The Legend of Mahjong: Akagi
Ci troviamo di fronte sicuramente a un'opera particolare per tematiche di fondo, personaggio principale e character design.
Il campo da gioco (letteralmente in questo caso) su sui agisce quest'opera è il mahjong, gioco d'azzardo di origine cinese che ha avuto grande diffusione, con qualche variante, anche in Giappone. Non è questa la sede per descrivere il gioco nei particolari, ma qualche informazione si può dare: lo scopo del gioco è ottenere il maggior numero di punti possibile e questi punti si ottengono formando varie combinazioni con i tasselli che capitano in sorte, combinazioni che valgono più o meno punti a seconda della loro complessità.
Nel Giappone post bellico della ripresa economica, yakuza e ladri di polli assortiti che si divertono a giocare d'azzardo fanno un incontro sconvolgente: incrociano sulla loro strada il Kami del Mahjong, Akagi, il quale mostrerà la sua mostruosa superiorità in questo gioco (imparato dal ragazzo sul momento) per tutte ventisei le puntate, e ci appassionerà con virtuosismi assortiti e mosse al cardiopalma.
Proprio il protagonista è una delle ragioni per cui quest'opera di animazione merita di essere vista: Akagi non è un uomo, egli, pur avendo questo talento straordinario, non si arricchisce, egli non prova debolezze né tantomeno prova sentimenti. Questo assoluto vuoto potrebbe portare a pensare a un personaggio senza personalità tipico di operette di bassa lega, invece è proprio questa la forza di Akagi: il suo non-carattere mi ha convinto del fatto che Fukumoto abbia voluto creare la personificazione dell'azzardo, tema tanto caro a quest'autore. Akagi è metafora personificata del gioco fine a sé stesso (infatti non trae profitto), del gioco a cui si partecipa solo per adrenalina e quando si ha voglia (infatti gioca solo quando vuole e se ritiene la sfida interessante).
Alla peculiarità del personaggio principale si aggiunge la peculiarità del tratto di Fukumoto: i profili appuntiti e i nasi squadrati sono a mio parere perfetti per dare atmosfera a un mondo sordido e aspro come quello delle bische clandestine.
La voce narrante (che ad alcuni potrà sembrare invadente) riesce, assieme alle musiche, a dare sempre ritmo e a interessare sempre lo spettatore.
Originalità a tutto tondo, questo è il motivo del mio voto alto. L'azione è poca, sviluppandosi la trama su un gioco da tavolo, quindi a maggior ragione è apprezzabile la capacità di calamitare l'attenzione del pubblico (con due esplosioni e un seno mezzo nudo stile ecchi sono tutti bravi).
Non ho dato il massimo perché ha un finale aperto (anche se io ritengo che, essendo solo un viaggio nel fantasmagorico mondo dell'azzardo, non ci sia bisogno di un finale): motivo di questa scelta è che quest'opera è un prequel di un manga di Fukumoto intitolato: "Ten Tenna Toori no Kaidanji". Altro suo "limite" (e allo stesso tempo punto di forza) è il tema, nel senso che prima bisogna farsi un infarinatura del gioco per poter gustare appieno questo anime.
Il campo da gioco (letteralmente in questo caso) su sui agisce quest'opera è il mahjong, gioco d'azzardo di origine cinese che ha avuto grande diffusione, con qualche variante, anche in Giappone. Non è questa la sede per descrivere il gioco nei particolari, ma qualche informazione si può dare: lo scopo del gioco è ottenere il maggior numero di punti possibile e questi punti si ottengono formando varie combinazioni con i tasselli che capitano in sorte, combinazioni che valgono più o meno punti a seconda della loro complessità.
Nel Giappone post bellico della ripresa economica, yakuza e ladri di polli assortiti che si divertono a giocare d'azzardo fanno un incontro sconvolgente: incrociano sulla loro strada il Kami del Mahjong, Akagi, il quale mostrerà la sua mostruosa superiorità in questo gioco (imparato dal ragazzo sul momento) per tutte ventisei le puntate, e ci appassionerà con virtuosismi assortiti e mosse al cardiopalma.
Proprio il protagonista è una delle ragioni per cui quest'opera di animazione merita di essere vista: Akagi non è un uomo, egli, pur avendo questo talento straordinario, non si arricchisce, egli non prova debolezze né tantomeno prova sentimenti. Questo assoluto vuoto potrebbe portare a pensare a un personaggio senza personalità tipico di operette di bassa lega, invece è proprio questa la forza di Akagi: il suo non-carattere mi ha convinto del fatto che Fukumoto abbia voluto creare la personificazione dell'azzardo, tema tanto caro a quest'autore. Akagi è metafora personificata del gioco fine a sé stesso (infatti non trae profitto), del gioco a cui si partecipa solo per adrenalina e quando si ha voglia (infatti gioca solo quando vuole e se ritiene la sfida interessante).
Alla peculiarità del personaggio principale si aggiunge la peculiarità del tratto di Fukumoto: i profili appuntiti e i nasi squadrati sono a mio parere perfetti per dare atmosfera a un mondo sordido e aspro come quello delle bische clandestine.
La voce narrante (che ad alcuni potrà sembrare invadente) riesce, assieme alle musiche, a dare sempre ritmo e a interessare sempre lo spettatore.
Originalità a tutto tondo, questo è il motivo del mio voto alto. L'azione è poca, sviluppandosi la trama su un gioco da tavolo, quindi a maggior ragione è apprezzabile la capacità di calamitare l'attenzione del pubblico (con due esplosioni e un seno mezzo nudo stile ecchi sono tutti bravi).
Non ho dato il massimo perché ha un finale aperto (anche se io ritengo che, essendo solo un viaggio nel fantasmagorico mondo dell'azzardo, non ci sia bisogno di un finale): motivo di questa scelta è che quest'opera è un prequel di un manga di Fukumoto intitolato: "Ten Tenna Toori no Kaidanji". Altro suo "limite" (e allo stesso tempo punto di forza) è il tema, nel senso che prima bisogna farsi un infarinatura del gioco per poter gustare appieno questo anime.
