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Horrorlover

Volumi letti: 2/2 --- Voto 9,5
La musica di Marie calma tutti e permette a loro di non scatenare la guerra, ma impedisce il progresso, è meglio così oppure no? La musica di Marie è una riflessione epica in un mondo distopico, tutto quello che che è il nostro mondo è passato, ormai le persone vivono in pace e armonia, la storia si svolge a Pyrite, una placida cittadina dove succede poco, tanti ingranaggi tengono in vita la nostra cittadina (è una metafora) Pipi e Kai sono amici fin da bambini, un giorno Kai scompare nel nulla e torna dopo 15 giorni con degli stani segni sulle mani, riuscendo anche a percepire ogni suono, Kai è stato forse scelto per fare qualcosa? il manga prosegue mostrando la vita quotidiana dei personaggi, fino allo sviluppo più grande. Cosa? la gente si sta picchiando, Marie ha smesso di suonare, cosa sta succedendo a Pyrite? Tutte le domande più importanti sulla religione, sono raccolte nella "Musica di Marie" di Usamaru Furuya, il geniale autore contemporaneo che ci ha dato la possibilità di leggere questa bellissima storia.


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Delex27

Volumi letti: 2/2 --- Voto 9
Un manga eccezionale.
L’autore riesce a mescolare in quest’opera un mix di concetti religiosi e filosofici che portano il lettore a pensare ed analizzare costantemente ciò che sta leggendo.
Anche i characters e il design del mondo immaginato e creato da Furuya sono di rilievo assoluto.
Oltre al lato artistico e a quello filosofico (con citazioni indirette ai pensieri di Nietzsche, Feuerbach e Marx) c’è indubbiamente anche una trama avvincente che arricchisce ancor di più il valore dell’opera, rendendola a mio modo di vedere completa sotto ogni punto di vista.
Mi sono approcciato a "La musica di Marie" con aspettative non eccessivamente alte, considerando quanto in Italia quest’opera sia poco pubblicizzata e mi sono invece ritrovato davanti ad uno dei volumi “brevi” (2 nella vecchia edizione ed 1 nella nuova) più belli che abbia mai letto.


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DarkSoulRead

Volumi letti: 2/2 --- Voto 8,5
“Il mondo di oggi è un susseguirsi di attentati terroristici; di catene d’odio che si trasformano in grandi conflitti: ogni giorno siamo bombardati da notizie che ci inducono a pensare che forse, silenziosamente, sia già iniziata la terza guerra mondiale. La tecnologia militare ha sviluppato una forza tale da riuscire a sterminare più volte il genere umano. Sarebbe bello se adesso la musica di Marie avvolgesse tutto quanto il mondo”.
Così parlò Usamaru Furuya nel 2016 in merito a “La musica di Marie”, opera iniziata dal Mangaka nel 1999 e portata a termine nel 2001.
Data la situazione mondiale attuale, è piuttosto raggelante rileggere queste parole, profetiche e disilluse.

La carezzevole melodia di Marie cela malinconiche note di disarmonia, come metafora perfetta di un sottotesto dolceamaro scandito da un carillon.
Furuya alla sua prima “storia lunga” (l’autore prima si era cimentato soltanto in storie autoconclusive e yonkoma) estrae dal suo cilindro creativo un’opera anacronistica e visionaria, sospesa sotto un tetto d’acqua, fluttuante sopra una foresta meccanica.

Pryte è un mondo pacifico, che si erge sui resti di una civiltà sepolta dal progresso tecnologico e dalle guerre.
A regolare la pace è Marie, divinità-androide che vola nei cieli di Pryte intonando una soave melodia che acquieta l’animo delle persone.
Questa dimensione utopistica che vede l’armonia regnante, è resa possibile grazie ad un compromesso: l’uomo non può spingersi oltre una certa soglia di avanzamento tecnologico, e per mantenere la pace deve sottostare agli argini evolutivi imposti dalla superiorità divina.
Sotto il suono stride di giganteschi ingranaggi, ai piedi della foresta meccanica,
sopra asettici laboratori di ferraglie ammassate in claustrofobici labirinti, che ricordano le oscure costruzioni del Nihei di “Blame!”, sboccia la tenera storia di Kai e Pipi.

