Sukinako ga Megane wo Wasureta
Una serie piuttosto carina e tutt'ora in corso che, anche se in italiano non c’è, si può leggere gratuitamente (anche se non del tutto completa) sull’app di Square Enix.
* Trama e storia *
“La ragazza che mi piace ha dimenticato gli occhiali” è una romcom ambientata durante le scuole medie che vede come protagonista Komura, ragazzo gentile ed estremamente insicuro, e la sua compagna di classe Mie, un po’ maldestra e molto sbadata.
N.B. Scrivo questa recensione dopo aver letto il capitolo n°101, corrispondente al finale dell’undicesimo tankobon giapponese. L’edizione presente sull’applicazione di Square Enix è mancante di molti micro-capitoli “filler”, che ho recuperato tramite scan… in attesa che il corriere mi consegni i primi otto volumi dell’edizione inglese. Mi riservo quindi di apportare qualche modifica alla recensione se fosse necessario (ma non credo).
I primi volumi del manga sono davvero molto leggeri. La storia è presentata in capitoli auto conclusivi o brevissimi archi che hanno tutti, più o meno, la stessa struttura: Mie è senza occhiali per qualche ragione (li ha dimenticati, rotti, persi, …) e quindi, essendo quasi cieca, Komura deve aiutarla con qualche attività. Lui è segretamente innamorato di lei, questo il motivo per cui si è offerto di starle sostanzialmente sempre al fianco e aiutarla. E quasi sempre queste situazioni causano una qualche forma di imbarazzo a Komura, prima di raggiungere un finale dolcino con Mie più o meno ignara del disagio emotivo creato (e dei sentimenti di lui).
Ora, le dinamiche sono per certi aspetti simili a due opere che rappresentano (per me) i massimi esponenti del genere romcom nello stesso periodo di età: Non mi stuzzicare, Takagi! e The Dangers in My Heart. Va però detto che questa serie è decisamente meno divertente del primo che ho citato, e decisamente meno romantica e incisiva del secondo. Inoltre ho avuto l’impressione che l’insicurezza di entrambi i protagonisti, in più di un frangente, sia davvero un freno a mano pesante che rallenta gli sviluppi di trama oltre il necessario. Negli altri due titoli a rendere le situazioni un po’ più effervescenti, o almeno brillanti, era l’attitudine della protagonista femminile, mentre qui Mie è spesso in imbarazzo quanto o più di Komura.
Con l’avanzare dei volumi vengono introdotti alcuni compagni di classe dei protagonisti, che restano comunque marginali e con un ruolo di supporto. Qui assistiamo ad archi un po’ più lunghi, che restano sempre comunque intervallati da un sacco di filler anche molto brevi. Alcuni di questi archi, soprattutto negli ultimi numeri, sono comunque piuttosto pregevoli, pur non toccando mai vette che facciano gridare al miracolo e al capolavoro.
Ho apprezzato che la serie non si sia conclusa con la dichiarazione, ma che l’autrice stia invece facendola procedere con il solito garbo, indagando il modo in cui il rapporto si è evoluto e, ovviamente, approfondendo i due protagonisti che ora finalmente sono sicuri dei propri sentimenti e consapevoli di essere ricambiati.
* Sviluppo dei personaggi *
Komura, il protagonista, è un ragazzino di 14 anni che vive con la madre e non ha una figura paterna in casa. Non è un caso che in più di un punto si trovi a pensare a ciò che il padre di Mie potrebbe pensare di questo o quell’atteggiamento, perché di fatto non ha un metro di confronto.
Ora, lungi da me atteggiarmi a psicologo senza averne le competenze, ma ho avuto l’impressione che questo sia un po’ l’espediente non detto con cui l’autrice giustifica (almeno parzialmente) la sensibilità e gentilezza del protagonista, il grande senso di responsabilità che emerge dai suoi sogni e dai regali che chiede, oltre che la sua infinita timidezza e insicurezza.
Nel corso degli undici volumi, comunque, vediamo più volte Komura fare il famoso “due passi avanti e uno indietro” che fa parte di molti percorsi di crescita sia per i bambini sia per gli adolescenti. Una maturazione disegnata in modo pedagogicamente credibile insomma, sempre tenendo in conto che il personaggio è tratteggiato in modo un po’ estremo (senza tuttavia diventare caricaturale).
Mie è ovviamente coetanea di Komura, e proviene da una famiglia che pare essere benestante, anche se non ricca. E’ maldestra, in alcuni momenti addirittura goffa, e terribilmente distratta… visto che non si accorge neppure di non riuscire a vederci e si dimentica gli occhiali con una facilità disarmante.
Ok, dobbiamo stare al gioco perché è sostanzialmente l’unica richiesta che l’autrice ci sta facendo, però se a volte è divertente in altri casi è quasi surreale.
