Kyouryuu Sentai Zyuranger
Tutti quanti, da bambini, abbiamo avuto degli eroi, protagonisti di un film, di un romanzo, di un cartone animato o di un videogioco, a cui volevamo assomigliare e di cui seguivamo le gesta con occhi sognanti.
Lo sanno bene i bambini giapponesi, che da più di trent'anni sognano con le avventure di mostri giganti, invincibili robot e supereroi in costumi colorati.
Quello dei sentai, i telefilm giapponesi con gruppi di supereroi in costume, è infatti uno dei prodotti giapponesi di maggior successo.
"Kyouryuu Sentai Zyuranger" ("Zyuranger, lo squadrone dei dinosauri"), del 1992, è un serial televisivo appartenente a questo filone, particolarmente noto in Occidente per il remake americano "Mighty Morphin' Power Rangers", che tanto successo riscosse fra i bambini di tutto il mondo a metà degli anni '90 e di cui, per forza di cose, essendo questa recensione scritta da un occidentale ex bambino degli anni '90, ci toccherà parlare trasversalmente per fare un confronto con la versione originale.
Come da titolo, elemento portante sono i dinosauri, quelli che vivevano in una mistica, fantastica, epoca antichissima in cui i grossi rettili coesistevano con gli esseri umani, questi ultimi divisi in tribù e regni. Quel mondo lontano, a distanza di secoli, rivive nel Giappone degli anni '90 poiché la perfida Bandora, strega proveniente dal tempo dei dinosauri, si risveglia e brama la distruzione del pianeta.
Per fermare la sua minaccia, il saggio mago Barza risveglia da un sonno millenario cinque guerrieri appartenenti a cinque tribù di quell'antico tempo: Geki, intrepido leader legato al Tirannosauro e al colore rosso; Goushi, forte e saggio, legato al Mammut e al colore nero; il giocherellone Dan, legato al Triceratopo e al colore blu; l'allegro Boi, legato al colore giallo e alla Tigre dai denti a sciabola, e la dolce Mei, principessa arciera legata allo Pteranodonte e al colore rosa.
Cinque coraggiosi personaggi che incarnano alla perfezione il concetto di eroe che hanno i bambini, sempre pronti a salvare i tanti loro piccoli amici dai pericoli e a giocare con loro sorridendo.
Chi ha già conosciuto "Mighty Morphin' Power Rangers", sa già più o meno cosa aspettarsi dalla sua versione originale, perlomeno per quanto riguarda le scene di battaglia, visto che sono pressoché le stesse. Cambia però la struttura della serie e il peso che viene dato a queste battaglie.
I Rangers occidentali venivano immediatamente dotati, sin nel primo episodio, di tutte le loro armi e robot di combattimento. Gli originali Rangers giapponesi, invece, per quanto le armi e i robot siano gli stessi, non potranno disporne sin da subito, ma dovranno conquistare a caro prezzo le loro armi leggendarie e i robot con cui combattere, scoprendone episodio dopo episodio l'ubicazione, i segreti e i poteri.
L'elemento che principalmente differenzia il remake americano e l'originale giapponese, costituendo anche gran parte del fascino di quest'ultimo, è il misticismo di cui "Kyouryuu Sentai Zyuranger" è ammantato. L'universo narrativo della serie, infatti, pullula di antichi guerrieri, tribù che preservano oggetti mistici, saggi maghi, folletti dai poteri misteriosi, riti magici per evocare entità demoniache o per potenziare le creature.
Emblema di questo misticismo sono proprio i giganteschi robot guidati dai cinque guerrieri, le cosiddette "bestie guardiane". A differenza della versione americana, dove erano delle asettiche macchine da combattimento, qui i robot (che non vengono mai definiti come tali nei dialoghi) sono considerati una sorta di mistiche divinità guardiane che proteggono le tribù dei Rangers.