Il ritmo narrativo è lento e mite, ben irrigato da un racconto placido ma coinvolgente, che sembra la classica quiete prima della tempesta, con il dramma pronto ad esplodere da un momento all’altro, generando un’atmosfera di calma inquieta molto simile a “Dogville” di Lars von Trier.
Furuya dona una cura minuziosa al background dell’opera, strutturando con zelo un worldbuilding dalla cosmogonia complessa e articolata, fatto di usanze, costumi, credenze, culti, e terribili segreti.
Nell’ambientazione post-apocalittica dalle connotazioni steampunk, abbiamo forti richiami miyazakiani, (“Nausicaä, della valle del vento”, “Laputa, il castello nel cielo”) specie nelle sue ricostruzioni fondate sul “progresso involutivo”. Troviamo altre fonti d’ispirazione in “Proteggi la mia terra”, fantascientifico shōjo di Saki Hiwatari, e nel capolavoro di Hiroki Endo “Eden”, che esordiva su rivista soltanto un anno prima rispetto a “La musica di Marie”.
Erano gli anni post “Ghost in the shell” e “Matrix”, e gli sfondi a tema fantascienza distopica proliferavano a dismisura.

Dio ha creato l’uomo?
O è stato l’uomo a creare Dio?
Più che rispondere, Furuya domanda.
L’autore non vuole fugarci i dubbi, anela piuttosto a porci quesiti atti a stimolare profonde riflessioni esistenziali, senza darci punti fermi, rimettendo in discussione tutto quanto.
La costante critica alla religione dottrinale ed ecclesiastica, dipinta come una buia prigione mentale, è bilanciata dall’esaltazione della spiritualità personale, intesa come “illuminazione”, raggiungimento dell’”io”, e riesce a scindere la forza della fede dalla speculazione clericale.

“Cosi come il sole benedice la terra con i suoi raggi…
Anche la luna libera silenziosamente la notte dalle tenebre…
Cosi anche Marie veglia su di noi…mentre orbita lentamente intorno al nostro mondo”

Il medioevo è il periodo più buio dell’umanità, culmine di un progresso decisamente involutivo rispetto alle civiltà antiche.
Dopo l’imperante gloria romana ebbe inizio un lento regresso, sfociò in un preoccupante decadimento socio-culturale che sprofondò inesorabilmente verso l’età di mezzo.
Molte pagine di storia erano state bruciate dalle guerre passate, e l’uomo era più incline alla lettura dei testi sacri che non a documentarsi storicamente, questo rendeva la gente ignorante e suscettibile all’occulto, donando alla chiesa totale potere di controllo. Capiamo quindi l’importanza che ha oggi un database come internet, che con i suoi “infiniti” dati registrati, funge da vera e propria salvaguardia culturale.
L’incontrollata evoluzione tecnologica però, finirebbe con l’allontanarci dalla nostra natura, facendoci dimenticare la nostra essenza.
Quando l’interazione virtuale sostituirà il contatto fisico, chi sfamerà quel primordiale desiderio di carne?
Cosa accadrebbe se le intelligenze artificiali superassero i loro creatori ribellandosi e reclamandone il controllo?
Marie, dea benevola e indispensabile, ma anche spietata, supponente, “superiore”, tanto da non permettere all’uomo di volare nei suoi cieli, la cui dolce sinfonia sa essere anche cacofonia disturbante, è, in questa sua polarità, perfetta metafora del progresso tecnologico.

I personaggi, sobri e mai sopra le righe, sono densi di simbolismo, specialmente i due protagonisti.
Se da un lato Kai ha letteralmente le stigmate del prescelto, incarnando la spiritualità e l’ultraterrereno, “una mano per aprire la porta, l’altra per controllare il tempo”, dall’altro Pipi, nelle sue vesti di ragazza semplice e genuina, rappresenta l’umanità in tutti i suoi aspetti più primordiali e terreni: l’impulsività, la testardaggine, sopratutto la purezza dei sentimenti, quelli che nutre per Kai, il quale, nonostante le voglia un gran bene, è intensamente innamorato di Marie.
Le pulsioni sessuali che il ragazzo nutre verso la divinità, trovano il culmine in una vignetta che lo ritrae masturbarsi (l’autore non è nuovo a queste scene) in estasi, mentre osserva la dea volante dalla finestra.
Emblema del divino che regredisce all’istinto, ibridandosi al terreno, il sacro che diventa profano, il tempo che si capovolge riportandoci all’origine, alla creazione.
L’uomo ha creato Dio?
O è stato Dio a creare l’uomo?
Personaggio chiave degno di menzione é Il sacerdote Guul, costantemente in bilico tra fede e scienza, tra religione e progresso, incarnante molti dei dilemmi amletici dello stesso autore.

Il disegno del Mangaka seppur non ancora al suo apice espressivo, è davvero notevole. Dettagliato ed esplosivo nella realizzazione delle macchine, quanto dolce ed aggraziato nei volti dei personaggi, puliti e tondeggianti nella loro semplicità. Le splash page raffiguranti la dea sono una gioia per gli occhi, lo zenit di un grande comparto tecnico, composto dalla commistione di più stili, anche se da questo punto di vista l’autore sperimenta meno che in altre sue opere.