Qual è il confine tra un rischio calcolato e un'insensata ricerca del brivido ad ogni costo? Quali ragioni possono portare a scommettere la propria vita fino all'ultima goccia di sangue?
In questa serie animata avremo modo di osservare l'evoluzione, anzi la "discesa nell'oscurità", per citare l'anime stesso, del protagonista che risponde appunto al nome di Akagi.
Egli è, per sua stessa ammissione, un reietto senza particolari ambizioni nella propria vita, il cui unico interesse è il denaro. Per ottenerlo però non commetterà azioni criminali, ma si limiterà a mettere sé stesso in gioco quanto più gli è possibile, e l'occasione gli viene fornita quando all'inizio della serie egli si ritroverà quasi per caso a giocare una partita di Mahjong iniziata da un'altra persona.
Inizialmente il protagonista pare non conoscere il gioco e gli viene spiegato in pochi minuti da colui che stava giocando quella partita, prima di avere l'occasione di "cedere" il suo posto. Cercherò brevemente di spiegare come funziona il gioco, sebbene mi scuso già per gli errori che potrei fare; si tratta di un gioco molto complesso da comprendere appieno, almeno a mio parere.
Il Mahjong è un antico gioco da tavolo cinese in cui si utilizzano 144 tessere divise in vari semi (cerchi, bambù, caratteri), oltre ad altre tessere che prendono il nome di Draghi, Onori, ecc. Di ogni tessera singola ne esistono quattro copie, si gioca in quattro e all'inizio della partita a ognuno viene data una mano di tessere con la quale dovranno costruire una serie di combinazioni (ad esempio: numerose coppie-tris-"poker" di tessere uguali, scale di tre tessere di uno stesso seme, ecc.) e guadagneranno punti in funzione di esse. Oltre alle tessere iniziali, ad ogni turno ogni giocatore pesca una tessera ed è quindi costretto a scartare una tessera; il giocatore successivo può quindi reclamare quello scarto e utilizzarlo per completare una propria combinazione. Questo gioco è molto comune in Giappone e in Cina e ha una certa popolarità in America, mentre in Italia viene giocato poco, ma ha comunque una federazione ufficiale che ne ha stabilito le regole "italiane". In ogni caso, cercando un po' su internet si può trovare gratuitamente una versione demo di un simulatore di mahjong per provare come funziona il gioco, contro avversari computerizzati.
Ritornando alla serie, come ho detto prima il protagonista si ritrova a continuare una partita che stava andando piuttosto male. Grazie alle sue capacità riuscirà a capovolgerne le sorti, meravigliando tanto i suoi avversari quanto colui che gli aveva ceduto il posto. La serie si svolgerà quindi in modo piuttosto lineare, facendoci vedere altri avversari e andando anche avanti negli anni con il proseguire degli episodi.
Di quest'anime ho apprezzato molto lo stile, che, dopo essersi abituati al chara, appare a mio parere anche adeguato per rappresentare le espressioni dei giocatori. Ho trovato molto bella anche la colonna sonora, con molti pezzi differenti, dalla melodia semplice ma efficace, e che riescono a mantenere l'attenzione viva. Non mi è piaciuta invece la parziale ripetitività della serie, poiché ciò che succede con il primo avversario si ripeterà bene o male con gli altri, ossia vedremo le partite del gioco svolgersi una dopo l'altra seguendo le mosse dei giocatori.
E' una serie quindi che si lascia vedere volentieri, purché si riesca a seguire l'andamento della partita, mentre se si finisce col "perdersi" un po' come è capitato a me, poiché non ricordo tutte le regole e le strategie nel tenere una tessera piuttosto che un'altra, può risultare un po' noiosa in certi punti. Ammetto che ho seguito le ultime dieci puntate circa giusto per non lasciare a metà la serie, in quanto per il resto sapevo cosa aspettarmi.
Non sono rimasto deluso dal finale e ho apprezzato molto la caratterizzazione degli avversari e il loro modo di comportarsi di fronte alla tensione della partita.
Mi sentirei di consigliare questa serie a chiunque piacciano i calcoli e/o i giochi di ragionamento, oppure agli amanti del rischio.
In questa serie animata avremo modo di osservare l'evoluzione, anzi la "discesa nell'oscurità", per citare l'anime stesso, del protagonista che risponde appunto al nome di Akagi.
Egli è, per sua stessa ammissione, un reietto senza particolari ambizioni nella propria vita, il cui unico interesse è il denaro. Per ottenerlo però non commetterà azioni criminali, ma si limiterà a mettere sé stesso in gioco quanto più gli è possibile, e l'occasione gli viene fornita quando all'inizio della serie egli si ritroverà quasi per caso a giocare una partita di Mahjong iniziata da un'altra persona.
Inizialmente il protagonista pare non conoscere il gioco e gli viene spiegato in pochi minuti da colui che stava giocando quella partita, prima di avere l'occasione di "cedere" il suo posto. Cercherò brevemente di spiegare come funziona il gioco, sebbene mi scuso già per gli errori che potrei fare; si tratta di un gioco molto complesso da comprendere appieno, almeno a mio parere.
