Ayako (Riyoko Ikeda)
Credo che possiamo definire questo manga un esperimento interessante nell'ambito degli shoujo anni '70.
La protagonista che dà il nome a questo progetto, Ayako, lungi dall'essere la solita frignona lacrimosa e vessata, è una bellissima antieroina subdola e scaltra che non si può fare a meno di ammirare, e persino di approvare in molti casi, vista l'umanità orribile e cinica che la circonda; nel contesto di finzione da fumetto macabro e crudele in cui si muove il suo personaggio, ci troveremo spesso a stimarla per come riesce sempre a cavarsi d'impaccio grazie alla propria intelligenza, dimostrandosi perfettamente all'altezza della malvagità altrui.
Io, comunque, la trovo un personaggio molto più sfaccettato rispetto ad altri similari: sa essere singolarmente fredda e spietata, ma in più occasioni mostra di essere generosa e disponibile verso il prossimo, che quasi sempre non la ricambia, ma almeno lei dà prova di aspirare in qualche modo anche al bene.
Sicuramente i personaggi fin troppo egoisti e malvagi abbondano nel corso degli episodi, ma vediamo che Ayako ha anche varie amiche con cui esce a fare shopping, con cui si organizza per andare al bowling, e nel secondo capitolo mostra pure la sua generosità aiutando attraverso la sua astuzia un'amica in difficoltà finanziariarie; anche qui io ci vedo dell'originalità, perché la nostra antieroina non è la solita emarginata emo che rimane a casa a piangersi addosso, ma ha nonostante il suo pesante fardello una vita sociale e persone a cui tiene.
Infine, malgrado le sue origini un po' pretestuose ai fini della trama dall'unione tra una donna e un demonio, apprezzo il fatto che non abbia superpoteri o qualità magiche, ma solo una grande astuzia ed un forte spirito di sopravvivenza; secondo me è chiaro che le origini demoniache di Ayako abbiano lo scopo di mostrare quanto i veri demoni siano spesso e volentieri gli esseri umani avidi e senza scrupoli, che devono sempre prendersela con chi ai loro occhi ha qualcosa di diverso.
"Ayako" è fondamentalmente un manga crudo e cinico, che spinge eccessivamente l'acceleratore su questi due aspetti rendendosi talvolta poco credibile e troppo melò, ma personalmente apprezzo l'idea di fondo di aver voluto creare qualcosa di nuovo, ed è un vero peccato che il progetto non sia andato avanti (per scarso successo?...per perdita di interesse da parte delle autrici?).
I personaggi secondari, come ho detto, spesso sono eccessivamente crudeli, ma se ci fermiamo a pensare ai finti genitori di Ayako, che sono stati quelli maggiormente considerati poco credibili per il loro passare dall'amore all'odio una volta scoperto che la ragazza non è la loro vera figlia: quanti genitori nella realtà odiano o rifiutano i figli solo perché non sono i primi della classe, o sono omosessuali? Riflettiamoci.
Insomma, nonostante i difetti congeniti dovuti all'epoca in cui è stato scritto, vari eccessi e certe ingenuità narrative, per me complessivamente "Ayako" è promosso.
Non è un capolavoro, ma sicuramente un'opera particolare e pregevole, sottovalutata dai più forse anche perché così insolita e differente dai lavori abituali della Ikeda, che qui lascia che la storia venga gestita da un'altra autrice (che si chiama Ikeda anche lei, ma non è sua parente!), offrendo tutta la qualità delle sue sempre bellissime tavole.
Purtroppo, come ho scritto più su, il manga ad un certo punto non ha avuto una prosecuzione, ma essendo composto da episodi fondamentalmente autoconclusivi non fa sentire in modo netto la mancanza di un finale.
Io lo consiglio, anche in virtù della sua brevità.
La protagonista che dà il nome a questo progetto, Ayako, lungi dall'essere la solita frignona lacrimosa e vessata, è una bellissima antieroina subdola e scaltra che non si può fare a meno di ammirare, e persino di approvare in molti casi, vista l'umanità orribile e cinica che la circonda; nel contesto di finzione da fumetto macabro e crudele in cui si muove il suo personaggio, ci troveremo spesso a stimarla per come riesce sempre a cavarsi d'impaccio grazie alla propria intelligenza, dimostrandosi perfettamente all'altezza della malvagità altrui.
Io, comunque, la trovo un personaggio molto più sfaccettato rispetto ad altri similari: sa essere singolarmente fredda e spietata, ma in più occasioni mostra di essere generosa e disponibile verso il prossimo, che quasi sempre non la ricambia, ma almeno lei dà prova di aspirare in qualche modo anche al bene.
Sicuramente i personaggi fin troppo egoisti e malvagi abbondano nel corso degli episodi, ma vediamo che Ayako ha anche varie amiche con cui esce a fare shopping, con cui si organizza per andare al bowling, e nel secondo capitolo mostra pure la sua generosità aiutando attraverso la sua astuzia un'amica in difficoltà finanziariarie; anche qui io ci vedo dell'originalità, perché la nostra antieroina non è la solita emarginata emo che rimane a casa a piangersi addosso, ma ha nonostante il suo pesante fardello una vita sociale e persone a cui tiene.