Le bestie guardiane e, soprattutto, il possente e maestoso Daizyujin (letteralmente, "Grande dio bestia") che compongono combinandosi fra loro, sono in questa serie dei personaggi veri e propri, che comunicano telepaticamente con i cinque eroi o gli compaiono in visioni e viaggi mentali per incitarli o fargli profezie. Non sono messe sullo stesso piano dei Rangers, né tantomeno sono a loro completa disposizione, come nella versione americana. Anzi, spesso e volentieri, capiterà che non si mostrino ai guerrieri o non vogliano aiutarli, perché non li ritengono degni o vogliono metterli alla prova, facendo sì che risolvano i combattimenti grazie alla forza interiore, al coraggio e all'ingegno, invece di ottenere una vittoria facilitata che non lasci loro nulla dentro.
Questi possenti robot, che in realtà non sono altro che modellini giocattolo ripresi in grande, riescono comunque a essere protagonisti di scene molto esaltanti e spettacolari a livello visivo, tanto che risulta naturale anche per lo spettatore considerarli delle sagge divinità e non dei robot senz'anima.
Ben poco sapremo dei cinque Rangers, che, avendo dormito per secoli, non hanno chissà quale background dietro, salvo un paio di eccezioni - fra i quali, ovviamente, Geki, che, come tradizione dei sentai, in quanto guerriero rosso e dunque protagonista formale, occupa una posizione di riguardo rispetto ai suoi compagni. Essi però si presentano allo spettatore unicamente con le azioni che compiono nel presente. Sono dei personaggi fuori dal tempo, nati e cresciuti unicamente per svolgere la loro eroica missione, e non sono granché integrati nella vita del ventesimo secolo, a parte i rapporti che intrattengono con i bambini che di volta in volta salvano dalle minacce di Bandora. A differenza dei Rangers americani, che erano degli adolescenti che andavano a scuola, facevano sport, avevano hobby o vivevano storie d'amore, Geki e gli altri vivono unicamente in funzione del loro eroico contrapporsi ai nemici e non sviluppano mai grandi rapporti con il mondo in cui si trovano a vivere, ma questo non impedirà agli autori, dedicando a giro un episodio ogni tot a ognuno dei protagonisti, di approfondire i loro caratteri e le loro problematiche, approfittandone per lanciare messaggi agli spettatori.
A metà fra antichi guerrieri che si trovano spaesati in un mondo non loro ed eroi impavidi che non si arrendono mai, ai Rangers lo spettatore si affeziona immediatamente, riuscendo a trovare esaltanti i loro scontri, anche se le loro tutine colorate sono un po' pacchiane. Allo stesso modo, anche i cattivi risultano estremamente efficaci, nel loro mescolare alla perfezione comicità e cattiveria. Se i vari sottoposti di Bandora strappano di continuo più di una risata allo spettatore, quest'ultima riuscirà a essere sia divertente sia credibile come cattiva, grazie anche a diversi piani davvero malvagi che tramerà (edulcorati nella versione americana che voleva esasperare il lato comico del personaggio) e a un interessante background che sfocerà in episodi finali molto coinvolgenti.
Un discorso a parte merita Burai, il Ranger verde, il personaggio più sfaccettato dell'intera serie, un eroe tragico e tormentato, ricco di ombre e dall'azzeccatissimo design, la cui triste storia, pasticciata e completamente stravolta nella versione americana, raggiunge elevatissime vette di lirismo e drammaticità, ammantate da una particolare spiritualità tutta orientale, che non mancheranno di commuovere lo spettatore.
Dopo i primi episodi, ricchi di eventi e colpi di scena, la serie si standardizzerà seguendo il classico schema da telefilm supereroistico, con episodi autoconclusivi che mescolano la vita quotidiana dei personaggi e i combattimenti contro i nemici. Tuttavia, non mancheranno diverse saghe ricche di colpi di scena e di emozioni, che accorpano fra loro due o più puntate e risultano molto appassionanti.