Il Mahjong è un antico gioco da tavolo cinese in cui si utilizzano 144 tessere divise in vari semi (cerchi, bambù, caratteri), oltre ad altre tessere che prendono il nome di Draghi, Onori, ecc. Di ogni tessera singola ne esistono quattro copie, si gioca in quattro e all'inizio della partita a ognuno viene data una mano di tessere con la quale dovranno costruire una serie di combinazioni (ad esempio: numerose coppie-tris-"poker" di tessere uguali, scale di tre tessere di uno stesso seme, ecc.) e guadagneranno punti in funzione di esse. Oltre alle tessere iniziali, ad ogni turno ogni giocatore pesca una tessera ed è quindi costretto a scartare una tessera; il giocatore successivo può quindi reclamare quello scarto e utilizzarlo per completare una propria combinazione. Questo gioco è molto comune in Giappone e in Cina e ha una certa popolarità in America, mentre in Italia viene giocato poco, ma ha comunque una federazione ufficiale che ne ha stabilito le regole "italiane". In ogni caso, cercando un po' su internet si può trovare gratuitamente una versione demo di un simulatore di mahjong per provare come funziona il gioco, contro avversari computerizzati.
Ritornando alla serie, come ho detto prima il protagonista si ritrova a continuare una partita che stava andando piuttosto male. Grazie alle sue capacità riuscirà a capovolgerne le sorti, meravigliando tanto i suoi avversari quanto colui che gli aveva ceduto il posto. La serie si svolgerà quindi in modo piuttosto lineare, facendoci vedere altri avversari e andando anche avanti negli anni con il proseguire degli episodi.
Di quest'anime ho apprezzato molto lo stile, che, dopo essersi abituati al chara, appare a mio parere anche adeguato per rappresentare le espressioni dei giocatori. Ho trovato molto bella anche la colonna sonora, con molti pezzi differenti, dalla melodia semplice ma efficace, e che riescono a mantenere l'attenzione viva. Non mi è piaciuta invece la parziale ripetitività della serie, poiché ciò che succede con il primo avversario si ripeterà bene o male con gli altri, ossia vedremo le partite del gioco svolgersi una dopo l'altra seguendo le mosse dei giocatori.
E' una serie quindi che si lascia vedere volentieri, purché si riesca a seguire l'andamento della partita, mentre se si finisce col "perdersi" un po' come è capitato a me, poiché non ricordo tutte le regole e le strategie nel tenere una tessera piuttosto che un'altra, può risultare un po' noiosa in certi punti. Ammetto che ho seguito le ultime dieci puntate circa giusto per non lasciare a metà la serie, in quanto per il resto sapevo cosa aspettarmi.
Non sono rimasto deluso dal finale e ho apprezzato molto la caratterizzazione degli avversari e il loro modo di comportarsi di fronte alla tensione della partita.
Mi sentirei di consigliare questa serie a chiunque piacciano i calcoli e/o i giochi di ragionamento, oppure agli amanti del rischio.
Le recensioni precedenti hanno già a sufficenza illustrato il valore artistico di quest'anime, veramente bello e intenso come solo i classici sanno essere. Mi limito a qualche nota supplementare basata su un raffronto fra questa serie e la successiva "Kaiji - ultimate survivors". L'unico tratto comune fra le due serie è l'essere ambientate nel sotto-mondo del gioco d'azzardo clandestino. Per il resto Akagi e Kaiji sono personaggi agli antipodi. Akagi è il vero giocatore d'azzardo, che gioca per la scarica di adrenalina, per il brivido che si corre nel mettere in gioco la vita. I soldi non lo interessano, il successo sociale nemmeno. La sua personalità è fortissima, senza esitazioni, senza autocompatimenti. Per questo ha un totale sangue freddo, una completa concentrazione nel gioco: il suo solo piacere è quello di imporre le sue strategie di gioco all'avversario, annientandolo.
Akagi è il classico eroe superuomo, tipo Conte di Montecristo o Sherlock Holmes, un genio che non deve dimostrare niente a nessuno, nemmeno a se stesso.
Kaiji, invece, è un balordo di mezza tacca, pieno di frustrazioni e aspirazioni irrisolte. Lui gioca per i soldi, non per il gioco in sé. Ma il suo gioco non ha motivazioni propriamente economiche: i soldi gli servono sopratutto come mezzo di affermazione personale e sociale. Questo gli impedisce di essere un giocatore freddo e lucido: non riesce a dominare le sue emozioni nei momenti veramente decisivi e questo gli fa perdere di vista molte possibilità di vittoria. Kaiji è il classico giocatore che si fa trascinare in un gioco al continuo rialzo fino a quando perde tutto, non sa uscire quando è vincente perché vuole fare il grande colpo con cui dimostrerà a tutti e a se stesso di essere un vero uomo, creatore del suo destino. Rispetto ad Agaki, tuttavia, Kaiji è moralmente buono: nelle sue avventure si rifiuta più volte di vincere a costo di uccidere o rovinare i suoi compagni di sventura, anzi ne salverà uno dalla rovina. Akagi, invece, è un a-morale e un solitario: non fa del male a nessuno ma nemmeno aiuta gli altri.
Personalmente mi sono identificato maggiormente in Kaiji e questo mi ha dato un'emozione molto forte, quasi insopportabile: alcune puntate ho dovuto saltarle, mi turbavano troppo. Ma dal punto di vista narrativo trovo Akagi superiore: non a caso lo definisco un classico. In parte la maggiore distanza emotiva rispetto al protagonista mi ha permesso di seguire meglio la narrazione. In parte la narrazione in sé è stata meglio strutturata, il racconto è più serrato e logico. In sintesi: Akagi mi ha dato più soddisfazione, Kaiji mi ha dato più emozione.
Una nota di merito va alla sigla di apertura di Akagi, forse la più bella di sempre per un anime.
Buona visione a tutti - per entrambe le serie, ovviamente.
Akagi è il classico eroe superuomo, tipo Conte di Montecristo o Sherlock Holmes, un genio che non deve dimostrare niente a nessuno, nemmeno a se stesso.
