Romeo to Juliet
Non c'è dubbio: le opere ispirate alla più grande storia d'amore di tutti i tempi non si contano. Dai dipinti ai balletti, dai film alle canzoni, più o meno tutte le categorie di artisti hanno omaggiato questa immortale tragedia, dai temi sempre attuali. Non fa eccezione uno spirito romantico come Yumiko Igarashi, "madre", almeno graficamente, di Candy e Georgie. Come se la sarà cavata nel non facile compito di riproporre il capolavoro shakespeariano? Ecco le mie considerazioni in merito.
DISEGNI
Partiamo dai disegni: chi conosce lo stile della mangaka potrebbe pensare che un'ambientazione quale quella della Verona rinascimentale sia l'ideale per lei, fra balli in maschera, vesti sfarzose e architetture dal tocco medievale. In realtà, nessuna considerazione potrebbe essere più sbagliata: può sembrare assurdo, eppure è così. La scarsezza nella cura di sfondi, vedute, scene di gruppo è fin troppo evidente. Addirittura, in alcuni casi le "comparse" non hanno nemmeno un volto, venendo ridotte a manichini del genere di quelli che si vedono nei musei del costume. E ai personaggi secondari non va meglio: se in "Mayme Angel", "Georgie", "Candy" e chi più ne ha più ne metta non era raro che i comprimari avessero poco da invidiare ai protagonisti (Archie, Stear, Sammy ...), qui i poveri Mercuzio, Paride, Tebaldo oltre al danno (la loro sorte) ricevono pure la beffa, venendo disegnati alla stregua di caricature. Gli unici a salvarsi da un simile scempio sono Giulietta e il suo Romeo, forse perché per vivere stupende storie d'amore è necessario essere belli, o forse, più semplicemente, perché assomigliano parecchio a Olivia Hussey e a Leonard Whiting, interpreti dei due amanti sfortunati nella versione di Zeffirelli. Su questa falsariga si potrebbe continuare per un bel pezzo, ma anche la gestione della storia ha diritto alla sua parte di osservazioni, perciò proseguiamo.
STORIA
Altro passo falso commesso dalla Igarashi è l'"indecisione" mostrata riguardo al modo migliore di impostare la vicenda. Imitare pedissequamente il Bardo o dare un tocco personale all'opera? Questo è il problema. Problema però non risolto pienamente, poiché se il volume si apre con uno spunto interessante, ovvero Giulietta che si interroga su che cosa sia l'amore, su quando e in che occasione lo incontrerà e che esprime il proprio parere sul cugino Tebaldo e sui genitori, facendo sperare in una caratterizzazione psicologica degli eroi di un certo spessore, subito dopo si cade nella più monotona e meno originale imitazione della tragedia. I testi, nel 90% dei casi, sono ripresi pari pari dal testo originale. L'epilogo, poi, che dovrebbe essere dedicato a Romeo (per fare il paio con il prologo riservato alla giovane Capuleti) in realtà su di lui non ci dice nulla di quanto già sappiamo. Insomma, leggersi Shakespeare è lo stesso, anzi: è incontestabilmente meglio.
PERSONAGGI
Come si è ampiamente detto, i personaggi non spiccano per spessore, che a mio giudizio è persino inferiore dei fogli di carta sui quali sono stati disegnati. Recitano le loro battute, fanno quello che ci si aspetta che facciano e, se devono morire, muoiono. Di più: Giulietta non ha lo spirito e la determinazione dell'eroina veronese e, in certi momenti, Romeo (ma questa è un'osservazione personale della sottoscritta) ha l'aria di essere un po' troppo violento o, viceversa, smidollato.
GIUDIZIO GLOBALE
Per me, questa trasposizione in stile manga di una delle più popolari tragedie di tutti i tempi non merita più di 5. In una sorta di poscritto in coda al volume, l'autrice lascia trapelare la sua passione per la tragedia, da lei in effetti omaggiata largamente in "Candy Candy" ma, se davvero è tale il suo amore, dal mio punto di vista avrebbe fatto una scelta più saggia accontentandosi della citazione appena menzionata, evitando una ennesima versione cartacea di "Romeo e Giulietta" di cui, francamente, non si sentiva proprio il bisogno.