Chi è pratico di telefilm giapponesi conosce già i meccanismi e gli stilemi di questo genere di storie, che puntano molto sul patetismo e sulla commozione e sono ricchi di costumi, mostroni giganti, combattimenti pieni di esplosioni e di acrobazie. Sono elementi che bisogna imparare ad accettare, se ci si avvicina a un telefilm nipponico, e di cui, ovviamente, anche "Kyouryuu Sentai Zyuranger" è pieno zeppo. E' una serie che appare datata, che non ha nulla che richiami gli anni '90 (a differenza della versione americana che era piena di elementi anni '90 nelle parti di vita quotidiana) e anzi sembra atemporale, fantastica, infantile per certi versi, ma compensa con una profonda spiritualità e con un sapiente uso dell'umorismo.
Molto buona la recitazione del cast fisso: gli attori che interpretano i Rangers hanno proprio l'aspetto di giovani eroi, il viso un po' rude da samurai d'altri tempi e variopinti abiti da guerrieri fantasy, rispetto alle serie più recenti dove i Rangers sono tutti idol efebici e piastrati.
Gli attori sono convincenti nelle parti drammatiche e divertentissimi in quelle umoristiche. Non mancheranno, a questo proposito, di travestirsi nei modi più impensabili per inscenare gag o combattimenti comici. Emblematico in questo senso è l'episodio 38, in cui spicca tutta la bravura di Reiko Chiba - brava e bellissima interprete di Mei, che troverà grandi fortune nel mondo dello spettacolo, in seguito a questo telefilm - e Ami Kawai - interprete della donna scorpione Lamie, tanto bella quanto malvagia -, mentre le due guerriere si lanciano in un forsennato e divertentissimo combattimento a suon di cosplay.
Date le loro voci molto caratteristiche, non mi sarebbe dispiaciuto ritrovare alcuni degli attori che interpretano i Rangers nel cast di doppiaggio di qualche cartone animato.
La compianta Machiko Soga, interprete della strega Bandora (e conosciuta anche dal pubblico occidentale nel ruolo di Rita Repulsa), è invece una cattiva splendida, capace di passare con nonchalance dalla malvagità più inaudita a spassosi spezzoni musicali. Ottimo è anche il lavoro degli attori in costume, che riescono a rendere convincenti, spassosi e anche spaventosi, all'occorrenza, una marmaglia di mostroni pacchiani, grazie anche al contributo di ottimi doppiatori professionisti come il compianto Takeshi Watabe o Shozo Iizuka.
Meno buona la recitazione delle comparse che interpretano le vittime dei vari episodi, principalmente bambini, che, comprensibilmente, non hanno grandi esperienze recitative e spesso posseggono anche delle voci sgraziate.
I dialoghi del telefilm sono comunque molto semplici (chi mastica un po' di giapponese può tranquillamente riuscire a seguire il filo del discorso anche senza l'aiuto dei sottotitoli) e la colonna sonora è molto incisiva, ricca di belle canzoni che spesso e volentieri accompagnano i combattimenti.
"Kyouryuu Sentai Zyuranger" è un telefilm per un pubblico infantile, a volte un po' pacchiano, che va guardato con cuore di bambino, risvegliando quella parte di noi che anni fa sognava incredibili avventure e che magari amava i film sui dinosauri che negli anni '90 abbondavano, la cui scia viene saggiamente seguita dal serial. Riuscirà inaspettatamente a farci ridere, emozionare, a volte persino piangere, se sapremo ritrovare il bambino che noi, grazie a diversi punti drammatici sapientemente raccontati e a un finale simbolico e ricco di spiritualità. Chi ha già visto in gioventù "Mighty Morphin' Power Rangers" potrà ritrovare un pezzo d'infanzia e vederlo sotto una luce del tutto nuova, molto più spirituale e profonda, eppure con lo stesso, immutato, eroismo di allora, che ci porterà a emozionarci nel guardare eroi in tutine colorate che combattono senza mai arrendersi, mostrando ai loro piccoli amici dentro e fuori dallo schermo quanto sia bello amare, ridere, sognare, vivere.
