L'impero dei cadaveri
Di solito le storie di zombie non mi piacciono, ma, anche se qui sono di semplice contorno, la storia non decolla. Per carità, le animazioni sono molto buone e la trama aveva del potenziale. Sprecato.
La prima parte ispirata a quanto lasciato di “Project Itoh” è un po’ lenta e non brilla, la seconda parte ispirata da Toh EnJoe, che ha concluso il romanzo da cui è tratta l’opera, è un po’ confusionaria, non risponde a varie domande, anche se è più basata sull’azione.
Io odio anche i peplum (succedeva di più quando ero ragazzo) e gli autori qui imitano la brutta abitudine di quei film in cui personaggi celebri della tradizione greco-romana venivano citati o resi protagonisti di storie completamente inventate o poco verosimili. Fare del citazionismo mettendo i nomi di personaggi di romanzi celebri dell’ottocento (Frankenstein, Watson, Venerdì, Karamazov...) che però si comportano in modo diverso da come si comportavano in quei romanzi è solo una strada comoda per sembrare colti.
E non diciamo che in contesti diversi i personaggi famosi di Mary Shilley, Arthur Conan Doyle, Daniel Defoe, Fedor Dostoevskij si comporterebbero in modo diverso... questo è lampante, il problema è che qui si parla anche di anima, e quei personaggi hanno un’anima che li renderebbe persone con comportamenti sempre simili anche se diversi in base al contesto. Ma qui andiamo nel campo della filosofia, e non riuscirei ad argomentare bene. Diciamo solo che i loro comportamenti sono assurdi in base all’essenza che ha istillato il loro creatore originario. Poi si può fare di tutto: ho letto un romanzo in cui Machiavelli indagava su delitti perpetrati da Savonarola, siamo al livello della pseudo-storia che possiamo trovare in "Arte", serie TV in cui si spaccia un’Italia rinascimentale dove i personaggi non vivono l’anima del tempo. È l’eterno duello fra “Ivanoe” e i suoi eredi e “I promessi sposi” e chi si ispira al Manzoni.
Comunque, non volendola tirare per le lunghe, infognandomi sulla scarsa attenzione alla psicologia dei personaggi, gli assegno un cinque.
La prima parte ispirata a quanto lasciato di “Project Itoh” è un po’ lenta e non brilla, la seconda parte ispirata da Toh EnJoe, che ha concluso il romanzo da cui è tratta l’opera, è un po’ confusionaria, non risponde a varie domande, anche se è più basata sull’azione.
Io odio anche i peplum (succedeva di più quando ero ragazzo) e gli autori qui imitano la brutta abitudine di quei film in cui personaggi celebri della tradizione greco-romana venivano citati o resi protagonisti di storie completamente inventate o poco verosimili. Fare del citazionismo mettendo i nomi di personaggi di romanzi celebri dell’ottocento (Frankenstein, Watson, Venerdì, Karamazov...) che però si comportano in modo diverso da come si comportavano in quei romanzi è solo una strada comoda per sembrare colti.
E non diciamo che in contesti diversi i personaggi famosi di Mary Shilley, Arthur Conan Doyle, Daniel Defoe, Fedor Dostoevskij si comporterebbero in modo diverso... questo è lampante, il problema è che qui si parla anche di anima, e quei personaggi hanno un’anima che li renderebbe persone con comportamenti sempre simili anche se diversi in base al contesto. Ma qui andiamo nel campo della filosofia, e non riuscirei ad argomentare bene. Diciamo solo che i loro comportamenti sono assurdi in base all’essenza che ha istillato il loro creatore originario. Poi si può fare di tutto: ho letto un romanzo in cui Machiavelli indagava su delitti perpetrati da Savonarola, siamo al livello della pseudo-storia che possiamo trovare in "Arte", serie TV in cui si spaccia un’Italia rinascimentale dove i personaggi non vivono l’anima del tempo. È l’eterno duello fra “Ivanoe” e i suoi eredi e “I promessi sposi” e chi si ispira al Manzoni.
Comunque, non volendola tirare per le lunghe, infognandomi sulla scarsa attenzione alla psicologia dei personaggi, gli assegno un cinque.
Vorrei fare una breve recensione, abbastanza coincisa, più o meno su quel che mi aspettavo di leggere da altre persone che tuttavia non è stato scritto.
Questo film aveva un potenziale assurdo per i disegni, le musiche, le atmosfere e, perché no, anche i personaggi. Il potenziale in questione tuttavia è stato rovinato da una trama che non soddisfa le aspettative, poiché lascia mille libere interpretazioni. Quello dei quesiti sconclusionati e talvolta confusi è solo uno dei tanti problemi, tuttavia vorrei soffermarmi proprio su questo punto, perché credo che dare delle buone spiegazioni allo spettatore sia la cosa più doverosa da fare quando si crea un'opera del genere.
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
Dov'è l'anima di Friday? È sempre all'interno del suo corpo oppure il dispositivo che gli viene inserito nei vari contesti gliela rimette dentro? È una cosa che non si capisce per tutto il tempo del film, anche se in una scena possiamo vedere Friday fare il gesto con la penna per indicare di percepire un'anima, e in quel momento non è collegato al dispositivo.
Il finale? Watson muore suicida? O diventerà come the One?
I cadaveri posseggono ancora la loro anima? Quesito collegato alla prima domanda. La storia ci dice che non è così, tuttavia lo svolgimento del film mette in dubbio che l'anima sia artificiale.
Nonostante tutto questo, il personaggio di Friday è piaciuto molto sia a me che al pubblico generale, ho trovato interessante che possa piacere così tanto un personaggio che per tutta la trama è un involucro vuoto che esegue degli ordini, forse perché possiamo idealizzarlo? Chissà.
Un vero peccato, perché poteva essere molto di più, ma sono comunque rimasta colpita dalle sensazioni che mi ha trasmesso, molto inspiegabili ma molto intense.
