Round Vernian Vifam
Questo anime real robot del 1983 "made in Sunrise" è stato scritto da Yoshiuki Tomino e diretto da Takeyuki Kanda. C'è comunque molto più Kanda che Tomino in "Vifam": scordatevi pure le angosciose atmosfere di "Ideon", lo spiazzante finale di "Dunbine" e la generale tendenza alla carneficina che Tomino aveva in quegli anni. "Vifam" è un anime leggero, dalla sceneggiatura tranquilla e dalla regia molto standard, lontana anni luce dai voli pindarici tominiani.
La storia parte secondo gli standard canonici dei robotici Sunrise "post-Gundam": molto semplicemente un'invasione aliena colpisce il pianeta "x" ed è guerra. Tuttavia questa volta i protagonisti dell'anime sono 13 bambini, che riescono a salvarsi e a fuggire a bordo dell'astronave "Janus", adibita originariamente all'addestramento delle reclute. Nella frenesia dell'attacco alieno i protagonisti perdono di vista i genitori, che vengono catturati dai nemici e portati in qualche posto sperduto nello spazio. I nostri piccoli eroi dovranno cercare i loro cari, imparando a pilotare i mecha per difendersi dagli attacchi alieni e cercando di maturare in fretta (anche se la vera maturazione avverrà dopo un particolare e doloroso evento nel corso della storia).
I bambini di "Vifam" sono caratterizzati benissimo e formano un gruppetto molto eterogeneo: c'è quello tamarro, quello coraggioso e leale, quello che gioca a fare il soldato, quello timido... Fra le femminucce c'è la ragazza-madre, quella intelligente e sensibile, quella che fa il maschiaccio e così via. Isomma, si vede che nella creazione dei personaggi gli autori ci hanno messo molto amore: sfido chiunque a non affezionarsi a loro. Questo è il più grande pregio dell'opera: se vi piacciono i suoi personaggi, potreste adorare "Vifam" passando sopra ai suoi innegabili difetti. Prima di soffermarmi su queste note dolenti, vorrei esprimere la mia ammirazione per la colonna sonora, che è molto curata e in cui fa capolino un brano spettacolare che, purtroppo, viene utilizzato solamente poche volte come "leit motiv" di un personaggio carismatico che compare nell'ultima parte della serie (Mueller). Stranamente la sigla di apertura è in inglese, così come il ritornello di quella di chiusura, che incita a non arrendersi mai: "Never Give Up!" "Never Give Up!"
Questo anime presenta pochi momenti memorabili che purtroppo vengono sfruttati male e addirittura rinnegati (il quarto e ultimo OAV di "Vifam", che funge da conclusione definitiva alla vicenda, rinnega addirittura un evento fondamentale della serie animata, snaturandone completamente il valore). Basta pensare al fatto che verso la fine viene introdotto Mueller, un personaggio ben caratterizzato e con un solido background alle spalle (che lo fa sembrare un "Char Aznable" della situazione) che viene poi abbandonato per strada senza una degna immolazione. I picchi emozionali avanti con i tempi tuttavia ci sono: il fatto che Kate si dia all'alcool in un momento di crisi personale, il fatto che il tamarro del gruppo racconti all'amica Makie il suo triste passato, la presenza di una leggera condanna al razzismo (l'aliena Katue, ragazzina dolce e tenerissima, avrà dei leggeri problemi ad essere accettata a bordo del "Janus", siccome appartiene ad una razza diversa). Peccato che questi momenti siano ben pochi e assai incompleti, molto probabilmente in modo voluto, per non rendere i contenuti di "Vifam" incompatibili con il target a cui è destinata la serie ("Ideon" e "Baldios" sono due esempi di serie piene zeppe di picchi memorabili e avanti con i tempi, che sono state tagliate per il basso indice di share e successivamente rivalutate come capolavori). "Vifam" invece va sul sicuro e non rischia di essere tagliato, infatti le animazioni sono sempre buone, fino alla fine, e il finale è inequivocabilmente completo (se si esclude il penoso OAV "memories of Kate" menzionato precedentemente). Come non citare infine il famoso monolite alla "2001: Odissea nello spazio" che si rivelerà una grande "trollata" e nulla di fondamentale?
Il tema dei bambini in guerra non viene affatto affrontato come un pugno nello stomaco (si pensi al celebre "Gundam 0080" a tal proposito), ma in modo assai leggero: sul "Janus" si "cazzeggia" alla grande! Nella parte centrale della serie i nostri beniamini prepareranno varie feste di compleanno, leggeranno i fumetti porno, giocheranno qua e là come se non fossero mai stati abbandonati nello spazio, ma fossero a casa loro. Poche volte, nella parte iniziale e nella parte finale della serie (le ultime 15 puntate, che reputo le migliori), si metteranno a piangere sentendo la mancanza dei genitori e la mancanza della sicurezza indotta dall'ambiente casareccio.
Dal punto di vista tecnico, il character design fa il suo dovere, anche se certe volte i faccioni dei personaggi sembrano un po' troppo deformati. Il mecha design, curato dall'illustre Kunio Okawara ("Gundam 0079", "Votoms", "Layzner"), è orribile e rappresenta il punto più basso della sua carriera: il robot che da il nome all'opera sembra che abbia un casco da motocross in testa; quelli nemici invece hanno al posto degli occhi un semaforo pedonale, oppure un'aspirapolvere a cilindro (quelli con le rotelle che si usavano negli anni '80). Il design è volutamente infantile, poco accattivante e assai tondeggiante.
La sceneggiatura soffre, in alcuni episodi, di tempi dosati malamente: spesso in alcune puntate non succederà praticamente nulla fino agli ultimi 10 minuti, in cui magicamente accadranno molteplici eventi. La parte centrale di "Vifam" ha inoltre un'elevata densità di episodi filler.
In conclusione, non siamo di certo di fronte ad un capolavoro, ma ad un anime leggero che potrebbe tenere molta compagnia agli appassionati di real robot di vecchio stampo, per via dei suoi simpaticissimi personaggi. Non aspettatevi grandi cose, questa è una visione abbastanza nella media. Il mio voto è un 7 non proprio pieno che diventa un 6 nel caso in cui si tiene conto anche dell'orribile OAV "Memories of Kate", che rinnega un evento chiave della serie a malo modo.