L’edizione italiana a cura di Coconino Press, accorpa in un bel volume di oltre 500 pagine i 2 Tankōbon originali, confezionandolo nella raffinata veste grafica della collana Doku, uno degli esperimenti editoriali più originali visti in Italia, e per realizzazione, e per titoli scelti.
A onor del vero va sottolineata una certa fragilità dell’albo, sia negli spigoli, che tendono a rovinarsi, che nella sovraccopertina di cartoncino, tutt’altro che resistente.

Uno degli autori più interessanti del panorama fumettistico attuale ci regala un gioiello dello slice of life fantascientifico, che sprizza fervida fantasia da tutti i suoi pori, consacrandolo come genio visionario del manga.
I fan dell’azione e dei ritmi convulsi non troveranno pane per i loro denti, “La musica di Marie” è una via crucis verso l’ascensione, la pace di un eterno amore oltre la morte.
Chi cerca risposte sbaglia in partenza, Furuya non fa che aggiungere strade ad un labirinto senza uscita, rendendoci abbaglianti semplici chiazze di buio.
Un’opera fuori dal costrutto di Dio e dentro le pieghe dello spirito, cantata da una voce triste e graffiata, che risuonerà a lungo nelle memorie, come eco lontana di un irraggiungibile miraggio.

Utente109323

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Utente109323

Volumi letti: 2/2 --- Voto 10
C’è qualcosa di straziante, che colpisce dritto al cuore, una volta finito di leggere “La musica di Marie”.
Nella purezza del tormentato amore fra Pipi e Kai, nella delicatezza con cui Furuya descrive i personaggi, nell’atmosfera placida e vagamente inquietante al tempo stesso che sprigiona ogni pagina, si annida una malinconia tanto lancinante da commuovere.
Forse è questa la sensazione che suscita la melodia prodotta dalla dea Marie e che, nonostante le tavole mute, noi lettori riusciamo quasi a sentire.

Prima dei deprimenti squarci sulla società contemporanea in “Lo squalificato” e delle sequenze granguignolesche di “Hikari Club”, Usamaru Furuya realizzava un capolavoro: “La musica di Marie”, scritto fra il 2000 e il 2001, riesce a sconvolgere anche di più dei due manga succitati. Non ci sono scene di sangue ai limiti dell’insostenibile, né estrose crudeltà psicologiche, ma il modo in cui viene tratteggiata la placida utopia della terra di Pyrite ci sgomenta.
Questo perché, osservando i fugaci sguardi innamorati di Pipi o la toccante gentilezza di Kai, rintracciamo una sincerità e un’innocenza, che ormai possiamo trovare soltanto in questi mondi di carta. Gli umani de “La musica di Marie” vivono in una pace dei sensi completa, immuni anche ai più piccoli contrasti; il tutto ad un caro prezzo: l’impossibilità di progredire oltre un certo livello di tecnologia e di conoscenza.
Va da sé che una tale premessa apre a parecchi possibili discorsi sull’eterna questione del libero arbitrio e delle sue limitazioni, argomento che Furuya non si esime dall’affrontare insieme a tanti altri di cui si compone il nutrito sottotesto del libro, principalmente giocato attorno al rapporto fra divinità ed essere umano: dilemmi morali, non nuovi a chi è avvezzo ad un po’ di filosofia, qui trovano il loro naturale alveo.
È stato l’uomo a creare Dio o il contrario? Da cosa nasce la fede e come si sviluppa nell’essere umano? La benevolenza di una divinità può essere allo stesso tempo una maledizione?
Tante le domande che vengono poste attraverso il racconto, nei confronti delle quali Furuya sceglie intelligentemente di restare in secondo piano, preferendo mettere di fronte alla realtà dei fatti il lettore. Per ogni risposta suggerita, subentrerà un capovolgimento inaspettato della trama a rimettere in gioco quanto di certo si era appena stabilito: non ci sono strade sicure, ma solo scelte sofferte che portano a conseguenze radicali.

Le oltre 500 pagine di cui è composto il poderoso volume scorrono con un ritmo lento e posato, almeno fino agli eventi finali, dando il giusto spazio alla certosina costruzione di Pyrite, fantomatica terra di un mondo fantasy alternativo o forse civiltà nata a seguito di una catastrofe post-apocalittica. L’autore plasma un universo dalla forte impronta cyberpunk e lo descrive minuziosamente, con usanze e tradizioni ben specifiche che vengono illustrate, per mezzo di capitoli a tema slice of life, senza mai appesantire la narrazione.
Attraverso poche vignette, inoltre, ci vengono descritti tutti i personaggi in maniera esaustiva ed è molto facile entrare in empatia con loro: i dubbi che li animano diventano una fonte di riflessione e un mezzo per veicolare le incertezze sulla vita e la realtà che li circonda. Al di là di Kai e Pipi, i due eccezionali protagonisti principali, è particolarmente suggestiva la figura del sacerdote-ricercatore Guul: uomo di scienza e uomo di fede al tempo stesso, il suo tormento è quello di essere diviso fra sentimento e ragione, devozione nei confronti della sua Dea e dedizione al progresso scientifico. O si pensa o si crede, avrebbe chiosato Schopenhauer, esprimendo un aut-aut irrisolvibile che travolgerà anche la vita di Kai, sventurato profeta di una divinità imperscrutabile.