Kaiji, invece, è un balordo di mezza tacca, pieno di frustrazioni e aspirazioni irrisolte. Lui gioca per i soldi, non per il gioco in sé. Ma il suo gioco non ha motivazioni propriamente economiche: i soldi gli servono sopratutto come mezzo di affermazione personale e sociale. Questo gli impedisce di essere un giocatore freddo e lucido: non riesce a dominare le sue emozioni nei momenti veramente decisivi e questo gli fa perdere di vista molte possibilità di vittoria. Kaiji è il classico giocatore che si fa trascinare in un gioco al continuo rialzo fino a quando perde tutto, non sa uscire quando è vincente perché vuole fare il grande colpo con cui dimostrerà a tutti e a se stesso di essere un vero uomo, creatore del suo destino. Rispetto ad Agaki, tuttavia, Kaiji è moralmente buono: nelle sue avventure si rifiuta più volte di vincere a costo di uccidere o rovinare i suoi compagni di sventura, anzi ne salverà uno dalla rovina. Akagi, invece, è un a-morale e un solitario: non fa del male a nessuno ma nemmeno aiuta gli altri.
Personalmente mi sono identificato maggiormente in Kaiji e questo mi ha dato un'emozione molto forte, quasi insopportabile: alcune puntate ho dovuto saltarle, mi turbavano troppo. Ma dal punto di vista narrativo trovo Akagi superiore: non a caso lo definisco un classico. In parte la maggiore distanza emotiva rispetto al protagonista mi ha permesso di seguire meglio la narrazione. In parte la narrazione in sé è stata meglio strutturata, il racconto è più serrato e logico. In sintesi: Akagi mi ha dato più soddisfazione, Kaiji mi ha dato più emozione.
Una nota di merito va alla sigla di apertura di Akagi, forse la più bella di sempre per un anime.
Buona visione a tutti - per entrambe le serie, ovviamente.
Akagi è l'anime precursore del ben più famoso Kaiji, prodotto nel 2005.
La trama
La storia si dirama seguendo la vita di un misterioso ragazzo, Akagi Shigeru, che di lì a poco sarebbe diventato un campione di mahjong. Suddivideremo l'intera serie in tre sezioni diverse: la prima, in cui Akagi è ancora giovane e mostra le sue incredibili doti, e le altre due, definibili come un "after story", in cui assisteremo a un Akagi più grande e con doti ben più affinate di gioco. La particolarità di quest'anime, come per Kaiji, è il saper tenere sotto pressione, anche se in sé e per sé non è un anime per tutti, visto anche l'argomento di cui parla, che è veramente molto ricercato.
Lato tecnico
Per essere un anime del 2005 Akagi presenta un ottimo comparto grafico e sonoro. La grafica è la prima che balza all'occhio: elaborata e originale, veramente strana e austera, ma piacevole da osservare una volta abituatisi allo stile. Dal punto di vista sonoro ci sono poche tracce ma ben definite e ottime per i momenti più concitati.
Commento finale
In definitivo, Akagi è un bell'anime che comporta diverse limitazioni: primo tra tutti i limiti è proprio l'argomento di cui parla l'anime, non adatto a tutti. Secondo limite sta nella crudezza di alcune immagini e nella follia dei personaggi, che possono facilmente colpire chi non è abituato a quest'anime. Lo consiglio? Solo a chi ha già visto Kaiji.
Voto finale: 8.
La trama
La storia si dirama seguendo la vita di un misterioso ragazzo, Akagi Shigeru, che di lì a poco sarebbe diventato un campione di mahjong. Suddivideremo l'intera serie in tre sezioni diverse: la prima, in cui Akagi è ancora giovane e mostra le sue incredibili doti, e le altre due, definibili come un "after story", in cui assisteremo a un Akagi più grande e con doti ben più affinate di gioco. La particolarità di quest'anime, come per Kaiji, è il saper tenere sotto pressione, anche se in sé e per sé non è un anime per tutti, visto anche l'argomento di cui parla, che è veramente molto ricercato.
Lato tecnico
Per essere un anime del 2005 Akagi presenta un ottimo comparto grafico e sonoro. La grafica è la prima che balza all'occhio: elaborata e originale, veramente strana e austera, ma piacevole da osservare una volta abituatisi allo stile. Dal punto di vista sonoro ci sono poche tracce ma ben definite e ottime per i momenti più concitati.
Commento finale
In definitivo, Akagi è un bell'anime che comporta diverse limitazioni: primo tra tutti i limiti è proprio l'argomento di cui parla l'anime, non adatto a tutti. Secondo limite sta nella crudezza di alcune immagini e nella follia dei personaggi, che possono facilmente colpire chi non è abituato a quest'anime. Lo consiglio? Solo a chi ha già visto Kaiji.
Voto finale: 8.
Nobuyuki Fukumoto è un fumettista giapponese pressoché sconosciuto in Italia, autore di numerose serie e one-shot ancora inedite da noi. Nella sua patria i suoi fumetti a base di gioco d'azzardo, piani machiavellici e critica sociale riscuotono ben altro successo al punto che le sue due serie più famose, ovvero Kaiji e Akagi, sono state trasposte in versione animata.
Ambientato nel Giappone del dopoguerra, l'opera si concentra sulla figura del suo protagonista, Shigeru Akagi, un giovane che si prepara a percorrere il suo cammino di leggenda del mahjong. Il punto focale della storia è infatti rappresentato da lunghe partite, nella maggior parte gestite da yakuza senza scrupoli e con la posta in gioco che si fa sempre più alta. Cosa che però rappresenta un incentivo agli occhi del nostro protagonista: per Akagi infatti il senso del gioco d'azzardo non sta nel vincere, ma nel gusto perverso di mettere in palio poste sempre più grandi fino a rischiare la propria vita per futili motivi; il risultato finale è quello di trasformare ogni partita in un duello mortale fatto di giocate e pianificazioni accurate. Non è un caso che i capelli del nostro antieroe siano di colore bianco, il colore che in Giappone si associa con la morte.