La storia parte secondo gli standard canonici dei robotici Sunrise "post-Gundam": molto semplicemente un'invasione aliena colpisce il pianeta "x" ed è guerra. Tuttavia questa volta i protagonisti dell'anime sono 13 bambini, che riescono a salvarsi e a fuggire a bordo dell'astronave "Janus", adibita originariamente all'addestramento delle reclute. Nella frenesia dell'attacco alieno i protagonisti perdono di vista i genitori, che vengono catturati dai nemici e portati in qualche posto sperduto nello spazio. I nostri piccoli eroi dovranno cercare i loro cari, imparando a pilotare i mecha per difendersi dagli attacchi alieni e cercando di maturare in fretta (anche se la vera maturazione avverrà dopo un particolare e doloroso evento nel corso della storia).
I bambini di "Vifam" sono caratterizzati benissimo e formano un gruppetto molto eterogeneo: c'è quello tamarro, quello coraggioso e leale, quello che gioca a fare il soldato, quello timido... Fra le femminucce c'è la ragazza-madre, quella intelligente e sensibile, quella che fa il maschiaccio e così via. Isomma, si vede che nella creazione dei personaggi gli autori ci hanno messo molto amore: sfido chiunque a non affezionarsi a loro. Questo è il più grande pregio dell'opera: se vi piacciono i suoi personaggi, potreste adorare "Vifam" passando sopra ai suoi innegabili difetti. Prima di soffermarmi su queste note dolenti, vorrei esprimere la mia ammirazione per la colonna sonora, che è molto curata e in cui fa capolino un brano spettacolare che, purtroppo, viene utilizzato solamente poche volte come "leit motiv" di un personaggio carismatico che compare nell'ultima parte della serie (Mueller). Stranamente la sigla di apertura è in inglese, così come il ritornello di quella di chiusura, che incita a non arrendersi mai: "Never Give Up!" "Never Give Up!"
Questo anime presenta pochi momenti memorabili che purtroppo vengono sfruttati male e addirittura rinnegati (il quarto e ultimo OAV di "Vifam", che funge da conclusione definitiva alla vicenda, rinnega addirittura un evento fondamentale della serie animata, snaturandone completamente il valore). Basta pensare al fatto che verso la fine viene introdotto Mueller, un personaggio ben caratterizzato e con un solido background alle spalle (che lo fa sembrare un "Char Aznable" della situazione) che viene poi abbandonato per strada senza una degna immolazione. I picchi emozionali avanti con i tempi tuttavia ci sono: il fatto che Kate si dia all'alcool in un momento di crisi personale, il fatto che il tamarro del gruppo racconti all'amica Makie il suo triste passato, la presenza di una leggera condanna al razzismo (l'aliena Katue, ragazzina dolce e tenerissima, avrà dei leggeri problemi ad essere accettata a bordo del "Janus", siccome appartiene ad una razza diversa). Peccato che questi momenti siano ben pochi e assai incompleti, molto probabilmente in modo voluto, per non rendere i contenuti di "Vifam" incompatibili con il target a cui è destinata la serie ("Ideon" e "Baldios" sono due esempi di serie piene zeppe di picchi memorabili e avanti con i tempi, che sono state tagliate per il basso indice di share e successivamente rivalutate come capolavori). "Vifam" invece va sul sicuro e non rischia di essere tagliato, infatti le animazioni sono sempre buone, fino alla fine, e il finale è inequivocabilmente completo (se si esclude il penoso OAV "memories of Kate" menzionato precedentemente). Come non citare infine il famoso monolite alla "2001: Odissea nello spazio" che si rivelerà una grande "trollata" e nulla di fondamentale?
Il tema dei bambini in guerra non viene affatto affrontato come un pugno nello stomaco (si pensi al celebre "Gundam 0080" a tal proposito), ma in modo assai leggero: sul "Janus" si "cazzeggia" alla grande! Nella parte centrale della serie i nostri beniamini prepareranno varie feste di compleanno, leggeranno i fumetti porno, giocheranno qua e là come se non fossero mai stati abbandonati nello spazio, ma fossero a casa loro. Poche volte, nella parte iniziale e nella parte finale della serie (le ultime 15 puntate, che reputo le migliori), si metteranno a piangere sentendo la mancanza dei genitori e la mancanza della sicurezza indotta dall'ambiente casareccio.
Dal punto di vista tecnico, il character design fa il suo dovere, anche se certe volte i faccioni dei personaggi sembrano un po' troppo deformati. Il mecha design, curato dall'illustre Kunio Okawara ("Gundam 0079", "Votoms", "Layzner"), è orribile e rappresenta il punto più basso della sua carriera: il robot che da il nome all'opera sembra che abbia un casco da motocross in testa; quelli nemici invece hanno al posto degli occhi un semaforo pedonale, oppure un'aspirapolvere a cilindro (quelli con le rotelle che si usavano negli anni '80). Il design è volutamente infantile, poco accattivante e assai tondeggiante.
La sceneggiatura soffre, in alcuni episodi, di tempi dosati malamente: spesso in alcune puntate non succederà praticamente nulla fino agli ultimi 10 minuti, in cui magicamente accadranno molteplici eventi. La parte centrale di "Vifam" ha inoltre un'elevata densità di episodi filler.
In conclusione, non siamo di certo di fronte ad un capolavoro, ma ad un anime leggero che potrebbe tenere molta compagnia agli appassionati di real robot di vecchio stampo, per via dei suoi simpaticissimi personaggi. Non aspettatevi grandi cose, questa è una visione abbastanza nella media. Il mio voto è un 7 non proprio pieno che diventa un 6 nel caso in cui si tiene conto anche dell'orribile OAV "Memories of Kate", che rinnega un evento chiave della serie a malo modo.
Luchina Preshet, 4 anni; Marlo Bonah Jr, 4 anni; Jimmy Eril, 7 anni; Kentsu Norton, 9 anni; Pench Eliza, 10 anni; Fred Shuffle, 11 anni; Sharon Paburin, 11 anni; Katue Piason, 11 anni; Maki Rowell, 12 anni; Roddy Shuffle, 14 anni; Barts Lyan, 14 anni; Clare Barbrand, 14 anni; Scott Heyward, 15 anni.
