One Room Angel
Questo drama è una delle poche eccezioni nel mio agrodolce (più agro che dolce) rapporto con le serie giapponesi. Di solito, per mio gusto personale, non apprezzo molto la recitazione di quel Paese ma, in questo caso, non ho nulla da eccepire, almeno per quanto riguarda gli attori principali.
Adattamento televisivo del breve manga omonimo di Harada, "One Room Angel" è una miniserie in sei episodi di ventiquattro minuti ciascuno, per la regia di Eda Yuuka. Dovrebbe, a parer mio, essere preceduta da un avviso ben visibile: le tematiche trattate sono piuttosto pesanti, spaziando dalla depressione, alla violenza, all’omofobia, al suicidio, senza per questo voler essere esaustivi. Diciamo che non è un’opera per tutti ma, in realtà, pur non essendo una persona allegra di natura, e avendo anzi una visione piuttosto pessimistica e sconsolata della vita, mi sono ritrovata alla fine dell’ultimo episodio ad asciugare qualche lacrimuccia di commozione sentendomi sollevata. Vogliamo parlare di un percorso di guarigione? Chissà.
Certo, un simile percorso pare averlo fatto Koki, un uomo che fa il turno di notte in un "kombini", i piccoli supermercati giapponesi. Costui vive alla giornata, al limite della sussistenza, privo di ambizioni, estraniato da tutto e da tutti, senza, in realtà, avere alcuno scopo nella vita, neanche quello di viverla. Trovandosi apparentemente in fin di vita, a seguito di una rissa, pare vedere un angelo venirgli incontro nei suoi ultimi istanti. Lo porterà in cielo? No, Koki si sveglia miracolosamente quasi guarito, con un debito astronomico da pagare all’ospedale e la stanzetta, che chiama casa, occupata dall’angelo, imbronciato, amnesico e incapace di volare. Lo accoglierà e, insieme, cominceranno il percorso di guarigione di cui sopra.
Qualcuno potrebbe non apprezzare la relazione fra i due: se è pur vero che c’è una disparità di età sconfortante - l’angelo è veramente troppo giovane! - è anche vero che in realtà nulla accade fra i due, e il rapporto è meno che platonico, praticamente soffuso di una luce interiore. Legati a doppio filo dal fatto che l’angelo percepisca ogni emozione di Koki, al punto che la negatività dell’uno fa perdere le penne delle ali all’altro, i due cercheranno di recuperare i ricordi perduti del giovane e di far tornare all’uomo la voglia di vivere, nella speranza che ciò permetta all’angelo di tornare a volare. Già, le ali. Facciamo un veloce paragone con le orecchie di Yoda e… Chiudiamola lì.
Aiutata da un cast di personaggi secondari limitato, ma di buona efficacia e scrittura, la coppia riesce a trasmettere un cumulo disordinato di emozioni che afferrano alla gola. Se Shūhei Uesugi ha saputo rendere al meglio un Koki trasandato, ironico e depresso, l’angelo, interpretato da Takuya Nishimura, mi ha più volte attivato la modalità madre sul piede di guerra per la sua petulanza e irriverenza. Ma, essendo così soffuso di angelica luce (sicuramente un filtro, eh?), come si fa a tirargli un ceffone?
All’accumularsi delle notizie sul passato di entrambi, in un crescendo che sa quasi di "mistery", cominciamo ben presto a sospettare che "One Room Angel" sia un drama che non possa finire bene. Perché un angelo che può volare non è di questa terra.
Ora, non avendo letto il manga, non posso sapere se il finale sia esattamente uguale nei due casi. Certo è che le ultime battute hanno un senso d'incompiutezza che lascia allo spettatore l’interpretazione del loro significato. Per conto mio ho deciso di credere a una versione che non renda, di fatto, inutile tutto il percorso di guarigione di Koki.
In conclusione, un piccolo gioiello da vedere e rivedere anche quando, ormai, i colpi di scena saranno già conosciuti e svanirà l’effetto sorpresa. Non è per questo che "One Room Angel" è un drama da vedere.