Questo film aveva un potenziale assurdo per i disegni, le musiche, le atmosfere e, perché no, anche i personaggi. Il potenziale in questione tuttavia è stato rovinato da una trama che non soddisfa le aspettative, poiché lascia mille libere interpretazioni. Quello dei quesiti sconclusionati e talvolta confusi è solo uno dei tanti problemi, tuttavia vorrei soffermarmi proprio su questo punto, perché credo che dare delle buone spiegazioni allo spettatore sia la cosa più doverosa da fare quando si crea un'opera del genere.
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
Dov'è l'anima di Friday? È sempre all'interno del suo corpo oppure il dispositivo che gli viene inserito nei vari contesti gliela rimette dentro? È una cosa che non si capisce per tutto il tempo del film, anche se in una scena possiamo vedere Friday fare il gesto con la penna per indicare di percepire un'anima, e in quel momento non è collegato al dispositivo.
Il finale? Watson muore suicida? O diventerà come the One?
I cadaveri posseggono ancora la loro anima? Quesito collegato alla prima domanda. La storia ci dice che non è così, tuttavia lo svolgimento del film mette in dubbio che l'anima sia artificiale.
Nonostante tutto questo, il personaggio di Friday è piaciuto molto sia a me che al pubblico generale, ho trovato interessante che possa piacere così tanto un personaggio che per tutta la trama è un involucro vuoto che esegue degli ordini, forse perché possiamo idealizzarlo? Chissà.
Un vero peccato, perché poteva essere molto di più, ma sono comunque rimasta colpita dalle sensazioni che mi ha trasmesso, molto inspiegabili ma molto intense.
E con "L’impero dei cadaveri” ho terminato la visione della trilogia di anime ispirati alle opere di Project Itoh... e meno male che l’ho visto per ultimo (rispettando l’ordine di pubblicazione delle novel e non dell’uscita dei film), altrimenti mi sarei posto qualche domanda sull’opportunità di visionare anche “L’organo genocida” e “Harmony”.
Il film si ispira a “Shisha no Teikoku” (“L’impero dei cadaveri”), opera rimasta incompiuta per la morte nel 2009 dello scrittore Project Itoh (pseudonimo di Satoshi Itō) e pubblicata postuma nel 2012 a seguito del completamento da parte dello scrittore Toh Enjoe, amico e collaboratore di Itoh. La novel ha ricevuto anche un premio.
Purtroppo non ho avuto modo di leggere la novel, ma, dopo due ore del film d’animazione, sarei curioso di capire dove è arrivato nella stesura Itoh e cosa ha aggiunto e modificato/integrato il collega Enjoe...
In effetti, il film sembra essere diviso in due parti: fino alla missione in Afghanistan mi sembra di riconoscere ancora un po’ l’impronta di Itoh, poi dal Giappone e dagli USA il film vira su uno stile che non ho riscontrato né ne “L’organo genocida” né in “Harmony”, rendendo l’anime assimilabile a una sorta di “fantasy” un po’ dark, cui aggiungerei la valutazione di “senza né capo né coda”.
L’opera trova la sua ambientazione temporale nel XIX secolo. L’umanità, grazie alle ricerche del dottor Victor Frankenstein (prima citazione), ha trovato il modo di resuscitare i cadaveri su larga scala, con una “piccola” criticità: il cadavere è risvegliato, ma non ha una vera e propria coscienza né recupera con il risveglio quella del defunto, restando una sorta di “zombie” (nelle fattezze e nei modi di comportarsi/agire) o automa che esegue gli ordini impartiti dagli umani vivi. Giusto per intendersi, sono molto simili per movenze e attività a quelli di “Resident Evil”, eccezion fatta per l’istinto omicida instillato dal virus.
I cadaveri sono sfruttati dai viventi come lavoratori in ogni compito (soprattutto quelli più gravosi), come soldati, oppure come semplici schiavi e assistenti. A pensarci bene sarebbe un mondo molto “inquietante”: passeggiare per strada, andare in un ristorante, ecc. ed essere circondati da cadaveri che eseguono le attività, ti servono da bere e mangiare, ecc. Nel film il tutto sembra essere molto “normale”: gli umani vivi si sono assuefatti a questa realtà e cercano di sfruttarla al massimo, senza neanche troppi scrupoli.
Il cruccio di un ricercatore/scienziato inglese di nome John Watson (seconda citazione dell’opera) è quello di scoprire come recuperare gli appunti del dott. V. Frankestein, per poter risvegliare i cadaveri dotandoli di un’autonoma coscienza o, meglio, di far recuperare la loro anima originale.
Non entrando nei dettagli tecnici (ad onor del vero quello che si vede nel film è oggettivamente inspiegabile e insostenibile da un punto di vista puramente scientifico), Watson recupera il cadavere dell’amico/socio di studi appena deceduto per malattia, per sperimentare e approfondire i suoi studi, anche per recuperare la sua anima. Peccato che il governo inglese lo scopra e lo obblighi a diventare una spia, per recuperare in Afghanistan gli appunti originali del barone Frankenstein.
Il film fino al viaggio in Afghanistan è comunque “itohiano”: lento, riflessivo, con qualche spunto d’azione, ma incentrato sul tema della morte e della volontà dell’essere umano di superarla ad ogni modo (e in questa opera, anziché puntare sull’estensione della vita degli esseri viventi, si concentra sulla possibilità di superare la morte, dopo che questa sia avvenuta), con tutti i problemi etici del caso, incluso lo sfruttamento indiscriminato dei cadaveri nella società.
Rispetto al romanzo di Mary Shelley mancano molte riflessioni sul rapporto uomo vivente/creatore e cadavere resuscitato, che rappresenta il "backbone” del capolavoro della scrittrice inglese fino al tragico epilogo.
Resta solo il “delirio” di onnipotenza dell’uomo (e anche del protagonista Watson) di trovare il modo di portare a compimento il risveglio della coscienza (o dell’anima) con l’aggiunta della teoria dei “21 grammi” di Duncan MacDougall che, richiamata nel film, è anche un falso storico, perché diffusasi solo nei primi anni del ‘900 (quindi successiva all’ambientazione storica dell’anime...)
