Kabaneri of the Iron Fortress
Non vi dirò la trama, perché il sito lo fa già, e sarebbe inutile, questa è una recensione, non una trama.
Allora, vi dico subito che, se vi sembra di vedere "Attack on Titan", non siete voi il problema; non ho verificato, ma dai modi di disegnare la storia e tutto il complesso acustico penso sia fatto dagli stessi creatori de "L'attacco dei giganti". Questo anime a me non è dispiaciuto, però penso che i creatori abbiano cercato di usare l'onda positiva de "L'attacco dei giganti" in questo anime, finendo solo per creare un simile che però non raggiunge le aspettative, e quindi delude, perché automaticamente si fa il confronto con l'altro grande anime; detto ciò, però ripeto, è bello, nel senso che, se sentite dire non sia originale, probabilmente ci si riferisce appunto a queste similitudini tra i due anime. Ma non è assolutamente vero che non sia originale, perché ha la sua storia, i suoi personaggi e la sua identità (anche se, sì, si sente tanto la similitudine con "L'attacco dei giganti" e può dare l'idea non essere una storia nuova); se lo guardate però senza pensare a ciò, è molto carino sia per storia, disegni e le solite meravigliose OST che questa casa offre. Vi anticipo subito che sono dodici episodi più due film, che sono solo le puntate unite in un "riassunto", e poi un terzo film che è il sequel della storia principale! Quindi, 'skippate' i primi due film e guardate solo il terzo!
A me è piaciuto, mi piacciono molto i due personaggi principali (anche se è molto simile a "L'attacco dei giganti" la situazione del protagonista maschile ) e il resto!
Allora, vi dico subito che, se vi sembra di vedere "Attack on Titan", non siete voi il problema; non ho verificato, ma dai modi di disegnare la storia e tutto il complesso acustico penso sia fatto dagli stessi creatori de "L'attacco dei giganti". Questo anime a me non è dispiaciuto, però penso che i creatori abbiano cercato di usare l'onda positiva de "L'attacco dei giganti" in questo anime, finendo solo per creare un simile che però non raggiunge le aspettative, e quindi delude, perché automaticamente si fa il confronto con l'altro grande anime; detto ciò, però ripeto, è bello, nel senso che, se sentite dire non sia originale, probabilmente ci si riferisce appunto a queste similitudini tra i due anime. Ma non è assolutamente vero che non sia originale, perché ha la sua storia, i suoi personaggi e la sua identità (anche se, sì, si sente tanto la similitudine con "L'attacco dei giganti" e può dare l'idea non essere una storia nuova); se lo guardate però senza pensare a ciò, è molto carino sia per storia, disegni e le solite meravigliose OST che questa casa offre. Vi anticipo subito che sono dodici episodi più due film, che sono solo le puntate unite in un "riassunto", e poi un terzo film che è il sequel della storia principale! Quindi, 'skippate' i primi due film e guardate solo il terzo!
A me è piaciuto, mi piacciono molto i due personaggi principali (anche se è molto simile a "L'attacco dei giganti" la situazione del protagonista maschile ) e il resto!
La recensione tiene conto anche del lungometraggio del 2019.
Partiamo dalla fine: premesso che anche un finale del genere ci starebbe, una seconda stagione non sarebbe male. Ci sono ancora una marea di cose da spiegare riguardo quel mondo caotico, ma perlomeno qua in Italia la serie non sembra aver avuto un grande seguito. Quindi temo che sia difficile vedere un vero proseguimento, a parte un film che insieme ad altri due lungometraggi riassuntivi dà una sorta di possibile chiusura del racconto, che col solo dodicesimo episodio della serie regolare sarebbe stata piuttosto deludente.
Quindi, se vogliamo, una delle grandi pecche di questa serie è proprio il finale un po' incerto. Abbiamo poi uno sviluppo dei personaggi che non ho trovato così avvincente e alcuni avvenimenti un po' 'comodi' in ottica del proseguimento della trama (tipo come, in un paio di situazioni, i 'cattivoni' si facciano prendere dalla sindrome del cattivone da cartone animato e aspettano che i 'buoni' facciano i loro comodi, per poi essere fregati da questi ultimi).
Ma ora veniamo ad una delle cose più importanti per un anime di questo genere: le animazioni. I combattimenti sono piuttosto spettacolari con movimenti alla "Matrix" e tante altre 'tamarrate' che fanno divertire non poco, se si ha gusto per queste cose, il tutto accompagnato da un disegno che a tratti è bellissimo. Il design del protagonista ha un che di nostalgico, mi ricorda un po' un personaggio degli anni '80; alla protagonista invece sono stati dedicati alcuni frame in cui davvero sembra uscita da un dipinto, fatta con grande cura, oltre ad essere il fulcro delle scene di azione più belle della serie.
Il comparto sonoro è senza infamia e senza lode, da sottolineare però il doppiaggio, con il protagonista che è dotato di una voce davvero peculiare: non saprei definire come, ma più profonda di quello che mi sarei aspettato da un main character del suo genere; personalmente, ho apprezzato questo particolare.
Dunque, posso dire questo: è un capolavoro? No. Intrattiene? Cacchio, sì se lo fa! Vale assolutamente la pena dargli un'occhiata. E chissà che in futuro il dio degli anime non voglia benedirci con una vera seconda stagione per completare l'opera!
P.S. Se si ha un debole per i personaggi femminili muscolosi (non faccio nomi per non rovinare la sorpresa), evitate di guardarlo con la famiglia! boner alert
Partiamo dalla fine: premesso che anche un finale del genere ci starebbe, una seconda stagione non sarebbe male. Ci sono ancora una marea di cose da spiegare riguardo quel mondo caotico, ma perlomeno qua in Italia la serie non sembra aver avuto un grande seguito. Quindi temo che sia difficile vedere un vero proseguimento, a parte un film che insieme ad altri due lungometraggi riassuntivi dà una sorta di possibile chiusura del racconto, che col solo dodicesimo episodio della serie regolare sarebbe stata piuttosto deludente.
Quindi, se vogliamo, una delle grandi pecche di questa serie è proprio il finale un po' incerto. Abbiamo poi uno sviluppo dei personaggi che non ho trovato così avvincente e alcuni avvenimenti un po' 'comodi' in ottica del proseguimento della trama (tipo come, in un paio di situazioni, i 'cattivoni' si facciano prendere dalla sindrome del cattivone da cartone animato e aspettano che i 'buoni' facciano i loro comodi, per poi essere fregati da questi ultimi).
Ma ora veniamo ad una delle cose più importanti per un anime di questo genere: le animazioni. I combattimenti sono piuttosto spettacolari con movimenti alla "Matrix" e tante altre 'tamarrate' che fanno divertire non poco, se si ha gusto per queste cose, il tutto accompagnato da un disegno che a tratti è bellissimo. Il design del protagonista ha un che di nostalgico, mi ricorda un po' un personaggio degli anni '80; alla protagonista invece sono stati dedicati alcuni frame in cui davvero sembra uscita da un dipinto, fatta con grande cura, oltre ad essere il fulcro delle scene di azione più belle della serie.
Il comparto sonoro è senza infamia e senza lode, da sottolineare però il doppiaggio, con il protagonista che è dotato di una voce davvero peculiare: non saprei definire come, ma più profonda di quello che mi sarei aspettato da un main character del suo genere; personalmente, ho apprezzato questo particolare.
Dunque, posso dire questo: è un capolavoro? No. Intrattiene? Cacchio, sì se lo fa! Vale assolutamente la pena dargli un'occhiata. E chissà che in futuro il dio degli anime non voglia benedirci con una vera seconda stagione per completare l'opera!
P.S. Se si ha un debole per i personaggi femminili muscolosi (non faccio nomi per non rovinare la sorpresa), evitate di guardarlo con la famiglia! boner alert
In quello che sembra essere l’epoca moderna nel Giappone, il mondo viene sconvolto da un virus che trasforma le persone in cadaveri. L’umanità, per proteggersi da questa pandemia, costruisce delle fortezze in grado di proteggere le persone al loro interno. Queste fortezze, che si collegano con altre tramite dei treni che portano notizie e approvvigionamento, vengono usate anche da alcune milizie per svolgere missioni di sterminio contro i cadaveri, i quali però non fanno che aumentare sempre più. Purtroppo in pochi sanno come uccidere i cadaveri, infatti il loro cuore si presenta (fonte del loro funzionamento) troppo duro da rompere, perché le armi convenzionali non funzionano contro di loro. Ikoma, un normale addetto alla manutenzione dei treni, cerca di sviluppare di nascosto un modo per poter fermare il virus e allo stesso costruire un’arma capace di abbatterli. Come in qualsiasi anime apocalittico, la pace non dura per molto, tanto che in uno di quei treni di rifornimento appaiono, al posto delle persone, dei cadaveri. Questi, riuscendo a sopraffare tutti gli individui presenti nel treno, riescono a entrare nella città in cui vive Ikoma, facendone strage degli abitanti. La vicenda vedrà Ikoma realizzare i suoi desideri, scoprendo il modo con cui abbatterli e diventare, per colpa di un cadavere, proprio uno di loro, senza però trasformarsi del tutto, acquistandone però la loro innata resistenza. Nel suo viaggio, per sfuggire ai cadaveri, riuscirà a trasmettere la sua conoscenza anche chi non saprà difendersi, imbattendosi in un mezzo cadavere come lui (una ragazza di nome Mumei), insieme ad altri sopravvissuti.
Ambientazione
Il treno, essendo in questo anime sia un simbolo di salvezza che di morte quando le cose volgono al peggio, è un elemento importante che noteremo ben presente nella maggior parte degli episodi. Attraverso esso, vedremo molti paesaggi desertici e paesi distrutti, tipici di un mondo alla rovina. A questo stato di decadenza, noteremo però che alcune città si distinguono da altre, proprio perché alcune risultano essere meno sviluppate. Fin da subito, quindi, possiamo capire che i protagonisti vivono in un mondo in cui è in corso quell’espansione scientifica tipica della prima Rivoluzione Industriale. Nel contesto si avvicina molto a quello di “Attack on Titan” (il regista è lo stesso), perché anch’esso si sviluppa proprio in quell’era. Sostanzialmente “AOT” ci lascia di stucco maggiormente, nascondendoci la verità e presentando, per molto tempo, un luogo rinascimentale, privo delle tecnologie che caratterizzano invece fin da subito “Kabaneri of the Iron Fortress”. Allo stesso tempo non si può parlare quindi dell’ambientazione come qualcosa di originale, perché prende grande spunto proprio dalla serie di “AOT” (anche come inquadratura di certe scene epiche).
La cosa che però può dare fastidio è proprio il fatto che il Giappone non si presenta come reale, bensì uno alternativo. Lo steampunk si potrà anche mischiare con la storia, creando delle ambientazioni ottimali, ma storce però il naso pensare a come sia possibile che una residenza del “Medioevo”, presentata (tutta in legno) in maniera abbastanza fatiscente, sia collegata attraverso tubi moderni e altoparlanti, rendendo la rappresentazione dell’atmosfera del passato abbastanza dimenticabile.
Animazione
L’animazione è di pregevole fattura, ma presenta anch’essa dei difetti. Per la prima metà dell’anime, vengono rappresentati dei cadaveri, di carnagione più scura e con qualche deformazione, che, tutto sommato, si presentano abbastanza credibili per un anime di tipo splatter d’orrore. In generale è di ottima fattura in tutte quelle situazioni che possiamo chiamare “tranquille e normali” all’interno dell’opera. Dalla seconda parte in poi vengono invece trasmesse scene che si avvicinano all’imbarazzante, tra cui l'orribile trasformazione di un personaggio dell'opera in una forma più evoluta di mezzo cadavere o la morte di un solo personaggio legato ai protagonisti. In aggiunta a questo esempio, troveremo anche tante altre irragionevoli situazione che potranno probabilmente causare una perdita di “hype”, specialmente per quelli che invece avranno apprezzato le scene d’azione iniziali.
Sceneggiatura e regia
Questi due punti sono abbastanza complicati da spiegare. L’opera si presenta altalenante, soprattutto per quella seconda metà che si discosta non poco dalla prima. Difatti, l’inizio dell’opera si presenta come un viaggio, irto di ostacoli e violenza, il cui tema risulta essere la sopravvivenza in un mondo ormai distorto. Mi sarei soprattutto aspettato che si valorizzaste il tema della coalizione. Questo però non succede, cedendo il posto al dramma di una storia, abbastanza sceneggiata sul momento, che viaggia sui temi quali il tradimento e il terrore. Una sorta di darwinismo sociale in chiave ormai ben ampiamente rivista in tante altre opere post-apocalittiche. Questo ha comportato una serie di azioni sconclusionate che hanno svalutato all’ultimo un’opera che poteva benissimo raggiungere vette elevate. In dodici episodi viene rappresentato di tutto e di più, attuando un processo che mira a concentrare molti temi di un certo spessore in poco tempo. Difatti è proprio per questo motivo che si notano frequentamene molti tagli da parte della regia.
L’anime ci presenta anche la morte di umani per mano di altri umani, cambiando totalmente le carte in regola e presentandoci un mondo ancor peggiore di quanto lo fosse già prima. Questa trama d’orrore poteva regalare forti soddisfazioni nel caso si fosse dato spazio a una durata maggiore, arrivando a rappresentare degli antagonisti caratterialmente meglio sviluppati e non relegati a essere mere marionette dei propri desideri. Sarà anche un anime particolarmente violento e degno di rivaleggiare con altri del suo genere, ma sono appena sufficienti le basi per poter rappresentare l’intensità di quei temi che vengono percepiti quando l’umanità si ritrova a stretto contatto con delle difficoltà apparentemente impossibili da risolvere.
Personaggi
Agli antagonisti male sviluppati si contrappongo dei protagonisti che invece rendono meglio, portandoci un po’ di soddisfazione. L’influenza del popolo che si presenta dubbioso (e anche incoerente in certe situazioni) e privo di fiducia verso Ikoma e Mumei, siccome diversi, rende particolarmente profonda la situazione di forte stress a cui i due sono sottoposti in ogni momento. Verso la fine dell’anime quindi è possibile avere un ricordo di questi protagonisti che si notano maggiormente rispetto ad altri personaggi, invece visti con meno rilevanza.