Lo sanno bene i bambini giapponesi, che da più di trent'anni sognano con le avventure di mostri giganti, invincibili robot e supereroi in costumi colorati.
Quello dei sentai, i telefilm giapponesi con gruppi di supereroi in costume, è infatti uno dei prodotti giapponesi di maggior successo.
"Kyouryuu Sentai Zyuranger" ("Zyuranger, lo squadrone dei dinosauri"), del 1992, è un serial televisivo appartenente a questo filone, particolarmente noto in Occidente per il remake americano "Mighty Morphin' Power Rangers", che tanto successo riscosse fra i bambini di tutto il mondo a metà degli anni '90 e di cui, per forza di cose, essendo questa recensione scritta da un occidentale ex bambino degli anni '90, ci toccherà parlare trasversalmente per fare un confronto con la versione originale.
Come da titolo, elemento portante sono i dinosauri, quelli che vivevano in una mistica, fantastica, epoca antichissima in cui i grossi rettili coesistevano con gli esseri umani, questi ultimi divisi in tribù e regni. Quel mondo lontano, a distanza di secoli, rivive nel Giappone degli anni '90 poiché la perfida Bandora, strega proveniente dal tempo dei dinosauri, si risveglia e brama la distruzione del pianeta.
Per fermare la sua minaccia, il saggio mago Barza risveglia da un sonno millenario cinque guerrieri appartenenti a cinque tribù di quell'antico tempo: Geki, intrepido leader legato al Tirannosauro e al colore rosso; Goushi, forte e saggio, legato al Mammut e al colore nero; il giocherellone Dan, legato al Triceratopo e al colore blu; l'allegro Boi, legato al colore giallo e alla Tigre dai denti a sciabola, e la dolce Mei, principessa arciera legata allo Pteranodonte e al colore rosa.
Cinque coraggiosi personaggi che incarnano alla perfezione il concetto di eroe che hanno i bambini, sempre pronti a salvare i tanti loro piccoli amici dai pericoli e a giocare con loro sorridendo.
Chi ha già conosciuto "Mighty Morphin' Power Rangers", sa già più o meno cosa aspettarsi dalla sua versione originale, perlomeno per quanto riguarda le scene di battaglia, visto che sono pressoché le stesse. Cambia però la struttura della serie e il peso che viene dato a queste battaglie.
I Rangers occidentali venivano immediatamente dotati, sin nel primo episodio, di tutte le loro armi e robot di combattimento. Gli originali Rangers giapponesi, invece, per quanto le armi e i robot siano gli stessi, non potranno disporne sin da subito, ma dovranno conquistare a caro prezzo le loro armi leggendarie e i robot con cui combattere, scoprendone episodio dopo episodio l'ubicazione, i segreti e i poteri.
L'elemento che principalmente differenzia il remake americano e l'originale giapponese, costituendo anche gran parte del fascino di quest'ultimo, è il misticismo di cui "Kyouryuu Sentai Zyuranger" è ammantato. L'universo narrativo della serie, infatti, pullula di antichi guerrieri, tribù che preservano oggetti mistici, saggi maghi, folletti dai poteri misteriosi, riti magici per evocare entità demoniache o per potenziare le creature.
Emblema di questo misticismo sono proprio i giganteschi robot guidati dai cinque guerrieri, le cosiddette "bestie guardiane". A differenza della versione americana, dove erano delle asettiche macchine da combattimento, qui i robot (che non vengono mai definiti come tali nei dialoghi) sono considerati una sorta di mistiche divinità guardiane che proteggono le tribù dei Rangers.