Infine, malgrado le sue origini un po' pretestuose ai fini della trama dall'unione tra una donna e un demonio, apprezzo il fatto che non abbia superpoteri o qualità magiche, ma solo una grande astuzia ed un forte spirito di sopravvivenza; secondo me è chiaro che le origini demoniache di Ayako abbiano lo scopo di mostrare quanto i veri demoni siano spesso e volentieri gli esseri umani avidi e senza scrupoli, che devono sempre prendersela con chi ai loro occhi ha qualcosa di diverso.
"Ayako" è fondamentalmente un manga crudo e cinico, che spinge eccessivamente l'acceleratore su questi due aspetti rendendosi talvolta poco credibile e troppo melò, ma personalmente apprezzo l'idea di fondo di aver voluto creare qualcosa di nuovo, ed è un vero peccato che il progetto non sia andato avanti (per scarso successo?...per perdita di interesse da parte delle autrici?).
I personaggi secondari, come ho detto, spesso sono eccessivamente crudeli, ma se ci fermiamo a pensare ai finti genitori di Ayako, che sono stati quelli maggiormente considerati poco credibili per il loro passare dall'amore all'odio una volta scoperto che la ragazza non è la loro vera figlia: quanti genitori nella realtà odiano o rifiutano i figli solo perché non sono i primi della classe, o sono omosessuali? Riflettiamoci.
Insomma, nonostante i difetti congeniti dovuti all'epoca in cui è stato scritto, vari eccessi e certe ingenuità narrative, per me complessivamente "Ayako" è promosso.
Non è un capolavoro, ma sicuramente un'opera particolare e pregevole, sottovalutata dai più forse anche perché così insolita e differente dai lavori abituali della Ikeda, che qui lascia che la storia venga gestita da un'altra autrice (che si chiama Ikeda anche lei, ma non è sua parente!), offrendo tutta la qualità delle sue sempre bellissime tavole.
Purtroppo, come ho scritto più su, il manga ad un certo punto non ha avuto una prosecuzione, ma essendo composto da episodi fondamentalmente autoconclusivi non fa sentire in modo netto la mancanza di un finale.
Io lo consiglio, anche in virtù della sua brevità.
Ayako è un manga di due volumetti pubblicato in patria tra il 1979 e il 1980. La storia è di Etsuko Ikeda, mentre i disegni sono affidati a Riyoko Ikeda (no, pare non siano parenti), la famosa e apprezzata autrice di Versailles no bara ('Lady Oscar'). In Italia è stato pubblicato da Goen tra il 2013 e il 2014 in un'edizione abbastanza curata, con una buona rilegatura e sovraccoperta, al prezzo di € 5,95 a volume.
La storia inizia con i tremendi e angoscianti pensieri di una criminale - divenuta tale a causa di una vita condotta sempre in miseria e negli ambienti più torbidi - ormai in prigione e prossima ad essere giustiziata. Il risentimento della donna attrae un demonio, che si manifesta sotto le sembianze di una chimera e si accoppia con la galeotta. Quest'ultima, rimasta incinta, riesce a far rimandare la sua condanna e, con un abile stratagemma, riesce poco prima di spirare a sostituire la propria figlia con quella di una coppia di aristocratici. Passano dodici anni e i nobili e felici coniugi Fumoto festeggiano il compleanno della loro unica figlia ed erede, Ayako. La bambina, bellissima ed amata, vive la sua vita come in un sogno, fino a quando l'ambizioso medico di famiglia non porta a galla la verità: Ayako non è nient'altro che la figlia di una condannata a morte! Da quel momento la ragazzina dovrà far di tutto per sopravvivere, visto che i suoi genitori, ormai disgustati da lei, tenteranno in ogni modo di farla morire. Ma dietro le quinte di questo scenario crudelmente borghese sembra che da un momento all'altro debba riemergere anche il mistero della nascita demoniaca della protagonista...
Come si può intuire dall'incipit della vicenda qui riassunto, Ayako è una storia con uno sfondo gotico, anche se nel corso della vicenda l'origine demoniaca e soprannaturale della protagonista diventa soltanto il pretesto per dare il la ai vari accadimenti che la coinvolgono e tentano sempre, o quasi, di minare alla sua vita. I toni gotici e oscuri dominano quindi l'intera vicenda ma senza che poi in realtà si manifestino in un qualche elemento davvero fantastico: salvo la demoniaca concezione di Ayako, tutto quello a cui assistiamo è una cupa e drammatica storia dai risvolti reali (seppur altamente improbabili!). Tutto è tristemente e miseramente basato sulla cattiveria degli uomini, in primis dei genitori adottivi di Ayako, che senza pensarci due volte, una volta scoperta la verità, decidono di sbarazzarsi della ragazza. Altra figura di spicco all'interno del manga è Ogata, il medico di famiglia, che agisce mosso esclusivamente dall'ambizione e dall'avidità. Nel corso della vicenda - che procede a capitoli episodici tra di loro separati - faranno poi la comparsa diversi personaggi, che per un motivo o per un altro avranno a che fare in maniera drammatica con la protagonista.