Conclusioni
Le difficoltà d’interpretazione che la trama presenta, in maniera sparsa, per tutta l’opera, rendono essenzialmente la serie poco convincente agli occhi di chi la guarda. Ecco perché, personalmente, affermo che essa sia solo apprezzabile come serie di passaggio oppure per chi è novizio negli anime. Cerca in tutti i modi di diventare più arzigogolata e artificiosa, ma sostanzialmente rimane un’opera dalla trama semplice e spiccia, che punta più sull’azione e sull’animazione senza notare tutto il resto.
Ambientazione
Il treno, essendo in questo anime sia un simbolo di salvezza che di morte quando le cose volgono al peggio, è un elemento importante che noteremo ben presente nella maggior parte degli episodi. Attraverso esso, vedremo molti paesaggi desertici e paesi distrutti, tipici di un mondo alla rovina. A questo stato di decadenza, noteremo però che alcune città si distinguono da altre, proprio perché alcune risultano essere meno sviluppate. Fin da subito, quindi, possiamo capire che i protagonisti vivono in un mondo in cui è in corso quell’espansione scientifica tipica della prima Rivoluzione Industriale. Nel contesto si avvicina molto a quello di “Attack on Titan” (il regista è lo stesso), perché anch’esso si sviluppa proprio in quell’era. Sostanzialmente “AOT” ci lascia di stucco maggiormente, nascondendoci la verità e presentando, per molto tempo, un luogo rinascimentale, privo delle tecnologie che caratterizzano invece fin da subito “Kabaneri of the Iron Fortress”. Allo stesso tempo non si può parlare quindi dell’ambientazione come qualcosa di originale, perché prende grande spunto proprio dalla serie di “AOT” (anche come inquadratura di certe scene epiche).
La cosa che però può dare fastidio è proprio il fatto che il Giappone non si presenta come reale, bensì uno alternativo. Lo steampunk si potrà anche mischiare con la storia, creando delle ambientazioni ottimali, ma storce però il naso pensare a come sia possibile che una residenza del “Medioevo”, presentata (tutta in legno) in maniera abbastanza fatiscente, sia collegata attraverso tubi moderni e altoparlanti, rendendo la rappresentazione dell’atmosfera del passato abbastanza dimenticabile.
Animazione
L’animazione è di pregevole fattura, ma presenta anch’essa dei difetti. Per la prima metà dell’anime, vengono rappresentati dei cadaveri, di carnagione più scura e con qualche deformazione, che, tutto sommato, si presentano abbastanza credibili per un anime di tipo splatter d’orrore. In generale è di ottima fattura in tutte quelle situazioni che possiamo chiamare “tranquille e normali” all’interno dell’opera. Dalla seconda parte in poi vengono invece trasmesse scene che si avvicinano all’imbarazzante, tra cui l'orribile trasformazione di un personaggio dell'opera in una forma più evoluta di mezzo cadavere o la morte di un solo personaggio legato ai protagonisti. In aggiunta a questo esempio, troveremo anche tante altre irragionevoli situazione che potranno probabilmente causare una perdita di “hype”, specialmente per quelli che invece avranno apprezzato le scene d’azione iniziali.
Sceneggiatura e regia
Questi due punti sono abbastanza complicati da spiegare. L’opera si presenta altalenante, soprattutto per quella seconda metà che si discosta non poco dalla prima. Difatti, l’inizio dell’opera si presenta come un viaggio, irto di ostacoli e violenza, il cui tema risulta essere la sopravvivenza in un mondo ormai distorto. Mi sarei soprattutto aspettato che si valorizzaste il tema della coalizione. Questo però non succede, cedendo il posto al dramma di una storia, abbastanza sceneggiata sul momento, che viaggia sui temi quali il tradimento e il terrore. Una sorta di darwinismo sociale in chiave ormai ben ampiamente rivista in tante altre opere post-apocalittiche. Questo ha comportato una serie di azioni sconclusionate che hanno svalutato all’ultimo un’opera che poteva benissimo raggiungere vette elevate. In dodici episodi viene rappresentato di tutto e di più, attuando un processo che mira a concentrare molti temi di un certo spessore in poco tempo. Difatti è proprio per questo motivo che si notano frequentamene molti tagli da parte della regia.
L’anime ci presenta anche la morte di umani per mano di altri umani, cambiando totalmente le carte in regola e presentandoci un mondo ancor peggiore di quanto lo fosse già prima. Questa trama d’orrore poteva regalare forti soddisfazioni nel caso si fosse dato spazio a una durata maggiore, arrivando a rappresentare degli antagonisti caratterialmente meglio sviluppati e non relegati a essere mere marionette dei propri desideri. Sarà anche un anime particolarmente violento e degno di rivaleggiare con altri del suo genere, ma sono appena sufficienti le basi per poter rappresentare l’intensità di quei temi che vengono percepiti quando l’umanità si ritrova a stretto contatto con delle difficoltà apparentemente impossibili da risolvere.
Personaggi
Agli antagonisti male sviluppati si contrappongo dei protagonisti che invece rendono meglio, portandoci un po’ di soddisfazione. L’influenza del popolo che si presenta dubbioso (e anche incoerente in certe situazioni) e privo di fiducia verso Ikoma e Mumei, siccome diversi, rende particolarmente profonda la situazione di forte stress a cui i due sono sottoposti in ogni momento. Verso la fine dell’anime quindi è possibile avere un ricordo di questi protagonisti che si notano maggiormente rispetto ad altri personaggi, invece visti con meno rilevanza.
Conclusioni
Le difficoltà d’interpretazione che la trama presenta, in maniera sparsa, per tutta l’opera, rendono essenzialmente la serie poco convincente agli occhi di chi la guarda. Ecco perché, personalmente, affermo che essa sia solo apprezzabile come serie di passaggio oppure per chi è novizio negli anime. Cerca in tutti i modi di diventare più arzigogolata e artificiosa, ma sostanzialmente rimane un’opera dalla trama semplice e spiccia, che punta più sull’azione e sull’animazione senza notare tutto il resto.
"Kabaneri of the Iron Fortress" è un anime del 2016 prodotto dallo studio Wit.
In un Giappone alternativo, dopo la Prima Rivoluzione Industriale, l'umanità è assediata dai kabane (sostanzialmente degli zombie), particolari creature non morte, che si cibano di esseri umani che, se sopravvissuti a un attacco, diventano a loro volta dei kabane. Per difendersi, gli uomini si sono barricati in città cinte di alte mura, collegate tra loro da una complessa rete ferroviaria.
Ikoma è un ragazzo che lavora come manutentore di treni. Nel tempo libero lavora su delle armi, con lo scopo di liberare l'umanità dalla piaga dei kabane. Un giorno, degli zombie riescono ad entrare in città, e Ikoma trova l'occasione giusta di testare le sue armi. Il tutto sembra un successo, se non fosse che a sua volta viene morso, ma, mentre sta per trasformarsi, riesce a bloccare la metamorfosi tramite una sua cura sperimentale. Parte così il suo viaggio, insieme al resto dei suoi concittadini sopravvissuti, sul kotetsujou (Iron Fortress in inglese), ovvero un treno corazzato, per trovare la salvezza.
Prima di partire con la recensione vera e propria, voglio aggiungere che questa serie mi è piaciuta davvero molto, e che, se il tutto fosse stato giudicato secondo il mio punto di vista, il voto sarebbe stato alto. Ciò non toglie che la serie è tutt'altro che perfetta e, anche se mi è piaciuta, il voto finale sarà legato alle sue qualità oggettive.
Partendo dalla storia, la serie si compone di un unico arco narrativo che si protrae per l'intera lunghezza della serie. Tutti gli avvenimenti seguono un filo causa-effetto, a partire dallo stravolgimento dello status quo che avviene nel primo episodio. La cosa è sicuramente un punto positivo, il problema è che forse è anche l'unica caratteristica positiva della trama. Il problema della serie, a livello di trama, che è pure il problema principale dell'intero anime, è che il tutto è inconcludente, e niente viene effettivamente spiegato. Nel primo episodio vediamo diverse cose che non capiamo, ma che prendiamo per buone, aspettando che ci vengano chiarite, il problema è che tutto ciò non succede. Non ci viene detto da dove arrivano gli zombie, non vengono finalmente sterminati (o qualcosa del genere... comunque il genere umano non ritrova la libertà), non ci viene spiegato perché l'antidoto di Ikoma funziona, e tutta una serie di altre cose, come l'aver creato i vari composti chimici che trasformano in un kabaneri, o che curano gli infetti.
Insomma, ci vengono presentati diversi elementi sconosciuti o "magici" (per darne una definizione, ma non intesi come magia nel senso più classico del termine), spesso ci vene detto cosa sono o a cosa servono, ma non viene spiegato perché sono così, perché funzionano, né da dove arrivano; il tutto è quindi da prendere per buono.
Insomma, una storia che non risponde alle domande che ci presenta la serie, alla fin fine, non può essere giudicata positivamente.
Per quanto riguarda i personaggi, indicativamente sono abbastanza ben fatti. Le ragioni che li spingono sono facilmente intuibili, e, in generale, ognuno ha un qualcosa di diverso, accaduto nel suo passato, che lo caratterizza. Sicuramente, però, l'antagonista è un po' banale.
Per quanto riguarda i poteri, qui la valutazione si fa complessa. Come detto, vengono presentati diversi elementi magici (che come detto non sono proprio magici, sono dei composti chimici, ma sostanzialmente sono riconducibili all'elemento magico) dei quali ci viene detto il loro effetto. Ed effettivamente è così, quindi alla fin fine i poteri hanno anche senso (seppur con delle licenze, c'è infatti un po' di fanservice sui poteri per rendere più 'figo' il tutto, che comunque, anche se, ad essere pignoli, tecnicamente sbagliato, alla fine ci sta, in quanto non va a modificare gli eventi della serie). Il problema è che questi composti chimici, che escono fuori, sembrano uscire fuori dal nulla, se ne escono con un: "Abbiamo inventato questo, che, se lo prendi, ti fa fare questo". E questa è tutta la spiegazione che c'è dietro. Alla fine il tutto risulta un po' campato in aria.
I livelli di combattimento, invece, sono abbastanza precisi, diciamo che è ben chiaro chi è più forte, e non succede che alla fine uno più debole vince contro uno più forte.
Come detto, insomma, i poteri non escono fuori dal nulla, vengono anticipati chiaramente da degli strumenti che li donano, il problema è che questi strumenti escono fuori dal nulla.
Sul comparto tecnico, invece, niente da dire, è davvero ottimo.
Per concludere, "Kabaneri of the Iron Fortress" è una serie con grandi pregi e altrettanto grandi difetti. Alla fine di tutto, l'anime risulta più che godibile e appassionante, anche se, per molte cose, risulta anche molto approssimativo. Alla fine di tutto, però, direi che è comunque da considerare al di sopra dell'anime medio.
In un Giappone alternativo, dopo la Prima Rivoluzione Industriale, l'umanità è assediata dai kabane (sostanzialmente degli zombie), particolari creature non morte, che si cibano di esseri umani che, se sopravvissuti a un attacco, diventano a loro volta dei kabane. Per difendersi, gli uomini si sono barricati in città cinte di alte mura, collegate tra loro da una complessa rete ferroviaria.
Ikoma è un ragazzo che lavora come manutentore di treni. Nel tempo libero lavora su delle armi, con lo scopo di liberare l'umanità dalla piaga dei kabane. Un giorno, degli zombie riescono ad entrare in città, e Ikoma trova l'occasione giusta di testare le sue armi. Il tutto sembra un successo, se non fosse che a sua volta viene morso, ma, mentre sta per trasformarsi, riesce a bloccare la metamorfosi tramite una sua cura sperimentale. Parte così il suo viaggio, insieme al resto dei suoi concittadini sopravvissuti, sul kotetsujou (Iron Fortress in inglese), ovvero un treno corazzato, per trovare la salvezza.
Prima di partire con la recensione vera e propria, voglio aggiungere che questa serie mi è piaciuta davvero molto, e che, se il tutto fosse stato giudicato secondo il mio punto di vista, il voto sarebbe stato alto. Ciò non toglie che la serie è tutt'altro che perfetta e, anche se mi è piaciuta, il voto finale sarà legato alle sue qualità oggettive.
Partendo dalla storia, la serie si compone di un unico arco narrativo che si protrae per l'intera lunghezza della serie. Tutti gli avvenimenti seguono un filo causa-effetto, a partire dallo stravolgimento dello status quo che avviene nel primo episodio. La cosa è sicuramente un punto positivo, il problema è che forse è anche l'unica caratteristica positiva della trama. Il problema della serie, a livello di trama, che è pure il problema principale dell'intero anime, è che il tutto è inconcludente, e niente viene effettivamente spiegato. Nel primo episodio vediamo diverse cose che non capiamo, ma che prendiamo per buone, aspettando che ci vengano chiarite, il problema è che tutto ciò non succede. Non ci viene detto da dove arrivano gli zombie, non vengono finalmente sterminati (o qualcosa del genere... comunque il genere umano non ritrova la libertà), non ci viene spiegato perché l'antidoto di Ikoma funziona, e tutta una serie di altre cose, come l'aver creato i vari composti chimici che trasformano in un kabaneri, o che curano gli infetti.
Insomma, ci vengono presentati diversi elementi sconosciuti o "magici" (per darne una definizione, ma non intesi come magia nel senso più classico del termine), spesso ci vene detto cosa sono o a cosa servono, ma non viene spiegato perché sono così, perché funzionano, né da dove arrivano; il tutto è quindi da prendere per buono.
Insomma, una storia che non risponde alle domande che ci presenta la serie, alla fin fine, non può essere giudicata positivamente.