Se poi l’amico defunto e resuscitato viene chiamato “Friday” (in onore di Robinson Crusoe), lo scienziato russo del film si chiama Alexei Karamazov (“I fratelli Karamazov”, opera di Fëdor Dostoevskij), la creatura resuscitata da V. Frankestein si chiama “The One”, più alcuni personaggi reali come Frederick Barnaby, Seigo Yamazawa, T. Edison e Ulysses S. Grant, il citazionismo dell’autore si dimostra sterile e fine a sé stesso.
Cito per ultimo il personaggio di Lilith Hadary, avvenente “bambola meccanica” che aggiunge anche un po’ di buon fanservice alla trama (in “Harmony” devo riconoscere che le due protagoniste non erano da meno, anche se in quest'ultimo caso il fanservice è stato utilizzato in modo un po’ più “furbo”...), ma sentirla in un dialogo del film con Watson (che sembra apprezzarla molto...) “triste perché non ha un’anima e non riesce a provare emozioni” è francamente “troppo” per un film che doveva aver ben altro spessore...
“L’impero dei cadaveri” è per me la classica occasione sprecata: l’anime sembra eccellere esclusivamente nel comparto tecnico e nelle scene d’azione. La trama mi è risultata francamente incomprensibile e assolutamente insufficiente dal punto di vista del significato e della riflessione.
Senza ‘spoilerare’ la seconda parte del film (la più insulsa), lascio al potenziale spettatore la decisione se provare a dedicare due ore della propria risorsa più preziosa (il tempo) alla visione dell’anime.
Il film si ispira a “Shisha no Teikoku” (“L’impero dei cadaveri”), opera rimasta incompiuta per la morte nel 2009 dello scrittore Project Itoh (pseudonimo di Satoshi Itō) e pubblicata postuma nel 2012 a seguito del completamento da parte dello scrittore Toh Enjoe, amico e collaboratore di Itoh. La novel ha ricevuto anche un premio.
Purtroppo non ho avuto modo di leggere la novel, ma, dopo due ore del film d’animazione, sarei curioso di capire dove è arrivato nella stesura Itoh e cosa ha aggiunto e modificato/integrato il collega Enjoe...
In effetti, il film sembra essere diviso in due parti: fino alla missione in Afghanistan mi sembra di riconoscere ancora un po’ l’impronta di Itoh, poi dal Giappone e dagli USA il film vira su uno stile che non ho riscontrato né ne “L’organo genocida” né in “Harmony”, rendendo l’anime assimilabile a una sorta di “fantasy” un po’ dark, cui aggiungerei la valutazione di “senza né capo né coda”.
L’opera trova la sua ambientazione temporale nel XIX secolo. L’umanità, grazie alle ricerche del dottor Victor Frankenstein (prima citazione), ha trovato il modo di resuscitare i cadaveri su larga scala, con una “piccola” criticità: il cadavere è risvegliato, ma non ha una vera e propria coscienza né recupera con il risveglio quella del defunto, restando una sorta di “zombie” (nelle fattezze e nei modi di comportarsi/agire) o automa che esegue gli ordini impartiti dagli umani vivi. Giusto per intendersi, sono molto simili per movenze e attività a quelli di “Resident Evil”, eccezion fatta per l’istinto omicida instillato dal virus.
I cadaveri sono sfruttati dai viventi come lavoratori in ogni compito (soprattutto quelli più gravosi), come soldati, oppure come semplici schiavi e assistenti. A pensarci bene sarebbe un mondo molto “inquietante”: passeggiare per strada, andare in un ristorante, ecc. ed essere circondati da cadaveri che eseguono le attività, ti servono da bere e mangiare, ecc. Nel film il tutto sembra essere molto “normale”: gli umani vivi si sono assuefatti a questa realtà e cercano di sfruttarla al massimo, senza neanche troppi scrupoli.
Il cruccio di un ricercatore/scienziato inglese di nome John Watson (seconda citazione dell’opera) è quello di scoprire come recuperare gli appunti del dott. V. Frankestein, per poter risvegliare i cadaveri dotandoli di un’autonoma coscienza o, meglio, di far recuperare la loro anima originale.
Non entrando nei dettagli tecnici (ad onor del vero quello che si vede nel film è oggettivamente inspiegabile e insostenibile da un punto di vista puramente scientifico), Watson recupera il cadavere dell’amico/socio di studi appena deceduto per malattia, per sperimentare e approfondire i suoi studi, anche per recuperare la sua anima. Peccato che il governo inglese lo scopra e lo obblighi a diventare una spia, per recuperare in Afghanistan gli appunti originali del barone Frankenstein.
Il film fino al viaggio in Afghanistan è comunque “itohiano”: lento, riflessivo, con qualche spunto d’azione, ma incentrato sul tema della morte e della volontà dell’essere umano di superarla ad ogni modo (e in questa opera, anziché puntare sull’estensione della vita degli esseri viventi, si concentra sulla possibilità di superare la morte, dopo che questa sia avvenuta), con tutti i problemi etici del caso, incluso lo sfruttamento indiscriminato dei cadaveri nella società.
Rispetto al romanzo di Mary Shelley mancano molte riflessioni sul rapporto uomo vivente/creatore e cadavere resuscitato, che rappresenta il "backbone” del capolavoro della scrittrice inglese fino al tragico epilogo.
Resta solo il “delirio” di onnipotenza dell’uomo (e anche del protagonista Watson) di trovare il modo di portare a compimento il risveglio della coscienza (o dell’anima) con l’aggiunta della teoria dei “21 grammi” di Duncan MacDougall che, richiamata nel film, è anche un falso storico, perché diffusasi solo nei primi anni del ‘900 (quindi successiva all’ambientazione storica dell’anime...)
