Shiroi Heya no Futari
"Shiroi heya no futari" è un manga storicamente rilevante perché si situa agli albori del genere yuri. Scritto da Ryoko Yamagishi, membro del famoso Gruppo 24, è uno dei primi a trattare il tema dell'amore tra ragazze. L'ambientazione, in un collegio femminile francese, si vedrà in mille altri manga e anime, antichi e moderni, tanto da essere entrata a far parte dell'immaginario erotico giapponese (ma non mi sorprenderebbe se questa moda originasse da romanzi pornografici occidentali importati). Sia come sia, il manga narra la storia della nobile orfana Resine, che viene mandata a studiare nello stesso collegio frequentato a suo tempo dalla madre.
Resine diventa la compagna di stanza una studentessa particolarmente difficile, Simone, che beve, fuma, frequenta uomini, passa le notti fuori dal collegio, e si comporta in maniera aggressiva e ribelle. D'altra parte Simone è forte e coraggiosa, oltreché bellissima, e esercita un'inevitabile attrazione sulla timida Resine. Attrazione reciproca, forse perché Resine incarna la femminilità remissiva di cui Simone è sprovvista. Nel corso della storia si scopre che Simone ha dei grossi problemi con la madre, una bellissima attrice che l'ha sempre trascurata per dedicarsi ai suoi molti uomini: questo probabilmente ha a che fare con il suo orientamento sessuale e probabilmente è anche il motivo per cui non si fa problemi a riconoscere di essere omosessuale. Resine invece ha problemi, grossi problemi, non vuole ammettere di amare Simone e vuole pretendere si tratti di semplice amicizia: ma questo porterà a conseguenze drammatiche...
Vista con gli occhi di oggi la storia non sembra originale, ma nel 1971 le cose erano ben diverse e va considerata come un'opera molto coraggiosa, anche puramente da un punto di vista commerciale: si pubblicava una tipologia di manga che non si sapeva neppure se avrebbe avuto un mercato, mentre adesso lo yuri è un genere rispettabile e prolifico, con centinaia di rappresentanti. La psicologia dei personaggi è credibile e la deriva tragica è inevitabile per i manga di quegli anni. Il ritmo è sostenuto e in poche pagine avvengono così tanti avvenimenti che al giorno d'oggi richiederebbero almeno tre volumi per essere narrati, ma anche questo è normale per l'epoca. La cosa che ho apprezzato di più sono i disegni, nel classico stile shojo per cui nutro un amore viscerale, e le atmosfere estremamente melodrammatiche e retrò. Il linguaggio è di stampo ottocentesco, con espressioni che sembrano tratte dal primo Romanticismo, ma anche questo è tipico, penso per esempio a manga come "Caro Fratello" di Ryoko Ikeda o a "La porta sull'estate" di Keiko Takemiya, scritti pochi anni dopo.
Resine diventa la compagna di stanza una studentessa particolarmente difficile, Simone, che beve, fuma, frequenta uomini, passa le notti fuori dal collegio, e si comporta in maniera aggressiva e ribelle. D'altra parte Simone è forte e coraggiosa, oltreché bellissima, e esercita un'inevitabile attrazione sulla timida Resine. Attrazione reciproca, forse perché Resine incarna la femminilità remissiva di cui Simone è sprovvista. Nel corso della storia si scopre che Simone ha dei grossi problemi con la madre, una bellissima attrice che l'ha sempre trascurata per dedicarsi ai suoi molti uomini: questo probabilmente ha a che fare con il suo orientamento sessuale e probabilmente è anche il motivo per cui non si fa problemi a riconoscere di essere omosessuale. Resine invece ha problemi, grossi problemi, non vuole ammettere di amare Simone e vuole pretendere si tratti di semplice amicizia: ma questo porterà a conseguenze drammatiche...