Per quanto riguarda i personaggi, indicativamente sono abbastanza ben fatti. Le ragioni che li spingono sono facilmente intuibili, e, in generale, ognuno ha un qualcosa di diverso, accaduto nel suo passato, che lo caratterizza. Sicuramente, però, l'antagonista è un po' banale.
Per quanto riguarda i poteri, qui la valutazione si fa complessa. Come detto, vengono presentati diversi elementi magici (che come detto non sono proprio magici, sono dei composti chimici, ma sostanzialmente sono riconducibili all'elemento magico) dei quali ci viene detto il loro effetto. Ed effettivamente è così, quindi alla fin fine i poteri hanno anche senso (seppur con delle licenze, c'è infatti un po' di fanservice sui poteri per rendere più 'figo' il tutto, che comunque, anche se, ad essere pignoli, tecnicamente sbagliato, alla fine ci sta, in quanto non va a modificare gli eventi della serie). Il problema è che questi composti chimici, che escono fuori, sembrano uscire fuori dal nulla, se ne escono con un: "Abbiamo inventato questo, che, se lo prendi, ti fa fare questo". E questa è tutta la spiegazione che c'è dietro. Alla fine il tutto risulta un po' campato in aria.
I livelli di combattimento, invece, sono abbastanza precisi, diciamo che è ben chiaro chi è più forte, e non succede che alla fine uno più debole vince contro uno più forte.
Come detto, insomma, i poteri non escono fuori dal nulla, vengono anticipati chiaramente da degli strumenti che li donano, il problema è che questi strumenti escono fuori dal nulla.
Sul comparto tecnico, invece, niente da dire, è davvero ottimo.
Per concludere, "Kabaneri of the Iron Fortress" è una serie con grandi pregi e altrettanto grandi difetti. Alla fine di tutto, l'anime risulta più che godibile e appassionante, anche se, per molte cose, risulta anche molto approssimativo. Alla fine di tutto, però, direi che è comunque da considerare al di sopra dell'anime medio.
È un anime per gli amanti dell'action puro e dello steampunk, come "Sakura Wars", "Steamboy" etc.
Durante la Rivoluzione Industriale si diffonde un virus capace di trasformare gli uomini in kabane, morti viventi che non possono essere uccisi, a meno che non gli venga trafitto il cuore. Potrebbe sembrare un plot comune, ma la qualità tecnica di "Kabaneri of the Iron Fortress" ti fa immediatamente entrare in un mondo tutto suo.
Probabilmente l'unica pecca di Okouchi è stata quella di aver creato una serie di pochi episodi, con troppi quesiti ai quali dover rispondere e troppe questioni lasciate irrisolte o trattate superficialmente.
Il punto forte di questo anime sono certamente i personaggi, tra cui Ikoma, uno dei fabbri della stazione Aragane, che assieme al suo amico Takumi progetta una nuova arma per trapassare lo strato di ferro che protegge il cuore dei kabane, morti viventi dotati di forza sovrumana che continuano a infettare l'umanità, diffondendo un virus sconosciuto.
Ikoma non è l'unico personaggio di spessore (Mumei e Ayame sono comprimarie di grande valore), e tutti sono caratterizzati da Haruhiko Mikimoto con il suo grande stile.
Il comparto musicale, sigle, BGM e sound effect sono aderenti e ben gestiti.
In definitiva, un gran bell'anime, dal quale possono essere tratti numerosi sequel per recuperare i buchi di sceneggiatura che si sono avuti nella serie.
Durante la Rivoluzione Industriale si diffonde un virus capace di trasformare gli uomini in kabane, morti viventi che non possono essere uccisi, a meno che non gli venga trafitto il cuore. Potrebbe sembrare un plot comune, ma la qualità tecnica di "Kabaneri of the Iron Fortress" ti fa immediatamente entrare in un mondo tutto suo.
Probabilmente l'unica pecca di Okouchi è stata quella di aver creato una serie di pochi episodi, con troppi quesiti ai quali dover rispondere e troppe questioni lasciate irrisolte o trattate superficialmente.
Il punto forte di questo anime sono certamente i personaggi, tra cui Ikoma, uno dei fabbri della stazione Aragane, che assieme al suo amico Takumi progetta una nuova arma per trapassare lo strato di ferro che protegge il cuore dei kabane, morti viventi dotati di forza sovrumana che continuano a infettare l'umanità, diffondendo un virus sconosciuto.
Ikoma non è l'unico personaggio di spessore (Mumei e Ayame sono comprimarie di grande valore), e tutti sono caratterizzati da Haruhiko Mikimoto con il suo grande stile.
Il comparto musicale, sigle, BGM e sound effect sono aderenti e ben gestiti.
In definitiva, un gran bell'anime, dal quale possono essere tratti numerosi sequel per recuperare i buchi di sceneggiatura che si sono avuti nella serie.
"Kabaneri of the Iron Fortress" è una di quelle opere che ti fanno rimanere estremamente combattuto e amareggiato alla fine della visione. Ho voluto aspettare un anno dalla visione per scrivere queste due righe a mente fredda, quando ormai è scemata la rabbia per l'occasione sprecata.
Ora, eccomi qua: dopo aver visto il film e ripreso la serie, sono finalmente pronto a parlarne.
Comparto tecnico: 10+
Wit studio, Sawano e Aimer insieme, classici colori alla Wit e il solito dinamismo che utilizzano come marchio di fabbrica: tutto questo insieme ha del pornografico, veramente un orgasmo audiovisivo ben confezionato. Questo cast porta ovviamente a considerarlo come una "brutta copia" di "Shingeki no Kyoojin": questo è ingiusto, perché "Kabaneri of the Iron Fortress" ha una propria anima ben distinta.
Personaggi: 9
I personaggi non sono tutti ben delineati, quindi il 10 non lo meriterebbe, ma come scusante abbiamo il fatto che è un anime di dodici episodi e con un cast che conta più di dieci personaggi, è ovvio che non possono essere tutti approfonditi.
Tuttavia abbiamo alcuni esempi di personaggi trattati al meglio, come Mumei e altri che, pur essendo poco trattati, sembrano riuscire a parlare anche solo con le espressioni e i gesti, come Kajika. Per cui ho voluto premiarlo con un 9.
Storia: (3 + 9) / 2 = 6
Il 9 è per l'idea, la costruzione della storia fino a metà serie e per la parte di world building accennata e poi spiegata nel film; su questo ho poco da dire. "Kabaneri of the Iron Fortress" in partenza sembra una promessa per un capolavoro, peccato che poi tutto collassi e si perda nella seconda parte a causa di una sceneggiatura poco curata con eventi a caso o non spiegati, un cattivo di cui fino alla fine non se ne comprende il mordente e molte, troppe cose lasciate all'interpretazione. Queste infatti lasciano poi pensare che accada tutto a caso e non lasciano spazio spesso alla partecipazione emotiva dello spettatore (ecco il motivo di quel 3). È questa delusione che porta le persone a dare voti negativi all'opera, io le comprendo e io stesso ero molto combattuto su cosa pensare di quest'opera.
A distanza di un anno però mi tornavano in mente scene della serie, le bellissime OST, le animazioni, il senso di tristezza per il bel potenziale sprecato e, guardando il film, ho capito una cosa: quei personaggi, quella Mumei, quel gruppo e quel mondo mi mancavano, e ora, dopo il film, mi mancano ancora di più (piccola postilla: il film è un evento autoconclusivo, ma aggiunge piccole cose alla trama, e per quanto banale nella storia l'ho adorato).
Il fatto che io mi sia così legato ai personaggi, il fatto che, dopo aver visto tantissime altre cose, ancora mi tornano in mente cose di quest'opera, beh, significa che qualcosa me lo ha lasciato, e, malgrado la delusione per la seconda parte e forse grazie a piccole spiegazioni messe nel film, ora posso dare un 8 complessivo a cuor leggero a quest'opera, sperando che possa ripartire con il piede giusto in una eventuale seconda stagione.
Voto finale: (10 + 9 + 6) / 3 = 8,3
Ho arrotondato per difetto, considerando il coinvolgimento personale e soggettivo che di fatto mi porterebbe a sopravvalutare troppo il prodotto, quindi nel mio cuore sarebbe un 8 pienissimo, ma ho dato un 7,5 un po' per la delusione e un po' perché in una storia la scrittura dovrebbe avere più peso dello stile con cui viene presentata.
Ora, eccomi qua: dopo aver visto il film e ripreso la serie, sono finalmente pronto a parlarne.
Comparto tecnico: 10+
Wit studio, Sawano e Aimer insieme, classici colori alla Wit e il solito dinamismo che utilizzano come marchio di fabbrica: tutto questo insieme ha del pornografico, veramente un orgasmo audiovisivo ben confezionato. Questo cast porta ovviamente a considerarlo come una "brutta copia" di "Shingeki no Kyoojin": questo è ingiusto, perché "Kabaneri of the Iron Fortress" ha una propria anima ben distinta.
Personaggi: 9
I personaggi non sono tutti ben delineati, quindi il 10 non lo meriterebbe, ma come scusante abbiamo il fatto che è un anime di dodici episodi e con un cast che conta più di dieci personaggi, è ovvio che non possono essere tutti approfonditi.
Tuttavia abbiamo alcuni esempi di personaggi trattati al meglio, come Mumei e altri che, pur essendo poco trattati, sembrano riuscire a parlare anche solo con le espressioni e i gesti, come Kajika. Per cui ho voluto premiarlo con un 9.
Storia: (3 + 9) / 2 = 6
Il 9 è per l'idea, la costruzione della storia fino a metà serie e per la parte di world building accennata e poi spiegata nel film; su questo ho poco da dire. "Kabaneri of the Iron Fortress" in partenza sembra una promessa per un capolavoro, peccato che poi tutto collassi e si perda nella seconda parte a causa di una sceneggiatura poco curata con eventi a caso o non spiegati, un cattivo di cui fino alla fine non se ne comprende il mordente e molte, troppe cose lasciate all'interpretazione. Queste infatti lasciano poi pensare che accada tutto a caso e non lasciano spazio spesso alla partecipazione emotiva dello spettatore (ecco il motivo di quel 3). È questa delusione che porta le persone a dare voti negativi all'opera, io le comprendo e io stesso ero molto combattuto su cosa pensare di quest'opera.
A distanza di un anno però mi tornavano in mente scene della serie, le bellissime OST, le animazioni, il senso di tristezza per il bel potenziale sprecato e, guardando il film, ho capito una cosa: quei personaggi, quella Mumei, quel gruppo e quel mondo mi mancavano, e ora, dopo il film, mi mancano ancora di più (piccola postilla: il film è un evento autoconclusivo, ma aggiunge piccole cose alla trama, e per quanto banale nella storia l'ho adorato).
Il fatto che io mi sia così legato ai personaggi, il fatto che, dopo aver visto tantissime altre cose, ancora mi tornano in mente cose di quest'opera, beh, significa che qualcosa me lo ha lasciato, e, malgrado la delusione per la seconda parte e forse grazie a piccole spiegazioni messe nel film, ora posso dare un 8 complessivo a cuor leggero a quest'opera, sperando che possa ripartire con il piede giusto in una eventuale seconda stagione.
Voto finale: (10 + 9 + 6) / 3 = 8,3
Ho arrotondato per difetto, considerando il coinvolgimento personale e soggettivo che di fatto mi porterebbe a sopravvalutare troppo il prodotto, quindi nel mio cuore sarebbe un 8 pienissimo, ma ho dato un 7,5 un po' per la delusione e un po' perché in una storia la scrittura dovrebbe avere più peso dello stile con cui viene presentata.
"Koutetsujou no Kabaneri" è stato nominato uno degli anime migliori di questo 2016 e, dopo averlo recentemente visto, posso capire perché. Sicuramente è uno dei migliori (se non il migliore) di quelli che ho visto quest'anno. Non è certo perfetto, non è originalissimo (situazioni e tipologia di personaggi visti e rivisti negli ultimi anni), ma "Koutetsujou no Kabaneri" riesce nel difficile compito di farci affezionare ai personaggi nel corso di soli dodici episodi, cosa non certo facile.
Inoltre, gli sceneggiatori sono stati in grado di rendere bene la disperazione e la paura delle persone nei confronti dei "kabane", creature simil-zombi/vampiri che si nutrono di sangue umano e che, come zombi, infettano a loro volta le loro vittime. In tal modo è comprensibile la psicosi a cui si assiste sin dal primo episodio, e soprattutto la reazione avversa della gente comune ai "kabaneri", creature metà "kabane" e metà umane, in pratica mostri con un cervello e una razionalità umana, ma che si cibano comunque di sangue umano. Nulla di nuovo, anche qui, come per i "dhampir" (figli di vampiro e umano) i "kabaneri" sono visti con sospetto, se non allontanati dalla società umana. Logicamente, alcuni "kabaneri" vivono molto male questo fatto, perché non sentono di meritarsi l'appellativo di mostri e tutto l'odio per il "diverso" di cui vengono fatti oggetto.
L'ignoranza genera paura, la paura genera violenza, la violenza genera tragedie. La popolazione che è sopravvissuta ai kabane vive ora in città fortificate, in pratica delle grandi stazioni, e l'unico modo per viaggiare rimane quello di spostarsi tramite treni corazzati. Le stazioni isolate e fortificate rispecchiano l'animo delle persone che ci vivono. Ovviamente è tutta questione di sopravvivere, in quanto la diffidenza spesso aiuta ad evitare i pericoli, ma d'altro canto l'egoismo esasperato porta talvolta a situazioni controproducenti (ad esempio gli esseri umani che non comprendono che la forza di un kabaneri può essere usata per difendere la propria debole vita, e che quindi finiscono per soccombere proprio a causa della loro paura, cosa già vista anche questa in diversi anime e film).
Ma "Koutetsujou no Kabaneri" non è solo un anime che parla delle difficili condizioni della razza umana di fronte alla minaccia dei kabane, c'è una altro sentimento forte che è il motore di questi dodici episodi, ma non posso parlarne, altrimenti rischierei troppi spoiler!