Adattamento televisivo del breve manga omonimo di Harada, "One Room Angel" è una miniserie in sei episodi di ventiquattro minuti ciascuno, per la regia di Eda Yuuka. Dovrebbe, a parer mio, essere preceduta da un avviso ben visibile: le tematiche trattate sono piuttosto pesanti, spaziando dalla depressione, alla violenza, all’omofobia, al suicidio, senza per questo voler essere esaustivi. Diciamo che non è un’opera per tutti ma, in realtà, pur non essendo una persona allegra di natura, e avendo anzi una visione piuttosto pessimistica e sconsolata della vita, mi sono ritrovata alla fine dell’ultimo episodio ad asciugare qualche lacrimuccia di commozione sentendomi sollevata. Vogliamo parlare di un percorso di guarigione? Chissà.
Certo, un simile percorso pare averlo fatto Koki, un uomo che fa il turno di notte in un "kombini", i piccoli supermercati giapponesi. Costui vive alla giornata, al limite della sussistenza, privo di ambizioni, estraniato da tutto e da tutti, senza, in realtà, avere alcuno scopo nella vita, neanche quello di viverla. Trovandosi apparentemente in fin di vita, a seguito di una rissa, pare vedere un angelo venirgli incontro nei suoi ultimi istanti. Lo porterà in cielo? No, Koki si sveglia miracolosamente quasi guarito, con un debito astronomico da pagare all’ospedale e la stanzetta, che chiama casa, occupata dall’angelo, imbronciato, amnesico e incapace di volare. Lo accoglierà e, insieme, cominceranno il percorso di guarigione di cui sopra.
Qualcuno potrebbe non apprezzare la relazione fra i due: se è pur vero che c’è una disparità di età sconfortante - l’angelo è veramente troppo giovane! - è anche vero che in realtà nulla accade fra i due, e il rapporto è meno che platonico, praticamente soffuso di una luce interiore. Legati a doppio filo dal fatto che l’angelo percepisca ogni emozione di Koki, al punto che la negatività dell’uno fa perdere le penne delle ali all’altro, i due cercheranno di recuperare i ricordi perduti del giovane e di far tornare all’uomo la voglia di vivere, nella speranza che ciò permetta all’angelo di tornare a volare. Già, le ali. Facciamo un veloce paragone con le orecchie di Yoda e… Chiudiamola lì.
Aiutata da un cast di personaggi secondari limitato, ma di buona efficacia e scrittura, la coppia riesce a trasmettere un cumulo disordinato di emozioni che afferrano alla gola. Se Shūhei Uesugi ha saputo rendere al meglio un Koki trasandato, ironico e depresso, l’angelo, interpretato da Takuya Nishimura, mi ha più volte attivato la modalità madre sul piede di guerra per la sua petulanza e irriverenza. Ma, essendo così soffuso di angelica luce (sicuramente un filtro, eh?), come si fa a tirargli un ceffone?
All’accumularsi delle notizie sul passato di entrambi, in un crescendo che sa quasi di "mistery", cominciamo ben presto a sospettare che "One Room Angel" sia un drama che non possa finire bene. Perché un angelo che può volare non è di questa terra.
Ora, non avendo letto il manga, non posso sapere se il finale sia esattamente uguale nei due casi. Certo è che le ultime battute hanno un senso d'incompiutezza che lascia allo spettatore l’interpretazione del loro significato. Per conto mio ho deciso di credere a una versione che non renda, di fatto, inutile tutto il percorso di guarigione di Koki.
In conclusione, un piccolo gioiello da vedere e rivedere anche quando, ormai, i colpi di scena saranno già conosciuti e svanirà l’effetto sorpresa. Non è per questo che "One Room Angel" è un drama da vedere.
Kōki è un uomo sulla trentina che vive da solo in un piccolo monolocale. Lavora part-time in un minimarket; questo impiego non lo soddisfa, ma almeno lo aiuta a pagare le bollette.
Durante un turno notturno, due clienti entrano causando un po’ di trambusto. Il capo di Kōki lo intima di risolvere i suoi problemi fuori dal negozio e così succede, ma durante lo scontro uno dei due teppisti ferisce il protagonista con un coltello. È proprio in questo momento che Kōki, in uno stato confusionale, pensa di vedere un giovane angelo scendere volando verso di lui. Si risveglia in ospedale, certo che sia stato solo un sogno; non ha riportato ferite gravi, così può tornare presto al suo appartamento, anche se con un conto salato da pagare alla clinica. Appena apre la porta di casa, però, vede l’angelo che lo sta aspettando: un giovane vestito di bianco dalle splendide e candide ali.
L’angelo non solo non ricorda chi sia, ma non riesce più a volare, quindi Kōki decide di ospitarlo nella sua stanza, cercando di capire nel frattempo come guarire le sue ali.
