Hell Baby
“Vivi come i vermi che strisciano per terra
Abbandonati come i vermi che strisciano per terra
Calpestati come i vermi che strisciano per terra
Carichi di dolore come i vermi che strisciano per terra
Torneremo nelle dolci tenebre
Le tenebre infinite e silenziose
Torneremo, prima o poi”.
Il riferimento al Giappone annichilito post bomba atomica è lapalissiano nella citazione d’apertura, d’altronde, essendo stato concepito nell’anno dello sgancio del fungo atomico, è proprio il secondo conflitto mondiale uno dei motivi ricorrenti nella semantica di Hideshi Hino. In “Hell Baby” l’autore ricalca i suoi dogmi attingendo direttamente dal suo parco opere, presentandoci un horror classico che non esce dai tòpoi del genere, seguendo pedissequamente il percorso artistico tracciato dal mangaka nei suoi lavori precedenti.
In una gelida notte piovosa vedono la luce due gemelle, ma una delle due neonate si rivela un abominio mostruoso assetato di sangue. La bimba ripugnante viene abbandonata in una discarica di rifiuti, tra carcasse putrescenti e famelici cani randagi.
Ormai cresciuta covando uno smisurato odio per l’umanità, la bambina si mette in viaggio verso la città, in cerca di vendetta verso coloro i quali l’hanno abbandonata a un destino tanto crudele.
Antiamericanismo, protagonista yokai, emarginazione, vendetta, body horror, e ovviamente abbondante uso della voce narrante, in “Hell baby” ritroviamo tutti i tratti distintivi principali di un’icona dell’horror manga.
Il richiamo a “Rosemary’s baby” di Roman Polanski è evidente già dal titolo, il titolo originale “Gaki Jigoku” significa “Bambino d’inferno”, mentre il classico elogio al diverso di Hino questa volta sembra rifarsi più al “Frankenstein” di Mary Shelley che non al “Freaks” di Tod Browning, pur notandosi le influenze di entrambi gli autori, autentiche figure di riferimento per Hino.
Lo sviluppo della storia (epilogo compreso) riprende l’antecessore “Bug Boy”, con cui “Hell Baby” condivide il tema della vendetta, ma senza deriva kafkiana, per una circolarità narrativa che non riserva grosse sorprese a chi già conosce l’autore.
L’aggiunta dell’elemento mistico-paranormale, unica vera novità introdotta rispetto alle tematiche di “Bug Boy”, purtroppo non convince fino in fondo, non apportando di fatto alcun beneficio allo sviluppo della trama.
Il disegno, pur essendo strutturalmente datato e votato ad un tratto semplicistico e minimale, riesce ad incutere il giusto terrore grazie ad una cinematografica regia delle tavole e ad un sapiente uso dei chiaro-scuri,
da cui si nota un passo avanti rispetto a “Bug Boy”, ma uno indietro rispetto a “Visione D’inferno”.
Un’opera cupa e violenta, da cui si legge a chiare lettere la firma del suo autore.
Se non vi piace Hino non sarà questo il volume che vi farà ricredere, se invece siete fan del mangaka in “Hell Baby” ritroverete la sua inconfondibile cifra stilistica, in tutta la sua ridondanza autoriale.
Abbandonati come i vermi che strisciano per terra
Calpestati come i vermi che strisciano per terra
Carichi di dolore come i vermi che strisciano per terra
Torneremo nelle dolci tenebre
Le tenebre infinite e silenziose
Torneremo, prima o poi”.
Il riferimento al Giappone annichilito post bomba atomica è lapalissiano nella citazione d’apertura, d’altronde, essendo stato concepito nell’anno dello sgancio del fungo atomico, è proprio il secondo conflitto mondiale uno dei motivi ricorrenti nella semantica di Hideshi Hino. In “Hell Baby” l’autore ricalca i suoi dogmi attingendo direttamente dal suo parco opere, presentandoci un horror classico che non esce dai tòpoi del genere, seguendo pedissequamente il percorso artistico tracciato dal mangaka nei suoi lavori precedenti.
In una gelida notte piovosa vedono la luce due gemelle, ma una delle due neonate si rivela un abominio mostruoso assetato di sangue. La bimba ripugnante viene abbandonata in una discarica di rifiuti, tra carcasse putrescenti e famelici cani randagi.
Ormai cresciuta covando uno smisurato odio per l’umanità, la bambina si mette in viaggio verso la città, in cerca di vendetta verso coloro i quali l’hanno abbandonata a un destino tanto crudele.
Antiamericanismo, protagonista yokai, emarginazione, vendetta, body horror, e ovviamente abbondante uso della voce narrante, in “Hell baby” ritroviamo tutti i tratti distintivi principali di un’icona dell’horror manga.
Il richiamo a “Rosemary’s baby” di Roman Polanski è evidente già dal titolo, il titolo originale “Gaki Jigoku” significa “Bambino d’inferno”, mentre il classico elogio al diverso di Hino questa volta sembra rifarsi più al “Frankenstein” di Mary Shelley che non al “Freaks” di Tod Browning, pur notandosi le influenze di entrambi gli autori, autentiche figure di riferimento per Hino.
