Joker Game
Quest’anime del 2016 si è dimostrato molto carino da vedere, forse merito delle superbe animazioni dello studio Production I.G., che ha fatto un buon lavoro.
Sono rimasto attaccato ad ogni episodio con interesse, salvo un paio di cali la storia è corsa in modo naturale, non veloce, ma neanche rallentando troppo e correndo dunque il rischio di annoiare.
Ambientato tra il 1937 e il 1940, in Giappone, a Shangai, in Francia, su un treno in Manciuria, in Germania, su una crociera partita da Honolulu, vediamo un protagonista per ogni episodio (sono doppi il primo e il secondo, e l’ottavo e il nono), con il tenente colonnello Yuuki (capo dell’agenzia di spionaggio chiamata semplicemente Agenzia D) come strumento di raccordo.
Queste spie usano l’intelligenza per venire a capo delle missioni più disperate, forti dell’ordine categorico, più pratico che morale, “non uccidere, non morire”. Delle storie, le più disperate funzionano benissimo, che si debba indagare sulla resistenza francese (uno degli episodi venuti peggio) o sul cifrario tedesco Enigma; il problema è che in alcuni episodi non si danno informazioni sul significato della missione, e dunque sembra un agire tanto per agire.
Un altro difetto è la mancanza di profondità dei personaggi: i membri dell’agenzia D, anche quando non si somigliano (un po’ più di differenza non avrebbe guastato, visto che alla fine sono solo otto più il loro capo), sono mentalmente uno uguale all’altro, forse perché lo spionaggio li rende impersonali, forse perché hanno lo stesso maestro e gli stessi modi operandi.
Carino il comparto musicale, spero che un giorno possa arrivare un “Joker Game 2”, ma fino ad allora consiglio di vedere questa prima serie di dodici episodi a chi ama i gialli e le ambientazioni storiche.
Sono rimasto attaccato ad ogni episodio con interesse, salvo un paio di cali la storia è corsa in modo naturale, non veloce, ma neanche rallentando troppo e correndo dunque il rischio di annoiare.
Ambientato tra il 1937 e il 1940, in Giappone, a Shangai, in Francia, su un treno in Manciuria, in Germania, su una crociera partita da Honolulu, vediamo un protagonista per ogni episodio (sono doppi il primo e il secondo, e l’ottavo e il nono), con il tenente colonnello Yuuki (capo dell’agenzia di spionaggio chiamata semplicemente Agenzia D) come strumento di raccordo.
Queste spie usano l’intelligenza per venire a capo delle missioni più disperate, forti dell’ordine categorico, più pratico che morale, “non uccidere, non morire”. Delle storie, le più disperate funzionano benissimo, che si debba indagare sulla resistenza francese (uno degli episodi venuti peggio) o sul cifrario tedesco Enigma; il problema è che in alcuni episodi non si danno informazioni sul significato della missione, e dunque sembra un agire tanto per agire.
Un altro difetto è la mancanza di profondità dei personaggi: i membri dell’agenzia D, anche quando non si somigliano (un po’ più di differenza non avrebbe guastato, visto che alla fine sono solo otto più il loro capo), sono mentalmente uno uguale all’altro, forse perché lo spionaggio li rende impersonali, forse perché hanno lo stesso maestro e gli stessi modi operandi.
Carino il comparto musicale, spero che un giorno possa arrivare un “Joker Game 2”, ma fino ad allora consiglio di vedere questa prima serie di dodici episodi a chi ama i gialli e le ambientazioni storiche.
“Joker Game” racconta il lavoro di un gruppo di spie giapponesi all’alba della Seconda Guerra Mondiale.
Capo dell’Agenzia D (nel corso della serie si scoprirà la possibile origine della lettera D) è il misterioso tenente colonnello Yuuki, che supervisiona personalmente l’addestramento degli otto giovani uomini sotto il suo comando. Nonostante venga presentato come un uomo freddo e distaccato, mai farà mancare il proprio appoggio ai suoi uomini, e, dove non potrà far nulla (la vita è quel che è), basterà un gesto attento a dimostrazione del rispetto che nutre nei loro confronti.
Agente di collegamento tra l’Esercito Imperiale e l’Agenzia è il tenente Sakuma che mal vede le spie e il loro lavoro. Degli otto giovani uomini che hanno ultimato l’addestramento, conosciamo i cognomi fittizi (neanche tra colleghi conoscono dettagli personali) e le varie identità che assumeranno nella loro vita di spie. Sono dei civili e hanno le loro peculiari caratteristiche: c’è il sarcastico, il manipolatore, il tranquillo, il sentimentale, ecc.
Il diktat dell’Agenzia è semplice: “Non morire, non uccidere”, e a questo si atterranno gli otto uomini. Sparpagliati per il mondo, di volta in volta, le spie accompagneranno lo spettatore in Francia, in Germania, a Londra, a Singapore, alle Hawaii, a Yokohama.
I personaggi secondari sono tra i più variegati: mogli, giocatori di scacchi, bambini, piccioni, sergenti, partigiani, colonnelli, altre spie, governanti, camerieri, fiorai, attrici e chi più ne ha più ne metta. Altrettanto varie sono le ambientazioni: locali da ballo, navi da crociera, treni a lunga percorrenza, antiche e nobili case giapponesi, caserme e via così.
Il disegno, tecnicamente di buon livello, se da un lato molto accurato nei dettagli e attento a dosare i colori chiari e scuri, dall’altro pecca nella poca originalità della caratterizzazione dei protagonisti: si fatica non poco a riconoscere l’agente sul campo.
L’OST è bella e intensa, così come le sigle, così come il sonoro.
L’anime tratta di alcuni racconti contenuti nei quattro volumi del romanzo di Yanagi Koji.
Gli episodi sono autoconclusivi, esclusi il primo e il secondo, e l’ottavo e il nono, che raccontano due storie divise in due puntate.
Non avendo una trama orizzontale, le storie raccontate non sono necessariamente presentate nello stesso ordine dei romanzi né seguono un andamento cronologico: prova lampante sono l’episodio undici e il dodici, l’ultimo. Da giallista, ho trovato abbastanza interessante il dipanarsi delle trame e la loro soluzione.
Ho apprezzato molto l’idea generale che guida la serie: non si raccontano faccende personali (solo in rari casi e sempre in funzione alla trama), ma esclusivamente le azioni dell’agente protagonista e di come il suo addestramento lo porti a riuscire o meno nella missione affidatagli. Eh, sì, perché alla fin della fiera non ci sarà una chiacchierata tra amici intorno a un tavolo, a bere e a giocare a carte: c’è chi morirà, chi si dimetterà, chi si ritroverà con figlio e cane al seguito e chi continuerà il proprio mestiere di spia.
Menzione d’onore per i due OAV della durata di neppure sei minuti ciascuno: il narratore è davvero speciale, degno dell’agenzia e, unica eccezione in tutta la serie, considerato come “nostro” dagli otto uomini. Incantevoli nella loro normalità - e proprio per questo inaspettate - sono da non perdere le nove sequenze finali della sigla di chiusura.
Capo dell’Agenzia D (nel corso della serie si scoprirà la possibile origine della lettera D) è il misterioso tenente colonnello Yuuki, che supervisiona personalmente l’addestramento degli otto giovani uomini sotto il suo comando. Nonostante venga presentato come un uomo freddo e distaccato, mai farà mancare il proprio appoggio ai suoi uomini, e, dove non potrà far nulla (la vita è quel che è), basterà un gesto attento a dimostrazione del rispetto che nutre nei loro confronti.
