Udon no Kuni no Kiniro Kemari
Ho trovato la storia divertente, e toccante per certi versi (ho anche pianto alla fine, ahimè!). Credibile il protagonista che "tutto nella media" si ritrova a vivere i dubbi e le incertezze di un padre "scapolo, senza essere sposato e neppure fidanzato" - cit. La cosa che invece ho trovato incredibile è che nessuno fra amici, parenti o vicini si sia premurato di fare domande più approfondite sulla provenienza del piccolo, tranne la sorella, che si è però vista chiudere la telefonata per ben due volte. Si sono semplicemente arresi, bevendosi la frottola del protagonista. Ma alla fine credo che l'autore volesse rendere allo "spettatore" un mondo ideale, dove l'amore, la famiglia e gli affetti contano più di qualsiasi altra cosa, perfino più di una bugia o, per meglio dire, del sorvolare su una difficile verità.
Per me vale 10!
Per me vale 10!
Nel nord dello Shikoku, in una parte del Giappone che sembra immacolata e ferma nel tempo, si trova la prefettura di Kagawa, detta anche “Prefettura dell’udon”. Souta Tawara vi fa ritorno dopo una lunga permanenza a Tokyo, poiché dopo la morte del padre decide di prendersi una pausa dal lavoro per riflettere su quella che è stata la sua vita fino a quel momento.
Souta ha lasciato Kagawa non appena finito il liceo, è andato via di casa sbattendo la porta davanti ad un padre che non sembrava capire i suoi sogni, troppo ancorato alla tradizione e al mestiere di famiglia, troppo felice e soddisfatto di vivere in quel lembo di terra per capire i tormenti di un adolescente desideroso di libertà.
Mentre passeggia per il dismesso negozio di udon del genitore, Souta trova una strana creaturina rintanata tra le sporche vettovaglie: un po’ bambino, un po’ animale, di cosa si tratterà? Il primo incontro di Souta e Poko è all’insegna della paura, ma basta davvero poco perché tra i due nasca un’intesa. Il giovane decide di tenere il piccolo con sé, almeno finché non avrà trovato una soluzione, e inizia così la convivenza dei due. La narrazione è scandita dal fluttuare dei ricordi impressi in ogni angolo della casa, che portano alla mente di Souta tanti momenti felici quante riflessioni amare sul tempo che passa e sull’impossibilità di ritrovare chi è andato via per sempre.
Tratto dal manga seinen di Nodoka Shinomaru, Udon no Kuni no Kiniro Kemari è pronto a coccolare il vostro cuore in un brodo di gustosi udon.
Siamo abituati a vedere giovani protagonisti orfani in manga e anime, spesso come se fosse una cosa naturale e sulla quale c’è poco da dire, mentre altre volte abbiamo assistito a storie in cui la mancanza di questo o quel genitore (o di entrambi) si fa perno di tutta una storia, caratterizzando in tal modo i suoi protagonisti.
Souta non è un ragazzino, ma al contempo non è neanche un adulto fatto e finito, fa parte di quella generazione di giovani adulti, i trentenni, che ad ogni latitudine sembrano vivere in uno stato di precariato lavorativo e/o sociale. Intenti a chiedersi se la strada imboccata sia quella giusta, se sia ora di mettere su famiglia, se sia indispensabile farlo, ma soprattutto se si è davvero pronti ad assumere le responsabilità che precedentemente gravavano sulle spalle dei genitori, essi si barcamenano tra il desiderio di fare e il dubbio sulle proprie capacità, in un limbo che fa loro spesso rimpiangere quella fretta di crescere che li contraddistingueva fino a qualche anno prima.
In Udon no Kuni no Kiniro Kemari vengono trattati essenzialmente tre elementi: la paternità, il rapporto con i padri e il lavoro.