È proprio lei, Marie, la protagonista del titolo, continuamente evocata da tutti gli abitanti di Pyrite, ad inquietarci di più. Ella si sposta inesorabile, invisibile agli occhi di tutti, sopra le teste dei fedeli. Silenziosa ed enigmatica nel suo sorriso immutabile, la Dea è madre amorevole, ma anche matrigna crudele attraverso il canto con cui placa gli animi e limita gli uomini nell’evoluzione.
Furuya non scioglierà i misteri attorno a questa creatura, neanche sul finale, lasciandola ammantata di un inquietante fascino, che attrae e respinge al tempo stesso. Poche sono le tavole in cui Marie compare, ma tutte calibrate per instillare nel pubblico il dubbio se essa esista davvero o se sia solo il parto della fantasia di menti fin troppo suggestionabili.
Accanto a ciò, il mangaka non trascura di inserire le storie dei singoli che si interfacciano con la divinità; oltre ai già citati Guul e Kai, è forse Pipi il personaggio più toccante: presa dall’amore nei confronti di Kai ma rosa dall’invidia verso Marie, che allontana da lei il ragazzo amato, Pipi sarà quella con cui facilmente entreremo in sintonia e proprio a lei sono riservate le pagine più dolci e tristi del manga.

Il tratto di Furuya, qui alla sua prima prova con una storia lunga, è molto semplice e delicato per quanto riguarda i volti e i fisici dei personaggi, che sembrano usciti direttamente da una fiaba. Grande attenzione e cura invece viene riservata ai vestiti e alle ambientazioni, tutte estremamente particolareggiate e ricche.
Il richiamo è quasi immediato alle grandi strutture meccaniche sullo stile di “Nausicäa della Valle del Vento”, ma alcuni elementi sono più accostabili a certo fumetto d’autore europeo come quello del Moebius de “Il mondo di Edena”. Ispirazioni coltissime, che ben si confanno all’atmosfera paradisiaca degli spazi descritti e contribuiscono a dare profondità ad un mondo così articolato.

Dobbiamo ringraziare la Collana Doku della Coconino Press per averci portato questo autentico gioiello, in un’ottima edizione in volume unico con pagine a colori. “La musica di Marie” è senza dubbio uno dei lavori migliori di Furuya, un autentico classico contemporaneo, da leggere e rileggere per comprendere al meglio tutti i risvolti della trama ed emozionarsi ogni volta nello scoprire un particolare che ci era sfuggito.

Nella postfazione all’edizione in volume del 2016 e qui riproposta dalla Coconino, Furuya, riflettendo sul mondo circostante, allora come oggi sconvolto da guerre e violenze crudeli, si abbandona ad un’amara riflessione: “Mi addolora molto rileggere questa storia di quindici anni fa. [...] Sarebbe bello se adesso la musica di Marie avvolgesse tutto quanto il mondo.”


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Shura94

Volumi letti: 1/2 --- Voto 8,5
La musica di Marie è un manga di genere fantasy/psicologico, scritto e disegnato da Usamaru Furuya tra il gennaio del 2000 e l’ottobre del 2001 e pubblicato in Giappone in due volumi. In Italia il manga è stato pubblicato in un corposo volume unico da Coconino Press nel 2019.

Per quanto concerne la trama l’ho trovata interessante specialmente per le riflessioni sull’esistenza umana. Inoltre, i personaggi sono ben caratterizzati e l’autore dipinge divinamente un futuro alternativo post-apocalittico. La storia, dallo spiccato carattere sentimentale, verte sulla storia d’amore tra i due personaggi principali Kai e Pipi. Ciò che però colpirà maggiormente il lettore è il capitolo finale, che segna un punto di svolta e che consegna al lettore una nuova chiave di lettura. Infatti, dopo il finale ho riletto l’intero volume per meglio comprendere (ed apprezzare) l’intera storia.

Voto Trama: 9

Per quanto riguarda i disegni, li ho trovati molto dettagliati e ben realizzati. Le tavole risultano sempre chiare, e lo stile di disegno è molto caratteristico.