Agente di collegamento tra l’Esercito Imperiale e l’Agenzia è il tenente Sakuma che mal vede le spie e il loro lavoro. Degli otto giovani uomini che hanno ultimato l’addestramento, conosciamo i cognomi fittizi (neanche tra colleghi conoscono dettagli personali) e le varie identità che assumeranno nella loro vita di spie. Sono dei civili e hanno le loro peculiari caratteristiche: c’è il sarcastico, il manipolatore, il tranquillo, il sentimentale, ecc.
Il diktat dell’Agenzia è semplice: “Non morire, non uccidere”, e a questo si atterranno gli otto uomini. Sparpagliati per il mondo, di volta in volta, le spie accompagneranno lo spettatore in Francia, in Germania, a Londra, a Singapore, alle Hawaii, a Yokohama.
I personaggi secondari sono tra i più variegati: mogli, giocatori di scacchi, bambini, piccioni, sergenti, partigiani, colonnelli, altre spie, governanti, camerieri, fiorai, attrici e chi più ne ha più ne metta. Altrettanto varie sono le ambientazioni: locali da ballo, navi da crociera, treni a lunga percorrenza, antiche e nobili case giapponesi, caserme e via così.
Il disegno, tecnicamente di buon livello, se da un lato molto accurato nei dettagli e attento a dosare i colori chiari e scuri, dall’altro pecca nella poca originalità della caratterizzazione dei protagonisti: si fatica non poco a riconoscere l’agente sul campo.
L’OST è bella e intensa, così come le sigle, così come il sonoro.
L’anime tratta di alcuni racconti contenuti nei quattro volumi del romanzo di Yanagi Koji.
Gli episodi sono autoconclusivi, esclusi il primo e il secondo, e l’ottavo e il nono, che raccontano due storie divise in due puntate.
Non avendo una trama orizzontale, le storie raccontate non sono necessariamente presentate nello stesso ordine dei romanzi né seguono un andamento cronologico: prova lampante sono l’episodio undici e il dodici, l’ultimo. Da giallista, ho trovato abbastanza interessante il dipanarsi delle trame e la loro soluzione.
Ho apprezzato molto l’idea generale che guida la serie: non si raccontano faccende personali (solo in rari casi e sempre in funzione alla trama), ma esclusivamente le azioni dell’agente protagonista e di come il suo addestramento lo porti a riuscire o meno nella missione affidatagli. Eh, sì, perché alla fin della fiera non ci sarà una chiacchierata tra amici intorno a un tavolo, a bere e a giocare a carte: c’è chi morirà, chi si dimetterà, chi si ritroverà con figlio e cane al seguito e chi continuerà il proprio mestiere di spia.
Menzione d’onore per i due OAV della durata di neppure sei minuti ciascuno: il narratore è davvero speciale, degno dell’agenzia e, unica eccezione in tutta la serie, considerato come “nostro” dagli otto uomini. Incantevoli nella loro normalità - e proprio per questo inaspettate - sono da non perdere le nove sequenze finali della sigla di chiusura.
"Joker Game" è una delle novità del 2016, un anime ispirato dalla novel di Koji Yanagi che viene ambientato alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, quando le nazioni pronte alla guerra addestravano unità di spionaggio mirate ad estrarre informazioni dal campo nemico.
La trama dunque si concentra su una di queste agenzie di spionaggio, l'Agenzia D, formata dal tenente colonnello Yuuki su incarico dall'Esercito Imperiale Giapponese, dove ci viene mostrata la mentalità dello spionaggio, in cui vigono le seguenti regole: "Non uccidere, non morire, non farsi catturare".
La serie si svilupperà con episodi auto-conclusivi che inizialmente serviranno a darci un'idea di questo genere e su come agiscono i membri dell'Agenzia D, però non sempre convinceranno, dato che l'azione è poca in confronto alle troppe chiacchiere, che tuttavia si riveleranno di grande importanza per capire la trama e la fisiologia dei personaggi.
Molto interessante il significato del titolo "Joker Game", che già nel primo episodio ci fa comprendere le qualità dello spionaggio durante una partita di poker, confrontando in seguito i metodi con i veri comportamenti adoperati generalmente dalle persone.
Il comparto tecnico della "I.G. Production" non delude, infatti, grazie a dei bei disegni e alle convincenti animazioni, la grafica è di alto livello, senza contare una buona colonna sonora che va a completare un'ambientazione ottima, anche se la opening non mi ha convinto molto, a differenza delle musiche di sottofondo.
Infine, concludo questa recensione consigliando quest'anime a coloro a cui piace il genere dello spionaggio, con la consapevolezza che non convincerà tutti, dato che lo sviluppo della trama non è come generalmente si possa pensare, ovvero lineare.
La trama dunque si concentra su una di queste agenzie di spionaggio, l'Agenzia D, formata dal tenente colonnello Yuuki su incarico dall'Esercito Imperiale Giapponese, dove ci viene mostrata la mentalità dello spionaggio, in cui vigono le seguenti regole: "Non uccidere, non morire, non farsi catturare".
La serie si svilupperà con episodi auto-conclusivi che inizialmente serviranno a darci un'idea di questo genere e su come agiscono i membri dell'Agenzia D, però non sempre convinceranno, dato che l'azione è poca in confronto alle troppe chiacchiere, che tuttavia si riveleranno di grande importanza per capire la trama e la fisiologia dei personaggi.
Molto interessante il significato del titolo "Joker Game", che già nel primo episodio ci fa comprendere le qualità dello spionaggio durante una partita di poker, confrontando in seguito i metodi con i veri comportamenti adoperati generalmente dalle persone.
Il comparto tecnico della "I.G. Production" non delude, infatti, grazie a dei bei disegni e alle convincenti animazioni, la grafica è di alto livello, senza contare una buona colonna sonora che va a completare un'ambientazione ottima, anche se la opening non mi ha convinto molto, a differenza delle musiche di sottofondo.
Infine, concludo questa recensione consigliando quest'anime a coloro a cui piace il genere dello spionaggio, con la consapevolezza che non convincerà tutti, dato che lo sviluppo della trama non è come generalmente si possa pensare, ovvero lineare.
"Joker Game" è l'adattamento animato, prodotto dal pregevolissimo studio I.G., di un romanzo di Koji Yanagi (nominato scrittore misterioso del Giappone nel 2009), il cui chara design è opera di Shirow Miwa (autore del manga "Dogs" e dell'adattamento manga di "RWBY").
I dodici episodi in cui si articola la serie sono autoconclusivi, presentano ognuno di loro delle situazioni in cui i protagonisti, agenti segreti di un'agenzia di spionaggio giapponese fondata agli albori del secondo conflitto mondiale, mostrano individualmente le loro capacità e di riflesso il modus operandi dell'agenzia di cui fanno parte, nonché i suoi principi.
Ogni episodio, quindi, non è direttamente utile ai fini dello svolgimento di una trama unica, ma dà il suo contributo per fare vivere allo spettatore l'operato dell' "Agenzia D" e il credo del suo fondatore. I vari episodi, quindi, hanno un filo conduttore comune abbastanza forte, e trovo perfetto inoltre il collegamento che chiude il cerchio, un capo il primo episodio e l'altro capo l'ultimo episodio.
Durante la visione della serie non è fornito un quadro chiaro di tutti i personaggi, di alcuni di questi si potrà capire un po' il carattere, la storia che sta loro dietro, ma della maggiore parte possiamo evincere qualcosa soltanto dalle loro azioni (un po' il loro carattere si potrebbe desumerlo dalle loro espressioni), spesso poco significative in tal senso, perché volte a incarnare i principi dell'agenzia. Questa mancanza di introspezione, però, non fa cadere il valore del prodotto, bensì rispecchia la natura stessa dei personaggi, spie fredde, ciniche, calcolatrici, pronte a tutto per aderire al credo della loro agenzia: "Non uccidere e non essere uccisi", perché, si sa, per delle spie sono inutili entrambe le cose (vedrete).