Se dunque l'anime mi ha convinto dal punto di vista della trama, delle interazioni e dei sentimenti, anche dal punto di vista tecnico mi sento di promuoverla: ottimo character design, ottime musiche ed eccezionale canzone di apertura, buone animazioni (qualche fermo immagine qua e là di troppo, ma niente di drammatico).
Personalmente non vedo l'ora di potermi gustare la seconda serie, che purtroppo vedrà la luce solo nel 2018, e non si sa ancora se sarà un sequel o prequel (spero entrambi!).
Inoltre, gli sceneggiatori sono stati in grado di rendere bene la disperazione e la paura delle persone nei confronti dei "kabane", creature simil-zombi/vampiri che si nutrono di sangue umano e che, come zombi, infettano a loro volta le loro vittime. In tal modo è comprensibile la psicosi a cui si assiste sin dal primo episodio, e soprattutto la reazione avversa della gente comune ai "kabaneri", creature metà "kabane" e metà umane, in pratica mostri con un cervello e una razionalità umana, ma che si cibano comunque di sangue umano. Nulla di nuovo, anche qui, come per i "dhampir" (figli di vampiro e umano) i "kabaneri" sono visti con sospetto, se non allontanati dalla società umana. Logicamente, alcuni "kabaneri" vivono molto male questo fatto, perché non sentono di meritarsi l'appellativo di mostri e tutto l'odio per il "diverso" di cui vengono fatti oggetto.
L'ignoranza genera paura, la paura genera violenza, la violenza genera tragedie. La popolazione che è sopravvissuta ai kabane vive ora in città fortificate, in pratica delle grandi stazioni, e l'unico modo per viaggiare rimane quello di spostarsi tramite treni corazzati. Le stazioni isolate e fortificate rispecchiano l'animo delle persone che ci vivono. Ovviamente è tutta questione di sopravvivere, in quanto la diffidenza spesso aiuta ad evitare i pericoli, ma d'altro canto l'egoismo esasperato porta talvolta a situazioni controproducenti (ad esempio gli esseri umani che non comprendono che la forza di un kabaneri può essere usata per difendere la propria debole vita, e che quindi finiscono per soccombere proprio a causa della loro paura, cosa già vista anche questa in diversi anime e film).
Ma "Koutetsujou no Kabaneri" non è solo un anime che parla delle difficili condizioni della razza umana di fronte alla minaccia dei kabane, c'è una altro sentimento forte che è il motore di questi dodici episodi, ma non posso parlarne, altrimenti rischierei troppi spoiler!
Se dunque l'anime mi ha convinto dal punto di vista della trama, delle interazioni e dei sentimenti, anche dal punto di vista tecnico mi sento di promuoverla: ottimo character design, ottime musiche ed eccezionale canzone di apertura, buone animazioni (qualche fermo immagine qua e là di troppo, ma niente di drammatico).
Personalmente non vedo l'ora di potermi gustare la seconda serie, che purtroppo vedrà la luce solo nel 2018, e non si sa ancora se sarà un sequel o prequel (spero entrambi!).
L'anime "Koutetsujou no Kabaneri" è molto interessante, visivamente spettacolare e con una colonna sonora molto degna, che sa perfettamente accompagnare la storia che l'anime ci propone: tutto ciò fa di "Koutetsujou no Kabaneri" un prodotto più che valido tecnicamente.
Passando alla trama, invece, ritroviamo elementi molto diffusi nel genere, ma con una storia di contorno distopica molto valida, secondo il mio giudizio, proponendo delle creature che, anche se simili agli zombie, fortunatamente si differenziano da questi ultimi per alcuni particolari che non vi racconterò qui per ragioni di miglior fruibilità del prodotto.
Purtroppo l'anime, avendo messo a disposizione solo dodici episodi, secondo me non riesce ad esprimere appieno il suo potenziale, infatti, come accade molto spesso nel taglio dei dodici episodi, si tende ad evitare di perdersi in chiacchiere con sfumature di storia che sarebbero potute essere interessanti. Infatti non si viene a sapere assolutamente da dove nascano questi "Kabane", le creature nemiche dell'umanità, né quando precisamente la popolazione giapponese abbia disposto in un certo modo la propria struttura e il proprio circolo abitativo. Ho molto apprezzato la componente steampunk del titolo, che ha dimostrato che non ha bisogno di inserire forzatamente ingranaggi ovunque per rendere comunque molto bene visivamente, ma ho trovato il finale dell'anime alquanto affrettato e sbrigativo, proprio per il limite dei dodici episodi a disposizione. Molto spesso anime da pochi episodi possono essere molto più apprezzati per l'immediatezza della loro narrazione. Ma a mio parere dipende sempre dalla storia che si vuole raccontare.
Sperando in un seguito più dettagliato e una trama più accattivante e meno prevedibile, do all'anime 7,5 per i motivi da me descritti. Se volete vedere un bell'anime senza troppe pretese, ma con idee molto interessanti e con dei disegni stupendi con delle colorazioni magnifiche, "Koutetsujou no Kabaneri" è quello che state cercando. Si spera in un prosieguo del brand.
Passando alla trama, invece, ritroviamo elementi molto diffusi nel genere, ma con una storia di contorno distopica molto valida, secondo il mio giudizio, proponendo delle creature che, anche se simili agli zombie, fortunatamente si differenziano da questi ultimi per alcuni particolari che non vi racconterò qui per ragioni di miglior fruibilità del prodotto.
Purtroppo l'anime, avendo messo a disposizione solo dodici episodi, secondo me non riesce ad esprimere appieno il suo potenziale, infatti, come accade molto spesso nel taglio dei dodici episodi, si tende ad evitare di perdersi in chiacchiere con sfumature di storia che sarebbero potute essere interessanti. Infatti non si viene a sapere assolutamente da dove nascano questi "Kabane", le creature nemiche dell'umanità, né quando precisamente la popolazione giapponese abbia disposto in un certo modo la propria struttura e il proprio circolo abitativo. Ho molto apprezzato la componente steampunk del titolo, che ha dimostrato che non ha bisogno di inserire forzatamente ingranaggi ovunque per rendere comunque molto bene visivamente, ma ho trovato il finale dell'anime alquanto affrettato e sbrigativo, proprio per il limite dei dodici episodi a disposizione. Molto spesso anime da pochi episodi possono essere molto più apprezzati per l'immediatezza della loro narrazione. Ma a mio parere dipende sempre dalla storia che si vuole raccontare.
Sperando in un seguito più dettagliato e una trama più accattivante e meno prevedibile, do all'anime 7,5 per i motivi da me descritti. Se volete vedere un bell'anime senza troppe pretese, ma con idee molto interessanti e con dei disegni stupendi con delle colorazioni magnifiche, "Koutetsujou no Kabaneri" è quello che state cercando. Si spera in un prosieguo del brand.
Delusione: non c'è parola che descriva meglio quest'anime.
Guardando il primo episodio, pensavo di essere di fronte a chissà quale capolavoro: la storia, le ambientazioni, il comparto tecnico... tutto mi faceva ben sperare. Il problema? Che man mano che gli episodi scorrevano, la storia mi sembrava sempre più "a caso", fra zombie giganti, antagonisti poco ispirati e power-up che sembrano usciti dalla parte finale di "Naruto"... beh, poco da fare. Se c'è una cosa che mi ha veramente impressionato sono i combattimenti contro i kabane, tecnicamente eccellenti. Per il resto una grossa occasione buttata (secondo me), si poteva fare molto meglio.
Guardando il primo episodio, pensavo di essere di fronte a chissà quale capolavoro: la storia, le ambientazioni, il comparto tecnico... tutto mi faceva ben sperare. Il problema? Che man mano che gli episodi scorrevano, la storia mi sembrava sempre più "a caso", fra zombie giganti, antagonisti poco ispirati e power-up che sembrano usciti dalla parte finale di "Naruto"... beh, poco da fare. Se c'è una cosa che mi ha veramente impressionato sono i combattimenti contro i kabane, tecnicamente eccellenti. Per il resto una grossa occasione buttata (secondo me), si poteva fare molto meglio.
Della stagione primaverile 2016, “Koutetsujou no Kabaneri” è sicuramente tra i titoli più attesi. Sarà il nuovo “Shingeki no Kyojin”? Personalmente sono molto restio a paragonare varie serie TV, soprattutto se non ho ancora avuto modo di vederle. Ebbene, dopo aver concluso questa nuova opera, posso dire che tra le due ci siano alcune somiglianze, vero, ma in linea generale si assomigliano ben poco, mostrando invece caratteristiche del tutto originali.
“Koutetsujou no Kabaneri” ha una struttura di base piuttosto semplice: dodici puntate molto dinamiche e movimentate, che uniscono la passione per gli anime d’azione al fascino perverso dello splatter. E’ presente una buona dose di sovrannaturale, che, a mio avviso, acquisisce una bellezza ancora maggiore se mischiata a un’ambientazione di tipo storico.
In un Giappone allo sbando, l’umanità si ritrova costretta a sopravvivere in un numero sempre più ristretto di “stazioni”, ovvero città fortificate, che fungono da punti di ristoro per gli unici mezzi locomotori capaci di muoversi per le desolate terre nipponiche: treni fortificati.
Ma da chi si riparano? Non vedremo spuntare giganti umanoidi, bensì “semplici” cadaveri zombie. Non ci viene raccontata la causa di questa sovrannaturale invasione, ma, di colpo, l’umanità si ritrova a che fare con tale infezione, che imperverserà e conquisterà gran parte del Giappone (non ci sono riferimenti al restante globo terrestre).
Ikoma è il protagonista, un semplice macchinista in erba, che, però, sogna di diventare un cacciatore di cadaveri grazie a un’invenzione che ha in serbo. Idealista fin nelle ossa e fortemente convinto che il fenomeno dei cadaveri non sia altro che un virus, ovviamente curabile. Le sue convinzioni, però, verranno messe a dura prova quando la città in cui si trova viene attaccata da un esercito di cadaveri. Lui, i suoi amici (tra cui la misteriosa Mumei) e i compaesani sopravvissuti fuggono su un treno e riescono a scampare il pericolo, nonostante le forti perdite.
Ma ce la faranno a cavarsela in mezzo a questo mondo selvaggio e desolato? E, ancora di più, siamo sicuri che i pericoli maggiori verranno da questi morti viventi?
Ho volutamente tralasciato un piccolo particolare nel corso della trama, così da analizzarlo maggiormente in questa sede: Ikoma verrà morso da un cadavere, ma riuscirà a fermare a metà la mutazione. Un mezzo spoiler (che viene annunciato già nell’opening) doveroso per poter raccontare pienamente il personaggio di Ikoma. Un protagonista che prende come riferimento i classici stilemi, con atteggiamenti sognatori, fin troppo idealizzati e dal carattere dolce e caritatevole. Peccato che, fin da subito, si ritrova a che fare con un dubbio esistenziale non da poco, ovvero diventare lui stesso un mezzo-cadavere, il nemico che ha proclamato di sterminare.
L’inizio di un contrasto interiore? In effetti no. Vi è giusto un germoglio, ma niente di più. La trama deve andare avanti e non c’è tempo per queste cose. Un peccato, a mio avviso, visto che c’erano le basi per creare un protagonista veramente buono. Ma bisogna precisare che tutto ciò si ripete, in parte, con gli altri personaggi. Mumei, Ayame, Kurusu, Biba... offrono tutti ottimi spunti di riflessioni, costretti però a una doverosa limitazione a causa di determinate tempistiche e, forse, alla volontà di non far cadere quest’anime in una battaglia troppo psicologica e interiore. Da notare comunque che, nel corso della serie, riescono ad evolversi e crescere, seppur di poco.
La trama, come già detto, si sviluppa in maniera piuttosto semplice e lineare. I colpi di scena ci sono, ma, a essere onesti, appaiono fin troppo prevedibili. Alle volte ho avuto l’impressione che si sia cercato più di creare le classiche “situazioni epiche”, che, invece, mostrare allo spettatore un rivolgimento più elaborato e sopraffino.
Il punto di forza è sicuramente il comparto tecnico, che ci consegna un prodotto di ottima fattura, sia per la grafica che per le musiche. I disegni mi ricordano molto anime più datati, e così pure i vari colori. Da un lato si vedono toni cupi e tenebrosi, dall’altro effetti scenici molto particolari, con tinte forti e cariche di pathos.
Le musiche riescono a coinvolgere subito lo spettatore e non si può rimanere passivi di fronte ai vari combattimenti, esaltati al massimo dalla colonna sonora.
La regia riesce comunque a svolgere un buon lavoro, sebbene non privo di difetti. Ben curato, invece, il doppiaggio.
Concludo la mia recensione con un parere complessivo: discreto. Un voto che, però, assume un sapore amarognolo, quasi di delusione. Ci si aspettava molto, o almeno questo valeva per il sottoscritto, e invece ci si è ritrovati con una serie buona, nel complesso, ma forse sottotono di fronte alle alte aspettative che vi erano riposte.
Non voglio dar troppo perso a eventuali somiglianze: dopo “Shingeki no Kyojin” sono uscite altre serie molto simili, ma credo ognuna di queste offrisse qualcosa di originale, a modo suo.
Per quanto mi riguarda, è mancata la scintilla finale. Quel dettaglio in più, capace di accendere del tutto un anime e trasformarlo in un capolavoro.
Carenze nella caratterizzazione dei vari personaggi e piccoli difetti di trama... Ma, chissà, forse erano semplicemente troppo elevate le aspettative...
Voto finale: 7 meno
“Koutetsujou no Kabaneri” ha una struttura di base piuttosto semplice: dodici puntate molto dinamiche e movimentate, che uniscono la passione per gli anime d’azione al fascino perverso dello splatter. E’ presente una buona dose di sovrannaturale, che, a mio avviso, acquisisce una bellezza ancora maggiore se mischiata a un’ambientazione di tipo storico.
In un Giappone allo sbando, l’umanità si ritrova costretta a sopravvivere in un numero sempre più ristretto di “stazioni”, ovvero città fortificate, che fungono da punti di ristoro per gli unici mezzi locomotori capaci di muoversi per le desolate terre nipponiche: treni fortificati.