Le bestie guardiane e, soprattutto, il possente e maestoso Daizyujin (letteralmente, "Grande dio bestia") che compongono combinandosi fra loro, sono in questa serie dei personaggi veri e propri, che comunicano telepaticamente con i cinque eroi o gli compaiono in visioni e viaggi mentali per incitarli o fargli profezie. Non sono messe sullo stesso piano dei Rangers, né tantomeno sono a loro completa disposizione, come nella versione americana. Anzi, spesso e volentieri, capiterà che non si mostrino ai guerrieri o non vogliano aiutarli, perché non li ritengono degni o vogliono metterli alla prova, facendo sì che risolvano i combattimenti grazie alla forza interiore, al coraggio e all'ingegno, invece di ottenere una vittoria facilitata che non lasci loro nulla dentro.
Questi possenti robot, che in realtà non sono altro che modellini giocattolo ripresi in grande, riescono comunque a essere protagonisti di scene molto esaltanti e spettacolari a livello visivo, tanto che risulta naturale anche per lo spettatore considerarli delle sagge divinità e non dei robot senz'anima.
Ben poco sapremo dei cinque Rangers, che, avendo dormito per secoli, non hanno chissà quale background dietro, salvo un paio di eccezioni - fra i quali, ovviamente, Geki, che, come tradizione dei sentai, in quanto guerriero rosso e dunque protagonista formale, occupa una posizione di riguardo rispetto ai suoi compagni. Essi però si presentano allo spettatore unicamente con le azioni che compiono nel presente. Sono dei personaggi fuori dal tempo, nati e cresciuti unicamente per svolgere la loro eroica missione, e non sono granché integrati nella vita del ventesimo secolo, a parte i rapporti che intrattengono con i bambini che di volta in volta salvano dalle minacce di Bandora. A differenza dei Rangers americani, che erano degli adolescenti che andavano a scuola, facevano sport, avevano hobby o vivevano storie d'amore, Geki e gli altri vivono unicamente in funzione del loro eroico contrapporsi ai nemici e non sviluppano mai grandi rapporti con il mondo in cui si trovano a vivere, ma questo non impedirà agli autori, dedicando a giro un episodio ogni tot a ognuno dei protagonisti, di approfondire i loro caratteri e le loro problematiche, approfittandone per lanciare messaggi agli spettatori.
A metà fra antichi guerrieri che si trovano spaesati in un mondo non loro ed eroi impavidi che non si arrendono mai, ai Rangers lo spettatore si affeziona immediatamente, riuscendo a trovare esaltanti i loro scontri, anche se le loro tutine colorate sono un po' pacchiane. Allo stesso modo, anche i cattivi risultano estremamente efficaci, nel loro mescolare alla perfezione comicità e cattiveria. Se i vari sottoposti di Bandora strappano di continuo più di una risata allo spettatore, quest'ultima riuscirà a essere sia divertente sia credibile come cattiva, grazie anche a diversi piani davvero malvagi che tramerà (edulcorati nella versione americana che voleva esasperare il lato comico del personaggio) e a un interessante background che sfocerà in episodi finali molto coinvolgenti.
Un discorso a parte merita Burai, il Ranger verde, il personaggio più sfaccettato dell'intera serie, un eroe tragico e tormentato, ricco di ombre e dall'azzeccatissimo design, la cui triste storia, pasticciata e completamente stravolta nella versione americana, raggiunge elevatissime vette di lirismo e drammaticità, ammantate da una particolare spiritualità tutta orientale, che non mancheranno di commuovere lo spettatore.
Dopo i primi episodi, ricchi di eventi e colpi di scena, la serie si standardizzerà seguendo il classico schema da telefilm supereroistico, con episodi autoconclusivi che mescolano la vita quotidiana dei personaggi e i combattimenti contro i nemici. Tuttavia, non mancheranno diverse saghe ricche di colpi di scena e di emozioni, che accorpano fra loro due o più puntate e risultano molto appassionanti.