L'apparato tecnico ritengo abbia svolto un buon lavoro, le animazioni sono ben fatte, mantengono uno standard alto eccetto che per qualche raro calo, ma sottolineo marginale, che non intacca il livello sopra la media. Anche il sonoro non disturba, non è di livello altissimo, ma fornisce una opening interessante e OST che ben accompagnano l'azione.
La regia mi è piaciuta, certamente è un anime che si distingue nettamente dalla maggiore parte dei prodotti "moderni" per come sono portate avanti le vicende; se si vuole guardare un episodio mentre si fa una chiacchierata con un amico o mentre si è impegnati a inviare messaggi, probabilmente alla fine non si capirà nulla, ma basta prestare la giusta attenzione e, alla fine di ogni episodio, dopo alcuni passaggi che si faranno fatica a inquadrare, ogni evento sarà ben inquadrato dalla vostra mente (quasi sempre, perlomeno), fenomeno simile a quello che succede con "Baccano!", con l'eccezione che, mentre lì il quadro generale lo si ha a fine serie, con questa serie succede episodio per episodio.
Detto ciò, è possibile dire che questa serie abbia raggiunto l'eccellenza? Secondo il mio parere no, non è carente per svolgimento, personaggi, originalità, atmosfera, ambientazione o altro, è molto ben fatta, ma le manca quel qualcosa che alla fine possa farle fare il vero salto di qualità; comunque si attesta su alti livelli. Io le do un 8 proprio per questo, e mi sento di consigliarla: è un prodotto, ripeto, originale, fresco, magari non leggerissimo, ma neanche pesante, inoltre lo studio I.G. è una garanzia non da poco.
I dodici episodi in cui si articola la serie sono autoconclusivi, presentano ognuno di loro delle situazioni in cui i protagonisti, agenti segreti di un'agenzia di spionaggio giapponese fondata agli albori del secondo conflitto mondiale, mostrano individualmente le loro capacità e di riflesso il modus operandi dell'agenzia di cui fanno parte, nonché i suoi principi.
Ogni episodio, quindi, non è direttamente utile ai fini dello svolgimento di una trama unica, ma dà il suo contributo per fare vivere allo spettatore l'operato dell' "Agenzia D" e il credo del suo fondatore. I vari episodi, quindi, hanno un filo conduttore comune abbastanza forte, e trovo perfetto inoltre il collegamento che chiude il cerchio, un capo il primo episodio e l'altro capo l'ultimo episodio.
Durante la visione della serie non è fornito un quadro chiaro di tutti i personaggi, di alcuni di questi si potrà capire un po' il carattere, la storia che sta loro dietro, ma della maggiore parte possiamo evincere qualcosa soltanto dalle loro azioni (un po' il loro carattere si potrebbe desumerlo dalle loro espressioni), spesso poco significative in tal senso, perché volte a incarnare i principi dell'agenzia. Questa mancanza di introspezione, però, non fa cadere il valore del prodotto, bensì rispecchia la natura stessa dei personaggi, spie fredde, ciniche, calcolatrici, pronte a tutto per aderire al credo della loro agenzia: "Non uccidere e non essere uccisi", perché, si sa, per delle spie sono inutili entrambe le cose (vedrete).
L'apparato tecnico ritengo abbia svolto un buon lavoro, le animazioni sono ben fatte, mantengono uno standard alto eccetto che per qualche raro calo, ma sottolineo marginale, che non intacca il livello sopra la media. Anche il sonoro non disturba, non è di livello altissimo, ma fornisce una opening interessante e OST che ben accompagnano l'azione.
La regia mi è piaciuta, certamente è un anime che si distingue nettamente dalla maggiore parte dei prodotti "moderni" per come sono portate avanti le vicende; se si vuole guardare un episodio mentre si fa una chiacchierata con un amico o mentre si è impegnati a inviare messaggi, probabilmente alla fine non si capirà nulla, ma basta prestare la giusta attenzione e, alla fine di ogni episodio, dopo alcuni passaggi che si faranno fatica a inquadrare, ogni evento sarà ben inquadrato dalla vostra mente (quasi sempre, perlomeno), fenomeno simile a quello che succede con "Baccano!", con l'eccezione che, mentre lì il quadro generale lo si ha a fine serie, con questa serie succede episodio per episodio.
Detto ciò, è possibile dire che questa serie abbia raggiunto l'eccellenza? Secondo il mio parere no, non è carente per svolgimento, personaggi, originalità, atmosfera, ambientazione o altro, è molto ben fatta, ma le manca quel qualcosa che alla fine possa farle fare il vero salto di qualità; comunque si attesta su alti livelli. Io le do un 8 proprio per questo, e mi sento di consigliarla: è un prodotto, ripeto, originale, fresco, magari non leggerissimo, ma neanche pesante, inoltre lo studio I.G. è una garanzia non da poco.
"Joker Game" è un anime drammatico/storico/militare prodotto dallo studio Production I.G. La sceneggiatura è tratta dall'omonima serie di novel di Koji Yanagi, conclusasi nel marzo del 2016.
L'anime è ambientato nel Giappone degli anni che precedono l'inizio della Seconda Guerra Mmondiale. Durante questo periodo di reciproca diffidenza tra le varie potenze mondiali, causa la fine della Prima Guerra Mondiale, diversi Paesi del mondo, tra cui anche il rigido Giappone (legato alla tradizione e al valore dell'uomo vero e virtuoso), decide di fondare un'agenzia di spionaggio alla cui guida c'è il misterioso colonnello Yuuki. Le alte sfere dell'esercito imperiale, fin dall'inizio, appaiono contrarie alla politiche di tale istituzione, l'Agenzia-D. In effetti le sue fondamenta sono l'opposto dei valori dell'esercito: tutte le spie reclutate non provengono dall'accademia militare e hanno come principio "Non morire. Non uccidere".
Dopo una presentazione ricca di aspettative, il susseguirsi degli episodi, nonostante affascinanti dal punto di vista dell'animazione e delle tematiche, appare piatto e privo di una trama centrale. Questo concetto viene ribadito da molti e appare un punto debole. Io credo che per capire la trama bisogna vederlo tutto. Gli episodi, anche se superficialmente sono distaccati e autoconclusivi, non fanno altro che presentare i principi e la psicologia dell'agenzia, in particolar modo del colonnello Yuuki.
Ciò che non ho molto gradito è la scarsa caratterizzazione delle spie dell'agenzia, che talvolta risulta difficile riconoscere. Da un certo punto di vista, però, potrebbe essere una scelta voluta, in quanto protagonista della serie sembra essere il colonnello Yuuki e i principi trasmessi alla sua rete di spie.
"Joker Game" è una di quelle opere che puoi amare o odiare, non esistono mezze misure.
L'anime è ambientato nel Giappone degli anni che precedono l'inizio della Seconda Guerra Mmondiale. Durante questo periodo di reciproca diffidenza tra le varie potenze mondiali, causa la fine della Prima Guerra Mondiale, diversi Paesi del mondo, tra cui anche il rigido Giappone (legato alla tradizione e al valore dell'uomo vero e virtuoso), decide di fondare un'agenzia di spionaggio alla cui guida c'è il misterioso colonnello Yuuki. Le alte sfere dell'esercito imperiale, fin dall'inizio, appaiono contrarie alla politiche di tale istituzione, l'Agenzia-D. In effetti le sue fondamenta sono l'opposto dei valori dell'esercito: tutte le spie reclutate non provengono dall'accademia militare e hanno come principio "Non morire. Non uccidere".