Mie all’inizio pare la meno matura della coppia, e soprattutto nei primi volumi, è tratteggiata in modo un po’ sommario e vagamente infantile. Tuttavia ha una discreta crescita che la porta nel corso degli ultimi tankobon ad essere in ottima sintonia e a prendere delle belle iniziative, a dispetto di un Komura che rimane invece più fermo sulle proprie incertezze.
Tengo a precisare che, anche se l’evoluzione dei protagonisti è realizzata molto bene, è innegabile che sia anche molto molto lenta. Non dubito che più di qualcuno potrebbe storcere il naso e trovare questo aspetto (che per me è positivo) noioso.
* Disegni*
I disegni sono nella media e non spiccano né per un tratto particolarmente accattivante né per la quantità di dettagli. Anzi, sotto questo secondo aspetto mi sento di dire che qualche retino in più, qualche sfondo, qualche disegno delle ambientazioni, non avrebbero guastato. Però sono curioso di vedere i tankobon fisici, quando arriveranno, perché spesso gli autori apportano dei miglioramenti e magari è proprio questo il caso.
Non è comunque che ci sia qualcosa di sgradevole alla vista che vi farà piangere sangue, è semplicemente tutto un po’ naïf e pastello (inteso come aggettivo).
* Dialoghi e scrittura *
Non ci sono grandi dialoghi, ovviamente, dopotutto sono i discorsi di due quattordicenni. Ad ogni modo mi pare che si possa definirli in buona parte credibili e, in alcuni frangenti, piuttosto dolci. Ci sono dei casi in cui i dialoghi si fanno un po’ più profondi, dei casi in cui Komura o Mie parlano dei propri imbarazzi o semplicemente di loro stessi. Quindi è vero, in alcuni frangenti c’è una ricerca di profondità… però è anche impreciso, perché quelli sono spesso i momenti in cui se percepisce maggiormente l’artificiosità dei dialoghi.
Più spesso comunque l’analisi rimane confinata ai pensieri, ovviamente parlando del solo Komura, perché non abbiamo la voce esterna che ci racconta il pensiero di Mie.
_____
* In definitiva *
In definitiva ritengo che questo manga sia un discreto prodotto sotto ogni aspetto, tranne per la crescita dei personaggi che reputo ottima, ma per la sua lentezza e per lo stile di narrazione lo consiglierei solo a chi è molto appassionato del genere.
* Trama e storia *
“La ragazza che mi piace ha dimenticato gli occhiali” è una romcom ambientata durante le scuole medie che vede come protagonista Komura, ragazzo gentile ed estremamente insicuro, e la sua compagna di classe Mie, un po’ maldestra e molto sbadata.
N.B. Scrivo questa recensione dopo aver letto il capitolo n°101, corrispondente al finale dell’undicesimo tankobon giapponese. L’edizione presente sull’applicazione di Square Enix è mancante di molti micro-capitoli “filler”, che ho recuperato tramite scan… in attesa che il corriere mi consegni i primi otto volumi dell’edizione inglese. Mi riservo quindi di apportare qualche modifica alla recensione se fosse necessario (ma non credo).
I primi volumi del manga sono davvero molto leggeri. La storia è presentata in capitoli auto conclusivi o brevissimi archi che hanno tutti, più o meno, la stessa struttura: Mie è senza occhiali per qualche ragione (li ha dimenticati, rotti, persi, …) e quindi, essendo quasi cieca, Komura deve aiutarla con qualche attività. Lui è segretamente innamorato di lei, questo il motivo per cui si è offerto di starle sostanzialmente sempre al fianco e aiutarla. E quasi sempre queste situazioni causano una qualche forma di imbarazzo a Komura, prima di raggiungere un finale dolcino con Mie più o meno ignara del disagio emotivo creato (e dei sentimenti di lui).
Ora, le dinamiche sono per certi aspetti simili a due opere che rappresentano (per me) i massimi esponenti del genere romcom nello stesso periodo di età: Non mi stuzzicare, Takagi! e The Dangers in My Heart. Va però detto che questa serie è decisamente meno divertente del primo che ho citato, e decisamente meno romantica e incisiva del secondo. Inoltre ho avuto l’impressione che l’insicurezza di entrambi i protagonisti, in più di un frangente, sia davvero un freno a mano pesante che rallenta gli sviluppi di trama oltre il necessario. Negli altri due titoli a rendere le situazioni un po’ più effervescenti, o almeno brillanti, era l’attitudine della protagonista femminile, mentre qui Mie è spesso in imbarazzo quanto o più di Komura.