Questo è il cast principale di "Round Vernian Vifam". Reputo doveroso iniziare ogni recensione di Vifam con questa lista di nomi, perché a mio avviso questo è il cast meglio caratterizzato che si sia mai visto in una serie anime, sia classica che moderna. Tutto la serie si regge sui personaggi e in questo comparto Vifam si distingue nel mare di anime corali degli anni ottanta come il migliore in assoluto. È impossibile non amare i giovani protagonisti di Vifam, intrappolati in una guerra che non gli appartiene e alla ricerca continua dei genitori per 46 appassionanti puntate. Puntate in cui si ride, si scherza, ci si commuove e anche si piange. Puntate in cui brilla su tutto il coraggio di questo gruppo di bambini e ragazzi, che si trovano ad affrontare avversità più grandi di loro e che nonostante tutto continuano ad andare avanti senza farsi fermare da nulla.
Il concept originale della serie è di Yoshiyuki Tomino, autore che è solito dare ruoli di rilievo a personaggi pre-adolescenti (si pensi a Zambot, Gundam, Ideon, Xabungle); l'originalità di Vifam sta nel fatto che i bambini sono protagonisti assoluti e che tutti gli adulti sono relegati a ruoli secondari. Anzi dirò di più: chiunque abbia più di 15 anni in Vifam è a alto rischio di fare una brutta fine. Non che i personaggi adulti siano sviluppati male, anzi, ce ne sono di altissimo livello - su tutti l'archeologa Kate Hathaway - tuttavia nessuno di loro può rubare spazio ai 13 protagonisti. Questa è la consegna del regista e autore della serie, Takeyuki Kanda, consegna che viene seguita inesorabilmente per tutta la durata della serie, senza il minimo cedimento. La scelta di puntare tutto sui bambini rende Vifam un caso unico: si tratta di anime robotico con la sensibilità di un meisaku, cosa evidente anche dalla scelta del chara design. I bambini di Vifam sembrano infatti uscire da un meisaku degli anni settanta: tozzi, con una testa enorme e una simpatia irresistibile. È inevitabile tentare il gioco di determinare il personaggio più simpatico, ma è impossibile individuare il vincitore, perché sono tutti perfetti. Nell'ampio spettro di personaggi è impossibile non trovarne qualcuno in cui riconoscersi; e non può non sorgere il desiderio di far parte di loro e di entrare nell'equipaggio della nave scuola Janus.
È per i personaggi che Vifam si prende il massimo dei voti, ma non è questo il suo unico punto di forza. La trama è ben congegnata, imprevedibile, coerente e nello stesso tempo semplice: Takeyuki Kanda non cade mai negli errori tipici di Yoshiyuki Tomino, come il mettere troppa carne al fuoco, troppi intrighi politici, troppe personaggi inutili e troppe battaglie inconcludenti. Ogni battaglia in Vifam ha un suo senso, ed è uno step nella maturazione dei giovani protagonisti. In Vifam non si monta in un Mobile Suite e non si diventa piloti provetti in cinque minuti, non ci sono new types e super poteri, tutto si deve guadagnare progressivamente con l'esperienza e con il tempo. È chiaro uno sforzo nel cercare di rendere credibile il soggetto di un gruppo di bambini che impara a pilotare una nave spaziale in poche settimane, semplicemente leggendo i manuali: l'escamotage sta nel fatto che la Janus è una nave scuola pensata per addestrare cadetti inesperti e il suo computer (Borgi, un quasi protagonista della serie) è in grado di svolgere la maggior parte delle mansioni. Ma più che la credibilità tecnologica ciò che conta è la credibilità psicologica e in questo comparto Vifam è imbattibile, proponendo dei bambini che si comportano da bambini, dei ragazzi che si comportano da ragazzi e degli adulti che si comportano da adulti, capacità che al giorno d'oggi sembra essere andata persa.
C'è un unico errore grave nella serie: quando il colonnello Roden riconosce l'abilità dei bambini e li lascia andare alla ricerca dei genitori per conto loro. Nessun adulto farebbe una cosa del genere, al contrario requisirebbe l'astronave e spedirebbe i bambini sulla Terra di forza (cosa che in effetti tenta di fare, a onore del vero). Questo errore però a mio avviso viene ampiamente compensato dagli innumerevoli buoni spunti; tra questi il segreto del monolito guardiano, essenziale per la vicenda del sanguemisto Moeller, asso dell'esercito Kuktoniano, che sperimenta su di sé tutta l'insensatezza della guerra. È evidente in tutta la serie un intento antimilitarista di fondo: Vifam non è fatto per piacere a chi ama gli anime di guerra, ed è per molti versi agli antipodi di un Gundam o di un Votoms. Non ci sono battaglie epocali in Vifam: i piloti sono ragazzini che sanno di essere tecnicamente inferiori ai soldati professionisti, e cercano soltanto di sopravvivere, non certo la gloria della battaglia. L'unica eccezione è costituita dal piccolo guerrafondaio Kentsu, un vero e proprio otaku della guerra che viene sfruttato come miniera di gag comiche. Il messaggio di Vifam è chiaro: non ci sono assi, quello che vince non è mai il singolo, ma l'unione del gruppo. Tutta la serie si basa sull'assunto che i bambini sono migliori degli adulti, più onesti, più ottimisti e anche più resistenti allo stress della guerra: un punto di vista forse sbilanciato ma comprensibile, dato il target di destinazione. Da notare che i soldati dell'esercito regolare sono (quasi) sempre visti in cattiva luce, inclusi i soldati terrestri, primi colpevoli della guerra con i Kuktoniani.