Dopo una presentazione ricca di aspettative, il susseguirsi degli episodi, nonostante affascinanti dal punto di vista dell'animazione e delle tematiche, appare piatto e privo di una trama centrale. Questo concetto viene ribadito da molti e appare un punto debole. Io credo che per capire la trama bisogna vederlo tutto. Gli episodi, anche se superficialmente sono distaccati e autoconclusivi, non fanno altro che presentare i principi e la psicologia dell'agenzia, in particolar modo del colonnello Yuuki.
Ciò che non ho molto gradito è la scarsa caratterizzazione delle spie dell'agenzia, che talvolta risulta difficile riconoscere. Da un certo punto di vista, però, potrebbe essere una scelta voluta, in quanto protagonista della serie sembra essere il colonnello Yuuki e i principi trasmessi alla sua rete di spie.
"Joker Game" è una di quelle opere che puoi amare o odiare, non esistono mezze misure.
“Joker Game” è un anime storico/militare di dodici episodi andato in onda nella primavera 2016. La storia è ambientata nel 1937, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, quando il tenente colonnello Yuuki dell'esercito imperiale giapponese fonda un'agenzia di spionaggio, l'Agenzia D. Le premesse sembrerebbero ottime. Sicuramente nel panorama odierno un anime sullo spionaggio ambientato in tempo di guerra appare come una novità intrigante e ambiziosa, ma purtroppo il concept non è tutto.
Il problema principale di “Joker Game” è la sua totale incapacità di intrattenere. Chi sono queste persone? Che cosa stanno facendo? Qual è il loro obiettivo? Perché me ne dovrebbe importare? All'inizio di ogni episodio ti viene data una vaga idea di quale sia la situazione, e poi ti ritrovi per più di venti minuti a seguire una vicenda di cui non sai nulla con persone a te sconosciute che fanno cose per... qualche motivo, e solo alla fine ti viene rivelato chi fosse la spia e quale era il suo obiettivo. E a quel punto non ti resta altro che ascoltare sbigottito la ending pensando: “E quindi?”. Gli episodi sono quasi tutti autoconclusivi, ognuno dedicato a una spia e alla sua missione, sempre che voi riusciate a capire quale sia questa missione senza addormentarvi a metà puntata. Se vi mettete di impegno, sforzandovi di comprendere cosa stia succedendo, state pur certi che ogni vostra certezza andrà in frantumi. Una delle cose in cui “Joker Game” riesce particolarmente bene è quella di farti sentire un idiota. E ti chiedi se non stai capendo assolutamente nulla perché è così che deve essere o perché sei tu che non ci arrivi. E' un po' come dare un esame di fisica applicata quando il tuo corso di laurea è in lingue straniere. Perché dovrei sapere questa roba?
Il secondo devastante problema di questo anime sono i personaggi stessi. Innanzitutto il character design. Non che sia brutto, anzi, trovo che si adatti molto bene all'ambientazione e alle tematiche trattate, solo che avrei gradito una maggiore caratterizzazione dei personaggi. Voglio dire, si assomigliano tutti. E' stata veramente dura riuscire a distinguere e riconoscere le spie nel corso dei vari episodi. Inoltre non hanno nemmeno delle personalità ben definite, si comportano e agiscono allo stesso modo e questo ha reso ancora più complicato simpatizzare per loro, contando anche il fatto che gli episodi sono autoconclusivi. E' difficile rimanere coinvolti dalla storia se il protagonista non è interessante o addirittura se non riesci nemmeno a capire chi sia.
Alla fine, non ho saputo niente di quelli che dovrebbero essere i protagonisti di questo anime. Magari perché sono spie, magari perché era proprio questo lo scopo: fornire qualche informazione frammentata in modo che lo spettatore possa arrivare a delle proprie deduzioni. Se non vi importa molto dei personaggi, ma volete solo un anime che parla di spionaggio, forse “Joker Game” fa al caso vostro. Se invece volete rimanere coinvolti dalla trama, dai protagonisti e dalle loro storie, vi conviene andare in cerca di altro.
Abbiamo modo di vedere le spie “agire” insieme solo nei primi due episodi e in quello conclusivo. Il finale è aperto, o meglio non conclude nulla perché da concludere di fatto non c'era niente, vista l'assenza di una trama principale. Chissà se vedremo mai una seconda stagione in futuro.
Il comparto tecnico è buono, come ormai ci ha abituato Production I.G. Le animazioni sono nella media dello studio senza però particolari meriti/demeriti, anche perché le scene d'azione scarseggiano, e la cosa mi ha lasciata alquanto basita: vista la trama, credevo che l'azione fosse la caratteristica principale di un anime del genere.
Grafica, colori e fotografia sono adatti all'atmosfera, e senza dubbio il prodotto è ben curato dal punto di vista dell'ambientazione e del periodo storico. Globalmente la serie mantiene sempre un tenore serio e maturo, rimanendo fedele a sé stessa, senza andare fuori tema.
Molto buone sia opening che ending, specialmente la ending dei MAGIC OF LiFE, anche se sinceramente sembrava più la sigla di uno spokon. Per quanto riguarda la colonna sonora mi è rimasta impressa soltanto una OST, forse perché era presente in loop in ogni benedettissimo episodio, in ogni scena, in qualsiasi situazione e momento della giornata. Però bella, eh!
Qual era lo scopo di questo anime?
Probabilmente è adatto a chi cerca un anime maturo dove bisogna mettere in moto il cervello e far fare ai propri neuroni dei salti mortali per riuscire a unire tutte le tessere del puzzle e a seguire la trama. Attenzione però, c'è il serio rischio di perdere alcuni pezzi di questo puzzle durante la visione, e alla fine vi ritroverete con un'opera incompleta; confusi e stanchi vi chiederete se sia valso la pena un simile sforzo per seguire dodici puntate di un anime che vi avrà lasciato il nulla. Perché a me, dopo questa esperienza, è rimasto solo un gran mal di testa e tanta voglia di dormire. Beh, svegliatemi, se mai dovesse uscire una seconda serie; anzi, meglio di no.
Il problema principale di “Joker Game” è la sua totale incapacità di intrattenere. Chi sono queste persone? Che cosa stanno facendo? Qual è il loro obiettivo? Perché me ne dovrebbe importare? All'inizio di ogni episodio ti viene data una vaga idea di quale sia la situazione, e poi ti ritrovi per più di venti minuti a seguire una vicenda di cui non sai nulla con persone a te sconosciute che fanno cose per... qualche motivo, e solo alla fine ti viene rivelato chi fosse la spia e quale era il suo obiettivo. E a quel punto non ti resta altro che ascoltare sbigottito la ending pensando: “E quindi?”. Gli episodi sono quasi tutti autoconclusivi, ognuno dedicato a una spia e alla sua missione, sempre che voi riusciate a capire quale sia questa missione senza addormentarvi a metà puntata. Se vi mettete di impegno, sforzandovi di comprendere cosa stia succedendo, state pur certi che ogni vostra certezza andrà in frantumi. Una delle cose in cui “Joker Game” riesce particolarmente bene è quella di farti sentire un idiota. E ti chiedi se non stai capendo assolutamente nulla perché è così che deve essere o perché sei tu che non ci arrivi. E' un po' come dare un esame di fisica applicata quando il tuo corso di laurea è in lingue straniere. Perché dovrei sapere questa roba?