Ayako, la nostra antieroina, è senz'altro il punto forte del manga. È una protagonista insolita, che per alcuni versi mi ha ricordato uno dei personaggi più belli di Riyoko Ikeda, la perfida e astuta Jeanne Valois de la Motte. Come Jeanne, anche Ayako si ritrova a dover lottare in un mondo crudele per sopravvivere, dovendo rispondere al male con il male. Il detto dice "far di necessità virtù": è esattamente quello che fa la protagonista, pur con un concetto tutto particolare di virtù! Ayako, oltre a proteggere se stessa, si ritrova in un certo senso - lei, figlia di una condannata a morte - a dispensare giustizia: una giustizia spietata e cinica ma necessitata. Non si può quindi dire che Ayako, pur commettendo azioni spesso crudeli, agisca cercando il male: la sua lotta contro la crudeltà di questo mondo brutale ne fa dunque quasi un insolito 'vaso di virtù' (come accennavo prima). Infatti, capiterà spesso che Riyoko Ikeda si soffermi a disegnare i bellissimi primi piani del volto malinconico di Ayako, subito dopo che quest'ultima ha dovuto commettere qualcosa di tremendo per difendere se stessa o ristabilire un cinico equilibrio.
Se la protagonista risulta affascinante e ben caratterizzata, lo stesso non si può dire per la vicenda generale e per buona parte degli altri personaggi. Escludendo i personaggi 'da episodio', che svolgono in maniera relativamente dignitosa il loro ruolo all'interno delle proprie storie autoconclusive, sono proprio i comprimari/antagonisti a fare acqua da tutte le parti. Passi il dottore mosso dall'ambizione di far soldi e carriera alle spalle della ragazzina di cui si è sempre preso cura, ma che i genitori di Ayako, un momento prima descritti e mostrati come del tutto innamorati della loro perfettissima figlia, diventino in quattro e quattr'otto degli spietati assassini è piuttosto risibile. Si tratta senz'altro della più grossa forzatura all'interno della vicenda, decisamente troppo esagerata e repentina, pur all'interno di un contesto da shoujo manga tradizionale (quindi con tutto il melodramma e i toni caricati e saturi tipici del periodo).
Un altro elemento che stona un po' è l'ambientazione troppo anacronistica. Per una buona metà del primo volume, visti gli abiti, le scenografie e lo stile di vita dei personaggi, pensavo che tutto fosse ambientato intorno agli anni Trenta: di punto in bianco, però, non appena si esce dalla sfera familiare di Ayako, si scopre che invece la storia è ambientata proprio alla fine degli Settanta (con tanto di poster degli ABBA in un negozio di musica!). Le autrici degli shoujo manga di quel periodo ci hanno abituato a qualche forzatura in tal senso, basti pensare a Caro fratello della stessa Riyoko Ikeda o a Jenny la tennista di Fukika Yamamoto, dove compaiono ragazze dai modi aristocratici, con vaporosi boccoli biondi "à la Marie-Antoinette" e abiti pieni di fronzoli. In Ayako il particolare equilibro di questi vecchi shoujo manga, che si districavano tra un'ambientazione pienamente settantina e i citati elementi grafici giustificati puramente da un punto di vista estetico, sembra venire completamente meno, causando uno strano anacronismo onnipresente in tutto lo svolgimento. A tratti forse si potrebbe giustificare la presenza di elementi addirittura ottocenteschi a causa del tono gotico di certi episodi, ma nel complesso la cosa sembra sfuggire di mano alle autrici. Anacronismo a parte, è dovuto l'elogio al comparto grafico: l'Ikeda disegna questo manga nel momento in cui - essendo ancora in corso la serializzazione de La finestra di Orpheus - il suo stile grafico muta dagli stilemi prettamente classici del manga per ragazze anni Settanta a una rielaborazione del tutto personale, caratterizzata da una maggior rigidità e spigolosità dei visi ma anche e soprattutto da un tratto nervoso e un curatissimo grafismo, che fa tanto pensare all'opera di Aubrey Beardsley.
In conclusione Ayako si presenta come un singolare manga gotico un po' sui generis, tenuto in piedi soprattutto dalla protagonista. L'andamento episodico, che pure sottende una trama generale legata allo sviluppo della personalità malinconica e sofferta della protagonista, rende la lettura particolarmente scorrevole, ma allo stesso tempo dà "poca ciccia" alla struttura complessiva. Manca inoltre un finale o un qualcosa di vagamente definibile come tale, visto che l'ultimo episodio è del tutto scisso dalle esili trame della vicenda principale. Pur non essendo dunque né un'opera particolarmente rilevante tout court né all'interno del catalogo di Riyoko Ikeda, lo consiglio comunque soprattutto ai fan dell'autrice e in generale a chi apprezza sia i toni gotici sia quelli melodrammatici e particolarmente artefatti degli shoujo manga del tempo che fu.
La storia inizia con i tremendi e angoscianti pensieri di una criminale - divenuta tale a causa di una vita condotta sempre in miseria e negli ambienti più torbidi - ormai in prigione e prossima ad essere giustiziata. Il risentimento della donna attrae un demonio, che si manifesta sotto le sembianze di una chimera e si accoppia con la galeotta. Quest'ultima, rimasta incinta, riesce a far rimandare la sua condanna e, con un abile stratagemma, riesce poco prima di spirare a sostituire la propria figlia con quella di una coppia di aristocratici. Passano dodici anni e i nobili e felici coniugi Fumoto festeggiano il compleanno della loro unica figlia ed erede, Ayako. La bambina, bellissima ed amata, vive la sua vita come in un sogno, fino a quando l'ambizioso medico di famiglia non porta a galla la verità: Ayako non è nient'altro che la figlia di una condannata a morte! Da quel momento la ragazzina dovrà far di tutto per sopravvivere, visto che i suoi genitori, ormai disgustati da lei, tenteranno in ogni modo di farla morire. Ma dietro le quinte di questo scenario crudelmente borghese sembra che da un momento all'altro debba riemergere anche il mistero della nascita demoniaca della protagonista...
