I'm a Cyborg, But That's OK
"I'm a Cyborg but that's ok" è un film coreano del 2006 diretto da Chan-wook Park, scritto dallo stesso regista con Seo-kyung Jung, già co-sceneggiatrice di "Lady Vendetta".
La trama: Young-goon è cresciuta con la nonna schizofrenica ed è convinta di essere un cyborg. Dopo un incidente sul lavoro viene ricoverata in una clinica psichiatrica. Qui passa il tempo parlando con i distributori automatici e leccando batterie, ma presto incontra un ragazzo di nome Il-sun. Un ex-elettricista, convinto di avere il potere di rubare le anime delle altre persone. Tra i due si forma presto un forte legame, ma Young-goon si ammala gravemente e Il-sun dovrà trovare un modo per connettersi alla sua anima e salvarla dalla morte.
Si tratta della prima commedia del regista dell'ormai arcinota trilogia sulla vendetta ("Sympaty for Mr Vengeance", "Old Boy," "Lady Vengeance"). Ed è un deciso cambio di registro, perché siamo davanti ad una commedia sentimentale delicata e poetica, ma allo stesso tempo folle e surreale. Attraverso sprazzi di visionaria violenza fisica e mentale, il film riesce infatti a mantenere molti elementi coerenti e realistici sia nella caratterizzazione delle patologie mentali rappresentate, sia nel dipingere una storia d'amore molto delicata, spiazzante e coloratissima.
Il cinema di Chan-wook Park, in quest'opera più che mai, riesce a trasportare lo spettatore di visione in visione all'interno della folle mente dei suoi personaggi, in primis quella della protagonista, senza diventare mai ondivago o fine a se stesso, e soprattutto senza perdersi all'interno delle proprie stesse ardite invenzioni, tutto è funzionale allo sviluppo (visionario) della storia. Virtuosistica la fotografia di Chung-hoon Chung, che fa un uso della luce geniale e che contribuisce a creare inquadrature mai banali. La sceneggiatura, piena di invenzioni visive e narrative non è da meno.
Di spessore è anche la poetica colonna sonora di Young-wook Cho che ancora una volta accompagna una pellicola di Chan-wook Park. Tanto pianoforte e fisarmonica, violini e sonorità quasi classiche come in Lady vendetta (Dancing Cyborg ricorda Nino Rota) ma anche ragtime, jazz e.. un po di yodel.
Il film è stato presentato al 57° Festival Internazionale del Cinema di Berlino dove ha vinto l'Alfred Bauer Award come opera più innovativa. Rain (che interpreta Il-sun) è stato nominato e ha vinto come miglior nuovo attore al 43esimo Baeksang Awards. Da vedere più e più volte.
La trama: Young-goon è cresciuta con la nonna schizofrenica ed è convinta di essere un cyborg. Dopo un incidente sul lavoro viene ricoverata in una clinica psichiatrica. Qui passa il tempo parlando con i distributori automatici e leccando batterie, ma presto incontra un ragazzo di nome Il-sun. Un ex-elettricista, convinto di avere il potere di rubare le anime delle altre persone. Tra i due si forma presto un forte legame, ma Young-goon si ammala gravemente e Il-sun dovrà trovare un modo per connettersi alla sua anima e salvarla dalla morte.
Si tratta della prima commedia del regista dell'ormai arcinota trilogia sulla vendetta ("Sympaty for Mr Vengeance", "Old Boy," "Lady Vengeance"). Ed è un deciso cambio di registro, perché siamo davanti ad una commedia sentimentale delicata e poetica, ma allo stesso tempo folle e surreale. Attraverso sprazzi di visionaria violenza fisica e mentale, il film riesce infatti a mantenere molti elementi coerenti e realistici sia nella caratterizzazione delle patologie mentali rappresentate, sia nel dipingere una storia d'amore molto delicata, spiazzante e coloratissima.