Il secondo devastante problema di questo anime sono i personaggi stessi. Innanzitutto il character design. Non che sia brutto, anzi, trovo che si adatti molto bene all'ambientazione e alle tematiche trattate, solo che avrei gradito una maggiore caratterizzazione dei personaggi. Voglio dire, si assomigliano tutti. E' stata veramente dura riuscire a distinguere e riconoscere le spie nel corso dei vari episodi. Inoltre non hanno nemmeno delle personalità ben definite, si comportano e agiscono allo stesso modo e questo ha reso ancora più complicato simpatizzare per loro, contando anche il fatto che gli episodi sono autoconclusivi. E' difficile rimanere coinvolti dalla storia se il protagonista non è interessante o addirittura se non riesci nemmeno a capire chi sia.
Alla fine, non ho saputo niente di quelli che dovrebbero essere i protagonisti di questo anime. Magari perché sono spie, magari perché era proprio questo lo scopo: fornire qualche informazione frammentata in modo che lo spettatore possa arrivare a delle proprie deduzioni. Se non vi importa molto dei personaggi, ma volete solo un anime che parla di spionaggio, forse “Joker Game” fa al caso vostro. Se invece volete rimanere coinvolti dalla trama, dai protagonisti e dalle loro storie, vi conviene andare in cerca di altro.
Abbiamo modo di vedere le spie “agire” insieme solo nei primi due episodi e in quello conclusivo. Il finale è aperto, o meglio non conclude nulla perché da concludere di fatto non c'era niente, vista l'assenza di una trama principale. Chissà se vedremo mai una seconda stagione in futuro.
Il comparto tecnico è buono, come ormai ci ha abituato Production I.G. Le animazioni sono nella media dello studio senza però particolari meriti/demeriti, anche perché le scene d'azione scarseggiano, e la cosa mi ha lasciata alquanto basita: vista la trama, credevo che l'azione fosse la caratteristica principale di un anime del genere.
Grafica, colori e fotografia sono adatti all'atmosfera, e senza dubbio il prodotto è ben curato dal punto di vista dell'ambientazione e del periodo storico. Globalmente la serie mantiene sempre un tenore serio e maturo, rimanendo fedele a sé stessa, senza andare fuori tema.
Molto buone sia opening che ending, specialmente la ending dei MAGIC OF LiFE, anche se sinceramente sembrava più la sigla di uno spokon. Per quanto riguarda la colonna sonora mi è rimasta impressa soltanto una OST, forse perché era presente in loop in ogni benedettissimo episodio, in ogni scena, in qualsiasi situazione e momento della giornata. Però bella, eh!
Qual era lo scopo di questo anime?
Probabilmente è adatto a chi cerca un anime maturo dove bisogna mettere in moto il cervello e far fare ai propri neuroni dei salti mortali per riuscire a unire tutte le tessere del puzzle e a seguire la trama. Attenzione però, c'è il serio rischio di perdere alcuni pezzi di questo puzzle durante la visione, e alla fine vi ritroverete con un'opera incompleta; confusi e stanchi vi chiederete se sia valso la pena un simile sforzo per seguire dodici puntate di un anime che vi avrà lasciato il nulla. Perché a me, dopo questa esperienza, è rimasto solo un gran mal di testa e tanta voglia di dormire. Beh, svegliatemi, se mai dovesse uscire una seconda serie; anzi, meglio di no.
“Joker game” è una serie del 2016, composta da dodici episodi e classificabile come anime storico e di guerra, ma anche come opera drammatica, thriller, d’azione e mistero. Una storia completa sotto molti punti di vista, ma allo stesso tempo particolare e alternativa. Una vicenda che supera i classici schemi e vede la Seconda Guerra Mondiale (il periodo di tempo in cui è ambientata la vicenda) da una prospettiva originale: quella delle spie.
Tutto incomincia nel 1937, quando in Giappone viene fondata, per conto di un misterioso militare di nome Yuuki, un’agenzia di spionaggio, Agenzia-D, che investe nella creazione di spie all’altezza della situazione. A differenza dei soldati imperiali, il loro modo di vedere la guerra e interpretare il loro incarico è completamente opposto.
“Non uccidere, non morire.” Insomma, una filosofia di vita piuttosto particolare, che non sempre trova empatia con i piani alti dell’esercito.
Otto saranno le spie addestrate dall’Agenzia-D, otto semplici civili, che, dopo l’addestramento, impareranno a essere delle perfette spie. La loro identità viene cancellata e conosceranno le migliori tecniche per mentire, perfino tra di loro. Un gioco tortuoso e complicato, che mette a rischio la vita di questi otto uomini, ma che allo stesso tempo contribuirà a sostenere la patria durante gli anni futuri di guerra.
Subito dopo le prime due puntate, incomincia a delinearsi meglio lo stile di tale opera, che non mostra alcuna figura principale e punta tutto sul gruppo. Un gruppo di spie, però, che nel corso della serie verrà sparpagliato in ogni angolo del mondo, e le quali azioni ci verranno raccontate puntata dopo puntata (all’incirca una per spia).
L’assenza di un vero e proprio protagonista, d’altra parte, costituisce sia un pregio che un difetto. Ogni episodio mostra un punto di vista completamente differente, che rende tutta la situazione più dinamica e sfuggevole, essenziale per un racconto di spie. In fin dei conti in guerra non esiste un protagonista e un antagonista, e “Joker Game” riesce ad esprimere alla perfezione questo senso di caos generale.
Dall’altra parte, però, lo spettatore si trova piuttosto spaesato, privo di punti di riferimento, se non la figura emblematica e misteriosa di questo Yuuki, che aleggia su ogni puntata come un’ombra solitaria. I vari personaggi non riescono a ottenere una giusta caratterizzazione (a causa del poco tempo a loro disposizione), anche se, è giusto dirlo, il gran numero di figure presentate riesce comunque a esprimere una psicologia tutto sommato completa e coerente. Le otto spie, inizialmente presentate, non sempre fanno da protagoniste, ma, come da mestiere, spesso spuntano fuori all’ultimo secondo, rivelandoci un quadro generale che, fino a quel momento, pareva piuttosto complesso e vago.
La grafica è sicuramente uno dei punti forti dell’opera, con toni soffusi, che ricordano molto le atmosfere degli anni trenta. Molto buona la ricostruzione storica, capace di immergere realmente lo spettatore in un mondo morto ormai da più di settant’anni. La situazione politica e le mosse che compiono i personaggi delle varie nazioni rispecchiano alla perfezione, o quasi, atteggiamenti realistici e più che fattibili. Così come il paesaggio, il modo di comportarsi, ma anche più semplicemente la costruzione di paesini tipici, dalla Francia al Giappone. Spesso in anime di tal genere si cade su quel dettaglio che, all’apparenza, sembrava di poco conto, ma in realtà costituisce un tassello importantissimo per un’opera di stampo storico.
Concludo gli aspetti tecnici, esprimendo i miei complimenti per un doppiaggio curato e preciso, e una regia capace di dar ordine e tranquillità a una situazione che poteva cadere nel caos più totale.
Una delle poche pecche riscontrabili è, forse, l’andamento blando e rilassato, che può leggermente appesantire con il passare delle puntate. Non proprio un difetto, quanto piuttosto una conseguenza dello stile che si è scelto di dare a tale serie. Non esiste una trama, la storia va avanti pian piano, grazie al susseguirsi di situazioni diverse e apparentemente distaccate l’una dall’altra.
E così funziona fino all’ultima puntata, che conclude la serie, ma, in un certo senso, non chiude per nulla il sipario. I continui salti nel tempo tendono sempre a far oscillare la vicenda tra il 1937 e il 1940. Una sorta di limbo, in cui i protagonisti si muovono isolatamente, quasi ignari di ciò che accade al di là della loro missione. Con l’ultima puntata, tornano un po’ tutte le spie, ma niente di così particolare. Una veloce comparsa per salutare lo spettatore... niente di più.