Molto apprezzabile è la scelta di dare un tenore leggero alla serie, motivo per cui i bambini mantengono il loro buonumore e ottimismo in tutti i momenti in cui non sono attaccati direttamente dal nemico: ben vengano quindi scherzi, battute e feste di compleannno. Vifam è una serie in cui si ride molto e molte gag sono irresistibili: ne potrei citare a decine, ma mi limito ai tormentoni principali. In primo luogo le mutandine con le fragole di Sharon, usate anche come bandiera e simbolo del gruppo, assieme all'orsetto rosso che viene dipinto sulla spalla dei mecha (chiara parodia di Red Shoulder Votoms); ricordo poi le riviste erotiche che finiscono sempre in mano al povero Scott, il carretto carico d'armi trainato dal piccolo Jimmy, le gag di Sharon e Kentsu, l'epocale pisciata collettiva tra bambini terresti e Kuktoniani. Ma le scene brillanti sono davvero tante, una serie moderna che ne avesse anche solo un decimo sarebbe già buona. D'altra parte non mancano le scene commoventi e addirittura tragiche: stiamo parlando di un anime che si basa tutto suoi buoni sentimenti, certo, ma non è un film Disney. Siamo in guerra e in guerra si muore. Vifam può essere in gran parte una serie solare e leggera, ma non è mai superficiale. Il pubblico di riferimento può essere infantile, ma non lo è mai esclusivamente e Vifam non ha paura di affrontare tematiche adulte e a volte anche spinose: penso per esempio alla memorabile scena tra Kate Hathaway ubriaca e Roddy. Non avrebbe senso paragonarla con una serie bambinesca come "I segreti dell'isola misteriosa", tanto per citare una serie più recente apparentemente molto simile.
Dal punto di vista tecnico Vifam è nella media del periodo. Il chara design è di Ashida Toyoo, il mecha design di Kunio Okawara (che riprende il design di Gundam e Dougram) con l'apporto di Mamoru Nagano, alle sue prime prove. La musica è di Toshiyuki Watanabe, figlio di Michiaki "Mazinga" Watanabe; si fa ricordare l'ottima opening, interamente in lingua inglese. Ma non è certo l'aspetto tecnico che distingue Vifam dalle altre serie dell'epoca: piuttosto è la delicatezza, la sensibilità e la genuinità con cui sono trattati i personaggi, basandosi su gag semplici, d'altri tempi, eppure proprio per questo efficaci. Esistono perfino delle rare puntate che sono slice of life, senza battaglie, che narrano la vita quotidiana e i problemi dei ragazzi sull'astronave. Un puntata viene addirittura dedicata al problema dei ricambi delle mutandine delle bambine, che mancano e vanno richieste alla flotta alleata, assieme ad una macchina per cucire computerizzata. È per momenti come questi che Vifam brilla. Anche se devo dire che considero le battaglie di Vifam superiori a tutte le noiose battaglie dei robotici del periodo e più appassionanti da vedere, proprio perché i bambini non sono dei piloti professioni e non si sa mai come e se riusciranno a venirne fuori.
In sintesi "Round Vernian Vifam" è un piccolo capolavoro misconosciuto. Per lo meno in Italia, mentre è ben ricordato in Giappone, tanto è vero che nel 1998 ne venne realizzata una side story in 26 episodi, in memoria del compianto Takeyuki Kanda, un regista di grande esperienza e sensibilità (Ultraman, God Sigma, Dougram, Galatt, Dragonar, MellowLink) che meriterebbe maggiore riconoscimento nel fandom. Dal canto mio vedrò di recuperate tutte le sue serie. È difficile avere successo con un messaggio pesantemente antimilitarista in un genere ad alta componente militare come il robotico. Ed è difficile avere successo tra un pubblico di adolescenti con dei protagonisti bambini. Ma per chi ha abbandonato l'adolescenza da un pezzo e per chi è critico di tutto ciò che è militare Vifam è un classico irrinunciabile.
Questo è il cast principale di "Round Vernian Vifam". Reputo doveroso iniziare ogni recensione di Vifam con questa lista di nomi, perché a mio avviso questo è il cast meglio caratterizzato che si sia mai visto in una serie anime, sia classica che moderna. Tutto la serie si regge sui personaggi e in questo comparto Vifam si distingue nel mare di anime corali degli anni ottanta come il migliore in assoluto. È impossibile non amare i giovani protagonisti di Vifam, intrappolati in una guerra che non gli appartiene e alla ricerca continua dei genitori per 46 appassionanti puntate. Puntate in cui si ride, si scherza, ci si commuove e anche si piange. Puntate in cui brilla su tutto il coraggio di questo gruppo di bambini e ragazzi, che si trovano ad affrontare avversità più grandi di loro e che nonostante tutto continuano ad andare avanti senza farsi fermare da nulla.
Il concept originale della serie è di Yoshiyuki Tomino, autore che è solito dare ruoli di rilievo a personaggi pre-adolescenti (si pensi a Zambot, Gundam, Ideon, Xabungle); l'originalità di Vifam sta nel fatto che i bambini sono protagonisti assoluti e che tutti gli adulti sono relegati a ruoli secondari. Anzi dirò di più: chiunque abbia più di 15 anni in Vifam è a alto rischio di fare una brutta fine. Non che i personaggi adulti siano sviluppati male, anzi, ce ne sono di altissimo livello - su tutti l'archeologa Kate Hathaway - tuttavia nessuno di loro può rubare spazio ai 13 protagonisti. Questa è la consegna del regista e autore della serie, Takeyuki Kanda, consegna che viene seguita inesorabilmente per tutta la durata della serie, senza il minimo cedimento. La scelta di puntare tutto sui bambini rende Vifam un caso unico: si tratta di anime robotico con la sensibilità di un meisaku, cosa evidente anche dalla scelta del chara design. I bambini di Vifam sembrano infatti uscire da un meisaku degli anni settanta: tozzi, con una testa enorme e una simpatia irresistibile. È inevitabile tentare il gioco di determinare il personaggio più simpatico, ma è impossibile individuare il vincitore, perché sono tutti perfetti. Nell'ampio spettro di personaggi è impossibile non trovarne qualcuno in cui riconoscersi; e non può non sorgere il desiderio di far parte di loro e di entrare nell'equipaggio della nave scuola Janus.