Se poi l’amico defunto e resuscitato viene chiamato “Friday” (in onore di Robinson Crusoe), lo scienziato russo del film si chiama Alexei Karamazov (“I fratelli Karamazov”, opera di Fëdor Dostoevskij), la creatura resuscitata da V. Frankestein si chiama “The One”, più alcuni personaggi reali come Frederick Barnaby, Seigo Yamazawa, T. Edison e Ulysses S. Grant, il citazionismo dell’autore si dimostra sterile e fine a sé stesso.
Cito per ultimo il personaggio di Lilith Hadary, avvenente “bambola meccanica” che aggiunge anche un po’ di buon fanservice alla trama (in “Harmony” devo riconoscere che le due protagoniste non erano da meno, anche se in quest'ultimo caso il fanservice è stato utilizzato in modo un po’ più “furbo”...), ma sentirla in un dialogo del film con Watson (che sembra apprezzarla molto...) “triste perché non ha un’anima e non riesce a provare emozioni” è francamente “troppo” per un film che doveva aver ben altro spessore...
“L’impero dei cadaveri” è per me la classica occasione sprecata: l’anime sembra eccellere esclusivamente nel comparto tecnico e nelle scene d’azione. La trama mi è risultata francamente incomprensibile e assolutamente insufficiente dal punto di vista del significato e della riflessione.
Senza ‘spoilerare’ la seconda parte del film (la più insulsa), lascio al potenziale spettatore la decisione se provare a dedicare due ore della propria risorsa più preziosa (il tempo) alla visione dell’anime.
Ho avuto modo di vedere i tre film della trilogia animata tratta dalle opere di "Project Itoh", in streaming su Prime Video. Attendevo da diverso tempo questa opportunità, per cercare di capire cosa non va in questo adattamento. Perché, malgrado il clamore suscitato da queste produzioni, pur tuttavia, anche a causa delle vicissitudini della produzione, non sembrano esser pienamente riusciti. Nessuno dei tre. Né "Genocidal Organ", peraltro il migliore, né questo "L'impero dei cadaveri", che ha i suoi lati interessanti, e neppure "Harmony".
Cominciamo da "L'impero dei cadaveri". Do per scontato che si conosca la trama generale del film, inutile richiamarla per l'ennesima volta: si svolge sullo sfondo di un impero inglese del pieno 1800, nel quale si è riuscita a "scoprire", anche grazie alla potentissima "Macchina Babbage", una tecnica che anima i cadaveri, facendone degli utilissimi servitori, da usare praticamente in qualunque modo, e particolarmente come Armi - un "neoschiavismo" inquietante che solleva molti problemi morali. All'inizio sembra esser davanti a un episodio "fantastico" del Grande Gioco, la sfida fra Impero Russo e Impero Inglese, per il dominio del mondo, con in palio il segreto della tecnica di rianimazione di Viktor Von Frankestein, che consentiva di rianimare dei cadaveri donando loro migliori capacità di percezione e rendendoli macchine di morte pressoché invincibili, nel quale è coinvolto John Watson, giovane studente di medicina, che cerca di portare avanti alcune ricerche avanzatisisme di un suo giovane e geniale collega, che ha, violando ogni regola, "resuscitato". La prima parte del film è ambientata in Afghanistan... ma la trama si ingarbuglia immediatamente, e Watson si troverà a dover correre per tutto l'impero inglese, finendo anche in Giappone, per cercare di fermare un complotto pericolosissimo che vuole trasformare in cadaveri viventi tutti gli uomini e le donne del mondo. Con al suo fianco la temibile Lilith Hadary e il coraggioso Frederick Barnaby (realizzato sulla base di un personaggio realmente esistito, Frederick Burnaby, colonnello dei servizi segreti inglesi, noto per il suo spericolato coraggio).
Sicuramente, l'ambientazione steampunk data al film gli dà ai miei occhi un "quid" in più. Come è stato ben citato, in alcuni momenti si pensava di essere in un adattamento animato de "La lega degli straordinari gentlemen" di Alan Moore (anzi, per inciso, sarebbe ora che qualche bravo direttore d'animazione "scopra" questa straordinaria saga, il cui adattamento live non è stato proprio il massimo, pur se ben fatto), e in altri momenti la citazione di un piccolo capolavoro di serie come "Penny Dreadful" era inevitabile. Anche in quella saga - e nel suo seguito - si mescolavano, abilmente, citazioni provenienti dai mondi letterari, e fantastici, più diversi.
Il problema delle citazioni, però, è quello di non trasformarle nel riferimento principale degli spettatori, che poi perdono di vista la trama principale. In alcuni momenti "L'impero dei cadaveri" è proprio un semplice elenco di citazioni.
Non aiutano i personaggi, che crescono solo nella seconda parte del film, né una discreta confusione nel finale. Belle le scene d'azione, caratterizzate anche qui da un discreto uso di effetti speciali che non guastano.
L'impressione, abbastanza forte, che lascia la chiusura del film, è che ad un certo punto gli autori avessero iniziato a "pensare" a una serie di film, realizzati usando questo scenario. Ma non c'è la controprova.
Giudizio finale: non è un cattivo film, le due ore trascorrono agevoli, ma non riguardabile più di tanto.
Cominciamo da "L'impero dei cadaveri". Do per scontato che si conosca la trama generale del film, inutile richiamarla per l'ennesima volta: si svolge sullo sfondo di un impero inglese del pieno 1800, nel quale si è riuscita a "scoprire", anche grazie alla potentissima "Macchina Babbage", una tecnica che anima i cadaveri, facendone degli utilissimi servitori, da usare praticamente in qualunque modo, e particolarmente come Armi - un "neoschiavismo" inquietante che solleva molti problemi morali. All'inizio sembra esser davanti a un episodio "fantastico" del Grande Gioco, la sfida fra Impero Russo e Impero Inglese, per il dominio del mondo, con in palio il segreto della tecnica di rianimazione di Viktor Von Frankestein, che consentiva di rianimare dei cadaveri donando loro migliori capacità di percezione e rendendoli macchine di morte pressoché invincibili, nel quale è coinvolto John Watson, giovane studente di medicina, che cerca di portare avanti alcune ricerche avanzatisisme di un suo giovane e geniale collega, che ha, violando ogni regola, "resuscitato". La prima parte del film è ambientata in Afghanistan... ma la trama si ingarbuglia immediatamente, e Watson si troverà a dover correre per tutto l'impero inglese, finendo anche in Giappone, per cercare di fermare un complotto pericolosissimo che vuole trasformare in cadaveri viventi tutti gli uomini e le donne del mondo. Con al suo fianco la temibile Lilith Hadary e il coraggioso Frederick Barnaby (realizzato sulla base di un personaggio realmente esistito, Frederick Burnaby, colonnello dei servizi segreti inglesi, noto per il suo spericolato coraggio).