Con l’avanzare dei volumi vengono introdotti alcuni compagni di classe dei protagonisti, che restano comunque marginali e con un ruolo di supporto. Qui assistiamo ad archi un po’ più lunghi, che restano sempre comunque intervallati da un sacco di filler anche molto brevi. Alcuni di questi archi, soprattutto negli ultimi numeri, sono comunque piuttosto pregevoli, pur non toccando mai vette che facciano gridare al miracolo e al capolavoro.
Attenzione :: Spoiler! (clicca per visualizzarlo)
Allo stato attuale della lettura Komura e Mie si sono finalmente messi assieme, al termine di un ottimo decimo volume. Un’attesa che mi è parsa onestamente un po’ lunga.Ho apprezzato che la serie non si sia conclusa con la dichiarazione, ma che l’autrice stia invece facendola procedere con il solito garbo, indagando il modo in cui il rapporto si è evoluto e, ovviamente, approfondendo i due protagonisti che ora finalmente sono sicuri dei propri sentimenti e consapevoli di essere ricambiati.
* Sviluppo dei personaggi *
Komura, il protagonista, è un ragazzino di 14 anni che vive con la madre e non ha una figura paterna in casa. Non è un caso che in più di un punto si trovi a pensare a ciò che il padre di Mie potrebbe pensare di questo o quell’atteggiamento, perché di fatto non ha un metro di confronto.
Ora, lungi da me atteggiarmi a psicologo senza averne le competenze, ma ho avuto l’impressione che questo sia un po’ l’espediente non detto con cui l’autrice giustifica (almeno parzialmente) la sensibilità e gentilezza del protagonista, il grande senso di responsabilità che emerge dai suoi sogni e dai regali che chiede, oltre che la sua infinita timidezza e insicurezza.
Nel corso degli undici volumi, comunque, vediamo più volte Komura fare il famoso “due passi avanti e uno indietro” che fa parte di molti percorsi di crescita sia per i bambini sia per gli adolescenti. Una maturazione disegnata in modo pedagogicamente credibile insomma, sempre tenendo in conto che il personaggio è tratteggiato in modo un po’ estremo (senza tuttavia diventare caricaturale).
Mie è ovviamente coetanea di Komura, e proviene da una famiglia che pare essere benestante, anche se non ricca. E’ maldestra, in alcuni momenti addirittura goffa, e terribilmente distratta… visto che non si accorge neppure di non riuscire a vederci e si dimentica gli occhiali con una facilità disarmante.
Ok, dobbiamo stare al gioco perché è sostanzialmente l’unica richiesta che l’autrice ci sta facendo, però se a volte è divertente in altri casi è quasi surreale.
Mie all’inizio pare la meno matura della coppia, e soprattutto nei primi volumi, è tratteggiata in modo un po’ sommario e vagamente infantile. Tuttavia ha una discreta crescita che la porta nel corso degli ultimi tankobon ad essere in ottima sintonia e a prendere delle belle iniziative, a dispetto di un Komura che rimane invece più fermo sulle proprie incertezze.
Tengo a precisare che, anche se l’evoluzione dei protagonisti è realizzata molto bene, è innegabile che sia anche molto molto lenta. Non dubito che più di qualcuno potrebbe storcere il naso e trovare questo aspetto (che per me è positivo) noioso.
* Disegni*
I disegni sono nella media e non spiccano né per un tratto particolarmente accattivante né per la quantità di dettagli. Anzi, sotto questo secondo aspetto mi sento di dire che qualche retino in più, qualche sfondo, qualche disegno delle ambientazioni, non avrebbero guastato. Però sono curioso di vedere i tankobon fisici, quando arriveranno, perché spesso gli autori apportano dei miglioramenti e magari è proprio questo il caso.
Non è comunque che ci sia qualcosa di sgradevole alla vista che vi farà piangere sangue, è semplicemente tutto un po’ naïf e pastello (inteso come aggettivo).
* Dialoghi e scrittura *
Non ci sono grandi dialoghi, ovviamente, dopotutto sono i discorsi di due quattordicenni. Ad ogni modo mi pare che si possa definirli in buona parte credibili e, in alcuni frangenti, piuttosto dolci. Ci sono dei casi in cui i dialoghi si fanno un po’ più profondi, dei casi in cui Komura o Mie parlano dei propri imbarazzi o semplicemente di loro stessi. Quindi è vero, in alcuni frangenti c’è una ricerca di profondità… però è anche impreciso, perché quelli sono spesso i momenti in cui se percepisce maggiormente l’artificiosità dei dialoghi.
Più spesso comunque l’analisi rimane confinata ai pensieri, ovviamente parlando del solo Komura, perché non abbiamo la voce esterna che ci racconta il pensiero di Mie.
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* In definitiva *
In definitiva ritengo che questo manga sia un discreto prodotto sotto ogni aspetto, tranne per la crescita dei personaggi che reputo ottima, ma per la sua lentezza e per lo stile di narrazione lo consiglierei solo a chi è molto appassionato del genere.