Vista con gli occhi di oggi la storia non sembra originale, ma nel 1971 le cose erano ben diverse e va considerata come un'opera molto coraggiosa, anche puramente da un punto di vista commerciale: si pubblicava una tipologia di manga che non si sapeva neppure se avrebbe avuto un mercato, mentre adesso lo yuri è un genere rispettabile e prolifico, con centinaia di rappresentanti. La psicologia dei personaggi è credibile e la deriva tragica è inevitabile per i manga di quegli anni. Il ritmo è sostenuto e in poche pagine avvengono così tanti avvenimenti che al giorno d'oggi richiederebbero almeno tre volumi per essere narrati, ma anche questo è normale per l'epoca. La cosa che ho apprezzato di più sono i disegni, nel classico stile shojo per cui nutro un amore viscerale, e le atmosfere estremamente melodrammatiche e retrò. Il linguaggio è di stampo ottocentesco, con espressioni che sembrano tratte dal primo Romanticismo, ma anche questo è tipico, penso per esempio a manga come "Caro Fratello" di Ryoko Ikeda o a "La porta sull'estate" di Keiko Takemiya, scritti pochi anni dopo.
"Penso che se io morissi / e che con i miei mali finisse / il desiderio / un amore così grande si spegnerebbe / e il mondo intero rimarrebbe / senza amore."
(Lucrezia Borgia)
Con i suoi quarantun anni tutto sommato ben portati "Shiroi heya no futari" è considerato uno dei più importanti manga saffici del suo tempo, quantunque non il primo ad affrontare questa tematica. Ciò che lo rende unico è piuttosto l'eloquenza dei suoi contenuti, giacché ad essere messo in discussione non è il sentimento che lega le due protagoniste, ma addirittura la loro stessa sessualità: nulla di particolarmente eclatante per un lettore di manga dei giorni nostri, abituato a questo e a molto altro, ma una vera innovazione per quei tempi. Non per niente l'autrice di questo volume unico, Ryoko Yamagishi, fa parte del prestigioso Gruppo 24, costituito da mangaka nate attorno al 1949 (corrispondente per l'appunto al ventiquattresimo anno dell'era Shōwa) che con le loro opere hanno nobilitato e rivoluzionato il genere shoujo.
Rimasta orfana di entrambi i genitori Resine, che sospetta che la zia voglia accoglierla in casa propria allettata dalla prospettiva di entrare in possesso di parte dell'eredità più che per ragioni affettive, decide di andare a vivere nello stesso collegio da cui, a suo tempo, si diplomò sua madre. È inoltre intenzionata a dimostrare di essere in grado di fare affidamento esclusivamente sulle proprie forze a dispetto del fatto di essere stata cresciuta nella bambagia. Ben presto, tuttavia, i suoi nobili propositi vengono messi a dura prova dall'algida Simone, con cui è costretta a dividere la stanza. La convivenza tra le sue si preannuncia disastrosa, eppure ognuna sembra avere qualcosa che attrae profondamente l'altra: Resine non può fare a meno di chiedersi se Simone sia davvero così forte come appare, mentre quest'ultima è molto più sensibile ai problemi dell'altra di quanto voglia dare a intendere.
Dunque, ricapitoliamo: volume unico, argomento scottante, scarsi margini di manovra e soprattutto nessuna traccia precostituita da poter seguire. Decisamente questa combinazione di elementi non depone in favore di un corretto svolgimento della vicenda, che infatti viene narrata in modo frettoloso e superficiale. Non è difficile individuarne i passaggi fondamentali, ma manca il tempo materiale per poterli assimilare. Il tutto è inoltre condito con abbondante colla vini... ehm, abbondante prosa viola, vale a dire col linguaggio ridicolmente fiorito che andava tanto di moda nei manga di quel periodo. Simone, ad esempio, in un'occasione si riferisce a Resine chiamandola "principessa del Medioevo", mentre quest'ultima, guardandola giocare a tennis, si lancia in dubbie considerazioni zoologiche e biologiche ("Delle gambe così belle, come quelle di un cervo. E quei capelli corvini... dev'esserci del sangue spagnolo in lei, lo deduco da quei suoi occhi così passionali"), naturalmente accompagnate da ispirate visioni della presunta cervide in questione. Non siamo ai livelli di Rei di "Caro Fratello" e del suo "Mia poupée, che mi hai schiaffeggiata", ma ci andiamo vicino.