Mentre in questa terra verde Souta rivive il passato e si interroga sul futuro, il piccolo Poko diventa il suo compagno di viaggio, nonché colui che gli permetterà di vivere nuove esperienze e trovare risposte a dubbi e rimpianti. Poko è un cucciolo di tanuki che grazie ai suoi poteri può assumere forma umana, prendendo quindi le fattezze di un tenerissimo bambino di circa tre-quattro anni. Lo spaesamento iniziale di Souta è ovviamente tantissimo, ma subito qualcosa in quella dolcissima creatura smuove il suo cuore e, passando oltre la sua misteriosa natura, decide di tenerlo con sé, instaurando con lui un vero e proprio rapporto paterno. Il ragazzo impara a sue spese quanto sia complicato prendersi cura di un bambino, quanta attenzione, pazienza e dedizione ci vogliano ogni giorno, riuscendo così a ricordare con maggiore dolcezza il rapporto con il defunto padre.
Souta era un ragazzino come tanti, ma in quella fase della vita in cui i figli sembrano dover prendere decisioni opposte a quelle dei genitori, neanche se fosse una misteriosa forza superiore a volerlo, si ritrova in aperto conflitto con il padre, il quale vorrebbe che imparasse il mestiere di famiglia. Quando Souta lascia Kagawa, il rapporto si incrina del tutto e, dopo la morte del genitore, arriva il momento di chiudere per sempre questa relazione, in qualunque modo essa fosse diventata, a dispetto di qualsiasi rimorso e rimpianto.
Ci si sofferma spesso a riflettere o raccontare di quanto sia terribile perdere un genitore in giovane età, ma meno spesso ci si ferma a pensare agli effetti della perdita di un padre su un giovane adulto quale Souta. In una fase della vita ancora in bilico tra il ragazzo e l’uomo (ma è un discorso che vale anche per le donne), quando la propria esistenza è precaria in ogni senso, quando non ci si sente ancora pienamente appagati e soddisfatti dei risultati raggiunti e dentro si coglie la mancanza di quel qualcosa che rende adulti e autonomi, la perdita di un genitore può essere un massacro interiore, specie se questi era visto come il pilastro della famiglia. L’autorità, la sicurezza, il timore reverenziale che induce un padre, ma anche il solo peso della parola “papà” mettono a dura prova chi perde tutto ciò, specie se all’improvviso, lasciando una terribile sensazione di terreno che si disgrega sotto i propri piedi. Se poi, come nel caso di Souta, il rapporto con il genitore si è chiuso tra le incomprensioni, diventa tutto più complicato.
Vivendo a sua volta il ruolo di padre con il piccolo Poko, Souta ricorda e capisce quanto suo padre si sia impegnato per crescerlo al meglio, quanta pazienza abbia avuto e quanti sforzi gli abbia dedicato giornalmente. Il ruolo del piccolo Poko è proprio questo: permettere a Souta di venire a patti, nel suo cuore, con il padre defunto.
Apparentemente è come se Souta fosse colui che si prende cura di Poko, ma ad ogni episodio scopriamo come in realtà sia il piccolo bimbo-tanuki a curare l’anima del ragazzo, ora con i suoi poteri magici, ora con la sola forza del suo sorriso puro e ingenuo.
È vero che Udon no Kuni no Kiniro Kemari, pur nel suo contesto fantastico, soffre di piccole ingenuità che, pur non pregiudicando affatto la visione, sono impossibili da non riconoscere. Souta a volte è fin troppo distratto; chi si addormenterebbe in spiaggia con un bambino piccolo che gironzola in preda all’entusiasmo? Chi non penserebbe che sia strano voler adottare un bambino fin dall’inizio presentato come figlio di un conoscente?
Questi piccoli difetti non inficiano comunque la bontà dell’opera, la quale, nonostante tutto, presenta un cast molto divertente e ben caratterizzato. Oltre i due protagonisti spicca immediatamente Shinobu Nakajima, amico di lunga data di Souta, medico e anch’egli trentenne alla prese con i problemi dell’età e le aspettative dei genitori. La dolce e bella Rinko, premurosa sorella di Souta sempre pronta a sostenerlo. Nagatsuma è un po’ la macchietta, Hamada l’adulto di riferimento.