Come si può intuire dall'incipit della vicenda qui riassunto, Ayako è una storia con uno sfondo gotico, anche se nel corso della vicenda l'origine demoniaca e soprannaturale della protagonista diventa soltanto il pretesto per dare il la ai vari accadimenti che la coinvolgono e tentano sempre, o quasi, di minare alla sua vita. I toni gotici e oscuri dominano quindi l'intera vicenda ma senza che poi in realtà si manifestino in un qualche elemento davvero fantastico: salvo la demoniaca concezione di Ayako, tutto quello a cui assistiamo è una cupa e drammatica storia dai risvolti reali (seppur altamente improbabili!). Tutto è tristemente e miseramente basato sulla cattiveria degli uomini, in primis dei genitori adottivi di Ayako, che senza pensarci due volte, una volta scoperta la verità, decidono di sbarazzarsi della ragazza. Altra figura di spicco all'interno del manga è Ogata, il medico di famiglia, che agisce mosso esclusivamente dall'ambizione e dall'avidità. Nel corso della vicenda - che procede a capitoli episodici tra di loro separati - faranno poi la comparsa diversi personaggi, che per un motivo o per un altro avranno a che fare in maniera drammatica con la protagonista.
Ayako, la nostra antieroina, è senz'altro il punto forte del manga. È una protagonista insolita, che per alcuni versi mi ha ricordato uno dei personaggi più belli di Riyoko Ikeda, la perfida e astuta Jeanne Valois de la Motte. Come Jeanne, anche Ayako si ritrova a dover lottare in un mondo crudele per sopravvivere, dovendo rispondere al male con il male. Il detto dice "far di necessità virtù": è esattamente quello che fa la protagonista, pur con un concetto tutto particolare di virtù! Ayako, oltre a proteggere se stessa, si ritrova in un certo senso - lei, figlia di una condannata a morte - a dispensare giustizia: una giustizia spietata e cinica ma necessitata. Non si può quindi dire che Ayako, pur commettendo azioni spesso crudeli, agisca cercando il male: la sua lotta contro la crudeltà di questo mondo brutale ne fa dunque quasi un insolito 'vaso di virtù' (come accennavo prima). Infatti, capiterà spesso che Riyoko Ikeda si soffermi a disegnare i bellissimi primi piani del volto malinconico di Ayako, subito dopo che quest'ultima ha dovuto commettere qualcosa di tremendo per difendere se stessa o ristabilire un cinico equilibrio.
Se la protagonista risulta affascinante e ben caratterizzata, lo stesso non si può dire per la vicenda generale e per buona parte degli altri personaggi. Escludendo i personaggi 'da episodio', che svolgono in maniera relativamente dignitosa il loro ruolo all'interno delle proprie storie autoconclusive, sono proprio i comprimari/antagonisti a fare acqua da tutte le parti. Passi il dottore mosso dall'ambizione di far soldi e carriera alle spalle della ragazzina di cui si è sempre preso cura, ma che i genitori di Ayako, un momento prima descritti e mostrati come del tutto innamorati della loro perfettissima figlia, diventino in quattro e quattr'otto degli spietati assassini è piuttosto risibile. Si tratta senz'altro della più grossa forzatura all'interno della vicenda, decisamente troppo esagerata e repentina, pur all'interno di un contesto da shoujo manga tradizionale (quindi con tutto il melodramma e i toni caricati e saturi tipici del periodo).
Un altro elemento che stona un po' è l'ambientazione troppo anacronistica. Per una buona metà del primo volume, visti gli abiti, le scenografie e lo stile di vita dei personaggi, pensavo che tutto fosse ambientato intorno agli anni Trenta: di punto in bianco, però, non appena si esce dalla sfera familiare di Ayako, si scopre che invece la storia è ambientata proprio alla fine degli Settanta (con tanto di poster degli ABBA in un negozio di musica!). Le autrici degli shoujo manga di quel periodo ci hanno abituato a qualche forzatura in tal senso, basti pensare a Caro fratello della stessa Riyoko Ikeda o a Jenny la tennista di Fukika Yamamoto, dove compaiono ragazze dai modi aristocratici, con vaporosi boccoli biondi "à la Marie-Antoinette" e abiti pieni di fronzoli. In Ayako il particolare equilibro di questi vecchi shoujo manga, che si districavano tra un'ambientazione pienamente settantina e i citati elementi grafici giustificati puramente da un punto di vista estetico, sembra venire completamente meno, causando uno strano anacronismo onnipresente in tutto lo svolgimento. A tratti forse si potrebbe giustificare la presenza di elementi addirittura ottocenteschi a causa del tono gotico di certi episodi, ma nel complesso la cosa sembra sfuggire di mano alle autrici. Anacronismo a parte, è dovuto l'elogio al comparto grafico: l'Ikeda disegna questo manga nel momento in cui - essendo ancora in corso la serializzazione de La finestra di Orpheus - il suo stile grafico muta dagli stilemi prettamente classici del manga per ragazze anni Settanta a una rielaborazione del tutto personale, caratterizzata da una maggior rigidità e spigolosità dei visi ma anche e soprattutto da un tratto nervoso e un curatissimo grafismo, che fa tanto pensare all'opera di Aubrey Beardsley.