È per i personaggi che Vifam si prende il massimo dei voti, ma non è questo il suo unico punto di forza. La trama è ben congegnata, imprevedibile, coerente e nello stesso tempo semplice: Takeyuki Kanda non cade mai negli errori tipici di Yoshiyuki Tomino, come il mettere troppa carne al fuoco, troppi intrighi politici, troppe personaggi inutili e troppe battaglie inconcludenti. Ogni battaglia in Vifam ha un suo senso, ed è uno step nella maturazione dei giovani protagonisti. In Vifam non si monta in un Mobile Suite e non si diventa piloti provetti in cinque minuti, non ci sono new types e super poteri, tutto si deve guadagnare progressivamente con l'esperienza e con il tempo. È chiaro uno sforzo nel cercare di rendere credibile il soggetto di un gruppo di bambini che impara a pilotare una nave spaziale in poche settimane, semplicemente leggendo i manuali: l'escamotage sta nel fatto che la Janus è una nave scuola pensata per addestrare cadetti inesperti e il suo computer (Borgi, un quasi protagonista della serie) è in grado di svolgere la maggior parte delle mansioni. Ma più che la credibilità tecnologica ciò che conta è la credibilità psicologica e in questo comparto Vifam è imbattibile, proponendo dei bambini che si comportano da bambini, dei ragazzi che si comportano da ragazzi e degli adulti che si comportano da adulti, capacità che al giorno d'oggi sembra essere andata persa.
C'è un unico errore grave nella serie: quando il colonnello Roden riconosce l'abilità dei bambini e li lascia andare alla ricerca dei genitori per conto loro. Nessun adulto farebbe una cosa del genere, al contrario requisirebbe l'astronave e spedirebbe i bambini sulla Terra di forza (cosa che in effetti tenta di fare, a onore del vero). Questo errore però a mio avviso viene ampiamente compensato dagli innumerevoli buoni spunti; tra questi il segreto del monolito guardiano, essenziale per la vicenda del sanguemisto Moeller, asso dell'esercito Kuktoniano, che sperimenta su di sé tutta l'insensatezza della guerra. È evidente in tutta la serie un intento antimilitarista di fondo: Vifam non è fatto per piacere a chi ama gli anime di guerra, ed è per molti versi agli antipodi di un Gundam o di un Votoms. Non ci sono battaglie epocali in Vifam: i piloti sono ragazzini che sanno di essere tecnicamente inferiori ai soldati professionisti, e cercano soltanto di sopravvivere, non certo la gloria della battaglia. L'unica eccezione è costituita dal piccolo guerrafondaio Kentsu, un vero e proprio otaku della guerra che viene sfruttato come miniera di gag comiche. Il messaggio di Vifam è chiaro: non ci sono assi, quello che vince non è mai il singolo, ma l'unione del gruppo. Tutta la serie si basa sull'assunto che i bambini sono migliori degli adulti, più onesti, più ottimisti e anche più resistenti allo stress della guerra: un punto di vista forse sbilanciato ma comprensibile, dato il target di destinazione. Da notare che i soldati dell'esercito regolare sono (quasi) sempre visti in cattiva luce, inclusi i soldati terrestri, primi colpevoli della guerra con i Kuktoniani.
Molto apprezzabile è la scelta di dare un tenore leggero alla serie, motivo per cui i bambini mantengono il loro buonumore e ottimismo in tutti i momenti in cui non sono attaccati direttamente dal nemico: ben vengano quindi scherzi, battute e feste di compleannno. Vifam è una serie in cui si ride molto e molte gag sono irresistibili: ne potrei citare a decine, ma mi limito ai tormentoni principali. In primo luogo le mutandine con le fragole di Sharon, usate anche come bandiera e simbolo del gruppo, assieme all'orsetto rosso che viene dipinto sulla spalla dei mecha (chiara parodia di Red Shoulder Votoms); ricordo poi le riviste erotiche che finiscono sempre in mano al povero Scott, il carretto carico d'armi trainato dal piccolo Jimmy, le gag di Sharon e Kentsu, l'epocale pisciata collettiva tra bambini terresti e Kuktoniani. Ma le scene brillanti sono davvero tante, una serie moderna che ne avesse anche solo un decimo sarebbe già buona. D'altra parte non mancano le scene commoventi e addirittura tragiche: stiamo parlando di un anime che si basa tutto suoi buoni sentimenti, certo, ma non è un film Disney. Siamo in guerra e in guerra si muore. Vifam può essere in gran parte una serie solare e leggera, ma non è mai superficiale. Il pubblico di riferimento può essere infantile, ma non lo è mai esclusivamente e Vifam non ha paura di affrontare tematiche adulte e a volte anche spinose: penso per esempio alla memorabile scena tra Kate Hathaway ubriaca e Roddy. Non avrebbe senso paragonarla con una serie bambinesca come "I segreti dell'isola misteriosa", tanto per citare una serie più recente apparentemente molto simile.
Dal punto di vista tecnico Vifam è nella media del periodo. Il chara design è di Ashida Toyoo, il mecha design di Kunio Okawara (che riprende il design di Gundam e Dougram) con l'apporto di Mamoru Nagano, alle sue prime prove. La musica è di Toshiyuki Watanabe, figlio di Michiaki "Mazinga" Watanabe; si fa ricordare l'ottima opening, interamente in lingua inglese. Ma non è certo l'aspetto tecnico che distingue Vifam dalle altre serie dell'epoca: piuttosto è la delicatezza, la sensibilità e la genuinità con cui sono trattati i personaggi, basandosi su gag semplici, d'altri tempi, eppure proprio per questo efficaci. Esistono perfino delle rare puntate che sono slice of life, senza battaglie, che narrano la vita quotidiana e i problemi dei ragazzi sull'astronave. Un puntata viene addirittura dedicata al problema dei ricambi delle mutandine delle bambine, che mancano e vanno richieste alla flotta alleata, assieme ad una macchina per cucire computerizzata. È per momenti come questi che Vifam brilla. Anche se devo dire che considero le battaglie di Vifam superiori a tutte le noiose battaglie dei robotici del periodo e più appassionanti da vedere, proprio perché i bambini non sono dei piloti professioni e non si sa mai come e se riusciranno a venirne fuori.