“Joker Game” è una serie difficilmente inquadrabile: appassiona, ma a modo suo. Una storia sensazionale, raccontata da mille occhi, nascosti nell’ombra: spie.
Voto finale: 7 e mezzo
Tutto incomincia nel 1937, quando in Giappone viene fondata, per conto di un misterioso militare di nome Yuuki, un’agenzia di spionaggio, Agenzia-D, che investe nella creazione di spie all’altezza della situazione. A differenza dei soldati imperiali, il loro modo di vedere la guerra e interpretare il loro incarico è completamente opposto.
“Non uccidere, non morire.” Insomma, una filosofia di vita piuttosto particolare, che non sempre trova empatia con i piani alti dell’esercito.
Otto saranno le spie addestrate dall’Agenzia-D, otto semplici civili, che, dopo l’addestramento, impareranno a essere delle perfette spie. La loro identità viene cancellata e conosceranno le migliori tecniche per mentire, perfino tra di loro. Un gioco tortuoso e complicato, che mette a rischio la vita di questi otto uomini, ma che allo stesso tempo contribuirà a sostenere la patria durante gli anni futuri di guerra.
Subito dopo le prime due puntate, incomincia a delinearsi meglio lo stile di tale opera, che non mostra alcuna figura principale e punta tutto sul gruppo. Un gruppo di spie, però, che nel corso della serie verrà sparpagliato in ogni angolo del mondo, e le quali azioni ci verranno raccontate puntata dopo puntata (all’incirca una per spia).
L’assenza di un vero e proprio protagonista, d’altra parte, costituisce sia un pregio che un difetto. Ogni episodio mostra un punto di vista completamente differente, che rende tutta la situazione più dinamica e sfuggevole, essenziale per un racconto di spie. In fin dei conti in guerra non esiste un protagonista e un antagonista, e “Joker Game” riesce ad esprimere alla perfezione questo senso di caos generale.
Dall’altra parte, però, lo spettatore si trova piuttosto spaesato, privo di punti di riferimento, se non la figura emblematica e misteriosa di questo Yuuki, che aleggia su ogni puntata come un’ombra solitaria. I vari personaggi non riescono a ottenere una giusta caratterizzazione (a causa del poco tempo a loro disposizione), anche se, è giusto dirlo, il gran numero di figure presentate riesce comunque a esprimere una psicologia tutto sommato completa e coerente. Le otto spie, inizialmente presentate, non sempre fanno da protagoniste, ma, come da mestiere, spesso spuntano fuori all’ultimo secondo, rivelandoci un quadro generale che, fino a quel momento, pareva piuttosto complesso e vago.
La grafica è sicuramente uno dei punti forti dell’opera, con toni soffusi, che ricordano molto le atmosfere degli anni trenta. Molto buona la ricostruzione storica, capace di immergere realmente lo spettatore in un mondo morto ormai da più di settant’anni. La situazione politica e le mosse che compiono i personaggi delle varie nazioni rispecchiano alla perfezione, o quasi, atteggiamenti realistici e più che fattibili. Così come il paesaggio, il modo di comportarsi, ma anche più semplicemente la costruzione di paesini tipici, dalla Francia al Giappone. Spesso in anime di tal genere si cade su quel dettaglio che, all’apparenza, sembrava di poco conto, ma in realtà costituisce un tassello importantissimo per un’opera di stampo storico.
Concludo gli aspetti tecnici, esprimendo i miei complimenti per un doppiaggio curato e preciso, e una regia capace di dar ordine e tranquillità a una situazione che poteva cadere nel caos più totale.
Una delle poche pecche riscontrabili è, forse, l’andamento blando e rilassato, che può leggermente appesantire con il passare delle puntate. Non proprio un difetto, quanto piuttosto una conseguenza dello stile che si è scelto di dare a tale serie. Non esiste una trama, la storia va avanti pian piano, grazie al susseguirsi di situazioni diverse e apparentemente distaccate l’una dall’altra.
E così funziona fino all’ultima puntata, che conclude la serie, ma, in un certo senso, non chiude per nulla il sipario. I continui salti nel tempo tendono sempre a far oscillare la vicenda tra il 1937 e il 1940. Una sorta di limbo, in cui i protagonisti si muovono isolatamente, quasi ignari di ciò che accade al di là della loro missione. Con l’ultima puntata, tornano un po’ tutte le spie, ma niente di così particolare. Una veloce comparsa per salutare lo spettatore... niente di più.
“Joker Game” è una serie difficilmente inquadrabile: appassiona, ma a modo suo. Una storia sensazionale, raccontata da mille occhi, nascosti nell’ombra: spie.
Voto finale: 7 e mezzo
“Joker Game”, una delle piacevoli sorprese che ci ha riservato questa stagione primaverile del 2016, è l’adattamento animato dell’omonima novel di Koji Yanagi. La storia è ambientata negli anni che vanno dal 1937 al 1939, in un’atmosfera prettamente pre-bellica, e racconta le vicende di un’organizzazione clandestina di spie, la D-Agency, capitanata dal comandante Yuuki, in passato membro dell’esercito. In opposizione al più rigido e classico modo di pensare dei soldati, il comandante Yuuki allena le sue spie con una dottrina più di ampie vedute, seguendo il motto “Non uccidere, non morire” ed essenzialmente insegnando che, per una spia, la cosa principale è la sicurezza delle proprie informazioni che è strettamente collegata alla sicurezza personale e alle azioni che un’eventuale uccisione di un nemico può comportare.
Comincio con il dire che uno dei rimpianti maggiori che ho nei confronti di questo anime è l’averlo cominciato all'undicesima puntata: io non sono una tipa da binge watching e nonostante questo mi sono guardata le undici puntate tutte d’un fiato!
La serie non parte decisamente in quarta, i primi minuti sono un po’ densi di informazioni sommarie e frammentate sul contesto storico in cui ci troviamo, le quali sono inutili e noiose per chi possiede delle conoscenze storiche pregresse o, per chi come la sottoscritta è una capra in storia, decisamente confusionarie. Si riprende subito però, dato che vengono subito messe in evidenza le atmosfere tipiche di altre opere, quali ad esempio “Baccano!” del sommo Narita, che agli amanti del genere sono molto care. A differenza della suddetta serie, però, qui non sono presenti elementi sovrannaturali o simili, ma anzi, a volte il realismo è presente in una maniera che spiazza e prende decisamente alla sprovvista lo spettatore, come viene messo particolarmente in evidenza nelle ultime puntate.
La serie è composta da due puntate iniziali in cui ci vengono presentate le vicende di un membro dell’esercito, Sakuma, alle prese con le nostre spie, e per il resto abbiamo episodi singoli dedicati ai diversi membri di questa organizzazione (o a dei loro nemici) e quindi essenzialmente auto-conclusivi. Un’organizzazione del genere può essere devastante per un anime lungo solo dodici episodi, ma la regia riesce quasi sempre a evitare la noia e il drop da parte dello spettatore, inserendo personaggi secondari e soprattutto tematiche molto affascinanti che, nonostante non vengano trattate nel dettaglio, rendono la visione dell’episodio piacevole e interessante. Un esempio lo possiamo trovare proprio nelle prime due puntate nelle quali, sempre in maniera molto velata, viene messo in evidenza come, in un’ottica di guerra mondiale, il morboso attaccamento al patriottismo dei soldati dell’esercito li renda oltremodo vulnerabili al nemico. In una puntata viene anche citata la macchina Enigma che, a un’appassionata di queste cose, fa sempre molto piacere.