DISEGNI
Partiamo dai disegni: chi conosce lo stile della mangaka potrebbe pensare che un'ambientazione quale quella della Verona rinascimentale sia l'ideale per lei, fra balli in maschera, vesti sfarzose e architetture dal tocco medievale. In realtà, nessuna considerazione potrebbe essere più sbagliata: può sembrare assurdo, eppure è così. La scarsezza nella cura di sfondi, vedute, scene di gruppo è fin troppo evidente. Addirittura, in alcuni casi le "comparse" non hanno nemmeno un volto, venendo ridotte a manichini del genere di quelli che si vedono nei musei del costume. E ai personaggi secondari non va meglio: se in "Mayme Angel", "Georgie", "Candy" e chi più ne ha più ne metta non era raro che i comprimari avessero poco da invidiare ai protagonisti (Archie, Stear, Sammy ...), qui i poveri Mercuzio, Paride, Tebaldo oltre al danno (la loro sorte) ricevono pure la beffa, venendo disegnati alla stregua di caricature. Gli unici a salvarsi da un simile scempio sono Giulietta e il suo Romeo, forse perché per vivere stupende storie d'amore è necessario essere belli, o forse, più semplicemente, perché assomigliano parecchio a Olivia Hussey e a Leonard Whiting, interpreti dei due amanti sfortunati nella versione di Zeffirelli. Su questa falsariga si potrebbe continuare per un bel pezzo, ma anche la gestione della storia ha diritto alla sua parte di osservazioni, perciò proseguiamo.
STORIA
Altro passo falso commesso dalla Igarashi è l'"indecisione" mostrata riguardo al modo migliore di impostare la vicenda. Imitare pedissequamente il Bardo o dare un tocco personale all'opera? Questo è il problema. Problema però non risolto pienamente, poiché se il volume si apre con uno spunto interessante, ovvero Giulietta che si interroga su che cosa sia l'amore, su quando e in che occasione lo incontrerà e che esprime il proprio parere sul cugino Tebaldo e sui genitori, facendo sperare in una caratterizzazione psicologica degli eroi di un certo spessore, subito dopo si cade nella più monotona e meno originale imitazione della tragedia. I testi, nel 90% dei casi, sono ripresi pari pari dal testo originale. L'epilogo, poi, che dovrebbe essere dedicato a Romeo (per fare il paio con il prologo riservato alla giovane Capuleti) in realtà su di lui non ci dice nulla di quanto già sappiamo. Insomma, leggersi Shakespeare è lo stesso, anzi: è incontestabilmente meglio.
PERSONAGGI
Come si è ampiamente detto, i personaggi non spiccano per spessore, che a mio giudizio è persino inferiore dei fogli di carta sui quali sono stati disegnati. Recitano le loro battute, fanno quello che ci si aspetta che facciano e, se devono morire, muoiono. Di più: Giulietta non ha lo spirito e la determinazione dell'eroina veronese e, in certi momenti, Romeo (ma questa è un'osservazione personale della sottoscritta) ha l'aria di essere un po' troppo violento o, viceversa, smidollato.
GIUDIZIO GLOBALE
Per me, questa trasposizione in stile manga di una delle più popolari tragedie di tutti i tempi non merita più di 5. In una sorta di poscritto in coda al volume, l'autrice lascia trapelare la sua passione per la tragedia, da lei in effetti omaggiata largamente in "Candy Candy" ma, se davvero è tale il suo amore, dal mio punto di vista avrebbe fatto una scelta più saggia accontentandosi della citazione appena menzionata, evitando una ennesima versione cartacea di "Romeo e Giulietta" di cui, francamente, non si sentiva proprio il bisogno.