GunHed
Premetto: di Kia Asamiya ho letto molte storie negli anni ‘90 e il mio giudizio su di lui è contrastante… delle opere migliori ("Dark Angel", "Silent Mobius") non ho letto la fine… delle opere umoristiche ("Compiler", "Assembler OX") devo dire che erano poco divertenti… Le opere successive ("Nadeshiko", "Steam Detective", "Junk") non le ho lette.
Ora che hanno annunciato il suo ritorno in Italia ho deciso di rileggere "GunHed" che è il suo primo fumetto… come me lo ricordavo è abbastanza adrenalinico, i disegni della versione americana, sono molto più belli delle tavole da me me lette all’epoca su Zero della Granata Press, all’epoca i fan parlavano di tavole “bruciate”, nel senso venute male, ma credo che stessero esagerando il problema erano la carta (in primis) e l’inchiostro.
Credo "GunHed" fosse un fumetto molto adatto al genere di manga che pubblicava quella storica rivista, ma ci sono passaggi non chiarissimi che meritavano di essere concepiti meglio: se 130 pagine si adattano ad altri manga credo che questo avesse bisogno di 10 pagine in più, sembra che Asamiya abbia fretta di concludere la storia; come ha spiegato in un intervista in seguito lavorava con il suo vero nome (Michitaka Kikuchi) nel mondo degli anime.
Quindi anche la storia è interessante, innovativa almeno per l’Italia dei primi anni ‘90, a distanza di anni sono costretto a rivalutare il mio giudizio in peggio: 5 e mezzo, bocciata anche se non del tutto.
Ora che hanno annunciato il suo ritorno in Italia ho deciso di rileggere "GunHed" che è il suo primo fumetto… come me lo ricordavo è abbastanza adrenalinico, i disegni della versione americana, sono molto più belli delle tavole da me me lette all’epoca su Zero della Granata Press, all’epoca i fan parlavano di tavole “bruciate”, nel senso venute male, ma credo che stessero esagerando il problema erano la carta (in primis) e l’inchiostro.
Credo "GunHed" fosse un fumetto molto adatto al genere di manga che pubblicava quella storica rivista, ma ci sono passaggi non chiarissimi che meritavano di essere concepiti meglio: se 130 pagine si adattano ad altri manga credo che questo avesse bisogno di 10 pagine in più, sembra che Asamiya abbia fretta di concludere la storia; come ha spiegato in un intervista in seguito lavorava con il suo vero nome (Michitaka Kikuchi) nel mondo degli anime.
Quindi anche la storia è interessante, innovativa almeno per l’Italia dei primi anni ‘90, a distanza di anni sono costretto a rivalutare il mio giudizio in peggio: 5 e mezzo, bocciata anche se non del tutto.
