Il Mio Bel Principe
Una serie che ha tutto, senza avere quello che sembra suggerire l'immagine promozionale.
La protagonista, Izumi, è il Presidente di una piccola casa produttrice di videogiochi che produce Otome games. La sua passione nata quasi per caso quando, anni prima, il collega Mitsu le ha proposto di fondare insieme una start-up. Il suo amore per Kento-sama nasce nel corso del processo di creazione del gioco, e per anni, insieme alla mancanza di autostima e autoanalisi emotiva, le impedisce di accorgersi dell'affetto costante di Mitsu, sempre al suo fianco. Mitsu è davvero il miglior personaggio della serie, affidabile, costante, non sempre sincero con i propri sentimenti ma leale e onesto nelle proprie risoluzioni, e fino alla fine in grado di mettere il benessere del gruppo di lavoro e di Izumi davanti alle proprie velleità personali... anzi, di più, in grado di riconoscere che il suo più grande desiderio è proprio sostenere il gruppo e restare insieme. Inutile dirlo, questo grazie anche alla splendida interpretazione di Dean Fujioka.
"Oshi no Oujisama" parla di un Principe, in effetti. Ma questo principe non è Wataru, è Kento. E non Kento in quanto tale, ma Kento in quanto rappresenta. La storia è incentrata infatti sui videogiochi, in generale, e sugli Otome games in particolare, mostrando da più punti di vista e prospettive l'importanza che questi possono rivestire nella vita delle persone. Una tipologia di giochi, le visual novel a sfondo romantico, comunemente categorizzata come videogioco di serie B è in questa serie mostrata nella purezza più sfavillante di cui gli autori sono capaci, mostrando ai personaggi e al pubblico insieme a loro quanto anche questi giochi, se sviluppati con attenzione al gameplay, amore per il prodotto e sentimento, possono portare gioia nella vita delle persone. Molto bella la riflessione finale di Wataru sul desiderio di permettere, tramite i videogiochi, alle persone di avere un momento idilliaco di distacco dalle difficoltà della vita.
Vi sono riflessioni profonde sull'importanza di essere un gruppo di lavoro affiatato, leale nei confronti dei compagni, attento al fruitore del gioco e con il desiderio di fare sempre meglio e di non rinunciare alla qualità solo per ottimizzare il profitto. Eppure allo stesso tempo il ruolo della grande azienda non viene demonizzato, mostrando un certo livello di comprensione e generando una discreta empatia anche verso il dirigente della Lantern, che si dimostra in grado di riconoscere i propri errori. Viene mostrato come non sia necessario per ogni azienda puntare a diventare i migliori, sebbene ciò non sia visto negativamente, ma come per qualcuno possa essere sufficiente continuare a fare quello che si ama, con i propri colleghi e con il proprio pubblico e mantenendo la passione di sempre, anche se questo significa scegliere di non "puntare alle stelle". Vengono mostrate le difficoltà che una donna ha nell'approcciarsi al mondo del lavoro come capo di una start-up, la discriminazione e le battute spiacevoli, ma anche il sostegno che altri attori sono in grado di darle. In definitiva l'elemento bloccante per Izumi non è solo da ricercare nell'aver negato i propri sentimenti fino alla fine, ma anche e soprattutto nell'aver scelto una strada che per il suo progetto, la sua personalità e il tipo di azienda che desiderava costruire si è rivelata sbagliata, nell'aver rinunciato alla passione in virtù di un'efficienza che non le ha dato la gioia che inizialmente aveva sperato, a dire la verità più per il bene del suo gruppo di lavoro e dei suoi compagni. E il lieto fine è duplice: Izumi ammette i propri sentimenti sia nei confronti del coprotagonista, sia nei confronti del tipo di azienda che desidera costruire.
Una storia che parla di passioni, di avere la forza di seguirle e di trovare così il proprio posto nel mondo. Che parla di start-up e decisioni aziendali. Che parla di videogiochi e del senso che questi possono portare nella vita della gente. E che, insieme a tutto questo, porta con sé anche una storia d'amore... che non diventa infine il motivo per cui la si segue, poiché è così ricca di tutte queste emozioni che si finisce quasi per dimenticarlo, come se non fosse necessario, tanto ci ha già dato sotto altri punti di vista che non ci eravamo aspettati nel momento in cui abbiamo schiacciato il tasto "play".
Un finale commovente (sì, ho pianto) nel momento della reunion con il gruppo di lavoro. Se siete dei creativi bloccati a un certo punto del vostro percorso, è una serie assolutamente da guardare.
