ma in realtà è introverso e timido, onde per cui non riesce a dire di no a nessuno, fino al giorno in cui incontra una ragazza oni chiamata Tsumugi in cerca della madre, di qui una storia di crescita e d’amore.
Comunque, se a “La casa fra le onde” ho dato sei e mezzo, a questo posso dare anche un voto in più. Vada per il sette e mezzo.