In perfetta relazione con il suo contenuto dolce e sognante, Udon no Kuni no Kiniro Kemari si presenta in una veste grafica semplice ma efficace, dai colori tenui e dagli sfondi dipinti che trasmettono una sensazione di calore e familiarità. Il tratto è semplice e morbido, proprio come quello del manga da cui nasce, i personaggi sono tondeggianti e i bambini pucciosissimi, ma a volte il tutto pecca nelle proporzioni. Le musiche sono pacate, quasi ninna nanne. L’andamento della serie è lento quanto necessario ma mai noioso, perché i personaggi riescono a rendere tutto vivace e divertente.
La bella opening S.O.S dei WEAVER e la malinconica ending Sweet Darwin dei Goodwarp sono il riflesso dei contenuti e delle atmosfere della serie, praticamente perfette.
Pare che dopo Inuzuka di Amaama to Inazuma, Yuuichi Nakamura abbia preso gusto nell’interpretare i papà, e anche in questa occasione il suo lavoro è ottimo. La sua spalla anche nella vita reale, Tomokazu Sugita, interpreta Nakajima, ed è magistrale anche Shiho Kokido nei panni del piccolo Poko, con le sue parole sbiascicate e le pronunce per nulla perfette. Tra gli altri troviamo l’amatissima Kana Hanazawa, Mai Nakahara, Shinnosuke Tachibana, Takaya Kuroda e Jun Fukuyama.
Udon no Kuni no Kiniro Kemari è una storia semplice che ci racconta come sia possibile ritrovare sé stessi e capire il proprio posto nel mondo ritornando a ciò che si era, dando uno sguardo indietro a ciò che avevamo ed eravamo prima di arrivare dove siamo. Un po’ come successo in Barakamon, anche in questo caso è il sorriso di un bambino ad aprirci la strada, a condurci con la sua piccola mano verso chi siamo e chi saremo, a farci capire come la felicità e l’amore siano fatti di tanti piccoli e grandi sforzi quotidiani e della stessa pazienza necessaria per creare gli udon migliori.
Ciò che i nostri genitori ci hanno insegnato, ciò che ci hanno lasciato le persone che non ci sono più, gli sbagli, i rimpianti, il coraggio che ci è mancato nel dire le cose importanti… non dimentichiamo niente di tutto ciò, perché, come dice Poko, chi va via resta nel nostro cuore e il prossimo incontro può dar vita ad un nuovo, grande amore.
Souta ha lasciato Kagawa non appena finito il liceo, è andato via di casa sbattendo la porta davanti ad un padre che non sembrava capire i suoi sogni, troppo ancorato alla tradizione e al mestiere di famiglia, troppo felice e soddisfatto di vivere in quel lembo di terra per capire i tormenti di un adolescente desideroso di libertà.
Mentre passeggia per il dismesso negozio di udon del genitore, Souta trova una strana creaturina rintanata tra le sporche vettovaglie: un po’ bambino, un po’ animale, di cosa si tratterà? Il primo incontro di Souta e Poko è all’insegna della paura, ma basta davvero poco perché tra i due nasca un’intesa. Il giovane decide di tenere il piccolo con sé, almeno finché non avrà trovato una soluzione, e inizia così la convivenza dei due. La narrazione è scandita dal fluttuare dei ricordi impressi in ogni angolo della casa, che portano alla mente di Souta tanti momenti felici quante riflessioni amare sul tempo che passa e sull’impossibilità di ritrovare chi è andato via per sempre.
Tratto dal manga seinen di Nodoka Shinomaru, Udon no Kuni no Kiniro Kemari è pronto a coccolare il vostro cuore in un brodo di gustosi udon.