Akagi non è certo un anime dai tempi serrati: i match sono lenti ma i ritmi rilassati non danno alcun fastidio, anzi permettono di entrare meglio nei meccanismi del gioco e nelle menti dei giocatori impegnati ad ingannare il proprio avversario cercando di intuire il loro modo di ragionare.
Bisogna doverosamente spendere qualche parola sul tratto di Fukumotoi: il suo stile è decisamente peculiare e i suoi personaggi dai nasoni puntuti potrebbero sembrare sgraziati o addirittura brutti, ma in realtà si abbinano perfettamente all'atmosfera. Similmente una nota di plauso va alla colonna sonora, la cui punta di diamante è sicuramente la splendida sigla di apertura che crea una riuscita dissonanza tra il suo testo e gli argomenti trattati dall'anime.
L'unico difetto da segnalare è un finale affrettato che tronca lo scontro più appassionante proprio durante il suo climax. Con la speranza di poter vedere un seguito oppure un film posso comunque dire che anche così l'intera opera rimane godibile.
In conclusione, Akagi è una serie da guardare nonostante l'ostacolo che potrebbe rappresentare il non conoscere le regole del mahjong e che descrive in maniera intelligente il fascino morboso che il gioco d'azzardo da sempre esercita sull'uomo.
Ambientato nel Giappone del dopoguerra, l'opera si concentra sulla figura del suo protagonista, Shigeru Akagi, un giovane che si prepara a percorrere il suo cammino di leggenda del mahjong. Il punto focale della storia è infatti rappresentato da lunghe partite, nella maggior parte gestite da yakuza senza scrupoli e con la posta in gioco che si fa sempre più alta. Cosa che però rappresenta un incentivo agli occhi del nostro protagonista: per Akagi infatti il senso del gioco d'azzardo non sta nel vincere, ma nel gusto perverso di mettere in palio poste sempre più grandi fino a rischiare la propria vita per futili motivi; il risultato finale è quello di trasformare ogni partita in un duello mortale fatto di giocate e pianificazioni accurate. Non è un caso che i capelli del nostro antieroe siano di colore bianco, il colore che in Giappone si associa con la morte.
Akagi non è certo un anime dai tempi serrati: i match sono lenti ma i ritmi rilassati non danno alcun fastidio, anzi permettono di entrare meglio nei meccanismi del gioco e nelle menti dei giocatori impegnati ad ingannare il proprio avversario cercando di intuire il loro modo di ragionare.
Bisogna doverosamente spendere qualche parola sul tratto di Fukumotoi: il suo stile è decisamente peculiare e i suoi personaggi dai nasoni puntuti potrebbero sembrare sgraziati o addirittura brutti, ma in realtà si abbinano perfettamente all'atmosfera. Similmente una nota di plauso va alla colonna sonora, la cui punta di diamante è sicuramente la splendida sigla di apertura che crea una riuscita dissonanza tra il suo testo e gli argomenti trattati dall'anime.
L'unico difetto da segnalare è un finale affrettato che tronca lo scontro più appassionante proprio durante il suo climax. Con la speranza di poter vedere un seguito oppure un film posso comunque dire che anche così l'intera opera rimane godibile.
In conclusione, Akagi è una serie da guardare nonostante l'ostacolo che potrebbe rappresentare il non conoscere le regole del mahjong e che descrive in maniera intelligente il fascino morboso che il gioco d'azzardo da sempre esercita sull'uomo.
Akagi è una chicca dell'animazione giapponese. È tratto dall'omonimo manga di Nobuyuki Fukumoto, attualmente interrotto al volume 24.
Partiamo dal presupposto che la serie si basa sul Mahjong, gioco da tavolo di origine asiatica prettamente sconosciuto in Italia - nonostante esista una Federazione italiana Mahjong - e che necessita di una infarinatura generale delle regole.
Perché serve l'infarinatura? Semplice, per immedesimarsi al meglio nel genio sfrenato di Akagi, giocatore di Mahjong improvvisato che verrà ricordato negli anni come "la leggenda" negli ambienti della malavita.
Anni '60, Giappone in piena ricostruzione post-bellica. È notte, fuori piove a dirotto e il povero Nangou è intento in una partita di Mahjong insieme a tre esponenti della Yakuza, a cui deve dei soldi. Il signor Nangou gioca per ripianare i propri debiti, ma ogni mossa si rivela vana. È in una situazione disperata e invoca qualcuno che lo tiri fuori dalla situazione alquanto spinosa. All'improvviso, un ragazzino bagnato fradicio entra nella sala scommesse e Nangou, per guadagnare un po' di tempo, afferma che il ragazzino è suo nipote.
Il gioco continua, Nangou ha una mano favorevole, ma non vuole rischiare, quindi decide di scartare la tessera che gli permetterebbe una probabile vittoria. Sarà il ragazzino a fermarlo in tempo e fargli notare che il suo tipo di gioco, quello di Nangou, manca dell'essenziale, manca del rischio, dell'azzardo: "Bisogna essere pronti a morire per vivere".
Il nome del ragazzino è Akagi e subentrerà al posto di Nangou nel gioco d'azzardo apprendendo turno dopo turno le regole del Mahjong. Il talento di Akagi si rivela fuori dall'ordinario, sbaragliando il trio di Yakuza e il loro asso nella manica. La leggenda ha inizio!