È così che parte la storia di "One Room Angel", drama di sei episodi presente sulla piattaforma streaming Viki, trasposizione live-action dell’omonimo volume unico dell’autrice Harada, uscito in Italia nel 2021 grazie all’editore Star Comics.
Questa mangaka ha dato vita a molti titoli boys' love le cui caratteristiche principali sono una caratterizzazione psicologica molto forte e una grande carica erotica. "One Room Angel" è la sua eccezione: rimane inalterato il bellissimo tratto, oltretutto alleggerito del suo tipico colore nero, ma la narrazione risulta più riflessiva e ricca di emozioni. E questa dolcezza si rileva anche nel live-action. Il drama infatti, come il manga, racconta una storia all’apparenza semplice, fatta di piccoli gesti quotidiani.
Si conosceranno meglio i due personaggi, grazie a tenerissime ma divertentissime scene di vita tipiche di ogni giorno: mangiare insieme, dormire insieme, poltrire per il troppo caldo, sono tutte azioni che i nostri protagonisti fanno mentre parlano per comprendersi meglio, e in questo modo anche noi scopriamo qualcosa in più sul loro passato e sul loro carattere.
Lentamente, il rapporto tra Kōki e l’angelo si fa sempre più stretto, complici anche le dimensioni dell’appartamento, una “one room” per l’appunto, dove non è presente neanche una televisione.
Capiamo subito che Kōki è un personaggio apatico che vive la vita per inerzia, senza mai sorridere. Ha passato una giovinezza difficile che lo ha allontanato dal fratello e, sentendosi in colpa per questa separazione, vive pensando di non meritarsi questa esistenza. È un uomo che soffre, senza nemmeno esserne consapevole, di una forte depressione e che si è auto-isolato dal resto del mondo, persino dalla sua famiglia.
Shūhei Uesugi è stato perfetto in questo ruolo: la sua espressività è stata straordinaria; capelli e barbetta trasandati e degli abiti poco curati, quasi sempre di colore scuro, hanno fatto il resto.
L’atteggiamento di Kōki, però, comincia a mutare dall’incontro con l’angelo. Prendersi cura di lui, infatti, lo fa stare bene. E non solo lui: mentre dona dei buoni consigli, con un atteggiamento quasi irriverente, anche l’angelo comincia a stare meglio e a sorridere di più.
Mentre Kōki è ironico, ma di quella ironia che nasconde dietro tanta malinconia, l’angelo è un piccolo impertinente a cui piace fare battute e recitare monologhi del teatro rakugo giapponese; non ha nessuna caratteristica tipica di un angelo, se non un aspetto aureo e luminoso che lo contrappone al burbero padrone di casa. Infatti, intorno a lui sembra sempre aleggiare un’aurea eterea, creata probabilmente con l’aiuto di qualche filtro luminoso.
Ben poche sono le differenze della serie TV con il manga e non molto rilevanti, rimanendo perlopiù fedele alla storia originale, sia nelle azioni che nelle conversazioni. L’intento di volersi mantenere il più possibile vicino all’opera cartacea si evince anche dal fatto che i sei episodi si intitolano proprio come i primi sei degli otto capitoli del manga, semmai cambiando minimamente l’ordine, ma con lo scopo finale di ripercorrere passo passo questo tenero racconto.
Le maggiori diversità si riscontrano nella puntata in cui conosciamo il passato dell’angelo, aggiungendo e approfondendo il rapporto fra lui e chi gli ruota attorno. Non risulta un’aggiunta invadente, in quanto va a spiegare delle dinamiche lasciate all’interpretazione del lettore nel manga. E forse rende meno dura e tormentata la storia dell’angelo, ma allo stesso tempo più triste.
Anche la stagione dell’anno in cui si svolge il finale è diversa, ma la scena resta invariata: in breve, la regista Yuka Eda e la sceneggiatrice Aya Watanabe hanno realizzato un ottimo lavoro, cambiando alcune parti per rendere fruibili gli episodi, ma non alterando l’anima della storia.
La cosa che poteva spaventare di più in questo adattamento erano le ali: se gestite male, sarebbero potute risultare come un cosplay di scadente manifattura; ma così non è stato. Giostrando bene le inquadrature, le ali non sono mai sembrate finte, cosa non da poco visto l’importanza che hanno nella trama. Le ali riflettono infatti gli stati d’animo di Kōki, perdendo piume quando questo è triste, diventando più belle e folte quando lui prova sentimenti positivi. Sono come un mezzo che serve allo spettatore e all’angelo per capire al meglio il protagonista.
