Metropolis
Nel 1925 il regista Fritz Lang e la scrittrice Thea Von Harbou (sua moglie all'epoca) hanno la prima idea per Metropolis, una città del futuro in cui una tecnologia favolosa si sposa con una società distopica e fortemente classista. Il film risultante, uscito nel 1927, diventa un classico del muto ed è così celebre da entrare nell'immaginario collettivo; tanto per fare degli esempi, il nome della città in cui si svolgono le avventure di Superman deriva dal film, mentre il robot interprete di Guerre Stellari, C-3PO, è un'omaggio al robot di Metropolis. Nel 1949 Osamu Tezuka, pur non avendo visto il film, lo omaggia con un manga che presenta una gigantesca città del futuro chiamata Metropolis e un essere artificiale che guida una rivolta. A parte queste idee, il manga è una pura invenzione di Tezuka e non ha nulla a che fare con il film. I protagonisti sono Kenichi e il detective Shunsaku Ban (personaggi ideati da Tezuka fin dalle scuole medie), coadiuvati dall'androide Mitchi, fatto di cellule sintetiche. Fa una comparsa anche il professor Hanamaru, che avverte il lettore dei pericoli dell'abuso della scienza.
Metropolis sorprende perché nonostante sia un'opera giovanile contiene già in nuce tutte le idee tipiche del Tezuka maturo. In particolare Mitchi, essere artificiale androgino, in grado di cambiare sesso quando viene premuto un bottone all'interno della sua gola, prefigura l'ambiguità sessuale propria della Principessa Zaffiro. Mitchi assomiglia a Zaffiro anche come chara design e come viso, ed è anche il modello primitivo da cui nascerà Astroboy, di cui prefigura i poteri. L'idea dello scienziato che cerca di creare la vita da cellule artificiali verrà poi ripresa nel Libro del Futuro della saga della Fenice e in altre opere del Maestro. Metropolis vede anche l'introduzione di Duke Red e Notarlin, personaggi che entreranni a far parte dello Star System di Tezuka e torneranno in molti manga successivi, a partire da "Next World". Nel finale Mitchi si ribella, guida una rivolta di robot, attacca Metropolis e vi sono scene di distruzione che sembrano tratte pari pari da Superman, cosa notevole visto che all'epoca Tezuka non aveva avuto modo di leggere Superman. Tezuka invece dissemina il manga di omaggi ai comics americani che conosceva e amava, in primo luogo Micky Mouse; è geniale l'introduzione dei topi giganti chiamati "Mikimaus Waltdisneus" e graficamenti identici a Topolino. Però più che ai comics, Tezuka si ispira ai cartoons, e innumerevoli tavole sono chiare imitazioni di questi, specialmente negli effetti cinematografici. Metropolis va valutato rispetto a questi predecessori: e avendo io letto qualche storia del Topolino anni quaranta e visto alcuni cartoons di quei tempi (non solo Disney ma anche "Felix the Cat" e "Betty Boop") posso dire che il manga di Tezuka è enormente superiore come storia, sia a livello di idee fantascientifiche che per il finale drammatico, sconosciuto nel fumetto umoristico americano. Azione, avventura, umorismo, sentimento e quella delicatezza che sono il marchio di fabbrica del miglior Tezuka sono già tutti presenti in quest'opera di un ventenne. "Metropolis" andrebbe letto subito dopo l'ottimo "Lost World" (1948) e prima di "Next World" (1951) le altre due opere che compongono la trilogia fantascientifica che rivelò Tezuka come il migliore mangaka del Giappone. Tenuto conto dell'anno di pubblicazione e del target di pubblico, a mio avviso queste opere non hanno nulla di meno delle opere della maturità, e sono state per me una grande scoperta.
Infine va notato che nel 2001 Katsuhiro Otomo e Rintaro hanno realizzato un film cinematografico ispirato al manga di Tezuka. Bisogna dire però che l'ispirazione è molto blanda, la storia è diversa e le atmosfere visionarie sono più simili a quelle del film di Fritz Lang che a quelle del manga. Il manga è destinato a un pubblico infantile e non mancano le gag oltre che il dramma, mentre invece il film è maestoso, opulento e fin troppo interessato alla spettacolarità. Ad essere onesti è un totale tradimento dello stile di Tezuka e il manga va letto a maggior ragione se avete visto il film, trattandosi di un'opera di tutt'altro genere.