L'anime ripercorre la giovinezza di Akagi, il genio che è disceso nell'oscurità, e lo fa in maniera assolutamente fantastica. Nel corso delle ventisei puntate vediamo sia l'Akagi ragazzino che l'Akagi un po' più adulto (infatti, c'è un salto temporale a circa un terzo della serie) a confronto con i campioni delle famiglie yakuza. Ciò che colpisce è che anche un approccio leggero al gioco del mahjong non inficia la godibilità dell'opera in sé. Certo, come ho detto prima, conoscere le regole, la disposizione delle tessere, le varie combinazioni aiuta e non poco a immedesimarsi nelle strategie di gioco, ma anche uno spettatore novello può godersi il genio di Akagi all'opera con i suoi Tsumo o i suoi Ron. Soprattutto quando riesce a mettere in scacco i suoi avversari con invisibili sotterfugi, scambi di tessere repentini, imbrogli a regola d'arte. I giochi si svolgono maggiormente negli ambienti malavitosi, dove l'onore personale è ciò che conta, onore per il quale si è pronti anche ad amputarsi un dito o ben altro. Akagi è anche questo, un piccolo spaccato della malavita giapponese che molti avranno apprezzato, almeno spero, nelle opere di Takeshi Kitano sulla yakuza moderna, ambiente criminale dove tuttora sussistono riti e costumi più che decennali prima citati.
La maturità dei temi di Akagi sta proprio nel carisma del protagonista, il quale ragiona, pensa, agisce in maniera totalmente differente da ogni altra persona; Akagi mette in gioco la propria vita come se non fosse niente, rischia il rotto della cuffia per puro piacere d'azzardo, attirando le ansie dello spettatore. È difficile riconoscersi nella figura di Akagi, egli rimane una figura con un'aura magica, divina, irraggiungibile, totalmente l'opposto di un altro personaggio importante di Fukumoto, cioè Kaiji.
Degna di nota è la colonna sonora, composta da Taniuchi Hideki. Un mix perfetto di brani strumentali che accompagna egregiamente ogni scena dell'anime, elevando l'atmosfera creatasi a puro piacere sensoriale. Immensa è anche l'opening Nantokanare, cantata dai Fluid, piacevoli le due ending.
Per chi crede che il chara design sia strano, brutto, mal disegnato... beh, posso solo dire che si sbaglia di grosso. Il tratto è funzionale al taglio dell'opera, ai suoi temi, alle sue atmosfere.
Akagi nasce come spin-off del manga Ten – Tenna Toori no Kaidanji, dove è presente un Akagi di mezz'età, nuovamente a confronto in epiche partite di mahjong.
La trasposizione anime di Akagi ripercorre quindi la giovinezza del leggendario protagonista, soffermandosi sulla maturazione e fioritura del suo talento innato, definito addirittura divino. Il non-finale della serie non è da vedere in senso negativo, quindi. È possibile ritrovare il genio di Akagi, seppur più maturo, fra le pagine di Ten, ma la serie anime rimane godibilissima per quella che è.
Nient'altro da aggiungere.
Anzi no: guardatelo!
Partiamo dal presupposto che la serie si basa sul Mahjong, gioco da tavolo di origine asiatica prettamente sconosciuto in Italia - nonostante esista una Federazione italiana Mahjong - e che necessita di una infarinatura generale delle regole.
Perché serve l'infarinatura? Semplice, per immedesimarsi al meglio nel genio sfrenato di Akagi, giocatore di Mahjong improvvisato che verrà ricordato negli anni come "la leggenda" negli ambienti della malavita.
Anni '60, Giappone in piena ricostruzione post-bellica. È notte, fuori piove a dirotto e il povero Nangou è intento in una partita di Mahjong insieme a tre esponenti della Yakuza, a cui deve dei soldi. Il signor Nangou gioca per ripianare i propri debiti, ma ogni mossa si rivela vana. È in una situazione disperata e invoca qualcuno che lo tiri fuori dalla situazione alquanto spinosa. All'improvviso, un ragazzino bagnato fradicio entra nella sala scommesse e Nangou, per guadagnare un po' di tempo, afferma che il ragazzino è suo nipote.
Il gioco continua, Nangou ha una mano favorevole, ma non vuole rischiare, quindi decide di scartare la tessera che gli permetterebbe una probabile vittoria. Sarà il ragazzino a fermarlo in tempo e fargli notare che il suo tipo di gioco, quello di Nangou, manca dell'essenziale, manca del rischio, dell'azzardo: "Bisogna essere pronti a morire per vivere".
Il nome del ragazzino è Akagi e subentrerà al posto di Nangou nel gioco d'azzardo apprendendo turno dopo turno le regole del Mahjong. Il talento di Akagi si rivela fuori dall'ordinario, sbaragliando il trio di Yakuza e il loro asso nella manica. La leggenda ha inizio!
L'anime ripercorre la giovinezza di Akagi, il genio che è disceso nell'oscurità, e lo fa in maniera assolutamente fantastica. Nel corso delle ventisei puntate vediamo sia l'Akagi ragazzino che l'Akagi un po' più adulto (infatti, c'è un salto temporale a circa un terzo della serie) a confronto con i campioni delle famiglie yakuza. Ciò che colpisce è che anche un approccio leggero al gioco del mahjong non inficia la godibilità dell'opera in sé. Certo, come ho detto prima, conoscere le regole, la disposizione delle tessere, le varie combinazioni aiuta e non poco a immedesimarsi nelle strategie di gioco, ma anche uno spettatore novello può godersi il genio di Akagi all'opera con i suoi Tsumo o i suoi Ron. Soprattutto quando riesce a mettere in scacco i suoi avversari con invisibili sotterfugi, scambi di tessere repentini, imbrogli a regola d'arte. I giochi si svolgono maggiormente negli ambienti malavitosi, dove l'onore personale è ciò che conta, onore per il quale si è pronti anche ad amputarsi un dito o ben altro. Akagi è anche questo, un piccolo spaccato della malavita giapponese che molti avranno apprezzato, almeno spero, nelle opere di Takeshi Kitano sulla yakuza moderna, ambiente criminale dove tuttora sussistono riti e costumi più che decennali prima citati.