Siamo abituati a vedere giovani protagonisti orfani in manga e anime, spesso come se fosse una cosa naturale e sulla quale c’è poco da dire, mentre altre volte abbiamo assistito a storie in cui la mancanza di questo o quel genitore (o di entrambi) si fa perno di tutta una storia, caratterizzando in tal modo i suoi protagonisti.
Souta non è un ragazzino, ma al contempo non è neanche un adulto fatto e finito, fa parte di quella generazione di giovani adulti, i trentenni, che ad ogni latitudine sembrano vivere in uno stato di precariato lavorativo e/o sociale. Intenti a chiedersi se la strada imboccata sia quella giusta, se sia ora di mettere su famiglia, se sia indispensabile farlo, ma soprattutto se si è davvero pronti ad assumere le responsabilità che precedentemente gravavano sulle spalle dei genitori, essi si barcamenano tra il desiderio di fare e il dubbio sulle proprie capacità, in un limbo che fa loro spesso rimpiangere quella fretta di crescere che li contraddistingueva fino a qualche anno prima.
In Udon no Kuni no Kiniro Kemari vengono trattati essenzialmente tre elementi: la paternità, il rapporto con i padri e il lavoro.
Mentre in questa terra verde Souta rivive il passato e si interroga sul futuro, il piccolo Poko diventa il suo compagno di viaggio, nonché colui che gli permetterà di vivere nuove esperienze e trovare risposte a dubbi e rimpianti. Poko è un cucciolo di tanuki che grazie ai suoi poteri può assumere forma umana, prendendo quindi le fattezze di un tenerissimo bambino di circa tre-quattro anni. Lo spaesamento iniziale di Souta è ovviamente tantissimo, ma subito qualcosa in quella dolcissima creatura smuove il suo cuore e, passando oltre la sua misteriosa natura, decide di tenerlo con sé, instaurando con lui un vero e proprio rapporto paterno. Il ragazzo impara a sue spese quanto sia complicato prendersi cura di un bambino, quanta attenzione, pazienza e dedizione ci vogliano ogni giorno, riuscendo così a ricordare con maggiore dolcezza il rapporto con il defunto padre.
Souta era un ragazzino come tanti, ma in quella fase della vita in cui i figli sembrano dover prendere decisioni opposte a quelle dei genitori, neanche se fosse una misteriosa forza superiore a volerlo, si ritrova in aperto conflitto con il padre, il quale vorrebbe che imparasse il mestiere di famiglia. Quando Souta lascia Kagawa, il rapporto si incrina del tutto e, dopo la morte del genitore, arriva il momento di chiudere per sempre questa relazione, in qualunque modo essa fosse diventata, a dispetto di qualsiasi rimorso e rimpianto.
Ci si sofferma spesso a riflettere o raccontare di quanto sia terribile perdere un genitore in giovane età, ma meno spesso ci si ferma a pensare agli effetti della perdita di un padre su un giovane adulto quale Souta. In una fase della vita ancora in bilico tra il ragazzo e l’uomo (ma è un discorso che vale anche per le donne), quando la propria esistenza è precaria in ogni senso, quando non ci si sente ancora pienamente appagati e soddisfatti dei risultati raggiunti e dentro si coglie la mancanza di quel qualcosa che rende adulti e autonomi, la perdita di un genitore può essere un massacro interiore, specie se questi era visto come il pilastro della famiglia. L’autorità, la sicurezza, il timore reverenziale che induce un padre, ma anche il solo peso della parola “papà” mettono a dura prova chi perde tutto ciò, specie se all’improvviso, lasciando una terribile sensazione di terreno che si disgrega sotto i propri piedi. Se poi, come nel caso di Souta, il rapporto con il genitore si è chiuso tra le incomprensioni, diventa tutto più complicato.