Sicuramente, l'ambientazione steampunk data al film gli dà ai miei occhi un "quid" in più. Come è stato ben citato, in alcuni momenti si pensava di essere in un adattamento animato de "La lega degli straordinari gentlemen" di Alan Moore (anzi, per inciso, sarebbe ora che qualche bravo direttore d'animazione "scopra" questa straordinaria saga, il cui adattamento live non è stato proprio il massimo, pur se ben fatto), e in altri momenti la citazione di un piccolo capolavoro di serie come "Penny Dreadful" era inevitabile. Anche in quella saga - e nel suo seguito - si mescolavano, abilmente, citazioni provenienti dai mondi letterari, e fantastici, più diversi.
Il problema delle citazioni, però, è quello di non trasformarle nel riferimento principale degli spettatori, che poi perdono di vista la trama principale. In alcuni momenti "L'impero dei cadaveri" è proprio un semplice elenco di citazioni.
Non aiutano i personaggi, che crescono solo nella seconda parte del film, né una discreta confusione nel finale. Belle le scene d'azione, caratterizzate anche qui da un discreto uso di effetti speciali che non guastano.
L'impressione, abbastanza forte, che lascia la chiusura del film, è che ad un certo punto gli autori avessero iniziato a "pensare" a una serie di film, realizzati usando questo scenario. Ma non c'è la controprova.
Giudizio finale: non è un cattivo film, le due ore trascorrono agevoli, ma non riguardabile più di tanto.
"L'impero dei cadaveri" è un film d'animazione del 2015, tratto dal romanzo omonimo di "Project Itoh".
Il film, di genere steampunk, ci porta nell'Inghilterra dell’Ottocento in cui, ci viene raccontato, l'umanità è riuscita a resuscitare i morti, sfruttando le conoscenze del dottor Victor Frankenstein, anche se, a differenza della creatura chiamata "l'originale", tutti gli altri resuscitati non parlano e non sembrano avere raziocinio, in poche parole sono solo degli zombie teleguidati, per così dire.
Tutti cercano gli appunti del dottor Frankenstein e la sua creatura, anche se non si sa se esistano ancora; a questa ricerca mira pure il nostro protagonista, il suo nome è John Watson (hanno preso spunto dall'aiutante di Sherlock Holmes): lui ha resuscitato, senza permesso, un suo carissimo amico, per non perderlo e nella speranza di salvarlo, ridandogli l'anima, per questo cerca gli appunti di Victor, considerati maledetti, vista la tragica fine del dottore e di sua moglie. John viene scoperto per il fatto di aver resuscitato qualcuno senza permesso, viene fermato da M., detto anche Charles Babbage, uno degli ingegneri che ha creato questa tecnologia per riportare in vita i morti. M. dà un'alternativa a John al posto del carcere: una missione. Dovrà raggiungere l'Afghanistan assieme a un militare americano, il Capitano Frederick Burnaby, e un membro dei servizi segreti russi, Nikolai Krasotkin, per trovare uno scienziato disertore russo, ovvero Alexei Fyodorovich Karamazov, che si dice sia in possesso degli appunti maledetti di Victor, e che li stia usando per i suoi fini, che sono ignoti a tutti. Questo porterà i nostri personaggi in un viaggio molto lungo e accidentato, contro numerose avversità e nemici, molti dei quali inaspettati, dato che fino all'ultimo non si capirà chi sia il vero nemico, e soprattutto il nostro protagonista dovrà farsi molte domande sui motivi della sua ricerca e sulla sua etica.
Per quanto riguarda la trama, devo dire che è abbastanza originale: prendere la storia di Frankenstein e rivisitarla in questo modo è stata una trovata molto interessante, a cui poi sono stati aggiunti molti elementi particolari, come personaggi realmente esistenti o personaggi, oggetti, luoghi di altri libri inglesi (e non solo) dell’800.
Io penso che quest'opera abbia una sua morale, in merito all'uso e all'abuso della tecnologia, per il fatto che molto spesso il problema non sia la tecnologia in sé, il problema è invece l'uso che se ne fa, e ci si interroga sul fatto che la ricerca scientifica deve avere dei limiti, e, se sì, chi debba decidere questi limiti. Chi decide la morale e l'etica? Essendo una cosa molto soggettiva, su questo punto l'opera riesce a centrare molto bene l'obiettivo.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, ritengo che sia stato fatto un buon lavoro, forse l'unico problema che riscontriamo qui è che succedono troppe cose in un tempo troppo breve.
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, devo dire che è stato tutto ineccepibile: ottima grafica, anche la CGI è fatta molto bene, e comunque è stata usata molto poco; bene anche le musiche, questo è uno dei punti di forza dell'opera, che ha un suo peso rilevante nel voto finale.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, come dicevo prima, è fatta tutto sommato bene, ma in alcuni frangenti soffre del fatto che succedono troppe cose in così poco tempo; se fosse stata gestita meglio, poteva trasformare un ottimo anime in un piccolo capolavoro.
In conclusione: un ottimo anime, che consiglio caldamente ai fan dello steampunk, dell'azione e dell'horror, e soprattutto a chi già conosce e apprezza altre opere dell'autore.