Voto Disegni: 9

L’edizione è forse l’unico aspetto negativo dell’opera. Sebbene io abbia trovato ottimo sia il formato (15 x 21) sia la scelta di pubblicare l’opera in un unico volume corposo di oltre 500 pagine, la sovraccoperta e la copertina sono state realizzate in modo pessimo. Infatti, la copertina è stata realizzata in cartoncino non plastificato che rischia di rovinarsi facilmente ai bordi, poiché, inoltre, la sovraccoperta (sempre in cartoncino non plastificato) ha dimensioni più piccole (13 x 19) ed è priva di alette. Occorre, dunque, fare attenzione quando si ripone il volume in libreria per non rovinare sia i bordi della copertina sia le bandelle che costituiscono la sovraccoperta. L’edizione presenta alcune pagine a colori ma il prezzo di 25€ lo trovo leggermente alto considerata la qualità dell’edizione.

Voto Edizione: 7

In conclusione, è un’opera di cui consiglio l’acquisto specialmente per chi ama il genere fantasy intriso di drammaticità e a chi apprezza le opere visionarie e oniriche.

Voto Complessivo: 8.5


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ophelia91

Volumi letti: 0/2 --- Voto 10
Ho comprato questo manga perchè la copertina spiccava su molti altri e sinceramente anche leggendo la trama mi son detta che magari sarebbe stato interessante e un pò diverso dal genere che di solito leggo, e così è stato.

Un racconto che ti prende dalle prime pagine, sopra ogni cosa spiccano i dettagli steampunk, gli sfondi e la particolarità della storia che man mano si apre come tanti pacchi regalo uno dentro l’altro e alla fine non sai a cosa ti troverai di fronte, ma sai che sarà stupendo, non può essere altrimenti.

L’autore ha fatto un lavoro straordinario tenendo conto che in 500 pagine circa ha racchiuso un mondo totalmente diverso dal nostro, distopico, una società in totale armonia che si erge su delle credenze forse false o solo semplicemente ideate per vivere una vita serena e in pace con il Mondo.
La storia narra di due ragazzi, Kai e Pipi e di un amore platonico, un amore drammatico che sfida ogni legge dell’esistenza stessa, il legame, il rimorso, il desiderio va oltre sia i limiti fisici che quelli spirituali.

Un capolavoro davvero ben studiato e minuziosamente raccontato e disegnato, sono davvero contenta di averlo letto e sicuramente leggerò molte altre opere di questo autore straordinario e geniale. Grazie, sensei Furuya!


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scarlet nabi

Volumi letti: 2/2 --- Voto 10
"La musica di Marie" è l’opera più ambiziosa di Usamaru Furuya, uno degli autori più talentuosi, complessi e controversi del panorama manga contemporaneo. Coconino ce la presenta per la prima volta in Italia, in questa splendida edizione unica, di grande formato e arricchita da pagine a colori

Siamo sull’isola di Pyrite, a Gill – la Città dei Laboratori. L’ambientazione è quella tipica delle storie steampunk: un cataclisma ha distrutto la civiltà come noi la conosciamo e la “nuova umanità” è a uno stadio di conoscenze tecnologiche simili alla nostra Rivoluzione Industriale. Ma perché la conoscenza non riesce a progredire più di così, nonostante le squadre di Ricercatori studino costantemente i ritrovati del passato?

La cosmogonia di questo mondo è piuttosto complicata: ognuna delle molte isole che compongono la Terra ha il proprio libro sacro ma tutti i culti si basano su Marie. Su Pyrite, Marie è una sorta di bambola meccanica gigantesca che orbita nel cielo proteggendo i cittadini col suo canto che lenisce qualsiasi acrimonia, portando l’armonia.

I protagonisti della storia sono Pipi e Kai. Pipi è innamorata di Kai ma lui, da quando a dieci anni ha ricevuto i simboli sacri (come stigmate sulle mani), è attratto da Marie (persino fisicamente) ed ha occhi solo per lei. Quindi Pipi tenta di attirare l’attenzione del ragazzo provando a volare sugli ornitotteri che suo padre costruisce per lei.

Nel corso della narrazione, e attraverso i bellissimi disegni di Furuya, scopriamo di più sulle usanze di questo mondo, come ad esempio la dichiarazione d’amore che i ragazzi possono fare alle ragazze una volta l’anno, nel giorno del compleanno della ragazza, mostrando le proprie abilità. Sta alla donna scegliere l’uomo del suo cuore donandogli un uovo sacro. È ovvio su chi ricadrà la scelta di Pipi. Ma Kai accerterà?
Furuya si addentra con maestria in un territorio delicatissimo, chiedendosi che cosa sia una divinità e che importanza abbia la fede religiosa nella vita delle persone. Alcuni aspetti del world building, come ad esempio la corporazione dei Ricercatori, ricordano moltissimo "Macchine mortali" di Philip Reeve (tetralogia stupenda, di cui per ora ho letto solo il primo libro ma – ehi! – conto di recuperare presto!); mentre l’idea dei laboratori sotterranei mi ha ricordato un po’ la stanza della caldaia di Kamaji nel film di Miyazaki "La citta incantata" e lo stesso aspetto della fluttuante Marie richiama divinità marina Granmamare che compare in "Ponyo sulla scogliera". D’altra parte, anche la divisione del mondo in “isole” è piuttosto abusata nel panorama fantasy. Dal punto di vista dell’ambientazione, quindi, non c’è nulla di realmente nuovo, ma come sempre nelle opere di Furuya, il comparto grafico è curatissimo e meraviglioso (non riesco a pensare ad un altro aggettivo).