Vivendo a sua volta il ruolo di padre con il piccolo Poko, Souta ricorda e capisce quanto suo padre si sia impegnato per crescerlo al meglio, quanta pazienza abbia avuto e quanti sforzi gli abbia dedicato giornalmente. Il ruolo del piccolo Poko è proprio questo: permettere a Souta di venire a patti, nel suo cuore, con il padre defunto.
Apparentemente è come se Souta fosse colui che si prende cura di Poko, ma ad ogni episodio scopriamo come in realtà sia il piccolo bimbo-tanuki a curare l’anima del ragazzo, ora con i suoi poteri magici, ora con la sola forza del suo sorriso puro e ingenuo.
È vero che Udon no Kuni no Kiniro Kemari, pur nel suo contesto fantastico, soffre di piccole ingenuità che, pur non pregiudicando affatto la visione, sono impossibili da non riconoscere. Souta a volte è fin troppo distratto; chi si addormenterebbe in spiaggia con un bambino piccolo che gironzola in preda all’entusiasmo? Chi non penserebbe che sia strano voler adottare un bambino fin dall’inizio presentato come figlio di un conoscente?
Questi piccoli difetti non inficiano comunque la bontà dell’opera, la quale, nonostante tutto, presenta un cast molto divertente e ben caratterizzato. Oltre i due protagonisti spicca immediatamente Shinobu Nakajima, amico di lunga data di Souta, medico e anch’egli trentenne alla prese con i problemi dell’età e le aspettative dei genitori. La dolce e bella Rinko, premurosa sorella di Souta sempre pronta a sostenerlo. Nagatsuma è un po’ la macchietta, Hamada l’adulto di riferimento.
In perfetta relazione con il suo contenuto dolce e sognante, Udon no Kuni no Kiniro Kemari si presenta in una veste grafica semplice ma efficace, dai colori tenui e dagli sfondi dipinti che trasmettono una sensazione di calore e familiarità. Il tratto è semplice e morbido, proprio come quello del manga da cui nasce, i personaggi sono tondeggianti e i bambini pucciosissimi, ma a volte il tutto pecca nelle proporzioni. Le musiche sono pacate, quasi ninna nanne. L’andamento della serie è lento quanto necessario ma mai noioso, perché i personaggi riescono a rendere tutto vivace e divertente.
La bella opening S.O.S dei WEAVER e la malinconica ending Sweet Darwin dei Goodwarp sono il riflesso dei contenuti e delle atmosfere della serie, praticamente perfette.
Pare che dopo Inuzuka di Amaama to Inazuma, Yuuichi Nakamura abbia preso gusto nell’interpretare i papà, e anche in questa occasione il suo lavoro è ottimo. La sua spalla anche nella vita reale, Tomokazu Sugita, interpreta Nakajima, ed è magistrale anche Shiho Kokido nei panni del piccolo Poko, con le sue parole sbiascicate e le pronunce per nulla perfette. Tra gli altri troviamo l’amatissima Kana Hanazawa, Mai Nakahara, Shinnosuke Tachibana, Takaya Kuroda e Jun Fukuyama.
Udon no Kuni no Kiniro Kemari è una storia semplice che ci racconta come sia possibile ritrovare sé stessi e capire il proprio posto nel mondo ritornando a ciò che si era, dando uno sguardo indietro a ciò che avevamo ed eravamo prima di arrivare dove siamo. Un po’ come successo in Barakamon, anche in questo caso è il sorriso di un bambino ad aprirci la strada, a condurci con la sua piccola mano verso chi siamo e chi saremo, a farci capire come la felicità e l’amore siano fatti di tanti piccoli e grandi sforzi quotidiani e della stessa pazienza necessaria per creare gli udon migliori.
Ciò che i nostri genitori ci hanno insegnato, ciò che ci hanno lasciato le persone che non ci sono più, gli sbagli, i rimpianti, il coraggio che ci è mancato nel dire le cose importanti… non dimentichiamo niente di tutto ciò, perché, come dice Poko, chi va via resta nel nostro cuore e il prossimo incontro può dar vita ad un nuovo, grande amore.