In conclusione Ayako si presenta come un singolare manga gotico un po' sui generis, tenuto in piedi soprattutto dalla protagonista. L'andamento episodico, che pure sottende una trama generale legata allo sviluppo della personalità malinconica e sofferta della protagonista, rende la lettura particolarmente scorrevole, ma allo stesso tempo dà "poca ciccia" alla struttura complessiva. Manca inoltre un finale o un qualcosa di vagamente definibile come tale, visto che l'ultimo episodio è del tutto scisso dalle esili trame della vicenda principale. Pur non essendo dunque né un'opera particolarmente rilevante tout court né all'interno del catalogo di Riyoko Ikeda, lo consiglio comunque soprattutto ai fan dell'autrice e in generale a chi apprezza sia i toni gotici sia quelli melodrammatici e particolarmente artefatti degli shoujo manga del tempo che fu.
"Ayako" è la collaborazione tra Riyoko Ikeda per i disegni ed Etsuko Ikeda per la storia, pubblicata nel lontanissimo 1979 in Giappone e in Italia pubblicata grazie alla Goen.
Ayako è la figlia di una condannata a morte e di un demone. Prima del parto, la madre da fuoco all'ospedale in cui le carcerate venivano portate a partorire così da poter andare nella più vicina clinica lussuosa. Dopo il parto, la donna scambia la sua bambina con un'altra di una famiglia della nobile aristocrazia giapponese, così da rendere decente almeno il futuro della figlia.
La spensierata vita di Ayako inizia a degenerare quando il medico di famiglia, Ogata, scopre che quest'ultima non è la vera figlia dei due nobili. Questi subito si preoccupano della loro posizione e di come uno scandalo del genere possa loro nuocere e fanno ricerche per ritrovare la vera ragazza ed introdurla nella casa. Iniziano a trattare Ayako con disgusto e disprezzo facendo rinascere in lei una consapevolezza malvagia ed un incredibile senso di sopravvivenza.
Ayako dovrà così destreggiarsi tra i continui tentativi dei suoi genitori di sbarazzarsi di lei accidentalmente, tra personaggi malvagi e approfittatori, persone delle quali a volte aveva anche provato affetto.
Ogni vicenda si conclude con la vittoria di Ayako portata a termine con le armi più crudeli e meno misericordiose.
Non è affatto una storia gotica dalle sapienti tinte poliziesche ed i sensazionali colpi di scena, la trama va avanti ad esagerazioni, improbabili svolgimenti, banalità ed ovvietà che portano anche ad anticipare al lettore la conclusione.
Tutti i personaggi sono malvagi, tutti hanno secondi fini, tutti hanno la potenziale capacità di commettere crimini per uno scopo personale.
Ogni gesto porta con se un'esagerazione drammatica e fittizia che rende l'opera ridicola.
La suspance, la tensione, le atmosfere sono lontanissime dallo spessore profondo e misterioso del vero genere gotico e poliziesco, hanno solo la capacità di irritare e disgustare per la poca originalità ed intelligenza.
Non si può creare un'atmosfera cupa solo tramite la successione di omicidi su omicidi, su personaggi secondari che si riscoprono a loro volta criminali dopo essere stati traditi. Si perde di credibilità.
I disegni sono ottimi, come di consueto da parte di Riyoko Ikeda, peccato per quelle figure "macabre" che fanno da tappezzeria dietro le scene di particolare trasporto emotivo.
L'edizione della Goen è ben curata, con alcune pagine a colori al prezzo di 5,95.
"Ayako" diviene lo strabordare dell'esagerazione del vecchio modo di scrivere manga, dove si doveva ben calibrare tutti i fattori drammatici e tragici di una storia al fine di non cadere nel ridicolo, nella soap opera, nella banalità e improbabilità e di ciò l'Ikeda poteva definirsi maestra, così attenta a tessere dramma storici così fragili a cadere nel ridicolo ma che mai ci arrivavano ed anzi avevano la tipica parvenza di opere teatrali.
Ma Riyoko Ikeda ed Etsuko Ikeda non sono la stessa persona, non hanno la stessa esperienza e la stessa sapienza e nonostante l'atmosfera culturale del manga che quegli anni portava, non si poteva avere un risultato di sceneggiatura degli stessi livelli. Etsuko Ikeda straborda e rompe tutti i paletti di decenza e di decoro che tanto faticosamente le sue coetanee si trovavano intorno, rovinando una storia che poteva avere una stupenda introspezione personale ed una trama molto più elegante e sobria ma profonda e sapiente.
In conclusione, consiglio l'opera agli estimatori delle autrici ma non agli amanti del genere gotico, dark e poliziesco, che speravano magari di stupirsi in una storia presa a quattro mani tutte femminili.
Ayako è la figlia di una condannata a morte e di un demone. Prima del parto, la madre da fuoco all'ospedale in cui le carcerate venivano portate a partorire così da poter andare nella più vicina clinica lussuosa. Dopo il parto, la donna scambia la sua bambina con un'altra di una famiglia della nobile aristocrazia giapponese, così da rendere decente almeno il futuro della figlia.
La spensierata vita di Ayako inizia a degenerare quando il medico di famiglia, Ogata, scopre che quest'ultima non è la vera figlia dei due nobili. Questi subito si preoccupano della loro posizione e di come uno scandalo del genere possa loro nuocere e fanno ricerche per ritrovare la vera ragazza ed introdurla nella casa. Iniziano a trattare Ayako con disgusto e disprezzo facendo rinascere in lei una consapevolezza malvagia ed un incredibile senso di sopravvivenza.