Voto finale: 8-
Il film, di genere steampunk, ci porta nell'Inghilterra dell’Ottocento in cui, ci viene raccontato, l'umanità è riuscita a resuscitare i morti, sfruttando le conoscenze del dottor Victor Frankenstein, anche se, a differenza della creatura chiamata "l'originale", tutti gli altri resuscitati non parlano e non sembrano avere raziocinio, in poche parole sono solo degli zombie teleguidati, per così dire.
Tutti cercano gli appunti del dottor Frankenstein e la sua creatura, anche se non si sa se esistano ancora; a questa ricerca mira pure il nostro protagonista, il suo nome è John Watson (hanno preso spunto dall'aiutante di Sherlock Holmes): lui ha resuscitato, senza permesso, un suo carissimo amico, per non perderlo e nella speranza di salvarlo, ridandogli l'anima, per questo cerca gli appunti di Victor, considerati maledetti, vista la tragica fine del dottore e di sua moglie. John viene scoperto per il fatto di aver resuscitato qualcuno senza permesso, viene fermato da M., detto anche Charles Babbage, uno degli ingegneri che ha creato questa tecnologia per riportare in vita i morti. M. dà un'alternativa a John al posto del carcere: una missione. Dovrà raggiungere l'Afghanistan assieme a un militare americano, il Capitano Frederick Burnaby, e un membro dei servizi segreti russi, Nikolai Krasotkin, per trovare uno scienziato disertore russo, ovvero Alexei Fyodorovich Karamazov, che si dice sia in possesso degli appunti maledetti di Victor, e che li stia usando per i suoi fini, che sono ignoti a tutti. Questo porterà i nostri personaggi in un viaggio molto lungo e accidentato, contro numerose avversità e nemici, molti dei quali inaspettati, dato che fino all'ultimo non si capirà chi sia il vero nemico, e soprattutto il nostro protagonista dovrà farsi molte domande sui motivi della sua ricerca e sulla sua etica.
Per quanto riguarda la trama, devo dire che è abbastanza originale: prendere la storia di Frankenstein e rivisitarla in questo modo è stata una trovata molto interessante, a cui poi sono stati aggiunti molti elementi particolari, come personaggi realmente esistenti o personaggi, oggetti, luoghi di altri libri inglesi (e non solo) dell’800.
Io penso che quest'opera abbia una sua morale, in merito all'uso e all'abuso della tecnologia, per il fatto che molto spesso il problema non sia la tecnologia in sé, il problema è invece l'uso che se ne fa, e ci si interroga sul fatto che la ricerca scientifica deve avere dei limiti, e, se sì, chi debba decidere questi limiti. Chi decide la morale e l'etica? Essendo una cosa molto soggettiva, su questo punto l'opera riesce a centrare molto bene l'obiettivo.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, ritengo che sia stato fatto un buon lavoro, forse l'unico problema che riscontriamo qui è che succedono troppe cose in un tempo troppo breve.
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, devo dire che è stato tutto ineccepibile: ottima grafica, anche la CGI è fatta molto bene, e comunque è stata usata molto poco; bene anche le musiche, questo è uno dei punti di forza dell'opera, che ha un suo peso rilevante nel voto finale.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, come dicevo prima, è fatta tutto sommato bene, ma in alcuni frangenti soffre del fatto che succedono troppe cose in così poco tempo; se fosse stata gestita meglio, poteva trasformare un ottimo anime in un piccolo capolavoro.
In conclusione: un ottimo anime, che consiglio caldamente ai fan dello steampunk, dell'azione e dell'horror, e soprattutto a chi già conosce e apprezza altre opere dell'autore.
Voto finale: 8-
Cosa accomuna "La Lega degli Straordinari Gentlemen" (nota graphic novel sceneggiata dal mitico Alan Moore) a questo film? Facile, entrambe le opere prendono personaggi di opere letterarie più o meno famose e li "schiaffano" in un nuovo contesto, creando un'opera totalmente originale.
Si parte già dal protagonista, John Watson, giovane studente di medicina, che più o meno chiaramente riprende il Watson di "Sherlock Holmes", poi vengono citati Victor Frankenstein (dal romanzo di Mary Shelley), Hadaly (dal romanzo "Eva futura"), i fratelli Karamazov (dall'omonimo romanzo di Fedor Dostoevskij), ma non mancano i personaggi ispirati a personaggi storici realmente esistiti, come Frederick Burnaby, ufficiale dell'esercito britannico, Seigo Yamazawa, ufficiale dell'esercito giapponese, Ulysses S. Grant, presidente degli Stati Uniti nonché generale dell'esercito statunitense.
Il film comincia con il giovane Watson che cerca di riportare in vita il cadavere di un altro giovane, grazie a complicati macchinari e sostanze misteriose. Il processo di risurrezione riesce, ma a malincuore Watson è costretto a constatare che gli manca comunque l'anima, la coscienza e i suoi ricordi, in pratica è poco più di uno zombie, riesce a camminare, scrivere e svolgere molte altre attività, ma non è in grado di parlare né di comprendere ciò che fa: riesce insomma ad eseguire gli ordini più o meno complessi, ma non a capire cosa sta facendo. Nel frattempo veniamo a scoprire che creature simili vengono utilizzate in tutto il mondo, sia per scopi bellici (al posto dei soldati vivi e vegeti) sia per scopi civili (manodopera a bassissimo costo), ma ancora nessuno è riuscito a riportare in vita un defunto completamente (a parte il dottor Frankenstein con la sua famosa creatura).
Watson è sconfortato, e non gli resta che dare un nome al suo fallimento (lo chiamerà Venerdì/Friday, come il selvaggio di Robinson Crusoe), e meditare sul da farsi. Ma, prima di poter fare qualsiasi cosa, viene scoperto dai servizi segreti britannici: il misterioso "M" gli propone allora un patto, lavorare per i servizi segreti o finire in carcere, in quanto quello che ha fatto è illegale (solo personale certificato può riportare in vita i cadaveri, e lui ne ha addirittura rubato uno dal cimitero). Watson accetta, non senza qualche riluttanza.