Come ho detto, ho ammirato moltissimo l’esposizione quasi etnografica delle tradizione di Pyrite e delle altre isole e la maniera geniale affronta un tema sensibile come la teologia. Qual è la vera natura di Marie, Un’entità femminile che fluttua nel cielo proteggendo gli uomini? La memoria va uno dei miei manga preferiti di sempre, rimasto molto in ombra nel panorama editoriale, "Cloth Road" di Okama e Hideyuki Kurata, mentre gli stralci del “Libro di Pyrite” che spiegano dogmi e precetti religiosi sembrano riecheggiare gli incipit dei capitoli di "Letter Bee" di Hiroyuki Asada (altro fumetto che io ho adorato e che però ha avuto pochissimo successo in Italia), che si svolgeva nel mondo di Amberground la cui capitale Akatsuki è pienamente illuminata da un Sole artificiale.

Il finale è sorprendente e capovolge totalmente le aspettative del lettore, ma ovviamente non vi dirò nulla per non fare spoiler!


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Pan Daemonium

Volumi letti: 2/2 --- Voto 10
La capacità espressiva di Furuya, in un qualche modo ingabbiata dalle storie brevi e dagli yonkoma a cui si è sempre dedicato prima del 2000-01 - ma tanto sovrabbondante da trapelare con sfarzo -, viene per la prima volta scatenata nelle ~500 pagine di Marie, una delle sue opere più belle.
Marie ha tutto ciò che si può desiderare: un tratto delicato e orientale nelle fattezze, ma pulito e molto dettagliato con una profonda introspezione antropologica, etologica, religiosa in un contesto primordiale, direi sognante, misto ad un lirismo amoroso virgineo.
L'Autore, che comunque ha dato alla storia d'amore tra Kai e Pipi una risonanza notevole, ha avuto la grande forza di non lasciarsi eccessivamente trascinare dalla stessa. Quel che voglio dire è che pur avendo a disposizione non troppe pagine, Furuya ha deciso saggiamente di dedicare una buona fetta della narrazione al sistema socioeconomico dell'isola in cui i due protagonisti vivono, di descrivere per sommi capi le isole vicine e di definire i rapporti, le differenze e soprattutto le convergenze religiose. La religione è un punto nodale dell'opera ed assurge a salvatrice dell'uomo dalle sue bassezze, fungendo da argine morale sostanzialmente eliminando in lui il libero arbitrio.
Questa così breve opera e così candidamente disegnata ha effettivamente un messaggio pessimistico di enorme portata: può l'uomo progredire verso uno stato non-umano, non-animale, non-naturale di pace e concordia da sé o necessita di un sistema morale che lo guidi - ma dopo essere incatenato? Furuya è eclettico e spesso soppesa le risposte ("Plastic Girl"), ma in questo caso gli ultimi due terzi del secondo volume non lasciano adito alla immaginazione. Furuya risponde alle domande che ha posto e la risposta fa male, ma è così vera, tangibile.
Che cosa è Dio, perché senofanamente lo vediamo così, cosa siamo noi è cosa potremmo essere se fossimo sempre più liberi di essere noi stessi. Queste domande ricevono crude risposte, grondanti sangue.
Può sembrare che stia dando troppa importanza ai temi e poca alla trama, ma il finale cosa è se non una elevazione oltre la trama? Dopo la terribile scoperta, che ha spiazzato e sconvolto anche me, ma che arriva preceduta da un ben percepibile sentire di amarognolo, ci rendiamo conto che nulla è stato. Il secondo volume nella sua quasi interezza non è altro che una grande, complicata metafora, posta lì come rappresentazione dei quesiti posti dall'Autore, per dar loro un'assenza, una carnalità. Proprio come l'uomo ha fatto con il concetto di Dio.
Un'opera magistrale, che attirerà sia chi vuole immergersi in domande esistenziali e filosofiche, sia chi gradisce una dolorosa storia di passione, di infinita passione, di malata passione, fra due giovani ragazzi, in un ambiente bucolico e incontaminato - dall'uomo e dalla sua umanità. Un'opera poco umana, eppure così umana e quindi così bella.