Ayako dovrà così destreggiarsi tra i continui tentativi dei suoi genitori di sbarazzarsi di lei accidentalmente, tra personaggi malvagi e approfittatori, persone delle quali a volte aveva anche provato affetto.
Ogni vicenda si conclude con la vittoria di Ayako portata a termine con le armi più crudeli e meno misericordiose.
Non è affatto una storia gotica dalle sapienti tinte poliziesche ed i sensazionali colpi di scena, la trama va avanti ad esagerazioni, improbabili svolgimenti, banalità ed ovvietà che portano anche ad anticipare al lettore la conclusione.
Tutti i personaggi sono malvagi, tutti hanno secondi fini, tutti hanno la potenziale capacità di commettere crimini per uno scopo personale.
Ogni gesto porta con se un'esagerazione drammatica e fittizia che rende l'opera ridicola.
La suspance, la tensione, le atmosfere sono lontanissime dallo spessore profondo e misterioso del vero genere gotico e poliziesco, hanno solo la capacità di irritare e disgustare per la poca originalità ed intelligenza.
Non si può creare un'atmosfera cupa solo tramite la successione di omicidi su omicidi, su personaggi secondari che si riscoprono a loro volta criminali dopo essere stati traditi. Si perde di credibilità.
I disegni sono ottimi, come di consueto da parte di Riyoko Ikeda, peccato per quelle figure "macabre" che fanno da tappezzeria dietro le scene di particolare trasporto emotivo.
L'edizione della Goen è ben curata, con alcune pagine a colori al prezzo di 5,95.
"Ayako" diviene lo strabordare dell'esagerazione del vecchio modo di scrivere manga, dove si doveva ben calibrare tutti i fattori drammatici e tragici di una storia al fine di non cadere nel ridicolo, nella soap opera, nella banalità e improbabilità e di ciò l'Ikeda poteva definirsi maestra, così attenta a tessere dramma storici così fragili a cadere nel ridicolo ma che mai ci arrivavano ed anzi avevano la tipica parvenza di opere teatrali.
Ma Riyoko Ikeda ed Etsuko Ikeda non sono la stessa persona, non hanno la stessa esperienza e la stessa sapienza e nonostante l'atmosfera culturale del manga che quegli anni portava, non si poteva avere un risultato di sceneggiatura degli stessi livelli. Etsuko Ikeda straborda e rompe tutti i paletti di decenza e di decoro che tanto faticosamente le sue coetanee si trovavano intorno, rovinando una storia che poteva avere una stupenda introspezione personale ed una trama molto più elegante e sobria ma profonda e sapiente.
In conclusione, consiglio l'opera agli estimatori delle autrici ma non agli amanti del genere gotico, dark e poliziesco, che speravano magari di stupirsi in una storia presa a quattro mani tutte femminili.
Ayako è la figlia di una donna umana e di un corvo, messaggero del Male. La madre è una criminale condannata a morte per i suoi efferati crimini, quando un suo parossismo di rabbia nei confronti della società, da cui si sente oppressa, richiama nella sua cella un corvo con il quale lei si unisce carnalmente. Da questa unione bestiale viene generata Ayako, che alla nascita la madre, con uno scaltro escamotage, sostituisce con la figlia neonata di una prestigiosa casata nobiliare. L'obiettivo della sostituzione è permettere ad Ayako di vivere la vita serena e agiata che alla madre è stata negata, nonché dimostrare che al mondo non esistono realmente criminali e persone perbene, ma che questa distinzione è dettata più dalle condizioni di vita e dai pregiudizi sociali.
Lo scambio di persona tra Ayako e la giovane rampolla del casato Fumoto passa inizialmente inosservato, e Ayako conduce un'esistenza felice circondata dall'amore dei suoi genitori e dall'agiatezza della sua condizione sociale. Tuttavia, quando un medico arrivista svela ai Fumoto la vera storia di Ayako, la vita della ragazza cambia drasticamente: i suoi presunti genitori, che fino ad allora sembravano amarla sinceramente, la rinnegano disgustati e tentano di ucciderla mentre ricercano la loro vera figlia. Lo shock del rifiuto fa emergere in Ayako la sua natura caparbia e da qui in avanti la sua storia si trasforma in una spirale di sotterfugi e menzogne per non essere schiacciata, come la madre biologica, dalle falsità della società umana.
A livello narrativo, Riyoko Ikeda riconferma il suo amore per la mitologia e la letteratura classica giapponesi (amore che l'autrice riversa in maniera costante in tutta la sua produzione) adottando per il manga "Ayako" una tecnica risalente al "Kojiki" e al "Nihonshoki" e perfezionata nel "Genji monogatari" e in tempi moderni da Tanizaki: la cosiddetta tecnica della sostituzione'. In sostanza, la tecnica della sostituzione consiste nello sviluppare una trama per il tramite della sostituzione di una persona o di un oggetto. Personalmente sono stato incuriosito dalla lettura proprio per scoprire come la Ikeda se la cavi con la trasposizione di questa tecnica in un manga, e trovo che il risultato finale sia abbastanza ambivalente: da una parte la Ikeda riesce a non rendere la lettura monotona e prevedibile, e questo è un buon risultato (scongiurare il rischio che la storia risulti noiosamente ripetitiva usando un'unica tecnica narrativa credo richieda una certa bravura nella narrazione), ma d'altra parte certi colpi di scena risultano drammatici in maniera eccessiva.