Ma da chi si riparano? Non vedremo spuntare giganti umanoidi, bensì “semplici” cadaveri zombie. Non ci viene raccontata la causa di questa sovrannaturale invasione, ma, di colpo, l’umanità si ritrova a che fare con tale infezione, che imperverserà e conquisterà gran parte del Giappone (non ci sono riferimenti al restante globo terrestre).
Ikoma è il protagonista, un semplice macchinista in erba, che, però, sogna di diventare un cacciatore di cadaveri grazie a un’invenzione che ha in serbo. Idealista fin nelle ossa e fortemente convinto che il fenomeno dei cadaveri non sia altro che un virus, ovviamente curabile. Le sue convinzioni, però, verranno messe a dura prova quando la città in cui si trova viene attaccata da un esercito di cadaveri. Lui, i suoi amici (tra cui la misteriosa Mumei) e i compaesani sopravvissuti fuggono su un treno e riescono a scampare il pericolo, nonostante le forti perdite.
Ma ce la faranno a cavarsela in mezzo a questo mondo selvaggio e desolato? E, ancora di più, siamo sicuri che i pericoli maggiori verranno da questi morti viventi?
Ho volutamente tralasciato un piccolo particolare nel corso della trama, così da analizzarlo maggiormente in questa sede: Ikoma verrà morso da un cadavere, ma riuscirà a fermare a metà la mutazione. Un mezzo spoiler (che viene annunciato già nell’opening) doveroso per poter raccontare pienamente il personaggio di Ikoma. Un protagonista che prende come riferimento i classici stilemi, con atteggiamenti sognatori, fin troppo idealizzati e dal carattere dolce e caritatevole. Peccato che, fin da subito, si ritrova a che fare con un dubbio esistenziale non da poco, ovvero diventare lui stesso un mezzo-cadavere, il nemico che ha proclamato di sterminare.
L’inizio di un contrasto interiore? In effetti no. Vi è giusto un germoglio, ma niente di più. La trama deve andare avanti e non c’è tempo per queste cose. Un peccato, a mio avviso, visto che c’erano le basi per creare un protagonista veramente buono. Ma bisogna precisare che tutto ciò si ripete, in parte, con gli altri personaggi. Mumei, Ayame, Kurusu, Biba... offrono tutti ottimi spunti di riflessioni, costretti però a una doverosa limitazione a causa di determinate tempistiche e, forse, alla volontà di non far cadere quest’anime in una battaglia troppo psicologica e interiore. Da notare comunque che, nel corso della serie, riescono ad evolversi e crescere, seppur di poco.
La trama, come già detto, si sviluppa in maniera piuttosto semplice e lineare. I colpi di scena ci sono, ma, a essere onesti, appaiono fin troppo prevedibili. Alle volte ho avuto l’impressione che si sia cercato più di creare le classiche “situazioni epiche”, che, invece, mostrare allo spettatore un rivolgimento più elaborato e sopraffino.
Il punto di forza è sicuramente il comparto tecnico, che ci consegna un prodotto di ottima fattura, sia per la grafica che per le musiche. I disegni mi ricordano molto anime più datati, e così pure i vari colori. Da un lato si vedono toni cupi e tenebrosi, dall’altro effetti scenici molto particolari, con tinte forti e cariche di pathos.
Le musiche riescono a coinvolgere subito lo spettatore e non si può rimanere passivi di fronte ai vari combattimenti, esaltati al massimo dalla colonna sonora.
La regia riesce comunque a svolgere un buon lavoro, sebbene non privo di difetti. Ben curato, invece, il doppiaggio.
Concludo la mia recensione con un parere complessivo: discreto. Un voto che, però, assume un sapore amarognolo, quasi di delusione. Ci si aspettava molto, o almeno questo valeva per il sottoscritto, e invece ci si è ritrovati con una serie buona, nel complesso, ma forse sottotono di fronte alle alte aspettative che vi erano riposte.
Non voglio dar troppo perso a eventuali somiglianze: dopo “Shingeki no Kyojin” sono uscite altre serie molto simili, ma credo ognuna di queste offrisse qualcosa di originale, a modo suo.
Per quanto mi riguarda, è mancata la scintilla finale. Quel dettaglio in più, capace di accendere del tutto un anime e trasformarlo in un capolavoro.
Carenze nella caratterizzazione dei vari personaggi e piccoli difetti di trama... Ma, chissà, forse erano semplicemente troppo elevate le aspettative...
Voto finale: 7 meno
"Koutetsujou no Kabaneri" è una delle novità primaverili del 2016 prodotta dal "Wit Studio", un titolo atteso da tanti e che ha fatto parlare molto per la sua somiglianza a "Shingeki no Kyojin", ma la verità è che vi sono solamente delle similitudini nella trama.
Ciò che colpisce fin da subito è il gran comparto tecnico, ben realizzato e ben gestito dai produttori, che soprattutto nelle animazioni svolgono un ottimo lavoro; ovviamente anche i disegni sono ben curati e i colori completano una grafica davvero ottima. Anche il comparto sonoro collabora egregiamente, con un buon doppiaggio, buoni effetti sonori e una buona colonna sonora che a sua volta offre musiche di sottofondo che aiutano a formare una buona ambientazione; molto carine anche le sigle d'apertura e chiusura (la opening viene affidata agli Egoist).
Dopo avervi descritto il comparto tecnico, che si dimostra come il pro di questa serie, veniamo dunque alla trama, che di primo impatto si rende molto interessante.
L'umanità è costretta a vivere in diverse stazioni ferroviarie fortificate da mura per via dei "Kabane", morti viventi nati da un virus che si diffuse durante la rivoluzione industriale; per ucciderli, bisogna necessariamente perforagli il cuore protetto da uno strato di ferro. I sopravvissuti comunicano grazie a delle "locomotive rinforzate" che viaggiano sui binari da stazione in stazione, portando merce di scambio e quant'altro utile alla sopravvivenza. Il protagonista è Ikoma, un fabbro rimasto orfano che vuole a tutti i costi distruggere i Kabane, e per farlo inventa una nuova arma che è in grado di perforare il cuore di quest'ultimi, avendo anche la possibilità di provarla fin da subito.
Lo sviluppo della trama è purtroppo mediocre. La prima metà dell'anime coinvolge molto e si rende interessante grazie a un'ambientazione che trasmette molto a livello emotivo, ma la storia principale non è abbastanza ben studiata da reggere una trama, che alla sola lettura fa crescere aspettative.
Nei primi episodi notiamo una crescita dei personaggi e della trama stessa, per poi notare una caduta nella seconda metà della stagione, per via di eventi forzati e a volte anche scontati, che quindi non riescono a trasmettere quello che dovrebbero; i due protagonisti, Ikoma e Mumei, sono ben studiati e a loro modo riescono in molte occasioni a rendere più interessante la trama attraverso qualche momento di pura azione e anche di drammaticità, ma tutto questo non basta, se poi la vicenda non si svolge in modo impeccabile. Un personaggio che poteva essere una rivelazione di questa serie è Biba, ben studiato e realizzato anche esteticamente, in grado di rappresentare perfettamente ciò che vuol essere, ma gli eventi da lui realizzati sono stati davvero forzati, solo per creare qualche momento toccante in più, soprattutto verso la fine della stagione, portando dunque a un finale incoerente, da far storcere il naso.
Un vero peccato che quest'anime dalle grandi aspettative non sia stato in grado di svilupparsi egregiamente, ma nel complesso raggiunge la sufficienza grazie soprattutto al comparto tecnico; pertanto mi vedo nella posizione di consigliare quest'anime, avvisando però di non farvi molte aspettative.
Ciò che colpisce fin da subito è il gran comparto tecnico, ben realizzato e ben gestito dai produttori, che soprattutto nelle animazioni svolgono un ottimo lavoro; ovviamente anche i disegni sono ben curati e i colori completano una grafica davvero ottima. Anche il comparto sonoro collabora egregiamente, con un buon doppiaggio, buoni effetti sonori e una buona colonna sonora che a sua volta offre musiche di sottofondo che aiutano a formare una buona ambientazione; molto carine anche le sigle d'apertura e chiusura (la opening viene affidata agli Egoist).
Dopo avervi descritto il comparto tecnico, che si dimostra come il pro di questa serie, veniamo dunque alla trama, che di primo impatto si rende molto interessante.
L'umanità è costretta a vivere in diverse stazioni ferroviarie fortificate da mura per via dei "Kabane", morti viventi nati da un virus che si diffuse durante la rivoluzione industriale; per ucciderli, bisogna necessariamente perforagli il cuore protetto da uno strato di ferro. I sopravvissuti comunicano grazie a delle "locomotive rinforzate" che viaggiano sui binari da stazione in stazione, portando merce di scambio e quant'altro utile alla sopravvivenza. Il protagonista è Ikoma, un fabbro rimasto orfano che vuole a tutti i costi distruggere i Kabane, e per farlo inventa una nuova arma che è in grado di perforare il cuore di quest'ultimi, avendo anche la possibilità di provarla fin da subito.
Lo sviluppo della trama è purtroppo mediocre. La prima metà dell'anime coinvolge molto e si rende interessante grazie a un'ambientazione che trasmette molto a livello emotivo, ma la storia principale non è abbastanza ben studiata da reggere una trama, che alla sola lettura fa crescere aspettative.
Nei primi episodi notiamo una crescita dei personaggi e della trama stessa, per poi notare una caduta nella seconda metà della stagione, per via di eventi forzati e a volte anche scontati, che quindi non riescono a trasmettere quello che dovrebbero; i due protagonisti, Ikoma e Mumei, sono ben studiati e a loro modo riescono in molte occasioni a rendere più interessante la trama attraverso qualche momento di pura azione e anche di drammaticità, ma tutto questo non basta, se poi la vicenda non si svolge in modo impeccabile. Un personaggio che poteva essere una rivelazione di questa serie è Biba, ben studiato e realizzato anche esteticamente, in grado di rappresentare perfettamente ciò che vuol essere, ma gli eventi da lui realizzati sono stati davvero forzati, solo per creare qualche momento toccante in più, soprattutto verso la fine della stagione, portando dunque a un finale incoerente, da far storcere il naso.
Un vero peccato che quest'anime dalle grandi aspettative non sia stato in grado di svilupparsi egregiamente, ma nel complesso raggiunge la sufficienza grazie soprattutto al comparto tecnico; pertanto mi vedo nella posizione di consigliare quest'anime, avvisando però di non farvi molte aspettative.
Al primo impatto, “Koutetsujou no Kabaneri” apparve a moltissimi come una sorta di clone di “Shingeki no Kyojin”, o perlomeno un'opera fortemente ispirata a tale soggetto. È facile comprendere il motivo di questo parallelismo: l'umanità sotto assedio e costretta a difendersi in città fortificate (qui opportunamente collegate da ferrovie, con i treni corazzati come unico mezzo di spostamento), unita alla presenza di mostri che uccidono gli umani (qui i Kabane, zombie estremamente resistenti che possono diffondere la piaga con un morso), sono elementi che possono realmente far ritenere un'influenza di un'opera sull'altra (senza contare la speculare condizione dei protagonisti maschili). E, ovviamente, anche la presenza di Tetsurou Akari, regista dello stesso “Shingeki no Kyojin”, può rafforzare tali considerazioni. Tuttavia queste previsioni della vigilia si rivelano non del tutto corrette, in quanto l'opera aveva sì dei parallelismi, ma prevalentemente situati nel setting.
“Koutetsujou no Kabaneri “ effettivamente appare meno statico e meno incentrato sulla sopravvivenza dell'umanità, mentre l'elemento predominante è, almeno nella prima parte dell'opera, una “fuga per la salvezza”. Infatti, nelle primissime battute, la città dove vivono i protagonisti viene invasa dai kabane, e i pochi superstiti, guidati dalla figlia del capo della città, salgono a bordo del treno corazzato “Koutetsujou” al fine di tentare di arrivare in un luogo sicuro.
In queste prime battute facciamo conoscenza dei due personaggi più importanti dell'opera: Ikoma, un tecnico che riesce miracolosamente a scampare alla letale infezione dei kabane, e Mumei, una giovanissima ragazzina che, a dispetto della sua età, risulta oltremodo abile nell'eliminare i pericolosi nemici.
Nei primi episodi l'opera funziona discretamente bene, e su questi passaggi non c'è nulla da ridire: la fuga e le perdite appena subite mettono sotto pressione gli animi dei superstiti, e la convivenza è piuttosto difficile (specialmente per Ikoma, data la sua condizione). Vi sono anche degli ottimi combattimenti che, supportati da un comparto tecnico all'altezza, rendono questa sezione davvero interessante per gli amanti degli action. È in questa parte che gli elementi dell'ambientazione rendono meglio, per merito di alcuni spunti decisamente interessanti: l'utilizzo di tecnologia completamente basata sul vapore (che dà un sentore vagamente steampunk); i treni come fortezze corazzate, che viaggiano fra una stazione-città e l'altra; i Kabane, mostri antropofagi con un cuore, sede della loro forza vitale, completamente corazzato; e infine i Kabaneri, entità ibride nate da una trasformazione incompleta. Tutti questi elementi, nel loro insieme, rendono la prima parte della fuga il punto migliore dell'opera.
Tuttavia, dopo i primi passaggi, iniziano a palesarsi le prime problematiche. La primissima, e forse la meno grave, è la ridondanza della formula iniziale, con la ripetizione di “avvenimenti vari seguiti da combattimenti”. Questo non è un problema in sé (e anzi, uno schema tokusatsu non sarebbe stato inappropriato, visti gli elementi dell'opera), ma lo è in relazione alla lunghezza dell'anime, che conta soltanto dodici episodi. Ovviamente il desiderio degli autori è quello di raccontare una storia, e quindi avrebbero fatto bene ad essere più parsimoniosi col tempo a disposizione.