In sintesi "Round Vernian Vifam" è un piccolo capolavoro misconosciuto. Per lo meno in Italia, mentre è ben ricordato in Giappone, tanto è vero che nel 1998 ne venne realizzata una side story in 26 episodi, in memoria del compianto Takeyuki Kanda, un regista di grande esperienza e sensibilità (Ultraman, God Sigma, Dougram, Galatt, Dragonar, MellowLink) che meriterebbe maggiore riconoscimento nel fandom. Dal canto mio vedrò di recuperate tutte le sue serie. È difficile avere successo con un messaggio pesantemente antimilitarista in un genere ad alta componente militare come il robotico. Ed è difficile avere successo tra un pubblico di adolescenti con dei protagonisti bambini. Ma per chi ha abbandonato l'adolescenza da un pezzo e per chi è critico di tutto ciò che è militare Vifam è un classico irrinunciabile.
Siamo in un vicino futuro, in cui la colonizzazione terrestre ha già trasportato parte dell'umanità in pianeti orbitanti in nuovi sistemi stellari. Nell'anno 2058 scoppia una guerra tra la Federazione Terrestre e i misteriosi alieni Astrogator, conflitto che coinvolge anche il pianeta Creado dove risiedono i fratelli Roddy e Fred. Costretti a evacurare la zona di guerra, loro e altri nove bambini/ragazzi finiscono, per vie traverse, col perdere di vista i genitori e, insieme a due archeologi, a trovare riparo dentro una gigantesca astronave, la Janus. Iniziando così a prendere dimestichezza coi comandi e con le armi del vascello, in vista della difesa contro gli Astrogator, decidono di solcare lo spazio per ritrovare i loro parenti. Cosa rappresenta, però, il misterioso monolite nero ritrovato nel pianeta e ora custodito da loro?
Cosa succederebbe se la Guerra di un Anno di "Mobile Suit Gundam" fosse narrata non dal punto di vista di Amuro Rei, ma da quello dei piccoli bambini Katzu, Retz e Kikka, spettatori puramente passivi? Yoshiyuki Tomino sembra attingere da quest'ipotesi nello scrivere il soggetto per Vifam, serie televisiva Sunrise dei primi anni '80 che, nonostante il suo nome nei crediti e gli elementi di indubbia originalità che lo pongono come seminale precursore dell'acclamato "Infinite Ryvius", è così poco conosciuto dal fandom mondiale da essere stato visto da pochissimi, una visione così oscura da venire coperta da un silenzio imbarazzante. Un fato abbastanza sfortunato visto che spunti di interesse sono presenti a iosa, nonostante un risultato non riuscito per colpa di ingenuità pienamente perdonabili, visto il periodo.
È infatti un robotico molto particolare Vifam, dove spesso e volentieri le schermaglie tra mecha sono del tutto trascurate per focalizzare l'attenzione su cast e storia, il primo esponente del genere a non prevedere automaticamente una battaglia a episodio. I protagonisti, tutti bambini/ragazzini la cui età varia dai 4 ai 14 anni, sono, una volta tanto, trattati come tali: nell'astronave super-tecnologica in cui trovano rifugio, quasi del tutto privi di guide di riferimento adulte, sono spaesati e terrorizzati, persi in se stessi vista la loro estraneità alla navigazione spaziale o alle attrezzature militari, dovendo perciò svolgere un lungo addestramento e fare esperienza prima di potersi difendere efficacemente dagli attacchi nemici o navigare nello spazio. Fanno così terribilmente fatica a eliminare i primi avversari, a non perdere l'equilibrio guidando gli ingombranti, sensibilissimi robot vernian, o anche solo a non lasciarsi andare allo sconforto nella loro solitaria ricerca dei propri genitori, finiti chissà dove oppure addirittura morti. La morte più di una volta fa loro visita, portando via dei cari e diventando spauracchio per diventare adulti prima del tempo. Un inedito approccio di ricerca al realismo nel genere - riscontrabile fino a quel momento solo in Dougram -, almeno nei limiti concepibili dell'epoca, tanto che prima che il protagonista Roddy e i suoi amici riescano ufficialmente a pilotare bene le loro unità robotiche e a imparare a navigare bisogna attendere una ventina di episodi, quasi mezza serie. Questo purtroppo nulla toglie a ingenuità che minano le fondamenta di credibilità della storia, a volte prezzo da pagare per mandare avanti la trama, altre volte svarioni figli del proprio tempo.
Si possono accettare dei bambini che, dopo un addestramento superficiale, riescono a guidare nello spazio un'astronave o a combattere dentro enormi robot diventando degli assi (del resto, se non si facessero passare queste cose non ci sarebbe scampo neanche per Gundam ed epigoni vari), ma è difficile sospendere l'incredulità quando militari adulti riconoscono il valore dei giovanissimi eroi e li lasciano andare per la loro strada, a continuare la ricerca di salvataggio dei propri genitori nei campi di battaglia, invece di riportarli sulla Terra. Così come sono difficili da mandare giù intermezzi esageratamente rilassati e festaioli che accolgono i piccoli protagonisti nel loro viaggio, inconcepibili vista la loro età e la loro condizione teoricamente disperata. O battaglie dove si lasciano andare a spacconerie invece di tremare di paura. O dialoghi e reazioni psicologiche talvolta molto poco credibili. Tante, piccole stonature che tutte insieme mandano all'aria il realismo che vorrebbe evocare il soggetto drammatico e avveniristico di un gruppo di bambini da soli in mezzo a un campo di battaglia. Allo stesso modo anche l'intreccio, nonostante un ottimo ritmo complessivo e la sua splendida imprevedibilità (fino all'ultimo episodio lo spettatore non ha la minima idea del dove andrà a parare la storia, o che conclusione troverà), culminanti in un finale coraggioso e commovente, disperde per strada diversi spunti notevoli. Alla fine il mistero dietro al monolite alieno - fisicamente identico a quello di 2001: Odissea nello spazio - custodito dentro a Janus si risolve in una bolla di sapone, sembra importantissimo ma infine il suo scopo ultimo è liquidato brevemente e senza ripercussioni, come non servisse a nulla. Stesso discorso per il villain Shido Mueller che appare a storia inoltrata: solito clone di Char Aznable, vorrebbe, con il suo sangue misto alieno-terrestre e la sua caratterizzazione ambigua, rappresentare per i bambini una prova dell'umanità dei "cattivi" e delle sfumature degli esseri viventi, non necessariamente malvagi anche se stanno nella fazione nemica, ma sembra che gli sceneggiatori non sappiano come gestirlo e alla fine il suo destino e il suo contributo diventano irrilevanti.