Quest'esagerazione di fondo si ritrova anche, talvolta, in una serie di due contrasti che stanno alla base del manga: il primo confronto è tra antichità e modernità, per cui alcuni capitoli sono ambientati in luoghi sperduti nel tempo e la trama prosegue con analogie con vecchie storie e leggende, e altri capitoli dove il contesto è spiccatamente contemporaneo per ambientazione e modo di vivere; il secondo contrasto è tra oriente e occidente, e anch'esso come il ricorso alla tecnica della sostituzione trovo raggiunga dei risultati ambigui: da un lato è efficace (ad esempio, in una scena Ayako si introduce furtivamente nella stanza di una misteriosa zia e questa, inquietante nella notte, per spaventarla e allontanarla si erge sul letto con la pettinatura perfettamente cotonata da impeccabile nobildonna, la veste da notte ricamata e i pesanti drappi del letto a baldacchino che gravano su di lei stile alcova reale di Versailles formano un contrasto turbante con la maschera di donna del teatro Nō e Kabuki che la donna indossa per mascherare il suo volto orribilmente sfigurato), ma altrove è semplicemente eccessivo.
Per riassumere, "Ayako" poggia su dei forti anacronismi, e questo risulta palese e fastidioso quando i personaggi somigliano in tutto e per tutto all'antica nobiltà inglese ottocentesca ma pretendono di vivere in un Giappone moderno. È un anacronismo ingenuo alla "Lady!!" di Yōko Hanabusa che da Riyoko Ikeda mi stupisce.
A ogni modo, i passaggi esageratamente carichi non sono il difetto maggiore di "Ayako" (tutto sommato, chi, come me, apprezza "Caro Fratello" deve accettare acriticamente di peggio). Piuttosto, il difetto che rovina inevitabilmente il manga "Ayako" è la natura episodica della narrazione. In sostanza, la storia ha una vicenda iniziale (quella della nascita di Ayako) che non viene risolta in un capitolo conclusivo dell'intera vicenda, bensí la storia prosegue per capitoli autoconclusivi in cui Ayako riveste sempre la sua ambivalente veste di giustiziere/criminale, di vittima/carnefice. Per quanto il ruolo di Ayako sia intrigante e coinvolgente, leggere una serie di episodi privi di una conclusione lascia alla storia un difetto incolmabile.
Per quanto riguarda la veste grafica dell'opera, i disegni ricalcano fedelissimamente lo stile della Ikeda prima maniera e questo, soprattutto per chi non apprezza la sua evoluzione stilistica dalla metà di "Orpheus" in poi, è piacevole, è come ritrovare un caro amico dopo tanto tempo. Tuttavia, leggere un manga realizzato nel 1979 che ricalca pedissequamente lo stile di disegno de "Le rose di Versailles" è tutto sommato un ennesimo anacronismo che un po' stona.
Il volumetto realizzato dalla Goen rispetta il pacchetto ormai solito della casa editrice: sovraccoperta morbida con bandelle, pagine di apertura a colori e qualità della carta molto buona per sfogliabilità e leggibilità. Dispiace un po' l'assenza di un editoriale che contestualizzi l'opera (probabilmente suonerò pignolo, ma per queste opere un po' datate trovo sia doveroso per l'editore accorto sopperire alla difficoltà per l'appassionato di reperire informazioni su Internet), ma in compenso il prezzo standard della casa editrice di € 5,95 è buono per quello che offre. Invece è inaccettabile il fatto che la pubblicazione dell'opera ha dovuto aspettare almeno un paio d'anni dall'annuncio dell'acquisizione dei diritti e nel frattempo l'editore non ha fornito spiegazioni o comunque non ha ribadito la volontà di pubblicarlo (personalmente avevo perso le speranze di poter leggerlo, quando un giorno "Ayako" è semplicemente arrivato nella fumetteria dove mi servo abitualmente). Non è un comportamento professionale lasciare i lettori all'oscuro delle sorti di un'opera annunciata.
In definitiva, "Ayako" è un manga interessantissimo come impostazione della storia (soprattutto per quanto concerne le origini della protagonista, l'uso della tecnica della sostituzione e il diabolico ruolo di Ayako), ma la prosecuzione mista spesso a esagerazioni a volte calzanti, altre volte fuori posto e la mancanza di un epilogo precludono ad "Ayako" la possibilità di essere più di un'opera secondaria di Riyoko Ikeda.
Lo scambio di persona tra Ayako e la giovane rampolla del casato Fumoto passa inizialmente inosservato, e Ayako conduce un'esistenza felice circondata dall'amore dei suoi genitori e dall'agiatezza della sua condizione sociale. Tuttavia, quando un medico arrivista svela ai Fumoto la vera storia di Ayako, la vita della ragazza cambia drasticamente: i suoi presunti genitori, che fino ad allora sembravano amarla sinceramente, la rinnegano disgustati e tentano di ucciderla mentre ricercano la loro vera figlia. Lo shock del rifiuto fa emergere in Ayako la sua natura caparbia e da qui in avanti la sua storia si trasforma in una spirale di sotterfugi e menzogne per non essere schiacciata, come la madre biologica, dalle falsità della società umana.