Metropolis sorprende perché nonostante sia un'opera giovanile contiene già in nuce tutte le idee tipiche del Tezuka maturo. In particolare Mitchi, essere artificiale androgino, in grado di cambiare sesso quando viene premuto un bottone all'interno della sua gola, prefigura l'ambiguità sessuale propria della Principessa Zaffiro. Mitchi assomiglia a Zaffiro anche come chara design e come viso, ed è anche il modello primitivo da cui nascerà Astroboy, di cui prefigura i poteri. L'idea dello scienziato che cerca di creare la vita da cellule artificiali verrà poi ripresa nel Libro del Futuro della saga della Fenice e in altre opere del Maestro. Metropolis vede anche l'introduzione di Duke Red e Notarlin, personaggi che entreranni a far parte dello Star System di Tezuka e torneranno in molti manga successivi, a partire da "Next World". Nel finale Mitchi si ribella, guida una rivolta di robot, attacca Metropolis e vi sono scene di distruzione che sembrano tratte pari pari da Superman, cosa notevole visto che all'epoca Tezuka non aveva avuto modo di leggere Superman. Tezuka invece dissemina il manga di omaggi ai comics americani che conosceva e amava, in primo luogo Micky Mouse; è geniale l'introduzione dei topi giganti chiamati "Mikimaus Waltdisneus" e graficamenti identici a Topolino. Però più che ai comics, Tezuka si ispira ai cartoons, e innumerevoli tavole sono chiare imitazioni di questi, specialmente negli effetti cinematografici. Metropolis va valutato rispetto a questi predecessori: e avendo io letto qualche storia del Topolino anni quaranta e visto alcuni cartoons di quei tempi (non solo Disney ma anche "Felix the Cat" e "Betty Boop") posso dire che il manga di Tezuka è enormente superiore come storia, sia a livello di idee fantascientifiche che per il finale drammatico, sconosciuto nel fumetto umoristico americano. Azione, avventura, umorismo, sentimento e quella delicatezza che sono il marchio di fabbrica del miglior Tezuka sono già tutti presenti in quest'opera di un ventenne. "Metropolis" andrebbe letto subito dopo l'ottimo "Lost World" (1948) e prima di "Next World" (1951) le altre due opere che compongono la trilogia fantascientifica che rivelò Tezuka come il migliore mangaka del Giappone. Tenuto conto dell'anno di pubblicazione e del target di pubblico, a mio avviso queste opere non hanno nulla di meno delle opere della maturità, e sono state per me una grande scoperta.
Infine va notato che nel 2001 Katsuhiro Otomo e Rintaro hanno realizzato un film cinematografico ispirato al manga di Tezuka. Bisogna dire però che l'ispirazione è molto blanda, la storia è diversa e le atmosfere visionarie sono più simili a quelle del film di Fritz Lang che a quelle del manga. Il manga è destinato a un pubblico infantile e non mancano le gag oltre che il dramma, mentre invece il film è maestoso, opulento e fin troppo interessato alla spettacolarità. Ad essere onesti è un totale tradimento dello stile di Tezuka e il manga va letto a maggior ragione se avete visto il film, trattandosi di un'opera di tutt'altro genere.
Penso che ai giorni nostri l'unica ragione in grado di spingere qualcuno nell'impresa di riesumare un fumetto come "Metropolis" sia la curiosità di leggere la storia il cui nome è stato reso noto dal più celebre film del 2001 di Rintaro e, forse, anche dal lungometraggio di Fritz Lang del 1927, da cui Tezuka prese spunto per la creazione del suo essere umano artificiale Michi. E tuttavia la verità è che questo manga non ha alcuna attinenza con i due titoli sopracitati, né loro si avvicina minimamente per qualità artistica. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel lontano 1949, in cui "Metropolis" venne pubblicato per la prima volta, e l'arte di Osamushi è notevolmente migliorata da allora, tanto da arrivare a regalarci opere immortali come "La Fenice" e relegando di fatto i suoi primi lavori nel vasto mare delle sue produzioni minori.
Il punto dolente è uno e uno solo: questo fumetto è fin troppo legato al tempo in cui fu scritto, insomma è vecchio. Prendiamo ad esempio trama e sceneggiatura: in un futuro non troppo lontano gli uomini, giunti all'apice del loro splendore tecnologico, vivono in enormi megalopoli e affidano incondizionatamente il loro futuro alla guida della tecnica e della scienza. Le menti più brillanti del pianeta si riuniscono a Metropolis per discutere le loro nuove scoperte, ma durante il congresso accade qualcosa di terribile. Misteriose macchie cominciano ad apparire sul sole destabilizzando il suo campo gravitazionale, strane creature appaiono nei sobborghi della città e come se non bastasse il dottor Lawton, impegnato da anni in studi sulle cellule sintetiche, viene rapito da un gruppo terroristico chiamato Red Party e costretto a creare per loro un essere umano artificiale dalle capacità prodigiose che li assista nei loro loschi affari. Nel contempo arriva dal Giappone un investigatore privato con l'incarico di arrestare proprio Duke Red, il leader di quell'organizzazione.
L'intreccio corre veloce e accumula trovate su trovate senza mai preoccuparsi di farsi da parte un momento per dar spazio all'approfondimento di personaggi e ambientazioni, rendendoli di fatto superficiali e stereotipati. Tutto questo, unito a cambi di scena molto spesso troppo rapidi, contribuisce a rendere l'intera avventura decisamente più discontinua e frammentaria di quanto avrebbe dovuto essere.