A causa di questa ricchezza di contenuti e personaggi, i supposti protagonisti della serie, le spie, non vengono delineati benissimo (anzi, io fatico ancora a distinguerli fisicamente tra loro). Però, a pensarci bene, è anche azzeccato nel caso di personaggi che devono fingere sempre e per i quali, di conseguenza, un approfondimento psicologico “classico” sarebbe alquanto fuori luogo. Gli unici di cui ci viene detto un po’ di più sono Sakuma e il comandante Yuuki: le informazioni su quest’ultimo, però, servono solo a sottolineare il suo essere almeno cinquanta spanne avanti a tutti gli altri personaggi, che alla lunga potrebbe quasi stancare, ma l’anime finisce giusto in tempo per evitare ciò.
Questo mi porta, o meglio, non mi porta a parlare dei personaggi, in quanto c’è davvero poco da dire. Le uniche volte che li vediamo interagire tra loro sono nelle puntate iniziali e nei dieci secondi a fine puntata, nella preview dell’episodio. Nonostante io sia davvero parecchio frustrata dalla mancanza di un background di questi personaggi (eccezion fatta per Sakuma - del quale ci regalano addirittura un riassunto veloce della sua vita - il quale però non fa parte dell’organizzazione ed è quindi fuori dall'alone di mistero e “mostruosità” che la serie costruisce intorno alle spie), capisco che sia stata una scelta registica in linea con il fatto che, nell'anime, le informazioni personali delle spie siano qualcosa di altamente riservato e non accessibile.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, le animazioni sono davvero curatissime, non abbiamo esempi vergognosi di episodi “quality”, in quanto la qualità viene tenuta parecchio alta per tutte le puntate. La colonna sonora è divina, davvero. C’è in particolare una traccia che è abusatissima nel corso della serie ma che sta bene in tutte le sante scene in cui l’hanno messa. Inoltre, una chicca che ho davvero adorato, da amante dei voice actor, è lo scegliere, a inizio puntata, di far recitare alla spia “protagonista” una specie di “riassunto” sulla D-Agency. E, a proposito di voice actor, sono stata davvero felice di sentire alcune delle mie voci preferite sulle diverse spie, ed è obbligatoria la menzione a Yuki Kaji, che si becca sempre il piccolino un po’ arrogante. La opening è spettacolare, nonostante i footage utilizzati facciano pensare a una serie dove prevale la coralità delle spie, quando invece l’unica volta in cui li vediamo agire leggermente in gruppo è solo nell'ultima puntata. Sulla ending non ho particolari commenti, tranne il fatto a cui ho già accennato che riguarda il mio non riuscire a riconoscere le varie spie, vabbè...
In conclusione, ho amato questo anime davvero tanto e posso affermare che sicuramente questa è una serie che si lascia vedere e soprattutto rivedere molto volentieri. A malincuore mi vedo comunque costretta a dare un 8,5. Questo a causa di alcuni scivoloni a livello di coerenza che sono stati commessi nelle ultime puntate e, direi soprattutto, per il sessismo un po’ gratuito che ci viene regalato negli ultimi minuti dell’ultima puntata e che, a mio parere, poteva essere tranquillamente evitato o comunque formulato con dialoghi decisamente migliori. Nonostante questo, lo consiglio comunque a tutti gli amanti del genere, soprattutto se vi sono piaciute serie come “Baccano!” o “Gangsta”, nonostante, come già accennato, questa sia davvero molto più incentrata sul realismo dell’ambiente storico in cui si colloca. Infatti, in perfetto stile realista, vengono portate alla luce, in sottofondo e quasi sussurrandole, delle tematiche e delle problematiche forti e crude dell’epoca, ma senza mai condirle con opinioni personali del regista, denunce sociali o moralismi che, dato il genere di storia, risulterebbero decisamente fuori luogo.
Comincio con il dire che uno dei rimpianti maggiori che ho nei confronti di questo anime è l’averlo cominciato all'undicesima puntata: io non sono una tipa da binge watching e nonostante questo mi sono guardata le undici puntate tutte d’un fiato!
La serie non parte decisamente in quarta, i primi minuti sono un po’ densi di informazioni sommarie e frammentate sul contesto storico in cui ci troviamo, le quali sono inutili e noiose per chi possiede delle conoscenze storiche pregresse o, per chi come la sottoscritta è una capra in storia, decisamente confusionarie. Si riprende subito però, dato che vengono subito messe in evidenza le atmosfere tipiche di altre opere, quali ad esempio “Baccano!” del sommo Narita, che agli amanti del genere sono molto care. A differenza della suddetta serie, però, qui non sono presenti elementi sovrannaturali o simili, ma anzi, a volte il realismo è presente in una maniera che spiazza e prende decisamente alla sprovvista lo spettatore, come viene messo particolarmente in evidenza nelle ultime puntate.
La serie è composta da due puntate iniziali in cui ci vengono presentate le vicende di un membro dell’esercito, Sakuma, alle prese con le nostre spie, e per il resto abbiamo episodi singoli dedicati ai diversi membri di questa organizzazione (o a dei loro nemici) e quindi essenzialmente auto-conclusivi. Un’organizzazione del genere può essere devastante per un anime lungo solo dodici episodi, ma la regia riesce quasi sempre a evitare la noia e il drop da parte dello spettatore, inserendo personaggi secondari e soprattutto tematiche molto affascinanti che, nonostante non vengano trattate nel dettaglio, rendono la visione dell’episodio piacevole e interessante. Un esempio lo possiamo trovare proprio nelle prime due puntate nelle quali, sempre in maniera molto velata, viene messo in evidenza come, in un’ottica di guerra mondiale, il morboso attaccamento al patriottismo dei soldati dell’esercito li renda oltremodo vulnerabili al nemico. In una puntata viene anche citata la macchina Enigma che, a un’appassionata di queste cose, fa sempre molto piacere.
A causa di questa ricchezza di contenuti e personaggi, i supposti protagonisti della serie, le spie, non vengono delineati benissimo (anzi, io fatico ancora a distinguerli fisicamente tra loro). Però, a pensarci bene, è anche azzeccato nel caso di personaggi che devono fingere sempre e per i quali, di conseguenza, un approfondimento psicologico “classico” sarebbe alquanto fuori luogo. Gli unici di cui ci viene detto un po’ di più sono Sakuma e il comandante Yuuki: le informazioni su quest’ultimo, però, servono solo a sottolineare il suo essere almeno cinquanta spanne avanti a tutti gli altri personaggi, che alla lunga potrebbe quasi stancare, ma l’anime finisce giusto in tempo per evitare ciò.
Questo mi porta, o meglio, non mi porta a parlare dei personaggi, in quanto c’è davvero poco da dire. Le uniche volte che li vediamo interagire tra loro sono nelle puntate iniziali e nei dieci secondi a fine puntata, nella preview dell’episodio. Nonostante io sia davvero parecchio frustrata dalla mancanza di un background di questi personaggi (eccezion fatta per Sakuma - del quale ci regalano addirittura un riassunto veloce della sua vita - il quale però non fa parte dell’organizzazione ed è quindi fuori dall'alone di mistero e “mostruosità” che la serie costruisce intorno alle spie), capisco che sia stata una scelta registica in linea con il fatto che, nell'anime, le informazioni personali delle spie siano qualcosa di altamente riservato e non accessibile.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, le animazioni sono davvero curatissime, non abbiamo esempi vergognosi di episodi “quality”, in quanto la qualità viene tenuta parecchio alta per tutte le puntate. La colonna sonora è divina, davvero. C’è in particolare una traccia che è abusatissima nel corso della serie ma che sta bene in tutte le sante scene in cui l’hanno messa. Inoltre, una chicca che ho davvero adorato, da amante dei voice actor, è lo scegliere, a inizio puntata, di far recitare alla spia “protagonista” una specie di “riassunto” sulla D-Agency. E, a proposito di voice actor, sono stata davvero felice di sentire alcune delle mie voci preferite sulle diverse spie, ed è obbligatoria la menzione a Yuki Kaji, che si becca sempre il piccolino un po’ arrogante. La opening è spettacolare, nonostante i footage utilizzati facciano pensare a una serie dove prevale la coralità delle spie, quando invece l’unica volta in cui li vediamo agire leggermente in gruppo è solo nell'ultima puntata. Sulla ending non ho particolari commenti, tranne il fatto a cui ho già accennato che riguarda il mio non riuscire a riconoscere le varie spie, vabbè...