Il cinema di Chan-wook Park, in quest'opera più che mai, riesce a trasportare lo spettatore di visione in visione all'interno della folle mente dei suoi personaggi, in primis quella della protagonista, senza diventare mai ondivago o fine a se stesso, e soprattutto senza perdersi all'interno delle proprie stesse ardite invenzioni, tutto è funzionale allo sviluppo (visionario) della storia. Virtuosistica la fotografia di Chung-hoon Chung, che fa un uso della luce geniale e che contribuisce a creare inquadrature mai banali. La sceneggiatura, piena di invenzioni visive e narrative non è da meno.
Di spessore è anche la poetica colonna sonora di Young-wook Cho che ancora una volta accompagna una pellicola di Chan-wook Park. Tanto pianoforte e fisarmonica, violini e sonorità quasi classiche come in Lady vendetta (Dancing Cyborg ricorda Nino Rota) ma anche ragtime, jazz e.. un po di yodel.
Il film è stato presentato al 57° Festival Internazionale del Cinema di Berlino dove ha vinto l'Alfred Bauer Award come opera più innovativa. Rain (che interpreta Il-sun) è stato nominato e ha vinto come miglior nuovo attore al 43esimo Baeksang Awards. Da vedere più e più volte.
"Volevo fare un film che anche mia figlia e i suoi amici potessero vedere; un film che si concentrasse più sulle preoccupazioni che gli adolescenti si trovano ad affrontare. Alcuni potrebbero respingere queste ansie come immature e stupide, ma molti di noi si sono trovati da adolescenti a chiedersi 'perchè vivo?', 'per quale motivo non suicidarsi?', sono fra le più valide e fondamentali domande che ci si possa porre in vita"
Con questo pensiero e guardando a sua figlia, ormai quasi tredicenne, Park attacca il martello al chiodo e si concentra su una storia dai toni fortemente surreali e romantici. La storia vede protagonisti la bella e turbata Young-goon, una ragazza convinta di essere un cyborg, e Park-II-sun, un ragazzo che ruba qualsiasi cosa gli passi a tiro (anime e personalità comprese!!)ossessionato dal profondo timore di scomparire, di "rimpicciolire fino a diventare un puntino".
Attorno a questi due folli personaggi si muovono le vite del manicomio, da una parte gli internati con le loro ansie e le loro pazzie, uniti dalla loro condizione e da uno strano senso di fratellanza, dall'altra i dottori con i loro camici bianchi, "quelli che hanno portato via la nonna". Quella nonna che, pur credendosi un topo e mangiando soltanto rafani marinati (!!), aveva cresciuto Young-Goon e le aveva dato l'affetto e le attenzioni che sua madre non era stata in grado di darle. La giovane donna di conseguenza mal sopporta la vista dei camici, che puntualmente vengono sterminati nelle sue robotiche fantasie.
In questo atipico humus cresce la storia d'amore tra i due giovani, tratteggiata con scene di una dolcezza e poeticità disarmante e filtrata dallo sguardo più che mai ironico di Park. Le risposte date alle domande (non)fatte dalla figlia tredicenne hanno una portata incredibile e sono alla portata di tutti, la storia di amore fra i due, <b>[ATTENZIONE SPOILER]</b> la scena in cui Young-Goon finalmente mangia nuovamente, incoraggiata dagli altri pazienti e l'elaborazione della verità sull'internamento della nonna, seguita dalla riconciliazione con i medici <b>[FINE SPOILER]</b>, sono momenti semplicemente splendidi e toccanti.
Visivamente il film è meraviglioso come quasi tutti i suoi film, non mi stancherò mai di dirlo ma secondo me quest' uomo con la telecamera ci sa proprio fare. La messa in scena è carica di colori saturi, si sofferma spesso sugli sguardi di questi adorabili matti e sulle loro fantasie, che non vengono filtrate così ci ritroviamo a guardare il mondo dai loro occhi. Abbondano anche le eleganti scene dinamiche a cui l'autore ci ha abituato in passato e le trovate originali (perfino i titoli di testa sono geniali) in un continuo susseguirsi di immagini vivide e dalla potenza evocativa notevole <b>[ATTENZIONE SPOILER]</b> In una delle scene finali i due innamorati si siedono in un campo completamente vuoto e impugnano insieme una lunga e sottile antenna mentre si sfoga il temporale, in attesa di un fulmine. L'amore in una fotografia. <b>[FINE SPOILER]</b>.
