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micheles

Volumi letti: 11/11 --- Voto 9
La grande tradizione dei ninja comincia nel Giappone occupato della fine degli anni cinquanta, in corrispondenza dell'allentamento delle restrizioni imposte dalla censura americana, che fino ad allora aveva vietato le opere di fiction che esaltavano i tradizionali valori guerreschi del popolo giapponese. Due autori si impongo come i padri del genere: dal lato letterario Futaro Yamada, autore di molti romanzi storici sui ninja, a partire da Kouga Ninpocho / Basilisk (1958); dal lato fumettistico Sampei Shirato, autore di molti manga, a partire da Ninja Bugeichō / Kagemaru Den (1959). I due autori non potrebbero essere più diversi: Shirato è un autore impegnato politicamente, vicino alla sinistra, e i suoi eroi sono stati assunti a simbolo della protesta giovanile degli anni sessanta. I manga di Shirato sono caratterizzati da grande realismo e i suoi ninja, per quanto abilissimi e dotati di capacità straordinarie, sono comunque quasi credibili. Al contrario i ninja di Futaro Yamada sono più simili ai super eroi americani nelle loro abilità inverosimili, la più celebre e più copiata essendo l'immortalità. I romanzi di Yamada sono all'insegna dell'escapisco più completo, sprovvisti di qualunque impegno, vogliono intrattenere il lettore sfruttando azione, tragedia, colpi di scena, sense of wonder e un'abbondante dose di erotismo. Non per questo però sono disprezzabili, anzi, sono di grande impatto e hanno influenzato generazioni di autori: in particolare Go Nagai, fan di Yamada fin da ragazzo, a tal punto da omaggiarlo spudoratamente in un'opera giovanile come "Kuro no Shishi". Nagai non è stato l'unico a rendersi conto che i romanzi di Yamada costituiscono una miniera d'oro di potenziali manga. In anni recenti Masaki Segawa ha fondato la sua carriera sulla trasposizione di opere di Yamada, a cominciare da Onikiri Jyuzo (l'Occhio del cane) nel 1998. Segawa raggiunge il successo nel 2003 con Basilisk, oggetto anche di un'azzeccatissima trasposizione anime e di una (meno azzeccata) trasposizione in live action. Nel 2005, subito dopo Basilisk, Segawa traspone anche Yagyu Nimpocho, il manga che mi accingo a recensire.

La prima cosa che salta in mente leggendo Yagyu Nimpocho è la somiglianza con Basilisk: ambientato qualche decennio dopo gli eventi di quest'ultimo compare addirittura un personaggio che si era visto lì, l'alto prete Nankobo Tenkai. Non si tratta di una continuazione della storia di Basilisk, ma bisogna ammettere che gli ingredienti sono molto simili: c'è di nuovo un ninja immortale ( per un motivo diverso) e l'azione si svolge di nuovo come una serie di combattimenti successivi, stavolta contro sette ninja invece di dieci. A differenza di Basilisk Yagyu Nimpocho non è un'opera tragica, è anzi un'opera relativamente scanzonata con un protagonista assai simpatico e in gamba. Yagyu, figlio scapestrato di una nobile famiglia con una grande abilità di guerriero, accetta l'incarico di addestrare sette donne che intendono portare a termine una vendetta familiare. Consistemente con gli stereotipi del "vero uomo giapponese" degli anni cinquanta, Yagyu si contraddistingue per la stoicità e l'assoluta resistenza al fascino femminile, nonostante donne bellissime cerchino di circuirlo e addirittura violentarlo per tutta la durata della serie. Memorabile il penultimo volume in cui il nostro eroe si trova imprigionato in una segreta circondato da decine di donne rese pazze dalla libidine prodotta da un incenso afrodisiaco: come farà a resistere?
La quantità di scene di nudo e di violenze sessuali è enorme, ma si sposa benissimo con il tipo di storia narrata, che comunque è tutto sommato leggera, proprio per l'atmosfera fantastica e di totale inverosimiglianza che si respira. Il livello culturale di questa lettura è nullo, ma il livello di intrattenimento è elevatissimo, mi ha tenuto incollato dalla prima all'ultima pagina e ho letto gli undici volumi tutti d'un fiato, in pochissimi giorni. Ho letto decine di manga di ninja di autori moderni e nessuna arriva neanche lontanamente all'altezza di lavori di Yamada / Segawa: la classe del passato si vede, eccome. Il comparto grafico è perfettamente adeguato alla storia da raccontare: scordatevi ragazzine moe e njnia dagli occhi azzurri, questi sono i veri ninja virili degli anni cinquanta, quelli con soppracciglia che possono fungere da parasole!

"Yagyu Nimpocho" non arriva al 10 di Basilisk, ma un 9 se lo merita. Da consigliare a chi vuole essere trasportato in un mitico medioevo giapponese popolato da signori feudali pervertiti, astuti monaci, feroci guerrieri, pericolose ninfomani e un beffardo protagonista da un occhio solo in grado di cavarsela in qualsiasi situazione.