Ma questa criticità è presto spiegata da quelle successive: tutto ciò era una tergiversazione prima di arrivare alle parti più tranquille, che hanno iniziato a mostrare il vero tallone d'Achille della struttura, ovvero l'accoppiata Akari/Okouchi. Il primo è un regista talentuoso nelle scene d'azione e nei momenti concitati, ma che mostra più di qualche incertezza quando è chiamato a dirigere sezioni più tranquille (specialmente con la presenza di sceneggiature scricchiolanti). Il secondo invece è uno sceneggiatore alquanto sopravvalutato dopo aver partecipato alla stesura di “Code Geass”, ma che poi ci ha regalato perle di estrema bruttezza del calibro di “Guilty Crown” (dove ha partecipato alla sceneggiatura, e fra l'altro in quell'occasione ha collaborato con Akari) o “Valvrave the Liberator”; tutte opere tanto manieristiche ed esagerate in certi componenti (tanto da toccare più e più volte il trash), quanto carenti nei fondamentali (specialmente sul fronte personaggi e sulla coerenza strutturale).
Ed è la solidità della sceneggiatura il vero problema di quest'opera, tanto che sarebbe quasi meglio definirla un banale canovaccio. Superata la sezione buona ma un po' ridondante, scopriamo delle parti tranquille decisamente poco interessanti ed estremamente mal sfruttate. Infatti, per varie ragioni, fino a tali parti non c'era stato un grande spazio di manovra per fare approfondimento dei personaggi, e questa riduzione del dinamismo sarebbe stata la chance perfetta per cimentarsi nello sviluppo fin qui procrastinato.
Ma questo non avviene, e relega l'opera alla mediocrità assoluta per quanto riguarda il settore.
Di fatto, gli unici membri del cast degni di nota sono Ikoma e Mumei, e tutti gli altri, a parte un paio di comprimari molto blandi, sono alla stregua del livello delle comparse.
Ikoma purtroppo risulta un personaggio alquanto banale e, anche a causa della recitazione non eccelsa del suo doppiatore, risulta veramente poco incisivo per tutto il corso dell'opera (persino nelle sezioni in cui si fa valere).
Mumei incarna forse l'aspetto più tragico del basso livello di sviluppo: apparentemente sembra un personaggio più approfondito e meno monotono di Ikoma (e in effetti lo è), ma è un vero peccato che lo staff abbia voluto renderla forzatamente un feticcio otaku. Questa è la causa di uno dei suoi principali difetti, ovvero una instabilità psicologica che la fa sembrare quasi borderline. Tutto ciò è dato dal fatto che hanno voluto darle una componente da “loli badass” (cosa che piace ai fruitori), in grado di far fuori da sola decine e decine di Kabane, e una componente da “sorellina da proteggere” (altra cosa che piace ai fruitori), intenta a badare ai bambini più piccoli del gruppo di profughi (nonostante la sua condizione, che all'inizio causa apprensione).
Queste due componenti si amalgamano piuttosto male, e danno come risultato un personaggio poco credibile (tanto che viene utilizzato un certo espediente di quarta categoria per coinvolgerla nel finale).
Come già menzionato, gli altri personaggi risultano quasi non pervenuti, con in parte l'eccezione della principessa e della sua fedele guardia, che si attestano al livello di entità (alquanto) secondarie.
Un certo personaggio avrebbe potuto rendere di più, ma è stato sprecato in malo modo prima del termine dell'opera.
Proseguendo con la storia, dove ci imbattiamo pure in autocitazioni riferite a passate opere di Okouchi (come il dimenticabile “Valvrave”, di cui non si sentiva la mancanza, o in seguito “Guilty Crown”, altra opera che non sarà ricordata dai posteri), arriviamo finalmente alla parte finale, dove si incontra l'antagonista della serie.
Purtroppo anche questo risulta una delusione mostruosa, e a poco serve la manciata di minuti impiegata nella creazione di un blandissimo background che spieghi perché tale individuo ce l'abbia col mondo (e nemici del genere non sono una novità per lo staff). Nel finale, l'opera prosegue in un susseguirsi di avvenimenti alla ricerca dell'impatto a ogni costo (a volte risultando addirittura grotteschi), fino a scadere in un ultimo episodio condito di un'eccessiva dose di buonismo ingiustificato: forse ciò è finalizzato a lasciare la porta aperta ad eventuali seguiti, ma alcuni passaggi (uno in particolare) sono realmente così assurdi da far strabuzzare gli occhi e riavvolgere per vedere se accadono davvero. Persino la resa dei conti finale è, di fatto, piuttosto affrettata e deludente, e lascia l'amaro in bocca.
Sicuramente la componente migliore dell'opera è il comparto tecnico: il disegno è ottimo, e c'era moltissima attesa quando si scoprì che Mikimoto era incaricato del character design, compito che ha svolto piuttosto bene (i personaggi sono piacevoli da vedere, peccato che la loro scarsa caratterizzazione li renda facilmente dimenticabili). Se l'opera risulta notevole nelle fasi d'azione, è anche per merito dell'ottimo lavoro svolto dagli animatori, molti dei quali avevano già lavorato con Akari o con Okouchi (spesso in opere dal buon comparto tecnico). Anche la colonna sonora di Sawano fornisce un ottimo supporto all'opera, per merito di composizioni azzeccate, buonissime insert song e una notevole sigla di chiusura.
A conti fatti, “Koutetsujou no Kabaneri“ risulta una notevolissima confezione, abbellita da un ottimo comparto audiovisivo e un'interessante partenza in ambito action, ma palesa fin troppo presto le sue enormi carenze compositive e il suo colpevole disinteresse per quanto riguarda lo sviluppo dei personaggi, nonché per un finale un po' troppo affrettato e con dei tratti alquanto discutibili.
Sarebbe da consigliare solo a chi cerca azione e ha poche pretese riguardo a tutto il resto, con la premura di ricordare che esistono action decisamente migliori che poggiano su basi più solide.
Invece “Koutetsujou no Kabaneri“ si limita a tentare di fare il compitino, senza nemmeno riuscire a completare il minimo indispensabile per imbastire una storia degna di nota.
“Koutetsujou no Kabaneri “ effettivamente appare meno statico e meno incentrato sulla sopravvivenza dell'umanità, mentre l'elemento predominante è, almeno nella prima parte dell'opera, una “fuga per la salvezza”. Infatti, nelle primissime battute, la città dove vivono i protagonisti viene invasa dai kabane, e i pochi superstiti, guidati dalla figlia del capo della città, salgono a bordo del treno corazzato “Koutetsujou” al fine di tentare di arrivare in un luogo sicuro.
In queste prime battute facciamo conoscenza dei due personaggi più importanti dell'opera: Ikoma, un tecnico che riesce miracolosamente a scampare alla letale infezione dei kabane, e Mumei, una giovanissima ragazzina che, a dispetto della sua età, risulta oltremodo abile nell'eliminare i pericolosi nemici.
Nei primi episodi l'opera funziona discretamente bene, e su questi passaggi non c'è nulla da ridire: la fuga e le perdite appena subite mettono sotto pressione gli animi dei superstiti, e la convivenza è piuttosto difficile (specialmente per Ikoma, data la sua condizione). Vi sono anche degli ottimi combattimenti che, supportati da un comparto tecnico all'altezza, rendono questa sezione davvero interessante per gli amanti degli action. È in questa parte che gli elementi dell'ambientazione rendono meglio, per merito di alcuni spunti decisamente interessanti: l'utilizzo di tecnologia completamente basata sul vapore (che dà un sentore vagamente steampunk); i treni come fortezze corazzate, che viaggiano fra una stazione-città e l'altra; i Kabane, mostri antropofagi con un cuore, sede della loro forza vitale, completamente corazzato; e infine i Kabaneri, entità ibride nate da una trasformazione incompleta. Tutti questi elementi, nel loro insieme, rendono la prima parte della fuga il punto migliore dell'opera.
Tuttavia, dopo i primi passaggi, iniziano a palesarsi le prime problematiche. La primissima, e forse la meno grave, è la ridondanza della formula iniziale, con la ripetizione di “avvenimenti vari seguiti da combattimenti”. Questo non è un problema in sé (e anzi, uno schema tokusatsu non sarebbe stato inappropriato, visti gli elementi dell'opera), ma lo è in relazione alla lunghezza dell'anime, che conta soltanto dodici episodi. Ovviamente il desiderio degli autori è quello di raccontare una storia, e quindi avrebbero fatto bene ad essere più parsimoniosi col tempo a disposizione.
Ma questa criticità è presto spiegata da quelle successive: tutto ciò era una tergiversazione prima di arrivare alle parti più tranquille, che hanno iniziato a mostrare il vero tallone d'Achille della struttura, ovvero l'accoppiata Akari/Okouchi. Il primo è un regista talentuoso nelle scene d'azione e nei momenti concitati, ma che mostra più di qualche incertezza quando è chiamato a dirigere sezioni più tranquille (specialmente con la presenza di sceneggiature scricchiolanti). Il secondo invece è uno sceneggiatore alquanto sopravvalutato dopo aver partecipato alla stesura di “Code Geass”, ma che poi ci ha regalato perle di estrema bruttezza del calibro di “Guilty Crown” (dove ha partecipato alla sceneggiatura, e fra l'altro in quell'occasione ha collaborato con Akari) o “Valvrave the Liberator”; tutte opere tanto manieristiche ed esagerate in certi componenti (tanto da toccare più e più volte il trash), quanto carenti nei fondamentali (specialmente sul fronte personaggi e sulla coerenza strutturale).
Ed è la solidità della sceneggiatura il vero problema di quest'opera, tanto che sarebbe quasi meglio definirla un banale canovaccio. Superata la sezione buona ma un po' ridondante, scopriamo delle parti tranquille decisamente poco interessanti ed estremamente mal sfruttate. Infatti, per varie ragioni, fino a tali parti non c'era stato un grande spazio di manovra per fare approfondimento dei personaggi, e questa riduzione del dinamismo sarebbe stata la chance perfetta per cimentarsi nello sviluppo fin qui procrastinato.
Ma questo non avviene, e relega l'opera alla mediocrità assoluta per quanto riguarda il settore.
Di fatto, gli unici membri del cast degni di nota sono Ikoma e Mumei, e tutti gli altri, a parte un paio di comprimari molto blandi, sono alla stregua del livello delle comparse.
Ikoma purtroppo risulta un personaggio alquanto banale e, anche a causa della recitazione non eccelsa del suo doppiatore, risulta veramente poco incisivo per tutto il corso dell'opera (persino nelle sezioni in cui si fa valere).
Mumei incarna forse l'aspetto più tragico del basso livello di sviluppo: apparentemente sembra un personaggio più approfondito e meno monotono di Ikoma (e in effetti lo è), ma è un vero peccato che lo staff abbia voluto renderla forzatamente un feticcio otaku. Questa è la causa di uno dei suoi principali difetti, ovvero una instabilità psicologica che la fa sembrare quasi borderline. Tutto ciò è dato dal fatto che hanno voluto darle una componente da “loli badass” (cosa che piace ai fruitori), in grado di far fuori da sola decine e decine di Kabane, e una componente da “sorellina da proteggere” (altra cosa che piace ai fruitori), intenta a badare ai bambini più piccoli del gruppo di profughi (nonostante la sua condizione, che all'inizio causa apprensione).
Queste due componenti si amalgamano piuttosto male, e danno come risultato un personaggio poco credibile (tanto che viene utilizzato un certo espediente di quarta categoria per coinvolgerla nel finale).
Come già menzionato, gli altri personaggi risultano quasi non pervenuti, con in parte l'eccezione della principessa e della sua fedele guardia, che si attestano al livello di entità (alquanto) secondarie.
Un certo personaggio avrebbe potuto rendere di più, ma è stato sprecato in malo modo prima del termine dell'opera.
Proseguendo con la storia, dove ci imbattiamo pure in autocitazioni riferite a passate opere di Okouchi (come il dimenticabile “Valvrave”, di cui non si sentiva la mancanza, o in seguito “Guilty Crown”, altra opera che non sarà ricordata dai posteri), arriviamo finalmente alla parte finale, dove si incontra l'antagonista della serie.
Purtroppo anche questo risulta una delusione mostruosa, e a poco serve la manciata di minuti impiegata nella creazione di un blandissimo background che spieghi perché tale individuo ce l'abbia col mondo (e nemici del genere non sono una novità per lo staff). Nel finale, l'opera prosegue in un susseguirsi di avvenimenti alla ricerca dell'impatto a ogni costo (a volte risultando addirittura grotteschi), fino a scadere in un ultimo episodio condito di un'eccessiva dose di buonismo ingiustificato: forse ciò è finalizzato a lasciare la porta aperta ad eventuali seguiti, ma alcuni passaggi (uno in particolare) sono realmente così assurdi da far strabuzzare gli occhi e riavvolgere per vedere se accadono davvero. Persino la resa dei conti finale è, di fatto, piuttosto affrettata e deludente, e lascia l'amaro in bocca.
Sicuramente la componente migliore dell'opera è il comparto tecnico: il disegno è ottimo, e c'era moltissima attesa quando si scoprì che Mikimoto era incaricato del character design, compito che ha svolto piuttosto bene (i personaggi sono piacevoli da vedere, peccato che la loro scarsa caratterizzazione li renda facilmente dimenticabili). Se l'opera risulta notevole nelle fasi d'azione, è anche per merito dell'ottimo lavoro svolto dagli animatori, molti dei quali avevano già lavorato con Akari o con Okouchi (spesso in opere dal buon comparto tecnico). Anche la colonna sonora di Sawano fornisce un ottimo supporto all'opera, per merito di composizioni azzeccate, buonissime insert song e una notevole sigla di chiusura.
A conti fatti, “Koutetsujou no Kabaneri“ risulta una notevolissima confezione, abbellita da un ottimo comparto audiovisivo e un'interessante partenza in ambito action, ma palesa fin troppo presto le sue enormi carenze compositive e il suo colpevole disinteresse per quanto riguarda lo sviluppo dei personaggi, nonché per un finale un po' troppo affrettato e con dei tratti alquanto discutibili.
Sarebbe da consigliare solo a chi cerca azione e ha poche pretese riguardo a tutto il resto, con la premura di ricordare che esistono action decisamente migliori che poggiano su basi più solide.