La protagonista, Izumi, è il Presidente di una piccola casa produttrice di videogiochi che produce Otome games. La sua passione nata quasi per caso quando, anni prima, il collega Mitsu le ha proposto di fondare insieme una start-up. Il suo amore per Kento-sama nasce nel corso del processo di creazione del gioco, e per anni, insieme alla mancanza di autostima e autoanalisi emotiva, le impedisce di accorgersi dell'affetto costante di Mitsu, sempre al suo fianco. Mitsu è davvero il miglior personaggio della serie, affidabile, costante, non sempre sincero con i propri sentimenti ma leale e onesto nelle proprie risoluzioni, e fino alla fine in grado di mettere il benessere del gruppo di lavoro e di Izumi davanti alle proprie velleità personali... anzi, di più, in grado di riconoscere che il suo più grande desiderio è proprio sostenere il gruppo e restare insieme. Inutile dirlo, questo grazie anche alla splendida interpretazione di Dean Fujioka.
"Oshi no Oujisama" parla di un Principe, in effetti. Ma questo principe non è Wataru, è Kento. E non Kento in quanto tale, ma Kento in quanto rappresenta. La storia è incentrata infatti sui videogiochi, in generale, e sugli Otome games in particolare, mostrando da più punti di vista e prospettive l'importanza che questi possono rivestire nella vita delle persone. Una tipologia di giochi, le visual novel a sfondo romantico, comunemente categorizzata come videogioco di serie B è in questa serie mostrata nella purezza più sfavillante di cui gli autori sono capaci, mostrando ai personaggi e al pubblico insieme a loro quanto anche questi giochi, se sviluppati con attenzione al gameplay, amore per il prodotto e sentimento, possono portare gioia nella vita delle persone. Molto bella la riflessione finale di Wataru sul desiderio di permettere, tramite i videogiochi, alle persone di avere un momento idilliaco di distacco dalle difficoltà della vita.
Vi sono riflessioni profonde sull'importanza di essere un gruppo di lavoro affiatato, leale nei confronti dei compagni, attento al fruitore del gioco e con il desiderio di fare sempre meglio e di non rinunciare alla qualità solo per ottimizzare il profitto. Eppure allo stesso tempo il ruolo della grande azienda non viene demonizzato, mostrando un certo livello di comprensione e generando una discreta empatia anche verso il dirigente della Lantern, che si dimostra in grado di riconoscere i propri errori. Viene mostrato come non sia necessario per ogni azienda puntare a diventare i migliori, sebbene ciò non sia visto negativamente, ma come per qualcuno possa essere sufficiente continuare a fare quello che si ama, con i propri colleghi e con il proprio pubblico e mantenendo la passione di sempre, anche se questo significa scegliere di non "puntare alle stelle". Vengono mostrate le difficoltà che una donna ha nell'approcciarsi al mondo del lavoro come capo di una start-up, la discriminazione e le battute spiacevoli, ma anche il sostegno che altri attori sono in grado di darle. In definitiva l'elemento bloccante per Izumi non è solo da ricercare nell'aver negato i propri sentimenti fino alla fine, ma anche e soprattutto nell'aver scelto una strada che per il suo progetto, la sua personalità e il tipo di azienda che desiderava costruire si è rivelata sbagliata, nell'aver rinunciato alla passione in virtù di un'efficienza che non le ha dato la gioia che inizialmente aveva sperato, a dire la verità più per il bene del suo gruppo di lavoro e dei suoi compagni. E il lieto fine è duplice: Izumi ammette i propri sentimenti sia nei confronti del coprotagonista, sia nei confronti del tipo di azienda che desidera costruire.
Una storia che parla di passioni, di avere la forza di seguirle e di trovare così il proprio posto nel mondo. Che parla di start-up e decisioni aziendali. Che parla di videogiochi e del senso che questi possono portare nella vita della gente. E che, insieme a tutto questo, porta con sé anche una storia d'amore... che non diventa infine il motivo per cui la si segue, poiché è così ricca di tutte queste emozioni che si finisce quasi per dimenticarlo, come se non fosse necessario, tanto ci ha già dato sotto altri punti di vista che non ci eravamo aspettati nel momento in cui abbiamo schiacciato il tasto "play".
Un finale commovente (sì, ho pianto) nel momento della reunion con il gruppo di lavoro. Se siete dei creativi bloccati a un certo punto del vostro percorso, è una serie assolutamente da guardare.