Il tono tagliente e l’interpretazione di Takuya Nishimura hanno completato splendidamente il personaggio dell’angelo.
I due attori sono stati bravissimi: malgrado l’accenno al tema soprannaturale nella storia, Shūhei Uesugi e Takuya Nishimura sono entrati talmente tanto nella parte da risultare assolutamente realistici. Inoltre, a dispetto dei quasi dieci anni di differenza di età, fra i due attori protagonisti si avverte una chimica fortissima.
Nonostante la storia sembri semplice e lineare, nasconde comunque degli aspetti tristi e agrodolci che faranno commuovere e riflettere sul significato della vita. Al di là dei temi, gli episodi rimangono leggeri e scorrevoli: i personaggi parlano spesso in modo sarcastico, con battute taglienti e questo permette di mantenere un’atmosfera spensierata con dialoghi divertenti.
Ed è anche per questo che "One Room Angel" è un titolo adatto a tutti, amanti dei boys' love o meno, risultando piacevole per qualsiasi tipo di spettatore: è una storia che si spoglia delle tipiche caratteristiche di questo genere, trattando molti temi importanti, ma soprattutto mettendo come protagonista le emozioni.
In conclusione, "One Room Angel" è una storia curativa a tutti gli effetti. I due protagonisti si aiutano a vicenda, leniscono le loro sofferenze, imparando ad apprezzare e a sorridere sempre più delle piccole cose ed a essere grati della vita, ma non solo. È una storia che fa stare bene anche lo spettatore, trasportandolo in un viaggio quasi terapeutico.
Durante un turno notturno, due clienti entrano causando un po’ di trambusto. Il capo di Kōki lo intima di risolvere i suoi problemi fuori dal negozio e così succede, ma durante lo scontro uno dei due teppisti ferisce il protagonista con un coltello. È proprio in questo momento che Kōki, in uno stato confusionale, pensa di vedere un giovane angelo scendere volando verso di lui. Si risveglia in ospedale, certo che sia stato solo un sogno; non ha riportato ferite gravi, così può tornare presto al suo appartamento, anche se con un conto salato da pagare alla clinica. Appena apre la porta di casa, però, vede l’angelo che lo sta aspettando: un giovane vestito di bianco dalle splendide e candide ali.
L’angelo non solo non ricorda chi sia, ma non riesce più a volare, quindi Kōki decide di ospitarlo nella sua stanza, cercando di capire nel frattempo come guarire le sue ali.
È così che parte la storia di "One Room Angel", drama di sei episodi presente sulla piattaforma streaming Viki, trasposizione live-action dell’omonimo volume unico dell’autrice Harada, uscito in Italia nel 2021 grazie all’editore Star Comics.
Questa mangaka ha dato vita a molti titoli boys' love le cui caratteristiche principali sono una caratterizzazione psicologica molto forte e una grande carica erotica. "One Room Angel" è la sua eccezione: rimane inalterato il bellissimo tratto, oltretutto alleggerito del suo tipico colore nero, ma la narrazione risulta più riflessiva e ricca di emozioni. E questa dolcezza si rileva anche nel live-action. Il drama infatti, come il manga, racconta una storia all’apparenza semplice, fatta di piccoli gesti quotidiani.
Si conosceranno meglio i due personaggi, grazie a tenerissime ma divertentissime scene di vita tipiche di ogni giorno: mangiare insieme, dormire insieme, poltrire per il troppo caldo, sono tutte azioni che i nostri protagonisti fanno mentre parlano per comprendersi meglio, e in questo modo anche noi scopriamo qualcosa in più sul loro passato e sul loro carattere.
Lentamente, il rapporto tra Kōki e l’angelo si fa sempre più stretto, complici anche le dimensioni dell’appartamento, una “one room” per l’appunto, dove non è presente neanche una televisione.
Capiamo subito che Kōki è un personaggio apatico che vive la vita per inerzia, senza mai sorridere. Ha passato una giovinezza difficile che lo ha allontanato dal fratello e, sentendosi in colpa per questa separazione, vive pensando di non meritarsi questa esistenza. È un uomo che soffre, senza nemmeno esserne consapevole, di una forte depressione e che si è auto-isolato dal resto del mondo, persino dalla sua famiglia.