Davvero un rammarico queste deficienze narrative, perché Vifam, nonostante i difetti, è una di quelle serie animate fatte davvero col cuore. Dopo un tremendo primo approccio col cast, data la natura bambinesca dei tredici giovanissimi che governano la Kanus, si inizia gradualmente a prendere confidenza con loro, fino ad affezionarsi tantissimo. La ragazzina timida e insicura, quella più matura che funge da madre ai più piccoli, il leader del gruppo pieno di ansie, gli spacconi, la riservata... Ognuno gode di una personalità molto realistica, che tiene conto anche del background familiare. Esemplare, ad esempio, la commovente figura della petulante, insopportabile Sharon, che si comporta sempre nel modo più immaturo facendo scherzi crudeli senza riflettere sulle conseguenze, eredità della perdita del padre e della trascuratezza da parte della mamma, danzatrice in chissà che tipo di locali. O dello scavezzacollo Barts, biker che annega nella spensieratezza la figura della matrigna, incapace com'è di dimenticare la vera madre defunta. O anche della tenera, gentile e sfortunata Kachua, tragicamente orfana dei genitori persi durante la guerra, che appreso di appartenere in realtà alla razza aliena non sa più cosa vuole dalla vita, sospesa tra il tornare sulla Terra insieme agli amici che l'accettano ugualmente o raggiungere la sua gente. Uno splendido ritratto di persone che bucano lo schermo in quei consueti episodi a tema, altresì realistici, che ne analizzano pensieri, turbamenti o rapporti interpersonali, contribuendo a una forte, spesso fortissima empatia. Merito anche del doppiaggio originale giapponese, davvero sentito e di gran livello sia nei momenti tragici che ilari, e anche della soundtrack di Toshiyuki Watanabe, sui generis ma che trova inaspettata forza in un unico, memorabile brano strumentale così intenso e struggente da dare i brividi nelle (rare) occasioni in cui è utilizzato.
Animazioni come da standard Sunrise di quegli anni, eccellenti, accompagnano un chara design di Toyoo Ashida estremamente moderno - tanto che la serie sembra essere fatta negli anni 90 - ma anche terribilmente infantile nelle fattezze, tanto da far rimpiangere l'assenza di un artista di peso maggiore o dallo stile più affine ai temi dell'opera. Sullo stesso livello infantile anche il mecha design del veterano Kunio Okawara, poco accattivante con questi robot tondeggianti che sembrano portare in testa un capello da baseball. Terribilmente brutte, infine, opening e ending, la prima cantata interamente in inglese, forse tra le peggiori mai sentite in ambito di produzioni robotiche. Vifam è una di quelle serie che si sanno amare anche a prescindere da falle narrative o dal potenziale mal sfruttato (a un certo punto si ha il coraggio anche di parlare di pubertà e primi turbamenti sessuali - il rapporto tra Roddy e la bella archeologa Kate -, ma la cosa è quasi subito abbandonata e non più ripresa). Un cast estremamente caratterizzato, se davvero è memorabile, basta e avanza a dare dignità all'opera. E Vifam, coi suoi momenti commoventi e divertenti ben dosati, e personaggi a cui volere bene, anche se non riesce a farsi prendere sul serio come vorrebbe, rimane una visione di qualità che consiglio sia agli amanti di Tomino che agli spettatori occasionali.
Come da standard, negli anni successivi Sunrise amplierà la storia con diversi OVA, sia riassuntivi che nuovi di zecca. E nel 1998, in occasione della morte del regista Takeyuki Kanda, verrà creata per commemorarlo una nuova serie televisiva, Round Vernian Vifam 13, purtroppo ad oggi irreperibile in idioma comprensibile, che posizionandosi tra gli episodi 22 e 26 racconta una lunga side-story di 26 episodi.
Cosa succederebbe se la Guerra di un Anno di "Mobile Suit Gundam" fosse narrata non dal punto di vista di Amuro Rei, ma da quello dei piccoli bambini Katzu, Retz e Kikka, spettatori puramente passivi? Yoshiyuki Tomino sembra attingere da quest'ipotesi nello scrivere il soggetto per Vifam, serie televisiva Sunrise dei primi anni '80 che, nonostante il suo nome nei crediti e gli elementi di indubbia originalità che lo pongono come seminale precursore dell'acclamato "Infinite Ryvius", è così poco conosciuto dal fandom mondiale da essere stato visto da pochissimi, una visione così oscura da venire coperta da un silenzio imbarazzante. Un fato abbastanza sfortunato visto che spunti di interesse sono presenti a iosa, nonostante un risultato non riuscito per colpa di ingenuità pienamente perdonabili, visto il periodo.
È infatti un robotico molto particolare Vifam, dove spesso e volentieri le schermaglie tra mecha sono del tutto trascurate per focalizzare l'attenzione su cast e storia, il primo esponente del genere a non prevedere automaticamente una battaglia a episodio. I protagonisti, tutti bambini/ragazzini la cui età varia dai 4 ai 14 anni, sono, una volta tanto, trattati come tali: nell'astronave super-tecnologica in cui trovano rifugio, quasi del tutto privi di guide di riferimento adulte, sono spaesati e terrorizzati, persi in se stessi vista la loro estraneità alla navigazione spaziale o alle attrezzature militari, dovendo perciò svolgere un lungo addestramento e fare esperienza prima di potersi difendere efficacemente dagli attacchi nemici o navigare nello spazio. Fanno così terribilmente fatica a eliminare i primi avversari, a non perdere l'equilibrio guidando gli ingombranti, sensibilissimi robot vernian, o anche solo a non lasciarsi andare allo sconforto nella loro solitaria ricerca dei propri genitori, finiti chissà dove oppure addirittura morti. La morte più di una volta fa loro visita, portando via dei cari e diventando spauracchio per diventare adulti prima del tempo. Un inedito approccio di ricerca al realismo nel genere - riscontrabile fino a quel momento solo in Dougram -, almeno nei limiti concepibili dell'epoca, tanto che prima che il protagonista Roddy e i suoi amici riescano ufficialmente a pilotare bene le loro unità robotiche e a imparare a navigare bisogna attendere una ventina di episodi, quasi mezza serie. Questo purtroppo nulla toglie a ingenuità che minano le fondamenta di credibilità della storia, a volte prezzo da pagare per mandare avanti la trama, altre volte svarioni figli del proprio tempo.