Invece “Koutetsujou no Kabaneri“ si limita a tentare di fare il compitino, senza nemmeno riuscire a completare il minimo indispensabile per imbastire una storia degna di nota.
Possono bastare un’idea discreta e un ottimo contorno per trasformare uno spunto interessante in un prodotto di qualità? La scommessa di Ichiro Okouchi e soci su Kabaneri of the Iron Fortress pare basarsi proprio su questo, la supremazia della tecnica sul contenuto, una tendenza che negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede nel mondo dell’animazione made in Japan; fermandoci a considerare solo le opere dello sceneggiatore in questione, Okouchi, spicca tra tutte Guilty Crown, delizioso gioiello di tecnica, tuttavia riassumibile in due sole parole: soldi sprecati. Nonostante il caso di Kabaneri non sia tanto disperato, lo stratagemma è lo stesso, si ubriaca di azione e colpi di scena lo spettatore allocco senza che egli si renda conto che, tolto quello, ciò che rimane di sostanza è poco o nulla.
L’idea c’è e, nonostante possa delinearsi come poco innovativa, riesce a stuzzicare in qualche modo la curiosità dello spettatore potenziale. Un Giappone dilaniato dalla comparsa di mostri simili a zombie, chiamati kabane; un sistema di città-fortezze protette da alte mura e collegate tra loro da un imponente sistema di rotaie; un universo steampunk fatto di mastodontici treni a vapore corazzati, valvole, ingranaggi e caldaie che cigolano e stridono a ogni movimento, condito da quell’immancabile tocco di “sporco” che conferisce al tutto una buona dose di credibilità. Dei kabane si sa poco in partenza, ed è amareggiante constatare che, pure col passare degli episodi, poco si continui a sapere; sono bestie antropomorfe dalla forza sovrumana, prive di ragione, che cacciano gli esseri umani per cibarsene, trasformandoli a loro volta in altri kabane.
Le disavventure del protagonista della serie, Ikoma, iniziano quando i kabane invadono la fortezza dove egli vive e lavora come operaio presso la ferrovia; morso da uno di questi, riesce a scampare la mostruosa metamorfosi piantandosi qualche chiodo nel corpo e bloccandosi la gola con un collare metallico, per fare in modo che il virus dal quale è stato infettato non si propaghi fino al cervello; un metodo poco ortodosso, ma a quanto pare molto efficace. Per farla breve, quello raggiunto da Ikoma è uno stadio ibrido tra l’essere umano e il kabane, un individuo con una resistenza e capacità rigenerativa fuori dal comune, ma costretto a nutrirsi di sangue per placare la fame animalesca: in una parola è diventato un “kabaneri”. Ad accompagnarlo nel suo viaggio verso la speranza di una nuova vita sarà Mumei, ragazza dall’aspetto innocente e un po’ infantile - moe potremmo dire - che a dispetto delle apparenze è una kabaneri anch’essa, abile combattente e spietata macchina di morte.
Fin dai primi minuti lo spettatore è catapultato nel vivo dell’azione, tra scontri a fuoco, pasti sanguinosi e macelli spietati, mai un calo di tensione, mai un attimo per ragionare, si pensa solo alla sopravvivenza. La precisione delle animazioni, la fotografia ad effetto, i toni caldi dei tramonti e le ombre del crepuscolo, la perizia della regia nelle scene tachicardiche e la cura del design dei personaggi mettono in luce fin da subito il punto di forza della serie, la capacità di mantenere viva sulla grafica l’attenzione dello spettatore, distratto, per così dire, solo dalla colonna sonora composta da Hiroyuki Sawano, ancora una volta valore aggiunto all’opera. Un inizio col botto, si potrebbe pensare, o forse un inizio furbesco. Il problema fondamentale è che, oltre la facciata, si palesa il vuoto: non appena le legnate lasciano spazio ai dialoghi, emergono tutti i problemi di una sceneggiatura banale e poco coerente. Pecca di superficialità, essenzialmente, troppo pregna di retorica spiccia - strizzando l’occhio ai battle shonen all’ultimo grido - e mai veramente coinvolgente da un punto di vista tematico o anche retorico; la regia di Araki similmente non riesce a comunicare e funzionare altrettanto bene e finisce per appesantire ancor più il prodotto e mettere in luce tutte le mancanze e le colpe di Okouchi a livello di intreccio e di sviluppo. Ma non finisce qui: manca un antagonista credibile - quello principale è prima paladino della giustizia, poi incarnazione del male sulla Terra, infine redento salvatore; stride terribilmente poi, seppur tra gli ultrasuoni, la dicotomia tra il lato “badass” di Mumei in versione arma finale e quello "very extra moe" negli spezzoni slice of life, risultando semmai un’emulazione deforme della Lucy di "Elfien Lied", insomma, l’ennesimo specchio per le allodole accalappia-otaku, uno di quelli che ultimamente va per la maggiore; nemmeno il doppiaggio riesce a salvarsi, con quelle urla e quel tono pomposo che tentano di conferire pathos ed epica anche a scene che non ne dovrebbero avere, inutile ripetere il motivo.
Quello che, sotto questa nuova luce, non si può perdonare a Okouchi, Araki e compagnia è il fare rinunciatario, il non osare a sufficienza e rifugiarsi nella mediocrità che tira, pur di avere un pubblico sicuro. Il risultato è la forzatura, che, nel tentativo di limitare le scene rilassate, percorrendo quindi la strada dei colpi di scena e dei cliffhanger, e smarrendo di contro quella della coerenza, viene portata a galla in tutta la sua possanza. Alla fine della visione, quel che resta di salvabile è poco di fronte alle incongruenze dell’intreccio e al suicidio logico della sceneggiatura. Per rispondere alla domanda iniziale, no, non bastano un’idea e un buon contorno, è necessario uno sviluppo quanto meno coerente e la voglia di osare, nella consapevolezza dei propri mezzi, per creare qualcosa di diverso, che non sappia di già visto.
Kabaneri of the Iron Fortress è un’opera insufficiente, più furbesca che pretenziosa, nel fare dell’intrattenimento fine a sé stesso - e a scapito del resto - la sua unica ragione di esistere; un tipo di animazione che personalmente non solo non amo, ma neanche giova al mercato, saturo ormai di queste operucole plasmate ad hoc per accontentare le masse.
L’idea c’è e, nonostante possa delinearsi come poco innovativa, riesce a stuzzicare in qualche modo la curiosità dello spettatore potenziale. Un Giappone dilaniato dalla comparsa di mostri simili a zombie, chiamati kabane; un sistema di città-fortezze protette da alte mura e collegate tra loro da un imponente sistema di rotaie; un universo steampunk fatto di mastodontici treni a vapore corazzati, valvole, ingranaggi e caldaie che cigolano e stridono a ogni movimento, condito da quell’immancabile tocco di “sporco” che conferisce al tutto una buona dose di credibilità. Dei kabane si sa poco in partenza, ed è amareggiante constatare che, pure col passare degli episodi, poco si continui a sapere; sono bestie antropomorfe dalla forza sovrumana, prive di ragione, che cacciano gli esseri umani per cibarsene, trasformandoli a loro volta in altri kabane.
Le disavventure del protagonista della serie, Ikoma, iniziano quando i kabane invadono la fortezza dove egli vive e lavora come operaio presso la ferrovia; morso da uno di questi, riesce a scampare la mostruosa metamorfosi piantandosi qualche chiodo nel corpo e bloccandosi la gola con un collare metallico, per fare in modo che il virus dal quale è stato infettato non si propaghi fino al cervello; un metodo poco ortodosso, ma a quanto pare molto efficace. Per farla breve, quello raggiunto da Ikoma è uno stadio ibrido tra l’essere umano e il kabane, un individuo con una resistenza e capacità rigenerativa fuori dal comune, ma costretto a nutrirsi di sangue per placare la fame animalesca: in una parola è diventato un “kabaneri”. Ad accompagnarlo nel suo viaggio verso la speranza di una nuova vita sarà Mumei, ragazza dall’aspetto innocente e un po’ infantile - moe potremmo dire - che a dispetto delle apparenze è una kabaneri anch’essa, abile combattente e spietata macchina di morte.
Fin dai primi minuti lo spettatore è catapultato nel vivo dell’azione, tra scontri a fuoco, pasti sanguinosi e macelli spietati, mai un calo di tensione, mai un attimo per ragionare, si pensa solo alla sopravvivenza. La precisione delle animazioni, la fotografia ad effetto, i toni caldi dei tramonti e le ombre del crepuscolo, la perizia della regia nelle scene tachicardiche e la cura del design dei personaggi mettono in luce fin da subito il punto di forza della serie, la capacità di mantenere viva sulla grafica l’attenzione dello spettatore, distratto, per così dire, solo dalla colonna sonora composta da Hiroyuki Sawano, ancora una volta valore aggiunto all’opera. Un inizio col botto, si potrebbe pensare, o forse un inizio furbesco. Il problema fondamentale è che, oltre la facciata, si palesa il vuoto: non appena le legnate lasciano spazio ai dialoghi, emergono tutti i problemi di una sceneggiatura banale e poco coerente. Pecca di superficialità, essenzialmente, troppo pregna di retorica spiccia - strizzando l’occhio ai battle shonen all’ultimo grido - e mai veramente coinvolgente da un punto di vista tematico o anche retorico; la regia di Araki similmente non riesce a comunicare e funzionare altrettanto bene e finisce per appesantire ancor più il prodotto e mettere in luce tutte le mancanze e le colpe di Okouchi a livello di intreccio e di sviluppo. Ma non finisce qui: manca un antagonista credibile - quello principale è prima paladino della giustizia, poi incarnazione del male sulla Terra, infine redento salvatore; stride terribilmente poi, seppur tra gli ultrasuoni, la dicotomia tra il lato “badass” di Mumei in versione arma finale e quello "very extra moe" negli spezzoni slice of life, risultando semmai un’emulazione deforme della Lucy di "Elfien Lied", insomma, l’ennesimo specchio per le allodole accalappia-otaku, uno di quelli che ultimamente va per la maggiore; nemmeno il doppiaggio riesce a salvarsi, con quelle urla e quel tono pomposo che tentano di conferire pathos ed epica anche a scene che non ne dovrebbero avere, inutile ripetere il motivo.
Quello che, sotto questa nuova luce, non si può perdonare a Okouchi, Araki e compagnia è il fare rinunciatario, il non osare a sufficienza e rifugiarsi nella mediocrità che tira, pur di avere un pubblico sicuro. Il risultato è la forzatura, che, nel tentativo di limitare le scene rilassate, percorrendo quindi la strada dei colpi di scena e dei cliffhanger, e smarrendo di contro quella della coerenza, viene portata a galla in tutta la sua possanza. Alla fine della visione, quel che resta di salvabile è poco di fronte alle incongruenze dell’intreccio e al suicidio logico della sceneggiatura. Per rispondere alla domanda iniziale, no, non bastano un’idea e un buon contorno, è necessario uno sviluppo quanto meno coerente e la voglia di osare, nella consapevolezza dei propri mezzi, per creare qualcosa di diverso, che non sappia di già visto.
Kabaneri of the Iron Fortress è un’opera insufficiente, più furbesca che pretenziosa, nel fare dell’intrattenimento fine a sé stesso - e a scapito del resto - la sua unica ragione di esistere; un tipo di animazione che personalmente non solo non amo, ma neanche giova al mercato, saturo ormai di queste operucole plasmate ad hoc per accontentare le masse.
<b>Attenzione: la recensione contiene spoiler</b>
L'anime è ambientato nel corso di una sorta di apocalisse zombie. Non si tratta in realtà di zombie, ma di kabane, creature simili agli zombie che possono morire solo se colpite al cuore, rivestito di un materiale durissimo e praticamente impenetrabile. L'umanità si è barricata dietro mura in città fortificate per sfuggire al contagio, ed esse sono collegate da una rete ferroviaria su cui viaggiano treni tanto grandi e attrezzati per potervi sopravvivere sopra per settimane. Ikoma, fabbro della propria stazione rimasto orfano in seguito a un attacco di kabane, sta lavorando alla modifica di una sparachiodi in grado di penetrare il durissimo cuore dei kabane. Ha occasione di testarla con successo durante un attacco dei kabane in seguito allo sfondamento delle mura della propria città, ma durante l'aggressione resta ferito. Riesce miracolosamente a impedire che il virus del contagio arrivi al cervello bloccandosi le vene del collo, diventando cosi una creatura a metà tra un kabane e un umano: un kabaneri. In seguito salirà sul treno di superstiti in fuga dalla città per raggiungere il palazzo dello shogun.
Cominciamo col difetto che forse mi dà più fastidio: la totale assenza di spiegazioni per tutto ciò che riguarda i kabane e i kabaneri, che si fa sentire prepotente fin dall'inizio con la mancata trasformazione di Ikoma. Viene detto esplicitamente che la trasformazione in kabane è dovuta a un virus, tuttavia è completamente assurdo che, per bloccare l'infezione, basti bloccare il flusso sanguigno (o chissà cos'altro) a livello dei collo, visto che i virus e le malattie agiscono sul corpo senza dover raggiungere il cervello. Ancor più strano è che viene poi spiegato che il fermo che Ikoma porta costantemente al collo, se rimosso, non innescherebbe l'infezione definitiva, ma amplierebbe solo il suo potere di kabaneri. Nemmeno questo cambiamento di comportamento del virus viene in nessun modo spiegato.
Successivamente si accenna anche al fatto che uomini e donne kabaneri sono sensibili in modo diverso al virus e, se quest'ultimo viene stimolato, provoca effetti diversi negli uni e negli altri, senza che l'informazione venga dettagliata ulteriormente.
Inoltre, ogni speranza di ottenere spiegazioni su come avvenga la trasformazione in kabaneri indotta artificialmente o da dove vengano i kabane o su come sia stato possibile costruire città fortificate e reti ferroviarie in breve tempo è vana. E non ho nemmeno elencato tutti i dubbi che ho.
Un altro problema sono i buchi logici.