Lo sviluppo della storia (epilogo compreso) riprende l’antecessore “Bug Boy”, con cui “Hell Baby” condivide il tema della vendetta, ma senza deriva kafkiana, per una circolarità narrativa che non riserva grosse sorprese a chi già conosce l’autore.
L’aggiunta dell’elemento mistico-paranormale, unica vera novità introdotta rispetto alle tematiche di “Bug Boy”, purtroppo non convince fino in fondo, non apportando di fatto alcun beneficio allo sviluppo della trama.
Il disegno, pur essendo strutturalmente datato e votato ad un tratto semplicistico e minimale, riesce ad incutere il giusto terrore grazie ad una cinematografica regia delle tavole e ad un sapiente uso dei chiaro-scuri,
da cui si nota un passo avanti rispetto a “Bug Boy”, ma uno indietro rispetto a “Visione D’inferno”.
Un’opera cupa e violenta, da cui si legge a chiare lettere la firma del suo autore.
Se non vi piace Hino non sarà questo il volume che vi farà ricredere, se invece siete fan del mangaka in “Hell Baby” ritroverete la sua inconfondibile cifra stilistica, in tutta la sua ridondanza autoriale.
Non mi aspettavo mi piacesse così tanto...è stata una lettura molto veloce (pochi dialoghi), ma assuefacente. La definirei una nera e cupa fiaba macabra.
Assistiamo alla nascita di questa bimba deforme non solo nell'aspetto, ma anche nei modi, dato che rifiuta il latte per cercare il sangue. Insomma, un vero piccolo demonio.
Attenzione parte contenente spoiler
Abbiamo anche un forte elemento paranormale (che onestamente all'inizio mi ha fatto storcere il naso, ma poi mi son convinto che non potesse essere altrimenti) con la resurrezione per mezzo di fuochi fatui della piccola creatura che nei primi attimi del manga muore abbandonata in una discarica.
L'opera è permeata da una voce narrante onnipresente che ci accompagna poeticamente nelle varie fasi della vita di questo Yokai (possiamo considerarlo tale), fino alla sua crescita e maturazione che la condurrà, sotto l'influsso negativo della stessa energia che l'aveva generata, a meditar vendetta contro gli esseri umani. Inizia quindi a cacciarli come fossero bestie (e qui l'autore non si risparmia nulla), mossa da una sensazione invisibile verso qualcosa di preciso. Ma, fondamentalmente, aspetto mostruoso a parte, la creatura nutre sentimenti buoni...e alla fine, braccata dalla polizia locale, muore soddisfatta di aver dato senso alla sua ricerca, ritrovando e salutando i genitori e la sorella. In una scena straziante in cui persino il padre le chiede perdono per quel che le ha fatto. Per poi tornare a strisciare nell'oscurità da cui è venuta.
Fine della parte contenente spoiler
Disegni, sebbene datati e sempliciotti, maestosi e di una potenza visiva spaventosa. Tanti neri fortissimi, primi piani agghiaccianti, chiaroscuri inquietanti. Il formato grande rende pienamente giustizia alle tavole di Hino e la carta, seppur la solita che non nasconde le trasparenze, in questa opera si comporta bene essendoci tanti neri spalmati e pochi campi bianchi.
Molto soddisfatto da questa favola oscura.
Assistiamo alla nascita di questa bimba deforme non solo nell'aspetto, ma anche nei modi, dato che rifiuta il latte per cercare il sangue. Insomma, un vero piccolo demonio.
Attenzione parte contenente spoiler
Abbiamo anche un forte elemento paranormale (che onestamente all'inizio mi ha fatto storcere il naso, ma poi mi son convinto che non potesse essere altrimenti) con la resurrezione per mezzo di fuochi fatui della piccola creatura che nei primi attimi del manga muore abbandonata in una discarica.
L'opera è permeata da una voce narrante onnipresente che ci accompagna poeticamente nelle varie fasi della vita di questo Yokai (possiamo considerarlo tale), fino alla sua crescita e maturazione che la condurrà, sotto l'influsso negativo della stessa energia che l'aveva generata, a meditar vendetta contro gli esseri umani. Inizia quindi a cacciarli come fossero bestie (e qui l'autore non si risparmia nulla), mossa da una sensazione invisibile verso qualcosa di preciso. Ma, fondamentalmente, aspetto mostruoso a parte, la creatura nutre sentimenti buoni...e alla fine, braccata dalla polizia locale, muore soddisfatta di aver dato senso alla sua ricerca, ritrovando e salutando i genitori e la sorella. In una scena straziante in cui persino il padre le chiede perdono per quel che le ha fatto. Per poi tornare a strisciare nell'oscurità da cui è venuta.
Fine della parte contenente spoiler
Disegni, sebbene datati e sempliciotti, maestosi e di una potenza visiva spaventosa. Tanti neri fortissimi, primi piani agghiaccianti, chiaroscuri inquietanti. Il formato grande rende pienamente giustizia alle tavole di Hino e la carta, seppur la solita che non nasconde le trasparenze, in questa opera si comporta bene essendoci tanti neri spalmati e pochi campi bianchi.
Molto soddisfatto da questa favola oscura.