Chi è pratico di telefilm giapponesi conosce già i meccanismi e gli stilemi di questo genere di storie, che puntano molto sul patetismo e sulla commozione e sono ricchi di costumi, mostroni giganti, combattimenti pieni di esplosioni e di acrobazie. Sono elementi che bisogna imparare ad accettare, se ci si avvicina a un telefilm nipponico, e di cui, ovviamente, anche "Kyouryuu Sentai Zyuranger" è pieno zeppo. E' una serie che appare datata, che non ha nulla che richiami gli anni '90 (a differenza della versione americana che era piena di elementi anni '90 nelle parti di vita quotidiana) e anzi sembra atemporale, fantastica, infantile per certi versi, ma compensa con una profonda spiritualità e con un sapiente uso dell'umorismo.
Molto buona la recitazione del cast fisso: gli attori che interpretano i Rangers hanno proprio l'aspetto di giovani eroi, il viso un po' rude da samurai d'altri tempi e variopinti abiti da guerrieri fantasy, rispetto alle serie più recenti dove i Rangers sono tutti idol efebici e piastrati.
Gli attori sono convincenti nelle parti drammatiche e divertentissimi in quelle umoristiche. Non mancheranno, a questo proposito, di travestirsi nei modi più impensabili per inscenare gag o combattimenti comici. Emblematico in questo senso è l'episodio 38, in cui spicca tutta la bravura di Reiko Chiba - brava e bellissima interprete di Mei, che troverà grandi fortune nel mondo dello spettacolo, in seguito a questo telefilm - e Ami Kawai - interprete della donna scorpione Lamie, tanto bella quanto malvagia -, mentre le due guerriere si lanciano in un forsennato e divertentissimo combattimento a suon di cosplay.
Date le loro voci molto caratteristiche, non mi sarebbe dispiaciuto ritrovare alcuni degli attori che interpretano i Rangers nel cast di doppiaggio di qualche cartone animato.
La compianta Machiko Soga, interprete della strega Bandora (e conosciuta anche dal pubblico occidentale nel ruolo di Rita Repulsa), è invece una cattiva splendida, capace di passare con nonchalance dalla malvagità più inaudita a spassosi spezzoni musicali. Ottimo è anche il lavoro degli attori in costume, che riescono a rendere convincenti, spassosi e anche spaventosi, all'occorrenza, una marmaglia di mostroni pacchiani, grazie anche al contributo di ottimi doppiatori professionisti come il compianto Takeshi Watabe o Shozo Iizuka.
Meno buona la recitazione delle comparse che interpretano le vittime dei vari episodi, principalmente bambini, che, comprensibilmente, non hanno grandi esperienze recitative e spesso posseggono anche delle voci sgraziate.
I dialoghi del telefilm sono comunque molto semplici (chi mastica un po' di giapponese può tranquillamente riuscire a seguire il filo del discorso anche senza l'aiuto dei sottotitoli) e la colonna sonora è molto incisiva, ricca di belle canzoni che spesso e volentieri accompagnano i combattimenti.
"Kyouryuu Sentai Zyuranger" è un telefilm per un pubblico infantile, a volte un po' pacchiano, che va guardato con cuore di bambino, risvegliando quella parte di noi che anni fa sognava incredibili avventure e che magari amava i film sui dinosauri che negli anni '90 abbondavano, la cui scia viene saggiamente seguita dal serial. Riuscirà inaspettatamente a farci ridere, emozionare, a volte persino piangere, se sapremo ritrovare il bambino che noi, grazie a diversi punti drammatici sapientemente raccontati e a un finale simbolico e ricco di spiritualità. Chi ha già visto in gioventù "Mighty Morphin' Power Rangers" potrà ritrovare un pezzo d'infanzia e vederlo sotto una luce del tutto nuova, molto più spirituale e profonda, eppure con lo stesso, immutato, eroismo di allora, che ci porterà a emozionarci nel guardare eroi in tutine colorate che combattono senza mai arrendersi, mostrando ai loro piccoli amici dentro e fuori dallo schermo quanto sia bello amare, ridere, sognare, vivere.