In conclusione, ho amato questo anime davvero tanto e posso affermare che sicuramente questa è una serie che si lascia vedere e soprattutto rivedere molto volentieri. A malincuore mi vedo comunque costretta a dare un 8,5. Questo a causa di alcuni scivoloni a livello di coerenza che sono stati commessi nelle ultime puntate e, direi soprattutto, per il sessismo un po’ gratuito che ci viene regalato negli ultimi minuti dell’ultima puntata e che, a mio parere, poteva essere tranquillamente evitato o comunque formulato con dialoghi decisamente migliori. Nonostante questo, lo consiglio comunque a tutti gli amanti del genere, soprattutto se vi sono piaciute serie come “Baccano!” o “Gangsta”, nonostante, come già accennato, questa sia davvero molto più incentrata sul realismo dell’ambiente storico in cui si colloca. Infatti, in perfetto stile realista, vengono portate alla luce, in sottofondo e quasi sussurrandole, delle tematiche e delle problematiche forti e crude dell’epoca, ma senza mai condirle con opinioni personali del regista, denunce sociali o moralismi che, dato il genere di storia, risulterebbero decisamente fuori luogo.
“Don’t kill. Don’t die.”
“Joker Game” è un anime di dodici episodi andato in onda dall’aprile al giugno 2016.
La storia inizia nel 1937, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, quando in Giappone viene fondata l’ “Agenzia D”, un’unità di spionaggio, dove otto agenti segreti, sotto la supervisione del tenente colonnello Yuuki, vengono addestrati per essere inviati in tutto il mondo per raccogliere informazioni, affinché il governo non si trovi impreparato sugli sviluppi della guerra. Dopo un paio di puntate introduttive, si scopre dove, diversi anni dopo, sono stati mandati i diversi agenti e su cosa stanno investigando.
Inizierò parlando degli elementi positivi.
Sicuramente è da apprezzare la complessità dell’ambientazione storica. Gli agenti si muovono fra la resistenza francese, il sottobosco criminale di Shangai e il controspionaggio inglese, solo per citare qualche esempio, rendendo credibili le diverse vicende grazie alle dettagliate informazioni fornite in ogni episodio e al comportamento molto umano dei personaggi secondari.
Molto interessanti sono, inoltre, i temi che vengono trattati, come la corruzione, la prostituzione, gli ideali, il tradimento e la vendetta, rendendo questo titolo adatto a un pubblico un po’ più adulto e magari stanco del solito buonismo di fondo così diffuso e comune.
I diversi episodi, per la maggior parte autoconclusivi, presentano diversi casi investigativi appassionanti. Parlando di spionaggio, la manipolazione e l’inganno sono il punto focale di quest’anime. Gli agenti segreti ottengono le loro informazioni lavorando sotto copertura e sfruttando personaggi che, inconsapevoli, si trovano a partecipare un gioco, dove ogni azione e pensiero viene sfruttato per raggiungere lo scopo voluto dalle spie giapponesi e soprattutto da Yuuki. Il colonnello è un personaggio misterioso, furbo e intelligente, nonché quello dalla psicologia meglio delineata, forse perché la sua presenza è costante in ogni episodio.
Per quanto riguarda la parte tecnica, i fondali sono ben studiati e l’animazione fluida.
Non mancano, però, dei difetti.
Il principale è certamente il chara design. Personalmente non riuscivo a distinguere gli agenti l’uno dall’altro e, poiché andando sotto copertura vengono cambiati anche i nomi, ho trovato davvero difficile riconoscerli, considerando anche che le personalità sono simili fra loro.
Mi ero aspettata, inoltre, molta più azione, la quale invece è praticamente assente. Le vicende sono scandite da lunghi dialoghi e, quasi sempre, invece che farci vivere gli avvenimenti, questi ci vengono raccontati, abbassando così la qualità della serie.
Infine, mi sarebbe piaciuto che le storie fossero state maggiormente legate tra loro, invece di essere quasi sempre autoconclusive.
Riassumendolo in una frase o meno: “Un bell’anime psicologico pensato per un pubblico adulto che a volte manca di impatto visivo.”
“Joker Game” è un anime di dodici episodi andato in onda dall’aprile al giugno 2016.
La storia inizia nel 1937, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, quando in Giappone viene fondata l’ “Agenzia D”, un’unità di spionaggio, dove otto agenti segreti, sotto la supervisione del tenente colonnello Yuuki, vengono addestrati per essere inviati in tutto il mondo per raccogliere informazioni, affinché il governo non si trovi impreparato sugli sviluppi della guerra. Dopo un paio di puntate introduttive, si scopre dove, diversi anni dopo, sono stati mandati i diversi agenti e su cosa stanno investigando.
Inizierò parlando degli elementi positivi.
Sicuramente è da apprezzare la complessità dell’ambientazione storica. Gli agenti si muovono fra la resistenza francese, il sottobosco criminale di Shangai e il controspionaggio inglese, solo per citare qualche esempio, rendendo credibili le diverse vicende grazie alle dettagliate informazioni fornite in ogni episodio e al comportamento molto umano dei personaggi secondari.
Molto interessanti sono, inoltre, i temi che vengono trattati, come la corruzione, la prostituzione, gli ideali, il tradimento e la vendetta, rendendo questo titolo adatto a un pubblico un po’ più adulto e magari stanco del solito buonismo di fondo così diffuso e comune.
I diversi episodi, per la maggior parte autoconclusivi, presentano diversi casi investigativi appassionanti. Parlando di spionaggio, la manipolazione e l’inganno sono il punto focale di quest’anime. Gli agenti segreti ottengono le loro informazioni lavorando sotto copertura e sfruttando personaggi che, inconsapevoli, si trovano a partecipare un gioco, dove ogni azione e pensiero viene sfruttato per raggiungere lo scopo voluto dalle spie giapponesi e soprattutto da Yuuki. Il colonnello è un personaggio misterioso, furbo e intelligente, nonché quello dalla psicologia meglio delineata, forse perché la sua presenza è costante in ogni episodio.
Per quanto riguarda la parte tecnica, i fondali sono ben studiati e l’animazione fluida.
Non mancano, però, dei difetti.
Il principale è certamente il chara design. Personalmente non riuscivo a distinguere gli agenti l’uno dall’altro e, poiché andando sotto copertura vengono cambiati anche i nomi, ho trovato davvero difficile riconoscerli, considerando anche che le personalità sono simili fra loro.
Mi ero aspettata, inoltre, molta più azione, la quale invece è praticamente assente. Le vicende sono scandite da lunghi dialoghi e, quasi sempre, invece che farci vivere gli avvenimenti, questi ci vengono raccontati, abbassando così la qualità della serie.
Infine, mi sarebbe piaciuto che le storie fossero state maggiormente legate tra loro, invece di essere quasi sempre autoconclusive.
Riassumendolo in una frase o meno: “Un bell’anime psicologico pensato per un pubblico adulto che a volte manca di impatto visivo.”