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ABI_666

Volumi letti: 2/2 --- Voto 9
È difficile che un manga di un paio volumi riesca a colpirmi particolarmente, in quanto la sua brevità comporta quasi sempre un insufficiente sviluppo della trama o dei personaggi. Questo non è il caso di "Marie no kanaderu ongaku", opera di Usamaru Furuya.

Furuya è un artista particolare, capace di scrivere valide storie passando da un genere a un altro, senza fossilizzarsi sempre sullo stesso come purtroppo fanno molti altri suoi colleghi, ma mantenendo sempre uno stile riconoscibile.
Le prime opere di Furuya erano per lo più storie molto ermetiche, sviluppate in racconti brevi (per esempio "Plastic Girl" e "Garden") o addirittura in "Yonkoma" (Palepoli), passando per la breve parentesi comico/grottesca di "Short Cuts". "Marie no kanaderu ongaku" è la quinta opera del maestro, ed è la prima invece ad avere una trama ben delineata.

La storia è ambientata in un futuro lontano, in un'utopistica società steam-punk post-apocalittica nella quale l'umanità non prova più sentimenti negativi (rabbia, invidia, avidità) e tutti vivono d'amore e d'accordo venerando la stessa divinità, Maria, un'enorme androide volante che svetta nell'alto dei cieli.
Protagonisti della vicenda sono Kai e Pipi. Il primo è un ragazzo orfano, vive da solo e ha ottenuto da Maria la capacità di riuscire a sentire i suoni di qualsiasi cosa, compresa una strana musica che proviene da Maria stessa. Da quanto è in possesso di questa dote, Kai è sempre circondato e seguito da piccoli animali come uccelli e insetti. Pipi è una ragazzina coetanea di Kai, di cui è innamorata e gli è sempre appresso. Pipi, oltre a riscuotere notevole successo tra i ragazzi della città, è anche benvoluta dall'intera cittadinanza... ma non tutto è ciò che sembra!

Raccontata in questa maniera, potrebbe apparire come la solita trama da shonen sentimentale con un'ambientazione un po' diversa dal solito, ma non è affatto così. Prima di tutto il punto forte di "Marie no kanaderu ongaku" è proprio l'ambientazione: Furuya, seppur in pochi capitoli, riesce a descrivere in maniera particolareggiata la società, l'economia, la religione, le varie attività che vengono fatte nelle isole sulle quali è distribuita la popolazione mondiale e i rapporti economici tra di esse. Parla inoltre della riscoperta delle tecnologie perdute, dei rituali di matrimonio nelle diverse isole... insomma riesce a fornire al lettore un affresco perfetto di come funziona il mondo in cui si muovono Kai e Pipi. E alcune di queste descrizioni, per quando all'apparenza possano sembrare messe lì col solo fine di dare un contesto all'intreccio, hanno in verità una motivazione ben precisa e serviranno allo sviluppo della trama.

Il secondo punto forte sono i disegni, che per quanto non abbiano ancora raggiunto l'apice della maturità (l'opera è stata pubblicata solo 5 anni dopo il debutto dell'autore) sono comunque di fattura notevole, in particolar modo gli sfondi meravigliosi ed estremamente particolareggiati che aiutano ad immergersi ancora di più in questo mondo fantastico. Purtroppo si notano ancora delle incertezze nel tratto dei volti e nella prospettiva nei campi lunghi, ma ciò non pregiudica la lettura in alcun modo.

Terzo ma non ultimo, il rapporto tra i personaggi, in particolare quello tra i due protagonisti, punto cardine della storia molto più di quanto non possa sembrare all'inizio.

Nonostante sia stata portata a compimento in soli due volumi, Furuya riesce a chiudere abilmente la trama senza tralasciare niente, riuscendo pure ad infilare nel finale un doppio colpo di scena che, oltre a lasciare spiazzato il lettore, fornisce anche una perfetta spiegazione ad alcune frasi criptiche che erano state disseminate qua e là nei capitoli precedenti. Ed è proprio il colpo di scena che probabilmente vi farà venire voglia di rileggere la storia da capo, notando così nuovi dettagli impercettibili alla prima lettura ma che contribuiscono a rendere geniale questo manga.


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Kida_10

Volumi letti: 2/2 --- Voto 10
"Marie no kanaderu ongaku", letteralmente tradotto "La Musica di Marie", è un manga composto da due volumi ideato e disegnato da Usamaru Furuya, e purtroppo inedito in Italia.