L'introspezione psicologica dei personaggi (non molti, in ogni caso) risente inevitabilmente dei difetti della trama, ed è un peccato perché entrambe le protagoniste, in particolare Simone, sono dei soggetti molto validi. Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte all'ordinarietà di Resine, invero molto simile alla protagonista del sopracitato manga della Ikeda, ma il contrasto tra il suo carattere remissivo e quello trasgressivo di Simone, pur essendo un classico, è decisamente intrigante. Si fa tuttavia una gran fatica a cogliere le innumerevoli sfumature del loro amore, che colpisce sì per la sua intensità ma che non riesce a coinvolgere fino in fondo a causa delle tempistiche a dir poco proibitive. Non pervenuta, infine, Louise, promossa in fretta e furia da fugace comprimaria a cattiva della situazione senza un vero motivo per poi vedere il suo ruolo nuovamente ridimensionato.
Il tratto della Yamagishi è forse più interessante che piacevole, oltre che incerto, mentre le tavole, pur non osando granché, sono costruite in modo tale da garantire una lettura dinamica e senza intoppi.
Per concludere: la materia prima, peraltro di eccellente qualità, era tutta lì, ma poteva essere lavorata meglio. In definitiva sarebbe bastato diluire la storia fino ad ottenere abbastanza materiale per riempire due volumi, dopodiché il manga avrebbe tranquillamente potuto ambire a un 9.
(Lucrezia Borgia)
Con i suoi quarantun anni tutto sommato ben portati "Shiroi heya no futari" è considerato uno dei più importanti manga saffici del suo tempo, quantunque non il primo ad affrontare questa tematica. Ciò che lo rende unico è piuttosto l'eloquenza dei suoi contenuti, giacché ad essere messo in discussione non è il sentimento che lega le due protagoniste, ma addirittura la loro stessa sessualità: nulla di particolarmente eclatante per un lettore di manga dei giorni nostri, abituato a questo e a molto altro, ma una vera innovazione per quei tempi. Non per niente l'autrice di questo volume unico, Ryoko Yamagishi, fa parte del prestigioso Gruppo 24, costituito da mangaka nate attorno al 1949 (corrispondente per l'appunto al ventiquattresimo anno dell'era Shōwa) che con le loro opere hanno nobilitato e rivoluzionato il genere shoujo.
Rimasta orfana di entrambi i genitori Resine, che sospetta che la zia voglia accoglierla in casa propria allettata dalla prospettiva di entrare in possesso di parte dell'eredità più che per ragioni affettive, decide di andare a vivere nello stesso collegio da cui, a suo tempo, si diplomò sua madre. È inoltre intenzionata a dimostrare di essere in grado di fare affidamento esclusivamente sulle proprie forze a dispetto del fatto di essere stata cresciuta nella bambagia. Ben presto, tuttavia, i suoi nobili propositi vengono messi a dura prova dall'algida Simone, con cui è costretta a dividere la stanza. La convivenza tra le sue si preannuncia disastrosa, eppure ognuna sembra avere qualcosa che attrae profondamente l'altra: Resine non può fare a meno di chiedersi se Simone sia davvero così forte come appare, mentre quest'ultima è molto più sensibile ai problemi dell'altra di quanto voglia dare a intendere.
Dunque, ricapitoliamo: volume unico, argomento scottante, scarsi margini di manovra e soprattutto nessuna traccia precostituita da poter seguire. Decisamente questa combinazione di elementi non depone in favore di un corretto svolgimento della vicenda, che infatti viene narrata in modo frettoloso e superficiale. Non è difficile individuarne i passaggi fondamentali, ma manca il tempo materiale per poterli assimilare. Il tutto è inoltre condito con abbondante colla vini... ehm, abbondante prosa viola, vale a dire col linguaggio ridicolmente fiorito che andava tanto di moda nei manga di quel periodo. Simone, ad esempio, in un'occasione si riferisce a Resine chiamandola "principessa del Medioevo", mentre quest'ultima, guardandola giocare a tennis, si lancia in dubbie considerazioni zoologiche e biologiche ("Delle gambe così belle, come quelle di un cervo. E quei capelli corvini... dev'esserci del sangue spagnolo in lei, lo deduco da quei suoi occhi così passionali"), naturalmente accompagnate da ispirate visioni della presunta cervide in questione. Non siamo ai livelli di Rei di "Caro Fratello" e del suo "Mia poupée, che mi hai schiaffeggiata", ma ci andiamo vicino.
