Shumari
Era da tempo che attendevo la traduzione di quest’opera di Tezuka, avendo amato tutta la sua produzione incontrata e in particolare quella storica; comprensibilmente quando si conosce un minimo questo autore le aspettative diventano alte e spesso sono ben ripagate, tuttavia in questo caso si è andati oltre: Shumari è un capolavoro.
La trama è sviluppata nel corso di svariati anni e si concentra sulle vicende di questo ex samurai Shumari e sullo sfondo l’industrializzazione giapponese che avvenne in tempi brevissimi dal 1868 rispetto a quanto avvenuto in Europa , questa rapidità non diede modo a molti di “reagire”, la situazione era surreale da un paio d’anni a un altro si passò da avere samurai in giro per le strade ad avere impiegati che prendono mezzi pubblici ; i cambiamenti così drastici sono spesso drammatici per coloro che non riescono ad adattarvisi o che comunque ne vengono travolti indipendentemente dal loro agire.Questi sono gli ainu popolazione originaria dell’Hokkaido che potremmo definire come gli equivalenti degli indiani d’America giapponesi , con cui Shumari è in ottimi rapporti da quando ha abbandonato le aree urbane e cerca sempre di prendere le loro difese a causa dei continui soprusi legalizzati che questi subiscono come ad esempio l’avvelenamento di un fiume nel territorio ainu dovuto ad un industria a monte.
Le vicissitudini che Shumari affronta sono tantissime e la sua vita è una fuga continua dal progresso in luoghi sempre più lontani dalla civiltà ma anche senza speranza, cristallizzata sul passato e incapace di vedere quello che il presente e il futuro hanno da offrirgli eppure la sua è una figura eroica , da solo contro il mondo che cambia e impone il cambiamento ; ma il metallo, il carbone e i treni arrivano ovunque e non c’è spazio per chi è fuori dal proprio tempo come Shumari.
Un’opera eccezionale che ritengo non inferiore ai suoi vari capolavori Tre Adolf, Budda, Fenice o Ayako (Black Jack non l’ho letto non mi esprimo) e che davvero mi ha emozionato profondamente in svariati punti con un finale toccante e che non so perché mi ha ricordato un po’ quello dell’immortale di Samura; se proprio devo trovare un difetto è che Tezuka spesso non solo in quest’opera in scene tragiche o comunque di forte pathos mantiene un accentuato tono caricaturale , che apprezzo anche normalmente però risulta a mio parere un po’ inappropriato a volte, faccio un esempio: magari in una vignetta di addio molto carica emotivamente compare dietro un personaggio che con una smorfia buffa aggiunge sullo sfondo “ oggi si sentirebbero per telefono “ , ma ripeto sono inezie che non svalutano minimamente l’opera.
10-
La trama è sviluppata nel corso di svariati anni e si concentra sulle vicende di questo ex samurai Shumari e sullo sfondo l’industrializzazione giapponese che avvenne in tempi brevissimi dal 1868 rispetto a quanto avvenuto in Europa , questa rapidità non diede modo a molti di “reagire”, la situazione era surreale da un paio d’anni a un altro si passò da avere samurai in giro per le strade ad avere impiegati che prendono mezzi pubblici ; i cambiamenti così drastici sono spesso drammatici per coloro che non riescono ad adattarvisi o che comunque ne vengono travolti indipendentemente dal loro agire.Questi sono gli ainu popolazione originaria dell’Hokkaido che potremmo definire come gli equivalenti degli indiani d’America giapponesi , con cui Shumari è in ottimi rapporti da quando ha abbandonato le aree urbane e cerca sempre di prendere le loro difese a causa dei continui soprusi legalizzati che questi subiscono come ad esempio l’avvelenamento di un fiume nel territorio ainu dovuto ad un industria a monte.
Le vicissitudini che Shumari affronta sono tantissime e la sua vita è una fuga continua dal progresso in luoghi sempre più lontani dalla civiltà ma anche senza speranza, cristallizzata sul passato e incapace di vedere quello che il presente e il futuro hanno da offrirgli eppure la sua è una figura eroica , da solo contro il mondo che cambia e impone il cambiamento ; ma il metallo, il carbone e i treni arrivano ovunque e non c’è spazio per chi è fuori dal proprio tempo come Shumari.
Un’opera eccezionale che ritengo non inferiore ai suoi vari capolavori Tre Adolf, Budda, Fenice o Ayako (Black Jack non l’ho letto non mi esprimo) e che davvero mi ha emozionato profondamente in svariati punti con un finale toccante e che non so perché mi ha ricordato un po’ quello dell’immortale di Samura; se proprio devo trovare un difetto è che Tezuka spesso non solo in quest’opera in scene tragiche o comunque di forte pathos mantiene un accentuato tono caricaturale , che apprezzo anche normalmente però risulta a mio parere un po’ inappropriato a volte, faccio un esempio: magari in una vignetta di addio molto carica emotivamente compare dietro un personaggio che con una smorfia buffa aggiunge sullo sfondo “ oggi si sentirebbero per telefono “ , ma ripeto sono inezie che non svalutano minimamente l’opera.
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