La storia è ambientata nella terra di Pirit, un luogo dove gli esseri umani convivono pacificamente onorando la dea Marie, una gigantesca figura femminile meccanica che vola alta nel cielo, e vede come protagonisti principali Kai e Pipi, un giovane ragazzo dotato di un udito prodigioso in grado di identificare anche i più piccoli suoni a diversi chilometri di distanza, e una ragazza bella, estroversa ed avventurosa. All'interno di una società apparentemente perfetta, un misterioso segreto si nasconde dietro la figura della dea protettrice del luogo, e il destino di Kai è strettamente legato ad esso.

Bisogna obbligatoriamente iniziare sottolineando che "La Musica di Marie" è un'opera estremamente particolare, un piccolo capolavoro unico nel suo genere, un prodotto del quale è difficile, se non impossibile, trovare qualcosa di simile. Una storia delicata, intrigante, misteriosa, e molto coinvolgente sin dal primo capitolo. Numerosi sono i punti a favore di questa breve ma intensa favola.
Il primo pregio dell'opera, visibile anche ad una prima e rapida occhiata, risiede a mio avviso nell'ambientazione che il maestro Furuya è riuscito abilmente a ricreare; in poche tavole viene presentato, in maniera dettagliata, un intero mondo, originale e ben strutturato. Vengono introdotte le particolari leggi che lo regolano, viene data un'idea della sua conformazione geografica e del modello di società che lo abita, ed il tutto attraverso degli scenari magistralmente rappresentati e ricchi di fascino.
Secondo, ma non meno importante, la trama; essa si sviluppa decisamente bene, soprattutto nel secondo dei due volumi che compongono l'opera. La storia presentata è originale e riesce a ricreare delle atmosfere impareggiabili ed emozionanti, che continuano in un costante crescendo sino al gran finale.
Terzo, i personaggi principali godono di una caratterizzazione eccelsa, vengono analizzati nel dettaglio, e le loro personalità risultano realistiche e credibili. Potrebbe sembrare Kai il vero protagonista dell'opera, ed anche se questa affermazione è in parte vera, non è del tutto corretta. Protagonista assoluto dell'opera è, a mio avviso, l'intero mondo in cui è ambientata la vicenda, che manifesta il proprio destino attraverso la figura del ragazzo.
Quarto, la meravigliosa realizzazione tecnica operata dal maestro Furuya. Se rimane nella norma il design dei personaggi, sono invece bellissimi i paesaggi, ricchi di dettagli e di particolari. Oltre che magnificamente disegnati, essi sono anche originali e suggestivi. Una gioia per gli occhi.

In conclusione, "La Musica di Marie" è un'opera che è riuscita a sorprendermi per intensità, poetica e realizzazione tecnica. Una lettura veramente intrigante ed emozionante come poche altre. Veramente incredbile che non sia ancora stata portata in Italia da qualche editore, considerando anche che molte altre opere dello stesso Furuya sono state invece già editate da Star comics, Planet Manga e Goen.

Utente9371

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Utente9371

Volumi letti: 2/2 --- Voto 9
Marie no Kanaderu Ongaku (La Musica di Marie): un'opera praticamente ineccepibile, che ha catapultato alla ribalta il grande Usamaru Furuya, e che rimane criminalmente ancora inedita in Italia (ci provò la D/Visual se non sbaglio), e non recensita su Animeclick! Meglio porre rimedio.

Sfogliando i due bellissimi volumi, dalle copertine una più mozzafiato dell'altra, si sarebbe tentati di catalogare questo manga come la solita "opera d'arte", tutta disegno e niente storia. Niente di più errato. Certo, non è un manga d'azione, e gli avvenimenti si potrebbero sintetizzare in due righe. I temi affrontati, tuttavia, sono decisamente seri, impegnati e, a volte, abbastanza brutali: il rapporto tra tecnologia e uomo; la percezione del tempo; l'amore, il desiderio sessuale, e la loro mancanza; l'insita malvagità dell'essere umano (un pugno di pagine nel secondo volume vi porteranno le lacrime agli occhi, garantito). Il tutto raccontato attraverso l'immortale medium della fiaba senza tempo, e per questo sempre attuale.

Il tratto di Furuya è perfetto, di una bellezza e trasparenza che, purtroppo, egli stesso non riuscirà più a riproporre così intensamente. Il mondo steampunk in cui la storia è ambientata viene riprodotto nei minimi particolari, sia nei singoli pannelli che nelle assolutamente commuoventi immagini a piena pagina. Neppure un tratto è sprecato, fuori posto o non necessario: Furuya è qui al suo apice, un vero maestro nel ricostruire su carta un mondo di meraviglie con totale economia di mezzi.

Imperdibile ed imprescindibile, "Marie..." è Furuya al suo meglio, prima che cercasse, con conseguenze disastrose, il mainstream a tutti i costi. È la cronaca commuovente di un mondo immortale di favola, specchio della condizione umana odierna. Un classico, senza tempo.