"Udon no Kuni no Kiniro Kemari" è una serie tratta dal manga della mangaka Nodoka Shinomaru, composta da dodici episodi, uscita nell'autunno 2016 e prodotta dallo Studio Lidenfilms, famoso per aver animato la serie manga "Arslan Senki" ma anche il bellissimo "Kanojo to Kanojo" e lo strano "Sekkou Boys".
Trama: il protagonista della storia è Souta, il quale dopo la morte del padre torna a Kawaga, la sua terra d'origine. Al suo arrivo trova a casa sua un bambino che però non è come tutti gli altri; infatti egli in realtà è un tanuki di nome Poko, e da quel momento in poi vedremo di episodio in episodio le vicende quotidiane che dovranno affrontare insieme.
La trama sembra semplice, quella di un qualsiasi slice of life, però non è così; di questo ne parlerò dopo.
Ambientazioni: le ambientazioni sono a dir poco fantastiche, sono molto curate e dettagliate, e riescono a far immergere lo spettatore e farlo sentire veramente lì a Kagawa. Infatti questa serie è anche una pubblicità a Kagawa, come appunto si può vedere nelle anticipazioni degli episodi con il sindaco che parla della prefettura.
Musiche: l'opening e l'ending sono fantastiche e molto toccanti grazie anche agli ottimi video che le accompagnano e al loro profondo significato; infatti, prese da parte, si può già capire che tipo di serie sarà, una serie con momenti tristi e malinconici ma soprattutto (nella prima parte) spensierati e felici. Ho preferito i GOODWRAP rispetto ai Weaver, perché ho trovato la loro canzone molto malinconica, e il video di accompagnamento è perfetto per la canzone ed è molto triste, con un Souta che si trova a ripensare ai vecchi momenti con la sua mamma e il suo babbo, i quali però non ci sono più. Le soundtrack sono veramente belle e accompagnano alla perfezione l'opera, e molte sono davvero rilassanti e infondono spensieratezza.
Regia: la regia è quella di uno slice of life, quindi non servono chissà quali riprese e inquadrature, e da questo punto di vista è stata funzionale all'opera. Ci sono però delle inquadrature letteralmente senza senso, che fanno storcere il naso, però alla fine tutto sommato è una buona regia, composta prevalentemente da primi piani e campi lunghi per far vedere la bellezza di Kagawa.
Ho adorato tantissimo il chara design dei personaggi, sopratutto quello di Poko, che esprime perfettamente l'innocenza e la purezza di un bambino. Non ci sono molte parti animate in questa serie e alcuni movimenti sono un po' legnosi, però i disegni sono sempre buoni e non ho notato cali per i dodici episodi.
Personaggi: Souta è un gran bel personaggio ed è molto facile avere empatia per lui, infatti è una persona malinconica e molte volte si ricorda dei suoi genitori, i quali sono morti, e si incolpa di non aver parlato abbastanza con il suo babbo e non essere riuscito a spiegargli il motivo della sua scelta di andare a Tokyo, e ciò lo tormenterà. Poi c'è il tanuki, Poko, il quale avrà il ruolo più importante della serie. Infatti sarà lui che conforterà Souta nei momenti tristi grazie alla sua presenza, ma soprattutto lo salverà dal suo tormento. Poko è un personaggio semplice ma allo stesso tempo complesso, quando è con lui Souta si ricorda del passato e grazie a lui riesce a superarlo. Poko possiamo dire che è il tanuki, bambino (non importa), che salva Souta dal passato, dai suoi rammarichi, dal peso di aver perso i suoi genitori. Nel cast sono presenti anche altri personaggi ben caratterizzati come Shinobu, amico di Souta che è molto presente nella serie; durante la serie scopriremo i suoi problemi, la sua personalità, ma anche la ragazza che amava, lo vedremo in molte situazioni diverse a dimostrare la sua umanità.