Un primo esempio è il fatto che ci sia fatto credere all'inizio che l'unico modo per abbattere un kabane sia perforargli il cuore, da cui il desiderio di Ikoma di costruire un'arma adatta allo scopo. Salvo poi assistere a una scena alla fine del primo episodio in cui Mumei abbatte un kabane tagliandogli la testa, rendendo immotivata l'urgenza di Ikoma.
Oppure possiamo citare, sempre nel primo episodio, la scena in cui degli uomini sparano a un tizio che credono un kabane e, quando questi muore, deducono che non lo fosse; ergo, gli hanno sparato immaginando che non morisse, reazione completamente assurda.
Oppure ancora quando Ikoma, rinchiuso in gabbia, dopo che Mumei si allontana, si libera da solo, cosa che avrebbe potuto fare probabilmente ore prima.
Un altro esempio è la stessa sparachiodi inventata dal protagonista. Inizialmente ci viene fatta passare l'idea che non esistano armi adatte a perforare la dura corazza di metallo del cuore dei kabane e che l'arma di Ikoma sia il primo spiraglio di luce per iniziare una battaglia contro i kabane. Successivamente i kit esplosivi per il suicidio vengono utilizzati più volte da Mumei e in un flashback dallo stesso Ikoma per uccidere i kabane. Infine salta fuori che esiste un'intera squadra di assassini di kabane che dispongono di tutta la attrezzatura necessaria per combatterli e non c'è nessuna ragione per cui queste armi non siano diffuse in larga scala.
La trama è piena di incongruenze e problemi, soprattutto per quanto riguarda i personaggi che spesso agiscono solo per necessità di copione, per creare cause e situazioni apposta per preparare il terreno a eventi successivi.
Altra nota dolente sono infatti proprio i personaggi.
Da un lato abbiamo Ikoma, che non può stare antipatico, semplicemente perché non ha un carattere. Fatta eccezione per l'iniziale, debole e strasentita, caratterizzazione di ragazzino arrabbiato nei confronti di una vita di sofferenze ma assetato di giustizia e prodigo di iniezioni di speranza negli altri, mantiene come tutti la profondità caratteriale di una pozzanghera. Ho serissime difficoltà a scrivere anche solo un aggettivo per descriverlo.
Dall'altro abbiamo Mumei, personaggio più caratterialmente confuso che mai sia stato scritto, alterna momenti di irrealistica freddezza e fastidiosa saccenteria a momenti di fragilità e paura eccessive. Personaggio creato a tavolino per soddisfare due bisogni fondamentali di ogni serie piena di cliché che si rispetti: la necessità di avere un personaggio dall'aspetto minuto e/o grazioso che 'spacca i culi' e l'esigenza della bambolina che con le sue lacrime mostri la profondità del suo dolore e il bisogno di amore. Il mix, invece che generare un personaggio forte all'apparenza ma fragile nel cuore, dona a Mumei una caratterizzazione confusa e piatta.
Ma il trofeo per il personaggio peggio costruito della serie va senz'ombra di dubbio a Biba, che merita un discorso a parte, in quanto sunto dell'irrazionalità della trama e dell'inconsistenza dei personaggi.
Infine ci sono gli altri, decine di personaggi che in ogni situazione che si presenta reagiscono nell'ultimo modo in cui un essere umano normale reagirebbe; e quand'anche il tipo di reazione sia accettabile, il modo di rappresentarla è piatto e innaturale.
Veniamo adesso a Biba e al cuore della trama.
Onestamente sono indecisa se attribuire l'assoluta irrazionalità della seconda parte della serie all'incapacità di scrivere una sceneggiatura decente o al tentativo mancato di presentare Biba come personaggio folle e crudele. Biba spiega che il suo accanimento verso il padre nasce dal fatto che lui si è sempre comportato con paura e timore nei suoi confronti (perché?), arrivando addirittura a ferirlo fisicamente e infine ad affidargli il comando della spedizione contro i kabane, per poi lasciarlo con l'intero esercito senza rifornimenti e sostegno militare. Se questa scelta dello shogun non ha nessun senso (in primo luogo affossi la tua unica speranza di debellare i kabane, in secondo luogo lasci sul campo migliaia di uomini che, contagiandosi, diventerebbero a loro volta kabane), la reazione di Biba è anche peggio. Biba si dilunga in qualche 'spiegone' per giustificare la scelta della propria vendetta, ma è tutto meno che chiaro. Sembra avere una avversione per tutti coloro che ritiene codardi (perché? Per la paura che aveva il padre nei suoi confronti?), vede lo shogunato come simbolo della codardia umana (in che senso?) e dice che, boicottandolo e distruggendo le stazioni che salvano gli uomini dai kabane, istituirà un mondo davvero libero, giusto ed egalitario (in che senso?). Insomma, un minestrone di idee, tanto confuso da rendermi impossibile anche solo intuire cosa in realtà cercasse di dire.
Nemmeno l'ultima puntata, nel suo trionfo di musiche e grafica tanto maestoso da riuscire quasi a farmela apprezzare, riesce tuttavia a oscurare del tutto le inconsistenze di trama e caratterizzazione, dovuta alla voglia di avere il lieto fine a tutti i costi.
Il cambio di bandiera di Mumei e degli ex uomini di Biba avviene in modo troppo veloce e innaturale, i combattimenti sono costellati di esplosioni casuali di ignota origine (Dio solo sa perché il treno colpito da Ikoma sia esploso) e, ciliegina sulla torta, è lo stesso Biba a iniettare il plasma bianco a Ikoma: non si sa quando, non si sa come, ma soprattutto non si sa perché.
È incredibile che una grafica e una ambientazione tanto interessante, che mischia steampunk e Giappone tradizionale, siano state sprecate in questo modo. La serie ha degli spunti forse che non scoppiano di originalità, ma davvero carini, e sono stati affogati in un mare di errori e incompetenza.
L'anime è ambientato nel corso di una sorta di apocalisse zombie. Non si tratta in realtà di zombie, ma di kabane, creature simili agli zombie che possono morire solo se colpite al cuore, rivestito di un materiale durissimo e praticamente impenetrabile. L'umanità si è barricata dietro mura in città fortificate per sfuggire al contagio, ed esse sono collegate da una rete ferroviaria su cui viaggiano treni tanto grandi e attrezzati per potervi sopravvivere sopra per settimane. Ikoma, fabbro della propria stazione rimasto orfano in seguito a un attacco di kabane, sta lavorando alla modifica di una sparachiodi in grado di penetrare il durissimo cuore dei kabane. Ha occasione di testarla con successo durante un attacco dei kabane in seguito allo sfondamento delle mura della propria città, ma durante l'aggressione resta ferito. Riesce miracolosamente a impedire che il virus del contagio arrivi al cervello bloccandosi le vene del collo, diventando cosi una creatura a metà tra un kabane e un umano: un kabaneri. In seguito salirà sul treno di superstiti in fuga dalla città per raggiungere il palazzo dello shogun.
Cominciamo col difetto che forse mi dà più fastidio: la totale assenza di spiegazioni per tutto ciò che riguarda i kabane e i kabaneri, che si fa sentire prepotente fin dall'inizio con la mancata trasformazione di Ikoma. Viene detto esplicitamente che la trasformazione in kabane è dovuta a un virus, tuttavia è completamente assurdo che, per bloccare l'infezione, basti bloccare il flusso sanguigno (o chissà cos'altro) a livello dei collo, visto che i virus e le malattie agiscono sul corpo senza dover raggiungere il cervello. Ancor più strano è che viene poi spiegato che il fermo che Ikoma porta costantemente al collo, se rimosso, non innescherebbe l'infezione definitiva, ma amplierebbe solo il suo potere di kabaneri. Nemmeno questo cambiamento di comportamento del virus viene in nessun modo spiegato.
Successivamente si accenna anche al fatto che uomini e donne kabaneri sono sensibili in modo diverso al virus e, se quest'ultimo viene stimolato, provoca effetti diversi negli uni e negli altri, senza che l'informazione venga dettagliata ulteriormente.
Inoltre, ogni speranza di ottenere spiegazioni su come avvenga la trasformazione in kabaneri indotta artificialmente o da dove vengano i kabane o su come sia stato possibile costruire città fortificate e reti ferroviarie in breve tempo è vana. E non ho nemmeno elencato tutti i dubbi che ho.
Un altro problema sono i buchi logici.
Un primo esempio è il fatto che ci sia fatto credere all'inizio che l'unico modo per abbattere un kabane sia perforargli il cuore, da cui il desiderio di Ikoma di costruire un'arma adatta allo scopo. Salvo poi assistere a una scena alla fine del primo episodio in cui Mumei abbatte un kabane tagliandogli la testa, rendendo immotivata l'urgenza di Ikoma.
Oppure possiamo citare, sempre nel primo episodio, la scena in cui degli uomini sparano a un tizio che credono un kabane e, quando questi muore, deducono che non lo fosse; ergo, gli hanno sparato immaginando che non morisse, reazione completamente assurda.
Oppure ancora quando Ikoma, rinchiuso in gabbia, dopo che Mumei si allontana, si libera da solo, cosa che avrebbe potuto fare probabilmente ore prima.
Un altro esempio è la stessa sparachiodi inventata dal protagonista. Inizialmente ci viene fatta passare l'idea che non esistano armi adatte a perforare la dura corazza di metallo del cuore dei kabane e che l'arma di Ikoma sia il primo spiraglio di luce per iniziare una battaglia contro i kabane. Successivamente i kit esplosivi per il suicidio vengono utilizzati più volte da Mumei e in un flashback dallo stesso Ikoma per uccidere i kabane. Infine salta fuori che esiste un'intera squadra di assassini di kabane che dispongono di tutta la attrezzatura necessaria per combatterli e non c'è nessuna ragione per cui queste armi non siano diffuse in larga scala.
La trama è piena di incongruenze e problemi, soprattutto per quanto riguarda i personaggi che spesso agiscono solo per necessità di copione, per creare cause e situazioni apposta per preparare il terreno a eventi successivi.
Altra nota dolente sono infatti proprio i personaggi.
Da un lato abbiamo Ikoma, che non può stare antipatico, semplicemente perché non ha un carattere. Fatta eccezione per l'iniziale, debole e strasentita, caratterizzazione di ragazzino arrabbiato nei confronti di una vita di sofferenze ma assetato di giustizia e prodigo di iniezioni di speranza negli altri, mantiene come tutti la profondità caratteriale di una pozzanghera. Ho serissime difficoltà a scrivere anche solo un aggettivo per descriverlo.
Dall'altro abbiamo Mumei, personaggio più caratterialmente confuso che mai sia stato scritto, alterna momenti di irrealistica freddezza e fastidiosa saccenteria a momenti di fragilità e paura eccessive. Personaggio creato a tavolino per soddisfare due bisogni fondamentali di ogni serie piena di cliché che si rispetti: la necessità di avere un personaggio dall'aspetto minuto e/o grazioso che 'spacca i culi' e l'esigenza della bambolina che con le sue lacrime mostri la profondità del suo dolore e il bisogno di amore. Il mix, invece che generare un personaggio forte all'apparenza ma fragile nel cuore, dona a Mumei una caratterizzazione confusa e piatta.
Ma il trofeo per il personaggio peggio costruito della serie va senz'ombra di dubbio a Biba, che merita un discorso a parte, in quanto sunto dell'irrazionalità della trama e dell'inconsistenza dei personaggi.
Infine ci sono gli altri, decine di personaggi che in ogni situazione che si presenta reagiscono nell'ultimo modo in cui un essere umano normale reagirebbe; e quand'anche il tipo di reazione sia accettabile, il modo di rappresentarla è piatto e innaturale.
Veniamo adesso a Biba e al cuore della trama.
Onestamente sono indecisa se attribuire l'assoluta irrazionalità della seconda parte della serie all'incapacità di scrivere una sceneggiatura decente o al tentativo mancato di presentare Biba come personaggio folle e crudele. Biba spiega che il suo accanimento verso il padre nasce dal fatto che lui si è sempre comportato con paura e timore nei suoi confronti (perché?), arrivando addirittura a ferirlo fisicamente e infine ad affidargli il comando della spedizione contro i kabane, per poi lasciarlo con l'intero esercito senza rifornimenti e sostegno militare. Se questa scelta dello shogun non ha nessun senso (in primo luogo affossi la tua unica speranza di debellare i kabane, in secondo luogo lasci sul campo migliaia di uomini che, contagiandosi, diventerebbero a loro volta kabane), la reazione di Biba è anche peggio. Biba si dilunga in qualche 'spiegone' per giustificare la scelta della propria vendetta, ma è tutto meno che chiaro. Sembra avere una avversione per tutti coloro che ritiene codardi (perché? Per la paura che aveva il padre nei suoi confronti?), vede lo shogunato come simbolo della codardia umana (in che senso?) e dice che, boicottandolo e distruggendo le stazioni che salvano gli uomini dai kabane, istituirà un mondo davvero libero, giusto ed egalitario (in che senso?). Insomma, un minestrone di idee, tanto confuso da rendermi impossibile anche solo intuire cosa in realtà cercasse di dire.
Nemmeno l'ultima puntata, nel suo trionfo di musiche e grafica tanto maestoso da riuscire quasi a farmela apprezzare, riesce tuttavia a oscurare del tutto le inconsistenze di trama e caratterizzazione, dovuta alla voglia di avere il lieto fine a tutti i costi.
Il cambio di bandiera di Mumei e degli ex uomini di Biba avviene in modo troppo veloce e innaturale, i combattimenti sono costellati di esplosioni casuali di ignota origine (Dio solo sa perché il treno colpito da Ikoma sia esploso) e, ciliegina sulla torta, è lo stesso Biba a iniettare il plasma bianco a Ikoma: non si sa quando, non si sa come, ma soprattutto non si sa perché.
È incredibile che una grafica e una ambientazione tanto interessante, che mischia steampunk e Giappone tradizionale, siano state sprecate in questo modo. La serie ha degli spunti forse che non scoppiano di originalità, ma davvero carini, e sono stati affogati in un mare di errori e incompetenza.