La maturità dei temi di Akagi sta proprio nel carisma del protagonista, il quale ragiona, pensa, agisce in maniera totalmente differente da ogni altra persona; Akagi mette in gioco la propria vita come se non fosse niente, rischia il rotto della cuffia per puro piacere d'azzardo, attirando le ansie dello spettatore. È difficile riconoscersi nella figura di Akagi, egli rimane una figura con un'aura magica, divina, irraggiungibile, totalmente l'opposto di un altro personaggio importante di Fukumoto, cioè Kaiji.
Degna di nota è la colonna sonora, composta da Taniuchi Hideki. Un mix perfetto di brani strumentali che accompagna egregiamente ogni scena dell'anime, elevando l'atmosfera creatasi a puro piacere sensoriale. Immensa è anche l'opening Nantokanare, cantata dai Fluid, piacevoli le due ending.
Per chi crede che il chara design sia strano, brutto, mal disegnato... beh, posso solo dire che si sbaglia di grosso. Il tratto è funzionale al taglio dell'opera, ai suoi temi, alle sue atmosfere.
Akagi nasce come spin-off del manga Ten – Tenna Toori no Kaidanji, dove è presente un Akagi di mezz'età, nuovamente a confronto in epiche partite di mahjong.
La trasposizione anime di Akagi ripercorre quindi la giovinezza del leggendario protagonista, soffermandosi sulla maturazione e fioritura del suo talento innato, definito addirittura divino. Il non-finale della serie non è da vedere in senso negativo, quindi. È possibile ritrovare il genio di Akagi, seppur più maturo, fra le pagine di Ten, ma la serie anime rimane godibilissima per quella che è.
Nient'altro da aggiungere.
Anzi no: guardatelo!
Sebbene di Mahjong non ne capisca nulla, questa serie mi ha preso fin dal primo episodio.
Come si può notare dallo stile dei disegni alquanto "Nasuti" lo scrittore è lo stesso di "Kaiji: Ultimate Survivor " e anche il plot in qualche modo rispecchia quell'anime. Il protagonista entra infatti quasi per caso nel mondo delle scommesse clandestine e si rivela praticamente un genio riuscendo a sbaragliare i più forti giocatori della malavita puntando, per farlo, anche la propria vita.
L'unica pecca è che la serie si conclude proprio nella fase culminante del match finale contro il super mega mafioso di turno in cui in gioco ci sono niente popo di meno che i fluidi vitali del protagonista. Sperando in un film conclusivo o qualcosa del genere raccomando caldamente la visione.
Come si può notare dallo stile dei disegni alquanto "Nasuti" lo scrittore è lo stesso di "Kaiji: Ultimate Survivor " e anche il plot in qualche modo rispecchia quell'anime. Il protagonista entra infatti quasi per caso nel mondo delle scommesse clandestine e si rivela praticamente un genio riuscendo a sbaragliare i più forti giocatori della malavita puntando, per farlo, anche la propria vita.
L'unica pecca è che la serie si conclude proprio nella fase culminante del match finale contro il super mega mafioso di turno in cui in gioco ci sono niente popo di meno che i fluidi vitali del protagonista. Sperando in un film conclusivo o qualcosa del genere raccomando caldamente la visione.
"Akagi Shigeru, l'uomo che discese fin nel profondo dell'oscurita', per poi risalirne e diventarne il re".
Può la follia di un uomo, unita ad una intelligenza superiore, portare nel chaos più completo il mondo della malavita organizzata del Giappone degli anni '60? La risposta è ovviamente sì, almeno a giudicare da quello che accade nella vicenda di Akagi.
Giappone, anni 60. Una sala da scommesse. Quattro persone riunite che giocano a Mahjong. Non certo per divertirsi, ma bensì per decidere il fato di una vita: tre di questi, sono importanti membri della Yakuza, mentre l'ultimo è un pover'uomo che, indebitato fino al collo, ha deciso di rischiare il tutto per tutto in un match. Però, l'agitazione, la preoccupazione che lo assalgono gli rendono impossibile giocare al meglio, tanto che il poveretto è ormai gia' rassegnato al suo triste destino. Fino a che, quasi come se il demonio in persona avesse riscritto il libro del destino, la porta del locale fu varcata da un tredicenne sporco di fango e sabbia... E, mentre il poveretto si sta preparando a concludere l'ultimo (terribile) turno di gioco (che avrebbe, senza ombra di dubbio, portato all sua sconfitta), ecco che il destino iniziò a compiersi: "Sei un codardo". Così, nell'oscurita', il ragazzino che neppure conosceva le regole del Mahjong, iniziò a dimostrare il suo grande intuito (o la sua follia?). Inaspettatamente, il poveretto decide di lasciare giocare Akagi al suo posto, dopo avergli spiegato solo le regole fondamentali del gioco... ma per Akagi questo non era sufficente. Dimostrando una incredibile calma, una intelligenza superiore, e uno stile di gioco talmente folle e assurdo da far si che in futuro tutti lo chiamassero "Il demonio", il ragazzo riuscira' a salvare il poveretto dagli abissi della morte. Ma questo a lui non basta... come Akagi stesso dira', "Il fine stesso del gioco d'azzardo, è portare a una morte inutile". Non solo ripaga il debito, ma pretendera' di farlo triplicare, QUADRUPLICARE, e aumentare sempre di più la posta in gioco. Non gli importava di morire (giocare con la Yakuza non è bene), ma se avesse vinto, voleva ottenere così tanti soldi da quelle persone... da portarle alla morte...