Shūhei Uesugi è stato perfetto in questo ruolo: la sua espressività è stata straordinaria; capelli e barbetta trasandati e degli abiti poco curati, quasi sempre di colore scuro, hanno fatto il resto.
L’atteggiamento di Kōki, però, comincia a mutare dall’incontro con l’angelo. Prendersi cura di lui, infatti, lo fa stare bene. E non solo lui: mentre dona dei buoni consigli, con un atteggiamento quasi irriverente, anche l’angelo comincia a stare meglio e a sorridere di più.
Mentre Kōki è ironico, ma di quella ironia che nasconde dietro tanta malinconia, l’angelo è un piccolo impertinente a cui piace fare battute e recitare monologhi del teatro rakugo giapponese; non ha nessuna caratteristica tipica di un angelo, se non un aspetto aureo e luminoso che lo contrappone al burbero padrone di casa. Infatti, intorno a lui sembra sempre aleggiare un’aurea eterea, creata probabilmente con l’aiuto di qualche filtro luminoso.
Ben poche sono le differenze della serie TV con il manga e non molto rilevanti, rimanendo perlopiù fedele alla storia originale, sia nelle azioni che nelle conversazioni. L’intento di volersi mantenere il più possibile vicino all’opera cartacea si evince anche dal fatto che i sei episodi si intitolano proprio come i primi sei degli otto capitoli del manga, semmai cambiando minimamente l’ordine, ma con lo scopo finale di ripercorrere passo passo questo tenero racconto.
Le maggiori diversità si riscontrano nella puntata in cui conosciamo il passato dell’angelo, aggiungendo e approfondendo il rapporto fra lui e chi gli ruota attorno. Non risulta un’aggiunta invadente, in quanto va a spiegare delle dinamiche lasciate all’interpretazione del lettore nel manga. E forse rende meno dura e tormentata la storia dell’angelo, ma allo stesso tempo più triste.
Anche la stagione dell’anno in cui si svolge il finale è diversa, ma la scena resta invariata: in breve, la regista Yuka Eda e la sceneggiatrice Aya Watanabe hanno realizzato un ottimo lavoro, cambiando alcune parti per rendere fruibili gli episodi, ma non alterando l’anima della storia.
La cosa che poteva spaventare di più in questo adattamento erano le ali: se gestite male, sarebbero potute risultare come un cosplay di scadente manifattura; ma così non è stato. Giostrando bene le inquadrature, le ali non sono mai sembrate finte, cosa non da poco visto l’importanza che hanno nella trama. Le ali riflettono infatti gli stati d’animo di Kōki, perdendo piume quando questo è triste, diventando più belle e folte quando lui prova sentimenti positivi. Sono come un mezzo che serve allo spettatore e all’angelo per capire al meglio il protagonista.
Il tono tagliente e l’interpretazione di Takuya Nishimura hanno completato splendidamente il personaggio dell’angelo.
I due attori sono stati bravissimi: malgrado l’accenno al tema soprannaturale nella storia, Shūhei Uesugi e Takuya Nishimura sono entrati talmente tanto nella parte da risultare assolutamente realistici. Inoltre, a dispetto dei quasi dieci anni di differenza di età, fra i due attori protagonisti si avverte una chimica fortissima.
Nonostante la storia sembri semplice e lineare, nasconde comunque degli aspetti tristi e agrodolci che faranno commuovere e riflettere sul significato della vita. Al di là dei temi, gli episodi rimangono leggeri e scorrevoli: i personaggi parlano spesso in modo sarcastico, con battute taglienti e questo permette di mantenere un’atmosfera spensierata con dialoghi divertenti.
Ed è anche per questo che "One Room Angel" è un titolo adatto a tutti, amanti dei boys' love o meno, risultando piacevole per qualsiasi tipo di spettatore: è una storia che si spoglia delle tipiche caratteristiche di questo genere, trattando molti temi importanti, ma soprattutto mettendo come protagonista le emozioni.
In conclusione, "One Room Angel" è una storia curativa a tutti gli effetti. I due protagonisti si aiutano a vicenda, leniscono le loro sofferenze, imparando ad apprezzare e a sorridere sempre più delle piccole cose ed a essere grati della vita, ma non solo. È una storia che fa stare bene anche lo spettatore, trasportandolo in un viaggio quasi terapeutico.