L'introspezione psicologica dei personaggi (non molti, in ogni caso) risente inevitabilmente dei difetti della trama, ed è un peccato perché entrambe le protagoniste, in particolare Simone, sono dei soggetti molto validi. Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte all'ordinarietà di Resine, invero molto simile alla protagonista del sopracitato manga della Ikeda, ma il contrasto tra il suo carattere remissivo e quello trasgressivo di Simone, pur essendo un classico, è decisamente intrigante. Si fa tuttavia una gran fatica a cogliere le innumerevoli sfumature del loro amore, che colpisce sì per la sua intensità ma che non riesce a coinvolgere fino in fondo a causa delle tempistiche a dir poco proibitive. Non pervenuta, infine, Louise, promossa in fretta e furia da fugace comprimaria a cattiva della situazione senza un vero motivo per poi vedere il suo ruolo nuovamente ridimensionato.
Il tratto della Yamagishi è forse più interessante che piacevole, oltre che incerto, mentre le tavole, pur non osando granché, sono costruite in modo tale da garantire una lettura dinamica e senza intoppi.
Per concludere: la materia prima, peraltro di eccellente qualità, era tutta lì, ma poteva essere lavorata meglio. In definitiva sarebbe bastato diluire la storia fino ad ottenere abbastanza materiale per riempire due volumi, dopodiché il manga avrebbe tranquillamente potuto ambire a un 9.
"Shiroi heya no futari", il capolavoro di Ryouko Yamagishi, è senz'altro una storia d'amore tragica, passionale e quanto mai bella, nel senso più puro e semplice del termine. Simone e Resine protagoniste assolute di questo "dramma" vivranno sulla propria pelle gli effetti dell'Amore, un amore vero, atroce, che porta alla distruzione e infine alla Morte.
R. Yamagishi, quasi sconosciuta in Occidente, appartiene al Favoloso Gruppo 24 e al pari delle sue colleghe iscrive il suo manga nella storia, "Shiroi heya no futari" è infatti il primo manga di genere Yuri, e protagonista (insieme ad altri celebri capolavori) della rivoluzione culturale che ebbe inizio intorno alla metà degli anni '70. Molto simile per storia e ambientazione a "Kaze to chi no Uta" di Keiko Takemiya, il primo manga di genere Yaoi (sebbene ad un livello un po’ superiore).
In quanto i personaggi della Yamagishi, sebbene risultino comunque complessi, avrebbero avuto bisogno di maggior spessore. Anche il tratto è piuttosto "arcaico", non ancora evoluto, un'altra pecca del manga. Ciò però nulla toglie alla grande carica emotiva che ne deriva, si capisce benissimo , quasi si palpano, le difficoltà di queste due adolescenti che si trovano a far fronte, da sole, ai propri problemi, sentimenti, e che le porta così ad esplorare la propria interiorità.
R. Yamagishi, quasi sconosciuta in Occidente, appartiene al Favoloso Gruppo 24 e al pari delle sue colleghe iscrive il suo manga nella storia, "Shiroi heya no futari" è infatti il primo manga di genere Yuri, e protagonista (insieme ad altri celebri capolavori) della rivoluzione culturale che ebbe inizio intorno alla metà degli anni '70. Molto simile per storia e ambientazione a "Kaze to chi no Uta" di Keiko Takemiya, il primo manga di genere Yaoi (sebbene ad un livello un po’ superiore).
In quanto i personaggi della Yamagishi, sebbene risultino comunque complessi, avrebbero avuto bisogno di maggior spessore. Anche il tratto è piuttosto "arcaico", non ancora evoluto, un'altra pecca del manga. Ciò però nulla toglie alla grande carica emotiva che ne deriva, si capisce benissimo , quasi si palpano, le difficoltà di queste due adolescenti che si trovano a far fronte, da sole, ai propri problemi, sentimenti, e che le porta così ad esplorare la propria interiorità.