Questo, in estrema sintesi, il primo episodio di Akagi, questo anime straordinario che, sfortunatamente, ho avuto modo di visionare solo in tempi recenti. L'avventura del (prima) giovane Akagi nei 10 anni della sua vita che l'anime copre (diversamente dal manga, eccessivamente lungo per una trasposizione completa) ci mostra il cammino che egli compira', che lo portera' a scendere sempre maggiormente negli abissi dell'oscurita'... fino a portarlo a scontrarsi con un vero e proprio "demonio" del mondo della malavita. Ed è questo che rende l'anime un qualcosa di davvero straordinario: il protagonista. Akagi non cerca mai di fuggire, ne cerca la soluzione più semplice per vincere. Ogni sua partita è una guerra psicologica contro i suoi avversari, che finoscono per lo più sempre con l'impazzire per altro. Vincere in parte, o perdere ma senza rischio, sono cose assolutamente irrilevanti per Akagi... che del resto sembra vivere proprio per avere una morte "Inutile", come spesso ripetera' nell'anime parlando del gioco d'Azzardo. Questo, e molto altro ancora ci sarebbe da dire sulla trama, ma troppo rischierebbe di essere spoilerato (e fidatevi, non vorreste farvi MAI spoilerare questa splendida vicenda). Akagi non è semplicemente un anime di gioco, ma è un anime sulla condizione umana, sulla miseria e sulla sofferenza, ambientato nel terribile mondo delle ingiustizie, del denaro sporco, delle morti inutili. In una parola: guardatelo.
Per quanto riguarda il lato puramente tecnico, c'è da dire che Akagi è forse l'anime peggio disegnato che abbia mai visto in vita. Però, lo stile del disegno, è comunque incredibilmente carismatico, e alla fine ci si ritrova per farselo piacere. Ottimo anche il comparto audio (Meravigliosa la sigla iniziale, "Nantokanare", perfetta per simboleggiare la tristezza che permea l'anime). Peccato per il finale (che ovviamente non spoilererò), che sembra eccessivamente forzato e da' per scontato troppe cose. In ogni caso, un anime da vedere, ma soprattutto da rispettare.
Può la follia di un uomo, unita ad una intelligenza superiore, portare nel chaos più completo il mondo della malavita organizzata del Giappone degli anni '60? La risposta è ovviamente sì, almeno a giudicare da quello che accade nella vicenda di Akagi.
Giappone, anni 60. Una sala da scommesse. Quattro persone riunite che giocano a Mahjong. Non certo per divertirsi, ma bensì per decidere il fato di una vita: tre di questi, sono importanti membri della Yakuza, mentre l'ultimo è un pover'uomo che, indebitato fino al collo, ha deciso di rischiare il tutto per tutto in un match. Però, l'agitazione, la preoccupazione che lo assalgono gli rendono impossibile giocare al meglio, tanto che il poveretto è ormai gia' rassegnato al suo triste destino. Fino a che, quasi come se il demonio in persona avesse riscritto il libro del destino, la porta del locale fu varcata da un tredicenne sporco di fango e sabbia... E, mentre il poveretto si sta preparando a concludere l'ultimo (terribile) turno di gioco (che avrebbe, senza ombra di dubbio, portato all sua sconfitta), ecco che il destino iniziò a compiersi: "Sei un codardo". Così, nell'oscurita', il ragazzino che neppure conosceva le regole del Mahjong, iniziò a dimostrare il suo grande intuito (o la sua follia?). Inaspettatamente, il poveretto decide di lasciare giocare Akagi al suo posto, dopo avergli spiegato solo le regole fondamentali del gioco... ma per Akagi questo non era sufficente. Dimostrando una incredibile calma, una intelligenza superiore, e uno stile di gioco talmente folle e assurdo da far si che in futuro tutti lo chiamassero "Il demonio", il ragazzo riuscira' a salvare il poveretto dagli abissi della morte. Ma questo a lui non basta... come Akagi stesso dira', "Il fine stesso del gioco d'azzardo, è portare a una morte inutile". Non solo ripaga il debito, ma pretendera' di farlo triplicare, QUADRUPLICARE, e aumentare sempre di più la posta in gioco. Non gli importava di morire (giocare con la Yakuza non è bene), ma se avesse vinto, voleva ottenere così tanti soldi da quelle persone... da portarle alla morte...
Questo, in estrema sintesi, il primo episodio di Akagi, questo anime straordinario che, sfortunatamente, ho avuto modo di visionare solo in tempi recenti. L'avventura del (prima) giovane Akagi nei 10 anni della sua vita che l'anime copre (diversamente dal manga, eccessivamente lungo per una trasposizione completa) ci mostra il cammino che egli compira', che lo portera' a scendere sempre maggiormente negli abissi dell'oscurita'... fino a portarlo a scontrarsi con un vero e proprio "demonio" del mondo della malavita. Ed è questo che rende l'anime un qualcosa di davvero straordinario: il protagonista. Akagi non cerca mai di fuggire, ne cerca la soluzione più semplice per vincere. Ogni sua partita è una guerra psicologica contro i suoi avversari, che finoscono per lo più sempre con l'impazzire per altro. Vincere in parte, o perdere ma senza rischio, sono cose assolutamente irrilevanti per Akagi... che del resto sembra vivere proprio per avere una morte "Inutile", come spesso ripetera' nell'anime parlando del gioco d'Azzardo. Questo, e molto altro ancora ci sarebbe da dire sulla trama, ma troppo rischierebbe di essere spoilerato (e fidatevi, non vorreste farvi MAI spoilerare questa splendida vicenda). Akagi non è semplicemente un anime di gioco, ma è un anime sulla condizione umana, sulla miseria e sulla sofferenza, ambientato nel terribile mondo delle ingiustizie, del denaro sporco, delle morti inutili. In una parola: guardatelo.
Per quanto riguarda il lato puramente tecnico, c'è da dire che Akagi è forse l'anime peggio disegnato che abbia mai visto in vita. Però, lo stile del disegno, è comunque incredibilmente carismatico, e alla fine ci si ritrova per farselo piacere. Ottimo anche il comparto audio (Meravigliosa la sigla iniziale, "Nantokanare", perfetta per simboleggiare la tristezza che permea l'anime). Peccato per il finale (che ovviamente non spoilererò), che sembra eccessivamente forzato e da' per scontato troppe cose. In ogni caso, un anime da vedere, ma soprattutto da rispettare.