Abbiamo anche Rinko, la sorella di Souta, che anche lei è ben caratterizzata, la vedremo in momenti tristi e seri, in momenti più leggeri, in momenti in cui è in pensiero per il fratello, in momenti di forza dopo la morte della madre per prendere le redini della famiglia.
Insomma, niente male.
Inoltre sono presenti molti altri personaggi, o meno influenti nella storia o di cui si sa poco, perché non sono stati approfonditi rispetto ai personaggi di cui ho parlato sopra, quindi è inutile parlarne.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Opinioni: questa serie è riuscita a infondermi molti sentimenti. Mi è piaciuta molto la spensieratezza della serie, la tranquillità che riesce a infonderti grazie a tutti gli elementi presenti di cui ho parlato sopra (OST, ambientazione...). Non mancano scene malinconiche e scene veramente emozionanti, come vedremo nel nono e soprattutto nel dodicesimo episodio.
Se non fosse per il finale, questa serie sarebbe stata uno slice of life dolce e malinconico come ad esempio "Amaama to Inazuma", ma l'autrice si è spinta oltre, proponendoci un finale che ho trovato sbalorditivo. Poko, usando il suo potere di tanuki, fa vedere il passato a Souta, momenti che si è dimenticato col trascorrere del tempo; riguardandoli, si scopriranno molte cose. L'emozione cresce pian piano sempre di più ogni secondo che passa, fino ad arrivare al climax, quando Souta rincontra suo padre grazie al potere del tanuki e si parlano dopo tanto tempo. Poko riassume tutto il significato dell'opera e il messaggio che l'autrice voleva dare: anche se le persone a cui teniamo non ci sono più fisicamente, loro rimarranno sempre presenti nei nostri cuori, il legame non si spezzerà mai, nemmeno dopo la morte, sempre insieme, ovunque e dovunque.
Fine parte contenente spoiler
Non nego che questa serie mi ha toccato molto e molto emozionato, consiglio la visione a chiunque.
"Per me l'odore del brodo, è il profumo della casa al tramonto. Il profumo di mio padre e quello della famiglia stampato per sempre nella mia mente"
Trama: il protagonista della storia è Souta, il quale dopo la morte del padre torna a Kawaga, la sua terra d'origine. Al suo arrivo trova a casa sua un bambino che però non è come tutti gli altri; infatti egli in realtà è un tanuki di nome Poko, e da quel momento in poi vedremo di episodio in episodio le vicende quotidiane che dovranno affrontare insieme.
La trama sembra semplice, quella di un qualsiasi slice of life, però non è così; di questo ne parlerò dopo.
Ambientazioni: le ambientazioni sono a dir poco fantastiche, sono molto curate e dettagliate, e riescono a far immergere lo spettatore e farlo sentire veramente lì a Kagawa. Infatti questa serie è anche una pubblicità a Kagawa, come appunto si può vedere nelle anticipazioni degli episodi con il sindaco che parla della prefettura.
Musiche: l'opening e l'ending sono fantastiche e molto toccanti grazie anche agli ottimi video che le accompagnano e al loro profondo significato; infatti, prese da parte, si può già capire che tipo di serie sarà, una serie con momenti tristi e malinconici ma soprattutto (nella prima parte) spensierati e felici. Ho preferito i GOODWRAP rispetto ai Weaver, perché ho trovato la loro canzone molto malinconica, e il video di accompagnamento è perfetto per la canzone ed è molto triste, con un Souta che si trova a ripensare ai vecchi momenti con la sua mamma e il suo babbo, i quali però non ci sono più. Le soundtrack sono veramente belle e accompagnano alla perfezione l'opera, e molte sono davvero rilassanti e infondono spensieratezza.