Alcuni mesi dopo Watson viene dunque inviato in Afghanistan per trovare Alexei Fyodorovich Karamazov, scienziato russo che pare possedere gli appunti del dottor Frankenstein, il primo uomo in grado di resuscitare un cadavere con un'anima (artificiale, ma pur sempre un'anima). Watson sembra molto interessato a questi appunti, perché gli permetterebbero probabilmente di riportare in vita in maniera "completa" il suo Friday. Logicamente le cose non saranno così semplici per Watson & compagnia, che saranno costretti ad affrontare molti pericoli nemici, e vi saranno molti inaspettati colpi di scena (che evito di rivelare in questa recensione).
Dal punto di vista tecnico questo film è ottimo: molto validi i disegni, le animazioni e il character design. Qua e là si intravede l'utilizzo della CG (in particolar modo per gli "zombie"), ma nulla di drammatico, non ci si fa molto caso.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, si potrebbe dire che non è male nel suo complesso, i personaggi sono gestiti abbastanza bene, e l'utilizzo di personaggi letterari provenienti da diverse opere rende questo film ancora più peculiare. Come già detto al principio di questa recensione, non si tratta di una trovata originalissima, in quanto l'utilizzo di personaggi tratti da opere antecedenti risale anche a tempi antichi (si veda ad esempio Enea nell'Eneide preso dall'Iliade di Omero, o i molti personaggi di fantasia che appaiono nella Divina Commedia), ma il suo uso in tempi recenti ha dimostrato di poter dare buoni frutti, e questo film senza dubbio conferma il trend positivo. Qualcuno potrebbe chiedersi che fine abbia fatto l'originalità, se ci si "limita" a prendere personaggi già esistenti e inserirli in una propria storia, ma il difficile è appunto riuscire a raccontare qualcosa di nuovo, proporre al pubblico una storia inedita, suscitare sentimenti e sensazioni differenti rispetto alle opere da cui provengono quei personaggi. Probabilmente qualcuno tra 100-150 anni potrebbe prendere vari personaggi tratti dai manga più o meno famosi e creare un'opera totalmente nuova, che non sia fan-fiction di bassa lega.
"Shisha no Teikoku" ovviamente va molto al di là della fan-fiction, è un'opera concreta e matura, non esente da difetti (ad esempio le motivazioni di alcuni personaggi non sempre sono molto chiare), ma dotata di un fascino speciale, anche se non si conoscono bene le opere originali da cui sono tratti i suoi personaggi.
Un'ultima raccomandazione per chi dovesse avventurarsi nella visione del film: mi raccomando, guardate tutta la pellicola, anche (e soprattutto) dopo i titoli di coda, perché lì si trova il vero finale!
Si parte già dal protagonista, John Watson, giovane studente di medicina, che più o meno chiaramente riprende il Watson di "Sherlock Holmes", poi vengono citati Victor Frankenstein (dal romanzo di Mary Shelley), Hadaly (dal romanzo "Eva futura"), i fratelli Karamazov (dall'omonimo romanzo di Fedor Dostoevskij), ma non mancano i personaggi ispirati a personaggi storici realmente esistiti, come Frederick Burnaby, ufficiale dell'esercito britannico, Seigo Yamazawa, ufficiale dell'esercito giapponese, Ulysses S. Grant, presidente degli Stati Uniti nonché generale dell'esercito statunitense.
Il film comincia con il giovane Watson che cerca di riportare in vita il cadavere di un altro giovane, grazie a complicati macchinari e sostanze misteriose. Il processo di risurrezione riesce, ma a malincuore Watson è costretto a constatare che gli manca comunque l'anima, la coscienza e i suoi ricordi, in pratica è poco più di uno zombie, riesce a camminare, scrivere e svolgere molte altre attività, ma non è in grado di parlare né di comprendere ciò che fa: riesce insomma ad eseguire gli ordini più o meno complessi, ma non a capire cosa sta facendo. Nel frattempo veniamo a scoprire che creature simili vengono utilizzate in tutto il mondo, sia per scopi bellici (al posto dei soldati vivi e vegeti) sia per scopi civili (manodopera a bassissimo costo), ma ancora nessuno è riuscito a riportare in vita un defunto completamente (a parte il dottor Frankenstein con la sua famosa creatura).
Watson è sconfortato, e non gli resta che dare un nome al suo fallimento (lo chiamerà Venerdì/Friday, come il selvaggio di Robinson Crusoe), e meditare sul da farsi. Ma, prima di poter fare qualsiasi cosa, viene scoperto dai servizi segreti britannici: il misterioso "M" gli propone allora un patto, lavorare per i servizi segreti o finire in carcere, in quanto quello che ha fatto è illegale (solo personale certificato può riportare in vita i cadaveri, e lui ne ha addirittura rubato uno dal cimitero). Watson accetta, non senza qualche riluttanza.
Alcuni mesi dopo Watson viene dunque inviato in Afghanistan per trovare Alexei Fyodorovich Karamazov, scienziato russo che pare possedere gli appunti del dottor Frankenstein, il primo uomo in grado di resuscitare un cadavere con un'anima (artificiale, ma pur sempre un'anima). Watson sembra molto interessato a questi appunti, perché gli permetterebbero probabilmente di riportare in vita in maniera "completa" il suo Friday. Logicamente le cose non saranno così semplici per Watson & compagnia, che saranno costretti ad affrontare molti pericoli nemici, e vi saranno molti inaspettati colpi di scena (che evito di rivelare in questa recensione).