A livello narrativo, Riyoko Ikeda riconferma il suo amore per la mitologia e la letteratura classica giapponesi (amore che l'autrice riversa in maniera costante in tutta la sua produzione) adottando per il manga "Ayako" una tecnica risalente al "Kojiki" e al "Nihonshoki" e perfezionata nel "Genji monogatari" e in tempi moderni da Tanizaki: la cosiddetta tecnica della sostituzione'. In sostanza, la tecnica della sostituzione consiste nello sviluppare una trama per il tramite della sostituzione di una persona o di un oggetto. Personalmente sono stato incuriosito dalla lettura proprio per scoprire come la Ikeda se la cavi con la trasposizione di questa tecnica in un manga, e trovo che il risultato finale sia abbastanza ambivalente: da una parte la Ikeda riesce a non rendere la lettura monotona e prevedibile, e questo è un buon risultato (scongiurare il rischio che la storia risulti noiosamente ripetitiva usando un'unica tecnica narrativa credo richieda una certa bravura nella narrazione), ma d'altra parte certi colpi di scena risultano drammatici in maniera eccessiva.
Quest'esagerazione di fondo si ritrova anche, talvolta, in una serie di due contrasti che stanno alla base del manga: il primo confronto è tra antichità e modernità, per cui alcuni capitoli sono ambientati in luoghi sperduti nel tempo e la trama prosegue con analogie con vecchie storie e leggende, e altri capitoli dove il contesto è spiccatamente contemporaneo per ambientazione e modo di vivere; il secondo contrasto è tra oriente e occidente, e anch'esso come il ricorso alla tecnica della sostituzione trovo raggiunga dei risultati ambigui: da un lato è efficace (ad esempio, in una scena Ayako si introduce furtivamente nella stanza di una misteriosa zia e questa, inquietante nella notte, per spaventarla e allontanarla si erge sul letto con la pettinatura perfettamente cotonata da impeccabile nobildonna, la veste da notte ricamata e i pesanti drappi del letto a baldacchino che gravano su di lei stile alcova reale di Versailles formano un contrasto turbante con la maschera di donna del teatro Nō e Kabuki che la donna indossa per mascherare il suo volto orribilmente sfigurato), ma altrove è semplicemente eccessivo.
Per riassumere, "Ayako" poggia su dei forti anacronismi, e questo risulta palese e fastidioso quando i personaggi somigliano in tutto e per tutto all'antica nobiltà inglese ottocentesca ma pretendono di vivere in un Giappone moderno. È un anacronismo ingenuo alla "Lady!!" di Yōko Hanabusa che da Riyoko Ikeda mi stupisce.
A ogni modo, i passaggi esageratamente carichi non sono il difetto maggiore di "Ayako" (tutto sommato, chi, come me, apprezza "Caro Fratello" deve accettare acriticamente di peggio). Piuttosto, il difetto che rovina inevitabilmente il manga "Ayako" è la natura episodica della narrazione. In sostanza, la storia ha una vicenda iniziale (quella della nascita di Ayako) che non viene risolta in un capitolo conclusivo dell'intera vicenda, bensí la storia prosegue per capitoli autoconclusivi in cui Ayako riveste sempre la sua ambivalente veste di giustiziere/criminale, di vittima/carnefice. Per quanto il ruolo di Ayako sia intrigante e coinvolgente, leggere una serie di episodi privi di una conclusione lascia alla storia un difetto incolmabile.
Per quanto riguarda la veste grafica dell'opera, i disegni ricalcano fedelissimamente lo stile della Ikeda prima maniera e questo, soprattutto per chi non apprezza la sua evoluzione stilistica dalla metà di "Orpheus" in poi, è piacevole, è come ritrovare un caro amico dopo tanto tempo. Tuttavia, leggere un manga realizzato nel 1979 che ricalca pedissequamente lo stile di disegno de "Le rose di Versailles" è tutto sommato un ennesimo anacronismo che un po' stona.
Il volumetto realizzato dalla Goen rispetta il pacchetto ormai solito della casa editrice: sovraccoperta morbida con bandelle, pagine di apertura a colori e qualità della carta molto buona per sfogliabilità e leggibilità. Dispiace un po' l'assenza di un editoriale che contestualizzi l'opera (probabilmente suonerò pignolo, ma per queste opere un po' datate trovo sia doveroso per l'editore accorto sopperire alla difficoltà per l'appassionato di reperire informazioni su Internet), ma in compenso il prezzo standard della casa editrice di € 5,95 è buono per quello che offre. Invece è inaccettabile il fatto che la pubblicazione dell'opera ha dovuto aspettare almeno un paio d'anni dall'annuncio dell'acquisizione dei diritti e nel frattempo l'editore non ha fornito spiegazioni o comunque non ha ribadito la volontà di pubblicarlo (personalmente avevo perso le speranze di poter leggerlo, quando un giorno "Ayako" è semplicemente arrivato nella fumetteria dove mi servo abitualmente). Non è un comportamento professionale lasciare i lettori all'oscuro delle sorti di un'opera annunciata.
In definitiva, "Ayako" è un manga interessantissimo come impostazione della storia (soprattutto per quanto concerne le origini della protagonista, l'uso della tecnica della sostituzione e il diabolico ruolo di Ayako), ma la prosecuzione mista spesso a esagerazioni a volte calzanti, altre volte fuori posto e la mancanza di un epilogo precludono ad "Ayako" la possibilità di essere più di un'opera secondaria di Riyoko Ikeda.