Regia: la regia è quella di uno slice of life, quindi non servono chissà quali riprese e inquadrature, e da questo punto di vista è stata funzionale all'opera. Ci sono però delle inquadrature letteralmente senza senso, che fanno storcere il naso, però alla fine tutto sommato è una buona regia, composta prevalentemente da primi piani e campi lunghi per far vedere la bellezza di Kagawa.
Ho adorato tantissimo il chara design dei personaggi, sopratutto quello di Poko, che esprime perfettamente l'innocenza e la purezza di un bambino. Non ci sono molte parti animate in questa serie e alcuni movimenti sono un po' legnosi, però i disegni sono sempre buoni e non ho notato cali per i dodici episodi.
Personaggi: Souta è un gran bel personaggio ed è molto facile avere empatia per lui, infatti è una persona malinconica e molte volte si ricorda dei suoi genitori, i quali sono morti, e si incolpa di non aver parlato abbastanza con il suo babbo e non essere riuscito a spiegargli il motivo della sua scelta di andare a Tokyo, e ciò lo tormenterà. Poi c'è il tanuki, Poko, il quale avrà il ruolo più importante della serie. Infatti sarà lui che conforterà Souta nei momenti tristi grazie alla sua presenza, ma soprattutto lo salverà dal suo tormento. Poko è un personaggio semplice ma allo stesso tempo complesso, quando è con lui Souta si ricorda del passato e grazie a lui riesce a superarlo. Poko possiamo dire che è il tanuki, bambino (non importa), che salva Souta dal passato, dai suoi rammarichi, dal peso di aver perso i suoi genitori. Nel cast sono presenti anche altri personaggi ben caratterizzati come Shinobu, amico di Souta che è molto presente nella serie; durante la serie scopriremo i suoi problemi, la sua personalità, ma anche la ragazza che amava, lo vedremo in molte situazioni diverse a dimostrare la sua umanità.
Abbiamo anche Rinko, la sorella di Souta, che anche lei è ben caratterizzata, la vedremo in momenti tristi e seri, in momenti più leggeri, in momenti in cui è in pensiero per il fratello, in momenti di forza dopo la morte della madre per prendere le redini della famiglia.
Insomma, niente male.
Inoltre sono presenti molti altri personaggi, o meno influenti nella storia o di cui si sa poco, perché non sono stati approfonditi rispetto ai personaggi di cui ho parlato sopra, quindi è inutile parlarne.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Opinioni: questa serie è riuscita a infondermi molti sentimenti. Mi è piaciuta molto la spensieratezza della serie, la tranquillità che riesce a infonderti grazie a tutti gli elementi presenti di cui ho parlato sopra (OST, ambientazione...). Non mancano scene malinconiche e scene veramente emozionanti, come vedremo nel nono e soprattutto nel dodicesimo episodio.
Se non fosse per il finale, questa serie sarebbe stata uno slice of life dolce e malinconico come ad esempio "Amaama to Inazuma", ma l'autrice si è spinta oltre, proponendoci un finale che ho trovato sbalorditivo. Poko, usando il suo potere di tanuki, fa vedere il passato a Souta, momenti che si è dimenticato col trascorrere del tempo; riguardandoli, si scopriranno molte cose. L'emozione cresce pian piano sempre di più ogni secondo che passa, fino ad arrivare al climax, quando Souta rincontra suo padre grazie al potere del tanuki e si parlano dopo tanto tempo. Poko riassume tutto il significato dell'opera e il messaggio che l'autrice voleva dare: anche se le persone a cui teniamo non ci sono più fisicamente, loro rimarranno sempre presenti nei nostri cuori, il legame non si spezzerà mai, nemmeno dopo la morte, sempre insieme, ovunque e dovunque.
Fine parte contenente spoiler
Non nego che questa serie mi ha toccato molto e molto emozionato, consiglio la visione a chiunque.
"Per me l'odore del brodo, è il profumo della casa al tramonto. Il profumo di mio padre e quello della famiglia stampato per sempre nella mia mente"