Non che ciò fosse un problema per il pubblico a cui "Metroplis" si rivolgeva. Un pubblico che spaziava essenzialmente dall'infanzia all'adolescenza e per il quale la fantascienza rappresentava in effetti una novità. Anche l'uso di stereotipi era a tutti gli effetti un vantaggio, un modo semplice con cui trasmettere degli ideali ben precisi in maniera immediata, in modo che chi leggeva potesse immediatamente identificarli in un determinato personaggio.
Kenichi, per esempio, presente come protagonista anche in "Metropolis", era il simbolo del ragazzino puro e onesto ad ogni costo, l'incarnazione di un eroe popolare cui non è difficile pensare i bambini volessero assomigliare durante gli anni successivi alla guerra. Eppure oggi un personaggio del genere risulta piuttosto seccante, piatto e poco interessante nella migliore delle ipotesi. Non è certo un caso che le sue apparizioni nelle storie di Tezuka siano andate sempre più diminuendo nel corso degli anni, proprio mentre il suo alter ego spirituale, Rock, stava subendo quella trasformazione che lo avrebbe portato a diventare uno dei più complessi e amati attori dello star system dell'autore.
Come se non bastasse, i disegni sono ancora molto cartooneschi (basti vedere il cameo del Mickimaus Waltdisneus), molto distanti dal gusto dei lettori moderni che generalmente preferiscono rappresentazioni più realistiche e volte a esaltare la spettacolarità dell'azione. Non che questo sia un problema, visto che i principali fruitori di "Metropolis" saranno probabilmente fan di lunga data di Tezuka, e in effetti è solamente a loro che mi sentirei di consigliare questo manga o, eventualmente, a chi si senta un po' archeologo del fumetto.
Il punto dolente è uno e uno solo: questo fumetto è fin troppo legato al tempo in cui fu scritto, insomma è vecchio. Prendiamo ad esempio trama e sceneggiatura: in un futuro non troppo lontano gli uomini, giunti all'apice del loro splendore tecnologico, vivono in enormi megalopoli e affidano incondizionatamente il loro futuro alla guida della tecnica e della scienza. Le menti più brillanti del pianeta si riuniscono a Metropolis per discutere le loro nuove scoperte, ma durante il congresso accade qualcosa di terribile. Misteriose macchie cominciano ad apparire sul sole destabilizzando il suo campo gravitazionale, strane creature appaiono nei sobborghi della città e come se non bastasse il dottor Lawton, impegnato da anni in studi sulle cellule sintetiche, viene rapito da un gruppo terroristico chiamato Red Party e costretto a creare per loro un essere umano artificiale dalle capacità prodigiose che li assista nei loro loschi affari. Nel contempo arriva dal Giappone un investigatore privato con l'incarico di arrestare proprio Duke Red, il leader di quell'organizzazione.
L'intreccio corre veloce e accumula trovate su trovate senza mai preoccuparsi di farsi da parte un momento per dar spazio all'approfondimento di personaggi e ambientazioni, rendendoli di fatto superficiali e stereotipati. Tutto questo, unito a cambi di scena molto spesso troppo rapidi, contribuisce a rendere l'intera avventura decisamente più discontinua e frammentaria di quanto avrebbe dovuto essere.
Non che ciò fosse un problema per il pubblico a cui "Metroplis" si rivolgeva. Un pubblico che spaziava essenzialmente dall'infanzia all'adolescenza e per il quale la fantascienza rappresentava in effetti una novità. Anche l'uso di stereotipi era a tutti gli effetti un vantaggio, un modo semplice con cui trasmettere degli ideali ben precisi in maniera immediata, in modo che chi leggeva potesse immediatamente identificarli in un determinato personaggio.
Kenichi, per esempio, presente come protagonista anche in "Metropolis", era il simbolo del ragazzino puro e onesto ad ogni costo, l'incarnazione di un eroe popolare cui non è difficile pensare i bambini volessero assomigliare durante gli anni successivi alla guerra. Eppure oggi un personaggio del genere risulta piuttosto seccante, piatto e poco interessante nella migliore delle ipotesi. Non è certo un caso che le sue apparizioni nelle storie di Tezuka siano andate sempre più diminuendo nel corso degli anni, proprio mentre il suo alter ego spirituale, Rock, stava subendo quella trasformazione che lo avrebbe portato a diventare uno dei più complessi e amati attori dello star system dell'autore.
Come se non bastasse, i disegni sono ancora molto cartooneschi (basti vedere il cameo del Mickimaus Waltdisneus), molto distanti dal gusto dei lettori moderni che generalmente preferiscono rappresentazioni più realistiche e volte a esaltare la spettacolarità dell'azione. Non che questo sia un problema, visto che i principali fruitori di "Metropolis" saranno probabilmente fan di lunga data di Tezuka, e in effetti è solamente a loro che mi sentirei di consigliare questo manga o, eventualmente, a chi si senta un po' archeologo del fumetto.