Si possono accettare dei bambini che, dopo un addestramento superficiale, riescono a guidare nello spazio un'astronave o a combattere dentro enormi robot diventando degli assi (del resto, se non si facessero passare queste cose non ci sarebbe scampo neanche per Gundam ed epigoni vari), ma è difficile sospendere l'incredulità quando militari adulti riconoscono il valore dei giovanissimi eroi e li lasciano andare per la loro strada, a continuare la ricerca di salvataggio dei propri genitori nei campi di battaglia, invece di riportarli sulla Terra. Così come sono difficili da mandare giù intermezzi esageratamente rilassati e festaioli che accolgono i piccoli protagonisti nel loro viaggio, inconcepibili vista la loro età e la loro condizione teoricamente disperata. O battaglie dove si lasciano andare a spacconerie invece di tremare di paura. O dialoghi e reazioni psicologiche talvolta molto poco credibili. Tante, piccole stonature che tutte insieme mandano all'aria il realismo che vorrebbe evocare il soggetto drammatico e avveniristico di un gruppo di bambini da soli in mezzo a un campo di battaglia. Allo stesso modo anche l'intreccio, nonostante un ottimo ritmo complessivo e la sua splendida imprevedibilità (fino all'ultimo episodio lo spettatore non ha la minima idea del dove andrà a parare la storia, o che conclusione troverà), culminanti in un finale coraggioso e commovente, disperde per strada diversi spunti notevoli. Alla fine il mistero dietro al monolite alieno - fisicamente identico a quello di 2001: Odissea nello spazio - custodito dentro a Janus si risolve in una bolla di sapone, sembra importantissimo ma infine il suo scopo ultimo è liquidato brevemente e senza ripercussioni, come non servisse a nulla. Stesso discorso per il villain Shido Mueller che appare a storia inoltrata: solito clone di Char Aznable, vorrebbe, con il suo sangue misto alieno-terrestre e la sua caratterizzazione ambigua, rappresentare per i bambini una prova dell'umanità dei "cattivi" e delle sfumature degli esseri viventi, non necessariamente malvagi anche se stanno nella fazione nemica, ma sembra che gli sceneggiatori non sappiano come gestirlo e alla fine il suo destino e il suo contributo diventano irrilevanti.
Davvero un rammarico queste deficienze narrative, perché Vifam, nonostante i difetti, è una di quelle serie animate fatte davvero col cuore. Dopo un tremendo primo approccio col cast, data la natura bambinesca dei tredici giovanissimi che governano la Kanus, si inizia gradualmente a prendere confidenza con loro, fino ad affezionarsi tantissimo. La ragazzina timida e insicura, quella più matura che funge da madre ai più piccoli, il leader del gruppo pieno di ansie, gli spacconi, la riservata... Ognuno gode di una personalità molto realistica, che tiene conto anche del background familiare. Esemplare, ad esempio, la commovente figura della petulante, insopportabile Sharon, che si comporta sempre nel modo più immaturo facendo scherzi crudeli senza riflettere sulle conseguenze, eredità della perdita del padre e della trascuratezza da parte della mamma, danzatrice in chissà che tipo di locali. O dello scavezzacollo Barts, biker che annega nella spensieratezza la figura della matrigna, incapace com'è di dimenticare la vera madre defunta. O anche della tenera, gentile e sfortunata Kachua, tragicamente orfana dei genitori persi durante la guerra, che appreso di appartenere in realtà alla razza aliena non sa più cosa vuole dalla vita, sospesa tra il tornare sulla Terra insieme agli amici che l'accettano ugualmente o raggiungere la sua gente. Uno splendido ritratto di persone che bucano lo schermo in quei consueti episodi a tema, altresì realistici, che ne analizzano pensieri, turbamenti o rapporti interpersonali, contribuendo a una forte, spesso fortissima empatia. Merito anche del doppiaggio originale giapponese, davvero sentito e di gran livello sia nei momenti tragici che ilari, e anche della soundtrack di Toshiyuki Watanabe, sui generis ma che trova inaspettata forza in un unico, memorabile brano strumentale così intenso e struggente da dare i brividi nelle (rare) occasioni in cui è utilizzato.
Animazioni come da standard Sunrise di quegli anni, eccellenti, accompagnano un chara design di Toyoo Ashida estremamente moderno - tanto che la serie sembra essere fatta negli anni 90 - ma anche terribilmente infantile nelle fattezze, tanto da far rimpiangere l'assenza di un artista di peso maggiore o dallo stile più affine ai temi dell'opera. Sullo stesso livello infantile anche il mecha design del veterano Kunio Okawara, poco accattivante con questi robot tondeggianti che sembrano portare in testa un capello da baseball. Terribilmente brutte, infine, opening e ending, la prima cantata interamente in inglese, forse tra le peggiori mai sentite in ambito di produzioni robotiche. Vifam è una di quelle serie che si sanno amare anche a prescindere da falle narrative o dal potenziale mal sfruttato (a un certo punto si ha il coraggio anche di parlare di pubertà e primi turbamenti sessuali - il rapporto tra Roddy e la bella archeologa Kate -, ma la cosa è quasi subito abbandonata e non più ripresa). Un cast estremamente caratterizzato, se davvero è memorabile, basta e avanza a dare dignità all'opera. E Vifam, coi suoi momenti commoventi e divertenti ben dosati, e personaggi a cui volere bene, anche se non riesce a farsi prendere sul serio come vorrebbe, rimane una visione di qualità che consiglio sia agli amanti di Tomino che agli spettatori occasionali.
Come da standard, negli anni successivi Sunrise amplierà la storia con diversi OVA, sia riassuntivi che nuovi di zecca. E nel 1998, in occasione della morte del regista Takeyuki Kanda, verrà creata per commemorarlo una nuova serie televisiva, Round Vernian Vifam 13, purtroppo ad oggi irreperibile in idioma comprensibile, che posizionandosi tra gli episodi 22 e 26 racconta una lunga side-story di 26 episodi.