Dal punto di vista tecnico questo film è ottimo: molto validi i disegni, le animazioni e il character design. Qua e là si intravede l'utilizzo della CG (in particolar modo per gli "zombie"), ma nulla di drammatico, non ci si fa molto caso.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, si potrebbe dire che non è male nel suo complesso, i personaggi sono gestiti abbastanza bene, e l'utilizzo di personaggi letterari provenienti da diverse opere rende questo film ancora più peculiare. Come già detto al principio di questa recensione, non si tratta di una trovata originalissima, in quanto l'utilizzo di personaggi tratti da opere antecedenti risale anche a tempi antichi (si veda ad esempio Enea nell'Eneide preso dall'Iliade di Omero, o i molti personaggi di fantasia che appaiono nella Divina Commedia), ma il suo uso in tempi recenti ha dimostrato di poter dare buoni frutti, e questo film senza dubbio conferma il trend positivo. Qualcuno potrebbe chiedersi che fine abbia fatto l'originalità, se ci si "limita" a prendere personaggi già esistenti e inserirli in una propria storia, ma il difficile è appunto riuscire a raccontare qualcosa di nuovo, proporre al pubblico una storia inedita, suscitare sentimenti e sensazioni differenti rispetto alle opere da cui provengono quei personaggi. Probabilmente qualcuno tra 100-150 anni potrebbe prendere vari personaggi tratti dai manga più o meno famosi e creare un'opera totalmente nuova, che non sia fan-fiction di bassa lega.
"Shisha no Teikoku" ovviamente va molto al di là della fan-fiction, è un'opera concreta e matura, non esente da difetti (ad esempio le motivazioni di alcuni personaggi non sempre sono molto chiare), ma dotata di un fascino speciale, anche se non si conoscono bene le opere originali da cui sono tratti i suoi personaggi.
Un'ultima raccomandazione per chi dovesse avventurarsi nella visione del film: mi raccomando, guardate tutta la pellicola, anche (e soprattutto) dopo i titoli di coda, perché lì si trova il vero finale!
"Shisha no Teikoku", in inglese "The Empire of Corpses", è un film prodotto dalla "Wit Studio" nel 2015, in tema steampunk. La trama è ambientata nel XIX secolo, quando vige l' "Impero dei Corpi", ovvero l'era in cui i cadaveri vengono riempiti con false anime (rianimati) e quindi usati come burattini per lavori o come soldati al fronte per evitare le morti dei soldati. Il protagonista di questa storia è John Watson, uno scienziato britannico che viene incaricato dal governo di recuperare delle note molto importanti appartenute a uno scienziato russo; insieme al suo servo rianimato Friday, il nostro protagonista scoprirà che dietro queste note si nasconde una verità molto pericolosa.
Il film dura circa 120 minuti e fin da subito saremo attratti da quest'ambientazione davvero ben realizzata, sia grazie al comparto tecnico che ai personaggi.
Quando si tratta di comparto tecnico, la Wit Studio non delude mai, infatti i disegni e le animazioni sono di alto livello, e lo stesso si può dire del comparto sonoro, che regala ottime musiche di sottofondo (sottolineo gli Egoist) e un buon doppiaggio giapponese.
La sceneggiatura è inizialmente ben proposta, sfruttando un'ambientazione che ai nostri occhi regala nient'altro che piacere, inoltre attraverso i personaggi la trama diventa sempre più complessa e quindi piacevole; peccato però che verso la seconda metà del film si nota un grosso calo dovuto a qualche momento di troppa riflessione e qualche scena d'azione buttata a casaccio, e inoltre vi sarà un passaggio forzato attraverso la trama che potrebbe piacere oppure no. Questo avrà lo scopo di rendere la trama più apprezzabile attraverso qualche tema fantasy, che però potrebbe anche rovinare l'ambientazione creatasi in precedenza e far calare il coinvolgimento.
Il protagonista è un personaggio ben realizzato che rende molto più profonda l'essenza di questa storia, per via del suo carattere da scienziato ma anche di ricercatore, in un certo senso, che lo porterà a desiderare di riottenere la vera anima che risiede in un rianimato, così da poter realizzare il suo obiettivo. La sua avventura servirà anche a questo, ovvero non solo portare a termine il suo incarico, ma anche guadagnare qualche indizio dalle ricerche.
Nel complesso il film si dimostra essere sufficientemente apprezzabile. Termino dunque qui la recensione, consigliando questo film davvero carino e interessante; personalmente parlando, non sono stato coinvolto più di tanto, ma lo promuovo lo stesso grazie all'ambientazione e al protagonista che mi hanno colpito molto.
Il film dura circa 120 minuti e fin da subito saremo attratti da quest'ambientazione davvero ben realizzata, sia grazie al comparto tecnico che ai personaggi.
Quando si tratta di comparto tecnico, la Wit Studio non delude mai, infatti i disegni e le animazioni sono di alto livello, e lo stesso si può dire del comparto sonoro, che regala ottime musiche di sottofondo (sottolineo gli Egoist) e un buon doppiaggio giapponese.
La sceneggiatura è inizialmente ben proposta, sfruttando un'ambientazione che ai nostri occhi regala nient'altro che piacere, inoltre attraverso i personaggi la trama diventa sempre più complessa e quindi piacevole; peccato però che verso la seconda metà del film si nota un grosso calo dovuto a qualche momento di troppa riflessione e qualche scena d'azione buttata a casaccio, e inoltre vi sarà un passaggio forzato attraverso la trama che potrebbe piacere oppure no. Questo avrà lo scopo di rendere la trama più apprezzabile attraverso qualche tema fantasy, che però potrebbe anche rovinare l'ambientazione creatasi in precedenza e far calare il coinvolgimento.
Il protagonista è un personaggio ben realizzato che rende molto più profonda l'essenza di questa storia, per via del suo carattere da scienziato ma anche di ricercatore, in un certo senso, che lo porterà a desiderare di riottenere la vera anima che risiede in un rianimato, così da poter realizzare il suo obiettivo. La sua avventura servirà anche a questo, ovvero non solo portare a termine il suo incarico, ma anche guadagnare qualche indizio dalle ricerche.
Nel complesso il film si dimostra essere sufficientemente apprezzabile. Termino dunque qui la recensione, consigliando questo film davvero carino e interessante; personalmente parlando, non sono stato coinvolto più di tanto, ma lo promuovo lo stesso grazie all'ambientazione e al protagonista che mi hanno colpito molto.