Insomma Park Chan-Wook mi ha impressionato per l'ennesima volta, ma questa volta in maniera luminosa, in totale controtendenza con il suo solito stile e ha confermato (come se servisse) di essere un autore a tutto tondo, oltre che un grande appassionato di cinema; una persona che riconosce le infinite sfaccettature del mondo e la sua complessità, cercando di rappresentarle attraverso lenti sempre diverse.
Con questo pensiero e guardando a sua figlia, ormai quasi tredicenne, Park attacca il martello al chiodo e si concentra su una storia dai toni fortemente surreali e romantici. La storia vede protagonisti la bella e turbata Young-goon, una ragazza convinta di essere un cyborg, e Park-II-sun, un ragazzo che ruba qualsiasi cosa gli passi a tiro (anime e personalità comprese!!)ossessionato dal profondo timore di scomparire, di "rimpicciolire fino a diventare un puntino".
Attorno a questi due folli personaggi si muovono le vite del manicomio, da una parte gli internati con le loro ansie e le loro pazzie, uniti dalla loro condizione e da uno strano senso di fratellanza, dall'altra i dottori con i loro camici bianchi, "quelli che hanno portato via la nonna". Quella nonna che, pur credendosi un topo e mangiando soltanto rafani marinati (!!), aveva cresciuto Young-Goon e le aveva dato l'affetto e le attenzioni che sua madre non era stata in grado di darle. La giovane donna di conseguenza mal sopporta la vista dei camici, che puntualmente vengono sterminati nelle sue robotiche fantasie.
In questo atipico humus cresce la storia d'amore tra i due giovani, tratteggiata con scene di una dolcezza e poeticità disarmante e filtrata dallo sguardo più che mai ironico di Park. Le risposte date alle domande (non)fatte dalla figlia tredicenne hanno una portata incredibile e sono alla portata di tutti, la storia di amore fra i due, <b>[ATTENZIONE SPOILER]</b> la scena in cui Young-Goon finalmente mangia nuovamente, incoraggiata dagli altri pazienti e l'elaborazione della verità sull'internamento della nonna, seguita dalla riconciliazione con i medici <b>[FINE SPOILER]</b>, sono momenti semplicemente splendidi e toccanti.
Visivamente il film è meraviglioso come quasi tutti i suoi film, non mi stancherò mai di dirlo ma secondo me quest' uomo con la telecamera ci sa proprio fare. La messa in scena è carica di colori saturi, si sofferma spesso sugli sguardi di questi adorabili matti e sulle loro fantasie, che non vengono filtrate così ci ritroviamo a guardare il mondo dai loro occhi. Abbondano anche le eleganti scene dinamiche a cui l'autore ci ha abituato in passato e le trovate originali (perfino i titoli di testa sono geniali) in un continuo susseguirsi di immagini vivide e dalla potenza evocativa notevole <b>[ATTENZIONE SPOILER]</b> In una delle scene finali i due innamorati si siedono in un campo completamente vuoto e impugnano insieme una lunga e sottile antenna mentre si sfoga il temporale, in attesa di un fulmine. L'amore in una fotografia. <b>[FINE SPOILER]</b>.
Insomma Park Chan-Wook mi ha impressionato per l'ennesima volta, ma questa volta in maniera luminosa, in totale controtendenza con il suo solito stile e ha confermato (come se servisse) di essere un autore a tutto tondo, oltre che un grande appassionato di cinema; una persona che riconosce le infinite sfaccettature del mondo e la sua complessità, cercando di rappresentarle attraverso lenti sempre diverse.