<b> [ATTENZIONE: POSSIBILI LIEVI SPOILER!] </b>
Intendiamoci, "La coppia della stanza bianca" (è questa la traduzione di Shiroi heya no futari) non è graficamente un capolavoro, ma è comunque il primo esempio puro di yuri (il secondo, anche se inserito in uno scenario più complesso, è "Caro Fratello" della Ikeda) ed ha una forte connotazione drammatica, anche perché a quei tempi l'omosessualità non era certamente accettata apertamente come oggi (e neanche ora, se vogliamo essere sinceri).
Resine ha perso i genitori in un incidente e decide di iscriversi ad un collegio esclusivo. Qui le viene assegnata come compagna di stanza Simone, una ragazza dal carattere forte, con diversi problemi alle spalle. Simone all'inizio si mostra sprezzante e difficile, e Resine ne è respinta ma poi, lentamente...Comincia ad apprezzare la sua forza. La visita della madre di Simone, una donna frivola che la ragazza detesta, provoca una crisi di pianto di Simone che si accascia presso una fontana dove viene raggiunta da Resine, che la consola e....Simone la bacia! Nasce così la storia d'amore tra Simone e Resine, ma Resine non vuole accettare il fatto di essere innamorata di Simone, non vuole accettare il fatto di essere lesbica ed ha paura dei commenti degli altri. Durante una recita di Giulietta e Romeo, Simone dichiara il suo amore a Resine e la bacia, ma questo scatena un fiume di pettegolezzi che spinge Resine ad abbandonare il collegio e ad abbandonare Simone. Solo dopo che Resine riceverà una lettera in cui la si informa della morte di Simone in un locale, in cui era andata ad ubriacarsi per dimenticare il dispiacere, capirà di aver amato veramente Simone e prenderà dolorosamente coscienza di essere lesbica.
Come ho detto, dal punto di vista grafico non è un granché, ma la storia ha una forza tale che il lettore viene coinvolto fino alla fine. Il finale tragico sarà un topos del genere yuri, che verrà abbandonato solo in questi ultimi anni. Yamagishi contribuisce a creare con questo shojo i canoni di riferimento dello yuri.
Intendiamoci, "La coppia della stanza bianca" (è questa la traduzione di Shiroi heya no futari) non è graficamente un capolavoro, ma è comunque il primo esempio puro di yuri (il secondo, anche se inserito in uno scenario più complesso, è "Caro Fratello" della Ikeda) ed ha una forte connotazione drammatica, anche perché a quei tempi l'omosessualità non era certamente accettata apertamente come oggi (e neanche ora, se vogliamo essere sinceri).
Resine ha perso i genitori in un incidente e decide di iscriversi ad un collegio esclusivo. Qui le viene assegnata come compagna di stanza Simone, una ragazza dal carattere forte, con diversi problemi alle spalle. Simone all'inizio si mostra sprezzante e difficile, e Resine ne è respinta ma poi, lentamente...Comincia ad apprezzare la sua forza. La visita della madre di Simone, una donna frivola che la ragazza detesta, provoca una crisi di pianto di Simone che si accascia presso una fontana dove viene raggiunta da Resine, che la consola e....Simone la bacia! Nasce così la storia d'amore tra Simone e Resine, ma Resine non vuole accettare il fatto di essere innamorata di Simone, non vuole accettare il fatto di essere lesbica ed ha paura dei commenti degli altri. Durante una recita di Giulietta e Romeo, Simone dichiara il suo amore a Resine e la bacia, ma questo scatena un fiume di pettegolezzi che spinge Resine ad abbandonare il collegio e ad abbandonare Simone. Solo dopo che Resine riceverà una lettera in cui la si informa della morte di Simone in un locale, in cui era andata ad ubriacarsi per dimenticare il dispiacere, capirà di aver amato veramente Simone e prenderà dolorosamente coscienza di essere lesbica.
Come ho detto, dal punto di vista grafico non è un granché, ma la storia ha una forza tale che il lettore viene coinvolto fino alla fine. Il finale tragico sarà un topos del genere yuri, che verrà abbandonato solo in questi ultimi anni. Yamagishi contribuisce a creare con questo shojo i canoni di riferimento dello yuri.